Lo stato delle persone con invalidità nel territorio del Cantone di Tuzla

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Università di Tuzla
Facoltà di educazione e riabilitazione
Dott.sa Čimeta Hatibović
«Lo stato delle persone con invalidità nel territorio del
Cantone di Tuzla»
Sommario
Obiettivo della ricerca, e' di analizzare lo stato dei cittadini con disabilità
presenti nel Cantone di Tuzla, e soprattutto, osservarlo in rapporto alla loro
scolarizzazione, alla possibilità di un’educazione professionale, l’utilizzo del
tempo libero, ricerca del lavoro, partecipazione nella società, partecipazione
nelle associazioni e godimento dei loro diritti, con particolare attenzione alle
donne. Il Campione della ricerca era composto da 536 persone con 4 subcampioni: persone con invalidità fisica, persone con disturbi uditivi, persone con
disturbi della vista e persone con disturbi mentali.
La ricerca e’ stata realizzata su tutto il territorio del Cantone di Tuzla, sia
nelle aree rurali sia urbane.
I risultati indicano che le persone con invalidità sono private del godimento dei
diritti sociali, educativi, economici e professionali.
Le parole chiave nella ricerca: persone con invalidità, Cantone di
Tuzla, condizioni di vita, atteggiamento della società.
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INTRODUZIONE
L’inserimento di persone con invalidità nella comunità locale e nelle
«vita», dipende molto dall’atteggiamento della società.
Stančić (1982) indica che i cambiamenti negli atteggiamenti verso le persone
con invalidità non sono nate per caso, ma si basano su fondamenti di ottica
umanistica, un’ottica socio-filosofica delle persone, e questo in maniera del tutto
distaccata dal tipo di vita e dal tipo di lavoro.
Una volta stabilita e analizzata la realtà delle persone con invalidità,
soprattutto rispetto alla loro scolarizzazione, possibilità di un’educazione
professionale, ricerca del lavoro, partecipazione nella società, partecipazione
nelle associazioni, un equo godimento dei diritti, particolarmente riferito alle
donne e all’utilizzo del tempo libero, sarà possibile avere un quadro reale sulla
situazione in Bosnia Erzegovina e anche sul fatto di cosa significa essere una
persona con invalidità in questo territorio e come si comporta la società verso
questa problematica.
Le nostre esperienze e le ricerche realizzate fin qui, ci indicano che le
persone con invalidità si trovano in una situazione materiale molto grave e che
con difficoltà realizzano i loro diritti garantiti sia da accordi internazionali sia da
accordi con l’ONU.
Oggi, nella maggioranza dei paesi al mondo, i settori sociali risolvono
questa problematica garantendo una protezione sociale, ma con diversa
percentuale di sostegno.
In BIH questa percentuale di sostegno e’ molto bassa.
Considerando le diversità che esistono a livello di Entità, lo stato
Bosniaco non ha permesso a queste persone il raggiungimento di quel livello di
protezione che potrebbe permettere non solo un reale godimento dei diritti, ma
anche un loro inserimento sociale nella comunità.
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OBBIETTIVO DELLA RICERCA
Con questa ricerca abbiamo cercato di scoprire quale e’ lo stato delle persone
con invalidità in confronto a:
a) Ricerca del lavoro;
b) Educazione;
c) Protezione sanitaria;
d) Realizzazione dei diritti per la protezione sociale;
e) Utilizzo di tempo libero;
f) Partecipazione nelle associazioni;
g) Sapere quante associazioni di persone con invalidità sono costituite per
garantire i diritti di categoria, e quanto queste persone partecipano.
METODI DELLA RICERCA
Campione della ricerca
Nel processo di scelta del campione abbiamo utilizzato delle
operazioni/procedimenti che assicuravano la scelta di un campione molto ampio,
un campione omogeneo e rappresentativo. La popolazione di questo campione
era composta di 536 persone con 4 sub-campioni: persone con invalidità fisica,
persone con disturbi uditivi, persone con disturbi della vista e persone con
disturbi mentali.
La ricerca e’ stata realizzata su tutto il territorio del Cantone di Tuzla, sia
nelle aree rurali sia urbane.
I campioni sono formati sulla base dei seguenti criteri:
- Età tra i 18 al 65 anni
- Poter rispondere alle domande anche con traduzione gestuale, con la
lettura delle domande alle persone con disturbi di vista, oppure poter
rispondere alle domande con l’aiuto della famiglia.
STRUMENTI
Abbiamo creato un questionario con 44 domande e 31 sotto domande.
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LE VARIABILI
Sono state osservate ed analizzate una seria di variabili,
raggruppate e inquadrare sulla base dei seguenti gruppi:
1. Variabili di valutazione educativa;
2. Variabili di valutazione di impiego;
3. Variabili di valutazione della partecipazione e inserimento nelle
associazioni;
4. Variabili di valutazione sul godimento della protezione sanitaria,
riabilitazione e utilizzo delle attrezzature;
5. Variabili di valutazione sull’aiuto richiesto e ottenuto;
6. Variabili di valutazione sulle informazioni ricevute.
REALIZZAZIONE DELLA RICERCA
Prima della raccolta dei dati, tra i ricercatori e le persone che sono state
intervistate, e’ stata creata un’atmosfera molto rilassante in modo da instaurare
una fiducia reciproca. Dopo aver fatto tutto questo, abbiamo iniziato con le
domande.
Il questionario e’ stato presentato alla persona che poteva leggerlo con
tranquillità e, quando era tutto chiaro, rispondere alle domande.
Questo modo di lavoro e’ stato semplice da realizzare con le persone con
disabilità fisiche.
La Modalità di lavoro con le persone con disturbi di vista e’ stato diverso
perché l’intervistatore ha dovuto leggere le domande e scrivere le risposte.
La Modalità di lavoro con le persone con disturbi auditivi si e’ sviluppato
attraverso l’utilizzo della lingua gestuale. Le risposte sono state tradotte e sono
state segnalate nel questionario. Queste interviste sono state fatte da persone che
conoscevano bene la lingua gestuale.
Durante le interviste delle persone con ritardo mentale, le domande sono
state semplificate in modo che la persona potesse dare liberamente la risposta,
ma in alcuni casi e’ stato necessario aiutare l’intervistato per acquisire la
risposta.
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In certi casi gli intervistatori sono stati aiutati dai genitori o dai membri della
famiglia che conoscevano bene la persona a cui veniva sottoposto il
questionario.
Nel caso in cui gli intervistatori non erano sicuri della risposta data,
questa non era segnalata, e per questo e’ emerso un numero diverso di risposte
su certe domande.
METODI DI ELABORAZIONE DATI
I Risultati sono presentati tramite tecniche generali di statistica
neparametrica. Sono state calcolate delle frequenze e percentuali in ogni
variabile.
A causa della mancanza di risposte su certe domande, e’ stata utilizzata la
percentuale (%) come tecnica più sicura.
La distribuzione delle variabili e’ stata presentata con una tabella e con un
grafico.
RISULTATI E DISCUSIONE
In certi casi gli intervistati non sapevano o non potevano dare risposta a certe
domande dal questionario.
Per questa ragione e’ state scritto il numero delle persone che hanno dato le
risposte alle varie domande, e sulla base di questo numero sono state calcolate le
percentuali dei risultati.
ANALISI DI STRUTTURA EDUCATIVA
I risultati dello stato educativo delle persone con invalidità ci mostrano
che il 33,4% non hanno finito la scuola elementare. Tra questi il 20,5% sono di
sesso femminile.
Il 37,6% dei maschi e il 19,1% delle donne hanno finito la scuola
superiore.
Nessuna persona che ha partecipato all’intervista ha finito la scuola di
specializzazione, L’Università' e’ stata completata dall’l1,5% dei maschi e dallo
0,5% di femmine.
Le ragioni per cui esistono un gran numero di persone che non hanno finito la
scuola elementare, e un numero molto basso di persone che hanno finito
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l’università, possono essere determinate da vari motivi, come ad esempio gli
edifici non adeguati e/o inaccessibili (istituzioni- entrata e movimento interno
all’edificio molto difficili), problema di sistemazione, trasporto, mancanza di
comunicazione e informazioni sulla possibile scolarizzazione. Alcuni problemi
possono essere collegati con l’acquisto di attrezzature e strumenti, ma anche per
l’esistenza di pregiudizi sulle persone con invalidità.
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Grafico 1. Struttura educativa
ANALISI DELLE RISPOSTE A CONFRONTO DELLE MODALITA’ DI
SCOLARIZZAZIONE
La Variabile 2 s’interroga sulle modalità della scolarizzazione, e analizza con
interesse il tipo di scuola frequentata (speciale o “normale”).
196 (45,4%) maschi e 103 femmine (23,8%) hanno frequentato la scuola
«normale» mentre la scuola speciale e’ stata frequentata da 45 maschi e (10,4%)
e da 35 femmine (8,1%).
Da questi dati si può capire che la maggior parte degli intervistati hanno
frequentato la scuola («normale» o speciale) però non l’hanno finita, inoltre, e’
stato possibile verificare come un’alta percentuale di persone con disabilità
fisiche (69,2%) hanno terminato la scuola elementare.
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Grafico 2. Modalità della scolarizzazione
ANALISI DEL QUESTIONARIO SULLA PARTECIPAZIONE
IN ATTIVITA' SPORTIVE E
VISITE AD INSTITUZIONI RELIGIOSE
Alle manifestazioni culturali partecipano il 29,4% dei maschi e l’1,8% di
donne. Nelle attività sportive partecipano il 9,3% di uomini e l’1,8% di donne.
Da questi dati possiamo concludere che le persone con invalidità sono quasi
completamente escluse dagli eventi culturali e sportivi.
Il 15,7% dei maschi e il 14,7% delle donne ha un hobby. Possiamo
concludere, che molti uomini e/o donne non hanno un’attività con cui impegnare
il proprio tempo libero. Tra uomini e donne non e’ presente una grande
differenza.
Gli uomini sono più religiosi in confronto alle donne.
Cosi abbiamo il 33,7% dei maschi e il 24, 7% delle donne che hanno dichiarato
di essere religiosi.
Le Istituzioni religiose sono visitate dal 14,2% di uomini e dal 9% di donne.
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Grafico 3. Attività per il tempo libero
ANALISI IN RAPPORTO
AL SISTEMA SANITARIO
Anche se il 95,2% delle persone con invalidità ha un’assicurazione
sanitaria obbligatoria, solo il 13,1% ha la possibilità di avere delle medicine
senza doverle pagare.
Durante la ricerca sono avvenuti dei cambiamenti per quanto riguarda il
pagamento delle medicine, infatti, una certa percentuale di medicine necessarie a
varie malattie, non si pagano più oppure hanno un prezzo molto basso.
Per i pazienti, questo ha significato la possibilità di comprare e avere le
medicine, però questo non ha comportato grandi benefici sulla loro vita
quotidiana e sulla soddisfazione dei bisogni fondamentali (es. attrezzature,
apparecchi per l’udito, pannoloni per paraplegici ecc.)
ANALISI DELLE RISPOSTE IN RELAZIONE AI DIRITTI SULLA
CREAZIONE DI UNA PROPRIA FAMIGLIA
Analizzando le variabili si e’ notato come la donna, portatrice di
invalidità, rispetto ai maschi ha più difficoltà in relazione al diritto di costituire
una propria famiglia.
Il 33,2% dei maschi e il 28,6 % delle donne sono d’accordo con questa
analisi.
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Questa analisi si può collegare al fatto che le donne con invalidità hanno
la percezione che il proprio corpo non ha valore (Convegno internazionale degli
invalidi a Maryland, 1997).
Nella Convenzione sull’eliminazione di qualsiasi tipo di discriminazione
verso le donne (CEDAW), nell’articolo sul „Matrimonio“ e' scritto: “Ogni
uomo o donna che abbia più di 18 anni ha il diritto al matrimonio e alla
creazione della famiglia”.
Il matrimonio si può realizzare con una conferma delle persone che lo
contraggono.
Nello stesso documento c’e' scritto: «Le donne hanno il diritto alla maternità,
all’informazione, all’educazione e l’accesso a tutti i servizi sanitari necessari,
così come anche il diritto alla creazione della famiglia».
Tutto questo significa che esiste un diritto alla scelta, però, le donne si trovano
spesso nella situazione di non poter fare tutte queste scelte, perché i loro diritti
sono limitati oppure non conosciuti.
ANALISI DELLE RISPOSTE IN RELAZIONE AL DIRITTO
ALL’INFORMAZIONE
Domanda posta agli intervistati "siete abbastanza informati sugli eventi
che ci sono nella società in quale vivete?”
Il 40,2% dei maschi e il 26,2% delle donne pensano di essere abbastanza
informati sugli eventi realizzati all’interno della società in cui vivono.
Dai risultati, però, si può concludere che le informazioni che loro
ricevono non sono soddisfacenti, e in particolare per le donne.
In tutto il mondo, la marginalizzazione delle donne si giustifica con la
cultura e la tradizione. Dal punto di vista economico, nella nostra area
(territorio), la donna viene vista come un „soggetto periferico“ che e’ al di fuori
dei processi di sviluppo economico. La donna e' orientata più sulla famiglia e
alla cura della casa, dei bambini, ecc.
Il 49,2% degli uomini e il 31,5% delle donne, per sapere quali eventi si
realizzeranno nella comunità in cui vive, si avvale della televisione.
La Radio serve al 36,9% degli uomini e al 27,5% delle donne. I Giornali
quotidiani servono al 13, 5% degli uomini e all’8,3% delle donne.
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Le informazioni ricevute tramite una stampa particolare, creata per le
persone con invalidità, servono il 17,6% dei maschi e lo 8.3% delle donne.
Queste informazioni/dati/ non ci sorprende, perché l’unica rivista, rivolta
alle persone con invalidità e’ "Inicijativa", pubblicata da: Informativni centar
za osobe sa invaliditetom "Lotos" a Tuzla (Centro informativo per le persone
con disabilità «Lotos» di Tuzla), inoltre esiste la rivista auditiva "Krug"
(Cerchio), pubblicata dall’associazione delle persone cieche e/o poco vedenti da
Tuzla.
Dai risultati possiamo concludere che le donne in confronto ai maschi,
guardano meno televisione, ascoltano meno radio, leggono meno la stampa e le
riviste riferite alla problematica degli invalidi.
La ragione di tutto questo la possiamo cercare nella mancanza di tempo, il
lavoro a casa, il non sapere cosa succede al di fuori dalla propria famiglia, ma
anche una bassa richiesta di informazioni (visibile nella variabile per
l’educazione).
Alla domanda „Secondo voi, in media, parlano abbastanza dei temi della
donna con invalidità?
Il 19,3 % dei maschi e il 12,1% delle donne sono d’accordo che non si
parla molto sulle questioni della donna nei media.
Ricerche qualitative (case study) hanno mostrato che il ruolo della donna
nei paesi in via di sviluppo, non e’ stato pensato ne valutato, e non si e’ pensato
all’importante ruolo della donna nello sviluppo economico.
Dal 1975, dall’inaugurazione dell’ONU, per i diritti delle donne si fa
molta fatica, e si deve lottare molto per migliorare lo status della donna
all’interno della società, anche per aumentare la sua visibilità.
Le donne con invalidità, mai o raramente, avevano la possibilità di
esprimere la propria opinione e il proprio pensiero. Il modo più efficace per
cambiare la coscienza della società, ma anche la coscienza delle persone con
invalidata, e’ di fargli vedere cosa si può realizzare. Si possono realizzare
trasmissioni televisive, come ad esempio quella su una madre che ha amputate
entrambe le gambe (es. dal vicino), che fa tutti i lavori di casa ma anche
appende le tende. Questo sicuramente può motivare altre persone con invalidità.
Le persone con invalidità (particolarmente le donne) se vogliono cambiare
qualcosa, sicuramente devono trovare un modo più efficace per fare qualsiasi
attività.
Le donne, in primis, devono essere concrete e fare proposte concrete sui
vari miglioramenti che si cercano.
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Grafico 3. Analisi delle risposte sul metodo di ricezione delle informazioni
ANALISI DELLE RISPOSTE IN REALAZIONE ALLA
QUALIFICA PROFESSIONALE
I risultati ci mostrano che molte delle persone intervistate non vogliono
attivarsi per cambiare qualcosa nella loro educazione professionale, così, solo il
18,2% dei maschi e l’8,2% delle donne vogliono cambiare la loro professione.
Questo fatto può essere riferito alla mancanza di autostima?
Il successo si raggiunge solo attivandosi e cercando nuovi canali e nuove
informazioni, e se riusciamo ad esempio a cambiare la nostra educazione
professionale allora questo e’ già un senso di successo.
Le persone con invalidità hanno paura di non avere successo?
Diciamo che a loro non e’ mai stata data un’opportunità di vivere il
successo, anzi, spesso hanno ottenuto solo insuccessi, per causa di pregiudizi e
per una scarsa comprensione/conoscenza delle loro capacità.
Tutto questo si riflette con la mancanza di autostima.
Sembra che le persone con invalidità hanno forti dubbi sulle proprie
conoscenze e sul proprio valore, e non si vedono come persone capaci e uguali
agli altri.
La domanda sulla loro conoscenza dell’approccio sanitario all’invalidità,
ha portato queste persone ha sottolineare come non vi partecipino affatto, ma la
subiscano solamente.
Per questo atteggiamento si possono trovare colpe nei genitori che
cercano di proteggere i figli con ogni metodo, oppure per compiti ricevuti che
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vanno al di là delle loro capacità? Questi dati li possiamo spiegare con la
mancanza di servizi adeguati e con l’esistenza di barriere architettoniche? Ogni
richiesta, loro la vivono come una barriera enorme.
Fino agli ultimi anni, l’atteggiamento della nostra società era incentrato
tutto alla domanda: Hai finito una scuola? Se sì, questo poteva bastare per tutta
la vita. Auto-stima (fiducia in se stessi) si acquisisce tutta la vita.
La mancanza di autostima può e poteva creare una barriera ancora più
grande – diritto all’educazione (Porčo, 2001).
Grafico 4. Risposte in relazione al cambiamento della qualifica professionale
Grafico 5. la struttura negli impegni delle persone con invalidità
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Le persone con invalidità che trovano lavoro, poco o mai hanno la
possibilità di cambiare il loro lavoro e avere successi (premi interni
all’organizzazione, formazione, essere responsabili, ecc...).
Dei 59 uomini impegnati e intervistati, 55 fanno lavoro professionale.
Nessuna donna ha cambiato lavoro e 28 di loro svolgono lavoro professionale.
Anche se esiste la legge sul divieto di discriminazione, le donne con invalidità
ottengono e mantengono il lavoro con grandi difficoltà.
I Proprietari, in alcuni casi vogliono evitare di avere presso le loro aziende
persone disabili, anche per motivi di visibilità, ma nella maggioranza dei casi si
aspettano un livello di produzione più basso rispetto ad un lavoratore percepito
come “normale”, inoltre, vedono maggiori possibilità di ritardi e/o assenza dal
lavoro per possibili visite, così come una maggiore possibilità di farsi male
durante le varie attività lavorative, e per concludere, anche una comunicazione
più difficile con queste persone.
«E’ vero che il trasporto e il non adattamento dei posti di lavoro sono una
barriera per le donne con invalidità per raggiungere i massimi risultati. Il
desiderio di essere come gli altri, spesso va oltre le loro possibilità, e li
caratterizza come operai che raggiungono risultati più buoni in confronto ai loro
colleghi sani» (Sarihodžić, Jovanović, 2000).
Uno dei metodi per garantire un inserimento nella comunità, e uno degli
indicatori generali migliori per monitorare l’adattamento, e' sicuramente la
capacita di trovare e mantenere un lavoro.
Le ricerche ci mostrano i seguenti risultati:
Se l’invalidità e’ pervenuta in età avanzata, e’ stato notato che il ritorno al
lavoro aiuta le persone con invalidità a risolvere più facilmente le difficoltà che
incontrano nella vita.
Le persone che non lavorano hanno una vita più limitata, non avendo
obiettivi, non partecipando ad attività ricreative, sportive, e incontrando perciò
difficoltà nella comunicazione con gli altri.
Il lavoro si riflette sullo sviluppo dell’autostima personale, aumentando
anche il numero delle persone con cui si e’ in contatto.
Nella domanda «Secondo voi la donna con invalidità, in confronto agli
uomini ha più difficoltà a trovare lavoro?»
Il 33,3% dei maschi e il 26% delle donne hanno un’opinione simile,
ovvero e’ più difficile trovare lavoro per le donne.
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ANALISI DELLE RISPOSTE IN CONFRONTO ALL’AIUTO
RICEVUTO E
SULL’ EQUIPARAZIONE NEI DIRITTI DA PARTE DELLE
ASSOCIAZIONI CHE RAPPRESENTANO LE PERSONE CON
INVALIDITA'
Domanda “Quale tipo di aiuto ricevete dall’associazione delle persone
con invalidità?”
La cosa più impressionante che si e’ potuto riscontrare, e’ la grande differenza in
termini di aiuto che ricevono uomini e donne.
Il 21,7% dei maschi e l’11,9% delle donne, hanno mostrato il tipo di aiuto
ricevuto, ed e’ poi stato possibile equiparare i dati in relazione ai diritti di cui le
stesse persone dovrebbero godere.
Il 20,8% dei maschi e il 20,8% delle donne ricevono aiuto umanitario,
mentre il 17,6 % dei maschi e il 13,5 % delle donne ricevono attrezzature per
invalidi.
Un aiuto concreto nel processo di ricerca del lavoro e’ ricevuto dall’1,3% di
uomini e dallo 0,4% di donne.
Sembra che le associazioni non hanno il compito di educare i loro soci, perché
solo l’1,1 % degli uomini e l’1,1,% delle donne riceve un sostegno nel campo
dell’educazione. Il 9,3% dei maschi e il 7% delle donne non riceve nessun tipo
di aiuto da parte dell’associazione.
Grafico 5. tipologia di aiuto dato alle persone con invalidità
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Per milioni di persone con invalidità in tutto mondo, la maggior difficoltà per
arrivare a godere realmente dei propri diritti, e’ rappresentata dal loro
isolamento sia fisico sia psichico.
Pare che questi individui non si possano aiutare molto, perché il problema
delle persone con invalidità e’, prima di tutto, un problema politico e sociale. Per
questa ragione sono nate associazioni per rappresentare i diritti delle persone
con invalidità.
Ora ci chiediamo “perché nascono associazioni a rappresentanza di queste
persone se solo l’1,3% dei maschi e lo 0,4% delle donne ricevono un aiuto per
trovare lavoro, e meno dell’1,1% riceve aiuto sul settore educativo?”
L’assistenza per le attrezzature e’ molto bassa.
Dai dati ricevuti con la ricerca possiamo concludere che le persone con
invalidità devono iniziare da sole a cambiare se stesse, e che i cambiamenti
sociali devono partire da loro stessi. Si deve porre sempre di più l’accento sulla
differenza che esiste tra il semplice aiuto umanitario ricevuto, e l’auto ricevuto
sul settore educativo, questi elementi sono diversi e questo deve essere
sottolineato.
Solo persone educate non saranno mai d’accordo nel subire il ruolo di vittima.
Coleridge (1993) dimostra un fatto "quelli che possono prendere le decisioni
non cambieranno il loro comportamento finché le persone vittime di questo
sistema non faranno il primo passo".
Così ci possiamo chiedere «cosa ha fatto il management delle associazioni?» «hanno chiesto ai partiti politici, che sempre si sono impegnati con grandi
programmi ad occuparsi e a risolvere questa problematica». Quante associazioni
si sono chieste “dove sono i nostri rappresentanti in comune, chi e’ davanti a
noi?”
La variabile "Fai parte di una associazione" ci conferma che il 36,1%
delle donne e il 48,4% dei maschi risultano membri di associazioni. Si nota una
passività delle donne.
Ma come possiamo sviluppare il senso di appartenenza e la forza della
comunità, così come il senso di fiducia e autostima, se c’e’ un così basso
numero di persone incluse nelle associazioni?
Sulla domanda «siete attivi nel lavoro dell’associazione?», il 22,6% degli
uomini e l’1,7% delle donne hanno confermato e hanno dato risposta positiva.
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Ma in realtà, non siamo riusciti a capire in quale modo siano inclusi nel
lavoro e quali siano le loro attività.
Importante e’ il numero dei membri delle associazioni che risultano attivi,
perché allora abbiamo un più alto numero di persone che vogliono cambiare
questo aspetto «disumanizzante» della società, e anche sviluppare se stessi e la
propria identità.
Grafico 6. Partecipazione nelle associazioni
Domanda: «Secondo voi, le associazioni degli invalidi si occupano
abbastanza dei bisogni riferiti alle donne? Rispondono alle loro domande?»
Il 25,1% dei maschi e il 18,0% delle donne pensano che le associazioni
degli invalidi si occupano abbastanza dei bisogni riferiti alle donne e rispondono
alle loro domande.
Però, analizzando la situazione sul territorio che ha visto questa ricerca, e
conoscendo la situazione, si può confermare che in nessuna associazione sono
avvenuti cambiamenti rilevanti, con riguardo alle problematiche specifiche delle
donne.
Esempio: non e’ stato costruito nessun ambulatorio ginecologico per le
donne con invalidità fisica. Non e’ stata proposta nessuna legge per le madri
con invalidità.
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La domanda: "Secondo voi, le donne con invalidità sono abbastanza
incluse nelle attività delle associazioni?» ci mostra che il 20,4% dei maschi e il
14,1% delle donne sono d’accordo con questa domanda.
Ma una percentuale rilevante, ovvero il 20,1% delle risposte ottenute dagli
uomini, non ci indica assolutamente che le donne hanno pari possibilità
all’interno dell’associazione rispetto all’inserimento nelle varie attività di
lavoro.
Una percentuale più bassa delle donne, ci dice che le stesse donne si
sentono escluse dalla loro associazione.
Le donne pare non si interessino, tanto che un qualsiasi livello educativo
di una donna si pensa non sia abbastanza per renderla in grado di essere
direttrice di un’associazione.
Il tutto e’ certamente collegato alla cultura locale, ma questa discriminazione
non avviene solo a livello locale, così e’ in tutto mondo, perché ci sono molte
situazioni in cui le donne sono meno pagate e hanno meno potere in confronto
agli uomini.
CONCLUSIONI
La Bosnia Erzegovina e’ un paese che sta attraversando un processo di
transizione, un processo che cerca di far crescere le radici di cambiamenti
economici per le persone con invalidità che non hanno trovato il proprio posto.
I risultati emersi in questa ricerca ci fanno capire che le persone con
invalidità non partecipano attivamente all’interno della società, nell’economia, e
nei settori educativo e professionale.
Sono una minoranza nella nostra società, e si confrontano con limiti, restrizioni
e si trovano ad agire senza avere conoscenze e forza adeguata.
I loro bisogni quotidiani si esprimono nel soddisfacimento dei minimi
bisogni di sopravvivenza, perché non possono mirare a nulla di più, neanche con
l’aiuto del settore sociale, ma neanche aumentando il proprio impegno.
Un numero molto basso di queste persone e’ impegnata nel mondo del
lavoro, e questo a causa di una mancanza generale di opportunità di impiego, ma
le conseguenze più gravi sono per chi, non avendo nessuna possibilità di
ottenerne uno, si rivolge al mondo del „lavoro in nero“, tipo il lavoro nel settore
del turismo, settore che spesso obbliga il lavoratore anche ad estenuanti turni di
12 ore al giorno. Dall’altra parte, i bisogni per le medicine, la riabilitazione e le
attrezzature sono sempre più grandi.
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L’equiparazione nei diritti riguardanti la protezione sociale, si realizza in
condizioni materiali molto limitate.
L’aumento dei bisogni riguardo alla protezione sociale, ha come
conseguenza un alto numero di persone marginalizzate, e questo riduce la
qualità del sistema sociale.
Nel 1999 e' stata realizzata la Legge sulla protezione sociale e sulla
protezione civile delle persone vittime del conflitto, però la situazione sul
terreno e’ quella di mancanza di un reale aiuto.
La maggior parte delle persone con invalidità, hanno un’assicurazione
sanitaria, ma l’86,9% non può comprare delle medicine.
La partecipazione alle spese per medicinali e attrezzature (ma dipende da
cantone a cantone) e’ così poco alta che e’ del tutto irrilevante. Se si compra
l’apparecchio per l’udito per una persona dopo, non e’ possibile comprare le
batterie per farlo funzionare.
Le donne con invalidità si trovano in una situazione peggiore, perché si
trovano in un vero e proprio isolamento sociale.
L’accettazione della condizione tradizionale della donna, che la vede
passiva e dipendente dagli altri, e’ proprio la causa di questa mancanza di diritti
e di questa scarsissima lotta per l’affermazione del ruolo e dei diritti della donna.
Le donne vengono educate poco e sono meno impegnate degli uomini.
Non vanno a teatro, non partecipano ad eventi culturali e non partecipano ad
attività sportive, e soprattutto non partecipano al lavoro delle associazioni.
A causa delle barriere architettoniche non possono nemmeno avere visite
ginecologiche.
La situazione e’ molto peggiore se si prendono in considerazione le madri con
bambini che hanno disabilità, per loro non sono presenti le condizioni necessarie
per permettergli di poter stare assieme agli altri.
Durante la guerra, ringraziando le organizzazioni umanitarie, sono state
aperte istituzioni e centri diurni ("Koraci nade" a Tuzla, "Osmijeh" a
Gračanica). Oggi queste associazioni vivono grazie al volontariato e
all’entusiasmo delle persone.
In Bosnia Erzegovina, le persone con invalidità cercano di trovare un loro
posto „sotto il sole“ e sperano che nella prossima legislatura saranno trattati
come soggetti attivi nello e per lo sviluppo economico e sociale.
Per rispondere a queste aspettative si e’ cercato di realizzare una legislazione del
lavoro più attenta a queste problematiche, ma alla fine la nuova legge non
assicura affatto uguaglianza nelle possibilità.
Questo significa che le persone con disabilità, cercano di trovare da sole
possibilità educative e lavorative, senza programmi di auto, di protezione, e
quindi senza far conto dei programmi di sostegno del settore sociale.
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La nostra ricerca e’ lontana dall’essere una ricerca esaustiva, e’
semplicemente un’analisi statistica delle persone con invalidità.
Si può dire che questa e’ una ricerca pilota che ci può indirizzare verso quelli
che hanno potere e verso le persone che credono che l’invalidità non sia un
ostacolo, ma che invece sia uno stimolo verso una nuova società.
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