La toxoplasmosi nel gatto

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Microbiologia
a cura del dott. Ivan Maraviglia, Medico Veterinario
La toxoplasmosi
nel gatto
Rischi, Cause, Diagnosi e trattamento.
Rischio per bambini e donne gravide?
Quando una donna desidera intraprendere una gravidanza, accade spesso
di sentire, che avere un gatto in casa
può essere molto pericoloso. Il consiglio
più approssimativo va dalla semplice
attenzione al gatto e alla sua lettiera alla
più drastica soluzione di tenere l’animale altrove, almeno per il periodo della
gravidanza.
Sebbene sia vero che il gatto è l’animale
che più d’ogni altro può trasmettere all’uomo la toxoplasmosi, è pur vero che,
con un po’ d’attenzione all’ igiene, Micio può restare a vivere in casa senza
creare problemi.
La toxoplasmosi è una zoonosi causata
dal Toxoplasma gondii, un parassita intracellulare capace di compiere il suo
ciclo vitale, solo all’interno delle cellule
dell’ospite.
Il gatto può contrarre la toxoplasmosi
ingerendo le pseudocisti presenti nelle
sue prede più comuni, quali uccelli o
roditori, oppure attraverso l’ingestione di
oocisti che contaminano l’ambiente.
Una volta infettati, i gatti, domestici e
selvatici divengono ospiti definitivi (ospiti
nei quali si svolge la riproduzione sessuata
del parassita) ed espelle le “oocisti” con
le feci. Il ciclo del parassita nel gatto comincia con l’ingestione o delle pseudocisti
tessutali (ripieni di bradizoiti) o mediante
l’ingestione delle oocisti (contenenti gli
sporozoiti).
Questi giunti nell’intestino del gatto
invadono le cellule dell’epitelio della
mucosa intestinale (enterociti) e dopo
una fase d’accrescimento sotto forma
di trofozoiti, sono soggetti ad una fase
di moltiplicazione asessuata sotto forma
di schizonti contenenti da 4 a 32 merozoiti, i quali abbandonano l’enterocita
ormai consumato e vanno ad infettare
altri enterociti dando luogo a nuovi cicli
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schizogonici (asessuati). Alcuni di questi
merozoiti si differenzieranno in gameti
femminili (macrogameti) che rimangono
nell’enterocita e gameti maschili mobili (microgameti), che abbandonano
l’enterocita in cui si sono formati, e attirati dal macrogamete lo andranno a
fecondare; si formerà lo zigote, che si
circonderà di una robusta parete e si avrà
la formazione delle oocisti che saranno
espulse in gran numero con le feci del
gatto per due o tre settimane.
Nel giro di cinque giorni le oocisti, possono sporulare sul terreno, e divenire
infettivi per l’uomo e per tantissimi animali
(dai mammiferi agli uccelli, dai rettili ai
molluschi).
Le oocisti sporulate sono molto resistenti
alle condizioni ambientali e possono sopravvivere per diversi mesi sui terreni umidi
e nella lettiera del gatto domestico.
Durante il ciclo infettivo intestinale nel
gatto, alcuni toxoplasmi liberati dalle
oocisti ingerite penetrano più profondamente nella parete dell’intestino e
si moltiplicano in forma di tachizoiti. In
breve tempo queste forme si disseminano in tutto l’organismo per via ematica e linfatica e diffondono le cellule
di numerosi tessuti ed organi, iniziando
il ciclo al di fuori dell’intestino. Alla fine
la risposta immunitaria del gatto limita
questo stadio dell’organismo, che entra in uno stadio dormiente o di riposo,
formando cisti tessutali che persistono
per anni specialmente nei muscoli e
nel cervello. La maggior parte delle
cisti rimane dormienti per l’intera vita
dell’ospite.
Il ciclo infettivo extraintestinale si verifica
non solo nei gatti ma anche in ospiti
intermedi (uomo incluso).
La sintomatologia clinica della toxoplasmosi, nella maggior parte dei gatti
spesso non è manifesta; talvolta tuttavia
compare e ne sono più spesso affetti i
piccoli e gli adulti giovani piuttosto che
quelli più anziani. Sono sintomi precoci
tipici non specifici: sonnolenza, perdita
d’appetito prostrazione e febbre. Segno
dominante è la polmonite, con il sintomo difficoltà respiratorie in graduale
aumento. L’epatite, (infiammazione del
fegato) può causare vomito, diarrea,
e ittero (colorito giallo delle mucose).
Si osservano anche infiammazione del
pancreas e linfoadenopatia (infiammazione di tutti i linfonodi).
La toxoplasmosi può attaccare anche
gli occhi e il sistema nervoso centrale,
provocando infiammazione della retina o
della camera anteriore dell’occhio, possibile cecità, in coordinazione, movimenti
in circolo, tendenza a premere il capo
contro le pareti, difficoltà a masticare
e a deglutire e perdita di controllo nella
defecazione e nell’urinazione. In qualche caso, un’infezione concomitante
da virus leucemico felino (FeLV) o da
virus dell’immunodeficienza felina (FIV)
può predisporre un gatto a contrarre la
toxoplasmosi.
La diagnosi di toxoplasmosi è eseguita
dal medico veterinario in base alla sintomatologia della malattia ma soprattutto
dai risultati degli esami di laboratorio.
La diagnosi definitiva richiede o un esame
microscopico dei tessuti o di strisci da
tessuti, per poter accertare la presenza
delle alterazioni patologiche caratteristiche e di tachizoiti, oppure tramite
tecniche molecolari generalmente basate su PCR.
Nei gatti affetti da toxoplasmosi il trattamento farmacologico più utilizzato è
quello di antibiotici che agiscono congiuntamente inibendo la riproduzione
del parassita. Sino ad oggi non esiste
alcun vaccino per prevenire l’infezione da
toxoplasma o la toxoplasmosi nel gatto,
nell’ uomo o in altre specie animali.
La prevenzione rappresenta l’unica arma
efficace alla malattia.
Per i nostri animali domestici è buona
norma impedire l’accesso dei gatti da
compagnia a roditori e uccelli, ed offrendo loro carni ben cotte (ricordiamo
che le cisti nei tessuti possono essere
distrutte cuocendo per almeno 15-30
minuti accuratamente le carni ad una
temperatura interna di 70°C).
La donna stessa, nel momento in cui
desidera intraprendere una gravidanza,
dovrebbe attraverso un prelievo ematico
esaminare l’eventuale presenza di anticorpi. La positività del test indicherebbe
un’infezione precedente, non trasmissibile
al feto; infatti la presenza di anticorpi
diminuisce la possibilità di trasmissione
congenita nel caso in cui la madre fosse
esposta nuovamente al parassita nel
corso della gravidanza.
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