La Pet Therapy è una co-terapia che integra e rafforza le terapie mediche, con lo scopo di supportare l’approccio medico-sanitario. L’utilizzo dei pet nel processo terapeutico ed educativo è finalizzato a un miglioramento delle funzioni fisiche, sociali ed emotive delle persone. La Pet Therapy non nasce come rimedio unico e infallibile ma come co-terapia. Essa nasce in America nel 1953 dall’ incontro tra un bambino autistico e il cane dello psichiatra Boris Levinson. In questo caso il Dottor Levinson osservò che l’animale forniva al bambino la possibilità di esprimere le proprie sensazioni interiori, comunicando maggiormente grazie alla presenza dell’animale. Senza questo animale le sensazioni del bambino erano inesprimibili Nel 1792 William Tuke, cura di persone con malattia mentale, utilizzo piccoli animali; Nel 1859 Florence Nightingale, i pazienti in ospedale si prendevano cura di piccoli animali; Nel 1867, in Germania, pazienti epilettici curati con uso di cani e gatti; Nel 1919, il Dottor. W.A. White, cura con gli animali i militari che presentavano schizofrenia dopo la guerra. Lo speciale legame tra l’uomo e l’animale da compagnia si è costruito gradualmente e sviluppato nel corso della storia seguendo diverse fasi: Totemico-magica: risale alla tradizione sciamanica dei nativi Nord-Americani. Economico-funzionalista: questa epoca parte dal medioevo sino ad arrivare al rinascimento. Del recupero e della solidarietà: epoca che si riferisce ai giorni nostri. La Pet Therapy ricopre molti campi di applicazione, rivolti ad un ampio pubblico. Infatti essa è rivolta a tutte le fasce d’età dall’infanzia all’anzianità, e si occupa di patologie o handicap più o meno gravi ma anche di situazioni prive di patologie La presenza di un pet per sviluppare questo tipo di approccio richiede un’organizzazione specifica, articolata da un’ èquipe di operatori (medico, veterinario, terapista, psicologo, educatore, ecc), in grado di fornire un risultato accettabile sul piano educativo-terapeutico e sanitario Aspetti fondamentali da tenere presenti nell’applicazione del metodo : L’ambiente dove si svolge l’attività deve essere naturale, sereno, stimolante con particolare riferimento a colori, odori, suoni. Devono essere impiegati animali non addestrati, non appartenenti a particolari razze. Per raggiungere gli obiettivi prefissati devono essere utilizzate le caratteristiche peculiari di ogni specie e di ogni soggetto. Per ogni persona che necessita di questo intervento deve essere stabilito un programma con obiettivi e tempi di applicazione diversificati da soggetto a soggetto. Il metodo deve essere svolto nel rispetto di tempi e modalità e nel rispetto di persone e animali. Gli IAA hanno valenza co-terapeutica, riabilitativa, educativa e ludico-ricreativa e comprendono tre ambiti di intervento: Terapia Assistita con gli Animali (TAA) Educazione Assistita con gli Animali (EAA) Attività Assistita con gli Animali (AAA) È molto importante la scelta degli animali da utilizzare come co-terapeuti nell’intervento con i pazienti. Vi sono due scuole di pensiero differenti per quanto riguarda la scelta del pet La prima afferma che gli animali da utilizzare in terapia devono essere animali domestici La seconda invece afferma che in terapia possono essere utilizzati animali di razza Delfino Canarino Papagallini Criceti o Hamsters Cavie Coniglio Nano Pesci rossi Tartarughe Asino Gatto Cane Cavallo Ricordiamo che l’animale non si sostituisce alla terapia medica per i pazienti, ma affianca il terapeuta divenendo così una coterapia che permette di raggiungere con maggiore facilità il benessere psicofisico dell’individuo e un miglioramento della patologia e del proprio comportamento Il rapporto uomo-cavallo ha origine lontane. Dapprima il cavallo veniva utilizzato come mezzo di trasporto e per il lavoro nei campi. Con il passare del tempo viene impiegato in ambito riabilitativo L’Ippoterapia è nata in Italia più di trent’anni fa e ha avuto un enorme sviluppo nel tempo, pur sempre rimanendo un’attività non riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale come terapia riabilitativa. Ad oggi infatti manca ancora una legge di riferimento. La sua diffusione e il riconoscimento come co-terapia hanno avuto quindi uno sviluppo locale, a livello di singole Regioni e di enti istituzionali. Ippocrate di Cos, fu il primo ad occuparsi di terapia equestre per curare l’insonnia; Asclepiade di Prusa ,prescrisse la terapia con il cavallo per l’epilessia; In tempi più moderni dalla metà del XVII secolo sino agli inizi XVIII questo tipo di terapia veniva applicata agli individui che presentavano disturbi circolatori e ipocondria. In primo luogo è necessario creare un equilibrio nelle relazioni che si instaurano durante la terapia. In secondo luogo, bisogna creare un ambiente accogliente, che valorizzi le capacità dei singoli attori che partecipano alla terapia La formazione emozionale è utile non soltanto per approcciarsi con gli altri ma aiuta anche nella relazione con gli animali. Alla base della Pet Therapy è presente l’obiettivo di riattivare nelle relazioni il lato emozionale, utilizzando quindi il pet con questo fine. In particolare il cavallo è un pet che dà la possibilità, viste le proporzioni corporee, di far provare all’individuo con il proprio corpo esperienze fuori dalla routine motoria ed relazionale. Il cavallo utilizzato per la riabilitazione richiede doti comportamentali adatte in quanto deve svolgere mansioni particolari e delicate: deve presentare un carattere pacato; sesso e età; il cavallo deve aver modo di conoscere l’ambiente prima dell’inizio della terapia; Per l’efficacia della terapia va ricordata la prevenzione dell’igiene mentale del cavallo. Parlare di TMC significa parlare di una co-terapia che porta a risultati soddisfacenti. A livello riabilitativo si cerca il reinserimento sociale, la capacità di instaurare una relazione e lo sviluppo dell’espressione attraverso il corpo. La TMC è riconosciuta solamente in alcune regioni Italiane: Liguria, Piemonte, Lombardia e Puglia Per quanto riguarda l’aspetto internazionale, si occupano di TMC in Gran Bretagna, Norvegia, Stati Uniti, Germania, Francia e Quebec. Il comportamento del cavallo, conferisce autenticità alle interazioni e alle relazioni del paziente. Andare a cavallo, a qualsiasi andatura, vuol dire mettere in gioco numerosi “gruppi muscolari”. Nel cavallo si possono riconoscere le qualità necessarie a soddisfare le pulsioni di attaccamento fondamentali per i primi momenti di sviluppo dell’essere umano Andare a cavallo significa consentire contatti corporei stretti Il cavallo è sensibile ed è ricettivo verso tutto quello che è la relazione in riferimento alla comunicazione Il cavallo ha emozioni e bisogni nei quali ci si può riconoscere Andare a cavallo significa lasciarsi trasportare da un animale che offre situazioni proiettive e simboliche. Le disabilità psichiche oggi sono in continuo aumento e si cerca di individuare metodologie consone ad un miglior intervento, con l’intento di elaborare terapie alternative o aumentative, da affiancare alle tradizionali cure mediche. L’ippoterapia si sviluppa come un’attività educativa e riabilitativa che mira al superamento di un danno che può essere di diversa natura (sensoriale, motorio, cognitivo e comportamentale) e che coinvolge il soggetto, dal punto di vista psichico e corporeo, da qui nasce la sua definizione di approccio olistico-integrato. L’ippoterapia non è insegnamento di tecniche equestri, bensì rappresenta l’utilizzo del cavallo come mezzo per: gestire emozioni stimolare il valore del sé e dell’altro sviluppare le capacità cognitive L’autismo è un disturbo dello sviluppo neurobiologico. Normalmente la diagnosi di autismo viene fatta prima dei tre anni, ossia nella prima infanzia. La distribuzione rispetto al sesso è nettamente maschile di rapporto 4:1 I disabili non imparano ad andare a cavallo, bensì a sviluppare un’attività equestre che comporta: il saper stare sulla sella (metodo all’inglese, ossia con due mani sulle redini); il poter affrontare tutte le situazioni anche quelle reazioni improvvise del cavallo; il rispettare gli ordini; è un’attività che comporta scelte, attenzione, volontà, rispetto dell’animale. L’operatore Pet Therapy osserva attentamente le evoluzioni e l’impegno motorio per poter guidare il disabile a raggiungere determinati obiettivi come: rinforzare i muscoli del tronco e del collo; sviluppare le strutture muscolari di cosce e gambe; acquisire coordinazione oculo-motoria; saper partecipare in gruppo La mia esperienza di tirocinio si è svolta presso l’Associazione dalla Terra alla Luna. Il mio ruolo da tirocinante era di affiancare i ragazzi nelle attività aiutandoli a raggiungere piccole autonomie. Allo stesso tempo osservare educatore ed educatrici per apprendere al meglio il ruolo che essi rivestono all’interno di un’équipe e come è necessario approcciarsi con i soggetti con autismo. G. è un ragazzo di 24 anni, presenta sindrome autistica a basso funzionamento con assenza di linguaggio verbale e scarsa gestualità comunicativa. Presenta atteggiamenti stereotipati come sfarfallio delle mani e dondolio che rappresentano anche forme di espressioni dei suoi stati d’animo G.non esprime i propri bisogni e non richiede ciò che desidera. Presenta inoltre aspetti oppositivi come: lanciare oggetti, tirare i capelli G. ha una buona comprensione dei messaggi vocali semplici. G. svolgeva l’attività di ippoterapia con una programmazione differente dagli altri due utenti. In quanto il suo è un autismo molto grave. Dopo aver svolto un determinato numero di giri a piedi, seguendo un percorso motorio posizionato a terra, veniva portato a mettere la sella al cavallo e successivamente a cavalcare lo stesso per 45 minuti circa. Queste attività venivano svolte da G. normalmente per tutti i lunedì in cui si è svolta l’attività G. ha presentato sin da subito C.P. che si presenteranno durante tutto il corso dell’attività ma in momenti ben definiti e mano a mano sempre in numero più ridotto. Sin da principio G. ha espresso piacere nel restare in compagnia del suo cavallo e ha effettuato sempre in modo eccellente il percorso motorio a terra Ad ogni lezione l’èquipe cercava di mantenere le capacità acquisite e di inserirne sempre di nuove. Infatti G. dapprima ha appreso a stare a contatto con l’èquipe e il suo cavallo, poi successivamente a direzionare il cavallo e a guidarlo autonomamente. Come si evince dalla letteratura l’ippoterapia non è apprendere tecniche equestri ma migliorare lo stato psico-fisico ed emozionale del soggetto. L’obiettivo della famiglia di G. era individuare un’attività che lo portasse ad un benessere e a limitare i comportamenti problema. È possibile affermare che l’obiettivo è stato raggiunto.