Sondaggio sui consumi di carne e sul benessere animale rivolto ai soci Slow Food e agli allevatori
dei Presìdi europei
Se ne parla ancora troppo poco, ma i consumi di carne nel mondo sono in continua e
preoccupante crescita. La maggior parte del latte e della carne presenti sul mercato provengono da
allevamenti intensivi dove gli animali sono trattati come macchine: selezionati per garantire alte rese,
vivono pochi anni (o poche settimane, nel caso dei polli) e, a fine carriera, dopo una vita spesso colma di
sofferenze, sono smaltiti come scarti industriali. Ma esistono anche allevamenti di qualità, estensivi e più
sostenibili, in cui animali si nutrono di erba, fieno e cereali spesso prodotti localmente. Ed esistono anche
allevatori attenti alla salute dei loro animali e li trattano con rispetto.
Scegliendo e acquistando la carne e il latte, i consumatori hanno la possibilità di orientare l’allevamento
verso uno di questi due modelli. Per promuovere modelli di produzione virtuosi, occorre cambiare gli stili
di consumo, tenere in considerazione il modo in cui sono stati prodotti gli alimenti che acquistiamo,
informarsi su come sono stati allevati gli animali dai quali si ottengono.
Per iniziare un percorso di riflessione sui consumi crescenti di carne, sul loro impatto ambientale e
sul benessere animale, Slow Food ha svolto un sondaggio, interpellando i membri della propria
associazione in Europa e coinvolgendo anche, con un questionario più mirato sulle diverse pratiche
di allevamento, i produttori dei Presìdi. I risultati del sondaggio, realizzato nell’ambito di un
progetto sostenuto dall’Unione Europea, saranno presentati a Cheese, nella conferenza “A chi
interessa il benessere animale?” venerdì 20 settembre alle ore 14.
Sondaggio rivolto ai soci Slow Food in Europa
Il sondaggio destinato ai soci Slow Food è stato rivolto a 40.839 persone di 27 paesi dell’Unione Europea
(ovvero i soci che avevano in precedenza fornito un account di posta elettronica): hanno risposto 4321
soci (10,6%).
Il campione degli intervistati è risultato composto da soci italiani (60%), tedeschi (19%), austriaci (5%),
francesi (4%), spagnoli (3%) più un 9% di altri paesi. Il 56% è rappresentato da uomini e il 70% ha più di
40 anni (il 30% più di 55 anni). Si tratta inoltre di persone con un elevato livello di istruzione (il 61% ha
una laurea) residenti prevalentemente in città.
La prima parte del sondaggio era volta a raccogliere informazioni circa i consumi di carne dei soci Slow
Food. Il 93% del campione totale ha dichiarato di consumare carne. Il 4% di coloro che hanno risposto al
sondaggio è rappresentato da vegetariani, mentre poco più dell’1% ha dichiarato di seguire una dieta
vegana. Tra le motivazioni alla base della scelta di non consumare carne sono emerse principalmente
ragioni ambientali (59%) - si ritiene cioè che la produzione industriale intensiva di carne sia ormai
insostenibile -, e salutistiche (60%), legate alla convinzione che un consumo elevato di carne sia nocivo
per la salute. Solamente il 34% di coloro che non consumano carne (il 9% del campione totale) ha
dichiarato di farlo per ragioni etiche. Tale percentuale è molto più elevata in Olanda e nel Nord Europa
(circa il 71%) rispetto all’Italia, che ha scelto questa opzione con la percentuale più bassa di adesioni
(28%) tra tutti i paesi europei.
Gli alimenti di origine animale e i loro derivati sono acquistati prevalentemente presso macellerie di
fiducia (57%) e nei supermercati (42%), direttamente dagli allevatori (27%), presso negozi biologici
(23%) e nei mercati contadini (21%).
Indicativamente, i negozi biologici sono privilegiati in Germania (54%) mentre in Irlanda si acquista
prevalentemente nelle catene di supermercati (97%).
La seconda parte del questionario si proponeva di misurare il livello di conoscenza relativo alle pratiche
di allevamento e l’interesse verso il tema del benessere animale. La quasi totalità degli intervistati ha
dichiarato di essere interessata all’argomento (93%). L’85% ha affermato di riflettere su come sono stati
allevati gli animali quasi sempre, all’atto dell’acquisto di carne.
Le caratteristiche che dovrebbe avere un allevamento per essere animal-friendly, secondo i soci Slow
Food, sono principalmente, nell’ordine: un’alimentazione sana e naturale, la possibilità per i piccoli di
stare a lungo accanto alla madre, la libertà di muoversi all’aperto, la garanzia di non essere mutilati e la
possibilità di esprimere un comportamento naturale, opzioni scelte con una percentuale superiore al 50%.
Slow Food
Piazza XX Settembre, 5 - 12042 Bra (Cn) – Italy
P. IVA 02743970044 - C.F. 91019770048
Tel. ++39 0172 41.96.11 - Fax ++39 0172 41.97.55
E-mail: [email protected] - Internet Site: www.slowfood.com
Tra chi fa acquisti “consapevoli” la pratica più diffusa è di comprare carne allevata localmente (49%) e da
rivenditori fidati (47%). Tutti hanno dato grande importanza al ruolo dei consumatori nell’orientare il
mercato su questo tema: il 90% crede che scegliere di acquistare prodotti che derivano da allevamenti
rispettosi del benessere degli animali possa favorire il miglioramento delle pratiche di allevamento in
genere. Inoltre, l’87% dei consumatori è disposto a cambiare il luogo dove abitualmente fa la spesa per
trovare cibi animal friendly e il 90% è disponibile a pagarli un prezzo superiore: questa è una bella notizia
per gli allevatori che vogliano impegnarsi per migliorare il benessere dei propri animali. Il 32%
pagherebbe oltre il 20% in più del prezzo attuale.
I paesi dove si registra una disponibilità maggiore a pagare un prezzo più elevato per i prodotti rispettosi
del benessere degli animali sono la Germania (59%) e l’Austria (48%). Solamente il 9%, però, ritiene che
le attuali leggi sull’etichettatura permettano di identificare adeguatamente i prodotti derivanti da
allevamenti rispettosi del benessere animale. La maggioranza vorrebbe più informazioni in etichetta,
oppure un sistema di classificazione che consenta di individuare velocemente, a colpo d’occhio, se un
certo prodotto è stato ottenuto con pratiche di allevamento virtuose.
Per il 68% occorre ridurre in generale il consumo di carne, oggi troppo elevato, poiché dannoso per la
salute e l’ambiente. Inoltre il 59% considera gli animali esseri senzienti con il diritto a un trattamento
degno e rispettoso delle loro inclinazioni naturali.
I soci Slow Food, comunque, ritengono che le condizioni degli allevamenti negli ultimi dieci anni siano e
migliorate (32%) o perlomeno siano rimaste uguali (39%).
L’interesse dei soci Slow Food per il tema del benessere animale è altissimo: l’84% chiede di essere
maggiormente informato sul tema e il 90% sostiene che la politica del proprio Paese non riservi
abbastanza importanza alle condizioni di vita degli animali da allevamento.
Coloro che hanno partecipato al sondaggio si aspettano principalmente che Slow Food sensibilizzi le
autorità pubbliche affinché tengano in considerazione i problemi degli allevatori, e che Slow Food
valorizzi i prodotti ottenuti da allevamenti con elevati standard di benessere animale.
Sondaggio rivolto agli allevatori dei Presìdi UE
Il sondaggio rivolto a 65 allevatori (che appartengono a 35 Presìdi Slow Food) ha fatto emergere alcuni
dati interessanti.
La struttura delle aziende è di piccole dimensioni, più della metà alleva anche altri animali a fini di
reddito e il 70% produce trasformati (formaggi, latticini, salumi…). Il canale di vendita più frequente è la
vendita diretta in azienda (70%), solo il 10% vende alla grande distribuzione. 18 allevatori su 65 hanno
una certificazione biologica ma altri 17 producono nel rispetto del regolamento bio, pur non essendo
certificati. Il 97% degli allevatori ritiene che il benessere animale determini una maggiore qualità dei
prodotti finali. Il 45% degli allevatori ritiene però che il proprio governo non consideri abbastanza
importante il benessere animale.
Tutti gli allevatori di bovini che hanno partecipato al sondaggio hanno meno di 200 capi, la riproduzione
avviene in azienda e la stragrande maggioranza dichiara che gli animali viaggiano per meno di un’ora
prima di raggiungere il macello. Inoltre, la macellazione avviene quando gli animali sono più adulti della
media degli allevamenti industriali. Gli alimenti acquistati (cereali, leguminose, fieno…) sono di
provenienza aziendale o locale; 16 allevatori su 65 dichiarano di non utilizzare mangimi industriali già
pronti, ma miscele fatte personalmente, ma sei di loro somministrano soia ogm perché non sono riusciti a
trovare ancora alternative sul mercato.
I primi interventi sul benessere animale che gli allevatori interpellati contano di attuare in futuro sono:
aumentare gli spazi per il pascolo, favorire il più possibile l’espressione del comportamento naturale degli
animali, migliorare la qualità degli alimenti per i propri animali. Il 90% ha già fatto miglioramenti in
azienda, soprattutto ristrutturazioni delle stalle, costruzione di box più grandi, affitto di terreni, e il 95% è
soddisfatto dei cambiamenti. Il 63% dichiara di essere disponibile a investire per migliorare il benessere
dei propri animali. La richiesta che rivolgono a Slow Food è di valorizzare i prodotti di chi lavora bene e
sensibilizzare le autorità pubbliche affinché tengano in considerazione i problemi dei piccoli agricoltori e
allevatori nel momento in cui elaborano le proposte di legge.
Per scaricare il report completo con i risultati del sondaggio visita il sito della Fondazione Slow
Food per la Biodiversità www.fondazioneslowfood.it/it/pubblicazioni/27/le-pubblicazioni
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