L’ARCIOBOE A DRESDA
Sonate inedite per oboe del Settecento in prima esecuzione moderna
SANS SOUCI
Giuseppe Nalin: oboe barocco
Pierluigi Polato: arciliuto
Silvius Leopold WEISS: (1687 –1750)
Sonata in Sol min. per oboe & arciliuto
Largo, Rondeau, Andante, Gigue (Presto)
Antonio Lucio VIVALDI: (1678 – 1741)
Sonata in Sol min. RV 38 per oboe & arciliuto
Largo, Allegro, Largo, Allegro
Giovanni ZAMBONI: (1664-1721)
Sonata VI in Sol. Min. per arciliuto
Alemanda, Giga, Sarabanda, Gavotta
Johann Joachim QUANTZ: (1697 – 1773)
Sonata Si be. Magg. per oboe & arciliuto
Adagio, Allegro, Largo, Presto
Giovanni ZAMBONI: (1664-1721)
Preludio e Fuga in Fa per arciliuto
Johann David HEINICHEN: (1683 – 1729)
Sonata in Fa magg. per oboe & arciliuto
Adagio, Allegro, Adagio , Allegro
In questo programma sono racchiuse delle raffinate pagine musicali in cui le originali melodie dei
tempi lenti si alternano a virtuosismi strumentali piuttosto complessi per un oboe barocco a due
chiavi. Questo avvalora il fatto che molti compositori dell’epoca avevano la possibilità di contare su
oboisti di grande valore ai quali affidarne l’esecuzione.
Ed è anche per questa ragione che l’oboe nel Settecento viene inserito in tutti i generi musicali quali
la musica sacra, l’opera, il concerto solistico e la musica da camera, come nel caso delle quattro
sonate qui contenute, in cui viene dettagliatamente esposto il suo impiego nel campo della sonata
con basso continuo.
Si tratta di composizioni inedite provenienti da manoscritti e raccolte conservate nell’area di Dresda
e Berlino in cui l’oboe è specificatamente indicato da ogni autore.
L’accompagnamento del basso realizzato dal solo arciliuto, permette in questo caso di cogliere nei
dettagli ogni più piccola nuances coloristica e timbrica, grazie al tipico tocco pizzicato che,
inanellando accordi e arpeggi rende queste composizioni scritte oltre due secoli fa, vive e trascinanti
ad ogni tipo di ascolto.
L'arciliuto è uno strumento derivato dal liuto e caratterizzato dalla presenza, a fianco delle normali
corde da premere, di alcune corde di bordone, molto più lunghe e più gravi allo scopo di
aumentarne l'estensione nel registro grave.
I vari modelli di arciliuto e tiorba, fin dall’inizio del ‘600, avevano tipicamente tredici o quattordici
ordini di corde doppie, delle quali sei o sette tastate.
E’ da sottolineare che le caratteristiche dell'arciliuto impiegato in queste esecuzioni, rispecchiano
esattamente lo strumento così come è presente nelle collezioni a noi pervenute. Oggi è normalmente
invalso l’uso di suonarlo con corde singole perché si ritiene che abbia una maggiore potenza sonora,
ma questo è un errore storico perché gli arciliuti sopravvissuti presentano tutti i cori doppi. Non si
tratta tanto di una questione di qualità delle corde, quanto piuttosto di un colore del suono davvero
autentico.
L’arciliuto (come nella variante tiorba) nasce con la precisa funzione di basso continuo e nel XVIII
secolo, nonostante una non numerosa quantità di brani, è documentato il suo uso come strumento
solistico. In area tedesca e in particolare a Dresda domina la figura di S. L. Weiss che scrive, come
i suoi contemporanei, per il liuto che noi denominiamo “tedesco” il quale si presta, per alcune
particolari caratteristiche morfologiche, alla musica solistica.
Interessante è la produzione del liutista romano G. Zamboni che pubblica nel 1718 un libro di
Sonate per arciliuto. Tra queste sonate di stile Corelliano figurano alcune più moderne molto simili
allo stile di Weiss che fu a Roma tra il 1708 e 1714, un interessante collegamento tra la musica
italiana e lo stile di Dresda.
Del presente programma è stata realizzata una registrazione Audio/Video
J. S. BACH
Arie for soprano, oboe & b.c.
Baroque Ensemble “SANS SOUCI”
(with ancient instruments)
Margriet BUCHBERGER: Soprano
Giuseppe NALIN: oboe, oboe d’amore
Massimiliano VARUSIO: violoncello
Marco VINCENZI: harpsichord
Flosst, mein Heiland, flosst dein Namen *
(Weihnachts-Oratorium) BWV 248
Summe Seufzer, stille Klagen *
(Mein Herze schwimmt im Blut) BWV 199*
Gott versorget alles Leben *
(Es wartet alels auf dich) BWV 187
Ich nehme mein Leiden mit Freuden auf mich °
(Die Elenden sollen essen) BWV 75
Seufzer, Tranne, Kummer, Not *
(Ich hatte viel Bekummernis) BWV 21
Sich uben im Lieben *
(Weichet nur, betrubte Schatten) BWV 202
Hort, ihr Augen, auf zu weinen *
(Was Gott tut, dai is wohlgetan) BWV 98
Ich will auf den Herren schau’n *
(Wer nur den lieben Gott lasst walten) BWV 93
Genugsamkeit °
(Nimm was den ist, und gehe hin) BWV 144
Gerechter Gott, ach, rechnest du? *
(Was soll ich aus dir machen, Ephraim?) BWV 89
Es halt’ es mit der blinden Welt °
(Was frag ich nach der Welt) BWV 94
Legenda: * Oboe
° Oboe d’amore
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Il 30 maggio del 1723, Johann Sebastian Bach si installò nella nuova funzione di Kantor della
chiesa di San Tommaso a Lipsia. Questo posto non mancava però di esigenze, tra le quali quelle di
comporre le cantate dell’officio religioso per la funzione domenicale.
Non ci si può dunque stupire che il genio di Eisenach abbia lasciato molti cicli annuali di cantate.
Noi ne conosciamo circa 200 di sacre, ma molte altre sono andate perdute. Ciascuna cantata venne
costruita con una sua propria forma ed una distribuzione vocale e strumentale che s’ispira
direttamente ai soggetti dei testi considerati, naturalmente nei limiti dei mezzi che il compositore
aveva a disposizione.
Bach introdusse così un elemento di varietà nel trattamento e nella disposizione dei testi, lasciando
che l’ispirazione del testo stesso, guidasse la scelta delle composizioni vocali e strumentali di
ciascun estratto.
Le combinazioni di questo programma sono un’ esempio di queste scelte: le arie per soprano, oboe
e Basso Continuo.
Bach sovente ricorse nelle arie delle sue cantate, alla giustapposizione di uno strumento obbligato al
fianco della voce solista, con l’accompagnamento dell’onnipresente basso cifrato, tipico della
scrittura barocca. Per i suoi molteplici interventi prima, durante e dopo i passaggi riservati alla parte
vocale, lo strumento solista apporta un elemento concertante al genere dell’aria, come per esempio
l’annunciare nei preludi il materiale tematico.
Lo strumento selezionato per questo programma, l’oboe, è uno dei più impiegati dalla penna
bachiana dopo il violino e naturalmente l’organo. All’epoca barocca non era considerato come uno
strumento solo come noi lo concepiamo oggi, ma piuttosto come uno dei componenti di una
famiglia dove si poteva trovare anche l’oboe d’amore e l’oboe da caccia, accordati rispettivamente
una terza minore ed una quinta inferiore all’oboe “normale”.
Bach saprà per questo eccellere, rispetto a qualsiasi altro compositore della sua e di ogni altra
epoca, nelle combinazioni timbriche in cui i vari tipi di oboi citati affiancano la voce solista, in
questo caso quella del soprano, per la quale il Kantor scrisse almeno 11 arie per il medesimo
organico adoperato in questo programma.
L’espressività e la soavità pastorale dell’oboe nelle sue varie accezioni, si fonde e fa da perfetto
contraltare alla voce di soprano, grazie ai differenti modi di espressione musicale messi da Bach, in
rapporto diretto con lo stato d’animo divergente, implicito nei vari testi delle arie in programma, dai
quali si possono trarre i più variati esempi, tanto a livello del trattamento del testo quanto per la
sottigliezza con la quale, in uno stile inimitabile, il compositore di San Tommaso, seppe donare la
sua propria individualità a ciascuno dei soggetti trattati.