1 CONCERTO DEL 16 APRILE 2015 Trio Dmitri Bulgakov (oboe

CONCERTO DEL 16 APRILE 2015
Trio Dmitri Bulgakov (oboe), Anton Dressler (clarinetto), Luca Buratto (organo)
Una piccola variazione rispetto al programma di invito: Vivaldi è stato sostituito da Telemann.
All’inizio un brano per organo di Johan Sebastian Bach: apparentemente semplice,
cantabile, emozionante, fa affiorare sensazioni di grande serenità. Quasi un canto sacro, come
sa fare l’immenso Bach.
Poi l’organo tace per dare voce ai due fiati in una sonata di Georg Philipp Telemann, scritta
per due oboi, ma trascritta per oboe e clarinetto, in tre tempi. Parte un duetto vivace, un
rincorrersi di note nell’Allegro, l’eleganza settecentesca nel Moderato, un motivo conduttore
suonato dall’oboe cui fa eco il clarinetto nell’Allegro finale.
Seguono la prima (Pan) e l’ultima (Aretusa) delle sei Metamorfosi di Benjamin Britten
ispirate all’opera di Ovidio, per oboe solo. Per la prima metamorfosi, caratterizzata da pause,
Britten non ha fornito indicazioni per il tempo di esecuzione, lasciando quindi l’interprete
libero di suonare secondo il suo modo di sentire. Il che permette all’esecutore di dare la
propria libera interpretazione della divinità legata alla metamorfosi, nel caso specifico a Pan.
A seguire un’Improvvisazione per clarinetto solo: alto virtuosismo, indubbiamente
un’eccellente performance.
Torna l’organo, con l’oboe, per la Pastorale op. 166 di Camille Saint-Saëns, la cui
composizione (per oboe e pianoforte) risale al 1921, cioè all’anno della morte del musicista.
Recita l’Enciplopedia Treccani: “Può essere considerata musica pastorale quella che s'ispira
alla vita dei pastori e dei campi:1. imitandone gli elementi naturistici, realistici: 2.
simbolizzandola in persona o in scene d'un particolare accento di semplicità, ingenuità,
tenerezza, idillicità: 3. interpretandola liricamente ‘come espressione di sentimento più che
pittura’ (Beethoven)”. Ecco, dunque, due strumenti così diversi tra loro che si accompagnano
vicendevolmente quasi in un canto spensierato.
Ed ecco di nuovo Georg Philipp Telemann con la Fantasia n. 1 per oboe solo: un efficace
crescendo di note che affascina. Quando sta per finire, ecco di sorpresa entra in gioco il
clarinetto con un’Improvvisazione per clarinetto solo: suoni profondissimi che evocano stati
d’animo tesi, pronti a dissolversi in un rapido risalire delle note. Magnifica sonorità che si
stempera per divenire cantabile.
In un concerto in cui il Settecento ha grande spazio non può mancare il grande Georg
Friedrich Händel, con il Trio da camera n. 2 per due oboi e clavicembalo (trascritto per
oboe, clarinetto e organo). Inutile sottolineare l’eleganza musicale. I tre strumenti sono in
perfetta sintonia ed evidenziano la personalità forte e al contempo equilibrata del compositore.
I colori della composizione, nei suoi quattro tempi, sono soffusi di quella solennità tipica della
musica di Händel.
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Il concerto si conclude con la musica di quello straordinario compositore estone che è Arvo
Pärt. Il brano, Spiegel im Spiegel (letteralmente Specchio nello Specchio) si compone di un
motivo accompagnato da una triade di note che si ripetono all’infinito, come uno specchio che
si riflette in uno specchio e così via. Potrebbe sembrare monotono perché le variazioni sono
minime, invece è affascinante, coinvolgente al massimo. Afferma Pärt che, se suonata con
grazia, anche una sola nota è sufficiente. Non possiamo che essere d’accordo. Il suo modo di
scrivere musica non è minimalismo, è arte.
Il pubblico, sapientemente raccolto a ridosso dei musicisti, ha seguito con grande attenzione
questo concerto di grande fascino, interpretato da tre ottimi esecutori che hanno saputo
dialogare grazie a una grande tecnica mai disgiunta da un forte pathos.
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