Lettera Pastorale per la Quaresima 1977
L'attualità delle tentazioni di Gesù
Sacerdoti e Fedeli carissimi,
all'inizio della Quaresima il nostro appuntamento è con Gesù nel deserto, dove per
quaranta giorni fu tentato dal diavolo (Lc 4,1.1). Insieme vogliamo confrontarci con le
tentazioni, che egli ha voluto subire, perché, accogliendo il richiamo alla conversione,
diamo alla nostra vita il significato inteso da Dio e purificati nello spirito ci disponiamo a
celebrare con cuore nuovo il mistero della Pasqua del Signore in tutta la sua pienezza.
Senso del racconto
La predicazione della Chiesa primitiva ha insistito molto sul racconto della tentazione di
Gesù, così che esso è stato inserito in modo rilevante nel Vangelo. Si è predicato il
mistero della tentazione di Gesù non soltanto per riferire un fatto storico riguardante
l'inizio del ministero pubblico di Gesù, ma per proclamarne l'importanza nella vita della
Chiesa e di ogni cristiano.
Gesù è il nuovo Adamo, che vince l'antico peccato e dà un impulso ricreatore a tutta la
storia dell'umanità (cfr. 1 Cor 15,22). L'uomo nel primo Adamo era caduto, vittima della
insidia del tentatore, nel peccato e nella morte; nel nuovo Adamo, Gesù, l'uomo ritrova
se stesso e ridiviene figlio del Padre celeste, chiamato a condividere con lui la vita senza
fine (cfr. Rom 5,17). Come la prima comunità era stata ingannata dall'astuzia del
serpente, figura del demonio, così la nuova comunità, la Chiesa, è chiamata a vincere lo
stesso tentatore, sull'esempio e per mezzo della forza medesima dello Spirito di Gesù.
Meditare sul racconto evangelico delle tentazioni di Gesù significa dunque riflettere sul
nostro compito di battezzati e di cresimati, chiamati a vincere nello Spirito di Cristo le
seduzioni sempre attuali del tentatore.
Cadremmo in errore, se immaginassimo che le tentazioni di Gesù non abbiano vero
fondamento. Pur nei termini ispirati ad un genere letterario proprio dei popoli d'Oriente
e in particolare di Israele, ci viene presentata un'autentica dottrina teologica. In tre quadri
ci viene riproposta la tentazione di Adamo ed Eva, sollecitati a divenire essi stessi «dei»,
ribellandosi al Dio loro creatore. Adamo ed Eva, nel racconto altamente sapienziale della
Genesi, esprimono la loro disobbedienza alla parola di Dio, manifestano la volontà
dell'uomo di staccarsi dalla linea tracciatagli dal suo Creatore: l'uomo intende distinguere
il «bene» e il «male» a suo capriccio, senza riferirsi alla norma oggettiva, che è iscritta dal
Creatore nello stesso suo essere creato. Ma mentre il primo uomo ha cercato di
determinare il suo destino, prescindendo da Dio, l'uomo nuovo, Gesù, respinge l'insidia
del tentatore, che lo vuole staccare dalla volontà del Padre nell' adempimento della sua
missione e lo vince pienamente.
Nella vittoria di Gesù sulla tentazione sta la linea di condotta che siamo chiamati a
seguire, se vogliamo - e questa volontà l'abbiamo manifestata nel battesimo e negli altri
sacramenti - essere coerenti col nostro impegno di cristiani. Con lui ed in lui, noi
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possiamo vincere e celebrare il trionfo della Pasqua già qui in terra ed un giorno in
pienezza con tutta la Chiesa, nella Gerusalemme celeste.
Contempliamo dunque i tre quadri che ci illustrano la lotta di Gesù contro lo spirito del
male, sentendoci coinvolti in questo dramma tuttora attuale, sia per la Chiesa che per
ciascuno.
Prima tentazione
Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. E dopo avere digiunato
quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei il Figlio
di Dio, ordina che questi sassi diventino pane». Egli, però, rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vive
l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,1-4).
L'abilità del tentatore è quella di presentarsi non con tentazioni grossolane e quasi
ridicole, ma con suggestioni che sembrano motivate e fondate sulla parola di Dio. Chi ha
fame - sembra egli dire - ha diritto di mangiare. Compiere un miracolo per sfamare una
creatura di Dio è dunque doveroso. Se sei il Figlio di Dio, fa questo miracolo. Il miracolo
gioverebbe più che tutte le parole per dimostrare la forza di Dio, che è in te, e quindi la
tua divinità.
Il senso della prima tentazione è questo: che Gesù scelga per l'adempimento della sua
missione una via diversa da quella voluta da Dio Padre, che ha presentato Cristo nella
povertà e nell'umiltà, senza trionfi e senza gloria. È la linea che egli seguirà in tutto il
corso della vita: non vuole soddisfare le folle, che lo vorrebbero re (cfr. Gv 6,15), né si
erge a giudicare tra due fratelli che si contendono l'eredità (cfr. Lc 12,14); non ha dove
posare il capo (cfr. Mt 8,20) e vive con i suoi apostoli dell'elemosina di coloro che gli
furono fedeli fin da principio (cfr. Lc 8,3). La Chiesa dei primi secoli si è impegnata a
seguire Gesù in questa prospettiva: gli apostoli sono poverissimi e vivono in parte del
loro lavoro ed in parte con il soccorso dei fedeli (cfr. 2 Cor 11,2-5), spostandosi da una
comunità all'altra senza una loro casa e beni sicuri. Della prima comunità cristiana S.
Luca ci dà una descrizione che difficilmente può essere accolta e capita dalla mentalità di
oggi: Chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno
(At 2,24).
Con questo non si vuole condannare una questa preoccupazione per i beni terreni, ma la
mentalità secondo cui il fine del lavoro, di tutta l'attività umana è il raggiungimento di
ricchezze materiali sempre più imponenti. Il materialismo, che è sempre stato una
tentazione per l'uomo, trascura immancabilmente con troppa facilità lo spirito per dare la
preferenza a tutto ciò che è materiale. L'economia diventa allora più importante della
religione, la materia predomina sullo spirito ed il benessere esteriore è più importante
della ricchezza spirituale (Cfr. Gutzwiller, Meditazioni su S. Matteo, p. 36).
Ecco allora la tentazione di cambiare tutto in pane, o piuttosto in ville, in giardini, in
denaro congelato, in proporzioni inverosimili e sbalorditive quello che dovrebbe servire
per il bene comune, per i poveri, i malati, i bisognosi di tutto. Il superfluo datelo in elemosina
(Lc 11,41), insegna il Vangelo. Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da
mangiare faccia altrettanto (Lc 3,11).
Il mondo materialista ha un ideale completamente diverso, e così avviene ancora oggi,
pur con tante migliorie sociali, che la distribuzione dei beni terreni vede da una parte chi
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nuota nell'abbondanza e dall'altra chi a stento riesce a far fronte ai propri bisogni e
perfino manca del necessario.
I beni della terra sono necessari e li dobbiamo vedere nel piano divino della creazione.
Quando fu necessario Gesù Cristo moltiplicò i pani (cfr. Mt 14,16) ed indicò a Pietro il
luogo sicuro per la pesca (cfr. Gv 21,6). Ma Gesù ha detto anche un'espressione che non
si vuole sentire e che si ha una grande difficoltà a comprendere: sono parole che
anticipano un giudizio, che non avrà appello: In verità vi dico - sono parole del Signore difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la
cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli (Mt 19,23 s.).
E che dire delle ricchezze accumulate con la frode, l'inganno, l'ingiustizia, l'immondo
commercio della droga, la proiezione di films immorali, che pervertono la gioventù e
mantengono nella pianura del vizio coloro che già si sono incamminati per questa via?
Qui deve essere ricordata un'altra grave parola del Signore: Guai al mondo per gli scandali. È
inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo (Mt 18,7).
Se la ricerca dei beni terreni nasce nell'ingiustizia ed è causa di maggiore miseria morale,
vuol dire che la via scelta è sbagliata: si è dimenticato che l'uomo non vive di solo pane,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Vi è oggi molto progresso materiale. In sé lo dobbiamo apprezzare, ma non nell'uso che
in larga parte se ne fa. Il Concilio accenna alla trasformazione sociale e culturale; noi ne
siamo testimoni. Questa trasformazione riguarda il tenore di vita, lo sviluppo delle
scienze, il benessere che è entrato nel vivere umano. Di qui un cambiamento di
mentalità, da cui nascono profondi contrasti tra i giovani e gli adulti. Questo ha influsso
anche sulla religione. Molti se ne staccano ed abbandonano ogni pratica religiosa e «a
differenza dei tempi passati negare Dio o la religione non è più un atto insolito ed
individuale» (G.S. 7).
L'uomo ha bisogno della parola di Dio quale nutrimento della sua vita di fede. Il corpo
ha bisogno di cibo materiale: se gli manca, muore; e l'anima, se le manca il nutrimento
della parola di Dio, non vive più la vita spirituale. Così si spiegano tante defezioni,
incertezze, abbandoni della fede: è venuto meno il nutrimento della parola di Dio. Grave
avvertimento per ognuno di noi e richiamo forte, perché sia data l'importanza primaria
alla formazione religiosa e morale di chi ha diritto di riceverla da noi.
Ma l'argomento richiama anche la necessità del pane per i poveri, che si deve
moltiplicare da coloro che hanno la vera carità di Cristo, la carità di Dio diffusa nei cuori
per mezzo dello Spirito Santo, che ci è dato (cfr. Rom 5,5): quella carità, che insegna a
considerare tutti gli uomini come fratelli, perché tutti figli del medesimo Padre che sta
nei cieli, e creati non per le ricchezze terrene, che si devono lasciare, ma per la
beatitudine eterna nella visione di Dio.
Quanto più l'uomo sa accogliere la vita divina, tanto più è in grado di trasmettere anche
il pane necessario per la vita presente. È attraverso l'accoglienza che facciamo alla parola
di Dio che, anche per opera nostra, deve moltiplicarsi il pane: Dà il tuo pane a chi ha fame e
fa parte dei tuoi vestiti agli ignudi (Tb 4,16). È quanto ognuno deve sentirsi impegnato a fare,
accogliendo l'invito per il Sacrificio Quaresimale. Questa iniziativa promossa su piano
svizzero ci offre la possibilità di rieducarci e incoraggiarci ad un atteggiamento che
dobbiamo sapere ricuperare come un valore: l'atteggiamento penitenziale, un tempo
meglio evidenziato dalla pratica del digiuno e della astinenza. Se la Chiesa in questi anni,
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contrariamente a quella che è stata una lunghissima tradizione, ha ridotto piuttosto ai
minimi termini il precetto della penitenza e dell'astinenza quaresimale, questo non deve
significare per il cristiano autentico abolizione e riduzione del dovere della penitenza.
Secondo l'affermazione di S. Agostino che il digiuno ha senso non in se stesso, ma in
quanto può permettere di esercitare la carità e la misericordia, diamo spazio nel tempo
quaresimale anche al digiuno ed all'astinenza, proprio per questa finalità.
Seconda tentazione
Allora il diavolo condusse Gesù con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse:
«Se sei il Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: "Ai suoi angeli darà ordini al tuo riguardo ed essi
ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede" ». Gesù gli
rispose: «Sta anche scritto: "Non tentare il Signore Dio tuo" » (Mt 4,5-7).
Questa seconda tentazione può sembrare ancora più misteriosa. Gesù è invitato a tentare
Dio, esigendo senza fondamento e senza scopo un miracolo. È lo stesso invito che gli
rivolgono gli Ebrei, quando è sulla croce: Se sei Figlio di Dio, scendi dalla croce... È il re
d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo (Mt 27,40.42). È invitato ad attirare l'attenzione
su di sé attraverso un fatto straordinario, eccezionale, lontano dalle vie di Dio.
Il Vangelo parla dei miracoli di Gesù: essi, però, non furono mai compiuti allo scopo di
impressionare le folle, di attirare l'attenzione sulla sua persona, ma come prova che le sue
parole sono parole di Dio, e quindi operano quanto dicono.
Satana vuole indurlo ad abusare della sua potenza di Figlio di Dio. Ma il miracolo, nel
piano di Dio, deve rimanere come eccezionale e non deve diventare la forma ordinaria
delle manifestazioni del Signore. Gli uomini devono ascoltare la parola del Signore e
credere e non inseguire la sensazione del meraviglioso. Devono imparare a trasformare la
comune vita quotidiana, con fede semplice, in un servizio reso al Signore e non
considerare essenza della religione ciò che è straordinario e miracoloso, fuori del
comune: devono invocare l'aiuto divino nei bisogni della vita, senza esigere miracoli. Se
così non fosse, la religione diventerebbe un servizio di Dio alle esigenze dell'uomo, e
non un servizio degli uomini a Dio: sarebbe un capovolgimento dell'ordine divino.
Perciò la risposta di Gesù: Non tentare il Signore, Dio tuo (cfr. Gutzwiller, l. c. 18). Chi tenta
Dio ha una fede vacillante: vorrebbe che Dio la confermasse in continuità coi miracoli.
Non è più la parola di Dio che lo guida.
In questo modo l'uomo dimentica il suo naturale rapporto di creatura nei confronti di
Dio, perde ogni possibilità di discernimento e dice «buono» e «vero» ciò che in realtà non
è né buono né vero, ma a lui conviene. Qui sta il vero peccato: l'uomo non riconosce la
sua dipendenza da Dio. Il vero male dell'uomo non sta tanto nel commettere qualche
peccato, ma nell'affermare che quel peccato non è tale, secondo l'espressione di San
Paolo: Pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali opere meritano la morte, non solo
continuano a farle, ma anche approvano chi le fa (Rom 1,32).
Il diavolo dice a Gesù: Gettati giù, e gli ricorda che non vi sarà nessun rischio, perché gli
angeli verranno a sostenerlo.
La tentazione rinasce oggi in campo cattolico. Noi abbiamo le nostre istituzioni (oggi si
usa chiamarle strutture), le nostre scuole private, le nostre opere caritative, il nostro
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giornale; personale religioso attende alla cura dei malati in ospedali e cliniche ed
all'assistenza degli anziani nei ricoveri.
Queste nostre istituzioni e la nostra opera in campo civile vengono considerate come
sorpassate e perfino dannose. Si dice: Oggi è lo Stato che deve provvedere e perché
dobbiamo pensarci noi? Per quanto riguarda le scuole, si presentano come ambienti
chiusi, si avanzano motivi di diffidenza e di contrasti e si ragiona così: Bisogna andare
incontro al mondo, bisogna dare fiducia al mondo: avremo così occasione di portare nel
mondo il Vangelo, di essere lievito che convertirà il mondo.
Devo rispondere che queste nostre istituzioni ed il nostro lavoro hanno precisamente il
compito di portare una testimonianza cristiana in mezzo alla società. Lo sanno bene
coloro che ci ostacolano e vorrebbero tolto l'insegnamento religioso dalla scuola; e lo
sanno coloro che stanno creando per le nostre istituzioni condizioni che ne vorrebbero
rendere impossibile l'esistenza ed affrettarne la scomparsa.
Proprio perché non vogliamo che questi compiti, che siamo chiamati a svolgere come
Chiesa, vengano relegati ad una sfera privata, noi vogliamo il mantenimento dell'art. 1
della Costituzione cantonale.
Noi non vogliamo competere con lo Stato: la nostra opera vuole essere un aiuto; nessun
pensiero di vanità, di dominio, di potere: ma la libertà ed il diritto di servire, di
contribuire al benessere materiale, morale e spirituale della nostra popolazione.
I sacrifici che si fanno per questo nella scuola, in ospedali, cliniche, ricoveri e
specialmente in istituti per andicappati meritano la approvazione, la riconoscenza di tutti
coloro che hanno sensi di umanità.
Noi sentiamo la nostra responsabilità, in questa testimonianza cristiana; e sappiamo
anche che bisogna andare al mondo, ma senza lasciarci corrompere dallo spirito del
mondo e senza correre il pericolo di aiutarlo a perdersi e di perderci con lui. Per questo
San Paolo ha scritto: Non vogliate conformarvi a questo mondo (Rom 12,2).
Noi abbiamo bisogno delle nostre istituzioni, dei nostri centri di formazione ed
educazione cristiana. Lasciarli equivale ad accettare la tentazione diabolica: Gettati giù,
che verranno gli angeli a sostenerti. Ci si insinua: lasciate cadere le vostre opere: azione
cattolica, azione sociale, azione caritativa, insegnamento religioso nella scuola, ed abbiate
fiducia! Chi parla così ha un piano ben preciso, e cioè la disgregazione dello spirito
cristiano nella società.
Così intendono l'andare verso il mondo. Ma per il cristiano andare verso il mondo
significa in primo luogo non lasciarsi inghiottire dal mondo, non lasciarsi invischiare dal
suo spirito. Andare al mondo non può avere altro scopo per il cristiano che ricordargli
che deve essere il sale della terra e la luce del mondo (cfr. Mt 5,13 s.). Ma per questo è
necessario che il sale rimanga sale ed abbia quindi sapore e che la luce non si riduca a
lucignolo fumigante. Andare al mondo ha un senso solo se noi abbiamo qualche cosa da
dare al mondo. Questo era il senso da cui sono stati guidati e lo scopo che si sono
prefissi coloro che hanno dato vita alle nostre istituzioni: ognuna doveva essere un
servizio, un esercizio di carità, una testimonianza evangelica, nella persuasione che il vero
bene della società non si otterrà con l'allontanarsi da Dio o alterando il senso della parola
del Signore, poiché solo Dio, per mezzo di Gesù Cristo, può essere la salvezza di un
mondo sempre inquieto ed in agitazione.
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Per questo, noi guardiamo con riconoscenza alle generazioni che ci hanno preceduto per
quanto hanno realizzato in nome del Vangelo e ci impegniamo a mantenere tutto quanto
ha ancora nel mondo un senso di testimonianza evangelica.
Rinunciare alle nostre opere e quindi alla nostra diretta testimonianza cristiana e
pretendere così di aiutare il mondo è illusione e tentazione diabolica. Se si vuole
mantenere il volto cristiano del Ticino è necessario respingere la tentazione di
dispensarci dal nostro lavoro per lasciare tutto all'azione diretta di Dio, al miracolo. Ci è
affidato un messaggio, un'opera che compiamo nel nome di Dio e col suo aiuto e che
domanda tutto il nostro interessamento e coraggio. Agire diversamente vuol dire tentare
Dio.
Terza tentazione
Di nuovo il diavolo condusse Gesù con sé sopra un alto monte e gli mostrò tutti i regni del mondo con la
loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, prostrandoti, mi adorerai». Ma Gesù rispose:
«Vattene satana! Sta scritto: "Adora il Signore Dio tuo ed a lui solo rendi culto"». Allora il diavolo lo
lasciò ed ecco gli angeli gli si accostarono e lo servivano (Mt 4,8-10).
Satana si sente padrone del mondo, principe di questo mondo, come lo chiamò Gesù (cfr. Gv
14,20) e in grado di trasmettere questo dominio agli altri. È la tentazione del
messianismo secolare, l'uso del potere politico per attuare la missione messianica, al di
fuori dei disegni del Padre, e solo in una visuale di grandezza umana. Ma l'offerta del
demonio deve essere pagata con un prezzo molto alto: egli domanda che Gesù si pieghi
davanti a lui e lo riconosca signore: solo facendo questo riceverà come compenso il
dominio su tutto il mondo.
La risposta di Gesù a questa tentazione supera in severità le precedenti ed è preceduta da
un ordine al demonio di allontanarsi.
La nostra missione è di condurre il mondo a Cristo. Per questo preghiamo nel Padre
nostro: Venga il tuo regno e sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. (Mt 6,10). È un
lavoro difficile, praticamente impossibile, se dovesse compirsi con le sole forze umane.
Vediamo la situazione della Chiesa oggi. Il Concilio era una speranza e si è parlato della
preparazione di una nuova primavera per la Chiesa. V'è almeno qualche segno di questa
nuova primavera? La risposta è difficile, ma è anche vero che la posizione della Chiesa
non può giudicarsi solo da quello che appare e si vede: vi è il lavoro dello Spirito nella
Chiesa e nelle anime, che non può essere misurato da noi.
Ma all'esterno qualche cosa si può vedere e qualche giudizio si può dare. E proprio su
questo i giudizi sono discordi.
Noi conosciamo il successo che ha conosciuto l'Anno Santo: le folle di pellegrini giunti a
Roma da tutte le parti del mondo hanno dimostrato che il lievito del Vangelo qualche
cosa ha fatto e qualche cosa sta ancora facendo. Si dice anche, e questo pure è vero, che
la pratica cristiana oggi è più convinta che in altri tempi, nei quali vi era maggiore
frequenza alla Chiesa.
Ma di fronte a queste constatazioni, che facciamo con molto piacere, ve ne sono altre e
ben diverse. L'abbandono della pratica religiosa da parte di molta gioventù, la
diminuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose, l'aumento degli indifferenti in materia
religiosa e l'ateismo, l'immoralità dilagante accentuata con l'esaltazione del sesso,
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l'incoraggiamento per l'uso degli anticoncezionali e per l'aborto, una discutibile istruzione
sessuale che non tiene conto né dell'età né del diverso sviluppo della fanciullezza, ci
riportano, per quanto riguarda la parte morale, in pieno paganesimo.
E proprio in questo tempo la Chiesa, che ha la missione di custodire il deposito della
rivelazione (cfr. 1 Tim 6,20), è attaccata un po' da tutte le parti: da sinistra, ove si predica
il distacco dalla Chiesa istituzionale per la Chiesa spirituale, rievocando errori, che già
hanno conosciuto i secoli più lontani; da destra, quando nell'opposizione
all'aggiornamento della Chiesa voluto dai Papi e dal Concilio, si pongono gesti che
possono costituire le premesse di un nuovo scisma. In mezzo sta la Chiesa cattolica,
apostolica, romana che continuerà per la via indicatale dal Fondatore, Gesù Cristo,
nonostante i molti attacchi che non le sono risparmiati neppure da coloro che sono
entrati in essa col battesimo e magari insigniti del sacramento dell'Ordine.
Ma vi è chi ha suggerimenti da dare alla Chiesa perché sia ascoltata e ritornino a lei le
folle che l'hanno abbandonata. Volete che la Chiesa abbia facile accettazione ed adesione
nel mondo? La via c'è: la Chiesa si adatti al mondo. Insistere oggi su certe posizioni, che
si potevano difendere in altri tempi, è controproducente: attira alla Chiesa forti critiche e
di lei si dice che non sa comprendere i tempi. Così, per esempio, la Chiesa condanna
l'aborto, ormai diffuso nella pratica e tollerato dalla pubblica opinione. La Chiesa ha
emanato da poco tempo una dichiarazione nella quale, considerata l'urgente necessità di
opporsi a gravi errori e comportamenti aberranti largamente diffusi, conferma l'illecità
dei rapporti prematrimoniali, dell'uso di anticoncezionali e di altre deviazioni nel campo
della sessualità: non si comprende che con questo la Chiesa presta il fianco a gravi
critiche e sarà sempre meno ascoltata?
Questo è il linguaggio, purtroppo, anche di non pochi cattolici e talvolta di sacerdoti e di
religiosi. È la continuazione di quanto il demonio ha detto a Cristo nell'ultima
tentazione: Ti darò tutte queste ricchezze, se mi adorerai. Ci si promette che la Chiesa
diventerà credibile, se farà delle concessioni al mondo ed al suo spirito: se si accontenta
di tacere, di lasciare nell'ombra alcune verità: così la famiglia cristiana aumenterà ed i
fedeli ritorneranno a riempire le nostre chiese. È la tentazione diabolica di tutti i tempi,
alla quale la Chiesa non può aderire. Perché? Perché la Chiesa non ha la proprietà delle
verità che le furono affidate perché le custodisca e le proclami al mondo: essa ne è la
custode. Essa ricorda la parola di Cristo: Passeranno il cielo e la terra, ma le mie parole non
passeranno (Mc 13,31). La Chiesa non può né tradire né compromettere il deposito, che le
venne affidato in custodia, per avere più facile accesso ed accoglienza nel mondo.
Ma se la Chiesa rinuncia alla predicazione di quelle verità, che stanno nel «deposito» della
fede, come si potrà dire che diventa più credibile? E chi ritornasse alla Chiesa
rinunciataria alla sua precisa missione, che non tollera compromessi in fatto di fede e di
costumi, quale Chiesa troverebbe? Quella di Cristo? Quella degli Apostoli? Quella dei
Padri della Chiesa? Quella dei Santi? Quella delle primitive cristianità?
Troverebbero una Chiesa che non ha più nulla da dire e da dare al mondo. E una Chiesa
che non ha più nulla da dire e da dare al mondo, a che serve? La Chiesa ha compiuto il
suo aggiornamento nel Concilio. Un segno di essere depositaria della verità è il coraggio
di presentarla e di difenderla, come l'ebbero gli apostoli ed i martiri di tutti i tempi: la
Chiesa del secolo XX.mo come la Chiesa del primo secolo.
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Le tentazioni di Gesù continuano lungo i secoli. Da cristiani convinti dobbiamo sapere
che anche oggi siamo tenuti a guardare a Cristo, alla sua persona, alla sua parola, a
prendere come modello di vita lui che ha detto: Vi ho dato l'esempio, perché come ho fatto io
così facciate anche Voi (Gv 13,15). La terra è il deserto della tentazione; la Quaresima è il
momento della riflessione per la ricerca di una conformità sempre migliore della nostra
vita con la vita di Cristo. Ci aiuti e ci sproni in questo lavoro l'esempio e l'intercessione di
colei della quale è detto, che schiaccerà il capo del tentatore (cfr. Gn 3,15).
La benedizione del Signore ci accompagni sempre tutti.
Lugano, 20 gennaio 1977.
+ Giuseppe Martinoli, Vescovo di Lugano
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