Comunicare da un altro punto di vista Il comunicatore oculare: una finestra sul mondo per esprimersi. Storie, emozioni e vita di persone con Sclerosi Laterale Amiotrofica Paolo Banfi [1], Maria Giulia Marini [2], Michele Sebastianutto [3], Verdiana Morando [3], Luigi Reale [4], Vincenzo Soverino [5], Matteo Lora Moretto [6], Guido Matucci [7] Obiettivi Dimostrare se per le persone malate di Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) poter nuovamente comunicare in condizioni estreme migliora la loro qualità di vita e del loro nucleo di riferimento, attraverso la raccolta di narrazioni [*] utilizzando il comunicatore oculare. La carta europea dei diritti del malato La Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea, che rappresenta il primo “mattone” della costituzione europea, afferma una serie di diritti universali che trascendono l’appartenenza nazionale e che riguardano la persona umana come tale, senza alcuna discriminazione motivata da criteri di cittadinanza. La loro validità pertanto permane anche quando le leggi nazionali non ne prevedono la tutela. Nella stessa Carta troviamo poi anche i 14 diritti dei malati, che nel loro insieme riprendono i diritti fondamentali sopracitati rendendoli concretamente applicabili e appropriati al contesto sanitario indipendentemente dalle realtà dei singoli Paesi [**]. I 14 DIRITTI DEL MALATO 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. Diritto a misure preventive Diritto all’accesso Diritto all’informazione Diritto al consenso Diritto alla libera scelta Diritto alla privacy e alla confidenzialità Diritto al rispetto del tempo dei pazienti Diritto al rispetto di standard di qualità Diritto alla sicurezza Diritto alla innovazione Diritto a evitare le sofferenze e il dolore non necessari Diritto a un trattamento personalizzato Diritto al reclamo Diritto al risarcimento Comunicare è un diritto Molti dei diritti elencati affermano chiaramente che ogni malato deve avere un ruolo attivo durante tutto il proprio percorso di cura. Ciò significa che alla persona malata devono essere forniti sia gli strumenti necessari affinché capisca a cosa andrà incontro sia la possibilità di accettare, modificare o rifiutare ciò che gli viene proposto dal personale sanitario. Affinché questo possa avvenire è indispensabile che gli venga garantita la capacità di interagire comunicando. Comunicare è inoltre un vero e proprio bisogno primario, innato in tutti gli esseri viventi. L’importanza di soddisfare tale necessità è ancor più evidente in persone con patologie altamente invalidanti come la SLA, dove la possibilità o meno di comunicare può determinare la “voglia di vivere o di morire”. Gran parte di esse infatti conserva intatte le proprie capacità cognitive in una situazione in cui il corpo è un contenitore immobile di emozioni, idee e pensieri, che rimangono tacitamente inespressi. Quindi la progressiva ed irreversibile perdita della possibilità di comunicare attraverso i metodi più comuni (parlare o scrivere con le mani o l’utilizzo della comune gestualità) deve essere assolutamente sostituita da altre modalità di comunicazione in modo che tali persone possano continuare a partecipare alla vita famigliare e sociale, possano coltivare vecchi e nuovi interessi, possano studiare e tenersi informati sugli accadimenti del mondo; una rinnovata capacità nel comunicare diventa, per esse, una vera e propria terapia. La comunicazione aumentativa alternativa per la persona con SLA Con il termine Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) intendiamo ogni forma di comunicazione che sostituisce, integra, aumenta il linguaggio verbale orale. Non è corretto parlare di comunicazione alternativa soltanto, perché se esistono emissioni verbali, queste vanno mantenute e potenziate. La CAA è considerabile a tutti gli effetti un settore della pratica clinica che ha come obiettivo la compensazione di una disabilità, temporanea o permanente, del linguaggio espressivo [***]. Per fare questo la CAA sia avvale di ausili a bassa tecnologia (ad es tabelle alfabetiche), a media tecnologia (ad es touchpad) e ad elevata tecnologia (comunicatori a controllo oculare). Di seguito alcune specifiche sul comunicatore a controllo oculare: Costo: il costo dei comunicatori a controllo oculare ha un range variabile tra i 12.000 e i 21.000 euro, a seconda del modello. Sistema di tracciamento dei movimenti oculari: oggigiorno la maggior parte degli Eye-Tracker in commercio utilizzano una tecnologia denominata “Video-oculografia” (VOG), ovvero registrano la posizione dell’occhio nell’orbita e i suoi movimenti tramite una videocamera digitale. Gli Eye-Tracker più moderni utilizzano inoltre un sistema di illuminazione del volto e degli occhi basato su luce infrarossa (IR) o vicina all’infrarosso (NIR), per meglio delineare il contorno della pupilla e per ottenere uno (o più) riflessi, noti come “riflessi corneali” (CR). Il vettore risultante dalla relazione (dinamica) di questi due parametri (successivamente ad una procedura detta di calibrazione) viene utilizzato per ottenere la posizione dello sguardo rispetto ad un determinato elemento del display. Approvvigionamento: per averlo è necessaria una diagnosi di SLA e la prescrizione da parte dello specialista (neurologo o fisiatra) Tempi: il tempo medio di fornitura è di 1-2 mesi nei casi migliori, ma in alcune regioni invece ci vogliono diversi mesi. Consegna e training: a cura della ditta fornitrice; il tempo medio di apprendimento è rapidissimo, anche se comunque dipende dal livello cognitivo e culturale del paziente Dati gentilmente forniti dal dott. Marco Caligari, responsabile del laboratorio di comunicazione e domotica della Fondazione Salvatore Maugeri, Istituto di Veruno (Novara) Metodo Le storie sono state raccolte attraverso interviste in presenza, qualitative, racconti di vita di persone con SLA, coprendo un campione rappresentativo a livello nazionale. Sono state coinvolte sia persone ospedalizzate sia domiciliate, che comunicano attraverso il comunicatore oculare. È stato chiesto loro di raccontare il proprio vissuto, prima e dopo la diagnosi di SLA, focalizzandosi poi sulla fase della loro vita in cui la possibilità di comunicare autonomamente è venuta meno e chiedendo infine di esprimersi riguardo all’utilizzo del comunicatore e al suo impatto sulla qualità della vita. Si riportano alcuni estratti dai racconti di vita esemplari di Daniele, Paolo, Maurizio e Michele. 1. Responsabile del Servizio di Fisiopatologia Respiratoria e Pneumologia, Fondazione Serena Centro Clinico NeMO; 2. Direttrice dell’Area Sanità e Salute della Fondazione ISTUD; 3. Ricercatore Dell’Area Sanità e Salute della Fondazione ISTUD; 4. Coordinatore dei progetti dell’Area Sanità e Salute della Fondazione ISTUD; 5. Consigliere nazionale AISLA; 6. Direttore Marketing VIVISOL, Gruppo SOL; 7. Direttore Generale VIVISOL, Gruppo SOL [*] In cura di medicina narrativa, Maria Giulia Marini, Il sole 24 ore Sanità, 2011 [**] Carta europea dei diritti del malato (Bruxelles 15 novembre 2002) [***] www.isaacitaly.it., accesso Maggio 2011 [****] Michele Riva, “il Ramarro Verde”, edizioni Dissensi, 2011 Daniele Nasce nel 1955 a San Remo e fin da piccolo è abituato a viaggiare e a frequenti spostamenti a causa del lavoro del padre, di professione cantante lirico. Anche Daniele era un cantante lirico e tutt’oggi è un grande appassionato di musica lirica. Daniele di professione faceva il promotore finanziario per varie banche. La diagnosi di SLA arriva nel 2006. Nel 2009 è stato tracheostomizzato ma solo a marzo 2010 ha ricevuto definitivamente il comunicatore. Il comunicatore è stato uno strumento fondamentale per Daniele. Come racconta, gli ha cambiato la vita ridonandogli la parola e la relazione con il mondo. “Una finestra sul mondo per tornare a sentirsi vivi”, ci dice. Gli ha permesso di stare in contatto con il mondo esterno, di riattivare conoscenze di amici di vecchia data e nuovi, ma soprattutto di raccontarsi e di agire. Di raccontarsi, attraverso la scrittura di una sorta di diario che sta realizzando insieme ad un dottore. Di agire, attraverso i social network tra cui Facebook e la rete di AISLA organizzando attività di found-raising per AISLA, mettendo a frutto le sue conoscenze e passioni: per il 150° dell’Unità di Italia, ad esempio, ha organizzato un concerto presso il comune di S. Casciano (FI) con l’Orchestra comunale, dialogando attivamente con le istituzioni per i permessi e le concessioni, nonché la pubblicizzazione dell’evento, e i membri dell’orchestra per l’organizzazione dell’evento nel dettaglio e nella scelta della scaletta del programma. Michele I primi sintomi di SLA in Michele si manifestarono poco prima del 2000; all’epoca era allo stesso tempo responsabile tecnico di una piccola industria, assessore in comune e faceva parte del comitato di gestione di un ospedale della zona. La malattia lo trasformò, e non solo fisicamente, era diventato oramai un’altra persona, rassegnata al proprio destino e infuriata con il mondo intero. La svolta arrivò quando, a causa di una crisi respiratoria nel 2005, toccò la morte con un dito; non aveva certamente voglia di ripetere l’esperienza. Da quel giorno, trachoestomizzato, decise di riappropriarsi della sua antica voglia di vivere, da cui la malattia lo aveva allontanato, e della sua meravigliosa voglia di essere persona attiva, ci era troppo abituato; il comunicatore fu proprio il mezzo attraverso il quale Michele riuscì nel proprio intento. Con questo strumento ha scritto un libro autobiografico, interamente con i propri occhi, in 9 mesi, il periodo d’attesa necessario per un figlio. Il libro “Il ramarro verde” è solo una delle molte cose che ha potuto realizzare Michele, basti solo pensare che è riuscito a prendere la patente da radioamatore, sua passione da sempre, e lo stesso comunicatore gli permetterà a breve anche di utilizzare una vera e propria radio. Continuando, ha organizzato un derby tra Juventus e Torino a scopo benefico, sta mettendo in piedi un progetto di sostegno psicologico e spirituale per persone con SLA o altri tipi di disabilità; inoltre collabora con gli ingegneri della ditta produttrice del suo comunicatore, testando nuove applicazioni. Paolo E’ nato a Roma 49 anni fa. Ha il comunicatore da 8 mesi, ed è stato in silenzio per 5 mesi: ripetiamo cinque mesi di silenzio prima di rientrare a comunicare con il resto del mondo con i suoi occhi che scelgono le lettere sulla tastiera elettronica. Le prime parole che ha detto una volta ottenuto e imparato ad usare il comunicatore erano rivolte a sua moglie: “ti amo”. Non potendo più parlare liberamente - ci dice Paolo - adesso penso molto di più a quello che devo dire, ho tempo per una maggiore riflessione. Una sola paura: in caso di emergenza il comunicatore non permette una comunicazione veloce. Prima della diagnosi lavorava a Milano, era l’Amministratore Delegato di una multinazionale che operava nel settore assicurativo. Sull’oggetto comunicatore ci dice, che questo ha certamente cambiato la sua vita, con esso può chiedere aiuto quando vuole o quando ne ha bisogno, può guidare il medico che lo sta curando, tenersi in contatto con sua madre a Roma e, addirittura, Paolo lo usa per fare delle consulenze per l’azienda in cui lavorava. Di fatto lo adopera come uno strumento di “telelavoro”. Paolo assicura che anche per i suoi caregivers/famigliari l’arrivo del comunicatore è stato un evento favoloso. Ora con il comunicatore Paolo può e potrà fare molto: soprattutto ama ascoltare audio-books e musica. Ma Paolo, che ancora è un bravissimo organizzatore, ha fondato una sua propria ONLUS: si chiama semplicemente SLA, che sta per Start Living Again. E quindi testimonia che anche attraverso il comunicatore non solo si ritorna a parlare e a comunicare, ma di più, a vivere. Maurizio Nato in provincia di Torino nel ‘67, Maurizio prima della diagnosi di SLA lavorava come elettromeccanico e progettava impianti elettrici di macchine per la produzione di biscotti, fette biscottate e merendine. Per passione e per lavoro ha sempre avuto una certa confidenza con la tecnologia, il che è stato utile nell’utilizzo del comunicatore. Già dal 2006 Maurizio ne avrebbe avuto bisogno, ma all’epoca questo tipo di ausilio non era tra quelli garantiti dalle ASL. Ha potuto ottenerlo solo nel 2007. In quei lunghi mesi di silenzio Maurizio usufruiva di altri strumenti a bassa tecnologia per la comunicazione. L’alternativa era acquistarlo a proprie spese, ma sulla famiglia gravavano altre spese, come il mutuo per la nuova casa. La soluzione arrivò grazie ad una corsa podistica i cui fondi raccolti furono utilizzati per comprargli il comunicatore. Dopo un primo periodo di ambientamento Maurizio prese pienamente possesso dello strumento che diventa una sua parte integrante. Le cose cambiano soprattutto in famiglia, che si riappropria del marito e del padre. Soprattutto il figlio minore, che ha conosciuto praticamente solo il papà portatore di SLA e verso il quale provava una innocente paura perché non parlava con lui e vedeva una persona con la quale non riusciva a comunicare. E piangeva talvolta. Ma grazie al comunicatore ora parla col papà, gioca a braccio di ferro col papà. Discussione e Conclusione L’utilizzo della CAA attraverso comunicatori oculari dovrebbe avvenire nella fase avanzata della malattia, quando la persona con SLA si trova allettata, priva delle proprie capacità motorie e dove la parola sta sparendo. Il comunicatore non è uno strumento ancillare della cura, ma una parte fondamentale del percorso terapeutico della persona, in quanto permette di riappropriarsi di una posizione attiva nel proprio mondo di riferimento: attraverso la capacità di esprimersi, dopo un periodo di silenzio, può tornare ad interagire nel presente e lasciare il proprio segno nel futuro. Dalle storie raccolte risulta che in Italia vi è una grave disparità di accesso ai comunicatori da Regione a Regione con possibili lunghi tempi d’attesa e con costi che talvolta gravano sulle famiglie dei malati: situazioni che non garantiscono la tutela del diritto all’accesso all’innovazione tecnologica e del diritto al rispetto del tempo dei pazienti. È quindi fondamentale che l’accesso a tali forme di comunicazione, soprattutto in una malattia come la SLA, le cui cure sono in continua lotta contro il tempo, non venga contrassegnato da ritardi o addirittura negato, perché non bisogna aggiungere tempo alla vita ma aggiungere vita al tempo. In ogni persona con SLA intervistata abbiamo potuto vedere come l’utilizzo del comunicatore segni il passaggio da un momento buio di chiusura ed incomunicabilità ad uno di ritrovata voglia di vivere. Da “Il Ramarro Verde” di Michele “Il fatto di non poter più parlare è abbastanza traumatico da un punto di vista psicologico, ritrovarsi muti dalla sera alla mattina è dura! […] Una volta dimesso dall’ospedale il problema della comunicazione per le persone tracheostomizzate si accentua ancora di più. A casa vengono a farti visita gli amici e i parenti, e l’imbarazzo per l’inevitabile scena muta è grande da entrambe le parti. […] Il problema della comunicazione era diventato enorme, a casa il non poter comunicare era drammatico. […] Durante una visita programmata, un neurologo mi parlò dei comunicatori a comando oculare, ed ebbi l’occasione di provarne prima un modello non particolarmente avanzato dal punto di vista tecnologico e poi, poco dopo, un altro decisamente più evoluto. […] Decisi in quel preciso momento che quell’ausilio doveva essere mio. Tornai a casa dopo il test mogio mogio, ma estremamente determinato ad avere quello strumento così fondamentale ed importante per tornare a vivere una vita quanto più possibile normale. Iniziai a pensare a cosa fare per avere il comunicatore. L’acquisto diretto era impensabile, il costo era troppo elevato, e il povero conto bancario familiare aveva già 5 anni di malattia sulle spalle e il futuro non si prospettava roseo visto che le entrate erano inferiori alle uscite. In cuor mio sapevo che la cosa più giusta sarebbe stata che il comunicatore mi fosse garantito dalla ASL, in fondo se una persona ha bisogno di una carrozzina per potersi muovere, l’ASL gliela fornisce, io dopo l’intervento di tracheotomia non potevo più parlare, mi sembrava logico chiedere uno strumento che mi consentisse di tornare a comunicare. Mi spettava di diritto. […] Decisi quindi di dettare una lettera alla badante soppesando con attenzione ogni parola. Ricevetti a casa il comunicatore 119 giorni dopo il test di prova; non riesco ad immaginare la mia esistenza senza questo strumento così fondamentale. … “[****]