Year 2 ı Number 1 ı MARCH 2016 Quarterly journal of clinical and surgical ophthalmology and ophthalmic optics Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare Very minimal fluence photodynamic therapy for persitent central serous chorioretinopathy Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della corioretinopatia sierosa centrale RETINAL-CHOROIDAL CHANGES AFTER A LOADING PHASE OF RANIBIZUMAB IN DIABETIC MACULAR EDEMA Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico ISSN 2421-3381 Trimestrale - In caso di mancato recapito rinviare all'Ufficio Postale di Savona CPO per la restituzione al mittente che si impegnerà a pagare la relativa tassa - Contiene I.P. ADDIO OCCHIO SECCO, ADDIO OCCHIO SECCO ® BENVENUTO OPTIVE L’unica associazione a base di HA, CMC e osmoprotezione che allevia la secchezza oculare1-6 IT/OPTV0090/16 - Sono dispositivi medici CE - Materiale ad esclusivo uso del medico 1. Simmons P et al. Clin Ophthalmol 2015; 15(9): 665-75. 2. Simmons P et al. TFOS, Taormina, Sicily 2013. 3. Chen W et al. Irvine, USA July 2014. 4. Hall J et al. Optom Vis Sci 2011; 88(7): 872-880. 5. Allergan OPTIVE FUSION® Foglio Illustrativo. 6. Allergan Optive Fusion UD® Foglio Illustrativo. Italian Review of Ophthalmology Quarterly journal of clinical and surgical ophthalmology and ophthalmic optics Rivista trimestrale di oftalmologia clinica e chirurgica e di ottica oftalmica Michele Iester (Editorial Director) Antonio Ferreras Michele Figus Paolo Fogagnolo Paolo Frezzotti Angelo Macrì Francesco Oddone Mariacristina Parravano The current scientific colophon is valid for 2016. At the end of the year, it will be reviewed by the editorial staff to ensure an effective collaboration La presente composizione del colofon scientifico è valida per il 2016 e sarà sottoposta a revisione da parte della redazione allo scadere di tale periodo per garantire una fattiva partecipazione Italian Review of Ophthalmology Year II n. 1 - MARCH 2016 Autoriz. Tribunale di Milano n. 71 del 17/03/2015 Iscrizione R.O.C. n. 21349 Publisher Publicomm Srl Savona - Piazza Guido Rossa 8/r Ph. +39-019 838411 Fax +39-019 8384141 Editor In Chief Simona Finessi Executive Editor Liviana Enrile [email protected] Sales Manager Gloria Della Ciana [email protected] Annual subscription Italy Euro 50,00 Abroad Euro 125,00 Art & Graphic Design Angelo Dadda Paolo Veirana Subscriptions Ph. 019 838411 [email protected] Print Erredi Grafiche Editoriali S.n.c. 16138 Genova - Via Trensasco, 11 www.iroo.it www.italianreviewofophthalmology.com/it/eu 0,3 mg/ml + 5 mg/ml collirio soluzione bimatoprost/timololo Monodose senza conservante Riassunto delle caratteristiche del prodotto 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE GANFORT 0,3 mg/ml + 5 mg/ml collirio, soluzione, in contenitore monodose 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Un ml di soluzione contiene 0,3 mg di bimatoprost e 5 mg di timololo (come 6,8 mg di timololo maleato). Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Collirio, soluzione, in contenitore monodose. Soluzione da incolore a leggermente gialla. 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Riduzione della pressione intraoculare (PIO) in pazienti adulti con glaucoma ad angolo aperto o con ipertensione oculare, che non rispondono adeguatamente ai betabloccanti o agli analoghi delle prostaglandine per uso topico. 4.2 Posologia e modo di somministrazione Posologia Dosaggio raccomandato negli adulti (compresi gli anziani) La dose raccomandata è una goccia di GANFORT monodose nell’occhio o negli occhi affetti, una volta al giorno, somministrata al mattino o alla sera. Deve essere somministrato ogni giorno alla stessa ora. I dati di letteratura disponibili su GANFORT (formulazione multidose) suggeriscono che la somministrazione serale possa essere più efficace rispetto alla somministrazione mattutina nella riduzione della PIO. Tuttavia, è necessario prendere in considerazione la compliance del paziente nel decidere per la somministrazione mattutina o serale (vedere paragrafo 5.1). Il contenitore monodose è esclusivamente monouso; un contenitore è sufficiente per il trattamento di entrambi gli occhi. Eventuale soluzione non utilizzata deve essere gettata immediatamente dopo l’uso. Se viene dimenticata una dose, il trattamento deve essere continuato con la dose successiva, secondo lo schema. Il dosaggio non deve superare quello di una goccia al giorno nell’occhio o negli occhi affetti. Insufficienza renale ed epatica GANFORT monodose non è stato studiato in pazienti con insufficienza epatica o renale, per cui è necessario procedere con cautela nel trattamento di pazienti affetti da tali patologie. Popolazione pediatrica La sicurezza e l’efficacia di GANFORT monodose nei bambini di età inferiore a 18 anni non sono state stabilite. Non ci sono dati disponibili. Modo di somministrazione Qualora fosse necessario l’impiego di più di un medicinale oftalmico per uso topico, instillare ciascun medicinale con un intervallo di almeno 5 minuti l’uno dall’altro. Quando si utilizza un’occlusione nasolacrimale o se si chiudono le palpebre per 2 minuti, l’assorbimento sistemico è ridotto. Ciò potrebbe comportare una riduzione degli effetti indesiderati sistemici e un aumento dell’attività locale. 4.3 Controindicazioni - Ipersensibilità ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. - Patologie delle vie aeree di tipo reattivo, comprese l’asma bronchiale in atto o pregressa e la broncopneumopatia cronica ostruttiva grave. - Bradicardia sinusale, sindrome del nodo del seno, blocco seno-atriale, blocco atrioventricolare di secondo o terzo grado, non controllato da pace-maker. Scompenso cardiaco manifesto, shock cardiogeno. 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiego Come altri medicinali oftalmici per uso topico, le sostanze attive (timololo/bimatoprost) presenti in GANFORT monodose possono essere assorbite a livello sistemico. Con GANFORT (formulazione multidose) non è stato osservato alcun incremento dell’assorbimento sistemico dei singoli principi attivi. A causa della componente beta-adrenergica, il timololo, potrebbe verificarsi lo stesso tipo di reazioni avverse cardiovascolari, polmonari e altre reazioni avverse (ADR) di quelle che si verificano con i beta-bloccanti sistemici. L’incidenza di reazioni avverse sistemiche dopo la somministrazione di medicinali oftalmici per uso topico è inferiore rispetto a quella di reazioni conseguenti alla somministrazione sistemica. Per ridurre l’assorbimento sistemico, vedere paragrafo 4.2. Disordini cardiaci I pazienti con patologie cardiovascolari (per es. coronaropatie, angina di Prinzmetal e insufficienza cardiaca) e in terapia ipotensiva con beta-bloccanti devono essere valutati criticamente e deve essere considerata la terapia con altri principi attivi. I pazienti con malattie cardiovascolari devono essere monitorati per segni di peggioramento delle patologie ed eventi avversi. A causa dell’effetto negativo sul tempo di conduzione, i beta-bloccanti devono essere somministrati con cautela a pazienti con blocco cardiaco di primo grado. Patologie vascolari I pazienti con disturbi/disordini circolatori periferici gravi (cioè forme avanzate del fenomeno di Raynaud o della sindrome di Raynaud) vanno trattati con cautela. Patologie respiratorie In seguito alla somministrazione di alcuni beta-bloccanti oftalmici sono state segnalate reazioni respiratorie, incluso il decesso per broncospasmo in pazienti asmatici. GANFORT monodose deve essere usato con cautela, in pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva lieve/moderata (BPCO) e solo se il potenziale beneficio supera il potenziale rischio. Ipoglicemia/diabete I medicinali che inducono un blocco beta-adrenergico devono essere somministrati con cautela nei pazienti soggetti a ipoglicemia spontanea o nei pazienti con diabete instabile), dal momento che i beta-bloccanti possono mascherare i segni e i sintomi dell’ipoglicemia acuta. I beta-bloccanti possono inoltre mascherare i segni di ipertiroidismo. Patologie corneali I beta-bloccanti oftalmici potrebbero indurre secchezza degli occhi. I pazienti con patologie corneali devono essere trattati con cautela. Altri agenti beta-bloccanti L’effetto sulla pressione intraoculare o gli effetti sistemici noti dei beta-bloccanti possono essere potenziati quando il timololo viene somministrato a pazienti già in trattamento con un beta-bloccante sistemico. La risposta di questi pazienti deve essere attentamente monitorata. L’uso di due agenti topici beta-bloccanti adrenergici non è raccomandato (vedere paragrafo 4.5). Reazioni anafilattiche Durante il trattamento con i beta-bloccanti, i pazienti con anamnesi positiva di atopia o di gravi reazioni anafilattiche causate da allergeni di varia natura, possono essere più responsivi allo stimolo ripetuto con tali allergeni e non rispondere alla dose di adrenalina impiegata abitualmente per il trattamento delle reazioni anafilattiche. Distacco della coroide Il distacco della coroide è stato riportato con la somministrazione di terapie inibenti la produzione dell’acqueo (es. timololo, acetazolamide) dopo procedure di filtrazione. Anestesia chirurgica Le preparazioni oftalmiche a base di beta-bloccanti possono bloccare gli effetti sistemici dei beta-agonisti, per esempio dell’adrenalina. L’anestesista deve essere informato se il paziente assume timololo. Epatiche NNei pazienti con anamnesi positiva di epatopatia lieve o con livelli iniziali anomali di alanina aminotransferasi (ALT), aspartato aminotransferasi (AST) e/o bilirubina, il bimatoprost collirio non ha causato reazioni avverse relative alla funzione epatica per oltre 24 mesi. Non si conoscono reazioni avverse causate dal timololo per via oftalmica sulla funzione epatica. Oculari Prima di iniziare il trattamento, i pazienti devono essere informati della possibilità di allungamento delle ciglia e della iperpigmentazione della cute periorbitale poiché tali reazioni sono state rilevate durante il trattamento con GANFORT monodose. Durante il trattamento con GANFORT (formulazione multidose) è stato inoltre osservato un aumento della pigmentazione marrone dell’iride. L’aumento della pigmentazione iridea potrebbe essere permanente e potrebbe causare differenze di aspetto tra i due occhi quando è solo un occhio ad essere sottoposto a trattamento. Dopo la sospensione di GANFORT la pigmentazione dell’iride può essere permanente. Dopo 12 mesi di trattamento con GANFORT (formulazione multidose), l’incidenza della pigmentazione dell’iride è risultata pari allo 0,2%. Dopo 12 mesi di trattamento con un collirio contenente il solo bimatoprost, l’incidenza è stata dell’1,5% e non è aumentata dopo 3 anni di trattamento. Il cambiamento nella pigmentazione dipende dall’aumento del contenuto di melanina nei melanociti piuttosto che dall’aumento del numero di melanociti. Gli effetti a lungo termine della maggiore pigmentazione iridea non sono noti. Le variazioni di colore dell’iride rilevate con la somministrazione oftalmica di bimatoprost potrebbero non essere osservabili per diversi mesi o anni. Né i nevi né le macchie iridee sembrano essere interessate dal trattamento. Per alcuni pazienti è stata riportata la reversibilità della pigmentazione dei tessuti periorbitali. Casi di edema maculare, compreso edema maculare cistoide, sono stati riportati con GANFORT (formulazione multidose). GANFORT monodose deve quindi essere impiegato con cautela nei pazienti afachici, nei pazienti pseudofachici con rottura della capsula posteriore del cristallino o nei pazienti con fattori di rischio noti per l’edema maculare (ad esempio, intervento chirurgico intraoculare, occlusioni venose retiniche, malattia infiammatoria oculare e retinopatia diabetica). GANFORT deve essere utilizzato con cautela nei pazienti affetti da infiammazione intraoculare attiva (ad esempio uveite) poiché l’infiammazione potrebbe essere esacerbata. Cute Esiste la possibilità che si verifichi crescita di peli nelle aree cutanee che vengono ripetutamente in contatto con GANFORT. Pertanto è importante applicare GANFORT secondo le istruzioni ed evitare che coli sulla guancia o su altre aree cutanee. Altre patologie GANFORT monodose non è stato studiato in pazienti affetti da malattie infiammatorie oculari, glaucoma neovascolare, infiammatorio, ad angolo chiuso, congenito o ad angolo stretto. summary Scientific Articles Articoli Scientifici 7 C. ALOVISI, F. M. GRIGNOLO, C. M. EANDI: Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare 27 F. MENCHINI, G. TONEATTO: Very minimal fluence photodynamic therapy for persitent central serous chorioretinopathy Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della corioretinopatia sierosa centrale 37 M. PARRAVANO, A. CACCIAMANI, P. GIORNO, F. ODDONE, F. SCARINCI, A. BONINFANTE, M. VARANO: Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico 52 FOCUS 56 NEWS DALLE AZIENDE 64 CALENDARIO EVENTI Headings Rubriche *1/10 *1/100, <1/10 *1/1.000, <1/100 *1/10.000, <1/1.000 <1/10.000 la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili Tabella 1 Classificazione per sistemi e organi Frequenza Reazione avversa Patologie dell’occhio Molto comune iperemia congiuntivale Comune cheratite puntata, irritazione oculare, irritazione congiuntivale, prurito oculare, dolore oculare, sensazione di corpo estraneo negli occhi, secchezza oculare, aumento della lacrimazione, eritema palpebrale, fotofobia, allungamento delle ciglia Non comune sensazione anomala nell’occhio, prurito palpebrale, edema palpebrale, astenopia, cambiamento del colore delle ciglia (imbrunimento) Patologie del sistema nervoso Comune cefalea Patologie sistemiche e condizioni Non comune affaticamento relative alla sede di somministrazione Patologie della cute e del tessuto Comune iperpigmentazione della cute (perioculare) sottocutaneo La Tabella 2 elenca le altre reazioni avverse segnalate con GANFORT (formulazione multidose) e che possono eventualmente verificarsi con GANFORT monodose. Per la maggior parte si è trattato di reazioni oculari di gravità lieve. Tabella 2 Classificazione per sistemi e organi Frequenza Patologie del sistema nervoso Comune Patologie dell’occhio Comune Non comune Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non nota Non comune Non nota Non comune Reazione avversa capogiro erosione corneale, secrezione oculare, disturbi visivi irite, edema congiuntivale, blefarite, dolore palpebrale, peggioramento dell’acutezza visiva trichiasi, iperpigmentazione iridea, approfondimento del solco palpebrale, retrazione palpebrale edema maculare cistoide rinite, dispnea broncospasmo (prevalentemente in pazienti con broncospasmo preesistente) irsutismo Altre reazioni avverse che sono state osservate con una delle sostanze attive (bimatoprost o timololo) e che potrebbero quindi verificarsi anche con GANFORT monodose sono elencate qui di seguito nella Tabella 3 (bimatoprost) e nella Tabella 4 (timololo): Bimatoprost (formulazioni multidose e monodose) Tabella 3 Classificazione per sistemi e organi Reazione avversa Patologie dell’occhio congiuntivite allergica, blefarospasmo, emorragia retinica, uveite, offuscamento della vista Patologie vascolari ipertensione Patologie sistemiche e condizioni astenia relative alla sede di somministrazione Patologie gastrointestinali nausea Esami diagnostici anomalie negli esami di funzionalità epatica Timololo Come altri medicinali oftalmici per uso topico, GANFORT (bimatoprost/timololo) viene assorbito nella circolazione sistemica. L’assorbimento del timololo può causare effetti indesiderati simili a quelli osservati con i beta-bloccanti sistemici. L’incidenza di reazioni avverse sistemiche dopo la somministrazione di medicinali oftalmici per uso topico è inferiore rispetto a quella di reazioni conseguenti alla somministrazione sistemica. Per ridurre l’assorbimento sistemico, vedere paragrafo 4.2. Altre reazioni avverse osservate con i beta-bloccanti oftalmici e che possono eventualmente manifestarsi anche con GANFORT monodose sono riportate qui di seguito, nella Tabella 4: Tabella 4 Classificazione per sistemi e organi Disturbi del sistema immunitario Disturbi del metabolismo e della nutrizione Disturbi psichiatrici Patologie del sistema nervoso Patologie dell’occhio Patologie cardiache Patologie vascolari Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Reazione avversa reazioni allergiche sistemiche inclusi angioedema, orticaria, rash localizzato e generalizzato, prurito, anafilassi ipoglicemia insonnia, depressione, incubi, perdita di memoria sincope, accidente cerebrovascolare, peggioramento dei segni e dei sintomi della miastenia grave, parestesia, ischemia cerebrale ridotta sensibilità corneale, diplopia, ptosi, distacco della coroide in seguito a chirurgia filtrante, (vedere paragrafo 4.4), cheratite, offuscamento della vista blocco atrioventricolare, arresto cardiaco, aritmia, bradicardia, insufficienza cardiaca, insufficienza cardiaca congestizia, dolore toracico, palpitazioni, edema. ipotensione, fenomeno di Raynaud, sensazione di freddo alle estremità. tosse Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione disgeusia, nausea, diarrea, dispepsia, secchezza della bocca, dolore addominale, vomito alopecia, eruzione psoriasiforme o esacerbazione della psoriasi, rash cutaneo mialgia disfunzione sessuale, riduzione della libido astenia/affaticamento Reazioni avverse segnalate con colliri contenenti fosfato. Molto raramente, in pazienti con grave compromissione della cornea, sono stati riportati casi di calcificazione corneale associata all’utilizzo di colliri contenenti fosfato.Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato all’indirizzo http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili. 4.9 Sovradosaggio È improbabile che si verifichi un sovradosaggio topico con GANFORT monodose o che questo sia associato a tossicità. Bimatoprost Nel caso in cui GANFORT monodose venga ingerito accidentalmente, può essere utile sapere che: in studi effettuati su ratti e topi della durata di due settimane, si è riscontrato che la somministrazione orale di dosi di bimatoprost fino a 100 mg/kg al giorno non ha determinato alcuna tossicità; ciò corrisponde a una dose equivalente nell’uomo di 8,1 e 16,2 mg/kg rispettivamente. Tali dosi sono almeno 7,5 volte superiori alla quantità di bimatoprost contenuta all’interno di una confezione intera di GANFORT monodose (90 contenitori monodose da 0,4 ml; 36 ml) accidentalmente somministrata a un bambino di 10 kg [(36 ml*0,3 mg/ml di bimatoprost)/10 kg; 1,08 mg/kg]. Timololo I sintomi da sovradosaggio del timololo per via sistemica includono: bradicardia, ipotensione, broncospasmo, cefalea, capogiro, respiro corto e arresto cardiaco. Uno studio condotto su alcuni pazienti con insufficienza renale ha dimostrato che il timololo non viene dializzato rapidamente. In caso di sovradosaggio, è necessario un trattamento sintomatico e di sostegno. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica: oftalmologici - sostanze beta-bloccanti - codice ATC: S01ED51 Meccanismo d’azione GANFORT monodose è costituito da due principi attivi: bimatoprost e timololo. Questi due componenti riducono la pressione intraoculare (PIO) elevata grazie a dei meccanismi d’azione complementari e l’effetto combinato determina una riduzione della PIO più marcata rispetto a quanto si ottiene con la somministrazione di uno o l’altro dei componenti singolarmente. GANFORT monodose agisce rapidamente. Il bimatoprost è una potente sostanza attiva ipotensiva oculare. È una prostamide sintetica, strutturalmente correlata alla prostaglandina F2 (PGF2), ma che non agisce attraverso alcun recettore prostaglandinico conosciuto. Il bimatoprost imita selettivamente gli effetti di sostanze biosintetiche recentemente scoperte, chiamate prostamidi. Il recettore prostamidico, comunque, non è stato ancora strutturalmente identificato. Il meccanismo d’azione con il quale il bimatoprost riduce la pressione intraoculare nell’uomo è l’aumento del deflusso dell’umore acqueo sia trabecolare che uveo-sclerale. Il timololo blocca in modo non selettivo i recettori adrenergici beta1 e beta2, privi di una significativa attività simpaticomimetica intrinseca, di diretta attività sedativa del miocardio, o di attività anestetica locale (stabilizzante di membrana). Il timololo abbassa la PIO riducendo la produzione dell’umore acqueo. L’esatto meccanismo d’azione non è stato stabilito chiaramente, ma è probabile che venga inibita l’eccessiva sintesi di AMP ciclico indotta da stimolazione beta-adrenergica endogena. Effetti clinici Uno studio clinico della durata di 12 settimane (in doppio cieco, randomizzato, a gruppi paralleli) ha confrontato l’efficacia e la sicurezza di GANFORT monodose e GANFORT (formulazione multidose) in pazienti con glaucoma o ipertensione oculare. L’efficacia in termini di riduzione della PIO di GANFORT monodose è risultata non inferiore a quella di GANFORT (formulazione multidose): il limite superiore dell’intervallo di confidenza (IC) al 95% della differenza tra i trattamenti rientrava nel margine predefinito di 1,5 mm Hg ad ogni punto di valutazione (0, 2 e 8 ore) alla settimana 12 (per l’analisi primaria), come pure alle settimane 2 e 6, per la variazione media della PIO dell’occhio peggiore rispetto al basale (la PIO dell’occhio peggiore si riferisce all’occhio con la maggiore media diurna della PIO al basale). Infatti, il limite superiore dell’intervallo di confidenza (IC) al 95% non superava 0,14 mm Hg alla settimana 12. Entrambi i gruppi di trattamento hanno evidenziato riduzioni medie statisticamente e clinicamente significative della PIO dell’occhio peggiore rispetto al basale in corrispondenza di tutti i punti di follow-up, durante tutto lo studio (p < 0,001). La variazione media rispetto al basale della PIO dell’occhio peggiore variava da -9,16 a -7,98 mm Hg per il gruppo GANFORT (monodose) e da -9,03 a -7,72 mm Hg per il gruppo GANFORT (formulazione multidose) durante lo studio di 12 settimane. GANFORT monodose ha inoltre dimostrato un’efficacia equivalente in termini di riduzione della PIO rispetto a GANFORT (formulazione multidose) nella PIO dell’occhio medio e dell’occhio peggiore ad ogni punto di valutazione di follow-up alle settimane 2, 6 e 12. In base agli studi condotti su GANFORT (formulazione multidose), la riduzione della PIO prodotta da GANFORT non è inferiore a quella ottenuta con la terapia in associazione non fissa del bimatoprost (una volta al giorno) e del timololo (due volte al giorno). I dati di letteratura disponibili su GANFORT (formulazione multidose) suggeriscono che la somministrazione serale possa essere più efficace rispetto alla somministrazione mattutina nella riduzione della PIO. Tuttavia, è necessario prendere in considerazione la compliance del paziente nel decidere per la somministrazione mattutina o serale. Popolazione pediatrica La sicurezza e l’efficacia di GANFORT monodose nei bambini di età inferiore a 18 anni non sono state stabilite. 5.2 Proprietà farmacocinetiche Il medicinale GANFORT La determinazione delle concentrazioni plasmatiche di bimatoprost e timololo è stata effettuata in uno studio in crossover su soggetti sani che ha messo a confronto le monoterapie e GANFORT (formulazione multidose). L’assorbimento sistemico di ciascun componente è risultato minimo e non influenzato dalla somministrazione congiunta in una singola formulazione. In due studi della durata di 12 mesi su GANFORT (formulazione multidose), nei quali è stato valutato l’assorbimento sistemico, non si è osservato alcun accumulo dell’uno o dell’altro componente. Bimatoprost In vitro il bimatoprost penetra bene nella cornea e nella sclera umana. Dopo somministrazione oculare, l’esposizione sistemica al bimatoprost è molto bassa, senza fenomeni di accumulo nel tempo. Dopo somministrazione giornaliera di una goccia di bimatoprost allo 0,03% in entrambi gli occhi, per un periodo di due settimane, la concentrazione ematica raggiungeva il picco entro 10 minuti dopo l’instillazione e scendeva al di sotto del limite più basso di rilevazione (0,025 ng/ml) entro 1,5 ore dopo la somministrazione. I valori medi di Cmax e AUC0-24 sono risultati simili al 7°e al 14° giorno, ed erano rispettivamente di circa 0,08 ng/ml e di 0,09 ng• h/ml indicando che si era raggiunta una concentrazione costante di farmaco durante la prima settimana di somministrazione oftalmica. Il bimatoprost viene distribuito moderatamente nei tessuti corporei e il volume sistemico di distribuzione nell’uomo allo steady-state era 0,67 l/kg. Nel sangue umano, il bimatoprost si trova principalmente nel plasma. Il legame alle proteine plasmatiche del bimatoprost è di circa l’88%. Dopo la somministrazione oftalmica, il bimatoprost risulta il maggiore componente circolante nel sangue, una volta raggiunta la circolazione sistemica. Il bimatoprost, sottoposto poi a ossidazione, Ndeetilazione e glucuronidazione va a formare diversi metaboliti. Il bimatoprost viene eliminato principalmente tramite escrezione renale. Fino al 67% di una dose endovenosa somministrata in volontari sani è stata escreta per via urinaria, il 25% della dose tramite le feci. L’emivita di eliminazione, determinata dopo somministrazione endovenosa, è stata di circa 45 minuti; la clearance totale del sangue è stata di 1,5 l/h/kg. Caratteristiche in pazienti anziani Dopo due somministrazioni giornaliere di bimatoprost 0,3 mg/ml, il valore medio di AUC0-24 pari a 0,0634 ng• h/ml di bimatoprost nei pazienti anziani (soggetti di 65 anni o oltre) è risultato significativamente più alto rispetto al valore di 0,0218 ng• h/ ml riscontrato in soggetti giovani sani. Questo risultato non è tuttavia importante dal punto di vista clinico in quanto l’esposizione sistemica sia nei soggetti anziani che nei giovani è rimasta, con somministrazioni oculari, molto bassa. Non è stato riscontrato accumulo di bimatoprost nel sangue con il passare del tempo, mentre il profilo di sicurezza è risultato simile sia nei pazienti anziani che in quelli giovani. Timololo Dopo somministrazione oculare di un collirio allo 0,5% in soggetti da sottoporre a intervento chirurgico di cataratta, si è avuto un picco di concentrazione di timololo nell’umore acqueo pari a 898 ng/ml dopo 1 ora dalla somministrazione. Parte della dose viene assorbita per via sistemica e quindi metabolizzata principalmente nel fegato. L’emivita plasmatica del timololo è di circa 4-6 ore. Il timololo viene in parte metabolizzato dal fegato ed escreto, come tale e sotto forma di metaboliti, dal rene. Il timololo non si lega in modo rilevante alle proteine plasmatiche. 5.3 Dati preclinici di sicurezza Il medicinale GANFORT Studi di tossicità in seguito a somministrazioni ripetute di GANFORT (formulazione multidose) non hanno rivelato rischi particolari per l’uomo. Il profilo di sicurezza oculare e sistemico dei singoli componenti è stato definito con chiarezza. Bimatoprost I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di safety pharmacology, genotossicità, potenziale cancerogeno. Studi condotti sui roditori hanno causato aborto specie-specifico a livelli di esposizione da 33 a 97 volte quelli raggiunti nell’uomo dopo somministrazione oculare. Nelle scimmie la somministrazione oculare giornaliera di bimatoprost a concentrazioni *0,03% per un anno, ha causato un aumento della pigmentazione iridea ed effetti perioculari reversibili dose dipendenti, caratterizzati da un prominente solco superiore e/o inferiore e da allargamento della fessura palpebrale. L’aumento della pigmentazione iridea sembrerebbe dovuto ad una aumentata stimolazione nella produzione di melanina nei melanociti e non all’aumento del numero di melanociti. Non sono state osservate modificazioni funzionali o microscopiche legate agli effetti perioculari, ed è sconosciuto il meccanismo d’azione relativo ai cambiamenti perioculari riscontrati. Timololo I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di safety pharmacology, tossicità a dosi ripetute, genotossicità, potenziale cancerogeno, tossicità riproduttiva. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti - Sodio cloruro - Fosfato di sodio bibasico eptaidrato - Acido citrico monoidrato - Acido cloridrico o sodio idrossido (per correggere il pH) - Acqua depurata 6.2 Incompatibilità Non pertinente. 6.3 Periodo di validità 2 anni. Una volta aperta la bustina, utilizzare entro 7 giorni. Gettare il contenitore monodose aperto immediatamente dopo il primo utilizzo. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Questo medicinale non richiede alcuna temperatura particolare di conservazione. Tenere i contenitori monodose nella bustina, per proteggere il medicinale dalla luce e dall’umidità. 6.5 Natura e contenuto del contenitore Contenitori monodose in polietilene a bassa densità (LDPE) trasparenti con una linguetta a strappo. Ogni contenitore monodose contiene 0,4 ml di soluzione. Sono disponibili le seguenti confezioni: scatola contenente 5, 30 o 90 contenitori monodose; ogni striscia con 5 contenitori monodose è contenuta in una bustina di alluminio. È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento Nessuna istruzione particolare. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO Allergan Pharmaceuticals Ireland Castlebar Road Westport Co. Mayo Irlanda 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIOEU/1/06/340/003 5 contenitori monodose - EU/1/06/340/004 30 contenitori monodose EU/1/06/340/005 90 contenitori monodose 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Data della prima autorizzazione 19 maggio 2006. Data dell’ultimo rinnovo 23 giugno 2011 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO 10/2013 Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web della Agenzia Agenzia Europea dei Medicinali: http://www.ema.europa.eu/. CLASSE A- RR Prezzo al pubblico 31,36 e Allergan S.p.A. - Via S. Quasimodo, 134/138 - 00144 Roma Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota Patologie gastrointestinali IT/GLCM0320/14 Depositato presso AIFA in data 30/05/2014 In studi riguardanti la somministrazione di bimatoprost 0,3 mg/l in pazienti affetti da glaucoma o ipertensione oculare, è stato dimostrato che una più frequente esposizione dell’occhio a più di 1 dose giornaliera di bimatoprost potrebbe abbassare l’effetto di riduzione della PIO. I pazienti che utilizzano GANFORT con altri analoghi delle prostaglandine devono essere sottoposti a monitoraggio delle variazioni della pressione intraoculare. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione Non sono stati effettuati studi di interazione specifici con l’associazione fissa di bimatoprost/timololo. Esiste la possibilità di ottenere effetti additivi, quali ipotensione e/o bradicardia marcata quando la soluzione di beta-bloccanti oftalmici è somministrata in modo concomitante a preparati orali di calcio-antagonisti, guanetidina, agenti bloccanti beta-adrenergici, parasimpaticomimetici, antiaritmici (incluso amiodarone) e glicosidi digitalici. È stato osservato un potenziamento del beta-blocco sistemico (ad esempio, riduzione della frequenza cardiaca, depressione) durante il trattamento combinato con inibitori di CYP2D6 (es. chinidina, fluoxetina, paroxetina) e timololo. Occasionalmente è stata riportata midriasi risultante dall’uso concomitante di beta-bloccanti oftalmici e adrenalina (epinefrina). 4.6 Fertilità, gravidanza e allattamento Gravidanza Non esistono dati adeguati sull’uso dell’associazione fissa di bimatoprost/timololo in donne in gravidanza. GANFORT monodose non deve essere usato durante la gravidanza se non strettamente necessario. Per ridurre l’assorbimento sistemico, vedere paragrafo 4.2. Bimatoprost Non sono disponibili dati clinici relativi a gravidanze esposte al medicinale. Gli studi sugli animali hanno evidenziato una tossicità riproduttiva a dosi elevate tossiche per la madre (vedere paragrafo 5.3). Timololo Gli studi epidemiologici non hanno rivelato effetti di malformazione, ma hanno mostrato un rischio di rallentamento della crescita intrauterina durante la somministrazione di beta-bloccanti per via orale. Inoltre, nel neonato, sono stati osservati segni e sintomi di beta-blocco (es. bradicardia, ipotensione, distress respiratorio e ipoglicemia) quando i beta-bloccanti venivano somministrati alla madre fino al parto. Se si somministra GANFORT monodose fino al parto, il neonato deve essere monitorato accuratamente durante i primi giorni di vita. Gli studi condotti sugli animali trattati con timololo hanno mostrato tossicità riproduttiva a dosi significativamente più elevate rispetto a quelle impiegate nella pratica clinica (vedere paragrafo 5.3). Allattamento Timololo I beta-bloccanti vengono escreti nel latte umano. Tuttavia, a dosi terapeutiche di timololo in collirio, è improbabile che nel latte materno siano presenti quantità sufficienti a produrre sintomi clinici dell’azione beta-bloccante nel neonato. Per ridurre l’assorbimento sistemico, vedere paragrafo 4.2. Bimatoprost Non è noto se il bimatoprost sia escreto nel latte umano, ma viene escreto nel latte dei ratti. GANFORT monodose non deve quindi essere utilizzato nelle donne che allattano. Fertilità Non esistono dati relativi agli effetti di GANFORT monodose sulla fertilità nell’uomo. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari GANFORT monodose altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli o di usare di macchinari. Come per altri trattamenti per uso topico oftalmico, se all’applicazione delle gocce si verifica un transitorio offuscamento della vista, il paziente prima di guidare o utilizzare macchinari, deve aspettare che la visione torni nitida. 4.8 Effetti indesiderati GANFORT monodose Riepilogo del profilo di sicurezza Le reazioni avverse segnalate nello studio clinico che prevedeva l’uso di GANFORT monodose sono state limitate a quelle riportate in precedenza per GANFORT (formulazione multidose) o per le singole sostanze attive bimatoprost o timololo. Nessuna nuova reazione avversa specifica per GANFORT monodose è stata osservata durante gli studi clinici. La maggior parte delle reazioni avverse riportate con GANFORT monodose ha riguardato gli occhi, è stata lieve e nessuna grave. In base a uno studio di 12 settimane su GANFORT monodose somministrato una volta al giorno, la reazione avversa più comunemente riportata con GANFORT monodose è stata l’iperemia congiuntivale (prevalentemente da in traccia a lieve e ritenuta di natura non infiammatoria) nel 21% circa dei pazienti e ha portato alla sospensione del trattamento nell’1,4% dei pazienti.. Tabella delle reazioni avverse La Tabella 1 illustra le reazioni avverse segnalate durante uno studio clinico di 12 settimane con GANFORT monodose (all’interno di ciascuna classe di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente di gravità). La frequenza delle possibili reazioni avverse elencate qui di seguito è definita mediante la seguente convenzione: Instructions for authors Editorial guidelines Aims of the magazine: scientific updates for ophthalmologists, through the free publication of original articles or extracts from international journals in this field. Topics: original essays, research, clinical testing and also case reports aimed at supplying information on events of interest to the sector or related educational aspects. The editorial staff will submit all contributions regarding clinical and surgical ophthalmology in every aspect (visual neurophysiopathology, psychophysical vision, physical optics, refractive surgery, contact lenses, refractive surgery, binocular vision physiopathology, instruments and tools, epidemiology, general diseases and visual functions) to the members of the scientific board. Conditions of acceptance of contributions: contributions received will only be published after having passed the review system (two favourable reviews out of three) as established by the scientific board which has the right to refuse publication or to request the authors to make modifications or changes in order for the presented article to be publishable. Editorial staff Liviana Enrile Italian Review of Ophthalmology Publicomm Srl Piazza Guido Rossa 8r 17100 Savona tel. 019.838411 fax 019.8384141 e-mail [email protected] Written contributions The authors of scientific articles and clinical cases (for whose content they assume full responsibility) are requested to send their articles on digital media or via e-mail, complete with text in Italian and English, together with images. They must supply telephone number, fax number and e-mail address for communications with the editors. In the accompanying letter the relative area of study of the topic should be stated and selected from the following: clinical and surgical ophthalmology, semeiotics, visual neurophysiopathology, psychophysical vision, physical optics, refractive surgery, contact lenses, refractive pathology, binocular vision physiopathology, instruments and tools, epidemiology, general diseases and visual functions. Articles should be laid out as follows: • Title (max 90 characters) • Author/s: full name and surname • Institute of origin or work • Address for correspondence with the principal author (you should also indicate telephone number and fax for the editorial staff) • Acknowledgements/financial support (optional) • Key words in Italian • Summary in Italian laid out as follows: · Objective · Basic procedure · Results · Conclusions · Notes (optional) • Key words in English • Summary in English laid out as follows: · Basic procedure · Results · Conclusions · Notes (optional) • Text in Italian and in English laid out as follows: · Introduction and objective · Methodology · Results · Discussion · Conclusions · References References Abstracts and conference reports should be cited in the text and not the bibliography. The bibliography should contain the following information in the following order: magazine articles surname and initials (not punctuated) name or names of the author or authors, title of the article, title of the magazine and volume number, pages on which the article appears, and year of publication example: Arnold AC, Hepler RS. Fluorescein angiography in acute nonarteritic anterior ischemic optic neuropathy. Am J Ophthalmol 1994;17:222-30 printed articles surname and initials (not punctuated) name or names of the author or authors, title of the chapter (if any), title of the book, editor (if any), place, publisher, year of publication, pages referred to, or pages of the chapter cited example: Mannis MJ. Bacterial conjuntivitis. In: The Cornea. Kaufman HE, Barron BA, McDonald MB, Waltman SR, editors. New York: Churchill Livingstone, 1988:189-9 Images and tables Illustrations, tables and graphics should be attached with an indication of the necessary references for their correct insertion within the article. Abbreviations The first time an abbreviation is to be used, the word should be written in full and its abbreviation in brackets. Thereafter the abbreviation may be used. Galley proofs, abstracts and correspondence with the editorial staff Corrections of the first drafts will be carried out by the authors, following corrections will be carried out by the editorial staff. Per le istruzioni per gli autori in italiano vai al link: http://www.iroo.it/istruzioni-autori/ Aiuta a contrastare i sintomi oculari dell’ASTENOPIA Soluzione oftalmica a base di INOSITOLO ed IPROMELLOSA Á NOVIT INOSITOLO Può supportare i processi metabolici muscolari e favorire la risposta contrattile del muscolo ciliare. Ipromellosa Ripristina la stabilità del film lacrimale e riduce i sintomi di discomfort da secchezza oculare. Indicato in caso di : · Disturbi oculari dovuti ad astenopia e sforzo accomodativo. · Disturbi oculari causati da stress ambientale, visivo e meccanico. Modalità d’uso 1-2 gocce nel sacco congiuntivale 2-3 volte al giorno o più, secondo parere medico. www.bioos.it Year 2 ı Number 1 ı 2016 7 TREATMENT FOR NEOVASCULAR AGE RELATED MACULAR DEGENERATION: THE STATE OF THE ART Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare Camilla Alovisi, Federico M. Grignolo, Chiara M. Eandi Department of Surgical Sciences, Eye Clinic, University of Turin, Italy ABSTRACT With the introduction in the clinical practice of drugs inhibiting vascular endothelial growth factor (VEGF) the visual outcomes of patients with neovascular age related macular degeneration (AMD) dramatically improved. Since 2006 repeated intravitreal injections of anti-VEGF became the standard of care for the treatment of neovascular AMD. This review provides an overview of available data form clinical trials supporting the use of anti-VEGF molecules for the treatment of this condition. Several questions remain open, in particular the regimen of treatment, the frequency of injection, the safety of the different drugs, and the poor response to the treatment in some cases. Therefore, new agents and alternative delivery are currently under evaluation. RIASSUNTO Negli ultimi anni, grazie all’introduzione di farmaci in grado di inibire il fattore di crescita endoteliale (VEGF), vi è stato un notevole miglioramento della prognosi visiva nei pazienti affetti da Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE). A partire dal 2006 le iniezioni ripetute di farmaci anti-VEGF sono risultate essere il trattamento standard di tale patologia. Lo scopo di questa revisione è quello di fornire una panoramica dei dati presenti in letteratura derivanti dagli studi clinici che hanno valutato tali farmaci. Rimangono ad oggi ancora alcune problematiche aperte, in particolar modo riguardo al regime del trattamento, alla frequenza delle iniezioni, alla sicurezza dei diversi tipi di anti-VEGF ed alla scarsa risposta, in alcuni casi, al trattamento stesso. Per tali motivi sono in corso numerosi studi per studiare nuovi approcci terapeutici. INTRODUCTION Neovascular age related macular degeneration (AMD) is characterized by the growth of choroidal neovessels (CNV) that infiltrate the subretinal space. It affects 10% - 13% of subjects over 65 years of age in the industrialized countries1-2. However, AMD increases in prevalence with age, thus the burden of disease is expected to increase in regions where life expectancy is INTRODUZIONE La Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) è caratterizzata dalla crescita di neovasi coroideali (CNV) che infiltrano lo spazio sottoretinico. Colpisce circa il 10-13% dei soggetti con un’età superiore ai 65 anni ed è più frequente nei paesi occidentali1-2. La prevalenza della malattia tende infatti ad aumentare con l’età risultando essere più frequente nei paesi con un'aspettativa maggiore di vita. CORRESPONDING AUTHOR Chiara M. Eandi, M.D., Ph.D. Department of Surgical Science, Eye Clinic, University of Torino, Via Juvarra 19 10122 Torino, Italy Ph +39 0115666048 Fax +39 011539024 [email protected] KEY WORDS retina, choroid, macula, degeneration, angiogenesis, anti-VEGF PAROLE CHIAVE retina, coroide, macula, degenerazione, angiogenesi, anti-VEGF 8 Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art highest. A population-based survey estimated AMD, as a contributing cause of blindness, increased worldwide from 4.4% (95% CI 4.0 to 5.1) in 1990 to 6.6% (95% CI 5.9 to 7.9) in 20103. The availability of new drugs has recently revolutionized the management of patients with neovascular AMD. Several clinical trials proved the safety and efficacy of intravitreal inhibition of vascular endothelial growth factor (VEGF), a major player in the angiogenesis4-5-6-7. Since the approval of anti-VEGF pharmacotherapy in 2006, the prevalence of legal blindness and visual impairment due to AMD has been considerably reduced, removing neovascular AMD from the list of incurable diseases8-9-10. Despite the great benefit of antiangiogenic drugs in clinical trials, it is common sense that real-life outcomes are less favorable11-12-13. Several questions remain open, in particular concerning treatment strategy, monitoring needs, and increasing costs of treatment14-15. In this paper, we illustrate the current therapies and treatment regimens for neovascular AMD. Recenti riscontri basati sulla popolazione hanno dimostrato che la DMLE è una delle maggiori causa di cecità e la sua incidenza è passata dal 4.4% (95% CI 4.0 to 5.1) nel 1990 al 6.6% (95% CI 5.9 to 7.9) nel 20103. La disponibilità di nuove terapie ha recentemente rivoluzionato il trattamento dei pazienti con DMLE neovascolare. Numerosi studi clinici hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza dei farmaci in grado di inibire il fattore di crescita endoteliale (VEGF) intravitreale, uno dei maggiori responsabili della neo-angiogenesi4-5-6-7. Fin dall’approvazione di tali terapie nel 2006, la prevalenza della cecità legata alla DMLE è considerevolmente diminuita, rendendo tale malattia una patologia finalmente curabile8-9-10. Nonostante però gli straordinari risultati di tali terapie nell’ambiente “privilegiato” degli studi clinici, la realtà della clinica quotidiana ha dimostrato dei dati meno favorevoli11-12-13. Rimangono ancora aperte alcune questioni in particolar modo riguardanti la strategia del trattamento, la frequenza del monitoraggio dei pazienti, e l’elevato costo dei trattamenti14-15. In questa revisione, verranno illustrate le terapie ed i regimi di trattamento correnti per la DMLE neovascolare. METHODS Ethics approval was not required for this study because only published data were included. In this review we summarized the current available pharmacological therapies for the management of neovascular AMD, in particular, the anti-VEGF compounds that are commonly used. We included data from randomized controlled trials comparing aflibercept, bevacizumab or ranibizumab against placebo or in a head-to-head fashion. Studies had to include at least 1-year follow-up data of visual acuity and serious side effects. METODI Non è stata necessaria alcuna approvazione da parte del Comitato Etico per questo lavoro in quanto sono stati inclusi solo dati già pubblicati. In questa revisione sono stati riassunti i dati riguardanti i farmaci attualmente disponibili per il trattamento della DMLE neovascolare, in particolar modo i farmaci anti-VEGF comunemente utilizzati. Abbiamo incluso i risultati degli studi randomizzati che hanno messo a confronto l’aflibercept, il bevacizumab ed il ranibizumab versus il placebo oppure tra loro. Tutti gli studi considerati dovevano presentare almeno un anno di followup con dati riguardanti la variazione Year 2 ı Number 1 ı 2016 9 Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare To identify randomized controlled trials, we searched papers in Medline, Premedline, EMBASE, SCOPUS and the Cochrane Library. The search was last updated in October 2015. dell'acuità visiva e la presenza di eventi avversi. Per l’individuazione di tali studi è stata effettuata una ricerca su Medline, Premedline, EMBASE, SCOPUS and Cochrane con un ultimo aggiornamento a ottobre 2015. PEGAPTANIB SODIUM It is a PEGylated short (28-base) RNA oligonucleotide, an aptamer that binds with high specificity and affinity to the extracellular VEGF isoform VEGF-16516-17 (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2011/021756s018lbl.pdf). Pegaptanib sodium 0.3 mg, given once every 6 weeks by intravitreal injection, was the first VEGF inhibitor approved by the US FDA (United States Food and Drug Administration) for the treatment of neovascular AMD and marked a new era for the treatment of this condition (www. accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2011/021756s018lbl.pdf). The rationale is to selectively inhibit pathological leakage and angiogenesis reducing the systemic side effects17-18-19. Pegaptanib is well tolerated in humans and has a mean intravitreal half-life of 10 days. The VISION study demonstrated the safety and efficacy of intravitreal pegaptanib sodium for the treatment of all type of choroidal neovascularization secondary to neovascular AMD16. At two year follow up, its efficacy was superior compared with PDT monotherapy, the standard of care at that time20. Currently, pegaptanib sodium is still available and approved for the treatment of neovascular AMD. However, due to its poorer efficacy compared with other currently available anti-VEGF drugs, pegaptanib sodium is no longer recommended in the majority of cases17. PEGAPTANIB SODICO Consiste in un piccolo oligonucleotide pegilato di RNA, un aptamero che si lega con alta specificità ed affinità alla isoforma extracellulare del VEGF-16516-17 (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2011/021756s018lbl.pdf). Il Pegaptanib sodico 0,3 mg, somministrato una volta ogni 6 settimane mediante iniezione intravitreale, è stato il primo inibitore del VEGF approvato dalla FDA (United States Food and Drug Administration) per il trattamento della DMLE neovascolare ed ha segnato una nuova era per il trattamento di questa condizione (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2011/021756s018lbl.pdf). Il razionale è stato quello di bloccare il leakage e l'angiogenesi riducendo gli effetti collaterali sistemici17-18-19. Il Pegaptanib sodico è ben tollerato negli esseri umani e ha un'emivita media intravitreale di 10 giorni. Lo studio VISION ha dimostrato la sicurezza e l'efficacia del pegaptanib sodico intravitreale per il trattamento di tutti i tipi di neovascolarizzazione coroideale secondaria a DMLE neovascolare16. A due anni di follow-up, la sua efficacia si è dimostrata superiore rispetto alla monoterapia con terapia fotodinamica (PDT), che in quel momento costituiva lo standard del trattamento20. Attualmente, pegaptanib sodico è ancora disponibile e approvato per il trattamento della DMLE neovascolare. Tuttavia, a causa della sua minore efficacia rispetto ad altri farmaci anti-VEGF attualmente disponibili, pegaptanib sodico non è più consigliato nella maggior parte dei casi17. BEVACIZUMAB It is a full-length recombinant humanized IgG1 monoclonal antibody 10 Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art that binds all VEGF isoforms17-21 (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2014/125085s301lbl.pdf). In 2004 bevacizumab was approved by the US FDA and later by EMA (European Medicines Agency) as a chemotherapeutic agent for the intravenous treatment of metastatic colorectal cancer and other neoplastic diseases (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2014/125085s301lbl.pdf). The estimated intravitreal half-life of bevacizumab is 5.6 days, longer than ranibizumab and aflibercept (3.2 and 4.8 days, respectively), while the binding affinity is lower (0.05 to 0.2 compared to 1 and 140 for ranibizumab and aflibercept, respectively). The systemic retention is also prolonged because the presence of the FC-portion that binds to an endothelial cell receptor and is recycled22-23-24-25. Since bevacizumab has a similar activity to other anti-VEGF compounds, especially to ranibizumab, it was hypothesized that it could provide a less expensive but similarly efficacious alternative to approved drugs in the treatment of CNV secondary to neovascular AMD17-21. Therefore, since 2005 many uncontrolled case series reporting the effect of intravitreal bevacizumab for neovascular AMD were published26-27. Recently, were published the results of two independent studies of noninferiority that compared intravitreal bevacizumab and ranibizumab with monthly or as needed regimen for the treatment of neovascular AMD. The CATT study at one year follow up demonstrated the equivalence between monthly ranibizumab and bevacizumab (+8.0 and +8.5 letters gained, respectively). Ranibizumab and bevacizumab administered as needed BEVACIZUMAB È costituito da un anticorpo monoclonale umanizzato ricombinante del tipo IgG1 che lega tutte le isoforme del VEGF17-21 (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2014/125085s301lbl.pdf). Nel 2004 il bevacizumab è stato approvato dalla FDA e successivamente dall’EMA (European Medicines Agency) come agente chemioterapico per il trattamento endovenoso del carcinoma metastatico del colon-retto e di altre malattie neoplastiche (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2014/125085s301lbl.pdf). L'emivita stimata intravitreale del bevacizumab è di 5,6 giorni, superiore rispetto a quella di ranibizumab e aflibercept (3.2 e 4.8 giorni, rispettivamente), mentre l'affinità di legame è inferiore (0,05-0,2 rispetto al 1 e 140 per ranibizumab e aflibercept, rispettivamente). L’emivita sistemica è prolungata anche perché vi è la presenza della porzione FC che si lega al recettore espresso dalle cellule endoteliali venendo in seguito riciclata22-23-24-25. Dal momento che il bevacizumab ha un'attività analoga ad altri composti anti-VEGF, soprattutto al ranibizumab, è stato ipotizzato che potrebbe fornire un’alternativa meno costosa, ma ugualmente efficace, ai farmaci approvati per il trattamento della CNV secondaria a DMLE neovascolare17-21. Per tale motivo, dal 2005 sono stati pubblicati numerosi studi non controllati, per valutare l’effetto del bevacizumab intravitreale nella DMLE neovascolare26-27. Recentemente, sono stati pubblicati i risultati di due studi clinici, indipendenti di non-inferiorità, per il trattamento della DMLE neovascolare che hanno confrontato il bevacizumab ed il ranibizumab intravitreale con somministrazioni mensili od al bisogno (“pro re nata”– PRN) in presenza di segni di attivazione della malattia. Lo studio CATT ad un anno di follow-up ha dimostrato l'equivalenza Year 2 ı Number 1 ı 2016 11 Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare (+5.9 and +6.8 letters, respectively) were also equivalent. However, anatomically bevacizumab showed less effective in terms of reducing retina edema28. At the end of the two years follow up, similar results were observed. The mean change in visual acuity was similar for both drugs, but higher for monthly than for as-needed treatment17. The proportion of eyes without fluid was higher (45.5%) in the ranibizumab monthly group than in the bevacizumab as-needed group (13.9%). Generally, switching from monthly to as-needed treatment resulted in a greater mean decrease in vision during year two and a lower proportion without fluid17-28. Similar results were observed in the IVAN study. More than 600 patients were treated with intravitreal ranibizumab or bevacizumab given monthly or as needed. Both at one year and two year follow up bevacizumab did not meet the non-inferiority criteria and the study was inconclusive. There were no differences between drugs and treatment regimens in the changes of visual acuity and in proportion of serious systemic adverse events29-30. The GEFAL study confirmed these findings. This was again a non-inferiority trial between intravitreal ranibizumab and bevacizumab administered with a loading dose of three months, followed by an as-needed regimen for one year31. Bevacizumab was non-inferior to ranibizumab. However, there were no statistically significant differences in the presence of subretinal or intraretinal fluid at final evaluation, dye leakage on angiogram or change in choroidal neovascular area, but ranibizumab tended to have a better anatomic outcome31. Safety in the use of anti-VEGF drugs is a controversial topic. Major concern is the possibility to increase the rate tra ranibizumab e bevacizumab sia se somministrati con un regime mensile fisso (+ 8.0 e + 8,5 lettere guadagnate, rispettivamente) sia se utilizzati PRN (+ 5,9 e + 6,8 lettere, rispettivamente). Tuttavia, anatomicamente, il bevacizumab si è dimostrato il meno efficace tra i due in termini di riduzione dell'edema retinico28. Risultati simili sono stati osservati alla fine dei due anni di follow-up. La variazione media nell'acuità visiva era simile per entrambi i farmaci, ma vi era stato un recupero visivo più importante nel regime mensile fisso rispetto a quello al bisogno17. La proporzione di occhi senza fluido era più alta (45,5%) nel gruppo trattato mensilmente con ranibizumab rispetto al gruppo trattato secondo necessità con bevacizumab (13,9%). In generale il passaggio da un regime mensile ad uno secondo necessità ha portato ad una maggiore perdita di acuità visiva, durante il secondo anno, con un numero superiore di pazienti che presentavano fluido intraretinico17-28. Risultati simili sono stati osservati nello studio IVAN. Più di 600 pazienti sono stati trattati con ranibizumab o bevacizumab intravitreale somministrati mensilmente od al bisogno. Sia ad un anno che a due anni di follow-up bevacizumab non soddisfaceva i criteri di non inferiorità e lo studio era inconclusivo. Non c'erano differenze tra i due farmaci e tra gli schemi terapeutici, per quanto riguarda variazioni di acuità visiva e di proporzione di gravi eventi avversi sistemici29-30. Lo studio GEFAL ha confermato questi risultati. Il suo disegno di non inferiorità, aveva lo scopo di valutare le differenze tra il trattamento con ranibizumab o bevacizumab intravitreali somministrati con una dose di carico iniziale di tre mesi seguita da un regime PRN per un anno31. Bevacizumab è risultato non inferiore a ranibizumab. Vi erano infatti differenze non statisticamente significative per 12 Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art of cardiovascular adverse events in a population already at higher risk32. In human studies, Avery et al33 found that the systemic exposure after the third monthly intravitreal injection was 13-fold greater for aflibercept and 70-fold greater for bevacizumab than for ranibizumab. Other reports reviewed differences in both ocular and systemic safety between intravitreal bevacizumab and ranibizumab showing that serious adverse events associated with either bevacizumab or ranibizumab injections are generally rare21-34. A recent meta-analysis evaluated the risk of major cardiovascular and nonocular hemorrhagic events in patients with neovascular AMD, diabetes mellitus–associated macular edema (DME), or retinal vein occlusions (RVOs) treated with intravitreal antiVEGF drugs. This review showed that intravitreal anti-VEGF molecules were not associated with significant increases in major cardiovascular or non-ocular hemorrhagic events35. With respect to safety, pooled analyses of the CATT and IVAN studies showed that mortality was lower with ranibizumab, but neither outcome differed significantly between drugs with the size of the respective study population (p=−0.34 and p=−0.55). Increased odds of experiencing a serious adverse event with bevacizumab observed in the CATT persisted in the meta-analysis (p=−0.016). Most importantly, the CATT and IVAN studies were not powered to identify small, but clinically significant differences in the safety of the two compounds17. In conclusion, bevacizumab is substantially less expensive, but each treatment decision is -legally and medically- based on an individual agreement between treating physician and patient, and must be the quanto riguardava la presenza di liquido sottoretinico od intraretinico alla valutazione finale, leakage alla fluorangiografia o nell’aspetto della lesione coroideale, tuttavia il ranibizumab tendeva ad avere un migliore risultato anatomico31. La sicurezza nell'uso di farmaci anti-VEGF è un argomento controverso. La principale preoccupazione riguarda la possibilità di aumentare il tasso di eventi avversi cardiovascolari in una popolazione già ad alto rischio32. Negli studi in vivo Avery et al33 hanno dimostrato che l'esposizione sistemica dopo la terza iniezione intravitreale mensile era 13 volte superiore per aflibercept e 70 volte maggiore per bevacizumab rispetto a ranibizumab. Altri lavori hanno sottolineato le differenze sia nella sicurezza sistemica che in quella oculare di bevacizumab e ranibizumab intravitreali mostrando che, i gravi eventi avversi associati con iniezioni di bevacizumab o di ranibizumab, sono generalmente rari21-34. Una meta-analisi recente ha valutato il rischio di eventi cardiovascolari seri ed eventi emorragici non oculari in pazienti affetti da DMLE umida, diabete mellito associato ad edema maculare (DME) od occlusioni venose retiniche (RVO), trattati con farmaci anti-VEGF. Questa revisione ha dimostrato che le molecole di anti-VEGF intravitreale non sono associate con un maggiore rischio di eventi cardiovascolari od emorragici sistemici35. In termini di sicurezza, l’analisi degli studi CATT e IVAN ha riconosciuto che la mortalità era più bassa con ranibizumab, ma nessun risultato ha presentato una differenza significativa tra i due farmaci considerando la grandezza delle popolazioni in esame (p = −0.34 e p = −0.55). L’aumento del rischio relativo degli eventi avversi a favore del bevacizumab osservato negli studi CATT ed IVAN si è mantenuto anche nella metanalisi (p = −0.016). Bisogna inoltre Year 2 ı Number 1 ı 2016 13 Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare consequence of a comprehensive discussion of treatment alternatives and incalculable risks. Informed consent after discussing the optimal benefit, comfort and risks and the off-label status of the drug is mandatory36. RANIBIZUMAB It is a recombinant, humanized Fab fragment of a monoclonal antibody with a high affinity for VEGF-A. It binds to the receptor binding site of all isoforms of VEGF-A, including the soluble VEGF isoforms 110, 121 and 165 and the tissue-bound isoforms 189 and 20617-37-38 (www.accessdata. fda.gov/drugsatfda_docs/ label/2014/125156s105lbl.pdf). Opposite to bevacizumab that was developed for long systemic retention in the treatment of metastatic cancer, ranibizumab was designed for rapid systemic clearance by removing the Fc fragment from the molecule of bevacizumab39. Compared to bevacizumab, it has a smaller molecular weight (76 kDa) and a shorter intravitreal half-life, allowing a better penetration of the retina and a rapid systemic clearance40-41. Ranibizumab 0.5 mg has been approved for the treatment of neovascular AMD since July 2006 by the US FDA and since January 2007 by the EMA (www. accessdata.fda.gov/drugsatfda_docs/ label/2014/125156s105lbl.pdf) Several studies evaluated the efficacy of ranibizumab 0.5 mg administered on a fixed monthly (Marina and Anchor studies) or flexible regimens (Pier, Excite, PrONTO, CATT, Secure, Harbor). The Marina and Anchor6-7-42-43-44 were a phase 3 randomized trials that included minimally classic or occult CNV and predominantly classic CNV, respectively. At two year follow up, 90% of eyes in the ricordare che gli studi CATT ed IVAN non avevano lo scopo di identificare piccole differenze tra i due farmaci, ma solo quelle statisticamente significative17. In conclusione il bevacizumab frazionato per l’uso intravitreale, è sostanzialmente un farmaco poco costoso. Tuttavia ogni trattamento deve essere, dal punto di vista legale, il risultato di un accordo individuale tra il medico ed il paziente. La decisione deve seguire una precisa ed attenta spiegazione da parte del medico delle possibili alternative del trattamento con tale farmaco ed alla presenza di rischi non ben precisati che possono pregiudicare il trattamento stesso. È pertanto fondamentale un consenso infomato che prenda anche in considerazione la spiegazione dell’utilizzo off-label di tale molecola36. RANIBIZUMAB Frammento Fab ricombinante, umanizzato di un anticorpo monoclonale con un'alta affinità per il VEGF-A, si lega al sito di legame del recettore di tutte le isoforme di VEGF-A, tra cui le isoforme solubili del VEGF 110, 121 e 165 e le isoforme tissutali 189 e 20617-37-38 (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2014/125156s105lbl.pdf). A differenza del bevacizumab, che era stato pensato per durare molto tempo in circolo per aumentare l’efficacia del trattamento del cancro metastatico, il ranibizumab è stato disegnato per avere una rapida clearance sistemica grazie alla rimozione del frammento Fc dalla molecola di bevacizumab39. Paragonata al bevacizumab, la molecola di ranibizumab ha un peso molecolare minore (76kDa) ed un’emivita intravitreale più breve, permettendo una migliore penetrazione nella retina ed una più rapida clearance sistemica40-41. Il ranibizumab 0.5 mg è stato approvato per il trattamento della 14 Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art ranibizumab 0.5 mg group maintained stable vision without loss of ≥15 letters compared with 53% in the control group42 and 66% in the control group treated with photodynamic therapy alone44, respectively. Nowadays, the efficacy of ranibizumab 0.5 mg is well established. However, there is still an open debate regarding the most cost-effective treatment regimen. The Marina and Anchor studies showed that typically the functional and anatomical effects were seen rapidly within the first 3 months of intervention, and were maintained throughout the entire followup of 24 months42-45. Therefore, it is recommended to start the treatment with a loading phase of at least three monthly intravitreal injections, followed by PRN (pro-re-nata or as-needed), quarterly dosing, or treat and extend regimen. The Pier study46 was a phase 3b trial that evaluated the efficacy and safety of dosing every 3 months ranibizumab 0.5 mg after the loading dose of 3 months. Visual acuity of patients treated with the quarterly dosing returned to baseline at month 12, suggesting that this regimen is inferior to monthly dosing17-46. These findings were also confirmed by the Excite study. At month 12 compared to month 3, visual acuity gain of patients receiving quarterly dosing after three consecutive monthly injections was slightly decreased compared to monthly treated subjects, independently to the 0.3 mg or 0.5 mg doses of ranibizumab47. Other studies, PrONTO, CATT, Secure, and Harbor, investigated flexible regimens. The retreatment criteria were functional based on visual acuity changes, and anatomical OCT-guided. The PrONTO study was the first study showing that flexible OCT-guided DMLE neovascolare a luglio 2006 dall’ FDA e a gennaio 2007 dall’EMA (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2014/125156s105lbl.pdf) Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia del ranibizumab 0.5mg somministrato in dosi fisse mensili (studi Marina ed Anchor) od in regimi flessibili (Pier, Excite, PrONTO, CATT, Secure, Harbor). Gli studi Marina ed Anchor 6-7-42-43-44 erano studi randomizzati di fase 3 che includevano CNV minimamente classiche od occulte e classiche, rispettivamente. A due anni di follow up, il 90% degli occhi trattati con ranibizumab 0.5 mg avevano mantenuto una visione stabile senza una perdita ≥15 lettere paragonati con il 53% nel gruppo di controllo42 ed il 66% dei pazienti trattati con la sola terapia fotodinamica44. Ad oggi l’efficacia del ranibizumab 0.5mg è accertata. Tuttavia vi è ancora un dibattito aperto riguardo il costo-efficacia di tale prodotto. Gli studi Marina ed Anchor hanno dimostrato che in genere gli effetti funzionali ed anatomici sono stati riscontrati rapidamente entro i primi 3 mesi di trattamento e sono stati mantenuti durante l'intero follow-up di 24 mesi42-45. Pertanto si raccomanda di iniziare il trattamento con una fase di carico di almeno tre iniezioni intravitreali mensili, seguite da un dosaggio PRN oppure da un trattamento “treat and extend”. Lo studio Pier46 è uno studio di fase 3b che ha valutato l'efficacia e la sicurezza del dosaggio di 0,5 mg di ranibizumab ogni 3 mesi dopo una dose di carico di 3 mesi. L'acuità visiva dei pazienti trattati con il dosaggio trimestrale è ritornata ai valori basali al mese 12, suggerendo che questo regime è inferiore rispetto al dosaggio mensile fisso17-46. Questi risultati sono stati confermati anche dallo studio Excite. Al mese 12 rispetto al mese 3, il guadagno di acuità visiva dei pazienti che avevano ricevuto un dosaggio trimestrale dopo tre iniezioni mensili consecutive è stato leggermente inferiore Year 2 ı Number 1 ı 2016 15 Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare retreatment could sustain visual gain with fewer injections than fixed monthly regimen48. With the introduction in the clinical practice of the spectral-domain OCT (SD-OCT) technology, the retreatment criteria were very tight and referred as “tolerance zero”. This is the case of the CATT trial that evaluated the efficacy and safety of ranibizumab and bevacizumab administered with two different regimens, monthly or as-needed, for two years28. At 12 month, the ranibizumab as-needed treated group was considered as non-inferior with a difference of 1.7 letters of visual acuity gain when compared to monthly group (+6.8 and +8.5 letters, respectively). However, during the second year of the CATT study, the monthly ranibizumab group was re-randomised into a continuous monthly treatment and as-needed treatment. At year two, the as-needed group lost -1.8 letters as compared with those staying with monthly treatment, showing that changing to as needed in year 2 lost all the benefit of the monthly treatment from year28. Similarly, the IVAN study at year 2 showed that bevacizumab was neither non-inferior nor inferior to ranibizumab (mean difference -1.37 letters) and concluded that for VA, both drugs have similar efficacy30-49. Ranibizumab 0.5 mg long-term safety and efficacy were evaluated in the Secure and Horizon prospective extension studies of the previous trials (Marina, Anchor, Excite, and Sustain) with a follow up of 24 months37-50-51. The results showed a progressive decline in visual acuity by -7.5 letters, underling the progressive nature of neovascular AMD and the need of a strict continuous monitoring and rigorous retreatment criteria. Also the rispetto ai soggetti trattati mensilmente, indipendentemente dal dosaggio di ranibizumab di 0,3 mg o 0,5 mg47. Altri studi, PrONTO, CATT, Secure e Harbor, hanno studiato i regimi flessibili. I criteri di ritrattamento erano basati sulle variazioni di acuità visiva e sulle variazioni anatomiche visualizzate con l’OCT. Lo studio PrONTO è stato il primo studio a dimostrare che il trattamento flessibile OCT-guidato potrebbe essere una valida alternativa, come mantenimento dell’acuità visiva, al trattamento mensile fisso48. Con l'introduzione nella pratica clinica della tecnologia spectral domain OCT (SD-OCT), i criteri di ritrattamento sono stati molto ristretti e definiti come "tolleranza zero". Questo è il caso dello studio CATT che ha valutato l'efficacia e la sicurezza di ranibizumab e bevacizumab somministrato con due diversi regimi, mensili o PRN, per due anni28. Al mese 12, il gruppo trattato al bisogno con ranibizumab è stato considerato come non inferiore, con una differenza di 1,7 lettere nel guadagno di acuità visiva, rispetto al gruppo trattato mensilmente (+6,8 e +8,5 lettere, rispettivamente). In seguito, durante il secondo anno dello studio CATT, il gruppo ranibizumab mensile è stato rirandomizzato nel braccio dei trattamenti mensili ed in quello dei trattamenti PRN. A due anni, il gruppo dei trattamenti PRN aveva perso -1.8 lettere rispetto ai pazienti che avevano continuato con il trattamento mensile, dimostrando che cambiando il regime di trattamento, nel secondo anno, veniva perso tutto il beneficio del trattamento mensile accumulato nel corso del primo anno28. Allo stesso modo, lo studio IVAN nel secondo anno ha dimostrato che il bevacizumab non era né non inferiore né inferiore al ranibizumab (differenza media -1.37 lettere) concludendo che per quanto riguarda l'acuità visiva, entrambi i farmaci hanno effetti simili30-49. 16 Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art Seven-up study demonstrated a longterm persistence of disease activity in the majority of patients43. These extension studies provided further data on the safety of intravitreal ranibizumab. The incidence of the endophthalmitis was low in both studies (0.9% and 0.2%, in the Secure and Horizon trials respectively) and consistent with those reported in the previous studies Marina and Anchor (1.0% and 1.1%, respectively)37-51. Also the rate of arterial thromboembolic events did not increase with the duration of treatment and was consistent across the studies. In fact, in the Secure trial arterial thormoembolic events occurred in 5.6% of the patients. Similar rate were reported in the Horizon (5.3%), Marina (5%), and Anchor studies (4.4%). Not even higher dose of ranibizumab seems to increase the incidence of ocular and systemic adverse events, as showed by the Harbor study52-53. Currently, ranibizumab long-term safety, efficacy, treatment patterns, and health-related quality-of-life outcomes in the management of wet AMD are being evaluated by LUMINOUS program in routine clinical practice17-54 (www.clinicaltrials. gov/ct2/show/NCT01318941? term=NCT01318941&rank=1). Recently, the Harbor study confirmed that monthly intravitreal ranibizumab 0.5 mg represents the optimum regimen of treatment for patients with neovascular AMD. However, no disadvantages were observed with a PRN regimen with strict monthly monitoring visits and SD-OCT technology52-53. This was the first trial using only SD-OCT monitoring into a PRN regimen compared with monthly treatment. This study evaluated the efficacy and safety of 0.5 and 2.0 mg intravitreal dosing of ranibizumab monthly and on an as-needed basis in Efficacia e sicurezza a lungo termine di ranibizumab 0,5 mg sono stati poi valutati negli studi prospettici Secure ed Horizon, estensioni di alcuni studi precedenti (Marina, Anchor, Excite e Sustain) con un follow up di 24 mesi 37-50-51. I risultati hanno mostrato un declino progressivo dell'acuità visiva di -7,5 lettere, sottolineando la natura progressiva della DMLE neovascolare e la necessità di un attento e continuo monitoraggio e di rigorosi criteri di ritrattamento. Anche lo studio Seven-Up ha dimostrato una persistenza a lungo termine dell’ attività della malattia nella maggior parte dei pazienti43. Questi studi di estensione hanno fornito ulteriori dati sulla sicurezza di ranibizumab intravitreale. L'incidenza delle endofitalmiti è risultata bassa in entrambi gli studi (0,9% e 0,2%, negli studi Secure e Horizon rispettivamente) e sulla scia dei valori segnalati precedentemente negli studi Marina e Anchor (1,0% e 1,1%, rispettivamente)37-51. Anche il tasso di eventi tromboembolici arteriosi non appariva aumentato con la durata del trattamento ed era coerente tra i vari studi. Nello studio Secure, gli eventi tromboembolici arteriosi si sono verificati nel 5,6% dei pazienti. Un valore simile è stato anche riscontrato negli studi Horizon (5,3%), Marina (5%) ed Anchor (4,4%). Inoltre l'incidenza di eventi avversi oculari e sistemici, non sembra possa aumentare con una dose ancora più elevata di ranibizumab, come dimostrato dallo Studio Harbor52-53. Attualmente lo studio LUMINOUS sta raccogliendo dati per valutare nella pratica clinica, la sicurezza a lungo termine di ranibizumab, l’efficacia, i modelli di trattamento ed i risultati correlati alla qualità di vita dei pazienti affetti da DMLE essudativa17-54 (www.clinicaltrials. gov/ct2/show/NCT01318941 term=NCT01318941&rank=1). Recentemente lo studio Harbor ha confermato come il trattamento mensile di ranibizumab 0.5mg rappresenti il regime Year 2 ı Number 1 ı 2016 17 Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare treatment-naïve patients with subfoveal neovascular AMD. At month 24, the mean change from baseline in best corrected visual acuity was (letters) +9.1 (0.5 mg monthly), +7.9 (0.5 mg PRN), +8.0 (2.0 mg monthly), and +7.6 (2.0 mg PRN). The proportion of patients who gained ≥15 letters from baseline in best corrected visual acuity at month 24 was similar in all groups (34.5%, 33.1%, 37.6%, and 34.8%, respectively), while the mean number of ranibizumab injections through month 24 was less for the PRN groups (21.4, 13.3, 21.6, and 11.2, respectively)53. Treat-and-extend is another flexible strategy suggested to reduce retreatment numbers. Treat-and-extend trials are currently underway in Europe. After the initial loading dose of three monthly ranibizumab or bevacizumab injections, usually a cohort of patients were prospectively treated with monthly injections until there was no CNV activity55. The interval between visit and treatment was then extended by 2 weeks to a maximum of 12 weeks. When there was CNV activity, this interval was shortened by 2 weeks. Although the treat-and-extend protocol is not standardized yet, outcomes were similar to those of the clinical trials of monthly ranibizumab with fewer injections and fewer visits. At month 12, visual acuity improved by 9.2 and 10.5 letters in the monthly and treat-andextend cohorts, respectively. The mean number of injections administered through month 12 was 13.0 and 10.1 in the monthly and treatand-extend cohorts, respectively56-57. In conclusion, currently in Europe, ranibizumab is licensed for monthly dosing until VA is stable, followed by monitoring and resumption of treatment as needed. In the USA, ranibizumab once monthly is recommended; ottimale di trattamento dei pazienti con DMLE neovascolare. Tuttavia non sono stati notati degli svantaggi legati al regime PRN associati a stretti monitoraggi mensili con tecnologie SD-OCT52-53. Questo trial è stato il primo ad utilizzare il trattamento PRN SD-OCT-guidato nei confronti della posologia mensile. Lo scopo infatti era quello di valutare l’efficacia e la sicurezza di 0.5 mg e 2.0 mg di ranibizumab somministrato mensilmente od al bisogno in pazienti naïve affetti da CNV subfoveali. Al mese 24, la variazione media dal basale dell’acuità visiva espressa in lettere ETDRS è stata di + 9,1 (0,5 mg trattamento mensile), + 7,9 (0,5 mg PRN), + 8.0 (2,0 mg mensile) e + 7,6 (2,0 mg PRN). La proporzione di pazienti che ha guadagnato ≥15 lettere rispetto al basale al mese 24 era simile in tutti i gruppi (34,5%, 33,1%, 37,6% e 34,8%, rispettivamente), mentre il numero medio di iniezioni di ranibizumab fino al 24 mese è stata meno per i gruppi PRN (21.4, 13.3, 21.6, e 11.2, rispettivamente)53. Il trattamento “treat and extend” costituisce un’altra alternativa al trattamento mensile per ridurre il numero di ritrattamenti. In Europa sono in corso alcuni studi clinici basati su tale regime. Dopo una dose iniziale di carico di tre trattamenti mensili con bevacizumab o ranibizumab, si prosegue ad iniettare i pazienti fino alla scomparsa dell’attività della lesione55. A questo punto, in considerazione della stabilizzazione della malattia, si aumenta di 2 settimane, fino ad un massimo di 12 settimane, la finestra compresa tra le visite di controllo. Con la riattivazione della CNV, l’intervallo viene riportato a 4 settimane. Sebbene il trattamento “treat and extend” non sia stato ancora standardizzato, i risultati sono stati simili a quelli degli studi in cui il ranibizumab è stato somministrato mensilmente con però un minor numero di iniezioni e controlli. Al mese 12 l’acuità visiva è aumentata di 9.2 e 10.5 lettere nel 18 Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art however, patients may receive three or four monthly doses followed by less frequent dosing with regular assessments. AFLIBERCEPT It is a dimeric recombinant fusion glycoprotein. In aflibercept portions of human VEGF receptors 1 and 2 (VEGFR-1 and VEGFR-2) extracellular domains are fused to the Fc portion of human IgG1 (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2014/125387s043lbl.pdf). It acts as a soluble decoy receptor that binds multiple members of the VEGF family, with high affinity for the VEGF-A and PlGF (Placental growth factor) isoforms, blocking their activation17-49-58 (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2014/125387s043lbl.pdf ). PlGF is a growth factor normally present in the choroid59 and is proved to be proangiogenic on retinal endothelial cells60. Therefore, PlGF and its receptor VEGFR-1 may represent a promising target for CNV therapy59. Its binding affinity (KDa=0.49 pmol/L) is higher than that of ranibizumab (KDa=0.46 pmol/L) and bevacizumab (KDa=0.58 pmol/L)61-62. The molecular size (115kD) is bigger than ranibizumab and bevacizumab resulting in a longer half-live (7.1 days intravitreal, 18 days serum) due to the presence of the Fc portion. The compound binds to all VEGF-A isoforms and VEGF-B, with higher affinity than their native receptors63. Aflibercept 2 mg received FDA approval in November 2011 and EMA approval in November 2012 for the treatment of neovascular AMD based on results of the VIEW 1 (US centers) and VIEW 2 (centers in Canada, South America, Europe, Asia, Australia) studies64-65. These are two Phase 3 trials that braccio mensile e nel braccio “treat and extend” rispettivamente. Il numero medio di iniezioni a 12 mesi è stato di 13.0 e 10.1 per il gruppo mensile e per il braccio “treat and extend”, rispettivamente56-57. In conclusione, ad oggi in Europa, il ranibizumab è stato registrato per il trattamento mensile fino al raggiungimento della stabilizzazione della acuità visiva, seguito da un monitoraggio mensile ed un eventuale ritrattamento al bisogno. Negli USA, ranibizumab è consigliato con una posologia mensile; tuttavia i pazienti possono ricevere una dose iniziale mensile iniziale di tre o quattro trattamenti seguiti da monitoraggi regolari ed un numero meno frequente di ritrattamenti. AFLIBERCEPT È una glicoproteina dimerica ricombinante di fusione. In aflibercept le porzioni dei recettori extracellulari 1 e 2 del VEGF umano (VEGFR-1 e VEGFR-2) sono fusi con la porzione Fc delle IgG1 umane (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2014/125387s043lbl.pdf). Agisce come un recettore solubile che lega numerosi membri della famiglia del VEGF, con un’alta affinità per le isoforme del VEGF-A ed il PIGF (Placental Growth Factor), bloccandone l’attivazione17-49-58 (www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_ docs/label/2014/125387s043lbl.pdf ). Il PIGF è un fattore di crescita normalmente presente a livello della coroide59 ed è in grado di avere anche un’azione proangiogenica nei confronti delle cellule retiniche endoteliali60. Per tale motivo sia il VEGFR-1 che il PIGF rappresentano targets ideali per la terapia delle CNV59. La sua affinità di legame (KDa = 0,49 pmol/L) è superiore a quella di ranibizumab (KDa = 0,46 pmol/L) e di bevacizumab (KDa = 0,58 pmol/L)61-62. La dimensione molecolare (115kD) è più grande di ranibizumab e bevacizumab. Questo porta ad un più lungo tempo di dimezzamento Year 2 ı Number 1 ı 2016 19 Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare compared ranibizumab with two doses of aflibercept (0.5 mg and 2.0 mg), administered monthly or eight-weekly (for the 2.0 mg dose). At 52 weeks, all aflibercept groups, independent of doses and regimen, were non-inferior to the control group with equal maintenance of vision in 95% of eyes64. Also morphologically, all treatment groups demonstrated a similar rapid decline in CRT (Central Retinal Thickness). In the eightweekly aflibercept groups, bimonthly fluctuations in CRT were seen with recurrent exudation between extended aflibercept injections. However, there is no evidence that these fluctuations in OCT negatively translate to visual acuity (Heier et al 2012)64. From week 52 to week 96 a ‘capped’ regimen was followed with mandatory injections at an interval of 12 weeks since the previous treatment. Mean best corrected visual acuity gains were between +6.6 (aflibercept 0.5 mg) and +7.9 letters (ranibizumab monthly), 7.6 letters (aflibercept monthly and eightweekly) confirming non-inferiority for aflibercept and the bi-monthly retreatment regimen. The retreatment frequency was similar for both drugs during the second year (4.1, 4.2 and 4.7 injections for the aflibercept monthly, aflibercept eight-weekly, and ranibizumab group, respectively). Moreover, less patients required at least six retreatments in the aflibercept 2 mg group (14%–16%) than in the ranibizumab group (26.5%), and more aflibercept-treated than ranibizumabtreated eyes were seen without retinal fluid at weeks 52 and 9665. Recent subgroup analyses of the VIEW trials suggested a superior morphologic efficiency of aflibercept in reducing intraretinal and subretinal fluid as well as reducing RPE elevation, (7,1 giorni intravitreale, 18 giorni siero) a causa della presenza della porzione Fc. La molecola è in grado di legare tutte le isoforme del VEGF-A e del VEGF-B, con un’alta affinità per i loro recettori63. Aflibecept 2mg ha ricevuto, per il trattamento della DMLE neovascolare, l’approvazione FDA nel novembre 2011 e l’approvazione EMA nel novembre 2012 in base ai risultati degli studi VIEW1 (negli USA) e VIEW2 (Canada, Sud America, Europa, Asia, Australia)64-65. Questi due studi di fase 3 avevano l’obiettivo di paragonare il ranibizumab con due dosi di aflibercept (0.5mg e 2.0mg) somministrate mensilmente od ogni 8 settimane (per la dose di 2.0mg). Alla 52a settimana, tutti i gruppi che avevano utilizzato aflibercept, indipendentemente dal dosaggio o dallo schema terapeutico, sono risultati non inferiori rispetto al gruppo di controllo con un mantenimento uguale della AV nel 95% degli occhi64. Anche dal punto di vista anatomico, tutti i gruppi di trattamento, hanno dimostrato una riduzione simile e rapida dello spessore retinico centrale (CRT). Nel gruppo trattato ogni 8 settimane con aflibercept, si sono verificate fluttuazioni del CRT nel periodo compreso tra i ritrattamenti. Tuttavia queste modifiche nello spessore retinico centrale non hanno influenzato negativamente l’acuità visiva64. Dalla settimana 52 alla settimana 96, il disegno dello studio prevedeva il trattamento obbligatorio con iniezioni ad intervalli fissi di ogni 12 settimane. La media del guadagno di acuità visiva è risultato essere di + 6,6 lettere (aflibercept 0,5 mg), e + 7,9 lettere (ranibizumab mensile), con una media di +7,6 lettere per aflibercept mensile ed ogni 8 settimane, confermando la non-inferiorità di aflibercept e del regime di trattamento bi-mensile. La frequenza del ritrattamento è stata simile per entrambi i farmaci durante il secondo anno (4.1 iniezioni per aflibercept mensile, 4.2 per aflibercept bi-mensile e 4.7 20 Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art which suggest a superior anatomic efficacy of aflibercept compared with ranibizumab17. Individual variation in drug response is a common phenomenon. Also in anti-VEGF treatment for neovascular AMD despite a good initial response, some patients are refractory with loss of vision and recurrences. Although the mechanism responsible for this resistance is unknown, it might be due to the development of a tolerance or tachyphylaxis, which is manifested as a reduction in the response to successive treatments owing to an immune response. There are some clinical evidence that better anatomical and visual results can be obtained by switching to a different intravitreal medication, having observed that up to 81 % of patients favorably respond to the switching49-66-67-68-69. Various studies have analyzed the results of changing treatment in resistant patients, showing an anatomical improvement and visual acuity stabilization70-71-72. However, these studies present several limitations, such as small number, lack of well-balanced control group of non-switch patients and their retrospective analysis. Recently, the ASSESS study demonstrated that fixed intravitreal aflibercept 2 mg dosing regimen for 12 months improved anatomic and vision endpoints in subjects with active neovascular AMD previously treated with ranibizumab and/or bevacizumab70. The switchback (from aflibercept to ranibizumab) is also a therapeutic option in patients who had shown no benefit from the initial switch from ranibizumab to aflibercept73. In conclusion, currently in Europe, aflibercept 2.0 mg is licensed for monthly dosing for the first three months followed by a fixed dosing every eight weeks. After 12 months of treatment, per ranibizumab mensile). Inoltre un minor numero di pazienti ha richiesto almeno sei ritrattamenti nel gruppo di aflibercept 2mg (14%-16%) rispetto al gruppo del ranibizumab (26,5%) e più pazienti trattati con aflibercept hanno presentato minor fluido retinico alla settimana 52 e 96 rispetto a quelli trattati con ranibizumab65. Recenti sottoanalisi degli studi VIEW hanno suggerito una maggiore efficacia dell’aflibercept nel ridurre il fluido intra e sottoretinico oltre che i distacchi dell’epitelio pigmentato retinico, suggerendo quindi una maggiore efficacia a livello anatomico dell’aflibercept nei confronti del ranibizumab17. Le variazioni individuali nella risposta ad un farmaco sono comuni. Anche con i farmaci anti-VEGF, nonostante una buona reazione iniziale, alcuni pazienti possono dimostrarsi refrattari al trattamento sia in termini di recupero di acuità visiva che di risultato anatomico. Nonostante sia ancora sconosciuto il meccanismo alla base di tale comportamento, questo potrebbe essere dovuto allo sviluppo di una sorta di tolleranza, ossia di una tachifilassi, che potrebbe portare ad una diminuzione con il tempo della risposta, a causa probabilmente dell’attivazione di un meccanismo autoimmune. Vi sono alcune evidenze cliniche che dimostrano una migliore risposta sia anatomica che funzionale dopo lo “switch” terapeutico ad altri farmaci intravitreali, con una reazione favorevole in circa l’81% dei pazienti trattati49-66-67-68-69. Numerosi studi hanno analizzato i risultati del cambio di trattamento nei pazienti “non-responders”, dimostrando un miglioramento anatomico ed una stabilizzazione dell'acuità visiva70-71-72. Questi studi presentano tuttavia numerose limitazioni, quali il ridotto numero dei pazienti, la presenza di gruppi controllo non ben bilanciati e la loro insoddisfacente analisi retrospettiva. Recentemente lo Year 2 ı Number 1 ı 2016 21 Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare the intervals between injections may be prolonged, depending on the functional and morphological conditions of the patient. FUTURE PERSPECTIVES The introduction of anti-VEGF drugs in the clinical practice has revolutionized the treatment of neovascular AMD becoming the standard of care. Despite the impressive benefits, reallife outcomes have evidenced several limitations of antiangiogenic therapy. A few questions remain open on the safety of different molecules, choice of therapeutic regimens, and monitoring needs. Moreover, the price of the drugs, the high frequency of injection, the increasing number of the patients and the chronic nature of the disease generate an enormous burden for the society. The multifactorial pathogenetic mechanism of AMD might explain the lack or insufficient response to antiVEGF therapy observed in about 25% of patients in clinical trials. Therefore, different therapeutic approach is needed. Current and future trials are clinically evaluating potentially more potent anti-VEGF molecules and molecules targeting alternative growth factors or pathways. Of course, treatments must be non-inferior to the current treatment regimen while providing clinical benefit. Therefore, the goals of new strategies are to either eliminate the need for frequent injections or increase number of patients with improved vision. Alternative delivery pathways, such as eye drop or oral formulation, are also under investigation74. Moreover, devices able to sustain a constant and prolonged release of drug are an interesting option that would allow reducing the burden and the incidence of risks of the injections. studio ASSESS ha dimostrato che il regime fisso di aflibercept 2mg per 12 mesi porta ad un miglioramento anatomico e funzionale nei pazienti con CNV attive precedentemente trattati con ranibizumab e/o bevacizumab70. Lo “switchback” (da aflibercept a ranibizumab) è anche una buona opzione terapeutica nei pazienti che non hanno presentato un beneficio dallo “switch” iniziale da ranibizumab ad aflibercept73. In conclusione, in Europa, l’aflibercept 2.0mg è approvato con un dosaggio iniziale di tre iniezioni nei primi tre mesi di trattamento, seguito da un regime fisso ogni 8 settimane. Dopo il primo anno, gli intervalli tra le somministrazioni possono essere prolungati a seconda delle condizioni funzionali ed anatomiche del paziente. PROSPETTIVE FUTURE L’introduzione dei farmaci anti-VEGF nella pratica clinica ha rivoluzionato il trattamento della DMLE neovascolare diventandone lo standard di trattamento. Nonostante però i buoni risultati degli studi clinici, la pratica quotidiana ha messo in evidenza alcune limitazioni di questi farmaci. Alcune questioni rimangono ancora ad oggi aperte, come la sicurezza delle diverse molecole, la scelta di un regime terapeutico, e la necessità di un monitoraggio. Inoltre il costo di tali farmaci, la numerosità dei trattamenti, il numero sempre più crescente dei pazienti e l’andamento cronico della malattia, hanno reso questa patologia un impegno molto gravoso per la società. Il meccanismo patogenico multifattoriale della DMLE potrebbe spiegare la scarsa o mancata risposta al trattamento antiVEGF che è stata osservata in circa il 25% dei pazienti degli studi clinici. Saranno pertanto necessari in futuro nuovi approcci terapeutici. I trials ad oggi in corso e quelli futuri hanno come scopo quello di valutare molecole anti-VEGF più potenti e target 22 Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art Brolucizumab and DARPins represent two molecules in clinical trials that target VEGF but are taking advantage of different molecular properties to enhance durability and efficacy. Tyrosine kinase inhibitors (pazopanib, regorafanib and Pan-90806) are all attempting to develop a topical anti-VEGF therapy. Gene therapies delivering a soluble VEGF receptor or endostatin/angiostatin are being evaluated as a sustained release construct. Anti-platelet-derived growth factor (PDGF), SphingoMAB, Quark RNAi, squalamine, PRM 167 and ARC-1905 target other growth factors, inflammation and vessel migration. Clinical development of these molecules attempts to increase effect and prolong injection intervals in combination with or compared with anti-VEGF therapies19-74. Finally, due to the complexity of the disease and the changing population, future therapeutic approaches needs to stratify patients on their genetic polymorphisms and to develop better sensitive biomarkers. di attacco differenti. Ovviamente questi nuovi farmaci non dovranno essere inferiori a quelli già presenti portando quindi ad un maggior beneficio. Lo scopo sarà infatti quello di eliminare la necessità di numerosi ritrattamenti ed aumentare il numero di pazienti che beneficeranno di un incremento dell’acuità visiva. Una via diversa di somministrazione, come le gocce oculari o l’assunzione orale, sono inoltre in fase di studio74. Un’altra alternativa potrà poi essere rappresentata da devices intravitreali con un rilascio lento e costante del farmaco in modo da ridurre il numero di ritrattamenti e perciò i costi della terapia. Il brolucizumab ed il DARPin rappresentano due molecole in sperimentazione, in grado di bloccare il VEGF, ma grazie alla loro diversa struttura molecolare hanno un’efficacia ed un tempo di permanenza più elevati. Gli inibitori della tirosina chinasi (pazopanib, regorafenib e Pan-90806) saranno probabilmente il futuro della terapia anti-VEGF topica. La terapia genica sta inoltre sperimentando devices in grado di rilasciare recettori solubili del VEGF o delle endostatine/angiostatine. Altri fattori di crescita, dell’infiammazione e della migrazione dei vasi, saranno il bersaglio di molecole come l’anti-platelet-derived growth factor (PDGF), SphingoMAB, Quark RNAi, squalamine, PRM 167 e l’ARC-1905. Lo sviluppo di questi nuovi farmaci avrà lo scopo di aumentare l’effetto o prolungare l’intervallo tra le iniezioni sia se usati singolarmente sia in associazione con le molecole anti-VEGF già esistenti19-74. Infine, a causa della complessità della malattia e della diversità della popolazione, le ricerche terapeutiche future dovranno cercare di stratificare i pazienti a seconda del loro polimorfismo genetico, in modo da poter isolare dei biomarkers specifici e rendere la terapia sempre più personalizzata. Year 2 ı Number 1 ı 2016 23 Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare REFERENCES 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) Smith W, et al. Risk factors for age-related macular degeneration: pooled findings from three continents. Ophthalmology 2001;108:697704 Kawasaki R, et al. The prevalence of agerelated macular degeneration in Asians: a systematic review and meta-analysis. Ophthalmology 2010;117(5):921-7. doi: 10.1016/j.ophtha.2009.10.007 Bourne RR, et al. Prevalence and causes of vision loss in high-income countries and in Eastern and Central Europe: 1990–2010. 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Expert Opin Investig Drugs 2015;24(2):183-199. doi: 10.1517/13543784.2015.961601 Year 2 ı Number 1 ı 2016 27 VERY MINIMAL FLUENCE PHOTODYNAMIC THERAPY FOR PERSITENT CENTRAL SEROUS CHORIORETINOPATHY Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della corioretinopatia sierosa centrale Francesca Menchini, Giacomo Toneatto Department of Medical and Biological Sciences - Ophthalmology, University of Udine, Italy ABSTRACT Purpose: To report 12 month results of a retrospective study assessing the efficacy and safety of very minimal fluence photodynamic therapy (vmf-PDT) for central serous chorioretinopathy (CSC). Methods: eight eyes of eight patients with CSC received treatment with very minimal fluence PDT (15 J/cm2, 150 mW/cm2, for 100 seconds) addressed to the areas of choroidal vascular hyperpermeability on indocyanine green angiography (ICGA). Main outcome measures were visual acuity, changes in foveal thickness and resolution of subretinal fluid. Results: Stabilization or improvement in best corrected visual acuity (BCVA) was observed in all patients, as well as complete resolution of subretinal fluid 3 months after treatment. Recurrence of neurosensory retinal detachment occurred in one patient. None of the patients presented any ocular or systemic adverse event associated with verteporfin treatment. Conclusions: vmf-PDT appears to be an effective and safe treatment for CSC. These preliminary results need to be confirmed by controlled studies with larger number of patients and longer follow-up. RIASSUNTO Obiettivo: riportare i risultati a 12 mesi di uno studio retrospettivo volto a valutare l’efficacia e la sicurezza della terapia fotodinamica con verteporfina a fluenza minima (vmf-PDT) nel trattamento della corioretinopatia sierosa centrale (CSC). Metodi: otto occhi di otto pazienti affetti da CSC sono stati sottoposti a terapia fotodinamica a fluenza minima (15 J/cm2, 150 mW/cm2, per 100 secondi) diretta sulle aree di iperpermeabilità coroideale evidenziate mediante angiografia con verde di indocianina (ICGA). I parametri di efficacia valutati sono stati la variazione dell’acuità visiva con miglior correzione (BCVA), lo spessore neuroepiteliale e la presenza di fluido sottoretinico (FSR) all’OCT. Risultati: una stabilizzazione o un miglioramento dell’acuità visiva con miglior correzione e la completa scomparsa del fluido sottoretinico all’OCT sono state evidenziate in tutti i pazienti a 3 mesi dal trattamento. I risultati anatomici e funzionali sono stati mantenuti per 12 mesi, con l’eccezione di un solo paziente che ha manifestato una recidiva di malattia a 12 mesi. Non si sono registrati eventi avversi oculari o sistemici. Conclusioni: la terapia fotodinamica a fluenza minima sembra essere un trattamento efficace e sicuro per la corioretinopatia sierosa centrale. Ulteriori studi con un gruppo di controllo ed The study was performed in the Department of Medical and Biological Sciences Ophthalmology, University of Udine, Italy Disclosure: The authors have no proprietary or commercial interest in any materials discussed in this article. No financial support was received for this submission CORRESPONDING AUTHOR Francesca Menchini, MD Department of Medical and Biological Sciences Ophthalmology University of Udine, Piazza Santa Maria della Misericordia, 33100 Udine, Italy [email protected] Ph +39 0432559907 Fax +39 0432559904 KEY WORDS photodynamic therapy, very minimal fluence photodynamic therapy, central serous chorioretinopathy PAROLE CHIAVE terapia fotodinamica, terapia fotodinamica a fluenza minima corioretinopatia sierosa centrale 28 Very minimal fluence photodynamic therapy for persitent central serous chorioretinopathy INTRODUCTION Central serous chorioretinopathy (CSC) is an idiopathic condition primarily affecting the choroidal circulation, as demonstrated by the presence of multifocal areas of choroidal hyperpermeability on indocyanine green angiography (ICGA). CSC is common in young adults, especially men in their 40s, and is frequently associated with peculiar risk factors, such as Type A personality, use of steroids of any form, pregnancy. The typical clinical sign of CSC is the the accumulation of subretinal fluid (SRF) at the posterior pole, often with macular involvement, occasionally associated with a detachment of the retinal pigment epithelium (RPE)1. Patients with CSC may experience visual disturbances, varying from different degrees of visual loss, micropsia, metamorphopsia, central scotoma. Most episodes of CSC are selflimiting, with spontaneous resolution of SRF within 3-4 months and recovery of visual acuity2. However some patients may complain of residual visual symptoms and the rate of recurrence of the disease in the first year can be as high as 50%3-6. There is still no general consensus on the treatment of CSC. The traditional management option of acute CSC is observation. Laser photocoagulation has been the historic treatment for CSC, attempted to seal off the leakage points and to promote SRF reabsorption by RPE, but treatment is destructive to photoreceptors and cannot be applied to subfoveal or juxtafoveal leaks. In the past decade off label photodynamic therapy (PDT) has become the firstline therapy for CSC. PDT promotes the absorption of SRF by reducing choroidal hyperpermeability and treatment achieves at least some improvement in almost all treated patients, with una numerosità campionaria superiore sono necessari per confermare i risultati preliminari. INTRODUZIONE La corioretinopatia sierosa centrale (CSC) è una patologia idiopatica che colpisce primariamente la circolazione coroideale, come evidenziato dalla presenza di aree multifocali di iperpermeabilità coroideale all’angiografia con verde di indocianina (ICGA). La malattia colpisce principalmente soggetti giovani di sesso maschile e tra i fattori di rischio più comunemente riscontrati, si riconosce la personalità di tipo A, l’uso di steroidi, la gravidanza. Il segno clinico tipicamente associato alla CSC è la presenza di fluido sottoretinico (FSR) al polo posteriore, spesso con coinvolgimento maculare, meno frequentemente associato a distacco dell’epitelio pigmentato retinico (EPR)1. I pazienti affetti possono manifestare disturbi visivi quali riduzione del visus di varia entità, micropsie, metamorfopsie e scotoma. Molti degli episodi di CSC sono autolimitanti, con risoluzione spontanea del FSR entro 3-4 mesi dall’esordio e miglioramento dell’acuità visiva2. Nonostante la CSC sia considerata una patologia benigna, alcuni pazienti possono tuttavia lamentare persistenza delle metamorfopsie ed una ridotta sensibilità al contrasto anche dopo la scomparsa del FSR ed il tasso di recidive nel primo anno può arrivare al 50%3-6. Attualmente non esiste un consenso sul trattamento della CSC. Vista la tendenza alla risoluzione spontanea in molti casi, l’approccio tradizionale alle forme acute di CSC è l’osservazione. La fotocoagulazione laser termica, finalizzata alla chiusura dei punti di diffusione e alla stimolazione dell’EPR al riassorbimento del FSR ha rappresentato per molto tempo il trattamento di scelta della CSC; tuttavia il trattamento laser è distruttivo e applicabile solo ai punti di fuga extrafoveali. Nello scorso decennio Year 2 ı Number 1 ı 2016 29 Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della corioretinopatia sierosa centrale complete resolution of serous retinal detachments in 60–80% of cases7-8. However PDT is not entirely benign: conventional PDT carries the risk of irreversible visual loss secondary to severe choroidal ischemia, RPE atrophy and choroidal neovascularization (CNV)9-10. In an effort to minimize adverse events, less intensive strategies with modified PDT parameters have been successfully employed, demonstrating favorable visual and anatomic results with half-dose and half-fluence PDT 9-13. Butler et al in 2012 demonstrated the efficacy of very minimal fluence PDT (vmf-PDT) with standard-dose verteporfin in a small number of patients with chronic CSC, obtaining resolution of SRF in all cases14. In our study we used ICGA guided vmf-PDT to treat central serous chorioretinopathy. MATERIALS AND METHODS We retrospectively review the data of patients with CSC treated with vmfPDT. Due to the selflimiting nature of the disease, only patients with a history of CSC with visual symptoms persisting for more than 4 months and tomographic evidence of either persistent or worsened SRF were in-cluded. Patients who had received previous treatment for CSC, who received systemic steroid treatment in the previous 12 months or presented with any other ocular condition that could affect visual acuity were excluded. Best corrected visual acuity (BCVA) assessment with ETDRS like charts, slit lamp examination of the anterior segment, intraocular pressure measurement, dilated fundus biomicroscopy and OCT (Cirrus model 3000; Carl Zeiss Ophthalmic System Inc, Dublin, CA) were performed at baseline and at 1, 3, 6 and 12 months. l’uso off label della terapia fotodinamica con verteporfina (PDT) è divenuto l’approccio terapeutico di scelta per la CSC. L’ipotesi alla base dell’efficacia della PDT è che questa determini una riduzione dell’iperpermeabilità coroideale, promuovendo così il riassorbimento del FSR ed inducendo un miglioramento clinico ed anatomico nella maggioranza dei pazienti trattati, con risoluzione del distacco sieroso neuroepiteliale nel 60-80% dei casi7-8. Nonostante la sua maggiore selettività per le aree di iperpermeabilità coroideale ed il risparmio dei tessuti retinici rispetto alla fotocoagulazione laser, la PDT a fluenza standard è stata associata alla possibilità di riduzione visiva secondaria ad ischemia coroideale severa, atrofia dell’EPR e neovascolarizzazione coroideale iatrogena9-10. Pertanto sono state investigate ed impiegate con successo strategie alternative con l’utilizzo di parametri modificati, quali la fluenza ridotta e la dose dimezzata al fine di minimizzare gli effetti collaterali9-13. Butler et al nel 2012 hanno dimostrato l’efficacia della PDT a fluenza minima (vmf-PDT) in un numero ridotto di pazienti con CSC cronica, ottenendo la risoluzione del fluido sottoretinico in tutti i casi ed impiegando parametri che sono 1/4 di quelli standard14. Nel nostro studio abbiamo valutato retrospettivamente l’efficacia e la sicurezza della vmf-PDT in pazienti con CSC persistente. MATERIALI E METODI Abbiamo analizzato retrospettivamente i dati dei pazienti con CSC trattati con vmf-PDT. Vista l’assenza di un gruppo di controllo, per minimizzare la possibilità di miglioramenti spontanei, sono stati inseriti nell’analisi solo pazienti con CSC persistente, che presentavano sintomi e fluido sottoretinico all’OCT da più di 4 mesi, con evidenza tomografica di stabilità o peggioramento del fluido. Pazienti già 30 Very minimal fluence photodynamic therapy for persitent central serous chorioretinopathy Central retinal thickness was manually measured on OCT, excluding from the measurement subretinal fluid, in order to assess if treatment could determine a reduction of neurosensory retinal thickness as a possible side effect. Fluorescein angiography (FA) and indocyanine green angiography (ICGA) were performed in all patients with TRC 50 IX camera (Topcon Optical Co, Tokyo, Japan) and HRA2 camera (Heidelberg Engineering GmbH, Heidelberg, Deutschland) to confirm the diagnosis and to assess the areas of choroidal vascular hyperpermeability. Angiographic examinations were repeated at 3 and 12 months in all patients, or at any time point during follow-up in case of recurrence of CSC. All patients received a 6 mg/m2 infusion of verteporfin (Visudyne; Novartis AG) over 10 minutes followed by laser delivery at 689 nm for 100 seconds, 15 minutes after the start of the infusion. A total light energy of 15 J/cm2, a light dose rate of 150 mW/cm2 was delivered. The PDT spot size was determined measuring the greater linear dimension of the choroidal hyperpermeability visible on ICGA, and separate, nonconfluent spots were applied consecutively to the lesions in case of multifocal areas of hyperpermeability. RESULTS Eight eyes of eight patients were included in the study. The mean age was 50.6 (41-62), six patients were men and two women. Mean logMAR BCVA at baseline was 0.12 (ranging from 0 to 0.4 LogMAR) and all eyes presented SRF with foveal involvement. Mean BCVA improved by -0.006, -0.04, -0,09 and -0,06 LogMAR at 1, 3, 6 and 12 month follow-up respectively. During follow-up visual acuity remained stable in 5 patients, improved in 2 cases and, sottoposti a pregressi trattamenti, che avessero assunto steroidi nei 12 mesi precedenti o che presentassero qualsiasi altra condizione oculare in grado di compromettere l’acuità visiva sono stati esclusi. L’angiografia con fluoresceina (FA) e l’ICGA con TRC 50 IX (Topcon Optical Co, Tokyo, Japan) e HRA2 (Heidelberg Engineering GmbH, Heidelberg, Deutschland) sono state eseguite in tutti i pazienti per confermare la diagnosi di CSC e valutare l’estensione e la localizzazione delle aree di iperpermeabilità coroideale. Gli esami angiografici sono stati ripetuti a 3 e 12 mesi, o in ogni momento durante il follow-up in caso di recidive. Al baseline e a 1, 3, 6 e 12 mesi dopo il trattamento, sono state effettuate la misurazione dell’acuità visiva con miglior correzione (BCVA), della pressione intraoculare, la biomicroscopia del segmento anteriore e del fondo oculare in midriasi farmacologica e l’OCT (Cirrus model 3000; Carl Zeiss Ophthalmic System Inc, Dublin, CA). Lo spessore retinico centrale è stato misurato manualmente, escludendo dalla misurazione il FSR, al fine di valutare se il trattamento inducesse un’atrofia neuroretinica come possibile complicanza. Ogni paziente ha ricevuto una infusione di 6 mg/m2 di verteporfina (Visudyne; Novartis AG) per 10 minuti, seguita dal trattamento laser (689 nm) con energia totale di 15 J/cm2 e intensità di 150 mW/ cm2 applicato per 100 secondi, 15 minuti dopo l’inizio dell’infusione. La dimensione dello spot è stata calcolata misurando la dimensione lineare massima delle aree di iperpermeabilità coroideale visibili all’ICGA e ritenute responsabili dell’essudazione. In presenza di aree di iperpermeabilità multifocali sono stati applicati consecutivamente spots non confluenti. RISULTATI Otto occhi di otto pazienti sono stati inclusi nell’analisi. L’età media dei soggetti Year 2 ı Number 1 ı 2016 31 Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della corioretinopatia sierosa centrale after an initial improvement, decreased in one patient at 12 month due to CSC recurrence. Visual acuity improvement was evident at 1 month, with a greater magnitude during the first three months, and stabilized thereafter. No cases of visual reduction were recorded. One month after treatment, SRF completely disappeared in 5 eyes (62%), and complete resolution of SRF was observed in all patients at 3 months. Twelve months after treatment, one patient developed a recurrence of serous neurosensory detachment involving the macula and a new vmfPDT session was applied on areas of choroidal hyperpermeability with complete regression of SRF one month after retreatment. Mean CRT at baseline was 183 μm (ranging from 138 to 240 μm) and remained stable throughout the observation period, with mean values of 171, 160, 165 and 166 μm at 1, 3, 6 and 12 month follow-up respectively. No case of RPE atrophy, severe choroidal hypoperfusion or iatrogenic CNV were observed. An example of the serial changes in FA, ICGA, and OCT findings in one patient treated with vmf-PDT is displayed in figures 1. Table 1 summarizes patients’ clinical characteristics at baseline and treatment results at 1, 3, 6 and 12 month follow-up. DISCUSSION CSC is generally considered a benign condition due to its self limiting nature. Although a high rate of spontaneous resolution of serous neurosensory detachment favours conservative management, treatment should be considered in cases of chronic CSC or acute cases with documented evidence analizzati era di 50.6 anni (41-62), 6 pazienti erano maschi e 2 femmine. La BCVA media al baseline era 0.12 logMAR, variando da 0 a 0.4 logMAR e tutti gli occhi presentavano FSR con coinvolgimento foveale. Nel corso del follow-up il miglioramento medio dell’acuità visiva è stato di -0.006, -0.04, -0,09 e -0,06 LogMAR rispettivamente ad 1, 3, 6 e 12 mesi. Dopo il trattamento, l’acuità visiva media è risultata stabile in 5 pazienti e migliorata in 2. In un paziente, dopo un iniziale miglioramento, l’acuità visiva è lievemente peggiorata a 12 mesi a causa di recidiva. L’aumento dell’acuità visiva si è manifestato già al primo mese, con l’incremento maggiore nei primi 3 mesi e successiva stabilizzazione. Non sono stati registrati casi di peggioramento visivo. Un completo riassorbimento del FSR è stato riscontrato in 5 occhi (62%) ad un mese dal trattamento, e nella totalità dei casi a 3 mesi. Un paziente è stato sottoposto a un’ulteriore seduta di vmfPDT un anno dopo il primo trattamento in seguito allo sviluppo di recidiva, con completa regressione del FSR un mese dopo il ritrattamento. Lo spessore neuroepiteliale medio all’OCT, pari a 183 μm (range da 138 to 240 μm) al baseline, si è mantenuto costante nel corso del follow-up, con valori medi di 171, 160, 165 e 166 μm rispettivamente ad 1, 3, 6 e 12 mesi. Non sono stati osservati casi di atrofia dell’EPR, ipoperfusione coroideale severa o neovascolarizzazione coroideale iatrogena. La figura 1 riporta un esempio dei risultati ottenuti in un paziente trattato con vmfPDT. Le caratteristiche cliniche al baseline e i risultati del trattamento a 1, 3, 6 e 12 mesi sono riassunti nella tabella 1. DISCUSSIONE La CSC è comunemente considerata una patologia autolimitante, con andamento clinico spesso benigno. Sebbene l’alta percentuale di risoluzione spontanea 32 Very minimal fluence photodynamic therapy for persitent central serous chorioretinopathy Fig. 1 Fig. 1 Images from a 49-year-old woman with central serous chorioretinopathy (CSC) with symptoms for more than 4 months who received vmf-PDT. The baseline BCVA was 0.4 LogMAR. A) Late-phase fluorescein angiography (FA) image obtained at baseline showing multiple mottled hyperfluorescent areas consisted with window defect nasally to the fovea associated with fluores-cein leakage. B) Late-phase indocyanine green angiography (ICGA) image revealed multifocal areas of cho-roidal vascular hyperpermeability. C) Baseline optical coherence tomography (OCT) image showing subretinal fluid involving the fo-vea. Three months after treatment, BCVA improved to 0.1 LogMAR . D) Late-phase FA image showing the resolution of fluorescein leakage with persistence of window defect nasally to the fovea. E) Late-phase ICGA image showing reduced choroidal hyperpermeability in the macular area after treatment. F) OCT image revealing a normal foveal depression with complete resolution of subretinal fluid. Immagini di una paziente di 49 anni affetta da corioretinopatia sierosa centrale con sintomi e segni clinici da più di 4 mesi trattata con PDT a fluenza minima. L’acuità visiva al baseline era di 0.4 LogMAR. A) Le immagini fluorangiografiche ottenute nei tempi tardivi al baseline evidenziano aree di iperfluorescenza per effetto finestra associate a diffusione di fluoresceina nasalmente alla fovea. B) Le immagini ottenute nei tempi tardivi con angiografia con verde di indocianina rivelano aree multifocali di iperpermeabilità coroideale. C) All’OCT eseguito al baseline è evidente la presenza di fluido sottoretinico coinvolgente la fovea. Tre mesi dopo il trattamento l’acuità visiva era migliorata a 0.1 LogMAR. D) La fluorangiografia retinica dimostra la risoluzione del leakage nei tempi angiografici tardivi, con persistenza dell’iperfluorescenza per effetto finestra nasalmente alla fovea. E) L’angiografia con verde di indocianina dimostra nei tempi tardivi una riduzione dell’iperpermeabilità coroideale in sede maculare dopo il trattamento. F) L’OCT mostra una completa risoluzione del fluido sottoretinico. Year 2 ı Number 1 ı 2016 33 Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della corioretinopatia sierosa centrale Tab. 1 Characteristics at baseline and treatment results at 1, 3, 6 and 12 month follow-up Le caratteristiche cliniche al baseline e i risultati del trattamento a 1, 3, 6 e 12 mesi of long standing subretinal fluid involving the fovea, in order to prevent photoreceptors atrophy and permanent visual impairment. No establish therapy for CSC exists and different treatment options have been attempted: thermal laser photocoagulation, betablockers, acetazolamide, ketoconazole, melatonin15-20. Evidence from ICGA studies demonstrated the presence of choroidal hyperpermeability and ischemia in CSC, hypothetically leading to decompensation and damage of the RPE, with subsequent subretinal fluid accumulation. The latter findings provided the rational for the use of PDT in CSC: PDT treatment induces shortterm choroidal ischemia and longterm choroidal remodeling, leading to reduction of extravascular leakage and SRF reabsorption. Verteporfin PDT is now considered the treatment of choice for chronic CSC, although its parameters are not yet standardized. Since full fluence has been associated del distacco sieroso neuroepiteliale suggerisca un approccio conservativo, il trattamento può essere preso in considerazione nei casi di CSC cronica o nelle forme acute in cui venga documentata la persistenza di FSR coinvolgente la fovea per lunghi periodi, al fine di prevenire l’atrofia dei fotorecettori ed un calo visivo permanente. Non esiste tuttora un consenso sul trattamento della CSC; diverse possibilità terapeutiche sono state proposte nel tempo, quali la fotocoagulazione laser, i betabloccanti, l’acetazolamide, il ketoconazolo e la melatonina15-20. L’angiografia con verde d’indocianina ha permesso di evidenziare nella CSC la presenza di aree di iperpermeabilità ed ischemia coroideali che ipoteticamente determinano uno scompenso ed un danno dell’EPR con successivo accumulo di fluido sottoretinico. Questo ha fornito il razionale per l’utilizzo nella CSC della terapia fotodinamica con verteporfina: il trattamento induce a breve termine un’ischemia coroideale ed un successivo 34 Very minimal fluence photodynamic therapy for persitent central serous chorioretinopathy with potential side effects such as RPE atrophy and iatrogenic CNV9-10, reduced fluence and reduced dose PDT have been tested with good outcomes and safety profile, resulting in better visual outcomes compared to natural history. At present the fluence used in very minimal fluence PDT is the lowest able to achieve successful visual and anatomical results in treating CSC14. In our small case series, all treated patients experienced stabilization or improvement in BCVA and complete resolution of SRF. A limit to visual improvement can be attributable to the fact that in most of the cases baseline visual acuity was very high, providing little room for improvement (ceiling effect). Rate of recurrence was extremely low, with a single patient requiring an additional session of PDT at 12 months. This findings suggest that very little energy may be needed to induce a therapeutic effect, and vmf-PDT can be a safe and effective treatment for CSC. In acute cases with no signs of spontaneous resolution, vmf-PDT might be helpful to shorten the duration of symptoms, prevent visual impairment and rapidly restore VA, considering that many patients are working aged individuals with high visual demands. This study has a number of limitations. First, its retrospective nature and the small sample size. Additionally, CSC is often a self limited disease, and establishing the efficacy of treatment can be difficult without a control group. However, the fact that all cases described in this series had tomographic evidence of subretinal fluid persisting for more than 4 months, reduces the chance that improvement might be due to the natural course of the disease rather than treatment. rimodellamento, determinando una riduzione dell’essudazione extravascolare ed un riassorbimento del fluido sottoretinico. La PDT con verteporfina è considerata, ad oggi, il trattamento di scelta per la CSC cronica, sebbene i paramentri da utilizzare non siano ancora standardizzati. La PDT a fluenza standard, pur essendo efficace, può essere gravata da potenziali effetti collaterali, quali l’atrofia dell’EPR e la CNV iatrogena 9-10, pertanto sono stati testati parametri diversi, con l’impiego di fluenza e dose ridotte, che consentono di ottenere migliori risultati funzionali rispetto alla storia naturale della patologia con un buon profilo di sicurezza. Ad oggi la fluenza utilizzata per la vmfPDT è la minore in grado di produrre risultati anatomici e funzionali positivi nel trattamento della CSC14. In tutti i pazienti inclusi nella nostra serie di casi l’acuità visiva si è mantenuta stabile o è migliorata e si è osservata una risoluzione completa del fluido sottoretinico. Un limite al miglioramento visivo registrato nella nostra casistica può essere attribuito al fatto che molti dei pazienti inclusi presentassero un’acuità visiva basale così elevata da non lasciare margine al miglioramento. Il tasso di recidiva è stato estremamente basso, con un singolo paziente che ha richiesto una ulteriore sessione di vmf-PTD 12 mesi dopo il primo trattamento. Ciò suggerisce che l’effetto terapeutico può essere raggiunto utilizzando energie ridotte e pertanto la vmf-PDT può essere considerata un trattamento sicuro ed efficace per la CSC. Nei casi acuti persistenti, senza segni di risoluzione spontanea, la vmf-PDT può essere utile per abbreviare la durata dei sintomi, prevenire il deterioramento funzionale e ripristinare in tempi rapidi una buona acuità visiva, considerando che molti tra i pazienti affetti sono in età lavorativa e richiedono buone facoltà visive. Questo Year 2 ı Number 1 ı 2016 35 Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della corioretinopatia sierosa centrale CONCLUSIONS Vmf-PDT appears to be a safe and effective treatment modality for CSC, leading to BCVA stabilization and resolution of SRF. Its efficacy needs to be confirmed with further controlled studies with longer follow-up. studio presenta ovvie limitazioni: il disegno retrospettivo, la ridotta dimensione del campione e l’assenza di un gruppo di controllo per stabilire l’efficacia del trattamento, data la natura spesso autolimitante della patologia. Tuttavia i casi inclusi in questa serie presentavano sintomi e mostravano una persistenza del fluido sottoretinico all’OCT da più di 4 mesi, senza alcun segno di miglioramento spontaneo. CONCLUSIONI La vmf-PDT sembra essere un trattamento sicuro ed efficace per la CSC, determinando un miglioramento o una stabilizzazione della BCVA e una risoluzione del FSR. L’efficacia del trattamento necessita di essere confermata da ulteriori studi controllati con follow-up di più lunga durata. REFERENCES 1) Yannuzzi LA. Central serous chorioretinopathy: A personal perspective. Am J Ophthalmol 2010;149:361-63 2) Gilbert CM, Owens SL, Smith PD, et al. Longterm follow-up of central serous chorioretinopathy. Br J Ophthalmol 1984;68: 815-20 3) Loo RH, Scott IU, Flynn HW Jr, et al. Factors associated with reduced visual acuity during long-term follow-up patients with idiopathic central serous chorioretinopathy. Retina 2002;22:19-24 4) Yannuzzi LA, Shakin JL, Fisher YL, et al. 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Eye 2015;29:1036-45 Year 2 ı Number 1 ı 2016 37 RETINAL-CHOROIDAL CHANGES AFTER A LOADING PHASE OF RANIBIZUMAB IN DIABETIC MACULAR EDEMA Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico Mariacristina Parravano, Andrea Cacciamani, Paola Giorno, Francesco Oddone, Fabio Scarinci, Antonluca Boninfante, Monica Varano Fondazione G.B. Bietti-IRCCS, Rome, Italy ABSTRACT Methods: Best-corrected visual acuity (BCVA), biomicroscopy, intraocular pressure (IOP), ophthalmoscopy, retinal (RT) and choroidal (CT) thickness, and retinal sensitivity measurements were performed at baseline and after loading phase (LP) of ranibizumab. Results: 23 DME eyes of 23 diabetic patients were included. After the LP mean BCVA improved and central RT decreased (both P<0.0001). No significant changes were found in mean retinal sensitivity during follow-up. At baseline CT values were 185.4±49.9 vs 210.04±41.03 for treated and fellow eyes, respectively. Mean CT values increased nonsignificantly by 21.2±56 μm (11.4%, from 185.4±49.9 to 206.6±60.6 μm) in the treated eye, without change in the fellow eye. BCVA changes were not related to either central RT or CT changes. There was no significant relationship between RT and CT changes after the LP and between refraction, IOP, systemic pressure and CT changes. Conclusions: A loading phase of ranibizumab in DME eyes causes slight, non-significant changes of CT associated with an improvement of visual acuity and a reduction of RT, in comparison with the fellow eye. RIASSUNTO Procedure di base: misurazione dell’acuità visiva corretta (BCVA), biomicroscopia, misurazione della pressione intraoculare (IOP), oftalmoscopia, misurazione dello spessore retinico centrale (RT) e coroideale (CT) e misurazioni della sensibilità retinica con microperimetria sono state effettuate al basale e dopo LP di ranibizumab. Risultati: sono stati reclutati 23 occhi con DME di 23 pazienti diabetici. Dopo la LP la BCVA media è risultata significativamente migliorata e lo spessore centrale retinico significativamente ridotto (p<0,0001). Nessun cambiamento significativo è stato evidenziato nella sensibilità retinica media durante il follow-up. Al basale i valori degli spessori coroideali erano di 185.4±49.9 e 210.04±41.03 per gli occhi trattati ed i controlaterali, rispettivamente. Lo spessore coroideale medio è aumentato in modo non significativo dopo la LP di 21,2 ±56 micron (11,4%, da 185,4±49,9 a 206,6±60,6 micron) nell'occhio trattato mentre non è stato riscontrato nessun cambiamento nel controlaterale. Le modificazioni della BCVA non sono risultate essere correlate alle modifiche dello spessore retinico o di quello coroideale. Non è stata riscontrata alcuna correlazione significativa tra cambiamenti di RT e CT dopo la LP con la refrazione, la IOP, la pressione sistemica e i cambiamenti dello spessore coroideale. The authors declare that there is no conflict of interests regarding the publication of this paper. Gli autori dichiarano che non vi è alcun conflitto di interessi per quanto riguarda la pubblicazione di questo documento. CORRESPONDING AUTHOR Mariacristina Parravano Fondazione G.B. Bietti-IRCCS Via Livenza 3, 00198 Rome, Italy [email protected] Ph +39 0685356727 fax +39 0684242333 KEY WORDS choroidal thickness, diabetes, macular edema, ranibizumab PAROLE CHIAVE spessore coroideale, diabete, edema maculare, ranibizumab 38 Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema INTRODUCTION Diabetic retinopathy (DR) is a leading cause of blindness in working-age populations and the most common complication of diabetes1. Visual loss occurs when the condition progresses into diabetic macular edema (DME) or into proliferative DR (PDR)2,3. The pathophysiology of DR remains unclear. The break-down of the inner blood-retinal barrier is a core event4. It has been suggested that diabetes may be associated with abnormalities in choroidal morphology supporting the hypothesis that choroidal angiopathy may coexist with retinal vascular damage. In fact, choroidal abnormalities, such as obstruction morphology of the choriocapillaris, vascular degeneration, choroidal aneurysms, have been reported in histopathologic studies of diabetic eyes5,6. The choroidal vasculature provides oxygen and nutrients to the outer retina and is responsible for maintaining the highly metabolically active photoreceptor cells7. Therefore, impairment of the choriocapillaris and structural alterations in the choroid may cause severe functional damage to the retinal tissue in the fovea, and be involved in the progression of the macular changes in diabetic eyes. Recently, contrasting results have been reported on choroidal thickness (CT) as measured by means of optical coherence tomography (OCT) in diabetic patients and in different stage of diabetic retinopathy8,9,10,11,12,13,14. The enhanced depth imaging spectral-domain OCT (EDI OCT) technique allows in vivo crosssectional imaging of the choroid and the examination and measurement of CT15. As demonstrated from several randomized clinical trials and confirmed by a Cochrane systematic Conclusioni: la loading phase di ranibizumab in occhi affetti da DME ha determinato lievi e non significative variazioni dello spessore coroideale. Si è osservato un miglioramento dell'acuità visiva ed una riduzione dello spessore retinico dopo il trattamento. INTRODUZIONE La Retinopatia diabetica (DR) è una delle principali cause di cecità nella popolazione in età lavorativa e la complicanza più comune del diabete1. La perdita della vista si verifica quando la condizione progredisce in edema maculare diabetico (DME) o nella forma proliferativa (PDR)2,3. La fisiopatologia della DR rimane poco chiara. L’ alterazione della barriera ematoretinica interna è un evento chiave4. Si è supposto che il diabete possa essere associato ad anomalie morfologiche coroideali sostenendo l'ipotesi che l’angiopatia coroideale può coesistere ad un danno vascolare retinico. In realtà, le anomalie della coroide, come ad esempio l'obliterazione morfologica delle coriocapillare, la degenerazione vascolare, aneurismi coroideali, sono stati riportati in studi istopatologici di occhi diabetici5,6. La vascolarizzazione coroideale fornisce ossigeno e sostanze nutritive per la retina esterna ed è responsabile dell’efficienza dell’alta attività del metabolismo fotorecettoriale7. Pertanto, l’alterazione strutturale della coriocapillare e della coroide può causare gravi danni funzionali al tessuto retinico e alla fovea, ed essere coinvolta nella progressione delle alterazioni maculari negli occhi diabetici. Recentemente, risultati contrastanti sono stati riportati dallo spessore della coroide (CT), misurato mediante tomografia a coerenza ottica (OCT) nei pazienti diabetici e in diverse fasi della retinopatia diabetica8,9,10,11,12,13,14. La tecnica enhanced depth imaging spectral-domain (EDI) all’OCT permette di acquisire scansioni in Year 2 ı Number 1 ı 2016 39 Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico review, anti-vascular endothelial growth factor (anti-VEGF) agents represent the gold standard for the treatment of DME16. It has been hypothesized that anti-VEGF may also affect choroidal vasculature and accordingly CT. Data regarding the effect of anti-VEGF drugs on CT have been provided from studies in patients with choroidal neovascularization17,18,19. Ranibizumab (Lucentis, Novartis, Inc) is an antigen-binding fragment derived from a humanized anti-VEGF antibody that inhibits all forms of biologically active VEGF-A. The purpose of this study was to evaluate CT changes and their relationship with functional outcomes in eyes with DME following three intravitreal injections of ranibizumab 0.5 mg, and to compare these changes with the fellow eye. MATERIAL AND METHODS In this observational clinical study, patients with DME undergoing to ranibizumab treatment 3 monthly loading doses (loading phase) were included in the analysis. The study protocol adhered to the tenets of the Declaration of Helsinki and was approved by the local Institutional Review Board. Each patient signed an informed consent before enrollment. Our inclusion criteria included patients with type 1 or type 2 diabetes (according to WHO guidelines) diagnosed with visual impairment due to focal or diffuse DME in at least one eye for whom no suitable therapeutic alternatives existed (e.g. laser photocoagulation having failed or was not indicated). When both eyes were eligible, the one with the worst visual acuity (VA) was assessed at the baseline visit and selected for the treatment. Based on medical judgment vivo della coroide e di misurare lo spessore coroideale15. Come dimostrato da diversi studi clinici randomizzati e confermato da una revisione sistematica Cochrane, i farmaci anti VEGF rappresentano il gold standard per il trattamento del DME16. È stato ipotizzato che l'anti-VEGF può anche influenzare la vascolarizzazione della coroide e di conseguenza il suo spessore. I dati relativi all'effetto dei farmaci antiVEGF sullo spessore coroideale sono stati forniti da studi effettuati in pazienti con neovascolarizzazione coroidale17,18,19. Ranibizumab (Lucentis, Novartis, Inc) è un frammento di anticorpo monoclonale ricombinante umanizzato che inibisce tutte le isoforme del VEGF-A biologicamente attive. Lo scopo di questo lavoro è quello di valutare i cambiamenti dello spessore coroideale e le loro relazioni con le modificazioni funzionali in occhi affetti da edema maculare diabetico trattati con tre iniezioni intravitreali di ranibizumab 0,5 mg rispetto agli occhi controlaterali non trattati. MATERIALI E METODI In questo studio clinico osservazionale, i pazienti con DME sottoposti a trattamento mensile con ranibizumab per tre mesi consecutivi (loading phase, LP) sono stati inclusi nell'analisi. Il protocollo dello studio ha aderito ai principi della Dichiarazione di Helsinki ed è stato approvato dal comitato etico locale. Ogni paziente ha firmato un consenso informato prima dell'arruolamento. I nostri criteri di inclusione prevedevano l’arruolamento dei pazienti con diabete di tipo 1 o di tipo 2 (secondo le linee guida dell'OMS) con diminuzione dell'acuità visiva causata da edema maculare focale e diffuso in almeno un occhio per i quali non esistevano alternative terapeutiche idonee (ad esempio, fotocoagulazione laser non risolutiva o non indicata). Quando 40 Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema the investigator could decide to deem the other eye as more appropriate for the treatment. The exclusion criteria were the presence of any systemic or ocular concomitant conditions, or previous ocular treatment which could influence the improvement of VA after treatment, such as active intraocular inflammation/infection in either eye; any ocular disorders in the study eye, that may confound the analyses of the results, compromise VA or require medical or surgical intervention during the study, such as cataract, retinal vascular occlusion, retinal detachment, macular hole or choroidal neovascularization of any cause, uncontrolled glaucoma in either eye, active proliferative DR in the study eye or an uncontrolled systemic condition. Previous ocular treatments were permitted if performed as follows: panretinal laser photocoagulation in the study eye within 6 months before the enrollment, focal/grid laser photocoagulation in the study eye within 3 months before the enrollment, treatment with anti-VEGF drugs within 1 month before the enrollment, any intraocular surgery in the study eye within 3 months prior to enrollment or history of vitrectomy in the study eye. A complete ophthalmological examination was performed on included patients at baseline and at each follow-up visit (monthly), including the best-corrected visual acuity (BCVA) measurement with Early Treatment Diabetic Retinopathy Study (ETDRS) charts and intraocular pressure (IOP) by means of Goldman applanation tonometry. Spectraldomain OCT Spectralis (version 1.5.12.0; Heidelberg Engineering, Heidelberg, Germany) was used for the scan acquisition and MP1 entrambi gli occhi erano arruolabili, quello con la peggiore acuità visiva (VA) alla visita basale è stato selezionato per il trattamento. I criteri di esclusione erano la presenza di eventuali patologie concomitanti sistemiche o oculari, o precedente trattamento oculare che avrebbe potuto influenzare il miglioramento della VA, come ad esempio infiammazione intraoculare attiva/infezione in entrambi gli occhi; eventuali disturbi oculari nell'occhio in studio, che avrebbero potuto confondere le analisi dei risultati, compromesso l’acuità visiva o richiedere un intervento medico o chirurgico durante lo studio, come la presenza di cataratta, occlusione vascolare retinica, distacco di retina, foro maculare o neovascolarizzazione coroidale di qualsiasi natura, glaucoma non controllato in entrambi gli occhi, retinopatia diabetica proliferante nell'occhio in studio o la presenza di una condizione sistemica non controllata. Trattamenti oculari precedenti erano permessi se eseguiti nel modo seguente: fotocoagulazione laser panretinica nell'occhio in studio entro 6 mesi prima dell’arruolamento, fotocoagulazione focale/griglia laser nell'occhio in studio entro 3 mesi prima dell’arruolamento, il trattamento con farmaci anti-VEGF entro 1 mese prima dell’arruolamento, qualsiasi intervento chirurgico intraoculare nell'occhio in studio entro 3 mesi dall’arruolamento o la storia di vitrectomia nell'occhio in studio. Un esame oftalmologico completo è stato eseguito su tutti i pazienti inclusi sia alla visita basale che ad ogni visita di follow-up (mensile), fra cui la misurazione delle acuità visiva corretta (BCVA) mediante l’utilizzo di tavole ETDRS, misurazione della pressione intraoculare (IOP) con tonometro ad applanazione Goldmann. L’OCT Spectral Domain Spectralis (versione 1.5.12.0, Heidelberg Engineering, Heidelberg, Year 2 ı Number 1 ı 2016 41 Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico microperimetry (Nidek Technologies, Padova, Italy) for testing the retinal sensitivity at baseline and 1 month after the ranibizumab loading phase. Mean retinal sensitivity (MRS) was tested using a customize radial grid of 36 stimuli covering the central 10° (centered on the fovea); the time between stimuli was equal to 1 second with stimulus size equivalent to Goldmann III, white background set at 4 asb and a bright red cross of 2° as the fixation target. A 4-2 double staircase strategy was carried out and the first stimulus was presented at the level of 10 dB. The mean retinal sensitivity was calculated in the whole 10° and in the 2° central area. The stability of fixation was graded on the basis of the preferred retinal locus and reported as stable, relatively unstable and unstable. In each patient, microperimetry was performed twice within 1 week to rule-out potential learning effects, and the second test was used for the analysis. Moreover, patients underwent a brief training session at the beginning of each test. Tropicamide 1% was used to dilate the pupil in the selected eye20,21,22. Enhanced depth imaging OCT images were obtained by Heidelberg Spectralis and retinal thickness (RT) and CT were measured with the EDI system. The scanning protocol used was the Volume Fast program. Retinal thickness (RT) measurements of each of the nine subfields corresponding to the ETDRS areas were considered for the analysis. ETDRS areas were defined by 3 concentric rings centered into the fovea with diameters of 1, 3 and 6 mm respectively and the 2 outer rings divided into quadrants by 2 intersecting orthogonal lines. Measurement of Central Retinal Thickness (CRT), as the mean Germania) e microperimetria con MP1 (Nidek Technologies, Padova, Italia) per testare la sensibilità retinica sono state effettuate al basale e un mese dopo la loading phase di ranibizumab. La media della sensibilità retinica (MRS) è stata testata utilizzando una griglia radiale standardizzata di 36 stimoli nei 10° centrali retinici (centrata sulla fovea); il tempo che intercorre tra gli stimoli è stato pari a 1 secondo con stimoli di dimensioni Goldmann III, lo sfondo bianco impostato a 4 ASB e una croce rossa di 2° come mira di fissazione. È stata effettuata una strategia 4-2 con uno stimolo di partenza pari a 10 dB. La sensibilità retinica media è stata calcolata in tutti i 10° testati e nei 2° centrali. La stabilità di fissazione è stata classificata sulla base del locus retinico preferito e valutata come stabile, relativamente instabile e instabile. In ogni paziente, la microperimetria è stata effettuata due volte entro 1 settimana per escludere potenziali effetti di apprendimento, e il secondo test è stato utilizzato per l'analisi. Inoltre, i pazienti sono stati sottoposti a una breve sessione di training all'inizio di ogni prova. L’occhio in studio è stato dilatato con Tropicamide 1% collirio20,21,22. Scansioni OCT EDI sono state ottenute con l’Heidelberg Spectralis e lo spessore della retina (RT) e della coroide (CT) è stato misurato con il sistema EDI. Il protocollo di scansione utilizzato è stato il programma Volume Fast. Le misurazioni dello spessore retinico (RT) di ciascuno dei nove sottocampi corrispondenti alle aree ETDRS sono stati considerati per l'analisi. Le aree ETDRS sono state definite da 3 anelli concentrici centrati rispettivamente nella fovea con diametri di 1, 3 e 6 mm e i due anelli esterni divisi in quadranti da 2 linee ortogonali intersecanti. Sono state ottenute misurazioni dello spessore retinico centrale (CRT) che si riferisce allo 42 Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema retinal thickness in the central 1 mm diameter area, was obtained. The EDI-OCT technique used to obtain CT has been described elsewhere15. Seven horizontal sections were obtained within a 5 x 30° area centered at the fovea, with 100 averaged scans for each section using the automatic averaging and eye tracking features to reduce the noise and to improve the image quality. CT was defined as the distance from the retinal pigment epithelium (RPE) line to the hyperreflective line behind the large vessel layers of the choroid, deemed to be the choroid–sclera interface. If the choroid was tilted, the distance was measured right to this RPE line. CT was manually measured behind the fovea (subfoveal CT) and at 500 μm from the fovea on the horizontal and vertical axis. The average CT was then calculated as the mean of the subfoveal CT measurement and four CT measurements obtained at 500 μm from the fovea. The OCT measurements were done by two examiners independently. If the difference of their thickness measurements was greater than 15% of the mean of the two values, a senior author was asked to evaluate the images as well. Intravitreal injections of ranibizumab were administered following the instillation of topical anesthetic drops under sterile conditions and followed the national and international guidelines for intravitreal injections23. Data were expressed as mean ±SD for continuous variables, and frequencies for categorical variables. A comparison between the two groups (eyes) was made. Within group comparisons were performed by paired test or Wilcoxon sign rank test as appropriate. Relationships between choroidal and spessore retinico medio nell’area centrale di 1 mm. La tecnica EDI OCT utilizzato per ottenere lo spessore coroideale è già stata descritta in altri studi15. Sette sezioni orizzontali sono stati ottenute all'interno di un'area di 5x30° centrate sulla fovea, con in media 100 scansioni per ogni sezione utilizzando le funzioni automatiche della compensazione e l’eye tracking per ridurre il rumore del segnale e migliorare la qualità dell'immagine. Lo spessore coroideale (CT) è stato definito come la distanza tra la linea dell'epitelio pigmentato retinico (RPE) e la linea iperreflettente dietro i grandi strati dei vasi della coroide che è stata ritenuta essere il confine fra coroide e sclera. Nel caso in cui la coroide fosse stata inclinata, la distanza sarebbe stata misurata a destra della linea dell’EPR. Il CT è stato misurato manualmente dietro la fovea ed a 500 micron dalla fovea sull'asse orizzontale e verticale. La media del CT è stata, quindi, calcolata come la media delle misurazioni subfoveali e le quattro misurazioni ottenute a 500 micron dalla fovea. Le misurazioni all’OCT sono state effettuate da due esaminatori indipendenti. Se la differenza tra le loro misurazioni fosse stata superiore al 15% della media dei due valori, sarebbe stato chiesto ad un esaminatore senior di valutare le immagini. Le iniezioni intravitreali di ranibizumab sono state somministrate dopo l'instillazione di gocce di anestetico locale in condizioni sterili e hanno seguito le linee guida nazionali e internazionali per iniezioni intravitreali23. I dati sono stati espressi come media ±DS per le variabili continue, e come frequenze per le variabili categoriche. I due gruppi (occhi) sono stati confrontati statisticamente. Sono state eseguite inoltre analisi di confronto all’interno dello stesso gruppo con paired t test o Wilcoxon sign rank test. I rapporti tra lo spessore della coroide e della retina e la Year 2 ı Number 1 ı 2016 43 Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico retinal thickness and visual function were explored by regression analysis. The analysis was performed with SPSS (version 13.0; SPSS Science Inc., Chicago, IL, USA). RESULTS In this case series 46 eyes of 23 patients with diabetes (14 males, 9 females, mean age 66.2±8.3 years, 4 type 1 and 19 type 2 diabetes) were included. Mean diabetes and macular edema duration was 16.13±8.5 and 3±1.7 years, respectively. At baseline 5 eyes were phakic and 18 pseudophakic. Mean refractive error was -0.48±2.6 diopters. At baseline among the study eyes 20/23 eyes were classified as having diffuse macular edema, 23/23 presented a cystic macular edema, and 9/23 had a subfoveal neurosensory detachment. At baseline among fellow eyes 11/23 (47.8%) were classified as having diffuse macular edema, and 4/23 had a subfoveal neurosensory detachment. Mean intraocular pressure (IOP) at baseline was 15.3±2.7 and 16.4±2.3 mmHg in treated and fellow eyes respectively, mean systolic pressure was 138.3±14.97 mmHg, diastolic pressure was 77.17±5.60 mmHg and heart rate was 70.95±6.10 bpm. Among study eyes eight patients out of 23 (34.8%) were naïve, 3/23 (13.0%) had been previously treated with grid laser, 12/23 (52.2%) with anti-VEGF agents, 4/23 (17.4%) anti-VEGF agents plus grid laser. Among the fellow eyes 11/23 (47.8%) were naïve, 6/23 (26.1%) had been previously treated with grid laser, 6/23 (26.1%) with anti-VEGF agents, and 5/23 (21.7%) anti-VEGF agents plus grid laser. One month after the loading phase with ranibizumab 0.5 mg, mean BCVA significantly improved from 60.6±12.3 funzione visiva sono stati esplorati con analisi di regressione. L'analisi statistica è stata effettuata con SPSS (versione 13.0; SPSS Science Inc., Chicago, IL, USA) . RISULTATI Sono stati valutati 46 occhi di 23 pazienti affetti da diabete (14 maschi, 9 femmine, età media 66,2±8,3 anni, 4 con diabete di tipo 1 e 19 con diabete di tipo 2). La durata media di diagnosi di diabete e di edema maculare era 16,13±8,5 e 3±1,7 anni, rispettivamente. Alla visita basale 5 occhi erano fachici e 18 pseudofachici. La media di errore di refrazione era -0.48±2,6 diottrie. Al basale, tra gli occhi in studio, 20/23 erano classificati come aventi edema maculare diffuso, 23/23 presentavano un edema maculare di tipo cistico e 9/23 avevano un distacco del neuroepitelio subfoveale. Al basale, tra gli occhi controlaterali, 11/23 (47,8%) sono stati classificati come aventi edema maculare di tipo diffuso, e 4/23 presentavano un distacco del neuroepitelio. La pressione intraoculare media (IOP) alla visita di base era 15,3±2,7 e 16,4±2,3 mmHg negli occhi trattati e negli occhi controlaterali, rispettivamente. La media della pressione sistolica era 138,3±14,97 mmHg mentre quella diastolica era 77,17±5,60 mmHg con una frequenza cardiaca media di 70,95±6,10 bpm. Tra gli occhi in studio 8/23 (34,8%) non erano mai stati trattati, 3/23 (13,0%) erano stati precedentemente trattati con il laser a griglia, 12/23 (52,2%), erano stati sottoposti ad iniezioni intravitreali con farmaci anti-VEGF, 4/23 (17,4%) erano stati trattati con anti-VEGF più griglia laser. Tra gli occhi controlaterali 11/23 (47,8%) non erano mai stati trattati, 6/23 (26,1%) erano stati precedentemente trattati con il laser a griglia, 6/23 (26,1%), erano stati trattati con farmaci anti-VEGF, e 5/23 (21.7%) con anti-VEGF più griglia laser. 44 Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema Fig. 1 Fig. 1 Central retinal thickness and subfoveal choroidal thickness obtained by means of spectral-domain OCT (SD-OCT) (Spectralis) in one patient with diabetic macular edema (DME) before (a) and after (b) ranibizumab loading phase. Spessore centrale retinico e spessore subfoveale coroideale ottenuto mediante SD-OCT in un paziente con edema maculare diabetico prima (a) e dopo (b) loading phase di ranibizumab. to 66.4±12.4 letters (P < 0.0001) and central RT significantly reduced from 583.4±141.5 to 434.4±136.3 μm (P <0.0001). No significant changes were found in mean retinal sensitivity as measured by MP1 throughout the follow-up (10.9±5.3 vs 11±5.03 dB, P =0.83). Fellow eyes BCVA and central RT data at baseline and at the end of follow-up are shown in Table 1. At baseline, CT was found to be lower in treated eyes in comparison with fellow eyes (185.4± 49.9 vs 210.04±41.03 μm, respectively) and while after the loading phase an increase of 21.2±56 μm (11.4%, from 185.4±49.9 to 206.6±60.6 μm, P > 0.5) was found in the treated eye, no changes were found in the fellow eye (from 210.04±41.03 to 204.96±38.28 μm, P > 0.5) (Fig. 1). BCVA changes from baseline were found not to be related to either central RT (R2 0.11, P = 0.1) or CT changes (R2 0.05, P = 0.28) (Tab.1). No significant relationship was found between central RT and CT changes from baseline at any visit. Un mese dopo la LP con ranibizumab 0,5 mg la BCVA era significativamente migliorata da 60,6±12,3 a 66,4±12,4 lettere (P <0,0001) e lo spessore retinico centrale significativamente ridotto da 583,4±141,5 a 434,4±136,3 micron (P <0,0001). Nessun cambiamento significativo era stato riscontrato riguardo la sensibilità retinica media misurata all’MP1 durante tutto il followup (10.9±5.3 vs 11±5,03 dB, P=0,83). La BCVA, gli spessori retinici centrali al basale e al termine del follow-up degli occhi controlaterali sono riportati nella tabella 1. Al baseline, il CT era più sottile negli occhi trattati rispetto agli occhi controlaterali (185.4± 49.9 vs 210.04±41.03 μm, rispettivamente) e mentre dopo la LP è stato riscontrato un aumento dello spessore di 21.2±56 μm (11.4%, da 185.4±49.9 a 206.6±60.6 μm, P >0.5) negli occhi trattati, non è stato riscontrato alcun cambiamento negli occhi controlaterali (da 210.04±41.03 a 204.96±38.28 μm, P >0.5) (Fig. 1). Non è stata evidenziata alcuna correlazione tra i cambiamenti della BCVA rispetto alla baseline ed I cambiamenti dello spessore Year 2 ı Number 1 ı 2016 45 Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico Tab. 1 Comparison of BCVA Confronto fra BCVA Tab. 1 BCVA (lettere ETDRS) Baseline Post LP CRT (μm) P Baseline Treated eyes 60.6±12.3 66.4±12.4 <0.0001 583.4±141.5 Occhi trattati Fellow Eyes Controlaterali 68.2±15.9 66.9±16.6 0.53 CRT (μm) Post LP P* 434.4±136.3 <0.0001 185.4±49.9 479.8±190.5 516.5±204.2 0.075 No relationship was found between refraction (R2 0.06, P > 0.5), IOP (R2 0.002, P > 0.5), systemic pressure (R2 0.013, P > 0.5) and CT changes. DISCUSSION In this study we explored changes in CT in patients with diabetic macular edema treated with a loading phase of ranibizumab, and its relationship with functional outcomes. Our data showed that before treatment at baseline subfoveal CT in DME eyes was reduced in comparison with the fellow eyes (controls) and did not increase significantly after three consecutive intravitreal injections of ranibizumab. At the same time point, no changes in subfoveal CT were found in the fellow eyes. In our patients, one month after the loading phase with ranibizumab 0.5 mg mean BCVA significantly improved (about one ETDRS line) and also the retinal thickness significantly reduced. However no significant changes were found in mean retinal sensitivity as measured by MP1 throughout the follow-up. In our study BCVA changes from the baseline were found not to be related with morphological changes, either retinal or CT changes. As demonstrated, a structurally and functionally normal choroidal Baseline Post LP P 206.6±60.6 0.09 210.04±41.03 204.96±38.3 0.34 retinico centrale (R2 0.11, P = 0.1) e coroideale (R2 0.05, P = 0.28) (tab. 1). Nessuna correlazione è stata riscontrata tra i cambiamenti dello spessore retinico e coroideale ad ogni visita di follow-up. Nessuna correlazione è stata riscontrata tra refrazione (R2 0.06, P > 0.5), IOP (R2 0.002, P > 0.5) e pressione arteriosa (R2 0.013, P > 0.5). DISCUSSIONE In questo studio abbiamo valutato i cambiamenti nello spessore coroideale in pazienti con edema maculare diabetico trattati con un ciclo di tre iniezioni di ranibizumab, e il suo rapporto con i risultati funzionali. I nostri dati hanno mostrato che prima del trattamento al basale lo spessore coroideale subfoveale negli occhi con DME era ridotto rispetto agli occhi controlaterali (controlli) e non è aumentato in modo significativo dopo tre iniezioni intravitreali consecutive di ranibizumab. Allo stesso tempo non si è osservata alcuna variazione nello spessore coroideale subfoveale negli occhi controlaterali. Nei nostri pazienti, un mese dopo la loading phase con ranibizumab 0,5 mg la BCVA risultava significativamente migliorata (circa una linea) e anche lo spessore retinico si era notevolmente ridotto. Tuttavia nessun cambiamento significativo è stato rilevato nella sensibilità Comparison of BCVA, central retinal thickness, and subfoveal choroidal thickness at OCT in ranibizumab treated DME eyes and fellow eyes between baseline and 1 month after the loading phase. Confronto fra BCVA, spessore retinico centrale e spessore coroideale subfoveale all’OCT in occhi affetti da edema maculare diabetico trattati con ranibizumab ed occhi controlaterali alla visita baseline e ad un mese dopo la loading phase. 46 Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema vasculature is essential for retinal function; abnormal choroidal blood volume and/or compromised flow can result in photoreceptor dysfunction and death7.Consequently, the choroid plays a vital role in the pathophysiology of many retinal conditions, such as central serous chorioretinopathy (CSC)24, age-related macular degeneration (AMD)25, choroidal melanoma26, Vogt-Koyanagi-Harada (VKH)27, and others. A precise clinical understanding of choroidal changes is critical for an accurate assessment of many posterior segment diseases. Until recently, the choroid could only be evaluated by indocyanine green (ICG) angiography, laser Doppler flowmetry, and ultrasound.7 In recent years, the method known as enhanced depth imaging spectral-domain optical coherence tomography (EDI OCT) has been developed to allow in vivo crosssectional imaging of the choroid and CT measurement15. There is evidence that diabetes could be associated with abnormalities in choroidal morphology and that choroidal angiopathy and retinal vascular damage may coexist5,6. However, CT measurements using OCT in diabetes patients and at different stages of diabetic retinopathy have been conflicting8,9,10,11,12,13,14. Regatieri et al reported that CT change in diabetes may be related to the severity of retinopathy and in particular the presence of macular edema is associated with a significant decrease in the CT11. These results have been recently confirmed by Adhi et al14. Furthermore, Querques et al and Vujosevic et al, although using a different OCT technology (EDI-OCT vs RS-3000; Nidek) reported an overall decrease in CT in diabetic eyes, but retinica media misurata con MP1 durante tutto il periodo di follow-up. Nel nostro studio non sono state trovate correlazioni fra i cambiamenti della BCVA e le modificazioni morfologiche sia retiniche sia dello spessore coroideale. Come dimostrato, una normale vascolarizzazione della coroide sia dal punto di vista anatomico che funzionale è essenziale per una corretta funzionalità retinica; un anormale volume ematico della coroide e/o un suo compromesso flusso può comportare o un danno o morte dei fotorecettori7. Di conseguenza, la coroide svolge un ruolo fondamentale nella fisiopatologia di molte patologie retiniche, come la corioretinopatia sierosa centrale (CSC)24, la degenerazione maculare legata all’età (AMD)25, il melanoma della coroide26, la Vogt-Koyanagi-Harada (VKH)27 e altre. Una precisa comprensione clinica delle modificazioni a carico della coroide è fondamentale per un’accurata valutazione di molte malattie del segmento posteriore. Fino a poco tempo fa, la coroide poteva essere studiata solo con l’angiografia al verde di indocianina (ICG), la flussimetria doppler, e gli ultrasuoni. Negli ultimi anni, l’esame OCT con EDI è stato sviluppato per consentire acquisizioni di immagini in vivo in sezione trasversale della coroide e misurazioni dello spessore15. Ci sono prove che il diabete potrebbe essere associato ad anomalie nella morfologia della coroide e che l’angiopatia coroideale ed il danno vascolare della retina possano coesistere5,6. Tuttavia, le misurazioni dello spessore coroideale valutate all’OCT nei pazienti diabetici e in diverse fasi della retinopatia diabetica sono stati contrastanti8,9,10,11,12,13,14. Infatti Regatieri et al riporta che le modifiche a livello coroideale nel diabete possono essere correlate alla gravità della retinopatia e, in particolare, la presenza di edema maculare è associato ad una Year 2 ı Number 1 ı 2016 47 Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico without any difference in eyes with diabetic macular edema10,12. In contrast, Kim et al reported that CT increased significantly as the severity of the retinopathy worsened and that the subfoveal choroid was thicker in eyes with DME than in those without, and was thickest in eyes with subretinal detachmenttype DME13. Xu et al, reporting data obtained from population-based Beijing Eye Study, showed that only patients with diabetes had a slightly, but statistically significantly, thicker subfoveal choroid, whereas presence and stage of diabetic retinopathy were not associated additionally with an abnormal subfoveal CT28. Differences in the published results could be related to differences in patients’ population analyzed, as age, ethnicity, duration of diabetes, duration of diabetic retinopathy and macular edema, glycemic and metabolic control, OCT technology, and additional factors that could influence the choroidal vascular compartment. CONCLUSION In our observational study we aimed to explore the choroidal changes in DME eyes after three monthly ranibizumab intravitreal injections in comparison with untreated fellow eyes. As noted, antiangiogenic drugs and ranibizumab in particular are considered the gold standard for DME treatment providing a visual acuity gain of about 1-2 ETDRS lines and a significant reduction in central retinal thickness at OCT16.From our results, DME treated eyes after the loading phase with ranibizumab showed an increase of VA and a reduction of central retinal thickness, associated with a slight but non-significant increase of subfoveal CT. It has been significativa riduzione dello spessore11. Questi risultati sono stati recentemente confermati da Adhi et al14. Inoltre, Querques et al e Vujosevic et al, anche se con un OCT di tecnologia diversa (EDIOCT vs RS-3000; Nidek) hanno riportato una diminuzione complessiva dello spessore coroideale negli occhi diabetici, ma senza alcuna differenza negli occhi con edema maculare diabetico10,12. Al contrario, Kim et al ha dimostrato un aumento dello spessore coroideale associato alla gravità della retinopatia diabetica e che la coroide subfoveale risulta essere più spessa in occhi con edema maculare e soprattutto con distacco del neurepitelio13. Xu et al, riportando i dati basati sulla popolazione del Pechino Eye Study, ha mostrato che solo i pazienti con diabete presentavano un lieve, ma statisticamente significativo, aumento dello spessore coroideale subfoveale, mentre la presenza e lo stadio della retinopatia diabetica non risultavano essere associati28. Le differenze nei risultati pubblicati potrebbero essere correlate a differenze nella popolazione dei pazienti analizzati come l'età, l'etnia, la durata del diabete, la durata della retinopatia diabetica e dell'edema maculare, il controllo glicemico e metabolico, le differenti tecnologie OCT ed ancora altri fattori che potrebbero influenzare le variazioni coroideali. CONCLUSIONI Nel nostro studio abbiamo voluto esaminare i cambiamenti della coroide in occhi affetti da edema maculare diabetico dopo tre iniezioni intravitreali mensili di ranibizumab in confronto con l’occhio controlaterale non trattato. Come già detto, i farmaci anti VEGF ed il ranibizumab, in particolare, sono considerati il gold standard per il trattamento DME fornendo un guadagno di acuità visiva di circa 1-2 linee ETDRS ed 48 Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema hypothesized that anti-VEGF may differently affect choroidal vasculature and accordingly CT. Brachini et al recently reported significant choroidal thinning in neovascular age related macular degeneration (AMD) eyes after 6 and 12 months of anti-VEGF agents treatment, while control eyes demonstrated no decrease in CT over 6 months19. In addition, Yamazaki et al reported a decrease of subfoveal CT after IVRs in eyes with neovascular AMD, suggesting that intravitreal injections of ranibizumab may provide a pharmacologic effect not only on the neovascular lesion but also on the underlying choroid18. In contrast, Ellabban et al reported a minimal effect, if any, on the CT of ranibizumab treatment in eyes with different types of choroidal neovascularizations (AMD, myopia, polypoid vasculopathy)17, which is in agreement with our findings. Finally, Laíns et al recently reported the results of a crosssectional study which included nonproliferative DR and diffuse DME in both eyes. In the study, diabetic eyes treated with anti-VEGF agents had reduced CT29. Differences in the results from our study could be related to the study design, the population included (naïve vs patients with history of anti-VEGF plus laser in one eye and laser only in the fellow eye) and the long time between the treatment and the choroidal evaluation (mean 30.9 months in non-proliferative DR and 13.9 months in the PDR group). VEGF is considered an important factor in the pathogenesis of macular edema. It induces the rupture of the blood retinal barrier and may also influence the RPE outer retinal barrier. Little is currently known regarding the effect of VEGF on RPE permeability, although the presence of VEGF and its three una significativa riduzione dello spessore della retina centrale all’OCT16. Dai nostri risultati, la loading phase di ranibizumab ha mostrato un miglioramento dell’acuità visiva e una riduzione dello spessore retinico centrale, associata ad un lieve ma non significativo aumento dello spessore coroideale subfoveale. È stato ipotizzato che l'anti-VEGF possa influenzare in modo diverso la vascolarizzazione coroideale e di conseguenza il suo spessore. Brachini et al ha recentemente riportato un significativo assottigliamento della coroide in pazienti affetti da AMD neovascolare trattati con anti-VEGF dopo 6 e 12 mesi mentre gli occhi di controllo non hanno mostrato alcuna riduzione dello spessore dopo 6 mesi19. Inoltre, Yamazaki et al, ha riportato una diminuzione dello spessore coroideale in occhi con AMD neovascolare trattati con ranibizumab, ipotizzando che le iniezioni intravitreali di ranibizumab possano fornire un effetto farmacologico non solo sulla lesione neovascolare, ma anche sulla sottostante coroide18. Al contrario, Ellabban et al ha riportato un effetto minimo sullo spessore coroideale dopo trattamento con ranibizumab in occhi con diversi tipi di neovascolarizzazioni coroideale (AMD, miopia, vasculopatia polipoide)17, il che è in accordo con i nostri risultati. Infine, Lains et al ha recentemente riportato i risultati di uno studio trasversale che comprendeva pazienti affetti da retinopatia diabetica non proliferante e con edema maculare diffuso in entrambi gli occhi. Nello studio, gli occhi trattati con agenti anti-VEGF presentavano una riduzione dello spessore coroideale29. Le differenze nei risultati rispetto al nostro studio potrebbero essere correlate al disegno dello studio, alla popolazione inclusa (naïve vs pazienti con storia di anti-VEGF più laser in un occhio e il laser solo nell’occhio controlaterale) e il lungo periodo che Year 2 ı Number 1 ı 2016 49 Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico receptors have been confirmed in human RPE cells. Recently, studies on this topic have been published with contradictory results. Campa et al demonstrated that both 121 and 165 VEGF isoforms and 2 anti-VEGF compounds exert an effect on human RPE permeability in vitro30. These results, even if only in vitro, could support a hypothesis that anti-VEGF agents, in addition to reducing retinal thickness in diabetic macular edema by influencing the inner retinal barrier permeability, could influence the morphological characteristics of the choroidal compartment by influencing the outer retinal barrier permeability. The slight, non-significant CT change in DME eyes treated with ranibizumab in our study does not support a suggestion that anti-VEGF agents could modulate RPE permeability and exert their influence even on the outer eye compartment, beneath the retina. However, it is unclear from our study whether the observed slight, non-significant increase in CT is a consequence of anti-VEGF treatment or strictly related to, for example, DME or diabetes. Greater numbers of subjects are necessary to clarify the effects of VEGF treatment in such patients, and to determine whether there is a dose response. intercorre tra il trattamento e la valutazione della coroide (media 30,9 mesi nella forma non proliferante e 13,9 mesi nel gruppo di quella proliferante). Il VEGF è considerato un fattore importante nella patogenesi dell'edema maculare. Induce la rottura della barriera emato-retinica e può anche influenzare il complesso EPR-coriocapillare. Scarse sono le conoscenze riguardo l'effetto del VEGF sulla permeabilità dell’epitelio pigmentato retinico, sebbene la presenza di VEGF e dei suoi tre recettori siano stati confermati in cellule RPE umane. Recentemente sono stati pubblicati vari studi su questo argomento ma con risultati contraddittori. Campa et al ha dimostrato che entrambe le isoforme (121 e 165) del VEGF e due molecole di anti-VEGF (ranibizumab e pegaptanib) influenzano la permeabilità dell’EPR in vitro30. Questi risultati, anche se solo in vitro, sembrerebbero sostenere l’ipotesi che gli agenti anti-VEGF, oltre a ridurre lo spessore retinico nell’edema maculare diabetico agendo sulla permeabilità della barriera emato-retinica interna, potrebbero influenzare le caratteristiche morfologiche della coroide agendo sulla barriera emato-retinica esterna. Lo scarso e non significativo cambiamento coroideale negli occhi affetti da DME trattati con ranibizumab nel nostro studio non supporterebbe l’ipotesi che gli agenti anti-VEGF possano modulare la permeabilità dell’EPR né esercitare la loro influenza sulla coriocapillare. Tuttavia, non è chiaro dal nostro studio se il lieve e non significativo aumento dello spessore coroideale sia una conseguenza del trattamento anti-VEGF o strettamente funzionale, legato all’edema o al diabete. Un maggior numero di soggetti sono necessari per chiarire gli effetti del trattamento con anti-VEGF in tali pazienti e per determinare se vi sia una risposta al ciclo di trattamento. 50 Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema REFERENCES 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) Ruta LM, Magliano DJ, Lemesurier R, Taylor HR, Zimmet PZ, Shaw JE. Prevalence of diabetic retinopathy in Type 2 diabetes in developing and developed countries. Diabetic Med 2013;30:387-98 Moss SE, Klein R, Klein BE. The 14-year incidence of visual loss in a diabetic population. Ophthalmology 1998;105:998-1003 Klein R, Klein BE, Moss SE, Cruickshanks KJ. The Wisconsin Epidemiologic Study of diabetic retinopathy. XIV. Ten-year incidence and progression of diabetic retinopathy. Arch Ophthalmol 1994;112:1217-28 Cunha-Vaz J, Faria de Abreu JR, Campos AJ. Early breakdown of the blood-retinal barrier in diabetes. Br J Ophthalmol 1975;59:649-56 Hidayat AA, Fine BS. 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CHERATITE PUNTATA SUPERFICIALE IN ESITI DI ASPORTAZIONE DI NEURINOMA Fabio Mazzolani Centro Oculistico Bergamasco Uomo di 70 anni sottoposto ad asportazione di neurinoma del VIII nc con coinvolgimento dell'angolo pontocerebellare, si presenta per insorta cheratite associata a residuo lagoftlamo secondario. Il paziente risultava monocolo per pregressa maculopatia nell'occhio adelfo. I neurinomi sono tumori che originano dalle cellule di Schwann, possono interessare tutti i nervi intracranici, ma prevalentemente vengono riscontrati nell´ottavo nervo cranico (composta dal nervo acustico e da quello vestibolare). Si localizzano solitamente, nell´angolo fra il cervelletto ed il ponte, nella fossa cranica posteriore, e la progressione è lenta. Tipicamente si presenta negli adulti, (picco di incidenza tra 40 e 60 anni). Le femmine sono due volte più colpite che i maschi. Il neurinoma dell´acustico rappresenta il 6% di tutti i tumori encefalici primitivi. L´incidenza annuale è di 1 caso ogni 100.000 persone. I sintomi più frequenti sono determinati dalla progressiva compressione sull´ottavo nervo cranico. Si assiste quindi ad un progressivo calo dell´udito, ronzio all´orecchio, vertigini e disequilibrio. I neurinomi posso ulteriormente comprimere anche altre strutture a livello dell’angolo ponto-cerebellare potendo generare: dolori ed ipoestesie di tipo trigeminale, ipostenia ai muscoli facciali, diplopia, difficoltà alla deglutizione, disturbi del gusto, difficoltà nella deambulazione, nausea/vomito e cefalea. L’indicazione al trattamento dipende dalle dimensioni del tumore e dai sintomi accusati dal paziente. Le opzioni possibili comprendono l’osservazione, la radiochirurgia, la chirurgia. Ogni forma di trattamento presenta dei rischi, in questo caso i principali sono il danno sul nervo facciale (VII nervo cranico) ed acustico. La paralisi del VII nervo cranico determina un deficit del muscolo orbicolare, del muscolo frontale e dei muscoli mimici del viso con conseguente impossibilità a chiudere le palpebre. Questa condizione prende il nome di lagoftalmo ed è associata ad una paralisi della regione frontale e del terzo medio del volto (la zona compresa tra le palpebre inferiori e la bocca) e del terzo inferiore (bocca). La scelta terapeutica è ricaduta sulla formulazione a collirio per facilitare il paziente nell'applicazione data la monocularità e riducendo i fenomeni di appannamento solitamente presenti con l'utilizzo di pomate oftalmiche sia terapeutiche (antibiotico unguento) sia coadiuvanti (retinolo). La colorazione con fluoresceina sodica è percepibile nella tonalità del bianco mediante fluoroscopia con HRA (Heidelberg Spectralis, Heidelberg Germany) focalizzato per il segmento anteriore evidenzia disepitelizzazione corneale centrale diffusa associato a iperemia e iniziale chemosi congiuntivale.Fluoroscopia a sinsitra: paziente prima della terapia. Fluoroscopia a destra: paziente a distanza di 7 giorni, dall’assunzione di soluzione idratante combinata di Sodio Ialuronato 0,1% e Carbossimetilcellulosa Sodica 0,5% (Optive Fusion™, Allergan). L'analisi comparativa mette in evidenza l'importante riduzione della cheratite puntata superificale prima coinvolgente l'intera cornea grazie all'utilizzo di soluzione idratante combinata di Sodio Ialuronato 0,1% e Carbossimetilcellulosa Sodica 0,5% (Optive Fusion™, Allergan). Focus on... 53 54 Focus on... EFFICACIA DI UN TRATTAMENTO CON UN SOSTITUTO LACRIMALE A BASE DI IPROMELLOSA 0,5% ED AMINOACIDI, NELLA RIDUZIONE DELLA CHERATOPATIA DA ACCUMULO, SECONDARIA ALLA TERAPIA SISTEMICA CON AMIODARONE Giancarlo Albioni Specialista oftalmologo territoriale, Roma Introduzione L‘amiodarone è un potente antiaritmico ed antifibrillatorio caratterizzato da frequenti effetti collaterali in vari organi come la tiroide, i polmoni, lo stesso cuore, la pelle e l’occhio. Il metabolita attivo è il mono-N-desetilamiodarone. A livello oculare, caratteristici sono i depositi corneali nel 98% dei casi dopo 4 mesi con concentrazione plasmatica di almeno 1.2 g/ml. L’amiodarone si accumula nelle ghiandole lacrimali ove viene escreto, formando delle inclusioni lisosomiali multilamellari nell’epitelio e nello stroma corneale; esistono raramente depositi anche a livello del cristallino, dell’iride, della retina e del nervo ottico. Alla biomicroscopia si apprezzano microdepositi lineari al di sotto dell’epitelio corneale di colore marrone chiaro, bilaterali e simmetrici. La tesaurismosi si suddivide in tre stadi: Primo stadio: depositi lineari inferiori semplici; Secondo stadio: aggiunta di arborizzazioni “a baffo di gatto”; Terzo stadio: forma di “vortice” interessante l’asse visivo. La sintomatologia non è frequente con fotofobia, aloni, visione a volte offuscata ed acuità visiva sempre buona. La sospensione del farmaco fa scomparire i depositi entro 3-20 mesi. Metodi Il criterio di inclusione dei pazienti si è basato sui seguenti parametri: 1. terapie da almeno un anno con amiodarone per aritmie importanti (soprattutto fibrillazioni); 2. esclusione di pazienti con patologie corneocongiuntivali o glaucoma; 3. valutazione anamnestica oculo internistica per eliminare falsi positivi o negativi collegati alla tesaurismosi amiloidea dei depositi. Si è utilizzato un sostituto lacrimale a base di ipromellosa allo 0,50% con aminoacidi, per la sua caratteristica lubrificazione e protezione dallo stress, con un dosaggio di 3 volte al dì per cicli di tre mesi con relativo controllo e prolungamento della stessa terapia per almeno un anno. L’esigenza di praticare una semplice terapia nasce dal bisogno di venire incontro alle esigenze dei cardiologi, che spesso non riescono a trovare un altro antiaritmico della stessa efficacia, per cui si è cercato di limitare i microdepositi corneali. Ciò non toglie che alcuni pazienti dello studio siano stati esclusi per il sopraggiungere di effetti collaterali più gravi tiroidei o polmonari con relativa sospensione del farmaco. Sono stati arruolati circa 50 pazienti negli ultimi 4 anni con verifica periodica ogni tre mesi sia dal punto di vista biomicroscopico-fotografico (metodo pratico nella routine quotidiana) che internistico: si sono suddivisi i pazienti in 40 patologici (25 donne e 15 uomini con età dai 48 agli 85 anni) e 10 di controllo (6 uomini e 4 donne dai 60 agli 81 anni) non trattati. Valori da 1 a 0 16 Valori da 2 a 1 15 Valori da 2 a 0 3 Valori invariati 4 Recidive 2 Le patologie concomitanti sono state cataratte non avanzate ed iniziali retinopatie ipertensive. Il visus è variato tra i 5/10 ed i 10/10. 55 Focus on... Si è, inoltre, cercato di verificare, nel modo più oggettivo possibile, il risultato, valutando i depositi del campione patologico con valori numerici ( da 0 a 2 in base allo stadio) rapportati alle patologie concomitanti ed al visus. Risultati I risultati sono stati molto incoraggianti, addirittura con depositi prima presenti e poi quasi assenti o almeno stazionari, come si può vedere dalla tabella e dalle immagini, mentre la compliance dei pazienti è stata molto soddisfacente. Conclusioni La semplicità della terapia associata ai buoni risultati fanno consigliare questo collirio all’ipromellosa allo 0,5% con aminoacidi, realizzando il desiderio di tutti i cardiologi, cioè quello di non sospendere un farmaco efficace, soprattutto se antiaritmico. Acuità visiva gruppo trattato Bibliografia Fraunfelder FT. Drug-induced ocular Cappiello E. Amiodarone: interazioni side effects and drug interactions. farmacologiche ed effetti collaterali. Fifth edition, 2001, Butterworth- Ital Hearth J 2001;suppl.5:59S-81S Heinemann publisher Moorthy RS, Valluri S. Ocular toxicity associared with systemic drug therapy. Curr Opin Opththalmology 1999;10:328-446 OD OS T0 7,7 7,7 T1 7,9 7,9 56 news dalle aziende OCT CANON HS100: IL PRIMO OCT COMPLETAMENTE AUTOMATICO SI ARRICCHISCE DEL MODULO ANGIO Mauro Vitale Product Specialist Nell'OCT HS100, Canon combina l'esperienza maturata nella tecnologia OCT con la qualità delle ottiche e del design Canon, dando vita ad uno strumento dalle prestazioni molto elevate, ma dall'utilizzo molto semplice. L'allineamento dell'occhio da analizzare, la messa fuoco e l'acquisizione dei tomogrammi da analizzare vengono infatti effettuati dallo strumento in maniera completamente automatica. L' HS100 è dotato inoltre di tecnologia SLO (Scanning Laser Ophthalmoscope) che permette di acquisire anteprime di immagini della retina di elevata qualità e nella modalità FOLLOW UP, grazie allo SLO Tracking, consente allo strumento di riprodurre le impostazioni di un esame pregresso. Alle funzioni già presenti nell'HS100, si è aggiunge ora la modalità OCTA, angiografia OCT. Canon infatti, ha presentato il suo nuovo modulo software per Angiografia OCT. Questo nuovo modulo permetterà ai professionisti del settore di diagnosticare più efficacemente le patologie retiniche grazie alla visualizzazione dei vasi sanguigni retinici. L’analisi dei vasi sanguigni può ora essere svolta senza l’iniezione di un mezzo di contrasto o la necessità di dilatare la pupilla. Questo rende l’esame molto meno invasivo per i pazienti. Il nuovo modulo software AX (Angio eXpert), progettato per essere utilizzato con l’OCT-HS 100, permetterà la visualizzazione dettagliata dei vasi sanguigni retinici, grazie alla insuperata risoluzione ottica di 3 micron (μm). Il nuovo software utilizza tempi di scansione estremamente brevi, con una durata di ciascuna scansione di circa 3 secondi. Questo non solo risulta un vantaggio per il paziente, ma riduce anche il rischio di artefatti causati da movimenti involontari dell’occhio. La finestra di scansione varia da 3 x 3 mm a 8 x 8 mm. Coloro che già utilizzano l’OCTHS100 potranno utilizzare il modulo OCT-Angiografia aggiornando il software con il nuovo modulo AX. Peter Blonk, a capo del settore di Imaging medicale di Canon Europa, commenta: “Dal 1976 Canon è sempre stata all’avanguardia nell’innovazione e nello sviluppo di strumentazione per diagnosi in oftalmologia. La nostra motivazione è il miglioramento della cura del paziente e siamo lieti di introdurre ora questa nuova soluzione che contribuirà alla diagnosi precoce delle patologie retiniche”. 58 news dalle aziende SINDROME ASTENOPEICA: DAL DISTURBO OCULO-VISIVO ALLA PROBLEMATICA SISTEMICA L’ASTENOPIA, indicata anche come “discomfort visivo” o “fatica visiva”, è una condizione causata da affaticamento, dovuto ad un sovraccarico lavorativo, dell’apparato muscolare oculare (intrinseco ed estrinseco). Tale affaticamento è secondario ad una messa a fuoco continua e ad una eccessiva convergenza richiesta in risposta allo sforzo visivo necessario per ottenere un'immagine distinta. I disturbi astenopeici sono associati a situazioni in cui i processi accomodativi ed i movimenti di vergenza degli occhi sono più intensi e si riscontrano frequentemente nei bambini e ragazzi in età scolare impegnati per molte ore in attività da vicino e fisiologicamente ipermetropi, in soggetti utilizzatori di dispositivi mobili digitali (tablet, smartphone, etc.) , in coloro che svolgono un lavoro prossimale impegnativo e nei videoterminalisti: i compiti lavorativi ed i fattori ambientali possono infatti favorire l'insorgenza o la reiterazione di un insieme di sintomi oculari e/o visivi spesso accompagnati da disturbi generali. I sintomi oculari dell’astenopia sono costituiti principalmente da infaticabilità alla lettura, riduzione della acuità visiva, difficoltà accomodative (problemi a mettere a fuoco le immagini, visione offuscata, visione doppia), iperemia congiuntivale, blefarite, prurito, fotofobia, contrazioni palpebrali, sensazione di corpo estraneo, etc. Tra i sintomi oculari riferiti c’è inoltre la secchezza oculare. L’astenopia si manifesta anche con sintomi sistemici quali cefalea, dolori al collo, nausea, astenia, dispepsia, tensione generale, vertigini, etc. Esistono in commercio prodotti che hanno proprietà benefiche sull’accomodazione e sulla visione. La linea MERAMIRT® costituisce un contributo mirato e completo alla soluzione degli aspetti fisiopatologici dell’astenopia. MERAMIRT® soluzione oftalmica a base di INOSITOLO ed IPROMELLOSA , rappresenta il trattamento locale che aiuta a migliorare i sintomi oculo-visivi dell’astenopia: l’inositolo può supportare i processi metabolici muscolari e favorire la risposta contrattile del muscolo ciliare, ripristinando la fisiologica funzione di contrazione-rilassamento alla base del processo di accomodazione. L’ipromellosa ripristina la stabilità del film lacrimale e riduce i sintomi di discomfort da secchezza oculare. MERAMIRT® integratore alimentare grazie ad una razionale formulazione a base di estratto di Frutti rossi e Sambuco, Carnitina, Zinco, ed estratto di Eleuterococco, rappresenta un valido supporto nutrizionale per il trattamento dei sintomi sistemici e per il miglioramento della funzionalità visiva poiché agisce: Sul muscolo ciliare: la L- CARNITINA è presente a livello dell’iride dei corpi ciliari e della coroide ed ha la capacità di veicolare gli acidi grassi nelle sedi deputate alla loro utilizzazione metabolica. Pertanto è un elemento essenziale per la produzione di energia necessaria al muscolo. Lo ZINCO è un potente antiossidante che prende parte a numerose attività enzimatiche a livello retinico, in particolare nell’epitelio pigmentato retinico, ed è importante nel prevenire processi degenerativi dei tessuti oculari. Sulla retina: l’ESTRATTO DI FRUTTI ROSSI E SAMBUCO (ricco di antocianosidi e polifenoli) migliora la qualità della visione ottimizzando la funzionalità dei bastoncelli, stimolando il metabolismo retinico e migliorando il microcircolo. A livello di sistema nervoso centrale: studi dimostrano che condizioni di stress generale dell’organismo contribuiscono in modo significativo all’intensità ed alla frequenza dell’astenopia. Il MERAMIRT® agisce sul SNC poiché contiene l’ELEUTEROCOCCO, un adattogeno che accresce la resistenza dell’organismo allo stress metabolico. news dalle aziende PROTEZIONE OCULARE AUTOADESIVA STERILE PIETRASANTA PHARMA S.p.A. Pietrasanta Pharma S.p.A. ha messo a punto e brevettato Ortolux, un dispositivo medico nato in sinergia con la classe medica oculistica che ha l’obiettivo di soddisfare al meglio le aspettative degli specialisti. Ortolux è una “protezione oculare autoadesiva sterile”, trasparente, leggera, ergonomica che, nel panorama dei medical devices dedicati al settore, rappresenta la nuova frontiera della protezione postoperatoria oculare. Ortolux è formato da una valva trasparente infrangibile in 100% PETG (poliestere copolimero modificato con un particolare glicole) posta su un supporto estensibile adesivizzato in tessuto non tessuto grado-medicale. La valva trasparente, di forma anatomica, si adatta perfettamente alla zona perioculare, è estremamente leggera ed è sufficientemente ampia da non limitare il campo visivo. Il volume interno è stato comunque calibrato in modo tale da poter alloggiare una garza nel caso sia necessario effettuare una vera e propria medicazione previa la chiusura della palpebra. Ortolux è disponibile, oltre che con valva completamente chiusa per la massima protezione dell’occhio, anche con valva dotata di 7 fori di diametro 4-4,5 mm (Ortolux Air) che rende possibile una perfetta traspirazione garantendo contemporaneamente la protezione dell’occhio. Il supporto, costituito da un tessuto non tessuto gradomedicale in fibre 100% PES, ha una colorazione rosa-pelle in modo da rendere meno evidente la protezione. La colorazione del tessuto non tessuto è stata ottenuta con pigmenti organici in dispersione acquosa, una modalità che garantisce un’ottima tollerabilità cutanea dovuta alle proprietà eudermiche dei materiali impiegati. Elevata attenzione è stata posta nella scelta del collante utilizzato nel supporto di Ortolux. Così come tutta la produzione di medicazione autoadesiva di Pietrasanta Pharma è caratterizzata dall’utilizzo di collanti che garantiscono la massima tollerabilità cutanea, anche per Ortolux sono stati scelti collanti di tipo Hot Melt Pressure Sensitive. Si tratta di adesivi termofusibili, privi di solventi e di lattice di gomma naturale che contribuiscono a limitare la formazione di dermatiti da contatto o di ipersensibilità nelle zone perioculari a contatto con il collante. Gli adesivi Hot Melt Pressure Sensitive garantiscono un comfort elevato anche nell’uso prolungato, riducono al minimo il rischio di arrossamenti e sono ottimamente tollerati anche da una cute particolarmente delicata come quella dei bambini e degli anziani. Ortolux e Ortolux Air sono disponibili in busta termosaldata e pronti per l’immediato utilizzo perché sterilizzati alla fine del processo produttivo mediante radiazioni ionizzanti (raggi gamma Co-60) in modo da garantire la sicurezza anti microbica. Ortolux e Ortolux Air coprono un range di applicazioni molto vasto in quanto sono indicati come protezione dagli agenti esterni dopo un intervento o nel decorso post operatorio. Nello specifico vale la pena di segnalare l’impiego nei casi clinici in cui è presente una ptosi, una blefarocalasi o un lagoftalmo di qualsiasi tipo; risulta indispensabile nei casi di esoftalmo (basti pensare alla protezione dell’occhio nella fase di riposo notturno) così come per la degenza dopo un intervento di cataratta o LASIK, in molti casi di pronto soccorso oculare (corpo estraneo corneale, abrasione corneale, causticazione corneocongiuntivale, etc.) oppure per i neuro pazienti o in presenza di secchezza oculare. Ortolux e Ortolux Air, disponibili nei formati Small (68 x 96 mm) e Large (80 x 114 mm), sono distribuiti solo in farmacia o nel canale ospedaliero. Per maggiori informazioni o per richiedere campioni, contattare Pietrasanta Pharma S.p.A scrivendo a [email protected] 59 60 news dalle aziende NUOVI FRONTIFOCOMETRI AUTOMATICI SHIN NIPPON Shin Nippon: leader nei frontifocometri automatici VWUXPHQWLSHUO·RIWDOPRORJLD Polyoftalmica è lieta di annunciare l’arrivo sul mercato italiano dei nuovissimi frontifocometri computerizzati DL-800 e DL-900 Shin Nippon. I nuovi modelli sono la sintesi del marchio Shin Nippon: Precisione, Qualità, Design, Compattezza e Prezzi contenuti. Il DL-800 e DL-900 sostituiscono i modelli precedenti SLM-4000 e SLM5000. La nuova generazione di Frontifocometri computerizzati è stata completamente rivista nel design; la linea segue pari passo il nuovo stile Shin Nippon, che è stato recentemente premiato in Giappone con importanti riconoscimenti dall’Organizzazione Giapponese Industriale per il Design. Per quanto concerne invece le caratteristiche tecniche dello strumento, Shin Nippon mette sul campo tutta la sua esperienza e specializzazione, confermando che la qualità giapponese negli strumenti ottici di precisione, è ancora un must. I nuovi frontifocometri sono precisi e facili da usare, si distinguono dai sistemi tradizionali per l’accuratezza e la velocità nella misurazione dei valori delle lenti, specialmente per le progressive. Questo grazie all’innovazione tecnologica del LED verde che permette letture di estrema precisione e stabilità. Giunta alla quarta serie di Frontifocometri computerizzati, Shin Nippon ha prestato grande attenzione alla semplicità d’uso, specie nella lettura delle lenti progressive. Il software è di facile lettura e intuitivo, il LED verde per la lettura è di grande qualità e precisione. Il riconoscimento della lente progressiva è automatico, così come anche la lettura e memorizzazione dei valori della lente. Dietro l’ampio schermo LCD a inclinazione variabile a colori è anche disponibile un utile scomparto per gli accessori, come il supporto per la lettura del potere delle lenti a contatto e un rotolo di ricambio per la stampante. Come gli altri strumenti della gamma Shin Nippon, il DL-800 e 900 si connette al forottero computerizzato DR-900, condividendone i dati di refrazione. La tecnologia dei frontifocometri automatici non è semplice, solo i più importanti marchi specializzati nella strumentazione di refrazione, come Shin Nippon, riescono a fornire strumenti di precisione adatti agli operatori del settore. Per informazioni e parlare con uno specialista di prodotto Polyoftalmica contattare il numero 0521 64 21 26 oppure visitare il sito www.polynew.it news dalle aziende 61 62 news dalle aziende CSO PRESENTA LA NUOVA GAMMA DI PRODOTTI SL9900 - POLARIS SL9900/SL9800-POLARIS CSO presenta una gamma completa di lampade a fessura con illuminazione a LED. Il separatore digitale USB3.0 (opzionale) è dotato di una nuova camera digitale (NAOS) che integra un sensore CCD a 2Mpixel, completamente ottimizzato per immagini oftalmologiche raggiungendo una qualità di definizione ineguagliabile anche da prodotti con maggior numero di pixel. Il nuovo accessorio POLARIS, compatibile con tutti i modelli di lampada, è studiato per la valutazione della qualità e della stabilità del film lacrimale. OSIRIS/OSIRIS-T Il nuovo aberrometro OSIRIS grazie alla tecnologia PWS permette la valutazione del fronte d’onda oculare senza compromessi. Con una risoluzione 50 volte maggiore dei più raffinati Hartmann-Shack permette una valutazione del fronte d’onda complessivo e dell’errore refrattivo estremamente dettagliata. Rende al massimo usato in combinazione con SIRIUS, per la valutazione completa delle aberrazioni oculari, corneali e interne. É disponibile anche nella versione Osiris-T che integra un disco di Placido per la migliore accuratezza nell’acquisizione della curvatura corneale. COBRA HD COBRA HD è la fundus camera non midriatica ad alte prestazioni, con la minor pupilla minima di lavoro (2,2 mm). Ideale anche per l’analisi delle Ghiandole di Meibomio (non necessita di lenti addizionali). Integra una camera digitale a colori con risoluzione 5 MP, per la migliore qualità delle immagini acquisite. OSIRIS/OSIRIS-T COBRA HD ANTARES Evoluzione della topografia corneale CSO che amplia il target diagnostico all’analisi del film lacrimale. Oltre alle funzionalità di topografia e pupillografia infatti, consente l’analisi avanzata del film lacrimale, la valutazione del NI-BUT e l’analisi delle Ghiandole di Meibomio a campo ampio. Permette una modalità di acquisizione pseudoslit lamp con luce bianca e blu offrendo in un solo strumento tutto ciò che è necessario avere in uno studio per la diagnostica corneale. ANTARES news dalle aziende LA SINDROME DELL’OCCHIO SECCO Fabio Mazzolani Centro Oculistico Bergamasco La sindrome dell’occhio secco è una malattia causata da molteplici fattori che coinvolge il film lacrimale e la superficie oculare ed è caratterizzata da alterazioni qualiquantitative del film lacrimale. È una patologia che può interessare sia persone giovani sia persone anziane anche se nelle persone anziane, nelle donne e nelle persone con concomitanti patologie neurologiche e immunologiche (morbo di Parkinson, artrite reumatoide, Sindrome di Sjögren, etc.) o con patologie corneali è maggiormente presente e può assumere caratteristiche più gravi. Inoltre, l’assunzione di farmaci (ad es: antistaminici, contraccettivi orali, diuretici, betabloccanti, antidepressivi) può essere causa di occhio secco. Comunemente i principali sintomi riportati dai pazienti sono irritazione e discomfort oculare percepiti come senso di corpo estraneo (“sabbia negli occhi”), bruciore, prurito e lacrimazione. Tali sintomi possono essere esacerbati da particolari condizioni climatiche (ambienti secchi o polverosi) ed essere più fastidiosi in diversi momenti della giornata. L’occhio secco è una patologia cronica che richiede da parte del paziente la consapevolezza di dover affrontare periodi di remissione ed esacerbazione, di dover collaborare con il proprio oculista e perseverare nel seguire scrupolosamente le terapie. La diagnosi si basa sia sull’anamnesi del paziente (raccolta di informazioni relative ai sintomi del paziente, alle concomitanti patologie e alle sue abitudini lavorative e farmacologiche), sia sulla visita oculistica alla lampada a fessura con l’ausilio di alcuni test. Il BUT test e il test di Schirmer sono tra i test più semplici e meno invasivi. Il primo si basa sull’osservazione del tempo di “rottura” della lacrima tra un ammiccamento e il successivo. Normalmente, la lacrima rimane uniformemente distribuita per più di 10 secondi. Il secondo si basa sull’analisi di quanto una striscia di carta graduata a contatto con la congiuntiva si imbibisca di lacrime dopo almeno 5 minuti di misurazione. Normalmente, dopo 5 minuti, perlomeno 10 mm di striscia sono imbibiti di lacrima. L’analisi della cornea con l’utilizzo di coloranti come la fluoresceina permette, inoltre, di valutare eventuali disepitelizzazioni dovute a una insufficiente protezione della cornea da parte del film lacrimale. Storicamente il primo approccio terapeutico è rappresentato dall’uso delle lacrime artificiali o sostituti lacrimali. Il loro utilizzo è finalizzato al ripristino di un normale film lacrimale sia in termini qualitativi sia quantitativi al fine di alleviare i sintomi del paziente e di favorire la guarigione di eventuali disepitelizzazioni corneali. Un efficace approccio terapeutico alla secchezza oculare deve necessariamente garantire una ripresa della stabilità del film lacrimale. Questo può essere ottenuto con l’instillazione di colliri a base di sostanze mucomimetiche come l’acido ialuronico, già presente in molti tessuti e fluidi corporei, compreso l’occhio. L’acido ialuronico è dotato di attività mucomimetica, lubrificante e viscoelastica di tipo non newtoniano (bassa viscosità durante l’ammiccamento, alta viscosità tra due ammiccamenti), così da opporre una resistenza significativamente minore al movimento delle palpebre sul bulbo oculare durante l’ammiccamento, pur rimanendo molto denso quando le palpebre sono aperte tra un ammiccamento e l’altro, e quindi rimanendo a lungo sulla superficie oculare. Inoltre, la sua struttura chimicofisica ricca di cariche negative permette di trattenere grandi volumi d’acqua garantendo così elevata idratazione e il mantenimento di un efficiente volume lacrimale. La sua capacità di legare un recettore specifico presente sulle cellule epiteliali corneali e congiuntivali (recettore CD44) gli conferisce proprietà biologiche, favorendo la riepitelizzazione della superficie oculare. Il suo effetto biologico si è dimostrato dose-dipendente e massimo alla concentrazione dello 0,2%. Grazie alle sue caratteristiche chimico-fisiche e biologiche l’acido ialuronico rappresenta una delle molecole più efficaci per alleviare sintomi e segni clinici di secchezza oculare. L’uso continuativo di colliri a base di acido ialuronico, specie se privi di conservanti, è da ritenersi dunque utile nella terapia di una condizione cronica come la sindrome dell’occhio secco. 63 64 calendario eventi 1-5 MAGGIO 2016 Seattle, Washington (USA) 9-11 GIUGNO 2016 Catania 7-10 LUGLIO 2016 Lecce ARVO 2016 2° Congresso Congiunto AISG SIGLA VIII INTERNATIONAL SUMMER SCHOOL Organizzatore: Dr. Antonio Rapisarda Segr. Organizz.: Jaka Congressi Srl Tel. +39 06 35497114 [email protected] www.jaka.it Segr. Organizz.: S.Z. Scalinci Cell. 333 5711228 [email protected] [email protected] www.arvo.org 18-21 MAGGIO 2016 Milano XIV Congresso Internazionale S.O.I. SOI - Società Oftalmologica italiana XIV Congresso Internazionale S.O.I. 26-27 MAGGIO 2016 Napoli, Centro Congressi Federico II CORSO TEORICO-PRATICO DI OCULISTICA Segr. Organizz.: STUDIOCONGRESS Tel. 081 18891223 [email protected] 27 MAGGIO 2016 Mestre (VE) 32° CONGRESSO ANNUALE SOT 2016 Segr. Organizz.: Effe Emme sas di Anna Marsiaj &C Tel. 0444 502849 Fax 0444 515824 [email protected] 8-12 GIUGNO 2016 Napoli Congresso SIDUO Societas Internazionalis Pro Diagnostica Ultrasonica In Ophtalmologia Segr. Organizz.: StudioCongress Tel. +39 081 18891223 [email protected] www.studiocongress.it 16-18 GIUGNO 2016 Trieste XVII Congresso Nazionale G.I.V.Re Segr. Organizz.: Unika Srl [email protected] www.unikacongressi.com 19-22 GIUGNO 2016 Praga 12th EGS Congress EGS - European Glaucoma Society http://www.eugs.org/ 25 GIUGNO 2016 Modena XII Convegno A.E.R.O. Segr. Organizz.: Unika Srl [email protected] www.unikacongressi.com 26 GIUGNO - 1 LUGLIO 2016 Villasimius (CA) - Tanka Village 7-10 SETTEMBRE 2016 Le Corum Montpellier (France) 8th TFOS INTERNATIONAL CONFERENCE – TEAR FILM & OCULAR SURFACE SOCIETY Segr. Organizz.: Jaka Congressi Tel. 06 35497114 [email protected] www.jaka.it 8-11 SETTEMBRE 2016 Copenhagen – Denmark 16th EURETINA Congress Euretina - European society of retina specialists [email protected] www.euretina.org 15-17 SETTEMBRE 2016 XII Corso Nazionale “Società Oftalmologi Universitari - SOU Segr. Organizz.: Formazione ed Eventi Srl Tel. 06 87188886 Fax 06 87192213 [email protected] 22-23 SETTEMBRE 2016 Siena XII Corso Nazionale “Società Siena Glaucoma Summer Oftalmologi Universitari - SOU” School Segr. Organizz.: Formazione ed Eventi Srl Tel. 06 87188886 Fax 06 87192213 [email protected] Segr. Organizz.: Formazione ed Eventi Srl Tel. 06 87188886 Fax 06 87192213 [email protected]