Treatment for neovascular age related macular degeneration: the

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Year 2 ı Number 1 ı MARCH 2016
Quarterly journal of clinical and surgical ophthalmology and ophthalmic optics
Treatment for neovascular age related
macular degeneration: the state of the art
Terapie correnti per il trattamento della
Degenerazione Maculare Legata all’Età
(DMLE) neovascolare
Very minimal fluence photodynamic
therapy for persitent central serous
chorioretinopathy
Terapia fotodinamica a fluenza minima nel
trattamento della corioretinopatia sierosa
centrale
RETINAL-CHOROIDAL CHANGES AFTER A
LOADING PHASE OF RANIBIZUMAB IN DIABETIC
MACULAR EDEMA
Modificazioni retino-coroideali dopo
loading phase di ranibizumab nell’edema
maculare diabetico
ISSN 2421-3381
Trimestrale - In caso di mancato recapito rinviare all'Ufficio Postale di Savona CPO
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1. Simmons P et al. Clin Ophthalmol 2015; 15(9): 665-75.
2. Simmons P et al. TFOS, Taormina, Sicily 2013.
3. Chen W et al. Irvine, USA July 2014.
4. Hall J et al. Optom Vis Sci 2011; 88(7): 872-880.
5. Allergan OPTIVE FUSION® Foglio Illustrativo.
6. Allergan Optive Fusion UD® Foglio Illustrativo.
Italian Review of
Ophthalmology
Quarterly journal of clinical and surgical ophthalmology and ophthalmic optics
Rivista trimestrale di oftalmologia clinica e chirurgica e di ottica oftalmica
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Antonio Ferreras
Michele Figus
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Paolo Frezzotti
Angelo Macrì
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the year, it will be reviewed by the editorial staff to ensure an
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2016 e sarà sottoposta a revisione da parte della redazione allo
scadere di tale periodo per garantire una fattiva partecipazione
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0,3 mg/ml + 5 mg/ml collirio soluzione bimatoprost/timololo
Monodose senza conservante
Riassunto delle caratteristiche del prodotto
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE GANFORT 0,3 mg/ml + 5 mg/ml collirio, soluzione, in contenitore monodose
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Un ml di soluzione contiene 0,3 mg di bimatoprost e 5 mg
di timololo (come 6,8 mg di timololo maleato). Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. FORMA FARMACEUTICA Collirio, soluzione, in contenitore monodose. Soluzione da incolore a leggermente gialla.
4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Riduzione della pressione intraoculare (PIO) in
pazienti adulti con glaucoma ad angolo aperto o con ipertensione oculare, che non rispondono adeguatamente ai betabloccanti o agli analoghi delle prostaglandine per uso topico. 4.2 Posologia e modo di somministrazione Posologia Dosaggio raccomandato negli adulti (compresi gli anziani) La dose raccomandata è una goccia di GANFORT monodose nell’occhio o negli occhi affetti, una volta al giorno, somministrata al mattino o alla sera. Deve essere
somministrato ogni giorno alla stessa ora. I dati di letteratura disponibili su GANFORT (formulazione multidose) suggeriscono che la somministrazione serale possa essere più efficace rispetto alla somministrazione mattutina nella riduzione
della PIO. Tuttavia, è necessario prendere in considerazione la compliance del paziente nel decidere per la somministrazione mattutina o serale (vedere paragrafo 5.1). Il contenitore monodose è esclusivamente monouso; un contenitore è
sufficiente per il trattamento di entrambi gli occhi. Eventuale soluzione non utilizzata deve essere gettata immediatamente dopo l’uso. Se viene dimenticata una dose, il trattamento deve essere continuato con la dose successiva, secondo
lo schema. Il dosaggio non deve superare quello di una goccia al giorno nell’occhio o negli occhi affetti. Insufficienza
renale ed epatica GANFORT monodose non è stato studiato in pazienti con insufficienza epatica o renale, per cui è necessario procedere con cautela nel trattamento di pazienti affetti da tali patologie. Popolazione pediatrica La sicurezza e
l’efficacia di GANFORT monodose nei bambini di età inferiore a 18 anni non sono state stabilite. Non ci sono dati disponibili. Modo di somministrazione Qualora fosse necessario l’impiego di più di un medicinale oftalmico per uso topico,
instillare ciascun medicinale con un intervallo di almeno 5 minuti l’uno dall’altro. Quando si utilizza un’occlusione nasolacrimale o se si chiudono le palpebre per 2 minuti, l’assorbimento sistemico è ridotto. Ciò potrebbe comportare una riduzione degli effetti indesiderati sistemici e un aumento dell’attività locale. 4.3 Controindicazioni - Ipersensibilità ai
principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. - Patologie delle vie aeree di tipo reattivo,
comprese l’asma bronchiale in atto o pregressa e la broncopneumopatia cronica ostruttiva grave. - Bradicardia sinusale,
sindrome del nodo del seno, blocco seno-atriale, blocco atrioventricolare di secondo o terzo grado, non controllato da
pace-maker. Scompenso cardiaco manifesto, shock cardiogeno. 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiego Come altri medicinali oftalmici per uso topico, le sostanze attive (timololo/bimatoprost) presenti in GANFORT monodose possono essere assorbite a livello sistemico. Con GANFORT (formulazione multidose) non è stato osservato alcun
incremento dell’assorbimento sistemico dei singoli principi attivi. A causa della componente beta-adrenergica, il timololo,
potrebbe verificarsi lo stesso tipo di reazioni avverse cardiovascolari, polmonari e altre reazioni avverse (ADR) di quelle
che si verificano con i beta-bloccanti sistemici. L’incidenza di reazioni avverse sistemiche dopo la somministrazione di
medicinali oftalmici per uso topico è inferiore rispetto a quella di reazioni conseguenti alla somministrazione sistemica.
Per ridurre l’assorbimento sistemico, vedere paragrafo 4.2. Disordini cardiaci I pazienti con patologie cardiovascolari (per
es. coronaropatie, angina di Prinzmetal e insufficienza cardiaca) e in terapia ipotensiva con beta-bloccanti devono essere
valutati criticamente e deve essere considerata la terapia con altri principi attivi. I pazienti con malattie cardiovascolari
devono essere monitorati per segni di peggioramento delle patologie ed eventi avversi. A causa dell’effetto negativo sul
tempo di conduzione, i beta-bloccanti devono essere somministrati con cautela a pazienti con blocco cardiaco di primo
grado. Patologie vascolari I pazienti con disturbi/disordini circolatori periferici gravi (cioè forme avanzate del fenomeno
di Raynaud o della sindrome di Raynaud) vanno trattati con cautela. Patologie respiratorie In seguito alla somministrazione di alcuni beta-bloccanti oftalmici sono state segnalate reazioni respiratorie, incluso il decesso per broncospasmo in
pazienti asmatici. GANFORT monodose deve essere usato con cautela, in pazienti con broncopneumopatia cronica
ostruttiva lieve/moderata (BPCO) e solo se il potenziale beneficio supera il potenziale rischio. Ipoglicemia/diabete I medicinali che inducono un blocco beta-adrenergico devono essere somministrati con cautela nei pazienti soggetti a ipoglicemia spontanea o nei pazienti con diabete instabile), dal momento che i beta-bloccanti possono mascherare i segni e i
sintomi dell’ipoglicemia acuta. I beta-bloccanti possono inoltre mascherare i segni di ipertiroidismo. Patologie corneali I
beta-bloccanti oftalmici potrebbero indurre secchezza degli occhi. I pazienti con patologie corneali devono essere trattati con cautela. Altri agenti beta-bloccanti L’effetto sulla pressione intraoculare o gli effetti sistemici noti dei beta-bloccanti possono essere potenziati quando il timololo viene somministrato a pazienti già in trattamento con un beta-bloccante
sistemico. La risposta di questi pazienti deve essere attentamente monitorata. L’uso di due agenti topici beta-bloccanti
adrenergici non è raccomandato (vedere paragrafo 4.5). Reazioni anafilattiche Durante il trattamento con i beta-bloccanti, i pazienti con anamnesi positiva di atopia o di gravi reazioni anafilattiche causate da allergeni di varia natura, possono
essere più responsivi allo stimolo ripetuto con tali allergeni e non rispondere alla dose di adrenalina impiegata abitualmente per il trattamento delle reazioni anafilattiche. Distacco della coroide Il distacco della coroide è stato riportato con
la somministrazione di terapie inibenti la produzione dell’acqueo (es. timololo, acetazolamide) dopo procedure di filtrazione. Anestesia chirurgica Le preparazioni oftalmiche a base di beta-bloccanti possono bloccare gli effetti sistemici dei
beta-agonisti, per esempio dell’adrenalina. L’anestesista deve essere informato se il paziente assume timololo. Epatiche
NNei pazienti con anamnesi positiva di epatopatia lieve o con livelli iniziali anomali di alanina aminotransferasi (ALT),
aspartato aminotransferasi (AST) e/o bilirubina, il bimatoprost collirio non ha causato reazioni avverse relative alla funzione epatica per oltre 24 mesi. Non si conoscono reazioni avverse causate dal timololo per via oftalmica sulla funzione
epatica. Oculari Prima di iniziare il trattamento, i pazienti devono essere informati della possibilità di allungamento delle
ciglia e della iperpigmentazione della cute periorbitale poiché tali reazioni sono state rilevate durante il trattamento con
GANFORT monodose. Durante il trattamento con GANFORT (formulazione multidose) è stato inoltre osservato un aumento della pigmentazione marrone dell’iride. L’aumento della pigmentazione iridea potrebbe essere permanente e
potrebbe causare differenze di aspetto tra i due occhi quando è solo un occhio ad essere sottoposto a trattamento. Dopo
la sospensione di GANFORT la pigmentazione dell’iride può essere permanente. Dopo 12 mesi di trattamento con GANFORT (formulazione multidose), l’incidenza della pigmentazione dell’iride è risultata pari allo 0,2%. Dopo 12 mesi di
trattamento con un collirio contenente il solo bimatoprost, l’incidenza è stata dell’1,5% e non è aumentata dopo 3 anni
di trattamento. Il cambiamento nella pigmentazione dipende dall’aumento del contenuto di melanina nei melanociti
piuttosto che dall’aumento del numero di melanociti. Gli effetti a lungo termine della maggiore pigmentazione iridea non
sono noti. Le variazioni di colore dell’iride rilevate con la somministrazione oftalmica di bimatoprost potrebbero non essere osservabili per diversi mesi o anni. Né i nevi né le macchie iridee sembrano essere interessate dal trattamento. Per
alcuni pazienti è stata riportata la reversibilità della pigmentazione dei tessuti periorbitali. Casi di edema maculare,
compreso edema maculare cistoide, sono stati riportati con GANFORT (formulazione multidose). GANFORT monodose
deve quindi essere impiegato con cautela nei pazienti afachici, nei pazienti pseudofachici con rottura della capsula posteriore del cristallino o nei pazienti con fattori di rischio noti per l’edema maculare (ad esempio, intervento chirurgico
intraoculare, occlusioni venose retiniche, malattia infiammatoria oculare e retinopatia diabetica). GANFORT deve essere
utilizzato con cautela nei pazienti affetti da infiammazione intraoculare attiva (ad esempio uveite) poiché l’infiammazione potrebbe essere esacerbata. Cute Esiste la possibilità che si verifichi crescita di peli nelle aree cutanee che vengono
ripetutamente in contatto con GANFORT. Pertanto è importante applicare GANFORT secondo le istruzioni ed evitare che
coli sulla guancia o su altre aree cutanee. Altre patologie GANFORT monodose non è stato studiato in pazienti affetti da
malattie infiammatorie oculari, glaucoma neovascolare, infiammatorio, ad angolo chiuso, congenito o ad angolo stretto.
summary
Scientific Articles
Articoli Scientifici
7
C. ALOVISI, F. M. GRIGNOLO, C. M. EANDI:
Treatment for neovascular age related macular
degeneration: the state of the art
Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare
Legata all’Età (DMLE) neovascolare
27
F. MENCHINI, G. TONEATTO:
Very minimal fluence photodynamic therapy for persitent central
serous chorioretinopathy
Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della
corioretinopatia sierosa centrale
37
M. PARRAVANO, A. CACCIAMANI, P. GIORNO, F. ODDONE,
F. SCARINCI, A. BONINFANTE, M. VARANO:
Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in
diabetic macular edema
Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di
ranibizumab nell’edema maculare diabetico
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FOCUS
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CALENDARIO EVENTI
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la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili
Tabella 1
Classificazione per sistemi e organi Frequenza
Reazione avversa
Patologie dell’occhio
Molto comune iperemia congiuntivale
Comune
cheratite puntata, irritazione oculare, irritazione congiuntivale, prurito oculare, dolore oculare, sensazione di corpo
estraneo negli occhi, secchezza oculare, aumento della
lacrimazione, eritema palpebrale, fotofobia, allungamento
delle ciglia
Non comune sensazione anomala nell’occhio, prurito palpebrale, edema
palpebrale, astenopia, cambiamento del colore delle ciglia
(imbrunimento)
Patologie del sistema nervoso
Comune
cefalea
Patologie sistemiche e condizioni
Non comune affaticamento
relative alla sede di somministrazione
Patologie della cute e del tessuto
Comune
iperpigmentazione della cute (perioculare)
sottocutaneo
La Tabella 2 elenca le altre reazioni avverse segnalate con GANFORT (formulazione multidose) e che possono eventualmente verificarsi con GANFORT monodose. Per la maggior parte si è trattato di reazioni oculari di gravità lieve.
Tabella 2
Classificazione per sistemi e organi Frequenza
Patologie del sistema nervoso
Comune
Patologie dell’occhio
Comune
Non comune
Patologie respiratorie, toraciche e
mediastiniche
Patologie della cute e del tessuto
sottocutaneo
Non nota
Non comune
Non nota
Non comune
Reazione avversa
capogiro
erosione corneale, secrezione oculare, disturbi visivi
irite, edema congiuntivale, blefarite, dolore palpebrale,
peggioramento dell’acutezza visiva trichiasi, iperpigmentazione iridea, approfondimento del solco palpebrale,
retrazione palpebrale
edema maculare cistoide
rinite, dispnea
broncospasmo (prevalentemente in pazienti con broncospasmo preesistente)
irsutismo
Altre reazioni avverse che sono state osservate con una delle sostanze attive (bimatoprost o timololo) e che potrebbero quindi verificarsi anche con GANFORT monodose sono elencate qui di seguito nella Tabella 3 (bimatoprost) e nella
Tabella 4 (timololo): Bimatoprost (formulazioni multidose e monodose)
Tabella 3
Classificazione per sistemi e organi Reazione avversa
Patologie dell’occhio
congiuntivite allergica, blefarospasmo, emorragia retinica, uveite, offuscamento della vista
Patologie vascolari
ipertensione
Patologie sistemiche e condizioni
astenia
relative alla sede di somministrazione
Patologie gastrointestinali
nausea
Esami diagnostici
anomalie negli esami di funzionalità epatica
Timololo Come altri medicinali oftalmici per uso topico, GANFORT (bimatoprost/timololo) viene assorbito nella circolazione sistemica. L’assorbimento del timololo può causare effetti indesiderati simili a quelli osservati con i beta-bloccanti
sistemici. L’incidenza di reazioni avverse sistemiche dopo la somministrazione di medicinali oftalmici per uso topico è
inferiore rispetto a quella di reazioni conseguenti alla somministrazione sistemica. Per ridurre l’assorbimento sistemico,
vedere paragrafo 4.2. Altre reazioni avverse osservate con i beta-bloccanti oftalmici e che possono eventualmente manifestarsi anche con GANFORT monodose sono riportate qui di seguito, nella Tabella 4:
Tabella 4
Classificazione per sistemi e organi
Disturbi del sistema immunitario
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Disturbi psichiatrici
Patologie del sistema nervoso
Patologie dell’occhio
Patologie cardiache
Patologie vascolari
Patologie respiratorie, toraciche
e mediastiniche
Reazione avversa
reazioni allergiche sistemiche inclusi angioedema, orticaria, rash
localizzato e generalizzato, prurito, anafilassi
ipoglicemia
insonnia, depressione, incubi, perdita di memoria
sincope, accidente cerebrovascolare, peggioramento dei segni e dei
sintomi della miastenia grave, parestesia, ischemia cerebrale
ridotta sensibilità corneale, diplopia, ptosi, distacco della coroide
in seguito a chirurgia filtrante, (vedere paragrafo 4.4), cheratite,
offuscamento della vista
blocco atrioventricolare, arresto cardiaco, aritmia, bradicardia, insufficienza cardiaca, insufficienza cardiaca congestizia, dolore toracico,
palpitazioni, edema.
ipotensione, fenomeno di Raynaud, sensazione di freddo alle estremità.
tosse
Patologie della cute e del tessuto
sottocutaneo
Patologie del sistema muscoloscheletrico
e del tessuto connettivo
Patologie dell’apparato riproduttivo
e della mammella
Patologie sistemiche e condizioni
relative alla sede di somministrazione
disgeusia, nausea, diarrea, dispepsia, secchezza della bocca,
dolore addominale, vomito
alopecia, eruzione psoriasiforme o esacerbazione della psoriasi,
rash cutaneo
mialgia
disfunzione sessuale, riduzione della libido
astenia/affaticamento
Reazioni avverse segnalate con colliri contenenti fosfato. Molto raramente, in pazienti con grave compromissione
della cornea, sono stati riportati casi di calcificazione corneale associata all’utilizzo di colliri contenenti fosfato.Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del
medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato all’indirizzo http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili. 4.9 Sovradosaggio È
improbabile che si verifichi un sovradosaggio topico con GANFORT monodose o che questo sia associato a tossicità.
Bimatoprost Nel caso in cui GANFORT monodose venga ingerito accidentalmente, può essere utile sapere che: in studi
effettuati su ratti e topi della durata di due settimane, si è riscontrato che la somministrazione orale di dosi di bimatoprost fino a 100 mg/kg al giorno non ha determinato alcuna tossicità; ciò corrisponde a una dose equivalente nell’uomo di 8,1 e 16,2 mg/kg rispettivamente. Tali dosi sono almeno 7,5 volte superiori alla quantità di bimatoprost contenuta all’interno di una confezione intera di GANFORT monodose (90 contenitori monodose da 0,4 ml; 36 ml)
accidentalmente somministrata a un bambino di 10 kg [(36 ml*0,3 mg/ml di bimatoprost)/10 kg; 1,08 mg/kg]. Timololo I sintomi da sovradosaggio del timololo per via sistemica includono: bradicardia, ipotensione, broncospasmo, cefalea, capogiro, respiro corto e arresto cardiaco. Uno studio condotto su alcuni pazienti con insufficienza renale ha dimostrato che il timololo non viene dializzato rapidamente. In caso di sovradosaggio, è necessario un trattamento
sintomatico e di sostegno. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Categoria
farmacoterapeutica: oftalmologici - sostanze beta-bloccanti - codice ATC: S01ED51 Meccanismo d’azione GANFORT
monodose è costituito da due principi attivi: bimatoprost e timololo. Questi due componenti riducono la pressione intraoculare (PIO) elevata grazie a dei meccanismi d’azione complementari e l’effetto combinato determina una riduzione della PIO più marcata rispetto a quanto si ottiene con la somministrazione di uno o l’altro dei componenti singolarmente. GANFORT monodose agisce rapidamente. Il bimatoprost è una potente sostanza attiva ipotensiva oculare. È
una prostamide sintetica, strutturalmente correlata alla prostaglandina F2 (PGF2), ma che non agisce attraverso alcun
recettore prostaglandinico conosciuto. Il bimatoprost imita selettivamente gli effetti di sostanze biosintetiche recentemente scoperte, chiamate prostamidi. Il recettore prostamidico, comunque, non è stato ancora strutturalmente identificato. Il meccanismo d’azione con il quale il bimatoprost riduce la pressione intraoculare nell’uomo è l’aumento del
deflusso dell’umore acqueo sia trabecolare che uveo-sclerale. Il timololo blocca in modo non selettivo i recettori
adrenergici beta1 e beta2, privi di una significativa attività simpaticomimetica intrinseca, di diretta attività sedativa del
miocardio, o di attività anestetica locale (stabilizzante di membrana). Il timololo abbassa la PIO riducendo la produzione dell’umore acqueo. L’esatto meccanismo d’azione non è stato stabilito chiaramente, ma è probabile che venga inibita l’eccessiva sintesi di AMP ciclico indotta da stimolazione beta-adrenergica endogena. Effetti clinici Uno studio
clinico della durata di 12 settimane (in doppio cieco, randomizzato, a gruppi paralleli) ha confrontato l’efficacia e la
sicurezza di GANFORT monodose e GANFORT (formulazione multidose) in pazienti con glaucoma o ipertensione oculare. L’efficacia in termini di riduzione della PIO di GANFORT monodose è risultata non inferiore a quella di GANFORT
(formulazione multidose): il limite superiore dell’intervallo di confidenza (IC) al 95% della differenza tra i trattamenti
rientrava nel margine predefinito di 1,5 mm Hg ad ogni punto di valutazione (0, 2 e 8 ore) alla settimana 12 (per l’analisi primaria), come pure alle settimane 2 e 6, per la variazione media della PIO dell’occhio peggiore rispetto al basale (la PIO dell’occhio peggiore si riferisce all’occhio con la maggiore media diurna della PIO al basale). Infatti, il limite superiore dell’intervallo di confidenza (IC) al 95% non superava 0,14 mm Hg alla settimana 12. Entrambi i gruppi di
trattamento hanno evidenziato riduzioni medie statisticamente e clinicamente significative della PIO dell’occhio peggiore rispetto al basale in corrispondenza di tutti i punti di follow-up, durante tutto lo studio (p < 0,001). La variazione
media rispetto al basale della PIO dell’occhio peggiore variava da -9,16 a -7,98 mm Hg per il gruppo GANFORT (monodose) e da -9,03 a -7,72 mm Hg per il gruppo GANFORT (formulazione multidose) durante lo studio di 12 settimane.
GANFORT monodose ha inoltre dimostrato un’efficacia equivalente in termini di riduzione della PIO rispetto a GANFORT (formulazione multidose) nella PIO dell’occhio medio e dell’occhio peggiore ad ogni punto di valutazione di follow-up alle settimane 2, 6 e 12. In base agli studi condotti su GANFORT (formulazione multidose), la riduzione della
PIO prodotta da GANFORT non è inferiore a quella ottenuta con la terapia in associazione non fissa del bimatoprost
(una volta al giorno) e del timololo (due volte al giorno). I dati di letteratura disponibili su GANFORT (formulazione
multidose) suggeriscono che la somministrazione serale possa essere più efficace rispetto alla somministrazione mattutina nella riduzione della PIO. Tuttavia, è necessario prendere in considerazione la compliance del paziente nel decidere per la somministrazione mattutina o serale. Popolazione pediatrica La sicurezza e l’efficacia di GANFORT monodose nei bambini di età inferiore a 18 anni non sono state stabilite. 5.2 Proprietà farmacocinetiche Il
medicinale GANFORT La determinazione delle concentrazioni plasmatiche di bimatoprost e timololo è stata effettuata
in uno studio in crossover su soggetti sani che ha messo a confronto le monoterapie e GANFORT (formulazione multidose). L’assorbimento sistemico di ciascun componente è risultato minimo e non influenzato dalla somministrazione
congiunta in una singola formulazione. In due studi della durata di 12 mesi su GANFORT (formulazione multidose), nei
quali è stato valutato l’assorbimento sistemico, non si è osservato alcun accumulo dell’uno o dell’altro componente.
Bimatoprost In vitro il bimatoprost penetra bene nella cornea e nella sclera umana. Dopo somministrazione oculare,
l’esposizione sistemica al bimatoprost è molto bassa, senza fenomeni di accumulo nel tempo. Dopo somministrazione
giornaliera di una goccia di bimatoprost allo 0,03% in entrambi gli occhi, per un periodo di due settimane, la concentrazione ematica raggiungeva il picco entro 10 minuti dopo l’instillazione e scendeva al di sotto del limite più basso di
rilevazione (0,025 ng/ml) entro 1,5 ore dopo la somministrazione. I valori medi di Cmax e AUC0-24 sono risultati simili al
7°e al 14° giorno, ed erano rispettivamente di circa 0,08 ng/ml e di 0,09 ng• h/ml indicando che si era raggiunta una
concentrazione costante di farmaco durante la prima settimana di somministrazione oftalmica. Il bimatoprost viene
distribuito moderatamente nei tessuti corporei e il volume sistemico di distribuzione nell’uomo allo steady-state era
0,67 l/kg. Nel sangue umano, il bimatoprost si trova principalmente nel plasma. Il legame alle proteine plasmatiche del
bimatoprost è di circa l’88%. Dopo la somministrazione oftalmica, il bimatoprost risulta il maggiore componente circolante nel sangue, una volta raggiunta la circolazione sistemica. Il bimatoprost, sottoposto poi a ossidazione, Ndeetilazione e glucuronidazione va a formare diversi metaboliti. Il bimatoprost viene eliminato principalmente tramite escrezione renale. Fino al 67% di una dose endovenosa somministrata in volontari sani è stata escreta per via urinaria, il
25% della dose tramite le feci. L’emivita di eliminazione, determinata dopo somministrazione endovenosa, è stata di
circa 45 minuti; la clearance totale del sangue è stata di 1,5 l/h/kg. Caratteristiche in pazienti anziani Dopo due somministrazioni giornaliere di bimatoprost 0,3 mg/ml, il valore medio di AUC0-24 pari a 0,0634 ng• h/ml di bimatoprost
nei pazienti anziani (soggetti di 65 anni o oltre) è risultato significativamente più alto rispetto al valore di 0,0218 ng• h/
ml riscontrato in soggetti giovani sani. Questo risultato non è tuttavia importante dal punto di vista clinico in quanto
l’esposizione sistemica sia nei soggetti anziani che nei giovani è rimasta, con somministrazioni oculari, molto bassa.
Non è stato riscontrato accumulo di bimatoprost nel sangue con il passare del tempo, mentre il profilo di sicurezza è
risultato simile sia nei pazienti anziani che in quelli giovani. Timololo Dopo somministrazione oculare di un collirio allo
0,5% in soggetti da sottoporre a intervento chirurgico di cataratta, si è avuto un picco di concentrazione di timololo
nell’umore acqueo pari a 898 ng/ml dopo 1 ora dalla somministrazione. Parte della dose viene assorbita per via sistemica e quindi metabolizzata principalmente nel fegato. L’emivita plasmatica del timololo è di circa 4-6 ore. Il timololo
viene in parte metabolizzato dal fegato ed escreto, come tale e sotto forma di metaboliti, dal rene. Il timololo non si
lega in modo rilevante alle proteine plasmatiche. 5.3 Dati preclinici di sicurezza Il medicinale GANFORT Studi di
tossicità in seguito a somministrazioni ripetute di GANFORT (formulazione multidose) non hanno rivelato rischi particolari per l’uomo. Il profilo di sicurezza oculare e sistemico dei singoli componenti è stato definito con chiarezza. Bimatoprost I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di safety pharmacology, genotossicità, potenziale cancerogeno. Studi condotti sui roditori hanno causato aborto specie-specifico a
livelli di esposizione da 33 a 97 volte quelli raggiunti nell’uomo dopo somministrazione oculare. Nelle scimmie la
somministrazione oculare giornaliera di bimatoprost a concentrazioni *0,03% per un anno, ha causato un aumento
della pigmentazione iridea ed effetti perioculari reversibili dose dipendenti, caratterizzati da un prominente solco superiore e/o inferiore e da allargamento della fessura palpebrale. L’aumento della pigmentazione iridea sembrerebbe
dovuto ad una aumentata stimolazione nella produzione di melanina nei melanociti e non all’aumento del numero di
melanociti. Non sono state osservate modificazioni funzionali o microscopiche legate agli effetti perioculari, ed è
sconosciuto il meccanismo d’azione relativo ai cambiamenti perioculari riscontrati. Timololo I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di safety pharmacology, tossicità a dosi ripetute,
genotossicità, potenziale cancerogeno, tossicità riproduttiva. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco
degli eccipienti - Sodio cloruro - Fosfato di sodio bibasico eptaidrato - Acido citrico monoidrato - Acido cloridrico o
sodio idrossido (per correggere il pH) - Acqua depurata 6.2 Incompatibilità Non pertinente. 6.3 Periodo di
validità 2 anni. Una volta aperta la bustina, utilizzare entro 7 giorni. Gettare il contenitore monodose aperto immediatamente dopo il primo utilizzo. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Questo medicinale non
richiede alcuna temperatura particolare di conservazione. Tenere i contenitori monodose nella bustina, per proteggere
il medicinale dalla luce e dall’umidità. 6.5 Natura e contenuto del contenitore Contenitori monodose in polietilene a bassa densità (LDPE) trasparenti con una linguetta a strappo. Ogni contenitore monodose contiene 0,4 ml
di soluzione. Sono disponibili le seguenti confezioni: scatola contenente 5, 30 o 90 contenitori monodose; ogni
striscia con 5 contenitori monodose è contenuta in una bustina di alluminio. È possibile che non tutte le confezioni
siano commercializzate. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento Nessuna istruzione particolare. 7.
TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO Allergan Pharmaceuticals Ireland
Castlebar Road Westport Co. Mayo Irlanda 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN
COMMERCIOEU/1/06/340/003 5 contenitori monodose - EU/1/06/340/004 30 contenitori monodose EU/1/06/340/005 90 contenitori monodose 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Data della prima autorizzazione 19 maggio 2006. Data dell’ultimo rinnovo 23 giugno 2011 10.
DATA DI REVISIONE DEL TESTO 10/2013 Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul
sito web della Agenzia Agenzia Europea dei Medicinali: http://www.ema.europa.eu/. CLASSE A- RR Prezzo al pubblico 31,36 e
Allergan S.p.A. - Via S. Quasimodo, 134/138 - 00144 Roma
Molto comune
Comune
Non comune
Raro
Molto raro
Non nota
Patologie gastrointestinali
IT/GLCM0320/14 Depositato presso AIFA in data 30/05/2014
In studi riguardanti la somministrazione di bimatoprost 0,3 mg/l in pazienti affetti da glaucoma o ipertensione oculare, è
stato dimostrato che una più frequente esposizione dell’occhio a più di 1 dose giornaliera di bimatoprost potrebbe abbassare l’effetto di riduzione della PIO. I pazienti che utilizzano GANFORT con altri analoghi delle prostaglandine devono
essere sottoposti a monitoraggio delle variazioni della pressione intraoculare. 4.5 Interazioni con altri medicinali
ed altre forme di interazione Non sono stati effettuati studi di interazione specifici con l’associazione fissa di bimatoprost/timololo. Esiste la possibilità di ottenere effetti additivi, quali ipotensione e/o bradicardia marcata quando la
soluzione di beta-bloccanti oftalmici è somministrata in modo concomitante a preparati orali di calcio-antagonisti, guanetidina, agenti bloccanti beta-adrenergici, parasimpaticomimetici, antiaritmici (incluso amiodarone) e glicosidi digitalici.
È stato osservato un potenziamento del beta-blocco sistemico (ad esempio, riduzione della frequenza cardiaca, depressione) durante il trattamento combinato con inibitori di CYP2D6 (es. chinidina, fluoxetina, paroxetina) e timololo. Occasionalmente è stata riportata midriasi risultante dall’uso concomitante di beta-bloccanti oftalmici e adrenalina (epinefrina). 4.6 Fertilità, gravidanza e allattamento Gravidanza Non esistono dati adeguati sull’uso dell’associazione
fissa di bimatoprost/timololo in donne in gravidanza. GANFORT monodose non deve essere usato durante la gravidanza
se non strettamente necessario. Per ridurre l’assorbimento sistemico, vedere paragrafo 4.2. Bimatoprost Non sono disponibili dati clinici relativi a gravidanze esposte al medicinale. Gli studi sugli animali hanno evidenziato una tossicità riproduttiva a dosi elevate tossiche per la madre (vedere paragrafo 5.3). Timololo Gli studi epidemiologici non hanno rivelato
effetti di malformazione, ma hanno mostrato un rischio di rallentamento della crescita intrauterina durante la somministrazione di beta-bloccanti per via orale. Inoltre, nel neonato, sono stati osservati segni e sintomi di beta-blocco (es.
bradicardia, ipotensione, distress respiratorio e ipoglicemia) quando i beta-bloccanti venivano somministrati alla madre
fino al parto. Se si somministra GANFORT monodose fino al parto, il neonato deve essere monitorato accuratamente
durante i primi giorni di vita. Gli studi condotti sugli animali trattati con timololo hanno mostrato tossicità riproduttiva a
dosi significativamente più elevate rispetto a quelle impiegate nella pratica clinica (vedere paragrafo 5.3). Allattamento
Timololo I beta-bloccanti vengono escreti nel latte umano. Tuttavia, a dosi terapeutiche di timololo in collirio, è improbabile che nel latte materno siano presenti quantità sufficienti a produrre sintomi clinici dell’azione beta-bloccante nel neonato. Per ridurre l’assorbimento sistemico, vedere paragrafo 4.2. Bimatoprost Non è noto se il bimatoprost sia escreto
nel latte umano, ma viene escreto nel latte dei ratti. GANFORT monodose non deve quindi essere utilizzato nelle donne
che allattano. Fertilità Non esistono dati relativi agli effetti di GANFORT monodose sulla fertilità nell’uomo. 4.7 Effetti
sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari GANFORT monodose altera in modo trascurabile la
capacità di guidare veicoli o di usare di macchinari. Come per altri trattamenti per uso topico oftalmico, se all’applicazione delle gocce si verifica un transitorio offuscamento della vista, il paziente prima di guidare o utilizzare macchinari, deve
aspettare che la visione torni nitida. 4.8 Effetti indesiderati GANFORT monodose Riepilogo del profilo di sicurezza
Le reazioni avverse segnalate nello studio clinico che prevedeva l’uso di GANFORT monodose sono state limitate a
quelle riportate in precedenza per GANFORT (formulazione multidose) o per le singole sostanze attive bimatoprost o timololo. Nessuna nuova reazione avversa specifica per GANFORT monodose è stata osservata durante gli studi clinici. La
maggior parte delle reazioni avverse riportate con GANFORT monodose ha riguardato gli occhi, è stata lieve e nessuna
grave. In base a uno studio di 12 settimane su GANFORT monodose somministrato una volta al giorno, la reazione avversa più comunemente riportata con GANFORT monodose è stata l’iperemia congiuntivale (prevalentemente da in traccia a lieve e ritenuta di natura non infiammatoria) nel 21% circa dei pazienti e ha portato alla sospensione del trattamento nell’1,4% dei pazienti.. Tabella delle reazioni avverse La Tabella 1 illustra le reazioni avverse segnalate durante uno
studio clinico di 12 settimane con GANFORT monodose (all’interno di ciascuna classe di frequenza, le reazioni avverse
sono riportate in ordine decrescente di gravità). La frequenza delle possibili reazioni avverse elencate qui di seguito è
definita mediante la seguente convenzione:
Instructions for authors
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ophthalmologists, through the free
publication of original articles or
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in this field.
Topics:
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testing and also case reports
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The editorial staff will submit all
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and surgical ophthalmology
in every aspect (visual
neurophysiopathology,
psychophysical vision, physical
optics, refractive surgery, contact
lenses, refractive surgery,
binocular vision physiopathology,
instruments and tools,
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and visual functions) to the
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In the accompanying letter the relative area of study of the topic should be stated and
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Arnold AC, Hepler RS. Fluorescein angiography in acute nonarteritic anterior ischemic
optic neuropathy. Am J Ophthalmol 1994;17:222-30
printed articles
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the chapter (if any), title of the book, editor (if any), place, publisher, year of publication,
pages referred to, or pages of the chapter cited
example:
Mannis MJ. Bacterial conjuntivitis. In: The Cornea. Kaufman HE, Barron BA,
McDonald MB, Waltman SR, editors. New York: Churchill Livingstone, 1988:189-9
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Galley proofs, abstracts and correspondence with the editorial staff
Corrections of the first drafts will be carried out by the authors, following corrections
will be carried out by the editorial staff.
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Aiuta a contrastare
i sintomi oculari
dell’ASTENOPIA
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INOSITOLO
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i sintomi di discomfort da secchezza oculare.
Indicato in caso di :
· Disturbi oculari dovuti ad astenopia e sforzo accomodativo.
· Disturbi oculari causati da stress ambientale, visivo e meccanico.
Modalità d’uso
1-2 gocce nel sacco congiuntivale 2-3 volte al giorno o più, secondo parere medico.
www.bioos.it
Year 2 ı Number 1 ı 2016
7
TREATMENT FOR NEOVASCULAR AGE RELATED MACULAR
DEGENERATION: THE STATE OF THE ART
Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata
all’Età (DMLE) neovascolare
Camilla Alovisi, Federico M. Grignolo, Chiara M. Eandi
Department of Surgical Sciences, Eye Clinic, University of Turin, Italy
ABSTRACT
With the introduction in the clinical
practice of drugs inhibiting vascular
endothelial growth factor (VEGF)
the visual outcomes of patients with
neovascular age related macular
degeneration (AMD) dramatically
improved. Since 2006 repeated
intravitreal injections of anti-VEGF
became the standard of care for the
treatment of neovascular AMD. This
review provides an overview of available
data form clinical trials supporting the
use of anti-VEGF molecules for the
treatment of this condition. Several
questions remain open, in particular
the regimen of treatment, the frequency
of injection, the safety of the different
drugs, and the poor response to the
treatment in some cases. Therefore,
new agents and alternative delivery are
currently under evaluation.
RIASSUNTO
Negli ultimi anni, grazie all’introduzione
di farmaci in grado di inibire il fattore di
crescita endoteliale (VEGF), vi è stato un
notevole miglioramento della prognosi
visiva nei pazienti affetti da Degenerazione
Maculare Legata all’Età (DMLE).
A partire dal 2006 le iniezioni ripetute di
farmaci anti-VEGF sono risultate essere
il trattamento standard di tale patologia.
Lo scopo di questa revisione è quello di
fornire una panoramica dei dati presenti in
letteratura derivanti dagli studi clinici che
hanno valutato tali farmaci. Rimangono ad
oggi ancora alcune problematiche aperte,
in particolar modo riguardo al regime del
trattamento, alla frequenza delle iniezioni,
alla sicurezza dei diversi tipi di anti-VEGF
ed alla scarsa risposta, in alcuni casi, al
trattamento stesso. Per tali motivi sono in
corso numerosi studi per studiare nuovi
approcci terapeutici.
INTRODUCTION
Neovascular age related macular
degeneration (AMD) is characterized
by the growth of choroidal neovessels
(CNV) that infiltrate the subretinal space.
It affects 10% - 13% of subjects over
65 years of age in the industrialized
countries1-2. However, AMD increases
in prevalence with age, thus the burden
of disease is expected to increase
in regions where life expectancy is
INTRODUZIONE
La Degenerazione Maculare Legata
all’Età (DMLE) è caratterizzata dalla
crescita di neovasi coroideali (CNV) che
infiltrano lo spazio sottoretinico. Colpisce
circa il 10-13% dei soggetti con un’età
superiore ai 65 anni ed è più frequente nei
paesi occidentali1-2. La prevalenza della
malattia tende infatti ad aumentare con
l’età risultando essere più frequente nei
paesi con un'aspettativa maggiore di vita.
CORRESPONDING
AUTHOR
Chiara M. Eandi, M.D., Ph.D.
Department of Surgical
Science, Eye Clinic, University
of Torino, Via Juvarra 19
10122 Torino, Italy
Ph +39 0115666048
Fax +39 011539024
[email protected]
KEY WORDS
retina, choroid, macula,
degeneration, angiogenesis,
anti-VEGF
PAROLE CHIAVE
retina, coroide, macula,
degenerazione,
angiogenesi, anti-VEGF
8
Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art
highest. A population-based survey
estimated AMD, as a contributing cause
of blindness, increased worldwide from
4.4% (95% CI 4.0 to 5.1) in 1990 to 6.6%
(95% CI 5.9 to 7.9) in 20103.
The availability of new drugs has
recently revolutionized the management
of patients with neovascular AMD.
Several clinical trials proved the safety
and efficacy of intravitreal inhibition
of vascular endothelial growth
factor (VEGF), a major player in the
angiogenesis4-5-6-7.
Since the approval of anti-VEGF
pharmacotherapy in 2006, the
prevalence of legal blindness and
visual impairment due to AMD has
been considerably reduced, removing
neovascular AMD from the list of
incurable diseases8-9-10. Despite
the great benefit of antiangiogenic
drugs in clinical trials, it is common
sense that real-life outcomes are less
favorable11-12-13. Several questions
remain open, in particular concerning
treatment strategy, monitoring needs,
and increasing costs of treatment14-15.
In this paper, we illustrate the current
therapies and treatment regimens for
neovascular AMD.
Recenti riscontri basati sulla popolazione
hanno dimostrato che la DMLE è una delle
maggiori causa di cecità e la sua incidenza
è passata dal 4.4% (95% CI 4.0 to 5.1) nel
1990 al 6.6% (95% CI 5.9 to 7.9) nel 20103.
La disponibilità di nuove terapie ha
recentemente rivoluzionato il trattamento
dei pazienti con DMLE neovascolare.
Numerosi studi clinici hanno dimostrato
l’efficacia e la sicurezza dei farmaci in grado
di inibire il fattore di crescita endoteliale
(VEGF) intravitreale, uno dei maggiori
responsabili della neo-angiogenesi4-5-6-7.
Fin dall’approvazione di tali terapie nel
2006, la prevalenza della cecità legata alla
DMLE è considerevolmente diminuita,
rendendo tale malattia una patologia
finalmente curabile8-9-10. Nonostante
però gli straordinari risultati di tali terapie
nell’ambiente “privilegiato” degli studi
clinici, la realtà della clinica quotidiana ha
dimostrato dei dati meno favorevoli11-12-13.
Rimangono ancora aperte alcune
questioni in particolar modo riguardanti la
strategia del trattamento, la frequenza del
monitoraggio dei pazienti, e l’elevato costo
dei trattamenti14-15.
In questa revisione, verranno illustrate le
terapie ed i regimi di trattamento correnti
per la DMLE neovascolare.
METHODS
Ethics approval was not required for this
study because only published data were
included.
In this review we summarized the
current available pharmacological
therapies for the management of
neovascular AMD, in particular, the
anti-VEGF compounds that are
commonly used. We included data
from randomized controlled trials
comparing aflibercept, bevacizumab
or ranibizumab against placebo or in a
head-to-head fashion. Studies had to
include at least 1-year follow-up data of
visual acuity and serious side effects.
METODI
Non è stata necessaria alcuna approvazione
da parte del Comitato Etico per questo
lavoro in quanto sono stati inclusi solo dati
già pubblicati. In questa revisione sono
stati riassunti i dati riguardanti i farmaci
attualmente disponibili per il trattamento
della DMLE neovascolare, in particolar
modo i farmaci anti-VEGF comunemente
utilizzati. Abbiamo incluso i risultati degli
studi randomizzati che hanno messo a
confronto l’aflibercept, il bevacizumab ed
il ranibizumab versus il placebo oppure tra
loro. Tutti gli studi considerati dovevano
presentare almeno un anno di followup con dati riguardanti la variazione
Year 2 ı Number 1 ı 2016
9
Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare
To identify randomized controlled
trials, we searched papers in Medline,
Premedline, EMBASE, SCOPUS and
the Cochrane Library. The search was
last updated in October 2015.
dell'acuità visiva e la presenza di eventi
avversi. Per l’individuazione di tali studi è stata
effettuata una ricerca su Medline, Premedline,
EMBASE, SCOPUS and Cochrane con un
ultimo aggiornamento a ottobre 2015.
PEGAPTANIB SODIUM
It is a PEGylated short (28-base) RNA
oligonucleotide, an aptamer that binds
with high specificity and affinity to the
extracellular VEGF isoform VEGF-16516-17
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2011/021756s018lbl.pdf).
Pegaptanib sodium 0.3 mg, given once
every 6 weeks by intravitreal injection,
was the first VEGF inhibitor approved
by the US FDA (United States Food and
Drug Administration) for the treatment
of neovascular AMD and marked a new
era for the treatment of this condition
(www. accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2011/021756s018lbl.pdf).
The rationale is to selectively inhibit
pathological leakage and angiogenesis
reducing the systemic side effects17-18-19.
Pegaptanib is well tolerated in humans
and has a mean intravitreal half-life of 10
days. The VISION study demonstrated
the safety and efficacy of intravitreal
pegaptanib sodium for the treatment of
all type of choroidal neovascularization
secondary to neovascular AMD16.
At two year follow up, its efficacy
was superior compared with PDT
monotherapy, the standard of care
at that time20. Currently, pegaptanib
sodium is still available and approved
for the treatment of neovascular AMD.
However, due to its poorer efficacy
compared with other currently available
anti-VEGF drugs, pegaptanib sodium is
no longer recommended in the majority
of cases17.
PEGAPTANIB SODICO
Consiste in un piccolo oligonucleotide
pegilato di RNA, un aptamero che si lega
con alta specificità ed affinità alla isoforma
extracellulare del VEGF-16516-17
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2011/021756s018lbl.pdf).
Il Pegaptanib sodico 0,3 mg,
somministrato una volta ogni 6 settimane
mediante iniezione intravitreale,
è stato il primo inibitore del VEGF
approvato dalla FDA (United States
Food and Drug Administration) per il
trattamento della DMLE neovascolare
ed ha segnato una nuova era per il
trattamento di questa condizione
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2011/021756s018lbl.pdf).
Il razionale è stato quello di bloccare il
leakage e l'angiogenesi riducendo gli effetti
collaterali sistemici17-18-19.
Il Pegaptanib sodico è ben tollerato
negli esseri umani e ha un'emivita media
intravitreale di 10 giorni. Lo studio
VISION ha dimostrato la sicurezza
e l'efficacia del pegaptanib sodico
intravitreale per il trattamento di tutti i tipi di
neovascolarizzazione coroideale secondaria
a DMLE neovascolare16. A due anni di
follow-up, la sua efficacia si è dimostrata
superiore rispetto alla monoterapia con
terapia fotodinamica (PDT), che in quel
momento costituiva lo standard del
trattamento20. Attualmente, pegaptanib
sodico è ancora disponibile e approvato
per il trattamento della DMLE neovascolare.
Tuttavia, a causa della sua minore efficacia
rispetto ad altri farmaci anti-VEGF
attualmente disponibili, pegaptanib sodico
non è più consigliato nella maggior parte
dei casi17.
BEVACIZUMAB
It is a full-length recombinant
humanized IgG1 monoclonal antibody
10
Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art
that binds all VEGF isoforms17-21
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2014/125085s301lbl.pdf).
In 2004 bevacizumab was approved
by the US FDA and later by EMA
(European Medicines Agency)
as a chemotherapeutic agent
for the intravenous treatment
of metastatic colorectal cancer
and other neoplastic diseases
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2014/125085s301lbl.pdf).
The estimated intravitreal half-life of
bevacizumab is 5.6 days, longer than
ranibizumab and aflibercept (3.2 and
4.8 days, respectively), while the binding
affinity is lower (0.05 to 0.2 compared
to 1 and 140 for ranibizumab and
aflibercept, respectively). The systemic
retention is also prolonged because the
presence of the FC-portion that binds
to an endothelial cell receptor and is
recycled22-23-24-25.
Since bevacizumab has a similar
activity to other anti-VEGF compounds,
especially to ranibizumab, it was
hypothesized that it could provide a
less expensive but similarly efficacious
alternative to approved drugs in
the treatment of CNV secondary to
neovascular AMD17-21. Therefore, since
2005 many uncontrolled case series
reporting the effect of intravitreal
bevacizumab for neovascular AMD were
published26-27.
Recently, were published the results
of two independent studies of noninferiority that compared intravitreal
bevacizumab and ranibizumab with
monthly or as needed regimen for
the treatment of neovascular AMD.
The CATT study at one year follow
up demonstrated the equivalence
between monthly ranibizumab and
bevacizumab (+8.0 and +8.5 letters
gained, respectively). Ranibizumab and
bevacizumab administered as needed
BEVACIZUMAB
È costituito da un anticorpo monoclonale
umanizzato ricombinante del tipo IgG1
che lega tutte le isoforme del VEGF17-21
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2014/125085s301lbl.pdf).
Nel 2004 il bevacizumab è stato approvato
dalla FDA e successivamente dall’EMA
(European Medicines Agency) come
agente chemioterapico per il trattamento
endovenoso del carcinoma metastatico del
colon-retto e di altre malattie neoplastiche
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2014/125085s301lbl.pdf).
L'emivita stimata intravitreale del
bevacizumab è di 5,6 giorni, superiore
rispetto a quella di ranibizumab e aflibercept
(3.2 e 4.8 giorni, rispettivamente), mentre
l'affinità di legame è inferiore (0,05-0,2
rispetto al 1 e 140 per ranibizumab e
aflibercept, rispettivamente). L’emivita
sistemica è prolungata anche perché vi è
la presenza della porzione FC che si lega al
recettore espresso dalle cellule endoteliali
venendo in seguito riciclata22-23-24-25.
Dal momento che il bevacizumab ha
un'attività analoga ad altri composti
anti-VEGF, soprattutto al ranibizumab,
è stato ipotizzato che potrebbe fornire
un’alternativa meno costosa, ma
ugualmente efficace, ai farmaci approvati
per il trattamento della CNV secondaria a
DMLE neovascolare17-21. Per tale motivo,
dal 2005 sono stati pubblicati numerosi
studi non controllati, per valutare l’effetto
del bevacizumab intravitreale nella DMLE
neovascolare26-27.
Recentemente, sono stati pubblicati i
risultati di due studi clinici, indipendenti
di non-inferiorità, per il trattamento della
DMLE neovascolare che hanno confrontato
il bevacizumab ed il ranibizumab
intravitreale con somministrazioni mensili
od al bisogno (“pro re nata”– PRN) in
presenza di segni di attivazione della
malattia. Lo studio CATT ad un anno di
follow-up ha dimostrato l'equivalenza
Year 2 ı Number 1 ı 2016
11
Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare
(+5.9 and +6.8 letters, respectively) were
also equivalent. However, anatomically
bevacizumab showed less effective
in terms of reducing retina edema28.
At the end of the two years follow up,
similar results were observed. The
mean change in visual acuity was
similar for both drugs, but higher for
monthly than for as-needed treatment17.
The proportion of eyes without fluid
was higher (45.5%) in the ranibizumab
monthly group than in the bevacizumab
as-needed group (13.9%). Generally,
switching from monthly to as-needed
treatment resulted in a greater mean
decrease in vision during year two and a
lower proportion without fluid17-28.
Similar results were observed in
the IVAN study. More than 600
patients were treated with intravitreal
ranibizumab or bevacizumab given
monthly or as needed. Both at one year
and two year follow up bevacizumab
did not meet the non-inferiority criteria
and the study was inconclusive. There
were no differences between drugs and
treatment regimens in the changes of
visual acuity and in proportion of serious
systemic adverse events29-30.
The GEFAL study confirmed these
findings. This was again a non-inferiority
trial between intravitreal ranibizumab
and bevacizumab administered with a
loading dose of three months, followed
by an as-needed regimen for one
year31. Bevacizumab was non-inferior
to ranibizumab. However, there were
no statistically significant differences in
the presence of subretinal or intraretinal
fluid at final evaluation, dye leakage
on angiogram or change in choroidal
neovascular area, but ranibizumab
tended to have a better anatomic
outcome31.
Safety in the use of anti-VEGF drugs
is a controversial topic. Major concern
is the possibility to increase the rate
tra ranibizumab e bevacizumab sia se
somministrati con un regime mensile
fisso (+ 8.0 e + 8,5 lettere guadagnate,
rispettivamente) sia se utilizzati PRN
(+ 5,9 e + 6,8 lettere, rispettivamente).
Tuttavia, anatomicamente, il bevacizumab
si è dimostrato il meno efficace tra i due in
termini di riduzione dell'edema retinico28.
Risultati simili sono stati osservati alla fine
dei due anni di follow-up. La variazione
media nell'acuità visiva era simile per
entrambi i farmaci, ma vi era stato un
recupero visivo più importante nel regime
mensile fisso rispetto a quello al bisogno17.
La proporzione di occhi senza fluido
era più alta (45,5%) nel gruppo trattato
mensilmente con ranibizumab rispetto
al gruppo trattato secondo necessità
con bevacizumab (13,9%). In generale il
passaggio da un regime mensile ad uno
secondo necessità ha portato ad una
maggiore perdita di acuità visiva, durante
il secondo anno, con un numero superiore
di pazienti che presentavano fluido
intraretinico17-28.
Risultati simili sono stati osservati nello
studio IVAN. Più di 600 pazienti sono stati
trattati con ranibizumab o bevacizumab
intravitreale somministrati mensilmente od
al bisogno. Sia ad un anno che a due anni di
follow-up bevacizumab non soddisfaceva
i criteri di non inferiorità e lo studio era
inconclusivo. Non c'erano differenze tra i
due farmaci e tra gli schemi terapeutici, per
quanto riguarda variazioni di acuità visiva
e di proporzione di gravi eventi avversi
sistemici29-30.
Lo studio GEFAL ha confermato questi
risultati. Il suo disegno di non inferiorità,
aveva lo scopo di valutare le differenze
tra il trattamento con ranibizumab o
bevacizumab intravitreali somministrati
con una dose di carico iniziale di tre mesi
seguita da un regime PRN per un anno31.
Bevacizumab è risultato non inferiore a
ranibizumab. Vi erano infatti differenze
non statisticamente significative per
12
Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art
of cardiovascular adverse events in
a population already at higher risk32.
In human studies, Avery et al33 found
that the systemic exposure after the
third monthly intravitreal injection was
13-fold greater for aflibercept and
70-fold greater for bevacizumab than
for ranibizumab. Other reports reviewed
differences in both ocular and systemic
safety between intravitreal bevacizumab
and ranibizumab showing that serious
adverse events associated with either
bevacizumab or ranibizumab injections
are generally rare21-34.
A recent meta-analysis evaluated the
risk of major cardiovascular and nonocular hemorrhagic events in patients
with neovascular AMD, diabetes
mellitus–associated macular edema
(DME), or retinal vein occlusions
(RVOs) treated with intravitreal antiVEGF drugs. This review showed that
intravitreal anti-VEGF molecules were
not associated with significant increases
in major cardiovascular or non-ocular
hemorrhagic events35.
With respect to safety, pooled
analyses of the CATT and IVAN studies
showed that mortality was lower with
ranibizumab, but neither outcome
differed significantly between drugs
with the size of the respective study
population (p=−0.34 and p=−0.55).
Increased odds of experiencing a
serious adverse event with bevacizumab
observed in the CATT persisted in
the meta-analysis (p=−0.016). Most
importantly, the CATT and IVAN studies
were not powered to identify small, but
clinically significant differences in the
safety of the two compounds17.
In conclusion, bevacizumab is
substantially less expensive, but each
treatment decision is -legally and
medically- based on an individual
agreement between treating physician
and patient, and must be the
quanto riguardava la presenza di liquido
sottoretinico od intraretinico alla valutazione
finale, leakage alla fluorangiografia o
nell’aspetto della lesione coroideale,
tuttavia il ranibizumab tendeva ad avere un
migliore risultato anatomico31.
La sicurezza nell'uso di farmaci anti-VEGF è
un argomento controverso. La principale
preoccupazione riguarda la possibilità
di aumentare il tasso di eventi avversi
cardiovascolari in una popolazione
già ad alto rischio32. Negli studi in vivo
Avery et al33 hanno dimostrato che
l'esposizione sistemica dopo la terza
iniezione intravitreale mensile era 13
volte superiore per aflibercept e 70 volte
maggiore per bevacizumab rispetto a
ranibizumab. Altri lavori hanno sottolineato
le differenze sia nella sicurezza sistemica
che in quella oculare di bevacizumab e
ranibizumab intravitreali mostrando che, i
gravi eventi avversi associati con iniezioni
di bevacizumab o di ranibizumab, sono
generalmente rari21-34.
Una meta-analisi recente ha valutato il
rischio di eventi cardiovascolari seri ed
eventi emorragici non oculari in pazienti
affetti da DMLE umida, diabete mellito
associato ad edema maculare (DME) od
occlusioni venose retiniche (RVO), trattati
con farmaci anti-VEGF. Questa revisione
ha dimostrato che le molecole di anti-VEGF
intravitreale non sono associate con un
maggiore rischio di eventi cardiovascolari
od emorragici sistemici35.
In termini di sicurezza, l’analisi degli
studi CATT e IVAN ha riconosciuto
che la mortalità era più bassa con
ranibizumab, ma nessun risultato ha
presentato una differenza significativa
tra i due farmaci considerando la
grandezza delle popolazioni in esame
(p = −0.34 e p = −0.55). L’aumento del
rischio relativo degli eventi avversi a favore
del bevacizumab osservato negli studi
CATT ed IVAN si è mantenuto anche nella
metanalisi (p = −0.016). Bisogna inoltre
Year 2 ı Number 1 ı 2016
13
Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare
consequence of a comprehensive
discussion of treatment alternatives and
incalculable risks. Informed consent
after discussing the optimal benefit,
comfort and risks and the off-label
status of the drug is mandatory36.
RANIBIZUMAB
It is a recombinant, humanized Fab
fragment of a monoclonal antibody
with a high affinity for VEGF-A. It
binds to the receptor binding site of
all isoforms of VEGF-A, including the
soluble VEGF isoforms 110, 121 and
165 and the tissue-bound isoforms
189 and 20617-37-38 (www.accessdata.
fda.gov/drugsatfda_docs/
label/2014/125156s105lbl.pdf).
Opposite to bevacizumab that was
developed for long systemic retention
in the treatment of metastatic cancer,
ranibizumab was designed for rapid
systemic clearance by removing the
Fc fragment from the molecule of
bevacizumab39.
Compared to bevacizumab, it has a
smaller molecular weight (76 kDa) and
a shorter intravitreal half-life, allowing
a better penetration of the retina and a
rapid systemic clearance40-41.
Ranibizumab 0.5 mg has been
approved for the treatment of
neovascular AMD since July
2006 by the US FDA and since
January 2007 by the EMA (www.
accessdata.fda.gov/drugsatfda_docs/
label/2014/125156s105lbl.pdf)
Several studies evaluated the efficacy
of ranibizumab 0.5 mg administered
on a fixed monthly (Marina and Anchor
studies) or flexible regimens (Pier,
Excite, PrONTO, CATT, Secure, Harbor).
The Marina and Anchor6-7-42-43-44 were a
phase 3 randomized trials that included
minimally classic or occult CNV and
predominantly classic CNV, respectively.
At two year follow up, 90% of eyes in the
ricordare che gli studi CATT ed IVAN non
avevano lo scopo di identificare piccole
differenze tra i due farmaci, ma solo quelle
statisticamente significative17.
In conclusione il bevacizumab frazionato
per l’uso intravitreale, è sostanzialmente
un farmaco poco costoso. Tuttavia ogni
trattamento deve essere, dal punto di vista
legale, il risultato di un accordo individuale
tra il medico ed il paziente. La decisione
deve seguire una precisa ed attenta
spiegazione da parte del medico delle
possibili alternative del trattamento con
tale farmaco ed alla presenza di rischi non
ben precisati che possono pregiudicare
il trattamento stesso. È pertanto
fondamentale un consenso infomato
che prenda anche in considerazione la
spiegazione dell’utilizzo off-label di tale
molecola36.
RANIBIZUMAB
Frammento Fab ricombinante, umanizzato
di un anticorpo monoclonale con
un'alta affinità per il VEGF-A, si lega al
sito di legame del recettore di tutte le
isoforme di VEGF-A, tra cui le isoforme
solubili del VEGF 110, 121 e 165 e
le isoforme tissutali 189 e 20617-37-38
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2014/125156s105lbl.pdf).
A differenza del bevacizumab, che era
stato pensato per durare molto tempo
in circolo per aumentare l’efficacia del
trattamento del cancro metastatico, il
ranibizumab è stato disegnato per avere
una rapida clearance sistemica grazie alla
rimozione del frammento Fc dalla molecola
di bevacizumab39.
Paragonata al bevacizumab, la molecola
di ranibizumab ha un peso molecolare
minore (76kDa) ed un’emivita intravitreale
più breve, permettendo una migliore
penetrazione nella retina ed una più rapida
clearance sistemica40-41.
Il ranibizumab 0.5 mg è stato
approvato per il trattamento della
14
Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art
ranibizumab 0.5 mg group maintained
stable vision without loss of ≥15 letters
compared with 53% in the control
group42 and 66% in the control group
treated with photodynamic therapy
alone44, respectively.
Nowadays, the efficacy of ranibizumab
0.5 mg is well established. However,
there is still an open debate regarding
the most cost-effective treatment
regimen. The Marina and Anchor
studies showed that typically the
functional and anatomical effects
were seen rapidly within the first 3
months of intervention, and were
maintained throughout the entire followup of 24 months42-45. Therefore, it is
recommended to start the treatment
with a loading phase of at least three
monthly intravitreal injections, followed
by PRN (pro-re-nata or as-needed),
quarterly dosing, or treat and extend
regimen. The Pier study46 was a phase
3b trial that evaluated the efficacy
and safety of dosing every 3 months
ranibizumab 0.5 mg after the loading
dose of 3 months. Visual acuity of
patients treated with the quarterly
dosing returned to baseline at month 12,
suggesting that this regimen is inferior to
monthly dosing17-46.
These findings were also confirmed by
the Excite study. At month 12 compared
to month 3, visual acuity gain of
patients receiving quarterly dosing after
three consecutive monthly injections
was slightly decreased compared to
monthly treated subjects, independently
to the 0.3 mg or 0.5 mg doses of
ranibizumab47.
Other studies, PrONTO, CATT, Secure,
and Harbor, investigated flexible
regimens. The retreatment criteria
were functional based on visual acuity
changes, and anatomical OCT-guided.
The PrONTO study was the first study
showing that flexible OCT-guided
DMLE neovascolare a luglio 2006
dall’ FDA e a gennaio 2007 dall’EMA
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2014/125156s105lbl.pdf)
Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia
del ranibizumab 0.5mg somministrato
in dosi fisse mensili (studi Marina ed
Anchor) od in regimi flessibili (Pier, Excite,
PrONTO, CATT, Secure, Harbor). Gli studi
Marina ed Anchor 6-7-42-43-44 erano studi
randomizzati di fase 3 che includevano
CNV minimamente classiche od occulte
e classiche, rispettivamente. A due anni
di follow up, il 90% degli occhi trattati con
ranibizumab 0.5 mg avevano mantenuto
una visione stabile senza una perdita ≥15
lettere paragonati con il 53% nel gruppo di
controllo42 ed il 66% dei pazienti trattati con
la sola terapia fotodinamica44.
Ad oggi l’efficacia del ranibizumab 0.5mg è
accertata. Tuttavia vi è ancora un dibattito
aperto riguardo il costo-efficacia di tale
prodotto. Gli studi Marina ed Anchor
hanno dimostrato che in genere gli effetti
funzionali ed anatomici sono stati riscontrati
rapidamente entro i primi 3 mesi di
trattamento e sono stati mantenuti durante
l'intero follow-up di 24 mesi42-45. Pertanto
si raccomanda di iniziare il trattamento
con una fase di carico di almeno tre
iniezioni intravitreali mensili, seguite da un
dosaggio PRN oppure da un trattamento
“treat and extend”. Lo studio Pier46 è uno
studio di fase 3b che ha valutato l'efficacia
e la sicurezza del dosaggio di 0,5 mg di
ranibizumab ogni 3 mesi dopo una dose
di carico di 3 mesi. L'acuità visiva dei
pazienti trattati con il dosaggio trimestrale
è ritornata ai valori basali al mese 12,
suggerendo che questo regime è inferiore
rispetto al dosaggio mensile fisso17-46.
Questi risultati sono stati confermati anche
dallo studio Excite. Al mese 12 rispetto al
mese 3, il guadagno di acuità visiva dei
pazienti che avevano ricevuto un dosaggio
trimestrale dopo tre iniezioni mensili
consecutive è stato leggermente inferiore
Year 2 ı Number 1 ı 2016
15
Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare
retreatment could sustain visual gain
with fewer injections than fixed monthly
regimen48.
With the introduction in the clinical
practice of the spectral-domain OCT
(SD-OCT) technology, the retreatment
criteria were very tight and referred
as “tolerance zero”. This is the case
of the CATT trial that evaluated the
efficacy and safety of ranibizumab
and bevacizumab administered with
two different regimens, monthly or
as-needed, for two years28. At 12
month, the ranibizumab as-needed
treated group was considered as
non-inferior with a difference of 1.7
letters of visual acuity gain when
compared to monthly group (+6.8 and
+8.5 letters, respectively). However,
during the second year of the CATT
study, the monthly ranibizumab group
was re-randomised into a continuous
monthly treatment and as-needed
treatment. At year two, the as-needed
group lost -1.8 letters as compared with
those staying with monthly treatment,
showing that changing to as needed in
year 2 lost all the benefit of the monthly
treatment from year28. Similarly, the
IVAN study at year 2 showed that
bevacizumab was neither non-inferior
nor inferior to ranibizumab (mean
difference -1.37 letters) and concluded
that for VA, both drugs have similar
efficacy30-49.
Ranibizumab 0.5 mg long-term safety
and efficacy were evaluated in the
Secure and Horizon prospective
extension studies of the previous trials
(Marina, Anchor, Excite, and Sustain)
with a follow up of 24 months37-50-51.
The results showed a progressive
decline in visual acuity by -7.5 letters,
underling the progressive nature of
neovascular AMD and the need of
a strict continuous monitoring and
rigorous retreatment criteria. Also the
rispetto ai soggetti trattati mensilmente,
indipendentemente dal dosaggio di
ranibizumab di 0,3 mg o 0,5 mg47.
Altri studi, PrONTO, CATT, Secure e
Harbor, hanno studiato i regimi flessibili.
I criteri di ritrattamento erano basati
sulle variazioni di acuità visiva e sulle
variazioni anatomiche visualizzate con
l’OCT. Lo studio PrONTO è stato il primo
studio a dimostrare che il trattamento
flessibile OCT-guidato potrebbe essere
una valida alternativa, come mantenimento
dell’acuità visiva, al trattamento mensile
fisso48.
Con l'introduzione nella pratica clinica
della tecnologia spectral domain OCT
(SD-OCT), i criteri di ritrattamento
sono stati molto ristretti e definiti come
"tolleranza zero". Questo è il caso dello
studio CATT che ha valutato l'efficacia e la
sicurezza di ranibizumab e bevacizumab
somministrato con due diversi regimi,
mensili o PRN, per due anni28. Al mese
12, il gruppo trattato al bisogno con
ranibizumab è stato considerato come non
inferiore, con una differenza di 1,7 lettere
nel guadagno di acuità visiva, rispetto
al gruppo trattato mensilmente (+6,8 e
+8,5 lettere, rispettivamente). In seguito,
durante il secondo anno dello studio CATT,
il gruppo ranibizumab mensile è stato rirandomizzato nel braccio dei trattamenti
mensili ed in quello dei trattamenti PRN.
A due anni, il gruppo dei trattamenti PRN
aveva perso -1.8 lettere rispetto ai pazienti
che avevano continuato con il trattamento
mensile, dimostrando che cambiando il
regime di trattamento, nel secondo anno,
veniva perso tutto il beneficio del trattamento
mensile accumulato nel corso del primo
anno28. Allo stesso modo, lo studio IVAN
nel secondo anno ha dimostrato che il
bevacizumab non era né non inferiore né
inferiore al ranibizumab (differenza media
-1.37 lettere) concludendo che per quanto
riguarda l'acuità visiva, entrambi i farmaci
hanno effetti simili30-49.
16
Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art
Seven-up study demonstrated a longterm persistence of disease activity in
the majority of patients43.
These extension studies provided
further data on the safety of intravitreal
ranibizumab. The incidence of the
endophthalmitis was low in both
studies (0.9% and 0.2%, in the Secure
and Horizon trials respectively) and
consistent with those reported in the
previous studies Marina and Anchor
(1.0% and 1.1%, respectively)37-51. Also
the rate of arterial thromboembolic
events did not increase with the duration
of treatment and was consistent across
the studies. In fact, in the Secure trial
arterial thormoembolic events occurred
in 5.6% of the patients. Similar rate were
reported in the Horizon (5.3%), Marina
(5%), and Anchor studies (4.4%). Not
even higher dose of ranibizumab seems
to increase the incidence of ocular and
systemic adverse events, as showed by
the Harbor study52-53.
Currently, ranibizumab long-term
safety, efficacy, treatment patterns,
and health-related quality-of-life
outcomes in the management of
wet AMD are being evaluated by
LUMINOUS program in routine
clinical practice17-54 (www.clinicaltrials.
gov/ct2/show/NCT01318941?
term=NCT01318941&rank=1).
Recently, the Harbor study confirmed
that monthly intravitreal ranibizumab 0.5
mg represents the optimum regimen of
treatment for patients with neovascular
AMD. However, no disadvantages were
observed with a PRN regimen with
strict monthly monitoring visits and
SD-OCT technology52-53. This was the
first trial using only SD-OCT monitoring
into a PRN regimen compared with
monthly treatment. This study evaluated
the efficacy and safety of 0.5 and 2.0
mg intravitreal dosing of ranibizumab
monthly and on an as-needed basis in
Efficacia e sicurezza a lungo termine di
ranibizumab 0,5 mg sono stati poi valutati
negli studi prospettici Secure ed Horizon,
estensioni di alcuni studi precedenti (Marina,
Anchor, Excite e Sustain) con un follow up di
24 mesi 37-50-51. I risultati hanno mostrato un
declino progressivo dell'acuità visiva di -7,5
lettere, sottolineando la natura progressiva
della DMLE neovascolare e la necessità
di un attento e continuo monitoraggio e
di rigorosi criteri di ritrattamento. Anche
lo studio Seven-Up ha dimostrato una
persistenza a lungo termine dell’ attività della
malattia nella maggior parte dei pazienti43.
Questi studi di estensione hanno fornito
ulteriori dati sulla sicurezza di ranibizumab
intravitreale. L'incidenza delle endofitalmiti
è risultata bassa in entrambi gli studi
(0,9% e 0,2%, negli studi Secure e
Horizon rispettivamente) e sulla scia dei
valori segnalati precedentemente negli
studi Marina e Anchor (1,0% e 1,1%,
rispettivamente)37-51. Anche il tasso di eventi
tromboembolici arteriosi non appariva
aumentato con la durata del trattamento
ed era coerente tra i vari studi. Nello studio
Secure, gli eventi tromboembolici arteriosi
si sono verificati nel 5,6% dei pazienti.
Un valore simile è stato anche riscontrato
negli studi Horizon (5,3%), Marina (5%) ed
Anchor (4,4%). Inoltre l'incidenza di eventi
avversi oculari e sistemici, non sembra
possa aumentare con una dose ancora più
elevata di ranibizumab, come dimostrato
dallo Studio Harbor52-53.
Attualmente lo studio LUMINOUS sta
raccogliendo dati per valutare nella
pratica clinica, la sicurezza a lungo
termine di ranibizumab, l’efficacia, i
modelli di trattamento ed i risultati correlati
alla qualità di vita dei pazienti affetti da
DMLE essudativa17-54 (www.clinicaltrials.
gov/ct2/show/NCT01318941
term=NCT01318941&rank=1).
Recentemente lo studio Harbor ha
confermato come il trattamento mensile di
ranibizumab 0.5mg rappresenti il regime
Year 2 ı Number 1 ı 2016
17
Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare
treatment-naïve patients with subfoveal
neovascular AMD. At month 24, the
mean change from baseline in best
corrected visual acuity was (letters)
+9.1 (0.5 mg monthly), +7.9 (0.5 mg
PRN), +8.0 (2.0 mg monthly), and +7.6
(2.0 mg PRN). The proportion of patients
who gained ≥15 letters from baseline in
best corrected visual acuity at month
24 was similar in all groups (34.5%,
33.1%, 37.6%, and 34.8%, respectively),
while the mean number of ranibizumab
injections through month 24 was less for
the PRN groups (21.4, 13.3, 21.6, and
11.2, respectively)53.
Treat-and-extend is another flexible
strategy suggested to reduce
retreatment numbers. Treat-and-extend
trials are currently underway in Europe.
After the initial loading dose of three
monthly ranibizumab or bevacizumab
injections, usually a cohort of patients
were prospectively treated with monthly
injections until there was no CNV
activity55. The interval between visit
and treatment was then extended by
2 weeks to a maximum of 12 weeks.
When there was CNV activity, this
interval was shortened by 2 weeks.
Although the treat-and-extend protocol
is not standardized yet, outcomes
were similar to those of the clinical trials
of monthly ranibizumab with fewer
injections and fewer visits. At month 12,
visual acuity improved by 9.2 and 10.5
letters in the monthly and treat-andextend cohorts, respectively.
The mean number of injections
administered through month 12 was
13.0 and 10.1 in the monthly and treatand-extend cohorts, respectively56-57.
In conclusion, currently in Europe,
ranibizumab is licensed for monthly
dosing until VA is stable, followed by
monitoring and resumption of treatment
as needed. In the USA, ranibizumab
once monthly is recommended;
ottimale di trattamento dei pazienti con
DMLE neovascolare. Tuttavia non sono
stati notati degli svantaggi legati al regime
PRN associati a stretti monitoraggi mensili
con tecnologie SD-OCT52-53. Questo trial
è stato il primo ad utilizzare il trattamento
PRN SD-OCT-guidato nei confronti della
posologia mensile. Lo scopo infatti era
quello di valutare l’efficacia e la sicurezza
di 0.5 mg e 2.0 mg di ranibizumab
somministrato mensilmente od al bisogno
in pazienti naïve affetti da CNV subfoveali.
Al mese 24, la variazione media dal
basale dell’acuità visiva espressa in
lettere ETDRS è stata di + 9,1 (0,5 mg
trattamento mensile), + 7,9 (0,5 mg PRN),
+ 8.0 (2,0 mg mensile) e + 7,6 (2,0 mg PRN).
La proporzione di pazienti che ha
guadagnato ≥15 lettere rispetto al basale al
mese 24 era simile in tutti i gruppi (34,5%,
33,1%, 37,6% e 34,8%, rispettivamente),
mentre il numero medio di iniezioni di
ranibizumab fino al 24 mese è stata meno
per i gruppi PRN (21.4, 13.3, 21.6, e 11.2,
rispettivamente)53.
Il trattamento “treat and extend” costituisce
un’altra alternativa al trattamento mensile
per ridurre il numero di ritrattamenti.
In Europa sono in corso alcuni studi
clinici basati su tale regime. Dopo una
dose iniziale di carico di tre trattamenti
mensili con bevacizumab o ranibizumab,
si prosegue ad iniettare i pazienti fino alla
scomparsa dell’attività della lesione55.
A questo punto, in considerazione della
stabilizzazione della malattia, si aumenta
di 2 settimane, fino ad un massimo di 12
settimane, la finestra compresa tra le visite
di controllo. Con la riattivazione della CNV,
l’intervallo viene riportato a 4 settimane.
Sebbene il trattamento “treat and extend”
non sia stato ancora standardizzato, i
risultati sono stati simili a quelli degli studi
in cui il ranibizumab è stato somministrato
mensilmente con però un minor numero
di iniezioni e controlli. Al mese 12 l’acuità
visiva è aumentata di 9.2 e 10.5 lettere nel
18
Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art
however, patients may receive three
or four monthly doses followed by
less frequent dosing with regular
assessments.
AFLIBERCEPT
It is a dimeric recombinant fusion
glycoprotein. In aflibercept portions
of human VEGF receptors 1
and 2 (VEGFR-1 and VEGFR-2)
extracellular domains are fused
to the Fc portion of human IgG1
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2014/125387s043lbl.pdf).
It acts as a soluble decoy receptor that
binds multiple members of the VEGF
family, with high affinity for the VEGF-A
and PlGF (Placental growth factor)
isoforms, blocking their activation17-49-58
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2014/125387s043lbl.pdf ).
PlGF is a growth factor normally present
in the choroid59 and is proved to be
proangiogenic on retinal endothelial
cells60. Therefore, PlGF and its receptor
VEGFR-1 may represent a promising
target for CNV therapy59.
Its binding affinity (KDa=0.49 pmol/L)
is higher than that of ranibizumab
(KDa=0.46 pmol/L) and bevacizumab
(KDa=0.58 pmol/L)61-62. The molecular
size (115kD) is bigger than ranibizumab
and bevacizumab resulting in a longer
half-live (7.1 days intravitreal, 18 days
serum) due to the presence of the
Fc portion. The compound binds to
all VEGF-A isoforms and VEGF-B,
with higher affinity than their native
receptors63.
Aflibercept 2 mg received FDA approval
in November 2011 and EMA approval
in November 2012 for the treatment
of neovascular AMD based on results
of the VIEW 1 (US centers) and VIEW
2 (centers in Canada, South America,
Europe, Asia, Australia) studies64-65.
These are two Phase 3 trials that
braccio mensile e nel braccio “treat and
extend” rispettivamente. Il numero medio di
iniezioni a 12 mesi è stato di 13.0 e 10.1 per
il gruppo mensile e per il braccio “treat and
extend”, rispettivamente56-57.
In conclusione, ad oggi in Europa, il
ranibizumab è stato registrato per il
trattamento mensile fino al raggiungimento
della stabilizzazione della acuità visiva,
seguito da un monitoraggio mensile ed
un eventuale ritrattamento al bisogno.
Negli USA, ranibizumab è consigliato con
una posologia mensile; tuttavia i pazienti
possono ricevere una dose iniziale mensile
iniziale di tre o quattro trattamenti seguiti da
monitoraggi regolari ed un numero meno
frequente di ritrattamenti.
AFLIBERCEPT
È una glicoproteina dimerica ricombinante
di fusione. In aflibercept le porzioni dei
recettori extracellulari 1 e 2 del VEGF
umano (VEGFR-1 e VEGFR-2) sono fusi
con la porzione Fc delle IgG1 umane
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2014/125387s043lbl.pdf).
Agisce come un recettore solubile che
lega numerosi membri della famiglia del
VEGF, con un’alta affinità per le isoforme
del VEGF-A ed il PIGF (Placental Growth
Factor), bloccandone l’attivazione17-49-58
(www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_
docs/label/2014/125387s043lbl.pdf ).
Il PIGF è un fattore di crescita normalmente
presente a livello della coroide59 ed
è in grado di avere anche un’azione
proangiogenica nei confronti delle cellule
retiniche endoteliali60. Per tale motivo sia il
VEGFR-1 che il PIGF rappresentano targets
ideali per la terapia delle CNV59.
La sua affinità di legame (KDa = 0,49
pmol/L) è superiore a quella di ranibizumab
(KDa = 0,46 pmol/L) e di bevacizumab
(KDa = 0,58 pmol/L)61-62. La dimensione
molecolare (115kD) è più grande di
ranibizumab e bevacizumab. Questo porta
ad un più lungo tempo di dimezzamento
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19
Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare
compared ranibizumab with two
doses of aflibercept (0.5 mg and
2.0 mg), administered monthly or
eight-weekly (for the 2.0 mg dose).
At 52 weeks, all aflibercept groups,
independent of doses and regimen,
were non-inferior to the control group
with equal maintenance of vision in
95% of eyes64. Also morphologically,
all treatment groups demonstrated a
similar rapid decline in CRT (Central
Retinal Thickness). In the eightweekly aflibercept groups, bimonthly
fluctuations in CRT were seen with
recurrent exudation between extended
aflibercept injections. However, there is
no evidence that these fluctuations in
OCT negatively translate to visual acuity
(Heier et al 2012)64.
From week 52 to week 96 a ‘capped’
regimen was followed with mandatory
injections at an interval of 12 weeks
since the previous treatment. Mean
best corrected visual acuity gains were
between +6.6 (aflibercept 0.5 mg) and
+7.9 letters (ranibizumab monthly), 7.6
letters (aflibercept monthly and eightweekly) confirming non-inferiority
for aflibercept and the bi-monthly
retreatment regimen. The retreatment
frequency was similar for both drugs
during the second year (4.1, 4.2
and 4.7 injections for the aflibercept
monthly, aflibercept eight-weekly,
and ranibizumab group, respectively).
Moreover, less patients required at
least six retreatments in the aflibercept
2 mg group (14%–16%) than in the
ranibizumab group (26.5%), and more
aflibercept-treated than ranibizumabtreated eyes were seen without retinal
fluid at weeks 52 and 9665.
Recent subgroup analyses of the
VIEW trials suggested a superior
morphologic efficiency of aflibercept
in reducing intraretinal and subretinal
fluid as well as reducing RPE elevation,
(7,1 giorni intravitreale, 18 giorni siero) a
causa della presenza della porzione Fc.
La molecola è in grado di legare tutte le
isoforme del VEGF-A e del VEGF-B, con
un’alta affinità per i loro recettori63.
Aflibecept 2mg ha ricevuto, per il
trattamento della DMLE neovascolare,
l’approvazione FDA nel novembre 2011 e
l’approvazione EMA nel novembre 2012
in base ai risultati degli studi VIEW1 (negli
USA) e VIEW2 (Canada, Sud America,
Europa, Asia, Australia)64-65.
Questi due studi di fase 3 avevano
l’obiettivo di paragonare il ranibizumab con
due dosi di aflibercept (0.5mg e 2.0mg)
somministrate mensilmente od ogni 8
settimane (per la dose di 2.0mg). Alla
52a settimana, tutti i gruppi che avevano
utilizzato aflibercept, indipendentemente
dal dosaggio o dallo schema terapeutico,
sono risultati non inferiori rispetto al gruppo
di controllo con un mantenimento uguale
della AV nel 95% degli occhi64. Anche dal
punto di vista anatomico, tutti i gruppi
di trattamento, hanno dimostrato una
riduzione simile e rapida dello spessore
retinico centrale (CRT). Nel gruppo trattato
ogni 8 settimane con aflibercept, si sono
verificate fluttuazioni del CRT nel periodo
compreso tra i ritrattamenti. Tuttavia queste
modifiche nello spessore retinico centrale
non hanno influenzato negativamente
l’acuità visiva64. Dalla settimana 52 alla
settimana 96, il disegno dello studio
prevedeva il trattamento obbligatorio
con iniezioni ad intervalli fissi di ogni 12
settimane. La media del guadagno di
acuità visiva è risultato essere di + 6,6
lettere (aflibercept 0,5 mg), e + 7,9 lettere
(ranibizumab mensile), con una media di
+7,6 lettere per aflibercept mensile ed ogni
8 settimane, confermando la non-inferiorità
di aflibercept e del regime di trattamento
bi-mensile. La frequenza del ritrattamento è
stata simile per entrambi i farmaci durante il
secondo anno (4.1 iniezioni per aflibercept
mensile, 4.2 per aflibercept bi-mensile e 4.7
20
Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art
which suggest a superior anatomic
efficacy of aflibercept compared with
ranibizumab17.
Individual variation in drug response
is a common phenomenon. Also in
anti-VEGF treatment for neovascular
AMD despite a good initial response,
some patients are refractory with loss
of vision and recurrences. Although
the mechanism responsible for this
resistance is unknown, it might be due
to the development of a tolerance or
tachyphylaxis, which is manifested
as a reduction in the response to
successive treatments owing to an
immune response. There are some
clinical evidence that better anatomical
and visual results can be obtained
by switching to a different intravitreal
medication, having observed that up to
81 % of patients favorably respond to
the switching49-66-67-68-69.
Various studies have analyzed
the results of changing treatment
in resistant patients, showing an
anatomical improvement and visual
acuity stabilization70-71-72. However, these
studies present several limitations, such
as small number, lack of well-balanced
control group of non-switch patients and
their retrospective analysis. Recently,
the ASSESS study demonstrated
that fixed intravitreal aflibercept 2 mg
dosing regimen for 12 months improved
anatomic and vision endpoints in
subjects with active neovascular AMD
previously treated with ranibizumab
and/or bevacizumab70. The switchback
(from aflibercept to ranibizumab) is also
a therapeutic option in patients who had
shown no benefit from the initial switch
from ranibizumab to aflibercept73.
In conclusion, currently in Europe,
aflibercept 2.0 mg is licensed for
monthly dosing for the first three months
followed by a fixed dosing every eight
weeks. After 12 months of treatment,
per ranibizumab mensile). Inoltre un minor
numero di pazienti ha richiesto almeno
sei ritrattamenti nel gruppo di aflibercept
2mg (14%-16%) rispetto al gruppo del
ranibizumab (26,5%) e più pazienti trattati
con aflibercept hanno presentato minor
fluido retinico alla settimana 52 e 96
rispetto a quelli trattati con ranibizumab65.
Recenti sottoanalisi degli studi VIEW
hanno suggerito una maggiore efficacia
dell’aflibercept nel ridurre il fluido intra
e sottoretinico oltre che i distacchi
dell’epitelio pigmentato retinico,
suggerendo quindi una maggiore efficacia
a livello anatomico dell’aflibercept nei
confronti del ranibizumab17.
Le variazioni individuali nella risposta ad
un farmaco sono comuni. Anche con i
farmaci anti-VEGF, nonostante una buona
reazione iniziale, alcuni pazienti possono
dimostrarsi refrattari al trattamento sia
in termini di recupero di acuità visiva che
di risultato anatomico. Nonostante sia
ancora sconosciuto il meccanismo alla
base di tale comportamento, questo
potrebbe essere dovuto allo sviluppo
di una sorta di tolleranza, ossia di una
tachifilassi, che potrebbe portare ad una
diminuzione con il tempo della risposta,
a causa probabilmente dell’attivazione
di un meccanismo autoimmune. Vi sono
alcune evidenze cliniche che dimostrano
una migliore risposta sia anatomica che
funzionale dopo lo “switch” terapeutico ad
altri farmaci intravitreali, con una reazione
favorevole in circa l’81% dei pazienti
trattati49-66-67-68-69.
Numerosi studi hanno analizzato i
risultati del cambio di trattamento nei
pazienti “non-responders”, dimostrando
un miglioramento anatomico ed una
stabilizzazione dell'acuità visiva70-71-72.
Questi studi presentano tuttavia numerose
limitazioni, quali il ridotto numero dei
pazienti, la presenza di gruppi controllo
non ben bilanciati e la loro insoddisfacente
analisi retrospettiva. Recentemente lo
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21
Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare
the intervals between injections may be
prolonged, depending on the functional
and morphological conditions of the
patient.
FUTURE PERSPECTIVES
The introduction of anti-VEGF drugs in
the clinical practice has revolutionized
the treatment of neovascular AMD
becoming the standard of care.
Despite the impressive benefits, reallife outcomes have evidenced several
limitations of antiangiogenic therapy.
A few questions remain open on the
safety of different molecules, choice of
therapeutic regimens, and monitoring
needs. Moreover, the price of the
drugs, the high frequency of injection,
the increasing number of the patients
and the chronic nature of the disease
generate an enormous burden
for the society.
The multifactorial pathogenetic
mechanism of AMD might explain the
lack or insufficient response to antiVEGF therapy observed in about 25%
of patients in clinical trials. Therefore,
different therapeutic approach is
needed. Current and future trials
are clinically evaluating potentially
more potent anti-VEGF molecules
and molecules targeting alternative
growth factors or pathways. Of course,
treatments must be non-inferior to
the current treatment regimen while
providing clinical benefit. Therefore,
the goals of new strategies are to
either eliminate the need for frequent
injections or increase number of patients
with improved vision. Alternative
delivery pathways, such as eye drop
or oral formulation, are also under
investigation74. Moreover, devices able to
sustain a constant and prolonged release
of drug are an interesting option that
would allow reducing the burden and the
incidence of risks of the injections.
studio ASSESS ha dimostrato che il regime
fisso di aflibercept 2mg per 12 mesi
porta ad un miglioramento anatomico
e funzionale nei pazienti con CNV attive
precedentemente trattati con ranibizumab
e/o bevacizumab70. Lo “switchback” (da
aflibercept a ranibizumab) è anche una
buona opzione terapeutica nei pazienti
che non hanno presentato un beneficio
dallo “switch” iniziale da ranibizumab ad
aflibercept73.
In conclusione, in Europa, l’aflibercept
2.0mg è approvato con un dosaggio
iniziale di tre iniezioni nei primi tre mesi di
trattamento, seguito da un regime fisso
ogni 8 settimane. Dopo il primo anno, gli
intervalli tra le somministrazioni possono
essere prolungati a seconda delle
condizioni funzionali ed anatomiche del
paziente.
PROSPETTIVE FUTURE
L’introduzione dei farmaci anti-VEGF nella
pratica clinica ha rivoluzionato il trattamento
della DMLE neovascolare diventandone
lo standard di trattamento. Nonostante
però i buoni risultati degli studi clinici, la
pratica quotidiana ha messo in evidenza
alcune limitazioni di questi farmaci. Alcune
questioni rimangono ancora ad oggi aperte,
come la sicurezza delle diverse molecole,
la scelta di un regime terapeutico, e la
necessità di un monitoraggio. Inoltre il
costo di tali farmaci, la numerosità dei
trattamenti, il numero sempre più crescente
dei pazienti e l’andamento cronico della
malattia, hanno reso questa patologia un
impegno molto gravoso per la società.
Il meccanismo patogenico multifattoriale
della DMLE potrebbe spiegare la scarsa
o mancata risposta al trattamento antiVEGF che è stata osservata in circa il 25%
dei pazienti degli studi clinici. Saranno
pertanto necessari in futuro nuovi approcci
terapeutici. I trials ad oggi in corso e quelli
futuri hanno come scopo quello di valutare
molecole anti-VEGF più potenti e target
22
Treatment for neovascular age related macular degeneration: the state of the art
Brolucizumab and DARPins represent
two molecules in clinical trials that
target VEGF but are taking advantage
of different molecular properties to
enhance durability and efficacy. Tyrosine
kinase inhibitors (pazopanib, regorafanib
and Pan-90806) are all attempting to
develop a topical anti-VEGF therapy.
Gene therapies delivering a soluble
VEGF receptor or endostatin/angiostatin
are being evaluated as a sustained
release construct. Anti-platelet-derived
growth factor (PDGF), SphingoMAB,
Quark RNAi, squalamine, PRM 167 and
ARC-1905 target other growth factors,
inflammation and vessel migration.
Clinical development of these molecules
attempts to increase effect and prolong
injection intervals in combination with or
compared with anti-VEGF therapies19-74.
Finally, due to the complexity of the
disease and the changing population,
future therapeutic approaches needs
to stratify patients on their genetic
polymorphisms and to develop better
sensitive biomarkers.
di attacco differenti. Ovviamente questi
nuovi farmaci non dovranno essere inferiori
a quelli già presenti portando quindi ad un
maggior beneficio. Lo scopo sarà infatti
quello di eliminare la necessità di numerosi
ritrattamenti ed aumentare il numero di
pazienti che beneficeranno di un incremento
dell’acuità visiva. Una via diversa di
somministrazione, come le gocce oculari
o l’assunzione orale, sono inoltre in fase
di studio74. Un’altra alternativa potrà poi
essere rappresentata da devices intravitreali
con un rilascio lento e costante del farmaco
in modo da ridurre il numero di ritrattamenti
e perciò i costi della terapia.
Il brolucizumab ed il DARPin rappresentano
due molecole in sperimentazione, in
grado di bloccare il VEGF, ma grazie alla
loro diversa struttura molecolare hanno
un’efficacia ed un tempo di permanenza
più elevati. Gli inibitori della tirosina chinasi
(pazopanib, regorafenib e Pan-90806)
saranno probabilmente il futuro della terapia
anti-VEGF topica. La terapia genica sta
inoltre sperimentando devices in grado
di rilasciare recettori solubili del VEGF o
delle endostatine/angiostatine. Altri fattori
di crescita, dell’infiammazione e della
migrazione dei vasi, saranno il bersaglio
di molecole come l’anti-platelet-derived
growth factor (PDGF), SphingoMAB, Quark
RNAi, squalamine, PRM 167 e l’ARC-1905.
Lo sviluppo di questi nuovi farmaci avrà lo
scopo di aumentare l’effetto o prolungare
l’intervallo tra le iniezioni sia se usati
singolarmente sia in associazione con le
molecole anti-VEGF già esistenti19-74.
Infine, a causa della complessità della
malattia e della diversità della popolazione,
le ricerche terapeutiche future dovranno
cercare di stratificare i pazienti a seconda
del loro polimorfismo genetico, in
modo da poter isolare dei biomarkers
specifici e rendere la terapia sempre più
personalizzata.
Year 2 ı Number 1 ı 2016
23
Terapie correnti per il trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE) neovascolare
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Year 2 ı Number 1 ı 2016
27
VERY MINIMAL FLUENCE PHOTODYNAMIC THERAPY FOR PERSITENT
CENTRAL SEROUS CHORIORETINOPATHY
Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della
corioretinopatia sierosa centrale
Francesca Menchini, Giacomo Toneatto
Department of Medical and Biological Sciences - Ophthalmology, University of Udine, Italy
ABSTRACT
Purpose: To report 12 month results
of a retrospective study assessing
the efficacy and safety of very
minimal fluence photodynamic
therapy (vmf-PDT) for central serous
chorioretinopathy (CSC).
Methods: eight eyes of eight patients
with CSC received treatment with very
minimal fluence PDT (15 J/cm2, 150
mW/cm2, for 100 seconds) addressed
to the areas of choroidal vascular
hyperpermeability on indocyanine
green angiography (ICGA). Main
outcome measures were visual acuity,
changes in foveal thickness and
resolution of subretinal fluid.
Results: Stabilization or improvement
in best corrected visual acuity (BCVA)
was observed in all patients, as well as
complete resolution of subretinal fluid
3 months after treatment. Recurrence
of neurosensory retinal detachment
occurred in one patient. None of the
patients presented any ocular or
systemic adverse event associated with
verteporfin treatment.
Conclusions: vmf-PDT appears to
be an effective and safe treatment for
CSC. These preliminary results need to
be confirmed by controlled studies with
larger number of patients and longer
follow-up.
RIASSUNTO
Obiettivo: riportare i risultati a 12 mesi di
uno studio retrospettivo volto a valutare
l’efficacia e la sicurezza della terapia
fotodinamica con verteporfina a fluenza
minima (vmf-PDT) nel trattamento della
corioretinopatia sierosa centrale (CSC).
Metodi: otto occhi di otto pazienti affetti
da CSC sono stati sottoposti a terapia
fotodinamica a fluenza minima (15 J/cm2,
150 mW/cm2, per 100 secondi) diretta
sulle aree di iperpermeabilità coroideale
evidenziate mediante angiografia con
verde di indocianina (ICGA). I parametri
di efficacia valutati sono stati la variazione
dell’acuità visiva con miglior correzione
(BCVA), lo spessore neuroepiteliale e
la presenza di fluido sottoretinico (FSR)
all’OCT.
Risultati: una stabilizzazione o un
miglioramento dell’acuità visiva con miglior
correzione e la completa scomparsa del
fluido sottoretinico all’OCT sono state
evidenziate in tutti i pazienti a 3 mesi
dal trattamento. I risultati anatomici e
funzionali sono stati mantenuti per 12
mesi, con l’eccezione di un solo paziente
che ha manifestato una recidiva di malattia
a 12 mesi. Non si sono registrati eventi
avversi oculari o sistemici.
Conclusioni: la terapia fotodinamica
a fluenza minima sembra essere un
trattamento efficace e sicuro per la
corioretinopatia sierosa centrale. Ulteriori
studi con un gruppo di controllo ed
The study was performed in
the Department of Medical
and Biological Sciences Ophthalmology, University
of Udine, Italy
Disclosure:
The authors have no
proprietary or commercial
interest in any materials
discussed in this article.
No financial support was
received for this submission
CORRESPONDING
AUTHOR
Francesca Menchini, MD
Department of Medical
and Biological Sciences Ophthalmology
University of Udine,
Piazza Santa Maria della
Misericordia,
33100 Udine, Italy
[email protected]
Ph +39 0432559907
Fax +39 0432559904
KEY WORDS
photodynamic therapy,
very minimal fluence
photodynamic therapy,
central serous
chorioretinopathy
PAROLE CHIAVE
terapia fotodinamica,
terapia fotodinamica a
fluenza minima
corioretinopatia sierosa
centrale
28
Very minimal fluence photodynamic therapy for persitent central serous chorioretinopathy
INTRODUCTION
Central serous chorioretinopathy (CSC)
is an idiopathic condition primarily
affecting the choroidal circulation,
as demonstrated by the presence
of multifocal areas of choroidal
hyperpermeability on indocyanine
green angiography (ICGA). CSC is
common in young adults, especially
men in their 40s, and is frequently
associated with peculiar risk factors,
such as Type A personality, use of
steroids of any form, pregnancy. The
typical clinical sign of CSC is the the
accumulation of subretinal fluid (SRF) at
the posterior pole, often with macular
involvement, occasionally associated
with a detachment of the retinal pigment
epithelium (RPE)1. Patients with CSC
may experience visual disturbances,
varying from different degrees of visual
loss, micropsia, metamorphopsia,
central scotoma. Most episodes of
CSC are selflimiting, with spontaneous
resolution of SRF within 3-4 months
and recovery of visual acuity2. However
some patients may complain of
residual visual symptoms and the rate
of recurrence of the disease in the
first year can be as high as 50%3-6.
There is still no general consensus on
the treatment of CSC. The traditional
management option of acute CSC is
observation. Laser photocoagulation
has been the historic treatment for CSC,
attempted to seal off the leakage points
and to promote SRF reabsorption by
RPE, but treatment is destructive to
photoreceptors and cannot be applied
to subfoveal or juxtafoveal leaks. In the
past decade off label photodynamic
therapy (PDT) has become the firstline
therapy for CSC. PDT promotes the
absorption of SRF by reducing choroidal
hyperpermeability and treatment
achieves at least some improvement
in almost all treated patients, with
una numerosità campionaria superiore
sono necessari per confermare i risultati
preliminari.
INTRODUZIONE
La corioretinopatia sierosa centrale (CSC)
è una patologia idiopatica che colpisce
primariamente la circolazione coroideale,
come evidenziato dalla presenza di aree
multifocali di iperpermeabilità coroideale
all’angiografia con verde di indocianina
(ICGA). La malattia colpisce principalmente
soggetti giovani di sesso maschile e
tra i fattori di rischio più comunemente
riscontrati, si riconosce la personalità di tipo
A, l’uso di steroidi, la gravidanza. Il segno
clinico tipicamente associato alla CSC è
la presenza di fluido sottoretinico (FSR) al
polo posteriore, spesso con coinvolgimento
maculare, meno frequentemente associato
a distacco dell’epitelio pigmentato retinico
(EPR)1. I pazienti affetti possono manifestare
disturbi visivi quali riduzione del visus di
varia entità, micropsie, metamorfopsie e
scotoma. Molti degli episodi di CSC sono
autolimitanti, con risoluzione spontanea
del FSR entro 3-4 mesi dall’esordio
e miglioramento dell’acuità visiva2.
Nonostante la CSC sia considerata una
patologia benigna, alcuni pazienti possono
tuttavia lamentare persistenza delle
metamorfopsie ed una ridotta sensibilità
al contrasto anche dopo la scomparsa del
FSR ed il tasso di recidive nel primo anno
può arrivare al 50%3-6. Attualmente non
esiste un consenso sul trattamento della
CSC. Vista la tendenza alla risoluzione
spontanea in molti casi, l’approccio
tradizionale alle forme acute di CSC è
l’osservazione. La fotocoagulazione laser
termica, finalizzata alla chiusura dei punti
di diffusione e alla stimolazione dell’EPR al
riassorbimento del FSR ha rappresentato
per molto tempo il trattamento di scelta
della CSC; tuttavia il trattamento laser è
distruttivo e applicabile solo ai punti di
fuga extrafoveali. Nello scorso decennio
Year 2 ı Number 1 ı 2016
29
Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della corioretinopatia sierosa centrale
complete resolution of serous retinal
detachments in 60–80% of cases7-8.
However PDT is not entirely benign:
conventional PDT carries the risk of
irreversible visual loss secondary to
severe choroidal ischemia, RPE atrophy
and choroidal neovascularization
(CNV)9-10. In an effort to minimize
adverse events, less intensive strategies
with modified PDT parameters
have been successfully employed,
demonstrating favorable visual and
anatomic results with half-dose and
half-fluence PDT 9-13.
Butler et al in 2012 demonstrated
the efficacy of very minimal fluence
PDT (vmf-PDT) with standard-dose
verteporfin in a small number of patients
with chronic CSC, obtaining resolution
of SRF in all cases14.
In our study we used ICGA guided
vmf-PDT to treat central serous
chorioretinopathy.
MATERIALS AND METHODS
We retrospectively review the data of
patients with CSC treated with vmfPDT. Due to the selflimiting nature of the
disease, only patients with a history of
CSC with visual symptoms persisting for
more than 4 months and tomographic
evidence of either persistent or
worsened SRF were in-cluded. Patients
who had received previous treatment
for CSC, who received systemic steroid
treatment in the previous 12 months
or presented with any other ocular
condition that could affect visual acuity
were excluded. Best corrected visual
acuity (BCVA) assessment with ETDRS
like charts, slit lamp examination of
the anterior segment, intraocular
pressure measurement, dilated fundus
biomicroscopy and OCT (Cirrus model
3000; Carl Zeiss Ophthalmic System
Inc, Dublin, CA) were performed at
baseline and at 1, 3, 6 and 12 months.
l’uso off label della terapia fotodinamica
con verteporfina (PDT) è divenuto
l’approccio terapeutico di scelta per la
CSC. L’ipotesi alla base dell’efficacia
della PDT è che questa determini una
riduzione dell’iperpermeabilità coroideale,
promuovendo così il riassorbimento del
FSR ed inducendo un miglioramento
clinico ed anatomico nella maggioranza
dei pazienti trattati, con risoluzione del
distacco sieroso neuroepiteliale nel 60-80%
dei casi7-8. Nonostante la sua maggiore
selettività per le aree di iperpermeabilità
coroideale ed il risparmio dei tessuti
retinici rispetto alla fotocoagulazione
laser, la PDT a fluenza standard è stata
associata alla possibilità di riduzione visiva
secondaria ad ischemia coroideale severa,
atrofia dell’EPR e neovascolarizzazione
coroideale iatrogena9-10. Pertanto sono
state investigate ed impiegate con
successo strategie alternative con l’utilizzo
di parametri modificati, quali la fluenza
ridotta e la dose dimezzata al fine di
minimizzare gli effetti collaterali9-13. Butler
et al nel 2012 hanno dimostrato l’efficacia
della PDT a fluenza minima (vmf-PDT) in
un numero ridotto di pazienti con CSC
cronica, ottenendo la risoluzione del fluido
sottoretinico in tutti i casi ed impiegando
parametri che sono 1/4 di quelli standard14.
Nel nostro studio abbiamo valutato
retrospettivamente l’efficacia e la sicurezza
della vmf-PDT in pazienti con CSC
persistente.
MATERIALI E METODI
Abbiamo analizzato retrospettivamente
i dati dei pazienti con CSC trattati con
vmf-PDT. Vista l’assenza di un gruppo di
controllo, per minimizzare la possibilità
di miglioramenti spontanei, sono stati
inseriti nell’analisi solo pazienti con CSC
persistente, che presentavano sintomi
e fluido sottoretinico all’OCT da più di 4
mesi, con evidenza tomografica di stabilità
o peggioramento del fluido. Pazienti già
30
Very minimal fluence photodynamic therapy for persitent central serous chorioretinopathy
Central retinal thickness was manually
measured on OCT, excluding from the
measurement subretinal fluid, in order
to assess if treatment could determine
a reduction of neurosensory retinal
thickness as a possible side effect.
Fluorescein angiography (FA) and
indocyanine green angiography (ICGA)
were performed in all patients with
TRC 50 IX camera (Topcon Optical
Co, Tokyo, Japan) and HRA2 camera
(Heidelberg Engineering GmbH,
Heidelberg, Deutschland) to confirm
the diagnosis and to assess the areas
of choroidal vascular hyperpermeability.
Angiographic examinations were
repeated at 3 and 12 months in all
patients, or at any time point during
follow-up in case of recurrence of CSC.
All patients received a 6 mg/m2 infusion
of verteporfin (Visudyne; Novartis
AG) over 10 minutes followed by laser
delivery at 689 nm for 100 seconds, 15
minutes after the start of the infusion.
A total light energy of 15 J/cm2, a light
dose rate of 150 mW/cm2 was delivered.
The PDT spot size was determined
measuring the greater linear dimension
of the choroidal hyperpermeability
visible on ICGA, and separate,
nonconfluent spots were applied
consecutively to the lesions in case of
multifocal areas of hyperpermeability.
RESULTS
Eight eyes of eight patients were
included in the study. The mean age
was 50.6 (41-62), six patients were men
and two women. Mean logMAR BCVA
at baseline was 0.12 (ranging from 0 to
0.4 LogMAR) and all eyes presented
SRF with foveal involvement. Mean
BCVA improved by -0.006, -0.04, -0,09
and -0,06 LogMAR at 1, 3, 6 and 12
month follow-up respectively. During
follow-up visual acuity remained stable
in 5 patients, improved in 2 cases and,
sottoposti a pregressi trattamenti, che
avessero assunto steroidi nei 12 mesi
precedenti o che presentassero qualsiasi
altra condizione oculare in grado di
compromettere l’acuità visiva sono stati
esclusi. L’angiografia con fluoresceina (FA)
e l’ICGA con TRC 50 IX (Topcon Optical
Co, Tokyo, Japan) e HRA2 (Heidelberg
Engineering GmbH, Heidelberg,
Deutschland) sono state eseguite in tutti i
pazienti per confermare la diagnosi di CSC
e valutare l’estensione e la localizzazione
delle aree di iperpermeabilità coroideale.
Gli esami angiografici sono stati ripetuti a
3 e 12 mesi, o in ogni momento durante
il follow-up in caso di recidive. Al baseline
e a 1, 3, 6 e 12 mesi dopo il trattamento,
sono state effettuate la misurazione
dell’acuità visiva con miglior correzione
(BCVA), della pressione intraoculare, la
biomicroscopia del segmento anteriore e
del fondo oculare in midriasi farmacologica
e l’OCT (Cirrus model 3000; Carl Zeiss
Ophthalmic System Inc, Dublin, CA).
Lo spessore retinico centrale è stato
misurato manualmente, escludendo
dalla misurazione il FSR, al fine di valutare
se il trattamento inducesse un’atrofia
neuroretinica come possibile complicanza.
Ogni paziente ha ricevuto una infusione
di 6 mg/m2 di verteporfina (Visudyne;
Novartis AG) per 10 minuti, seguita dal
trattamento laser (689 nm) con energia
totale di 15 J/cm2 e intensità di 150 mW/
cm2 applicato per 100 secondi, 15 minuti
dopo l’inizio dell’infusione. La dimensione
dello spot è stata calcolata misurando la
dimensione lineare massima delle aree di
iperpermeabilità coroideale visibili all’ICGA
e ritenute responsabili dell’essudazione.
In presenza di aree di iperpermeabilità
multifocali sono stati applicati
consecutivamente spots non confluenti.
RISULTATI
Otto occhi di otto pazienti sono stati
inclusi nell’analisi. L’età media dei soggetti
Year 2 ı Number 1 ı 2016
31
Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della corioretinopatia sierosa centrale
after an initial improvement, decreased
in one patient at 12 month due to CSC
recurrence.
Visual acuity improvement was evident
at 1 month, with a greater magnitude
during the first three months, and
stabilized thereafter. No cases of visual
reduction were recorded.
One month after treatment, SRF
completely disappeared in 5 eyes
(62%), and complete resolution of
SRF was observed in all patients at 3
months. Twelve months after treatment,
one patient developed a recurrence
of serous neurosensory detachment
involving the macula and a new vmfPDT session was applied on areas
of choroidal hyperpermeability with
complete regression of SRF one month
after retreatment.
Mean CRT at baseline was 183 μm
(ranging from 138 to 240 μm) and
remained stable throughout the
observation period, with mean values
of 171, 160, 165 and 166 μm at 1, 3, 6
and 12 month follow-up respectively. No
case of RPE atrophy, severe choroidal
hypoperfusion or iatrogenic CNV were
observed.
An example of the serial changes in FA,
ICGA, and OCT findings in one patient
treated with vmf-PDT is displayed in
figures 1.
Table 1 summarizes patients’ clinical
characteristics at baseline and
treatment results at 1, 3, 6 and 12 month
follow-up.
DISCUSSION
CSC is generally considered a benign
condition due to its self limiting nature.
Although a high rate of spontaneous
resolution of serous neurosensory
detachment favours conservative
management, treatment should be
considered in cases of chronic CSC or
acute cases with documented evidence
analizzati era di 50.6 anni (41-62), 6
pazienti erano maschi e 2 femmine. La
BCVA media al baseline era 0.12 logMAR,
variando da 0 a 0.4 logMAR e tutti gli occhi
presentavano FSR con coinvolgimento
foveale. Nel corso del follow-up il
miglioramento medio dell’acuità visiva
è stato di -0.006, -0.04, -0,09 e -0,06
LogMAR rispettivamente ad 1, 3, 6 e 12
mesi. Dopo il trattamento, l’acuità visiva
media è risultata stabile in 5 pazienti e
migliorata in 2. In un paziente, dopo un
iniziale miglioramento, l’acuità visiva è
lievemente peggiorata a 12 mesi a causa
di recidiva. L’aumento dell’acuità visiva
si è manifestato già al primo mese, con
l’incremento maggiore nei primi 3 mesi e
successiva stabilizzazione. Non sono stati
registrati casi di peggioramento visivo.
Un completo riassorbimento del FSR
è stato riscontrato in 5 occhi (62%) ad
un mese dal trattamento, e nella totalità
dei casi a 3 mesi. Un paziente è stato
sottoposto a un’ulteriore seduta di vmfPDT un anno dopo il primo trattamento
in seguito allo sviluppo di recidiva, con
completa regressione del FSR un mese
dopo il ritrattamento. Lo spessore
neuroepiteliale medio all’OCT, pari a 183
μm (range da 138 to 240 μm) al baseline,
si è mantenuto costante nel corso del
follow-up, con valori medi di 171, 160, 165
e 166 μm rispettivamente ad 1, 3, 6 e 12
mesi. Non sono stati osservati casi di atrofia
dell’EPR, ipoperfusione coroideale severa o
neovascolarizzazione coroideale iatrogena.
La figura 1 riporta un esempio dei risultati
ottenuti in un paziente trattato con vmfPDT. Le caratteristiche cliniche al baseline e
i risultati del trattamento a 1, 3, 6 e 12 mesi
sono riassunti nella tabella 1.
DISCUSSIONE
La CSC è comunemente considerata una
patologia autolimitante, con andamento
clinico spesso benigno. Sebbene l’alta
percentuale di risoluzione spontanea
32
Very minimal fluence photodynamic therapy for persitent central serous chorioretinopathy
Fig. 1
Fig. 1
Images from a 49-year-old woman with central serous
chorioretinopathy (CSC) with symptoms for more than 4
months who received vmf-PDT.
The baseline BCVA was 0.4 LogMAR.
A) Late-phase fluorescein angiography (FA) image
obtained at baseline showing multiple mottled
hyperfluorescent areas consisted with window defect
nasally to the fovea associated with fluores-cein leakage.
B) Late-phase indocyanine green angiography (ICGA)
image revealed multifocal areas of cho-roidal vascular
hyperpermeability.
C) Baseline optical coherence tomography (OCT) image
showing subretinal fluid involving the fo-vea.
Three months after treatment, BCVA improved to 0.1
LogMAR .
D) Late-phase FA image showing the resolution of
fluorescein leakage with persistence of window defect
nasally to the fovea.
E) Late-phase ICGA image showing reduced choroidal
hyperpermeability in the macular area after treatment.
F) OCT image revealing a normal foveal depression with
complete resolution of subretinal fluid.
Immagini di una paziente di 49 anni affetta da
corioretinopatia sierosa centrale con sintomi e segni clinici
da più di 4 mesi trattata con PDT a fluenza minima.
L’acuità visiva al baseline era di 0.4 LogMAR.
A) Le immagini fluorangiografiche ottenute nei tempi tardivi
al baseline evidenziano aree di iperfluorescenza per effetto
finestra associate a diffusione di fluoresceina nasalmente
alla fovea.
B) Le immagini ottenute nei tempi tardivi con angiografia
con verde di indocianina rivelano aree multifocali di
iperpermeabilità coroideale.
C) All’OCT eseguito al baseline è evidente la presenza di
fluido sottoretinico coinvolgente la fovea.
Tre mesi dopo il trattamento l’acuità visiva era migliorata a
0.1 LogMAR.
D) La fluorangiografia retinica dimostra la risoluzione del
leakage nei tempi angiografici tardivi, con persistenza
dell’iperfluorescenza per effetto finestra nasalmente alla
fovea.
E) L’angiografia con verde di indocianina dimostra nei tempi
tardivi una riduzione dell’iperpermeabilità coroideale in sede
maculare dopo il trattamento.
F) L’OCT mostra una completa risoluzione del fluido
sottoretinico.
Year 2 ı Number 1 ı 2016
33
Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della corioretinopatia sierosa centrale
Tab.
1
Characteristics at baseline and treatment results at 1, 3, 6 and 12 month follow-up
Le caratteristiche cliniche al baseline e i risultati del trattamento a 1, 3, 6 e 12 mesi
of long standing subretinal fluid
involving the fovea, in order to prevent
photoreceptors atrophy and permanent
visual impairment. No establish therapy
for CSC exists and different treatment
options have been attempted: thermal
laser photocoagulation, betablockers,
acetazolamide, ketoconazole,
melatonin15-20.
Evidence from ICGA studies
demonstrated the presence of
choroidal hyperpermeability and
ischemia in CSC, hypothetically leading
to decompensation and damage of
the RPE, with subsequent subretinal
fluid accumulation. The latter findings
provided the rational for the use of
PDT in CSC: PDT treatment induces
shortterm choroidal ischemia and
longterm choroidal remodeling, leading
to reduction of extravascular leakage
and SRF reabsorption. Verteporfin
PDT is now considered the treatment
of choice for chronic CSC, although its
parameters are not yet standardized.
Since full fluence has been associated
del distacco sieroso neuroepiteliale
suggerisca un approccio conservativo,
il trattamento può essere preso in
considerazione nei casi di CSC cronica
o nelle forme acute in cui venga
documentata la persistenza di FSR
coinvolgente la fovea per lunghi periodi, al
fine di prevenire l’atrofia dei fotorecettori
ed un calo visivo permanente. Non esiste
tuttora un consenso sul trattamento della
CSC; diverse possibilità terapeutiche
sono state proposte nel tempo, quali la
fotocoagulazione laser, i betabloccanti,
l’acetazolamide, il ketoconazolo e
la melatonina15-20. L’angiografia con
verde d’indocianina ha permesso di
evidenziare nella CSC la presenza di aree
di iperpermeabilità ed ischemia coroideali
che ipoteticamente determinano uno
scompenso ed un danno dell’EPR
con successivo accumulo di fluido
sottoretinico. Questo ha fornito il
razionale per l’utilizzo nella CSC della
terapia fotodinamica con verteporfina:
il trattamento induce a breve termine
un’ischemia coroideale ed un successivo
34
Very minimal fluence photodynamic therapy for persitent central serous chorioretinopathy
with potential side effects such as
RPE atrophy and iatrogenic CNV9-10,
reduced fluence and reduced dose
PDT have been tested with good
outcomes and safety profile, resulting
in better visual outcomes compared to
natural history. At present the fluence
used in very minimal fluence PDT is
the lowest able to achieve successful
visual and anatomical results in treating
CSC14.
In our small case series, all treated
patients experienced stabilization or
improvement in BCVA and complete
resolution of SRF. A limit to visual
improvement can be attributable
to the fact that in most of the cases
baseline visual acuity was very high,
providing little room for improvement
(ceiling effect). Rate of recurrence was
extremely low, with a single patient
requiring an additional session of PDT
at 12 months. This findings suggest
that very little energy may be needed
to induce a therapeutic effect, and
vmf-PDT can be a safe and effective
treatment for CSC. In acute cases with
no signs of spontaneous resolution,
vmf-PDT might be helpful to shorten
the duration of symptoms, prevent
visual impairment and rapidly restore
VA, considering that many patients
are working aged individuals with high
visual demands.
This study has a number of limitations.
First, its retrospective nature and
the small sample size. Additionally,
CSC is often a self limited disease,
and establishing the efficacy of
treatment can be difficult without a
control group. However, the fact that
all cases described in this series had
tomographic evidence of subretinal
fluid persisting for more than 4 months,
reduces the chance that improvement
might be due to the natural course of
the disease rather than treatment.
rimodellamento, determinando una
riduzione dell’essudazione extravascolare
ed un riassorbimento del fluido
sottoretinico. La PDT con verteporfina
è considerata, ad oggi, il trattamento
di scelta per la CSC cronica, sebbene i
paramentri da utilizzare non siano ancora
standardizzati. La PDT a fluenza standard,
pur essendo efficace, può essere gravata
da potenziali effetti collaterali, quali l’atrofia
dell’EPR e la CNV iatrogena 9-10, pertanto
sono stati testati parametri diversi, con
l’impiego di fluenza e dose ridotte, che
consentono di ottenere migliori risultati
funzionali rispetto alla storia naturale della
patologia con un buon profilo di sicurezza.
Ad oggi la fluenza utilizzata per la vmfPDT è la minore in grado di produrre
risultati anatomici e funzionali positivi nel
trattamento della CSC14.
In tutti i pazienti inclusi nella nostra serie
di casi l’acuità visiva si è mantenuta
stabile o è migliorata e si è osservata
una risoluzione completa del fluido
sottoretinico. Un limite al miglioramento
visivo registrato nella nostra casistica
può essere attribuito al fatto che molti dei
pazienti inclusi presentassero un’acuità
visiva basale così elevata da non lasciare
margine al miglioramento. Il tasso di
recidiva è stato estremamente basso, con
un singolo paziente che ha richiesto una
ulteriore sessione di vmf-PTD 12 mesi
dopo il primo trattamento.
Ciò suggerisce che l’effetto terapeutico
può essere raggiunto utilizzando energie
ridotte e pertanto la vmf-PDT può essere
considerata un trattamento sicuro
ed efficace per la CSC. Nei casi acuti
persistenti, senza segni di risoluzione
spontanea, la vmf-PDT può essere utile
per abbreviare la durata dei sintomi,
prevenire il deterioramento funzionale
e ripristinare in tempi rapidi una buona
acuità visiva, considerando che molti tra
i pazienti affetti sono in età lavorativa e
richiedono buone facoltà visive. Questo
Year 2 ı Number 1 ı 2016
35
Terapia fotodinamica a fluenza minima nel trattamento della corioretinopatia sierosa centrale
CONCLUSIONS
Vmf-PDT appears to be a safe and
effective treatment modality for CSC,
leading to BCVA stabilization and
resolution of SRF. Its efficacy needs to
be confirmed with further controlled
studies with longer follow-up.
studio presenta ovvie limitazioni: il disegno
retrospettivo, la ridotta dimensione del
campione e l’assenza di un gruppo
di controllo per stabilire l’efficacia del
trattamento, data la natura spesso
autolimitante della patologia. Tuttavia i
casi inclusi in questa serie presentavano
sintomi e mostravano una persistenza
del fluido sottoretinico all’OCT da più di 4
mesi, senza alcun segno di miglioramento
spontaneo.
CONCLUSIONI
La vmf-PDT sembra essere un
trattamento sicuro ed efficace per la CSC,
determinando un miglioramento o una
stabilizzazione della BCVA e una risoluzione
del FSR. L’efficacia del trattamento
necessita di essere confermata da ulteriori
studi controllati con follow-up di più lunga
durata.
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Year 2 ı Number 1 ı 2016
37
RETINAL-CHOROIDAL CHANGES AFTER A LOADING PHASE OF
RANIBIZUMAB IN DIABETIC MACULAR EDEMA
Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab
nell’edema maculare diabetico
Mariacristina Parravano, Andrea Cacciamani, Paola Giorno, Francesco Oddone,
Fabio Scarinci, Antonluca Boninfante, Monica Varano
Fondazione G.B. Bietti-IRCCS, Rome, Italy
ABSTRACT
Methods: Best-corrected visual
acuity (BCVA), biomicroscopy,
intraocular pressure (IOP),
ophthalmoscopy, retinal (RT) and
choroidal (CT) thickness, and retinal
sensitivity measurements were
performed at baseline and after
loading phase (LP) of ranibizumab.
Results: 23 DME eyes of 23 diabetic
patients were included. After the LP
mean BCVA improved and central
RT decreased (both P<0.0001).
No significant changes were found
in mean retinal sensitivity during
follow-up. At baseline CT values
were 185.4±49.9 vs 210.04±41.03 for
treated and fellow eyes, respectively.
Mean CT values increased nonsignificantly by 21.2±56 μm (11.4%,
from 185.4±49.9 to 206.6±60.6 μm)
in the treated eye, without change in
the fellow eye. BCVA changes were
not related to either central RT or CT
changes. There was no significant
relationship between RT and CT
changes after the LP and between
refraction, IOP, systemic pressure
and CT changes.
Conclusions: A loading phase of
ranibizumab in DME eyes causes
slight, non-significant changes of CT
associated with an improvement of
visual acuity and a reduction of RT, in
comparison with the fellow eye.
RIASSUNTO
Procedure di base: misurazione
dell’acuità visiva corretta (BCVA),
biomicroscopia, misurazione
della pressione intraoculare (IOP),
oftalmoscopia, misurazione dello spessore
retinico centrale (RT) e coroideale (CT) e
misurazioni della sensibilità retinica con
microperimetria sono state effettuate al
basale e dopo LP di ranibizumab.
Risultati: sono stati reclutati 23 occhi con
DME di 23 pazienti diabetici. Dopo la LP la
BCVA media è risultata significativamente
migliorata e lo spessore centrale retinico
significativamente ridotto (p<0,0001).
Nessun cambiamento significativo è
stato evidenziato nella sensibilità retinica
media durante il follow-up. Al basale i
valori degli spessori coroideali erano di
185.4±49.9 e 210.04±41.03 per gli occhi
trattati ed i controlaterali, rispettivamente.
Lo spessore coroideale medio è
aumentato in modo non significativo
dopo la LP di 21,2 ±56 micron (11,4%,
da 185,4±49,9 a 206,6±60,6 micron)
nell'occhio trattato mentre non è stato
riscontrato nessun cambiamento nel
controlaterale. Le modificazioni della
BCVA non sono risultate essere correlate
alle modifiche dello spessore retinico o di
quello coroideale. Non è stata riscontrata
alcuna correlazione significativa tra
cambiamenti di RT e CT dopo la LP con la
refrazione, la IOP, la pressione sistemica e i
cambiamenti dello spessore coroideale.
The authors declare that
there is no conflict of
interests regarding the
publication of this paper.
Gli autori dichiarano che
non vi è alcun conflitto
di interessi per quanto
riguarda la pubblicazione di
questo documento.
CORRESPONDING
AUTHOR
Mariacristina Parravano
Fondazione G.B.
Bietti-IRCCS
Via Livenza 3,
00198 Rome, Italy
[email protected]
Ph +39 0685356727
fax +39 0684242333
KEY WORDS
choroidal thickness,
diabetes, macular edema,
ranibizumab
PAROLE CHIAVE
spessore coroideale,
diabete, edema maculare,
ranibizumab
38
Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema
INTRODUCTION
Diabetic retinopathy (DR) is a leading
cause of blindness in working-age
populations and the most common
complication of diabetes1. Visual loss
occurs when the condition progresses
into diabetic macular edema (DME) or
into proliferative DR (PDR)2,3.
The pathophysiology of DR remains
unclear. The break-down of the inner
blood-retinal barrier is a core event4.
It has been suggested that diabetes
may be associated with abnormalities
in choroidal morphology supporting
the hypothesis that choroidal
angiopathy may coexist with retinal
vascular damage. In fact, choroidal
abnormalities, such as obstruction
morphology of the choriocapillaris,
vascular degeneration, choroidal
aneurysms, have been reported in
histopathologic studies of diabetic
eyes5,6. The choroidal vasculature
provides oxygen and nutrients to the
outer retina and is responsible for
maintaining the highly metabolically
active photoreceptor cells7. Therefore,
impairment of the choriocapillaris and
structural alterations in the choroid
may cause severe functional damage
to the retinal tissue in the fovea, and
be involved in the progression of the
macular changes in diabetic eyes.
Recently, contrasting results have
been reported on choroidal thickness
(CT) as measured by means of optical
coherence tomography (OCT) in
diabetic patients and in different stage
of diabetic retinopathy8,9,10,11,12,13,14.
The enhanced depth imaging
spectral-domain OCT (EDI OCT)
technique allows in vivo crosssectional imaging of the choroid and
the examination and measurement
of CT15. As demonstrated from
several randomized clinical trials and
confirmed by a Cochrane systematic
Conclusioni: la loading phase di
ranibizumab in occhi affetti da DME
ha determinato lievi e non significative
variazioni dello spessore coroideale. Si è
osservato un miglioramento dell'acuità
visiva ed una riduzione dello spessore
retinico dopo il trattamento.
INTRODUZIONE
La Retinopatia diabetica (DR) è una delle
principali cause di cecità nella popolazione
in età lavorativa e la complicanza più
comune del diabete1. La perdita della
vista si verifica quando la condizione
progredisce in edema maculare diabetico
(DME) o nella forma proliferativa (PDR)2,3.
La fisiopatologia della DR rimane poco
chiara. L’ alterazione della barriera ematoretinica interna è un evento chiave4.
Si è supposto che il diabete possa essere
associato ad anomalie morfologiche
coroideali sostenendo l'ipotesi che
l’angiopatia coroideale può coesistere
ad un danno vascolare retinico. In realtà,
le anomalie della coroide, come ad
esempio l'obliterazione morfologica delle
coriocapillare, la degenerazione vascolare,
aneurismi coroideali, sono stati riportati
in studi istopatologici di occhi diabetici5,6.
La vascolarizzazione coroideale fornisce
ossigeno e sostanze nutritive per la retina
esterna ed è responsabile dell’efficienza
dell’alta attività del metabolismo
fotorecettoriale7. Pertanto, l’alterazione
strutturale della coriocapillare e della
coroide può causare gravi danni funzionali
al tessuto retinico e alla fovea, ed essere
coinvolta nella progressione delle
alterazioni maculari negli occhi diabetici.
Recentemente, risultati contrastanti sono
stati riportati dallo spessore della coroide
(CT), misurato mediante tomografia
a coerenza ottica (OCT) nei pazienti
diabetici e in diverse fasi della retinopatia
diabetica8,9,10,11,12,13,14. La tecnica enhanced
depth imaging spectral-domain (EDI)
all’OCT permette di acquisire scansioni in
Year 2 ı Number 1 ı 2016
39
Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico
review, anti-vascular endothelial
growth factor (anti-VEGF) agents
represent the gold standard for the
treatment of DME16. It has been
hypothesized that anti-VEGF may
also affect choroidal vasculature and
accordingly CT. Data regarding the
effect of anti-VEGF drugs on CT have
been provided from studies in patients
with choroidal neovascularization17,18,19.
Ranibizumab (Lucentis, Novartis, Inc)
is an antigen-binding fragment derived
from a humanized anti-VEGF antibody
that inhibits all forms of biologically
active VEGF-A.
The purpose of this study was to
evaluate CT changes and their
relationship with functional outcomes
in eyes with DME following three
intravitreal injections of ranibizumab
0.5 mg, and to compare these
changes with the fellow eye.
MATERIAL AND METHODS
In this observational clinical study,
patients with DME undergoing to
ranibizumab treatment 3 monthly
loading doses (loading phase) were
included in the analysis. The study
protocol adhered to the tenets of
the Declaration of Helsinki and was
approved by the local Institutional
Review Board. Each patient signed an
informed consent before enrollment.
Our inclusion criteria included
patients with type 1 or type 2 diabetes
(according to WHO guidelines)
diagnosed with visual impairment
due to focal or diffuse DME in at
least one eye for whom no suitable
therapeutic alternatives existed (e.g.
laser photocoagulation having failed
or was not indicated). When both eyes
were eligible, the one with the worst
visual acuity (VA) was assessed at
the baseline visit and selected for the
treatment. Based on medical judgment
vivo della coroide e di misurare lo spessore
coroideale15. Come dimostrato da diversi
studi clinici randomizzati e confermato
da una revisione sistematica Cochrane, i
farmaci anti VEGF rappresentano il gold
standard per il trattamento del DME16.
È stato ipotizzato che l'anti-VEGF può
anche influenzare la vascolarizzazione della
coroide e di conseguenza il suo spessore.
I dati relativi all'effetto dei farmaci antiVEGF sullo spessore coroideale sono stati
forniti da studi effettuati in pazienti con
neovascolarizzazione coroidale17,18,19.
Ranibizumab (Lucentis, Novartis, Inc) è
un frammento di anticorpo monoclonale
ricombinante umanizzato che inibisce tutte
le isoforme del VEGF-A biologicamente
attive. Lo scopo di questo lavoro è quello
di valutare i cambiamenti dello spessore
coroideale e le loro relazioni con le
modificazioni funzionali in occhi affetti da
edema maculare diabetico trattati con tre
iniezioni intravitreali di ranibizumab 0,5
mg rispetto agli occhi controlaterali non
trattati.
MATERIALI E METODI
In questo studio clinico osservazionale, i
pazienti con DME sottoposti a trattamento
mensile con ranibizumab per tre mesi
consecutivi (loading phase, LP) sono stati
inclusi nell'analisi. Il protocollo dello studio
ha aderito ai principi della Dichiarazione
di Helsinki ed è stato approvato dal
comitato etico locale. Ogni paziente ha
firmato un consenso informato prima
dell'arruolamento.
I nostri criteri di inclusione prevedevano
l’arruolamento dei pazienti con diabete di
tipo 1 o di tipo 2 (secondo le linee guida
dell'OMS) con diminuzione dell'acuità
visiva causata da edema maculare focale e
diffuso in almeno un occhio per i quali non
esistevano alternative terapeutiche idonee
(ad esempio, fotocoagulazione laser
non risolutiva o non indicata). Quando
40
Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema
the investigator could decide to deem
the other eye as more appropriate for
the treatment.
The exclusion criteria were the
presence of any systemic or ocular
concomitant conditions, or previous
ocular treatment which could
influence the improvement of VA after
treatment, such as active intraocular
inflammation/infection in either eye;
any ocular disorders in the study eye,
that may confound the analyses of
the results, compromise VA or require
medical or surgical intervention
during the study, such as cataract,
retinal vascular occlusion, retinal
detachment, macular hole or choroidal
neovascularization of any cause,
uncontrolled glaucoma in either eye,
active proliferative DR in the study eye
or an uncontrolled systemic condition.
Previous ocular treatments were
permitted if performed as follows:
panretinal laser photocoagulation
in the study eye within 6 months
before the enrollment, focal/grid laser
photocoagulation in the study eye
within 3 months before the enrollment,
treatment with anti-VEGF drugs within
1 month before the enrollment, any
intraocular surgery in the study eye
within 3 months prior to enrollment or
history of vitrectomy in the study eye.
A complete ophthalmological
examination was performed on
included patients at baseline and
at each follow-up visit (monthly),
including the best-corrected visual
acuity (BCVA) measurement with
Early Treatment Diabetic Retinopathy
Study (ETDRS) charts and intraocular
pressure (IOP) by means of Goldman
applanation tonometry. Spectraldomain OCT Spectralis (version
1.5.12.0; Heidelberg Engineering,
Heidelberg, Germany) was used
for the scan acquisition and MP1
entrambi gli occhi erano arruolabili, quello
con la peggiore acuità visiva (VA) alla
visita basale è stato selezionato per il
trattamento.
I criteri di esclusione erano la presenza
di eventuali patologie concomitanti
sistemiche o oculari, o precedente
trattamento oculare che avrebbe potuto
influenzare il miglioramento della VA, come
ad esempio infiammazione intraoculare
attiva/infezione in entrambi gli occhi;
eventuali disturbi oculari nell'occhio in
studio, che avrebbero potuto confondere
le analisi dei risultati, compromesso
l’acuità visiva o richiedere un intervento
medico o chirurgico durante lo studio,
come la presenza di cataratta, occlusione
vascolare retinica, distacco di retina,
foro maculare o neovascolarizzazione
coroidale di qualsiasi natura, glaucoma
non controllato in entrambi gli occhi,
retinopatia diabetica proliferante
nell'occhio in studio o la presenza di una
condizione sistemica non controllata.
Trattamenti oculari precedenti erano
permessi se eseguiti nel modo seguente:
fotocoagulazione laser panretinica
nell'occhio in studio entro 6 mesi prima
dell’arruolamento, fotocoagulazione
focale/griglia laser nell'occhio in studio
entro 3 mesi prima dell’arruolamento,
il trattamento con farmaci anti-VEGF
entro 1 mese prima dell’arruolamento,
qualsiasi intervento chirurgico intraoculare
nell'occhio in studio entro 3 mesi
dall’arruolamento o la storia di vitrectomia
nell'occhio in studio.
Un esame oftalmologico completo è stato
eseguito su tutti i pazienti inclusi sia alla
visita basale che ad ogni visita di follow-up
(mensile), fra cui la misurazione delle acuità
visiva corretta (BCVA) mediante l’utilizzo di
tavole ETDRS, misurazione della pressione
intraoculare (IOP) con tonometro ad
applanazione Goldmann. L’OCT Spectral
Domain Spectralis (versione 1.5.12.0,
Heidelberg Engineering, Heidelberg,
Year 2 ı Number 1 ı 2016
41
Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico
microperimetry (Nidek Technologies,
Padova, Italy) for testing the retinal
sensitivity at baseline and 1 month
after the ranibizumab loading phase.
Mean retinal sensitivity (MRS) was
tested using a customize radial grid
of 36 stimuli covering the central
10° (centered on the fovea); the
time between stimuli was equal to
1 second with stimulus size equivalent
to Goldmann III, white background
set at 4 asb and a bright red cross of
2° as the fixation target. A 4-2 double
staircase strategy was carried out
and the first stimulus was presented
at the level of 10 dB. The mean retinal
sensitivity was calculated in the whole
10° and in the 2° central area. The
stability of fixation was graded on the
basis of the preferred retinal locus
and reported as stable, relatively
unstable and unstable. In each patient,
microperimetry was performed twice
within 1 week to rule-out potential
learning effects, and the second test
was used for the analysis. Moreover,
patients underwent a brief training
session at the beginning of each test.
Tropicamide 1% was used to dilate
the pupil in the selected eye20,21,22.
Enhanced depth imaging OCT
images were obtained by Heidelberg
Spectralis and retinal thickness (RT)
and CT were measured with the EDI
system. The scanning protocol used
was the Volume Fast program. Retinal
thickness (RT) measurements of each
of the nine subfields corresponding
to the ETDRS areas were considered
for the analysis. ETDRS areas were
defined by 3 concentric rings centered
into the fovea with diameters of
1, 3 and 6 mm respectively and the
2 outer rings divided into quadrants
by 2 intersecting orthogonal lines.
Measurement of Central Retinal
Thickness (CRT), as the mean
Germania) e microperimetria con MP1
(Nidek Technologies, Padova, Italia) per
testare la sensibilità retinica sono state
effettuate al basale e un mese dopo la
loading phase di ranibizumab. La media
della sensibilità retinica (MRS) è stata
testata utilizzando una griglia radiale
standardizzata di 36 stimoli nei 10° centrali
retinici (centrata sulla fovea); il tempo
che intercorre tra gli stimoli è stato pari
a 1 secondo con stimoli di dimensioni
Goldmann III, lo sfondo bianco impostato
a 4 ASB e una croce rossa di 2° come
mira di fissazione. È stata effettuata una
strategia 4-2 con uno stimolo di partenza
pari a 10 dB. La sensibilità retinica media
è stata calcolata in tutti i 10° testati e
nei 2° centrali. La stabilità di fissazione
è stata classificata sulla base del locus
retinico preferito e valutata come stabile,
relativamente instabile e instabile. In ogni
paziente, la microperimetria è stata
effettuata due volte entro 1 settimana
per escludere potenziali effetti di
apprendimento, e il secondo test è stato
utilizzato per l'analisi. Inoltre, i pazienti
sono stati sottoposti a una breve sessione
di training all'inizio di ogni prova. L’occhio
in studio è stato dilatato con Tropicamide
1% collirio20,21,22.
Scansioni OCT EDI sono state ottenute
con l’Heidelberg Spectralis e lo spessore
della retina (RT) e della coroide (CT) è stato
misurato con il sistema EDI. Il protocollo di
scansione utilizzato è stato il programma
Volume Fast.
Le misurazioni dello spessore retinico
(RT) di ciascuno dei nove sottocampi
corrispondenti alle aree ETDRS sono
stati considerati per l'analisi. Le aree
ETDRS sono state definite da 3 anelli
concentrici centrati rispettivamente
nella fovea con diametri di 1, 3 e 6 mm
e i due anelli esterni divisi in quadranti
da 2 linee ortogonali intersecanti. Sono
state ottenute misurazioni dello spessore
retinico centrale (CRT) che si riferisce allo
42
Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema
retinal thickness in the central 1 mm
diameter area, was obtained. The
EDI-OCT technique used to obtain
CT has been described elsewhere15.
Seven horizontal sections were
obtained within a 5 x 30° area
centered at the fovea, with 100
averaged scans for each section
using the automatic averaging and eye
tracking features to reduce the noise
and to improve the image quality.
CT was defined as the distance from the
retinal pigment epithelium (RPE) line to
the hyperreflective line behind the large
vessel layers of the choroid, deemed
to be the choroid–sclera interface. If
the choroid was tilted, the distance
was measured right to this RPE line.
CT was manually measured behind
the fovea (subfoveal CT) and at 500
μm from the fovea on the horizontal
and vertical axis. The average CT
was then calculated as the mean of
the subfoveal CT measurement and
four CT measurements obtained
at 500 μm from the fovea. The
OCT measurements were done
by two examiners independently.
If the difference of their thickness
measurements was greater than
15% of the mean of the two values, a
senior author was asked to evaluate
the images as well. Intravitreal
injections of ranibizumab were
administered following the instillation
of topical anesthetic drops under
sterile conditions and followed the
national and international guidelines
for intravitreal injections23. Data
were expressed as mean ±SD for
continuous variables, and frequencies
for categorical variables. A comparison
between the two groups (eyes) was
made. Within group comparisons
were performed by paired test or
Wilcoxon sign rank test as appropriate.
Relationships between choroidal and
spessore retinico medio nell’area centrale
di 1 mm. La tecnica EDI OCT utilizzato
per ottenere lo spessore coroideale è già
stata descritta in altri studi15. Sette sezioni
orizzontali sono stati ottenute all'interno di
un'area di 5x30° centrate sulla fovea, con
in media 100 scansioni per ogni sezione
utilizzando le funzioni automatiche della
compensazione e l’eye tracking per ridurre
il rumore del segnale e migliorare la qualità
dell'immagine.
Lo spessore coroideale (CT) è stato
definito come la distanza tra la linea
dell'epitelio pigmentato retinico (RPE) e
la linea iperreflettente dietro i grandi strati
dei vasi della coroide che è stata ritenuta
essere il confine fra coroide e sclera.
Nel caso in cui la coroide fosse stata
inclinata, la distanza sarebbe stata
misurata a destra della linea dell’EPR. Il CT
è stato misurato manualmente dietro la
fovea ed a 500 micron dalla fovea sull'asse
orizzontale e verticale. La media del CT
è stata, quindi, calcolata come la media
delle misurazioni subfoveali e le quattro
misurazioni ottenute a 500 micron dalla
fovea. Le misurazioni all’OCT sono state
effettuate da due esaminatori indipendenti.
Se la differenza tra le loro misurazioni fosse
stata superiore al 15% della media dei
due valori, sarebbe stato chiesto ad un
esaminatore senior di valutare le immagini.
Le iniezioni intravitreali di ranibizumab sono
state somministrate dopo l'instillazione di
gocce di anestetico locale in condizioni
sterili e hanno seguito le linee guida
nazionali e internazionali per iniezioni
intravitreali23.
I dati sono stati espressi come media ±DS
per le variabili continue, e come frequenze
per le variabili categoriche.
I due gruppi (occhi) sono stati confrontati
statisticamente. Sono state eseguite
inoltre analisi di confronto all’interno
dello stesso gruppo con paired t test o
Wilcoxon sign rank test. I rapporti tra lo
spessore della coroide e della retina e la
Year 2 ı Number 1 ı 2016
43
Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico
retinal thickness and visual function
were explored by regression analysis.
The analysis was performed with
SPSS (version 13.0; SPSS Science
Inc., Chicago, IL, USA).
RESULTS
In this case series 46 eyes of 23
patients with diabetes (14 males, 9
females, mean age 66.2±8.3 years,
4 type 1 and 19 type 2 diabetes) were
included. Mean diabetes and macular
edema duration was 16.13±8.5
and 3±1.7 years, respectively.
At baseline 5 eyes were phakic and
18 pseudophakic. Mean refractive
error was -0.48±2.6 diopters. At
baseline among the study eyes 20/23
eyes were classified as having diffuse
macular edema, 23/23 presented a
cystic macular edema, and 9/23 had a
subfoveal neurosensory detachment.
At baseline among fellow eyes 11/23
(47.8%) were classified as having
diffuse macular edema, and 4/23 had
a subfoveal neurosensory detachment.
Mean intraocular pressure (IOP) at
baseline was 15.3±2.7 and 16.4±2.3
mmHg in treated and fellow eyes
respectively, mean systolic pressure
was 138.3±14.97 mmHg, diastolic
pressure was 77.17±5.60 mmHg and
heart rate was 70.95±6.10 bpm.
Among study eyes eight patients out
of 23 (34.8%) were naïve, 3/23 (13.0%)
had been previously treated with grid
laser, 12/23 (52.2%) with anti-VEGF
agents, 4/23 (17.4%) anti-VEGF agents
plus grid laser. Among the fellow eyes
11/23 (47.8%) were naïve, 6/23 (26.1%)
had been previously treated with grid
laser, 6/23 (26.1%) with anti-VEGF
agents, and 5/23 (21.7%) anti-VEGF
agents plus grid laser.
One month after the loading phase
with ranibizumab 0.5 mg, mean BCVA
significantly improved from 60.6±12.3
funzione visiva sono stati esplorati con
analisi di regressione. L'analisi statistica è
stata effettuata con SPSS (versione 13.0;
SPSS Science Inc., Chicago, IL, USA) .
RISULTATI
Sono stati valutati 46 occhi di 23 pazienti
affetti da diabete (14 maschi, 9 femmine,
età media 66,2±8,3 anni, 4 con diabete
di tipo 1 e 19 con diabete di tipo 2).
La durata media di diagnosi di diabete e di
edema maculare era 16,13±8,5 e 3±1,7
anni, rispettivamente. Alla visita basale 5
occhi erano fachici e 18 pseudofachici.
La media di errore di refrazione era
-0.48±2,6 diottrie. Al basale, tra gli occhi
in studio, 20/23 erano classificati come
aventi edema maculare diffuso, 23/23
presentavano un edema maculare di
tipo cistico e 9/23 avevano un distacco
del neuroepitelio subfoveale. Al basale,
tra gli occhi controlaterali, 11/23
(47,8%) sono stati classificati come
aventi edema maculare di tipo diffuso,
e 4/23 presentavano un distacco del
neuroepitelio.
La pressione intraoculare media (IOP) alla
visita di base era 15,3±2,7 e 16,4±2,3
mmHg negli occhi trattati e negli occhi
controlaterali, rispettivamente.
La media della pressione sistolica era
138,3±14,97 mmHg mentre quella diastolica
era 77,17±5,60 mmHg con una frequenza
cardiaca media di 70,95±6,10 bpm.
Tra gli occhi in studio 8/23 (34,8%) non
erano mai stati trattati, 3/23 (13,0%)
erano stati precedentemente trattati con
il laser a griglia, 12/23 (52,2%), erano stati
sottoposti ad iniezioni intravitreali con
farmaci anti-VEGF, 4/23 (17,4%) erano
stati trattati con anti-VEGF più griglia laser.
Tra gli occhi controlaterali 11/23 (47,8%)
non erano mai stati trattati, 6/23 (26,1%)
erano stati precedentemente trattati con
il laser a griglia, 6/23 (26,1%), erano stati
trattati con farmaci anti-VEGF, e 5/23
(21.7%) con anti-VEGF più griglia laser.
44
Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema
Fig. 1
Fig. 1
Central retinal thickness
and subfoveal choroidal
thickness obtained by
means of spectral-domain
OCT (SD-OCT) (Spectralis)
in one patient with diabetic
macular edema (DME)
before (a) and after (b)
ranibizumab loading phase.
Spessore centrale retinico
e spessore subfoveale
coroideale ottenuto
mediante SD-OCT in
un paziente con edema
maculare diabetico prima (a)
e dopo (b) loading phase di
ranibizumab.
to 66.4±12.4 letters (P < 0.0001)
and central RT significantly reduced
from 583.4±141.5 to 434.4±136.3 μm
(P <0.0001). No significant changes
were found in mean retinal sensitivity
as measured by MP1 throughout
the follow-up (10.9±5.3 vs 11±5.03
dB, P =0.83). Fellow eyes BCVA and
central RT data at baseline and at the
end of follow-up are shown in Table 1.
At baseline, CT was found to be
lower in treated eyes in comparison
with fellow eyes (185.4± 49.9 vs
210.04±41.03 μm, respectively) and
while after the loading phase an
increase of 21.2±56 μm (11.4%, from
185.4±49.9 to 206.6±60.6 μm, P > 0.5)
was found in the treated eye, no
changes were found in the fellow eye
(from 210.04±41.03 to 204.96±38.28
μm, P > 0.5) (Fig. 1). BCVA changes
from baseline were found not to be
related to either central RT (R2 0.11,
P = 0.1) or CT changes (R2 0.05,
P = 0.28) (Tab.1).
No significant relationship was
found between central RT and CT
changes from baseline at any visit.
Un mese dopo la LP con ranibizumab
0,5 mg la BCVA era significativamente
migliorata da 60,6±12,3 a 66,4±12,4
lettere (P <0,0001) e lo spessore retinico
centrale significativamente ridotto da
583,4±141,5 a 434,4±136,3 micron
(P <0,0001). Nessun cambiamento
significativo era stato riscontrato
riguardo la sensibilità retinica media
misurata all’MP1 durante tutto il followup (10.9±5.3 vs 11±5,03 dB, P=0,83).
La BCVA, gli spessori retinici centrali
al basale e al termine del follow-up
degli occhi controlaterali sono riportati
nella tabella 1. Al baseline, il CT era più
sottile negli occhi trattati rispetto agli
occhi controlaterali (185.4± 49.9 vs
210.04±41.03 μm, rispettivamente) e
mentre dopo la LP è stato riscontrato un
aumento dello spessore di 21.2±56 μm
(11.4%, da 185.4±49.9 a 206.6±60.6
μm, P >0.5) negli occhi trattati, non è
stato riscontrato alcun cambiamento negli
occhi controlaterali (da 210.04±41.03 a
204.96±38.28 μm, P >0.5) (Fig. 1). Non
è stata evidenziata alcuna correlazione
tra i cambiamenti della BCVA rispetto alla
baseline ed I cambiamenti dello spessore
Year 2 ı Number 1 ı 2016
45
Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico
Tab.
1
Comparison of BCVA
Confronto fra BCVA
Tab. 1
BCVA (lettere ETDRS)
Baseline
Post LP
CRT (μm)
P
Baseline
Treated eyes
60.6±12.3 66.4±12.4 <0.0001 583.4±141.5
Occhi trattati
Fellow Eyes
Controlaterali
68.2±15.9 66.9±16.6 0.53
CRT (μm)
Post LP
P*
434.4±136.3 <0.0001 185.4±49.9
479.8±190.5 516.5±204.2 0.075
No relationship was found between
refraction (R2 0.06, P > 0.5), IOP
(R2 0.002, P > 0.5), systemic pressure
(R2 0.013, P > 0.5) and CT changes.
DISCUSSION
In this study we explored changes in
CT in patients with diabetic macular
edema treated with a loading phase of
ranibizumab, and its relationship with
functional outcomes.
Our data showed that before treatment
at baseline subfoveal CT in DME
eyes was reduced in comparison
with the fellow eyes (controls) and did
not increase significantly after three
consecutive intravitreal injections of
ranibizumab. At the same time point,
no changes in subfoveal CT were
found in the fellow eyes.
In our patients, one month after the
loading phase with ranibizumab 0.5
mg mean BCVA significantly improved
(about one ETDRS line) and also the
retinal thickness significantly reduced.
However no significant changes were
found in mean retinal sensitivity as
measured by MP1 throughout the
follow-up. In our study BCVA changes
from the baseline were found not to be
related with morphological changes,
either retinal or CT changes.
As demonstrated, a structurally
and functionally normal choroidal
Baseline
Post LP
P
206.6±60.6
0.09
210.04±41.03 204.96±38.3 0.34
retinico centrale (R2 0.11, P = 0.1) e
coroideale (R2 0.05, P = 0.28) (tab. 1).
Nessuna correlazione è stata riscontrata
tra i cambiamenti dello spessore retinico
e coroideale ad ogni visita di follow-up.
Nessuna correlazione è stata riscontrata
tra refrazione (R2 0.06, P > 0.5), IOP
(R2 0.002, P > 0.5) e pressione arteriosa
(R2 0.013, P > 0.5).
DISCUSSIONE
In questo studio abbiamo valutato i
cambiamenti nello spessore coroideale in
pazienti con edema maculare diabetico
trattati con un ciclo di tre iniezioni di
ranibizumab, e il suo rapporto con i risultati
funzionali. I nostri dati hanno mostrato
che prima del trattamento al basale lo
spessore coroideale subfoveale negli
occhi con DME era ridotto rispetto agli
occhi controlaterali (controlli) e non è
aumentato in modo significativo dopo
tre iniezioni intravitreali consecutive di
ranibizumab. Allo stesso tempo non si è
osservata alcuna variazione nello spessore
coroideale subfoveale negli occhi
controlaterali.
Nei nostri pazienti, un mese dopo la
loading phase con ranibizumab 0,5 mg
la BCVA risultava significativamente
migliorata (circa una linea) e anche lo
spessore retinico si era notevolmente
ridotto. Tuttavia nessun cambiamento
significativo è stato rilevato nella sensibilità
Comparison of BCVA,
central retinal thickness,
and subfoveal choroidal
thickness at OCT in
ranibizumab treated DME
eyes and fellow eyes
between baseline and 1
month after the loading
phase.
Confronto fra BCVA,
spessore retinico centrale
e spessore coroideale
subfoveale all’OCT in
occhi affetti da edema
maculare diabetico trattati
con ranibizumab ed occhi
controlaterali alla visita
baseline e ad un mese dopo
la loading phase.
46
Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema
vasculature is essential for retinal
function; abnormal choroidal blood
volume and/or compromised flow can
result in photoreceptor dysfunction
and death7.Consequently, the choroid
plays a vital role in the pathophysiology
of many retinal conditions, such as
central serous chorioretinopathy
(CSC)24, age-related macular
degeneration (AMD)25, choroidal
melanoma26, Vogt-Koyanagi-Harada
(VKH)27, and others.
A precise clinical understanding
of choroidal changes is critical for
an accurate assessment of many
posterior segment diseases. Until
recently, the choroid could only be
evaluated by indocyanine green (ICG)
angiography, laser Doppler flowmetry,
and ultrasound.7 In recent years, the
method known as enhanced depth
imaging spectral-domain optical
coherence tomography (EDI OCT) has
been developed to allow in vivo crosssectional imaging of the choroid and
CT measurement15.
There is evidence that diabetes could
be associated with abnormalities
in choroidal morphology and that
choroidal angiopathy and retinal
vascular damage may coexist5,6.
However, CT measurements using
OCT in diabetes patients and at
different stages of diabetic retinopathy
have been conflicting8,9,10,11,12,13,14.
Regatieri et al reported that CT
change in diabetes may be related
to the severity of retinopathy and in
particular the presence of macular
edema is associated with a significant
decrease in the CT11. These results
have been recently confirmed by Adhi
et al14. Furthermore, Querques et al
and Vujosevic et al, although using a
different OCT technology (EDI-OCT vs
RS-3000; Nidek) reported an overall
decrease in CT in diabetic eyes, but
retinica media misurata con MP1 durante
tutto il periodo di follow-up. Nel nostro
studio non sono state trovate correlazioni
fra i cambiamenti della BCVA e le
modificazioni morfologiche sia retiniche sia
dello spessore coroideale.
Come dimostrato, una normale
vascolarizzazione della coroide sia dal
punto di vista anatomico che funzionale
è essenziale per una corretta funzionalità
retinica; un anormale volume ematico della
coroide e/o un suo compromesso flusso
può comportare o un danno o morte dei
fotorecettori7. Di conseguenza, la coroide
svolge un ruolo fondamentale nella
fisiopatologia di molte patologie retiniche,
come la corioretinopatia sierosa centrale
(CSC)24, la degenerazione maculare
legata all’età (AMD)25, il melanoma della
coroide26, la Vogt-Koyanagi-Harada
(VKH)27 e altre.
Una precisa comprensione clinica delle
modificazioni a carico della coroide è
fondamentale per un’accurata valutazione
di molte malattie del segmento posteriore.
Fino a poco tempo fa, la coroide poteva
essere studiata solo con l’angiografia al
verde di indocianina (ICG), la flussimetria
doppler, e gli ultrasuoni. Negli ultimi anni,
l’esame OCT con EDI è stato sviluppato
per consentire acquisizioni di immagini in
vivo in sezione trasversale della coroide e
misurazioni dello spessore15.
Ci sono prove che il diabete potrebbe
essere associato ad anomalie nella
morfologia della coroide e che l’angiopatia
coroideale ed il danno vascolare della
retina possano coesistere5,6. Tuttavia, le
misurazioni dello spessore coroideale
valutate all’OCT nei pazienti diabetici e
in diverse fasi della retinopatia diabetica
sono stati contrastanti8,9,10,11,12,13,14. Infatti
Regatieri et al riporta che le modifiche a
livello coroideale nel diabete possono
essere correlate alla gravità della
retinopatia e, in particolare, la presenza
di edema maculare è associato ad una
Year 2 ı Number 1 ı 2016
47
Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico
without any difference in eyes with
diabetic macular edema10,12.
In contrast, Kim et al reported that
CT increased significantly as the
severity of the retinopathy worsened
and that the subfoveal choroid was
thicker in eyes with DME than in
those without, and was thickest in
eyes with subretinal detachmenttype DME13. Xu et al, reporting data
obtained from population-based
Beijing Eye Study, showed that only
patients with diabetes had a slightly,
but statistically significantly, thicker
subfoveal choroid, whereas presence
and stage of diabetic retinopathy were
not associated additionally with an
abnormal subfoveal CT28.
Differences in the published results
could be related to differences in
patients’ population analyzed, as age,
ethnicity, duration of diabetes, duration
of diabetic retinopathy and macular
edema, glycemic and metabolic
control, OCT technology, and
additional factors that could influence
the choroidal vascular compartment.
CONCLUSION
In our observational study we aimed to
explore the choroidal changes in DME
eyes after three monthly ranibizumab
intravitreal injections in comparison
with untreated fellow eyes.
As noted, antiangiogenic drugs
and ranibizumab in particular are
considered the gold standard for DME
treatment providing a visual acuity
gain of about 1-2 ETDRS lines and a
significant reduction in central retinal
thickness at OCT16.From our results,
DME treated eyes after the loading
phase with ranibizumab showed an
increase of VA and a reduction of
central retinal thickness, associated
with a slight but non-significant
increase of subfoveal CT. It has been
significativa riduzione dello spessore11.
Questi risultati sono stati recentemente
confermati da Adhi et al14. Inoltre,
Querques et al e Vujosevic et al, anche se
con un OCT di tecnologia diversa (EDIOCT vs RS-3000; Nidek) hanno riportato
una diminuzione complessiva dello
spessore coroideale negli occhi diabetici,
ma senza alcuna differenza negli occhi con
edema maculare diabetico10,12.
Al contrario, Kim et al ha dimostrato
un aumento dello spessore coroideale
associato alla gravità della retinopatia
diabetica e che la coroide subfoveale
risulta essere più spessa in occhi con
edema maculare e soprattutto con
distacco del neurepitelio13. Xu et al,
riportando i dati basati sulla popolazione
del Pechino Eye Study, ha mostrato che
solo i pazienti con diabete presentavano
un lieve, ma statisticamente significativo,
aumento dello spessore coroideale
subfoveale, mentre la presenza e lo stadio
della retinopatia diabetica non risultavano
essere associati28. Le differenze nei risultati
pubblicati potrebbero essere correlate a
differenze nella popolazione dei pazienti
analizzati come l'età, l'etnia, la durata
del diabete, la durata della retinopatia
diabetica e dell'edema maculare, il
controllo glicemico e metabolico, le
differenti tecnologie OCT ed ancora
altri fattori che potrebbero influenzare le
variazioni coroideali.
CONCLUSIONI
Nel nostro studio abbiamo voluto
esaminare i cambiamenti della coroide in
occhi affetti da edema maculare diabetico
dopo tre iniezioni intravitreali mensili di
ranibizumab in confronto con l’occhio
controlaterale non trattato.
Come già detto, i farmaci anti VEGF
ed il ranibizumab, in particolare, sono
considerati il gold standard per il
trattamento DME fornendo un guadagno
di acuità visiva di circa 1-2 linee ETDRS ed
48
Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema
hypothesized that anti-VEGF may
differently affect choroidal vasculature
and accordingly CT. Brachini et al
recently reported significant choroidal
thinning in neovascular age related
macular degeneration (AMD) eyes
after 6 and 12 months of anti-VEGF
agents treatment, while control eyes
demonstrated no decrease in CT over
6 months19. In addition, Yamazaki et
al reported a decrease of subfoveal
CT after IVRs in eyes with neovascular
AMD, suggesting that intravitreal
injections of ranibizumab may provide
a pharmacologic effect not only on
the neovascular lesion but also on
the underlying choroid18. In contrast,
Ellabban et al reported a minimal
effect, if any, on the CT of ranibizumab
treatment in eyes with different types
of choroidal neovascularizations (AMD,
myopia, polypoid vasculopathy)17,
which is in agreement with our
findings. Finally, Laíns et al recently
reported the results of a crosssectional study which included nonproliferative DR and diffuse DME
in both eyes. In the study, diabetic
eyes treated with anti-VEGF agents
had reduced CT29. Differences in the
results from our study could be related
to the study design, the population
included (naïve vs patients with history
of anti-VEGF plus laser in one eye and
laser only in the fellow eye) and the
long time between the treatment and
the choroidal evaluation (mean 30.9
months in non-proliferative DR and
13.9 months in the PDR group). VEGF
is considered an important factor in
the pathogenesis of macular edema.
It induces the rupture of the blood
retinal barrier and may also influence
the RPE outer retinal barrier. Little is
currently known regarding the effect of
VEGF on RPE permeability, although
the presence of VEGF and its three
una significativa riduzione dello spessore
della retina centrale all’OCT16. Dai nostri
risultati, la loading phase di ranibizumab
ha mostrato un miglioramento dell’acuità
visiva e una riduzione dello spessore
retinico centrale, associata ad un lieve ma
non significativo aumento dello spessore
coroideale subfoveale.
È stato ipotizzato che l'anti-VEGF
possa influenzare in modo diverso
la vascolarizzazione coroideale e di
conseguenza il suo spessore. Brachini
et al ha recentemente riportato un
significativo assottigliamento della coroide
in pazienti affetti da AMD neovascolare
trattati con anti-VEGF dopo 6 e 12 mesi
mentre gli occhi di controllo non hanno
mostrato alcuna riduzione dello spessore
dopo 6 mesi19. Inoltre, Yamazaki et
al, ha riportato una diminuzione dello
spessore coroideale in occhi con AMD
neovascolare trattati con ranibizumab,
ipotizzando che le iniezioni intravitreali di
ranibizumab possano fornire un effetto
farmacologico non solo sulla lesione
neovascolare, ma anche sulla sottostante
coroide18. Al contrario, Ellabban et al
ha riportato un effetto minimo sullo
spessore coroideale dopo trattamento
con ranibizumab in occhi con diversi tipi
di neovascolarizzazioni coroideale (AMD,
miopia, vasculopatia polipoide)17, il che
è in accordo con i nostri risultati. Infine,
Lains et al ha recentemente riportato
i risultati di uno studio trasversale che
comprendeva pazienti affetti da retinopatia
diabetica non proliferante e con edema
maculare diffuso in entrambi gli occhi.
Nello studio, gli occhi trattati con agenti
anti-VEGF presentavano una riduzione
dello spessore coroideale29. Le differenze
nei risultati rispetto al nostro studio
potrebbero essere correlate al disegno
dello studio, alla popolazione inclusa (naïve
vs pazienti con storia di anti-VEGF più
laser in un occhio e il laser solo nell’occhio
controlaterale) e il lungo periodo che
Year 2 ı Number 1 ı 2016
49
Modificazioni retino-coroideali dopo loading phase di ranibizumab nell’edema maculare diabetico
receptors have been confirmed in
human RPE cells. Recently, studies
on this topic have been published
with contradictory results. Campa et
al demonstrated that both 121 and
165 VEGF isoforms and 2 anti-VEGF
compounds exert an effect on human
RPE permeability in vitro30. These
results, even if only in vitro, could
support a hypothesis that anti-VEGF
agents, in addition to reducing retinal
thickness in diabetic macular edema
by influencing the inner retinal barrier
permeability, could influence the
morphological characteristics of the
choroidal compartment by influencing
the outer retinal barrier permeability.
The slight, non-significant CT change
in DME eyes treated with ranibizumab
in our study does not support a
suggestion that anti-VEGF agents
could modulate RPE permeability and
exert their influence even on the outer
eye compartment, beneath the retina.
However, it is unclear from our
study whether the observed slight,
non-significant increase in CT is a
consequence of anti-VEGF treatment
or strictly related to, for example,
DME or diabetes. Greater numbers
of subjects are necessary to clarify
the effects of VEGF treatment in such
patients, and to determine whether
there is a dose response.
intercorre tra il trattamento e la valutazione
della coroide (media 30,9 mesi nella
forma non proliferante e 13,9 mesi nel
gruppo di quella proliferante).
Il VEGF è considerato un fattore
importante nella patogenesi dell'edema
maculare. Induce la rottura della barriera
emato-retinica e può anche influenzare
il complesso EPR-coriocapillare. Scarse
sono le conoscenze riguardo l'effetto
del VEGF sulla permeabilità dell’epitelio
pigmentato retinico, sebbene la presenza
di VEGF e dei suoi tre recettori siano stati
confermati in cellule RPE umane.
Recentemente sono stati pubblicati
vari studi su questo argomento ma con
risultati contraddittori. Campa et al ha
dimostrato che entrambe le isoforme
(121 e 165) del VEGF e due molecole di
anti-VEGF (ranibizumab e pegaptanib)
influenzano la permeabilità dell’EPR in
vitro30. Questi risultati, anche se solo in
vitro, sembrerebbero sostenere l’ipotesi
che gli agenti anti-VEGF, oltre a ridurre lo
spessore retinico nell’edema maculare
diabetico agendo sulla permeabilità
della barriera emato-retinica interna,
potrebbero influenzare le caratteristiche
morfologiche della coroide agendo
sulla barriera emato-retinica esterna.
Lo scarso e non significativo cambiamento
coroideale negli occhi affetti da DME
trattati con ranibizumab nel nostro studio
non supporterebbe l’ipotesi che gli
agenti anti-VEGF possano modulare la
permeabilità dell’EPR né esercitare la loro
influenza sulla coriocapillare.
Tuttavia, non è chiaro dal nostro studio se
il lieve e non significativo aumento dello
spessore coroideale sia una conseguenza
del trattamento anti-VEGF o strettamente
funzionale, legato all’edema o al diabete.
Un maggior numero di soggetti sono
necessari per chiarire gli effetti del
trattamento con anti-VEGF in tali pazienti
e per determinare se vi sia una risposta al
ciclo di trattamento.
50
Retinal-choroidal changes after a loading phase of ranibizumab in diabetic macular edema
REFERENCES
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51
52
Focus on...
CHERATITE PUNTATA SUPERFICIALE IN ESITI
DI ASPORTAZIONE DI NEURINOMA
Fabio Mazzolani
Centro Oculistico Bergamasco
Uomo di 70 anni sottoposto ad
asportazione di neurinoma del VIII
nc con coinvolgimento dell'angolo
pontocerebellare, si presenta per
insorta cheratite associata a residuo
lagoftlamo secondario. Il paziente
risultava monocolo per pregressa
maculopatia nell'occhio adelfo. I
neurinomi sono tumori che originano
dalle cellule di Schwann, possono
interessare tutti i nervi intracranici,
ma prevalentemente vengono
riscontrati nell´ottavo nervo cranico
(composta dal nervo acustico e da
quello vestibolare). Si localizzano
solitamente, nell´angolo fra
il cervelletto ed il ponte, nella
fossa cranica posteriore, e la
progressione è lenta.
Tipicamente si presenta negli adulti,
(picco di incidenza tra 40 e 60 anni).
Le femmine sono due volte più
colpite che i maschi. Il neurinoma
dell´acustico rappresenta il 6%
di tutti i tumori encefalici primitivi.
L´incidenza annuale è di 1 caso
ogni 100.000 persone. I sintomi
più frequenti sono determinati dalla
progressiva compressione sull´ottavo
nervo cranico. Si assiste quindi ad
un progressivo calo dell´udito, ronzio
all´orecchio, vertigini e disequilibrio.
I neurinomi posso ulteriormente
comprimere anche altre strutture a
livello dell’angolo ponto-cerebellare
potendo generare: dolori ed
ipoestesie di tipo trigeminale,
ipostenia ai muscoli facciali, diplopia,
difficoltà alla deglutizione, disturbi del
gusto, difficoltà nella deambulazione,
nausea/vomito e cefalea.
L’indicazione al trattamento dipende
dalle dimensioni del tumore e dai
sintomi accusati dal paziente.
Le opzioni possibili comprendono
l’osservazione, la radiochirurgia, la
chirurgia. Ogni forma di trattamento
presenta dei rischi, in questo caso
i principali sono il danno sul nervo
facciale (VII nervo cranico) ed
acustico.
La paralisi del VII nervo cranico
determina un deficit del muscolo
orbicolare, del muscolo frontale
e dei muscoli mimici del viso
con conseguente impossibilità
a chiudere le palpebre. Questa
condizione prende il nome di
lagoftalmo ed è associata ad una
paralisi della regione frontale e
del terzo medio del volto (la zona
compresa tra le palpebre inferiori e la
bocca) e del terzo inferiore (bocca).
La scelta terapeutica è ricaduta
sulla formulazione a collirio per
facilitare il paziente nell'applicazione
data la monocularità e riducendo
i fenomeni di appannamento
solitamente presenti con l'utilizzo di
pomate oftalmiche sia terapeutiche
(antibiotico unguento) sia coadiuvanti
(retinolo). La colorazione con
fluoresceina sodica è percepibile
nella tonalità del bianco mediante
fluoroscopia con HRA (Heidelberg
Spectralis, Heidelberg Germany)
focalizzato per il segmento anteriore
evidenzia disepitelizzazione
corneale centrale diffusa associato
a iperemia e iniziale chemosi
congiuntivale.Fluoroscopia a
sinsitra: paziente prima della terapia.
Fluoroscopia a destra: paziente a
distanza di 7 giorni, dall’assunzione
di soluzione idratante combinata
di Sodio Ialuronato 0,1% e
Carbossimetilcellulosa Sodica 0,5%
(Optive Fusion™, Allergan).
L'analisi comparativa mette in
evidenza l'importante riduzione
della cheratite puntata superificale
prima coinvolgente l'intera
cornea grazie all'utilizzo di
soluzione idratante combinata
di Sodio Ialuronato 0,1% e
Carbossimetilcellulosa Sodica 0,5%
(Optive Fusion™, Allergan).
Focus on...
53
54
Focus on...
EFFICACIA DI UN TRATTAMENTO CON UN SOSTITUTO LACRIMALE
A BASE DI IPROMELLOSA 0,5% ED AMINOACIDI, NELLA RIDUZIONE
DELLA CHERATOPATIA DA ACCUMULO, SECONDARIA
ALLA TERAPIA SISTEMICA CON AMIODARONE
Giancarlo Albioni
Specialista oftalmologo territoriale, Roma
Introduzione
L‘amiodarone è un potente
antiaritmico ed antifibrillatorio
caratterizzato da frequenti effetti
collaterali in vari organi come la
tiroide, i polmoni, lo stesso cuore, la
pelle e l’occhio. Il metabolita attivo è il
mono-N-desetilamiodarone. A livello
oculare, caratteristici sono i depositi
corneali nel 98% dei casi dopo 4
mesi con concentrazione plasmatica
di almeno 1.2 g/ml. L’amiodarone si
accumula nelle ghiandole lacrimali
ove viene escreto, formando delle
inclusioni lisosomiali multilamellari
nell’epitelio e nello stroma corneale;
esistono raramente depositi anche
a livello del cristallino, dell’iride, della
retina e del nervo ottico.
Alla biomicroscopia si apprezzano
microdepositi lineari al di sotto
dell’epitelio corneale di colore
marrone chiaro, bilaterali e simmetrici.
La tesaurismosi si suddivide in tre
stadi:
Primo stadio: depositi lineari inferiori
semplici;
Secondo stadio: aggiunta di
arborizzazioni “a baffo di gatto”;
Terzo stadio: forma di “vortice”
interessante l’asse visivo.
La sintomatologia non è frequente
con fotofobia, aloni, visione a volte
offuscata ed acuità visiva sempre
buona. La sospensione del farmaco fa
scomparire i depositi entro 3-20 mesi.
Metodi
Il criterio di inclusione dei pazienti si è
basato sui seguenti parametri:
1. terapie da almeno un anno con
amiodarone per aritmie importanti
(soprattutto fibrillazioni);
2. esclusione di pazienti con
patologie corneocongiuntivali o
glaucoma;
3. valutazione anamnestica oculo
internistica per eliminare falsi positivi
o negativi collegati alla tesaurismosi
amiloidea dei depositi.
Si è utilizzato un sostituto lacrimale a
base di ipromellosa allo 0,50% con
aminoacidi, per la sua caratteristica
lubrificazione e protezione dallo
stress, con un dosaggio di 3 volte
al dì per cicli di tre mesi con relativo
controllo e prolungamento della
stessa terapia per almeno un anno.
L’esigenza di praticare una semplice
terapia nasce dal bisogno di venire
incontro alle esigenze dei cardiologi,
che spesso non riescono a trovare
un altro antiaritmico della stessa
efficacia, per cui si è cercato di
limitare i microdepositi corneali.
Ciò non toglie che alcuni pazienti
dello studio siano stati esclusi per il
sopraggiungere di effetti collaterali
più gravi tiroidei o polmonari con
relativa sospensione del farmaco.
Sono stati arruolati circa 50 pazienti
negli ultimi 4 anni con verifica
periodica ogni tre mesi sia dal punto
di vista biomicroscopico-fotografico
(metodo pratico nella routine
quotidiana) che internistico: si sono
suddivisi i pazienti in 40 patologici
(25 donne e 15 uomini con età dai
48 agli 85 anni) e 10 di controllo
(6 uomini e 4 donne dai 60 agli 81
anni) non trattati.
Valori da 1 a 0
16
Valori da 2 a 1
15
Valori da 2 a 0
3
Valori invariati
4
Recidive
2
Le patologie concomitanti sono state cataratte non avanzate ed iniziali retinopatie ipertensive.
Il visus è variato tra i 5/10 ed i 10/10.
55
Focus on...
Si è, inoltre, cercato di verificare,
nel modo più oggettivo possibile,
il risultato, valutando i depositi del
campione patologico con valori
numerici ( da 0 a 2 in base allo
stadio) rapportati alle patologie
concomitanti ed al visus.
Risultati
I risultati sono stati molto
incoraggianti, addirittura con
depositi prima presenti e poi quasi
assenti o almeno stazionari, come
si può vedere dalla tabella e dalle
immagini, mentre la compliance
dei pazienti è stata molto
soddisfacente.
Conclusioni
La semplicità della terapia associata
ai buoni risultati fanno consigliare
questo collirio all’ipromellosa allo
0,5% con aminoacidi, realizzando
il desiderio di tutti i cardiologi,
cioè quello di non sospendere un
farmaco efficace, soprattutto se
antiaritmico.
Acuità visiva gruppo trattato
Bibliografia
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Cappiello E. Amiodarone: interazioni
side effects and drug interactions.
farmacologiche ed effetti collaterali.
Fifth edition, 2001, Butterworth-
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associared with systemic drug
therapy. Curr Opin Opththalmology
1999;10:328-446
OD
OS
T0
7,7
7,7
T1
7,9
7,9
56
news dalle aziende
OCT CANON HS100:
IL PRIMO OCT COMPLETAMENTE AUTOMATICO
SI ARRICCHISCE DEL MODULO ANGIO
Mauro Vitale
Product Specialist
Nell'OCT HS100, Canon combina
l'esperienza maturata nella
tecnologia OCT con la qualità
delle ottiche e del design Canon,
dando vita ad uno strumento
dalle prestazioni molto elevate, ma
dall'utilizzo molto semplice.
L'allineamento dell'occhio da
analizzare, la messa fuoco e
l'acquisizione dei tomogrammi da
analizzare vengono infatti effettuati
dallo strumento in maniera
completamente automatica.
L' HS100 è dotato inoltre di
tecnologia SLO (Scanning Laser
Ophthalmoscope) che permette
di acquisire anteprime di immagini
della retina di elevata qualità e
nella modalità FOLLOW UP, grazie
allo SLO Tracking, consente
allo strumento di riprodurre
le impostazioni di un esame
pregresso.
Alle funzioni già presenti
nell'HS100, si è aggiunge ora la
modalità OCTA, angiografia OCT.
Canon infatti, ha presentato il
suo nuovo modulo software per
Angiografia OCT. Questo nuovo
modulo permetterà ai professionisti
del settore di diagnosticare più
efficacemente le patologie retiniche
grazie alla visualizzazione dei vasi
sanguigni retinici.
L’analisi dei vasi sanguigni può
ora essere svolta senza l’iniezione
di un mezzo di contrasto o la
necessità di dilatare la pupilla.
Questo rende l’esame molto meno
invasivo per i pazienti.
Il nuovo modulo software AX
(Angio eXpert), progettato per
essere utilizzato con l’OCT-HS
100, permetterà la visualizzazione
dettagliata dei vasi sanguigni
retinici, grazie alla insuperata
risoluzione ottica di 3 micron
(μm). Il nuovo software utilizza
tempi di scansione estremamente
brevi, con una durata di ciascuna
scansione di circa 3 secondi.
Questo non solo risulta un
vantaggio per il paziente, ma
riduce anche il rischio di artefatti
causati da movimenti involontari
dell’occhio. La finestra di
scansione varia da 3 x 3 mm a
8 x 8 mm.
Coloro che già utilizzano l’OCTHS100 potranno utilizzare
il modulo OCT-Angiografia
aggiornando il software con il
nuovo modulo AX.
Peter Blonk, a capo del settore
di Imaging medicale di Canon
Europa, commenta: “Dal
1976 Canon è sempre stata
all’avanguardia nell’innovazione e
nello sviluppo di strumentazione
per diagnosi in oftalmologia.
La nostra motivazione è il
miglioramento della cura del
paziente e siamo lieti di introdurre
ora questa nuova soluzione che
contribuirà alla diagnosi precoce
delle patologie retiniche”.
58
news dalle aziende
SINDROME ASTENOPEICA:
DAL DISTURBO OCULO-VISIVO
ALLA PROBLEMATICA SISTEMICA
L’ASTENOPIA, indicata anche
come “discomfort visivo” o
“fatica visiva”, è una condizione
causata da affaticamento, dovuto
ad un sovraccarico lavorativo,
dell’apparato muscolare oculare
(intrinseco ed estrinseco). Tale
affaticamento è secondario ad una
messa a fuoco continua e ad una
eccessiva convergenza richiesta in
risposta allo sforzo visivo necessario
per ottenere un'immagine distinta.
I disturbi astenopeici sono associati
a situazioni in cui i processi
accomodativi ed i movimenti di
vergenza degli occhi sono più intensi
e si riscontrano frequentemente
nei bambini e ragazzi in età scolare
impegnati per molte ore in attività da
vicino e fisiologicamente ipermetropi,
in soggetti utilizzatori di dispositivi
mobili digitali (tablet, smartphone,
etc.) , in coloro che svolgono un
lavoro prossimale impegnativo e nei
videoterminalisti: i compiti lavorativi
ed i fattori ambientali possono infatti
favorire l'insorgenza o la reiterazione
di un insieme di sintomi oculari e/o
visivi spesso accompagnati da
disturbi generali.
I sintomi oculari dell’astenopia
sono costituiti principalmente da
infaticabilità alla lettura, riduzione
della acuità visiva, difficoltà
accomodative (problemi a mettere
a fuoco le immagini, visione
offuscata, visione doppia), iperemia
congiuntivale, blefarite, prurito,
fotofobia, contrazioni palpebrali,
sensazione di corpo estraneo, etc.
Tra i sintomi oculari riferiti c’è inoltre
la secchezza oculare.
L’astenopia si manifesta anche con
sintomi sistemici quali cefalea, dolori
al collo, nausea, astenia, dispepsia,
tensione generale, vertigini, etc.
Esistono in commercio prodotti
che hanno proprietà benefiche
sull’accomodazione e sulla visione.
La linea MERAMIRT® costituisce
un contributo mirato e completo alla
soluzione degli aspetti fisiopatologici
dell’astenopia.
MERAMIRT® soluzione oftalmica
a base di INOSITOLO ed
IPROMELLOSA , rappresenta
il trattamento locale che aiuta a
migliorare i sintomi oculo-visivi
dell’astenopia: l’inositolo può
supportare i processi metabolici
muscolari e favorire la risposta
contrattile del muscolo ciliare,
ripristinando la fisiologica funzione di
contrazione-rilassamento alla base
del processo di accomodazione.
L’ipromellosa ripristina la stabilità del
film lacrimale e riduce i sintomi di
discomfort da secchezza oculare.
MERAMIRT® integratore alimentare
grazie ad una razionale formulazione
a base di estratto di Frutti rossi
e Sambuco, Carnitina, Zinco,
ed estratto di Eleuterococco,
rappresenta un valido supporto
nutrizionale per il trattamento
dei sintomi sistemici e per il
miglioramento della funzionalità
visiva poiché agisce:
Sul muscolo ciliare: la
L- CARNITINA è presente a livello
dell’iride dei corpi ciliari e della
coroide ed ha la capacità di
veicolare gli acidi grassi nelle sedi
deputate alla loro utilizzazione
metabolica.
Pertanto è un elemento essenziale
per la produzione di energia
necessaria al muscolo.
Lo ZINCO è un potente
antiossidante che prende parte
a numerose attività enzimatiche
a livello retinico, in particolare
nell’epitelio pigmentato retinico, ed
è importante nel prevenire processi
degenerativi dei tessuti oculari.
Sulla retina: l’ESTRATTO DI FRUTTI
ROSSI E SAMBUCO (ricco di
antocianosidi e polifenoli) migliora
la qualità della visione ottimizzando
la funzionalità dei bastoncelli,
stimolando il metabolismo retinico e
migliorando il microcircolo.
A livello di sistema nervoso
centrale: studi dimostrano che
condizioni di stress generale
dell’organismo contribuiscono
in modo significativo all’intensità
ed alla frequenza dell’astenopia.
Il MERAMIRT® agisce
sul SNC poiché contiene
l’ELEUTEROCOCCO, un
adattogeno che accresce la
resistenza dell’organismo allo stress
metabolico.
news dalle aziende
PROTEZIONE OCULARE AUTOADESIVA
STERILE
PIETRASANTA PHARMA S.p.A.
Pietrasanta Pharma S.p.A. ha
messo a punto e brevettato
Ortolux, un dispositivo medico
nato in sinergia con la classe
medica oculistica che ha
l’obiettivo di soddisfare al meglio
le aspettative degli specialisti.
Ortolux è una “protezione oculare
autoadesiva sterile”, trasparente,
leggera, ergonomica che, nel
panorama dei medical devices
dedicati al settore, rappresenta la
nuova frontiera della protezione
postoperatoria oculare. Ortolux è
formato da una valva trasparente
infrangibile in 100% PETG
(poliestere copolimero modificato
con un particolare glicole) posta
su un supporto estensibile
adesivizzato in tessuto non
tessuto grado-medicale. La valva
trasparente, di forma anatomica,
si adatta perfettamente alla zona
perioculare, è estremamente
leggera ed è sufficientemente
ampia da non limitare il campo
visivo. Il volume interno è stato
comunque calibrato in modo tale
da poter alloggiare una garza nel
caso sia necessario effettuare
una vera e propria medicazione
previa la chiusura della palpebra.
Ortolux è disponibile, oltre che con
valva completamente chiusa per
la massima protezione dell’occhio,
anche con valva dotata di 7 fori
di diametro 4-4,5 mm (Ortolux
Air) che rende possibile una
perfetta traspirazione garantendo
contemporaneamente la protezione
dell’occhio.
Il supporto, costituito da un
tessuto non tessuto gradomedicale in fibre 100% PES, ha
una colorazione rosa-pelle in
modo da rendere meno evidente
la protezione.
La colorazione del tessuto non
tessuto è stata ottenuta con
pigmenti organici in dispersione
acquosa, una modalità che
garantisce un’ottima tollerabilità
cutanea dovuta alle proprietà
eudermiche dei materiali impiegati.
Elevata attenzione è stata posta
nella scelta del collante utilizzato
nel supporto di Ortolux. Così come
tutta la produzione di medicazione
autoadesiva di Pietrasanta Pharma
è caratterizzata dall’utilizzo di
collanti che garantiscono la
massima tollerabilità cutanea,
anche per Ortolux sono stati scelti
collanti di tipo Hot Melt Pressure
Sensitive.
Si tratta di adesivi termofusibili, privi
di solventi e di lattice di gomma
naturale che contribuiscono a
limitare la formazione di dermatiti
da contatto o di ipersensibilità
nelle zone perioculari a contatto
con il collante. Gli adesivi Hot Melt
Pressure Sensitive garantiscono
un comfort elevato anche nell’uso
prolungato, riducono al minimo
il rischio di arrossamenti e sono
ottimamente tollerati anche da una
cute particolarmente delicata come
quella dei bambini e degli anziani.
Ortolux e Ortolux Air sono
disponibili in busta termosaldata
e pronti per l’immediato utilizzo
perché sterilizzati alla fine del
processo produttivo mediante
radiazioni ionizzanti (raggi gamma
Co-60) in modo da garantire la
sicurezza anti microbica. Ortolux
e Ortolux Air coprono un range di
applicazioni molto vasto in quanto
sono indicati come protezione
dagli agenti esterni dopo un
intervento o nel decorso post
operatorio. Nello specifico vale
la pena di segnalare l’impiego
nei casi clinici in cui è presente
una ptosi, una blefarocalasi o
un lagoftalmo di qualsiasi tipo;
risulta indispensabile nei casi
di esoftalmo (basti pensare alla
protezione dell’occhio nella fase
di riposo notturno) così come per
la degenza dopo un intervento di
cataratta o LASIK, in molti casi di
pronto soccorso oculare (corpo
estraneo corneale, abrasione
corneale, causticazione corneocongiuntivale, etc.) oppure per i
neuro pazienti o in presenza di
secchezza oculare. Ortolux e
Ortolux Air, disponibili nei formati
Small (68 x 96 mm) e Large (80 x
114 mm), sono distribuiti solo in
farmacia o nel canale ospedaliero.
Per maggiori informazioni o per
richiedere campioni, contattare
Pietrasanta Pharma S.p.A
scrivendo a
[email protected]
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news dalle aziende
NUOVI FRONTIFOCOMETRI AUTOMATICI
SHIN NIPPON
Shin Nippon:
leader nei frontifocometri automatici
VWUXPHQWLSHUO·RIWDOPRORJLD
Polyoftalmica è lieta di annunciare
l’arrivo sul mercato italiano
dei nuovissimi frontifocometri
computerizzati DL-800 e DL-900
Shin Nippon. I nuovi modelli
sono la sintesi del marchio
Shin Nippon: Precisione,
Qualità, Design, Compattezza
e Prezzi contenuti. Il DL-800 e
DL-900 sostituiscono i modelli
precedenti SLM-4000 e SLM5000. La nuova generazione di
Frontifocometri computerizzati
è stata completamente rivista
nel design; la linea segue pari
passo il nuovo stile Shin Nippon,
che è stato recentemente
premiato in Giappone con
importanti riconoscimenti
dall’Organizzazione Giapponese
Industriale per il Design.
Per quanto concerne invece le
caratteristiche tecniche dello
strumento, Shin Nippon mette sul
campo tutta la sua esperienza
e specializzazione, confermando
che la qualità giapponese negli
strumenti ottici di precisione,
è ancora un must. I nuovi
frontifocometri sono precisi e
facili da usare, si distinguono
dai sistemi tradizionali per
l’accuratezza e la velocità nella
misurazione dei valori delle lenti,
specialmente per le progressive.
Questo grazie all’innovazione
tecnologica del LED verde che
permette letture di estrema
precisione e stabilità. Giunta alla
quarta serie di Frontifocometri
computerizzati, Shin Nippon ha
prestato grande attenzione alla
semplicità d’uso, specie nella
lettura delle lenti progressive.
Il software è di facile lettura
e intuitivo, il LED verde per la
lettura è di grande qualità e
precisione. Il riconoscimento della
lente progressiva è automatico,
così come anche la lettura e
memorizzazione dei valori della
lente. Dietro l’ampio schermo
LCD a inclinazione variabile
a colori è anche disponibile
un utile scomparto per gli
accessori, come il supporto
per la lettura del potere delle
lenti a contatto e un rotolo di
ricambio per la stampante.
Come gli altri strumenti della
gamma Shin Nippon, il DL-800
e 900 si connette al forottero
computerizzato DR-900,
condividendone i dati di
refrazione.
La tecnologia dei frontifocometri
automatici non è semplice, solo i
più importanti marchi specializzati
nella strumentazione di refrazione,
come Shin Nippon, riescono a
fornire strumenti di precisione
adatti agli operatori del settore.
Per informazioni e parlare con
uno specialista di prodotto
Polyoftalmica contattare il
numero 0521 64 21 26 oppure
visitare il sito www.polynew.it
news dalle aziende
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news dalle aziende
CSO PRESENTA
LA NUOVA GAMMA DI PRODOTTI
SL9900 - POLARIS
SL9900/SL9800-POLARIS
CSO presenta una gamma
completa di lampade a fessura
con illuminazione a LED.
Il separatore digitale USB3.0
(opzionale) è dotato di una
nuova camera digitale (NAOS)
che integra un sensore CCD
a 2Mpixel, completamente
ottimizzato per immagini
oftalmologiche raggiungendo
una qualità di definizione
ineguagliabile anche da prodotti
con maggior numero di pixel.
Il nuovo accessorio POLARIS,
compatibile con tutti i modelli
di lampada, è studiato per la
valutazione della qualità e della
stabilità del film lacrimale.
OSIRIS/OSIRIS-T
Il nuovo aberrometro OSIRIS
grazie alla tecnologia PWS
permette la valutazione del
fronte d’onda oculare senza
compromessi.
Con una risoluzione 50 volte
maggiore dei più raffinati
Hartmann-Shack permette una
valutazione del fronte d’onda
complessivo e dell’errore refrattivo
estremamente dettagliata.
Rende al massimo usato in
combinazione con SIRIUS, per
la valutazione completa delle
aberrazioni oculari, corneali e interne.
É disponibile anche nella versione
Osiris-T che integra un disco di
Placido per la migliore accuratezza
nell’acquisizione
della curvatura corneale.
COBRA HD
COBRA HD è la fundus camera
non midriatica ad alte prestazioni,
con la minor pupilla minima di
lavoro (2,2 mm). Ideale anche
per l’analisi delle Ghiandole di
Meibomio (non necessita di lenti
addizionali). Integra una camera
digitale a colori con risoluzione 5
MP, per la migliore qualità delle
immagini acquisite.
OSIRIS/OSIRIS-T
COBRA HD
ANTARES
Evoluzione della topografia
corneale CSO che amplia il target
diagnostico all’analisi del film
lacrimale.
Oltre alle funzionalità di topografia
e pupillografia infatti, consente
l’analisi avanzata del film lacrimale,
la valutazione del NI-BUT e l’analisi
delle Ghiandole di Meibomio a
campo ampio. Permette una
modalità di acquisizione pseudoslit lamp con luce bianca e blu
offrendo in un solo strumento tutto
ciò che è necessario avere in uno
studio per la diagnostica corneale.
ANTARES
news dalle aziende
LA SINDROME DELL’OCCHIO SECCO
Fabio Mazzolani
Centro Oculistico Bergamasco
La sindrome dell’occhio secco è
una malattia causata da molteplici
fattori che coinvolge il film lacrimale
e la superficie oculare ed è
caratterizzata da alterazioni qualiquantitative del film lacrimale.
È una patologia che può interessare
sia persone giovani sia persone
anziane anche se nelle persone
anziane, nelle donne e nelle
persone con concomitanti patologie
neurologiche e immunologiche
(morbo di Parkinson, artrite
reumatoide, Sindrome di Sjögren,
etc.) o con patologie corneali è
maggiormente presente e può
assumere caratteristiche più gravi.
Inoltre, l’assunzione di farmaci
(ad es: antistaminici, contraccettivi
orali, diuretici, betabloccanti,
antidepressivi) può essere causa
di occhio secco. Comunemente
i principali sintomi riportati
dai pazienti sono irritazione e
discomfort oculare percepiti
come senso di corpo estraneo
(“sabbia negli occhi”), bruciore,
prurito e lacrimazione. Tali sintomi
possono essere esacerbati da
particolari condizioni climatiche
(ambienti secchi o polverosi) ed
essere più fastidiosi in diversi
momenti della giornata. L’occhio
secco è una patologia cronica
che richiede da parte del paziente
la consapevolezza di dover
affrontare periodi di remissione ed
esacerbazione, di dover collaborare
con il proprio oculista e perseverare
nel seguire scrupolosamente le
terapie. La diagnosi si basa sia
sull’anamnesi del paziente (raccolta
di informazioni relative ai sintomi del
paziente, alle concomitanti patologie
e alle sue abitudini lavorative e
farmacologiche), sia sulla visita
oculistica alla lampada a fessura
con l’ausilio di alcuni test. Il BUT
test e il test di Schirmer sono tra i
test più semplici e meno invasivi.
Il primo si basa sull’osservazione del
tempo di “rottura” della lacrima tra
un ammiccamento e il successivo.
Normalmente, la lacrima rimane
uniformemente distribuita per più
di 10 secondi. Il secondo si basa
sull’analisi di quanto una striscia
di carta graduata a contatto con
la congiuntiva si imbibisca di
lacrime dopo almeno 5 minuti di
misurazione. Normalmente, dopo
5 minuti, perlomeno 10 mm di
striscia sono imbibiti di lacrima.
L’analisi della cornea con l’utilizzo
di coloranti come la fluoresceina
permette, inoltre, di valutare
eventuali disepitelizzazioni dovute
a una insufficiente protezione della
cornea da parte del film lacrimale.
Storicamente il primo approccio
terapeutico è rappresentato
dall’uso delle lacrime artificiali
o sostituti lacrimali. Il loro
utilizzo è finalizzato al ripristino
di un normale film lacrimale sia in
termini qualitativi sia quantitativi
al fine di alleviare i sintomi del
paziente e di favorire la guarigione
di eventuali disepitelizzazioni
corneali. Un efficace approccio
terapeutico alla secchezza oculare
deve necessariamente garantire
una ripresa della stabilità del
film lacrimale. Questo può
essere ottenuto con l’instillazione
di colliri a base di sostanze
mucomimetiche come l’acido
ialuronico, già presente in molti
tessuti e fluidi corporei, compreso
l’occhio. L’acido ialuronico è
dotato di attività mucomimetica,
lubrificante e viscoelastica di tipo
non newtoniano (bassa viscosità
durante l’ammiccamento, alta
viscosità tra due ammiccamenti),
così da opporre una resistenza
significativamente minore al
movimento delle palpebre
sul bulbo oculare durante
l’ammiccamento, pur rimanendo
molto denso quando le palpebre
sono aperte tra un ammiccamento
e l’altro, e quindi rimanendo a
lungo sulla superficie oculare.
Inoltre, la sua struttura chimicofisica ricca di cariche negative
permette di trattenere grandi
volumi d’acqua garantendo
così elevata idratazione e il
mantenimento di un efficiente
volume lacrimale. La sua capacità
di legare un recettore specifico
presente sulle cellule epiteliali
corneali e congiuntivali (recettore
CD44) gli conferisce proprietà
biologiche, favorendo la
riepitelizzazione della superficie
oculare. Il suo effetto biologico
si è dimostrato dose-dipendente
e massimo alla concentrazione
dello 0,2%. Grazie alle sue
caratteristiche chimico-fisiche
e biologiche l’acido ialuronico
rappresenta una delle molecole
più efficaci per alleviare sintomi e
segni clinici di secchezza oculare.
L’uso continuativo di colliri a base
di acido ialuronico,
specie se privi di
conservanti, è da
ritenersi dunque
utile nella terapia
di una condizione
cronica come
la sindrome
dell’occhio secco.
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calendario eventi
1-5 MAGGIO 2016
Seattle, Washington (USA)
9-11 GIUGNO 2016
Catania
7-10 LUGLIO 2016
Lecce
ARVO 2016
2° Congresso Congiunto
AISG SIGLA
VIII INTERNATIONAL SUMMER
SCHOOL
Organizzatore:
Dr. Antonio Rapisarda
Segr. Organizz.:
Jaka Congressi Srl
Tel. +39 06 35497114
[email protected]
www.jaka.it
Segr. Organizz.:
S.Z. Scalinci
Cell. 333 5711228
[email protected]
[email protected]
www.arvo.org
18-21 MAGGIO 2016
Milano
XIV Congresso
Internazionale S.O.I.
SOI - Società Oftalmologica
italiana
XIV Congresso Internazionale
S.O.I.
26-27 MAGGIO 2016
Napoli, Centro Congressi
Federico II
CORSO TEORICO-PRATICO
DI OCULISTICA
Segr. Organizz.:
STUDIOCONGRESS
Tel. 081 18891223
[email protected]
27 MAGGIO 2016
Mestre (VE)
32° CONGRESSO ANNUALE
SOT 2016
Segr. Organizz.:
Effe Emme sas di Anna Marsiaj
&C
Tel. 0444 502849
Fax 0444 515824
[email protected]
8-12 GIUGNO 2016
Napoli
Congresso SIDUO
Societas Internazionalis Pro
Diagnostica Ultrasonica In
Ophtalmologia
Segr. Organizz.:
StudioCongress
Tel. +39 081 18891223
[email protected]
www.studiocongress.it
16-18 GIUGNO 2016
Trieste
XVII Congresso Nazionale
G.I.V.Re
Segr. Organizz.:
Unika Srl
[email protected]
www.unikacongressi.com
19-22 GIUGNO 2016
Praga
12th EGS Congress
EGS - European Glaucoma
Society
http://www.eugs.org/
25 GIUGNO 2016
Modena
XII Convegno A.E.R.O.
Segr. Organizz.:
Unika Srl
[email protected]
www.unikacongressi.com
26 GIUGNO - 1 LUGLIO
2016
Villasimius (CA) - Tanka Village
7-10 SETTEMBRE 2016
Le Corum Montpellier (France)
8th TFOS INTERNATIONAL
CONFERENCE – TEAR FILM &
OCULAR SURFACE SOCIETY
Segr. Organizz.:
Jaka Congressi
Tel. 06 35497114
[email protected]
www.jaka.it
8-11 SETTEMBRE 2016
Copenhagen – Denmark
16th EURETINA Congress
Euretina - European society of
retina specialists
[email protected]
www.euretina.org
15-17 SETTEMBRE 2016
XII Corso Nazionale “Società
Oftalmologi Universitari - SOU
Segr. Organizz.:
Formazione ed Eventi Srl
Tel. 06 87188886
Fax 06 87192213
[email protected]
22-23 SETTEMBRE 2016
Siena
XII Corso Nazionale “Società
Siena Glaucoma Summer
Oftalmologi Universitari - SOU” School
Segr. Organizz.:
Formazione ed Eventi Srl
Tel. 06 87188886
Fax 06 87192213
[email protected]
Segr. Organizz.:
Formazione ed Eventi Srl
Tel. 06 87188886
Fax 06 87192213
[email protected]
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