AGGIORNAMENTI Bif XIV N. 3 103 2007 Terapia della degenerazione maculare correlata all’età La registrazione di due nuovi farmaci, da parte dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA), per la terapia della degenerazione maculare umida, prevede che le ditte definiscano un piano educazionale (educational plan) per gli operatori sanitari e per i pazienti al fine di informarli sul corretto impiego del farmaco e sugli eventuali rischi di utilizzo1,2. Il Bif, con questo articolo, vuole contribuire con una valutazione critica delle due nuove entità terapeutiche. Riassunto dei trattamenti oggi disponibili, in confronto al ruolo clinico delle due nuove entità terapeutiche (pegaptanib e ranibizumab, rispettivamente principi attivi di Macugen® e Lucentis®). Due nuovi farmaci stanno facendo la loro comparsa nel panorama delle terapie oggi disponibili per rallentare la progressione di una patologia diffusa tra la popolazione anziana: la degenerazione maculare correlata all’età (age-related macular degeneration, ARMD). Questa malattia ad eziologia sconosciuta, con carattere progressivamente degenerativo, provoca la riduzione della capacità visiva e costituisce una delle principali cause di cecità nei soggetti anziani. Il pegaptanib è stato immesso in commercio in Italia nell’ottobre 2006 e recentemente (30 gennaio 2007) l’EMEA ha approvato la commercializzazione anche del ranibizumab, un anticorpo anti-VEGF, proteina con attività angiogenetica fortemente espressa nei pazienti affetti da ARMD. Alla luce dei dati oggi disponibili, emerge che questi due farmaci possono avere un ruolo nel rallentare la progressione della patologia, anche se al momento gli studi sono ancora limitati per chiarire se questo effetto si mantenga per periodi superiori ai due anni, ma soprattutto se il rapporto beneficio-rischio rimanga favorevole nel lungo periodo. Inoltre, i diversi approcci terapeutici, come la terapia fotodinamica, la terapia laser e la supplementazione con antiossidanti più zinco, assumono un grado di utilità terapeutica variabile, in funzione dell’estensione e della localizzazione delle lesioni (se subfoveale o generalizzata) e del tipo di degenerazione (se essudativa o atrofica). La forma più rara è quella essudativa o “umida” ed è proprio su questa che si concentra la terapia con i nuovi farmaci e con gli altri interventi non farmacologici. Per la forma più comune, quella secca, sono invece disponibili poche opzioni terapeutiche. Attualmente il costo elevato del trattamento con i nuovi farmaci antiangiogenetici rappresenta sicuramente un limite a fronte di benefici modesti (rallentamento della progressione degenerativa). Questo articolo presenta una sintetica panoramica Abstract Two new drugs are now marketed to treat a widespread disease among the elderly population: age-related macular degeneration (ARMD). This disease is progressively degenerative and of unknown etiology. It may lead to a loss of vision in both eyes (blindness) in the elderly. Pegaptanib has been marketed in Italy since October 2006 and recently (30th January 2007) the EMEA has approved also the marketing of ranibizumab, an anti-VEGF – a protein having angiogenic activity expressed in patients affect of ARMD. According to available data, these two drugs may slow down disease progression. Nevertheless, studies are not enough to make clear if the drug effect may last more than 2 years, and the long-term safety profile of the drug is still unknown. Moreover, the different therapeutic strategies such as photodynamic therapy, laser therapy and supplementation with antioxidants plus zinc present unpredictable therapeutic usefulness, depending on the extension and localization of lesions (subfoveal or generalized) and on the type of degeneration (exudative or atrophic). The rarest form is the exudative or humid. These new therapies, as well as the majority of drugs, focus mainly on the treatment of this form, whereas few therapies are at the moment available to treat the most common form, the dry one. The cost of the new antiangionetic treatments is a strong limit compared to the modest benefit they produce (slowing down of degenerative progression). This article presents the different therapies now available to treat the disease and compared them to the clinical relevance of the new therapeutic options (pegaptanib for Macugen® and ranibizumab for Lucentis®). ! Agenzia Italiana del Farmaco 104 Bif XIV N. 3 AGGIORNAMENTI 2007 Introduzione ossido e 2 mg di ossido di rame; antiossidanti più zinco; o placebo. Dopo un periodo di follow-up medio di 6,3 anni, sono stati osservati i seguenti risultati: i pazienti senza o con ARMD media/borderline non hanno avuto benefici dal trattamento antiossidante e/o della supplementazione di zinco, i pazienti con ARMD moderata e avanzata presentavano una diminuzione del rischio di progressione della malattia e della perdita di acuità visiva se avevano assunto antiossidanti e zinco rispetto al placebo per sette anni (35,7% vs 26,7%, OR 0,66, IC 0,47-0,91). Inoltre, questi due gruppi hanno evidenziato una riduzione del rischio anche quando veniva assunto soltanto lo zinco (OR 0,71, IC 0,52-0,91). In particolare i pazienti affetti da ARMD secca generalizzata o con atrofia non centrale in uno o entrambi gli occhi hanno beneficiato del trattamento. In base ai dati dello studio AREDS sarebbe necessario trattare 11 pazienti per sette anni con la supplementazione di antiossidanti e zinco per prevenire la progressione della malattia in uno di loro. A fronte di questi dati di efficacia, va sottolineato che la supplementazione di antiossidanti ad alti dosaggi sembra associata ad un significativo aumento del profilo di rischio: la terapia con beta-carotene, secondo diversi studi, può essere associata ad aumento dei tumori al polmone e ad un possibile aumento del rischio di malattie cardiovascolari, mentre la vitamina E ad un aumento del rischio di mortalità cardiovascolare e di attacco cardiaco. Non ci sono farmaci autorizzati per quest’impiego che è quindi limitato ad alcuni supplementi dietetici. L’ angiogenesi patologica rappresenta la più diffusa causa di cecità nel mondo industrializzato. Tra le malattie con eziologia angiogenetica della retina le più diffuse nei paesi occidentali sono la retinopatia diabetica e la degenerazione maculare correlata all’età (agerelated macular degeneration, ARMD). In quest’ultima condizione patologica, la neovascolarizzazione avviene nella coroide e nelle forme più gravi, che sono causa maggiore di cecità nei soggetti sopra i 64 anni3, si sviluppano microemorragie derivate dalla formazione di nuovi vasi sanguigni che portano alla perdita della vista. La proteina angiogenetica VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor) è marcatamente aumentata nella ARMD e può essere uno dei principali mediatori della malattia. La ARMD ha due caratteristiche morfologiche diverse: la forma secca (atrofica), che è la più comune, e la forma umida (neovascolare o essudativa), che è quella più rara, ma con la maggiore incidenza di cecità3. È proprio su quest’ultima che si concentrano le terapie con i nuovi farmaci e con gli altri interventi non farmacologici. Per la forma più comune, invece, sono disponibili poche opzioni terapeutiche. Le terapie Terapia della forma secca di ARMD • Antiossidanti e zinco Lo studio AREDS4 ha coinvolto 3640 soggetti, tra i 55 e gli 80 anni, i quali sono stati suddivisi in 4 gruppi: pazienti Il costo elevato senza ARMD, con ARMD media o bordel trattamento derline, con ARMD con i nuovi moderata e con ARMD avanzata. I pazienti farmaci stati assegnati in antiangiogenetici sono modo random ad alrappresenta trettanti gruppi di trattamento: antiossidanti sicuramente (500 mg di vitamina un limite a fronte C, 400 UI vitamina E, 15 mg di beta carotedi benefici ne); 80 mg di zinco modesti sotto forma di zinco • Laser Alcuni studi5,6 hanno valutato l’efficacia della terapia laser in persone con alto rischio di ARMD secca allo scopo di prevenirne la progressione. I primi studi randomizzati hanno osservato che la terapia con il laser producesse piccoli miglioramenti nell’acuità visiva5; tuttavia uno di questi trial ha evidenziato un aumento del rischio di neovascolarizzazione negli occhi trattati6. Due recenti studi randomizzati sono stati interrotti a causa di un aumento del grado di neovascolarizzazione7,8. Un ulteriore studio 9 ha dimostrato che la terapia laser non determina alcun beneficio in pazienti con ARMD. “ ” ! Agenzia Italiana del Farmaco bollettino d’informazione sui farmaci Bif XIV N. 3 Terapia della forma umida di ARMD 105 2007 teporfina. Il 94,3% dei pazienti trattati con 0,3 mg di ranibizumab ed il 96,4% di quelli con dosaggio da 0,5 mg hanno perso meno di 15 lettere verso il 64,3% di quelli trattati con verteporfina (p < 0,001 per entrambi i confronti). L’acuità visiva è migliorata di 15 lettere o più nel 35,7% del gruppo con 0,3 mg di farmaco e nel 40,3% del gruppo con dosaggio pari a 0,5 mg verso il 5,6% del gruppo trattato con verteporfina (p < 0,001 per entrambi i confronti). In media, l’acuità visiva è aumentata di 8,5 lettere nel gruppo con 0,3 mg di ranibizumab e di 11,3 lettere in quello con 0,5 mg verso una perdita di 9,5 lettere per il gruppo trattato con verteporfina (p < 0,001 per entrambi i confronti)12. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la commercializzazione di questo farmaco in classe C/OSP1 a causa del rapporto sfavorevole costo/beneficio13. • Inibitori della proteina VEGF Il VEGF è un potente fattore mitogeno e di permeabilità vascolare, e gioca un ruolo importante nella neovascolarizzazione. Per questo sono stati studiati diversi farmaci con attività anti-VEGF al fine di contrastare gli effetti negativi di neovascolarizzazione nelle membrane coroidali. • Ranibizumab (Lucentis®) In uno studio multicentrico denominato MARINA10, della durata di 2 anni, 716 pazienti con ARMD con neovascolarizzazione coroidale classica o occulta sono stati assegnati a ricevere in modo randomizzato 24 iniezioni intravitreali con cadenza mensile di ranibizumab (a dosaggi di 0,3 mg oppure 0,5 mg ) verso placebo. L’end point primario era rappresentato dalla minore perdita di acuità visiva (meno di 15 lettere di acuità visiva nel periodo compreso tra il basale e 12 mesi). Dopo 1 anno, il 94,5% dei pazienti ai quali erano stati somministrati 0,3 mg di ranibizumab e il 94,6% di quelli trattati con 0,5 mg avevano perso meno di 15 lettere, rispetto al 62,2% dei pazienti che avevano ricevuto placebo (p < 0,001 per entrambi i confronti). L’acuità visiva risultava migliorata di 15 o più lettere nel 24,8% del gruppo trattato con 0,3 mg di ranibizumab, e nel 33,8% del gruppo in trattamento con 0,5 mg di farmaco, contro il 5% del gruppo placebo (p < 0,001 per entrambi i dosaggi). Gli aumenti medi nell’acuità visiva sono stati di 6,5 lettere nel gruppo ranibizumab a 0,3 mg, di 7,2 lettere nel gruppo a 0,5 mg, contro una riduzione di 10,4 lettere nel gruppo placebo (p < 0,001 per entrambi i confronti). I benefici nell’acuità visiva sono stati mantenuti a 24 mesi. Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, nel corso dello studio ci sono stati 5 casi (1%) di presunta endoftalmite e 6 casi (1,3%) di uveite, tra i pazienti trattati con ranibizumab. I risultati dello studio hanno mostrato che la somministrazione intravitreale di ranibizumab per 2 anni previene la perdita della visione e migliora l’acuità visiva media nei pazienti con neovascolarizzazione coroidale classica o occulta, associata alla ARMD. Nello studio ANCHOR11, 423 pazienti con ARMD umida sono stati randomizzati al trattamento con ranibizumab nella dose di 0,3 mg o 0,5 mg verso placebo, più terapia fotodimanica con ver- • Bevacizumab (Avastin®) Nonostante non ci siano ancora studi clinici randomizzati sull’uso del bevacizumab in questa patologia, esiste una documentata esperienza clinica del farmaco in regime off-label sotto forma di iniezioni intravitreali14. Il bevacizumab, un anticorpo direttamente correlato al ranibizumab, è commercializzato anche in Italia ed è autorizzato per il trattamento del cancro colorettale e del carcinoma mammario metastatico. Il ranibizumab, più precisamente, è un frammento anticorpale del bevacizumab, con alcune modifiche nella sequenza aminoacidica che ne aumentano il legame al VEGF15. In uno studio prospettico condotto su 17 pazienti con ARMD umida è stato utilizzato il trattamento con bevacizumab (2,5 mg in 0,1 ml di bevacizumab intravitreale ogni 4 settimane per un totale di 3 iniezioni) ed è stato osservato un miglioramento dell’acuità visiva nella maggior parte dei pazienti16. Il trattamento La con bevacizumab insupplementazione travitreale è decisadi antiossidanti mente meno costoso (20-25 euro a iniead alti dosaggi in confronto sembra associata zione) al trattamento con ad un ranibizumab (2019 euro a iniezione) e in significativo confronto a pegaptaaumento nib (550 euro a iniezione). del profilo La Commissione di rischio Tecnico-Scientifica “ ” ! Agenzia Italiana del Farmaco 106 Bif XIV N. 3 AGGIORNAMENTI 2007 tecnica di fotocoagulazione. Essi hanno mostrato un rallentamento della diminuzione dell’acuità visiva e il mantenimento della sensibilità al contrasto in pazienti con membrane neovascolarizzate a livello coroidale iuxtafoveale. Non mancano però gli effetti collaterali; tra i più frequenti va ricordata la presenza di scotomi nell’area d’intervento. Inoltre, in alcuni studi sono stati registrati alcuni casi di anopsia acuta. Oltre al discutibile profilo di tollerabilità, il limite maggiore dell’utilizzo di tale intervento è rappresentato dalla sua applicabilità, limitata ai pazienti con una ben definita neovascolarizzazione. Questa condizione si osserva infatti in solo il 15% dei pazienti affetti da ARMD umida19,20. (CTS) dell’AIFA, con determinazione del 23 maggio 2007, su richiesta della Società Oftalmologica Italiana, ha inserito il bevacizumab (Avastin®) nella legge 648/9617 per l’indicazione “Trattamento delle maculopatie essudative e del glaucoma neovascolare”. In questo modo l’impiego del bevacizumab è a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale per quest’indicazione, con monitoraggio sia a livello clinico che di spesa. • Pegaptanib (Macugen®) Il pegaptanib è un aptamero, vale a dire una piccola porzione di RNA sintetico, con affinità specifica per alcune porzioni della proteina angiogenetica VEGF. Il pegaptanib sembra rallentare la progressione di ARMD. In un’analisi combinata di due studi paralleli 18 , randomizzati, controllati, multicentrici, che hanno usato gli stessi criteri di inclusione (per un totale di 1186 pazienti, realmente valutati), è stata osservata una risposta clinica favorevole, ma non correlata alla dose. Lo studio ha valutato l’efficacia del pegaptanib a diversi dosaggi (0,3 mg, 1 mg e 3 mg) verso iniezioni simulate. I risultati più significativi si sono osservati con le dosi più basse di pegaptanib intravitreale. Nel gruppo a cui è stato somministrato pegaptanib al dosaggio di 0,3 mg, il 70% dei pazienti ha perso meno di 15 lettere di acuità visiva, confrontato con il 55% dei controlli, (p < 0,001). Molti pazienti che hanno ricevuto la dose più bassa di pegaptanib confrontanti con iniezioni simulate hanno conservato o migliorato l’acuità visiva (33% verso 23%; p = 0,003). Dopo sei settimane di trattamento, la media di acuità visiva nei pazienti trattati con 0,3 mg di pegaptanib era migliorata rispetto ai pazienti trattati con le simulazioni (p < 0,002). Durante lo studio si sono osservate reazioni avverse quali: endoftalmiti (in 1,3 % dei pazienti), danno traumatico della cornea (0,7 %), distacco di retina (0,6 %). Queste reazioni hanno causato perdita dell’acuità visiva. Il pegaptanib sembra una terapia efficace nel ridurre la progressione della ARMD, ma la sua sicurezza d’uso nel lungo periodo non è ancora definita. L’AIFA ha approvato la commercializzazione del pegaptanib in Italia in classe C/OSP1 per sfavorevole rapporto costo/beneficio. • Terapia fotodinamica con verteporfina (Visudyne®) Un’altra tecnica usata è la terapia fotodinamica che si associa alle iniezioni di verteporfina (un sensibilizzatore alla luce laser). In un’analisi ad interim di due trial clinici controllati e randomizzati con 609 pazienti21, l’uso di questa tecnica ha comportato una riduzione significativa del valore di perdita della vista dopo un anno di follow-up rispetto al placebo. L’analisi per sottogruppi ha evidenziato che la significatività dell’effetto era limitata ai pazienti con neovascolarizzazione ben definita; effetti non statisticamente significativi sono, invece, stati osservati in pazienti affetti da neovascolarizzazione occulta. La verteporfina in Italia è registrata in Italia in classe H. • Terapia radiante Una metanalisi 22 degli studi clinici randomizzati dell’efficacia di questo intervento ha concluso che non ci sono benefici e che gli effetti a lungo termine di questa terapia sono sconosciuti. • Triamcinolone acetato e anecortave Uno studio non controllato con iniezioni intravitreali di triamcinolone acetonide (25 mg) ha evidenziato miglioramenti visivi a breve termine in 2/3 degli occhi trattati 23 . Questi risultati devono però essere confermati da studi clinici randomizzati e controllati. Uno studio randomizzato e controllato di 530 pazienti con neovascolarizzazione subfoveale coroidale classica24 ha valutato l’effetto di anecortave acetato, un cortisone angiogenetico, versus la terapia fotodinamica. Lo studio ha evidenziato percentuali simili nel mantenimento dell’acuità visiva (45 versus 49%). • Fotocoagulazione termica con laser Numerosi ed ampi studi randomizzati e controllati19,20 sono stati condotti per studiare questa ! Agenzia Italiana del Farmaco bollettino d’informazione sui farmaci Bif XIV N. 3 Nel marzo del 2006 la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio in Europa, della specialità contenente anecortave, è stata volontariamente ritirata dalla ditta. Il comitato europeo per la valutazione dei medicinali per uso umano (CHMP), al momento del ritiro, ha espresso alcune perplessità sui benefici apportati dal farmaco e sui rischi identificati25. 7. 8. 9. Conclusioni Considerando i diversi approcci terapeutici alla ARMD, emerge che i trattamenti con gli inibitori di VEGF hanno fornito dati di efficacia solo in parte promettenti: sono necessari ulteriori studi che ne confermino il reale valore e soprattutto, ad oggi, è quasi sconosciuto il loro profilo di sicurezza nel lungo periodo. Un forte limite per l’uso degli inibitori di VEGF è costituito dal loro elevato costo. Relativamente a questo aspetto è auspicabile pianificare studi clinici randomizzati e controllati, ad oggi non disponibili, che confermino il profilo di efficacia del bevacizumab, il cui costo è nettamente inferiore rispetto a pegaptanib e ranibizumab. È importante sottolineare che i diversi approcci terapeutici possono variabilmente essere considerati di prima scelta in funzione del tipo di lesione e delle caratteristiche della ARMD. La supplementazione di antiossidanti e zinco a dosaggi piuttosto elevati ha evidenziato buoni risultati nel prevenire la progressione della patologia, ma le alti dosi pongono alcuni limiti in riferimento all’aumento del rischio di tumore al polmone e di malattie cardiovascolari. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. Bibliografia 1. www.emea.europa.eu/humandocs/PDFs/EPAR/macugen/ H-620-en6.pdf (accesso verificato in data 11/07/07). 2. www.emea.europa.eu/humandocs/PDFs/EPAR/lucentis/ H-715-en6.pdf (accesso verificato in data 11/07/07). 3. Stone RM. Harrison - Principi di medicina interna. Milano: McGraw-Hill, 2002 (1ª ed. Italiana della 15ª originale). 4. Age-Related Disease Study Group (AREDS). A Randomised, placebo-controlled, clinical trial of high-dose supplementation with vitamins C and E, beta carotene, and zinc for age-related macular degeneration and vision loss: AREDS report n.8. Arch Ophthamol 2001; 119: 6-60. 5. Ho AC, Maguire MG, Joken J, et al. 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