UNIVERSITA` POLITECNICA DELLA MARCHE Facoltà di Medicina

UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLA MARCHE
Facoltà di Medicina e Chirurgia – Dipartimento Neuroscienze – Clinica Oculistica
(Direttore: Chiar.mo Prof. Alfonso Giovannini)
Dottorato di Ricerca in Neuroscienze - XIII° ciclo
(Coordinatore: Chiar.mo Prof. Fiorenzo Conti)
PATOLOGIE INFIAMMATORIE NON INFETTIVE OCULARI ALTAMENTE
RESISTENTI TRATTATE CON UNA NUOVA FORMULAZIONE DI
TRIAMCINOLONE ACETONIDE: TRIAL PILOTA
Relatori:
Tesi di dottorato:
Chiar.mo Prof. Alfonso Giovannini
Dott.ssa Daniela Baruffa
Dott. Piergiorgio Neri
________________________
Anno Accademico 2013-2014
INDICE
INTRODUZIONE .................................................................................................. p.
1
Capitolo 1
1.1
CLASSIFICAZIONE ................................................................................. p.
3
1.1 a) Classificazione anatomica........................................................................ p.
3
1.1 b) Classificazione clinica ............................................................................. p.
3
I.1 c) Classificazione etiologica ........................................................................ p.
4
1.1 d) Classificazione anatomo - patologica ...................................................... p.
4
1.2
DIAGNOSI ................................................................................................... p.
4
1.3
ESAMI EMATOLOGICI E STRUMENTALI ............................................. p.
5
1.4
INCIDENZA E PREVALENZA .................................................................. p.
7
1.5
UVEITE ANTERIORE................................................................................. p.
8
1.6
UVEITE INTERMEDIA .............................................................................. p.
9
1.7
CAUSE PRINCIPALI DI UVEITE INTERMEDIA .................................... p.
10
1.8
UVEITE POSTERIORE ............................................................................... p.
10
1.9
APPROCCIO DIAGNOSTICO .................................................................... p.
11
1.10 PANUVEITE ................................................................................................ p.
12
Capitolo 2
2.1
UVEITI NON INFETTIVE .......................................................................... p.
14
2.2
UVEITI AUTO-IMMUNI IN CORSO DI MALATTIA SISTEMICA........ p.
15
2.3
UVEITI AUTO-IMMUNI CON ESCLUSIVA MANIFESTAZIONE
OCULARE .................................................................................................... p.
15
2.4
UVEITI DI MATRICE AUTOIMMUNE .................................................... p.
16
2.5
ALTRE FORME INFIAMMATORIE OCULARI ....................................... p.
18
2.5 a) L’episclerite ................................................................................................ p.
18
2.5 b) La sclerite.................................................................................................... p.
20
2.5 c) La miosite orbitaria ..................................................................................... p.
23
2.5 d) Panoftalmite ................................................................................................ p.
24
Capitolo 3
3.1 TRATTAMENTO DELLE UVEITI NON INFETTIVE ................................ p.
25
3.2 TRATTAMENTO LOCALE............................................................................ p.
26
3.2 a) Corticosteroidi ............................................................................................ p.
26
3.2 b) Corticosteroidi perioculari .......................................................................... p.
26
3.2 c) Iniezioni intravitreali di triamcinolone acetonide (IVTA) .......................... p.
27
3.2 d) Impianto intraoculare a rilascio di fluocinolone ......................................... p.
27
3.2 e) Impianto intraoculare a rilascio di desametasone ....................................... p.
28
3.3 TRATTAMENTO SISTEMICO ....................................................................... p.
31
3.3 a) Corticosteroidi sistemici ............................................................................. p.
31
3.3 b) Ciclosporina ................................................................................................ p.
32
3.3 c) Metotrexato ................................................................................................. p.
32
3.3 d) Azatiprina ................................................................................................... p.
33
3.3 e) Micofenolato mofetile................................................................................. p.
34
3.3 f) Agenti alchilanti.......................................................................................... p.
35
3.3 g) Inibitori del TNF-ALPHA .......................................................................... p.
35
3.3 h) Interferone ................................................................................................... p.
36
Capitolo 4
ESPERIENZA DELLA CLINICA OCULISTICA ............................................... p.
37
4.1
Materiali e metodi ......................................................................................... P.
37
4.1.2 Disegno dello studio...................................................................................... p.
37
4.1.3 Obiettivo dello studio .................................................................................... p.
37
4.1.4 Popolazione .................................................................................................. p.
37
4.1.5 Criteri di inclusione ....................................................................................... p.
38
4.1.6 Criteri di esclusione....................................................................................... p.
38
4.1.7 Esami clinici .................................................................................................. p.
38
4.2
RISULTATI .................................................................................................. p.
40
4.3
DISCUSSIONE ............................................................................................. p.
42
4.4
CONCLUSIONI............................................................................................ p.
44
BIBLIOGRAFIA .................................................................................................... p.
45
TAVOLE ................................................................................................................ p.
52
RINGRAZIAMENTI
Introduzione
Il termine “UVEITE” è un termine generico che indica la presenza di una
infiammazione
all’interno
dell’occhio,
o
meglio
infiammazione
dell’uvea.
L’infiammazione coinvolge uno strato intermedio chiamato “UVEA o TONACA
UVEALE” che porta il supporto sanguigno alle altre strutture oculari.
Questa patologia risulta essere la terza causa di cecità del mondo civilizzato e coinvolge
la membrana vascolare intermedia della parete oculare, che gli antichi anatomo –
patologi chiamarono così per l’aspetto del bulbo “sgusciato” del bianco dell’occhio,
simile ad un acino d' uva.
L’uveite è una malattia oculare rara, ma che può potenzialmente, se non curata, portare ad
un calo visivo permanente.
Dal punto di vista anatomico, l'occhio è formato da tre strati che dall’esterno
all’interno sono:
* la SCLERA e la CORNEA;
* l’UVEA che è formata da 3 strutture, elencate in ordine anteroposteriore:
- l’IRIDE;
- CORPI CILIARI (situati in una zona intermedia; hanno la funzione di produrre
l’umore acqueo e di sorreggere il CRISTALLINO);
- La COROIDE (lo strato vascolare, situato nella parte posteriore dell’occhio che
fornisce l’apporto di sangue a tutte le strutture oculari);
* la RETINA: lo strato formato dalle cellule nervose deputate alla visione. Le cellule
nervose della retina si raccolgono in un unico punto, il NERVO OTTICO, che trasmette le
immagini al nostro cervello ( nella zona chiamata CORTECCIA OCCIPITALE).
1
Il termine UVEITE significa quindi infiammazione dell’uvea, pur se molte altre patologie
infiammatorie, che coinvolgono varie porzioni istologiche della struttura oculare, sono
parte del grande capitolo delle patologie infiammatorie a carattere oftalmologico. Le
malattie
infiammatorie
oculari
costituiscono
uno
dei
capitoli
più
difficili
dell’oftalmologia, sia per quanto riguarda la diagnosi, che la terapia.
Assistiamo quotidianamente all’introduzione nella pratica clinica di nuove tecniche
diagnostiche e nuove terapie, ma tali acquisizioni sono utili e determinanti soltanto se la
conoscenza e l’esperienza ci permettono di utilizzarle in modo corretto ed efficace. Lo
studio delle uveiti ha subito negli ultimi anni una rapida evoluzione con nuovi approcci
diagnostici e terapeutici. Nonostante ciò, l’oftalmologo, di fronte ad un nuovo caso di
uveite ha spesso una sensazione di frustrazione. L’incertezza dell’etiologia può infatti
spingere a richiedere numerosissimi esami diagnostici, la maggior parte dei quali inutili, o
a non richiederne affatto nella convinzione che la diagnosi etiologica non sia più un
obiettivo importante da perseguire, iniziando in ogni caso una terapia aspecifica
antinfiammatoria con corticosteroidi. Questi atteggiamenti, non perfettamente corretti,
vengono aggravati dall’ansia del paziente, convinto che l’accertamento della causa
dell’uveite possa essere risolutiva sulle recidive e sulla dipendenza dagli steroidi. La
conoscenza nasce oltre che dallo studio, dalla valutazione critica degli errori e dal
confronto con l’esperienza altrui.
2
Capitolo 1
1.1 CLASSIFICAZIONE
In base ai criteri definiti dall’ ”International Uveitis Study Group”(1), le uveiti possono
essere classificate su base:
a) anatomica,
b) clinica
c) etiologica
d) anatomo-patologica
1.1a) Classificazione anatomica: da un punto di vista anatomico, l’uveite è classificata in:
* Anteriore: la più frequente, con infiammazione localizzata in camera anteriore (irite,
ciclite, iridociclite).
* Intermedia: in cui si verificano alterazioni vitreali e/o vasculite retinica periferica.
* Posteriore: in cui l’infiammazione riguarda la retina o la coroide (coroiditi focali,
multifocali o diffuse, retino coroiditi, retiniti, neuro – retiniti ).
* Panuveite: in cui l’infiammazione interessa tutti i comparti oculari.
I.1b) Classificazione clinica: a seconda delle modalità di insorgenza e della durata,
l’uveite è classificata in :
* Acuta: l’uveite acuta si manifesta con un esordio improvviso e dura 6 settimane o meno.
Se dopo il primo attacco si ha una riesacerbazione, si parla di uveite acuta recidivante.
* Cronica: L’uveite cronica persiste per mesi o anni. L’inizio è spesso
insidioso e asintomatico, anche se nel corso dell’uveite cronica possono
verificarsi riesacerbazioni acute o subacute.
3
1.1c) Classificazione etiologica: sotto il profilo eziologico, l’uveite può
essere:
* Esogena: L’uveite esogena è causata da un insulto esterno o da un’invasione,
sempre dall’esterno, di microrganismi o di altri agenti.
* Endogena: L’uveite endogena, al contrario, è causata da microrganismi o altri agenti
proventi dal paziente stesso.
1.1d) Classificazione anatomo - patologica : da un punto di vista patologico l’ uveite
è classificata in Granulomatosa e Non Granulomatosa. Clinicamente però, questa
distinzione non è sempre utile, perché possono esserci forme di uveite granulomatosa
che possono presentare caratteristiche non granulomatose e, a volte, un’infiammazione
non granulomatosa può avere caratteristiche granulomatose.
1.2 DIAGNOSI
Grazie alle tecniche diagnostiche strumentali e di laboratorio a disposizione, ma
soprattutto grazie all’approccio interdisciplinare con il reumatologo, il pediatra, il
neurologo, l’infettivologo, il microbiologo, il patologo, la diagnosi di queste patologie
è migliorata moltissimo negli ultimi anni, come anche la loro gestione grazie
all’introduzione di nuovi farmaci biologici che permettono di ottenere un controllo
della patologia anche in quei pazienti refrattari alle comuni cure utilizzate.
Per arrivare ad una diagnosi è importante che l’oculista segua delle linee guida per un
corretto work-up delle uveiti.
Il work-up oftalmologico deve includere:
* la migliore acutezza visiva per lontano e per vicino;
4
* l’esame biomicroscopico dell’occhio con particolare attenzione al tipo (distinguendo
tra uveite granulomatosa e non granulomatosa) ed al grado di infiammazione;
* l’esame del fondo oculare (coinvolgimento vascolare, la presenza di alterazioni
dell’epitelio pigmentato retinico o della coroide, lo stato della macula, la presenza di
essudati retinici, infiltrati o emorragie);
L’approccio strumentale con l’angiografia sia con fluoresceina sodica che con il verde
di indocianina (FAG, ICGA) e l’utilizzo della tomografia a coerenza ottica (OCT). In
certi casi anche il campo visivo può essere utile non solo per il work-up, ma anche per
il follow up della patologia.
1.3 ESAMI EMATOLOGICI E STRUMENTALI
Gli esami ematologici e strumentali verranno richiesti in maniera mirata e molto
selettiva sia per motivi economici sia perché una pletora di esami inutili può fuorviare
la diagnosi differenziale. Bisogna sempre ricordare che lo scopo per cui si richiedono
ulteriori esami diagnostici è quello di avvalorare o meno le prime ipotesi diagnostiche
formulate. Gli esami vengono anche richiesti per valutare la fattibilità di alcune terapie
sistemiche. Gli esami ematologici minimi iniziali sono: Emocromo con formula,
Funzionalità epatica e renale, indici di infiammazione aspecifici, Quantiferon e TPHA.
A questi vanno aggiunti esami più specifici che la storia clinica del paziente e la
valutazione oculistica indicano come utili approfondimenti. Se l'ipotesi è infettiva si
richiederanno gli anticorpi specifici serici e/o esami microbiologici, istologici o la
Polyimerase Chain Reaction su tessuti o liquidi prelevati dall'occhio affetto. Se
l'ipotesi è immunitaria si completerà l'indagine diagnostica richiedendo invece altri
esami ematologici e strumentali (ANA, Ac. Anticardiolipina, ANCA, LAC, ACE,
5
Tipizzazione HLA totale, TC torace, RM orbite ed encefalo ecc.
Altri esami
strumentali di approfondimento e documentazione riguardano l'aspetto prettamente
oculistico della patologia:
* La Tomografia a Coerenza Ottica (OCT), che è un esame, non invasivo senza mezzo
di contrasto, che utilizza un fascio laser per ottenere scansioni della retina. E’ in grado di
definire l’estensione, la profondità e lo spessore della lesione infiammatoria con
interessamento della coroide e di monitorare la risposta alla terapia.
* L’angiografia del segmento posteriore è un’indagine diagnostica essenziale nelle uveiti.
L’Angiografia con Fluoresceina sodica (FAG), utilizzando un colorante che emette
fluorescenza alle lunghezze d’onda della luce visibile, permette l’analisi delle strutture
superficiali e risulta utile per lo più per confermare alterazioni già visibili all’esame del
fundus oculi. L’Angiografia al Verde di Indocianina (ICGA), poiché utilizza un
colorante che emette fluorescenza alle lunghezze d’onda dell’infrarosso, consente di
esplorare la coroide e fornisce informazioni addizionali a quelle ottenute dalla FAG.
6
1.4 INCIDENZA E PREVALENZA
Le uveiti includono un gran numero di patologia infiammatorie, la cui frequenza dipende
da fattori geografici, genetici, sociali e ambientali (1-4). L’incidenza annuale è stimata tra
17 e 52 casi per 100.000 abitanti (4-6). Nel mondo occidentale le uveiti rappresentano il
10% delle patologie oculari. Inoltre colpiscono maggiormente la fascia dei giovani adulti
(20-50 anni) più produttiva dal punto di vista lavorativo, esercitando un impatto
significativo sulla popolazione. Le uveiti nei bambini costituiscono solo il 5-10% dei casi.
L’incidenza annuali delle uveiti nei bambini, è stata stimata di 4 casi per 100.000 abitanti e
la prevalenza di 28 su 100.000 (7). Come negli adulti, l’uveite più frequente è anteriore,
rappresentando il 45-55% di tutti i casi, e di questi l’Artrite Giovanile Idiopatica (JIA)
risulta essere la diagnosi più comune (8-9). Tra le uveiti posteriori la retino coroidite da
Toxoplasma, è la causa più frequente. Esiste una correlazione tra alcune patologie e
particolari fasce di età, alcuni esempi sono rappresentati da JIA nei bambini, dall’uveite
anteriore associata all’antigene HLA-B27 nei giovani adulti (<35a) e dalla retino coroidite
di Birdshot negli adulti sopra i 50 anni. Anche i fattori genetici influenzano la distribuzione
dei diversi tipi di uveite: gli esempi più noti sono l’associazione tra la malattia di Behçet e
gli antigeni HLA-B e B51, tra l’uveite acuta anteriore e l’antigene HLA-B27, la
retinocoroidite di Birdshot e l’antigene HLA-A29 (10-11).
In generale la frequenza delle uveiti è simile nei due sessi, talvolta con una maggiore
prevalenza del genere femminile. Esistono, però, differenze significative tra i sessi per
alcune diagnosi specifiche, come la malattia di Beçhet a maggiore prevalenza maschile, o
l’artrite giovanile idiopatica, l’uveite anteriore HLA-B27 positiva, l’uveite erpetica, la
retino-coroidite da Toxoplasmosi e la Sarcoidosi, più diffuse tra la popolazione femminile
(9-10-12-13).
7
La prevalenza delle uveiti infettive varia da paese a paese in concomitanza dei nuovi flussi
migratori e di particolari condizioni socio – economiche della popolazione. In Italia le
cause più frequenti sono rappresentate dalla Toxoplasmosi (28%) e nello studio più recente
di Cimino(10) , dagli Herpes virus (41% delle uveiti infettive) dalla Tubercolosi (18%) e
recentemente anche dalla Sifilide (3%) e Candida (3%).
1.5 UVEITE ANTERIORE
L’uveite anteriore è la forma più comune di uveite in tutte le casistiche internazionali (1617) compresa l’Italia, contando il 50-60% dei casi che afferiscono ai centri di riferimento
terziari.
La diagnosi più frequente associata a malattie sistemiche è l’uveite HLA-B27+. Tra le
cause specifiche l’uveite erpetica è la più rappresentata (9-19%). Nella casistica di Cimino
et al. (10), la diagnosi più frequente tra le uveiti anteriori è l’uveite di Fuchs (45%), una
patologia a basso grado di infiammazione, unilaterale e spesso recidivante. Il trend in
aumento dell’incidenza di questa patologia era già stato riportato da Pivetti pezzi (15),
confermando un significativo incremento rispetto ai decenni passati e rappresentando la
seconda causa più comune di uveite nella loro casistica.
La gravità dei sintomi presenti nell’uveite anteriore è molto variabile: si va da un’assenza
di sintomatologia nelle patologie croniche, come quelle associate all’HLA-B27.
I sintomi delle forme acute comprendono la fotofobia, l’occhio rosso, il dolore, la
diminuzione del visus e la lacrimazione.
8
1.6 UVEITE INTERMEDIA
L’uveite intermedia è la forma di uveite meno frequente in tutti gli studi epidemiologici (822%). Anche in Italia è rappresentata dal 6-12% dei casi di uveite. La maggio parte delle
uveiti intermedie è idiopatica (80-100%) e nella popolazione di Reggio Emila la sclerosi
multipla è tra le cause specifiche più frequenti (11%).
Il termine uveite intermedia, come indicato dall’IUSG (International Uveitis Study
group)(3), deve riferirsi ad un processo infiammatorio localizzato prevalentemente a livello
della retina anteriore, della pars plana e del corpo ciliare e deve sostituire il precedente
termine pars planite.
L’occhio è generalmente bianco e quasi mai dolente. Il sintomo più grande è la visione di
floaters per opacità e cellularità vitreale. L’acuità visiva è in genere buona, il calo della
vista centrale è dovuto all’edema maculare cistoide (EMC), che compare nel 25-60% dei
casi. Tutte le uveiti intermedie si caratterizzano per una vitreite, associata o meno a:
* vasculiti retiniche periferiche, che solitamente si presenta come periflebite dei vasi
intermedi o piccoli;
* snowballs, condensati vitreali localizzati alla periferia del vitreo preferenzialmente sul
lato inferiore;
* snowbanks, che consistono in inspessimenti biancastri della pars plana dovuti a
infiltrazione cellulare;
* edema maculare cistoide, di solito è associato alla pars planite idiopatica, ma può essere
presente nelle forme di tubercolosi e sarcoidosi con coinvolgimento della pars plana e
raramente nelle uveiti intermedie associate alla sclerosi multipla.
* papillite e neovasi periferici e/o neovasi papillari, specialmente nelle uveiti di lunga data
e nelle pars planiti, si possono sviluppare neovasi periferici della base del vitreo e persino
9
neovascolarizzazioni peripapillari e/o preretiniche;
* rotture retiniche e/o retino schisi periferica (2-11% dei casi)
* distacco di retina (regmatogeno, essudativo o trazionale) nel 5% dei casi.
1.7 CAUSE PRINCIPALI DI UVEITE INTERMEDIA
Le principali patologie che determinano uveite intermedia sono:
* Sclerosi multipla
* Sarcoidosi
* Malattie infiammatorie croniche intestinali
* Malattie del collagene
* Malattia di Beçhet
* Malattie infettive come tubercolosi, sifilide, borrelliosi (malattia di Lyme Borrelia
burgdorferi), toxoplasmosi, toxocaria, (HTLV-1), Epstein-Barr virus, malattia da graffio
di gatto e (Bartonella henselae, B quintana).
* Linfoma intraoculare
1.8 UVEITE POSTERIORE
L’uveite posteriore rappresenta la seconda forma più comune di uveite, rappresentando nel
mondo il 15-30% di tutti i casi (2). La diagnosi più comune è la retino coroidite da
Toxoplasma, come riportato nella maggior parte degli studi epidemiologici, la cui
frequenza dipende soprattutto da fattori sociali e alimentari.
10
Rappresenta il 29% dei casi, seguita dalle coroiditi multifocali (13%) e dalla malattia di
Beçhet (9%). In seguito alla diffusione del virus HIV, anche le retinopatie da CMV sono
diventate più frequenti, rappresentando il 30-70% dei casi tra i sieropositivi. Anche la
retinocoroidite di Birdshot, rappresenta una causa di uveite posteriore soprattutto nei paesi
occidentali.
Questa patologia ha una forte associazione con l’antigene HLA-A29.
Tutte le infiammazioni del segmento posteriore, che coinvolgono retina e coroide,
rientrano nella definizione di uveite posteriore, sia che si tratti di un processo
infiammatorio, infettivo, tumorale, isolato o associato a malattia sistemica. Come per le
altre forme di uveite, è consigliabile un approccio sistematico che parte da una breve
anamnesi, focalizzata sui sintomi del paziente al momento del suo arrivo in ambulatorio e
dall’esame clinico.
1.9 APPROCCIO DIAGNOSTICO
Anche in questo caso è importante eseguire gli esami del caso per escludere una
condizione infiammatoria sistemica o solo localizzata all’occhio, oppure una patologia
infettiva.
Le uveiti posteriori vanno classificate in base alle caratteristiche cliniche basandosi sulla
presenza o meno di vitreite, sul coinvolgimento vascolare che può essere prevalentemente
venoso o arterioso e sulla presenza di lesioni prettamente retiniche, coroideali, o entrambe.
Bisogna fare attenzione alla diagnosi differenziale con il linfoma oculocerebrale, in questo
caso la vitreite è molto densa, con aspetto fangoso, e le cellule sono disposte a strati; si
hanno inoltre infiltrati sottoretinici diffusi.
Alcune caratteristiche cliniche possono essere d’aiuto per la diagnosi come:
11
* Predominante coinvolgimento superficiale: retinocoroidite da Toxoplasmosi, malattia di
Beçhet, retinite erpetica necrotizzante, retinite da CMV, Sarcoidosi, retinite tubercolare,
corioretinite di Birdshot.
*Predominante coinvolgimento retinico e corio capillare: retino coroidite da
Toxoplasmosi, Progressive Retinal Necrosis, APMPPE (acute posterior multifocal
placoid
pigmented epitheliopathy), MEWDS (Multiple Evanescent White Dot Syndrom). Anche
in questo caso è importante escludere il linfoma oculocerebrale.
* Predominante coinvolgimento coroideale profondo: Sarcoidosi, Tubercolosi, Sifilide
Sifilide, corioretinite tipo Birdshot, VKH (malattia di Vogt-Koyanagi-Harada).
1.10 PANUVEITE
Le Panuveiti risultano più frequenti in sudamerica, Asia e Africa rispetto all’Europa. In
ambito italiano rappresentano il 13-20% dei casi.
Le diagnosi specifiche più diffuse sono la malattia di Beçhet, la sindrome di VogtKoyanagi-Harada (VKH) e la Sarcoidosi. Negli ultimi anni la presunta tubercolosi si è
affermata tra le panuveiti, in quanto è aumentata l’incidenza delle forme extrapolmonari di
questa patologia (18).
Per un corretto inquadramento clinico del paziente con panuveite, occorre puntualizzare:
* storia clinica (una buona anamnesi è fondamentale),
* segni e sintomi oculari ed extraoculari,
* infettiva e non infettiva,
* lateralità,
12
* caratteristiche cliniche dell’infiammazione sia nel segmento anteriore che nel segmento
posteriore,
*collaborazione interdisciplinare, quando necessario, per poter inquadrare e gestire
terapeuticamente la patologia correlata alla panuveite.
13
Capitolo 2
2.1 UVEITI NON INFETTIVE
Alle uveiti infettive, che quindi riconoscono una ben documentata causa di franca matrice
microbiologica, vi sono le uveiti auto-immuni, che sono invece delle patologie che
ancora oggi presentano una patogenesi non ancora ben codificata. In questa grande
famiglia si distinguono poi due sottogruppi: il primo presenta un esclusivo interessamento
oculare, il secondo gruppo è invece caratterizzato da uveiti in corso di malattie sistemiche
auto-immuni (14).
Ma quali possono essere i sintomi che contraddistinguono un’uveite?
In primis vi è un calo del visus che potrà essere più o meno marcato,
rapido od
estremamente lento nel tempo; la fotofobia, caratterizzata dall’impossibilità di poter
sostenere illuminazioni anche modeste, con dolore associato allo stimolo luminoso, tipica
di un coinvolgimento del segmento anteriore; altra caratteristica spesso associata alle
uveiti è la comparsa di miodesopsie, corpi mobili opachi che spesso hanno un esordio
rapido e sottendono un coinvolgimento vitreale.
Nella gestione del paziente internistico, le uveiti autoimmuni rivestono un ruolo di
primaria importanza e costituiscono un avversario temibile che deve essere affrontato con
serenità, ma con tutta la consapevolezza della sua severità: appare ragionevole avere un
approccio a tali patologie di tipo multidirezionale, comprendendo il coinvolgimento
dell’oftalmologo sin dalle prime battute nelle indagini di base.
14
2.2 UVEITI AUTO-IMMUNI IN CORSO DI
MALATTIA SISTEMICA
* Uveite associata a Spondiloartropatia Siero Negativa
* Uveite associata a positività HLAB27+
* Uveite associata a Artrite cronica giovanile
* Uveite associate a Sclerosi Multipla
* Uveite associate a connettivite
* Uveite associate a vasculite sistemica
* Sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada
2.3 UVEITI AUTO-IMMUNI CON ESCLUSIVA
MANIFESTAZIONE OCULARE
* Coroidopatia tipo “Birdshot”
* Ciclite eterocromica di Fuch’s
* Multiple evanescent white dot syndrome (MEWDS)
* Coroidite multifocale
* Epitelite acuta
* Sindrome da presunta Hystoplasmosi oculare
* Coroidite Serpiginosa
* Oftalmia Simpatica
* Uveite idiomatica
15
2.4 UVEITI DI MATRICE AUTOIMMUNE
Ogni malattia infiammatoria sistemica che presenta un coinvolgimento oculare, come
le patologie reumatologiche o le connettiviti, ha la tendenza a colpire specifiche zone
dell’uvea, con caratteristiche spesso riproducibili nei pazienti afferenti alla medesima
categoria.
Esempi paradigmatici sono le uveiti anteriori associate ad artrite cronica giovanile
(ACG), associate a positività HLA-B27 ed alle spondiloartropatie sieronegative.
Nel primo caso, i soggetti che in giovane età sviluppano ACG, soprattutto con il
coinvolgimento di poche articolazioni e con anticorpi ANA positivi, hanno altissimo
rischio di sviluppare un’iridociclite indolente, spesso con indici
clinici
di
flogosi
estremamente modesti, che in maniera silente deteriora le strutture oculari anteriori
alterando la normale fisiologia della visione, basata sull’armonia delle varie
componenti anatomiche dell’occhio. La giovane età dei soggetti, il lento incedere del
danno e l’assenza di sintomi particolarmente violenti rendono la prognosi dell’uveite
associata ad artrite cronica giovanile estremamente infausta se non curata adeguatamente.
In caso di spondiloartropatia siero-negativa e di uveite HLA-B27 positiva correlata,
abbiamo un quadro estremamente simile per paucisintomaticità e per pericolosità: diverse
possono essere le caratteristiche cliniche, ma l’azione dell’uveite a carico del segmento
anteriore porta alle stesse devastanti conseguenze dell’Artrite Cronica Giovanile (14).
Le connettiviti, tra le quali il Lupus Eritematosus Sistemicus costituisce il principali
rappresentante,
le vasculiti sistemiche, quali la Malattia di Behçet, l’Arterite
Takayasu, la Malattia di Churg-Strauss, la Granulomatosi di Wegener, sono un
importante capitolo delle patologie auto-immuni complesse nella loro estrinsecazione
clinica sistemica ed eclettiche nel caso di coinvolgimento oculare: l’uveite in corso di
16
connettivite può interessare esclusivamente il segmento anteriore, può colpire vasi retinici
di piccolo calibro posizionati alla periferia della retina stessa, o coinvolgere
massicciamente le strutture più centrali del polo posteriore dell’occhio. Come si può
desumere da cui sopra, non vi è una precisa tipologia di manifestazione della flogosi
oculare in corso di connettivite, e questo obbliga lo specialista a prestare particolare
attenzione all’eventuale sintomatologia lamentata dal paziente, cercando poi, durante la
biomicroscopia, lesioni di tipo sub-clinico non ben individuabili con un esame di
screening.
Nella sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada, malattia auto-immune dove gli autoanticorpi
sono diretti contro distretti provvisti di melanociti, abbiamo un quadro estremamente
suggestivo e peculiare, dove si verificano distacchi multipli dell’epitelio pigmentato,
spesso accompagnati da neurite ottica retro-bulbare.
Una citazione a parte merita la l’uveite in corso di Sclerosi Multipla, malattia
demielinizzante che nella gran parte dei casi si estrinseca con una neurite ottica
retrobulbare ma che nel 41% dei casi può estrinsecarsi con una periflebite retinica che
spesso risulta sub-clinica,
cioè non lamentabile da parte del
paziente con sintomi
significativi; risulta quindi raccomandabile prestare attenzione allo studio della
periferia della retina, soprattutto dei soggetti giovani, richiedendo per sicurezza uno studio
radiologico con RMN che può evidenziare lesioni a livello del nevrasse che sarebbero
dirimenti per una eventuale diagnosi e, quindi, per un a efficace terapia.
Risulta peraltro importante notare come in realtà non sempre il quadro uveale sia
necessariamente accompagnato dal quadro sistemico, e come talvolta l’esordio della
malattia oculare sia il prodromo della patologia sistemica.
17
2.5 ALTRE FORME INFIAMMATORIE OCULARI
Tra le forme non infettive ricordiamo:
a) le episcleriti
b) le scleriti
c) le miositi
d) le panoftalmiti
2.5 a) L’episclerite è un’infiammazione che colpisce i tessuti episclerali localizzati tra la
congiuntiva e la sclera. E’ un condizione comune anche se probabilmente sottostimata
dalla letteratura dato lo scarso ricorso alle cure ospedaliere per questo tipo di patologia.
L’episclerite è solitamente una malattia benigna, ricorrente ed autolimitante, bilaterale in
un terzo dei casi (19). Colpisce più frequentemente giovani adulti con un picco di
incidenza nella quarta decade, mentre è estremamente rara nei bambini. Interessa
indifferentemente entrambi i sessi e non vi sono predilezioni né razziali né sessuali.
L’aspetto fisiopatologico è ancora oggi poco conosciuto. La risposta infiammatoria è
localizzata a livello della rete vascolare episclerale e i reperti istopatologici mostrano
un’infiammazione non
granulomatosa con
dilatazioni vascolari
ed infiltrazioni
perivascolari. La sintomatologia dell’episclerite è solitamente poco significativa e la
maggior parte dei pazienti lamenta un modesto fastidio oculare con sensazione di corpo
estraneo e bruciore; sono comuni la fotofobia e l’iperlacrimazione.
Diversamente dalla sclerite, la dolorabilità alla digitopressione è assente così come è
estremamente raro un franco dolore spontaneo.
I segni clinici cardinali dell’episclerite sono l’iperemia della congiuntiva bulbare, variabile
dal rosa tenue al rosso intenso, e l’edema dei tessuti episclerali. Un esame con lampada a
18
fessura a fascio di luce sottile mostra che, in caso di episclerite, la superficie sclerale
anteriore non è sollevata, il che indica che la sclera non è edematosa. Il test più
significativo per la diagnosi differenziale con la sclerite è l’instillazione topica di
fenilefrina che provoca lo sbiancamento della congiuntiva e dei vasi tenoniani, lasciando
invece invariata l’eventuale congestione dei vasi episclerali profondi in caso di sclerite.
Due sono le manifestazioni cliniche dell’episclerite: la forma semplice e la forma nodulare.
Il tipo più comune è l’episclerite semplice caratterizzata da un arrossamento a settore o,
meno frequentemente, diffuso. Di solito gli episodi di episclerite sono intermittenti e si
ripetono con intervalli di circa 1-3 mesi. La frequenza delle recidive tende a diminuire
dopo i primi 3-4 anni. Gli episodi solitamente si risolvono spontaneamente dopo 2-3
settimane, lasciando la sclera intatta. Nel caso di associazione con patologie sistemiche, il
periodo di flogosi attiva tende a prolungarsi. I fattori scatenanti sono difficilmente
identificabili anche se probabilmente gli attacchi sono riconducibili a stress e a
cambiamenti ormonali.
Nel caso di episclerite nodulare l’infiammazione è confinata in un’area ben circoscritta,
rosa-rossa, rilevata, a forma di nodulo mobile, con scarsa congestione vascolare
circostante. La risoluzione dell’episclerite nodulare è solitamente più lenta rispetto alla
forma semplice.
Le complicanze oculari direttamente attribuibili ad episclerite sono piuttosto rare.
Occasionalmente si può assistere alla formazione di dellen e di infiltrati corneali periferici
superficiali solitamente in un’area adiacente all’edema episclerale. Nel 10% dei casi
l’episclerite può associarsi ad uveite anteriore. La cataratta ed il glaucoma sono
complicanze possibili, non come conseguenza diretta della malattia, ma dell’utilizzo
eccessivo e spesso ingiustificato di steroidi topici.
19
Nella maggior parte dei casi l’episclerite è idiopatica, solo nel 30% dei pazienti si associa
una patologia sistemica. Di questi ultimi, circa l’11% è affetto da iperuricemia.
La prognosi è sempre favorevole, in quanto l’episclerite è una malattia autolimitante che
raramente determina complicanze oculari tali da alterare l’integrità anatomo-funzionale
dell’occhio.
Nella maggior parte dei casi non è richiesto alcun trattamento. Nel caso in cui l’episclerite
sia riconducibile a cause specifiche, è importante la prevenzione con il trattamento della
malattia di base (ad esempio, nella gotta, controllo dell’acido urico). La terapia topica
oculare in caso di episclerite semplice non è necessaria ma possono essere utili lacrime
artificiali in caso di discomfort del paziente. Se gli episodi di episclerite sono severi e
ricorrenti è possibile impiegare corticosteroidi topici, preferendo quelli a scarso
assorbimento, anche se il loro utilizzo può aumentare il rischio di ricorrenza della malattia
stessa. Nei casi non responsivi alla terapia, si può ricorrere all’impiego di antiinfiammatori
sistemici non steroidei (FANS).
2.5 b) La sclerite è una malattia infiammatoria cronica grave, più rara dell’episclerite,
caratterizzata da infiammazione ed edema dei tessuti sclerali ed episclerali con iniezione
del plesso episclerale superficiale e profondo (19).
La sclerite è comunemente associata a malattie sistemiche autoimmunitarie (artrite
reumatoide, LES), e di queste può essere la prima se non l’unica presentazione. Ne
consegue che una rapida e corretta diagnosi ed una appropriata terapia sistemica possono
arrestare la progressione sia della malattia di base sia della malattia oculare, prevenendo
così la distruzione del globo oculare e prolungando la sopravvivenza del paziente.
La sclerite può essere classificata in anteriore e posteriore.
20
La sclerite anteriore a sua volta può presentarsi come diffusa, nodulare e necrotizzante con
infiammazione e senza infiammazione (scleromalacia perforante). Le più comuni forme
cliniche sono le scleriti diffuse e nodulari. La forma necrotizzante, con o senza
infiammazione, è la meno frequente ed è la più grave e la più frequentemente associata a
complicanze oculari e a malattie sistemiche. La sclerite posteriore è caratterizzata
dall’ispessimento degli strati posteriori del bulbo (coroide e sclera) e da edema
retrobulbare. L’esatta incidenza di sclerite non è nota, ma è stato approssimativamente
stimato che varia dallo 0.08% al 2.6 % (20). La sclerite è più comune tra la quarta e la sesta
decade di vita con un picco di incidenza nella quinta decade. Il sesso più colpito è quello
femminile (1,6:1).
Le basi eziopatogenetiche della sclerite risiedono in una disregolazione autoimmunitaria in
un soggetto geneticamente predisposto. I fattori scatenanti, non sempre identificabili, sono
molteplici e includono agenti infettivi, sostanze endogene o eventi traumatici. Il processo
infiammatorio che ne consegue è strettamente correlato con un danno vascolare
immunomediato (ipersensibilità di tipo III) a cui fa seguito una risposta cronica
granulomatosa (ipersensibilità di tipo IV). La natura autoimmunitaria delle scleriti è
confermata dalla frequente associazione con malattie autoimmunitarie e dalla risposta
positiva alla terapia immunosoppressiva.
I sintomi che accompagnano le scleriti includono dolore, lacrimazione, fotofobia e
riduzione dell’acuità visiva. Il dolore è il sintomo più comune ed il miglior indice di
infiammazione attiva ed è il risultato della stimolazione e dello stiramento delle
terminazioni nervose da parte del processo flogistico. Il dolore nella sclerite è tipicamente
severo, penetrante, irradiato (alla fronte, al sopracciglio e alla mascella), risveglia il
paziente durante la notte, è esacerbato dalla tosse e dalla digitopressione e di solito è solo
temporaneamente controllabile dai comuni analgesici. La riduzione dell’acuità visiva può
21
essere causata dall’estensione della sclerite alle strutture adiacenti con conseguente
cheratite, uveite, glaucoma, cataratta e anomalie del fundus oculare.
Il principale segno di sclerite anteriore è l’edema sclerale associato all’intensa dilatazione
del plesso vascolare episclerale profondo, responsabile dell’iperemia che può variare dal
rosa al violaceo. L’iperemia può essere localizzata in un settore, più frequentemente
nell’area interpalpebrale o coinvolgere l’intera superficie sclerale. L’attenta valutazione del
livello di infiammazione episclerale e sclerale è essenziale nella diagnosi differenziale tra
sclerite ed episclerite. Talvolta l’unico modo per distinguere un’entità è l’osservazione alla
luce naturale, in quanto questa non distorce il colorito naturale della sclera e permette
efficacemente di differenziare una congestione di colore rosa-rosso da un’iperemia
intensamente violacea. L’esame con la lampada a fessura aiuta a localizzare con maggior
precisione il massimo livello di congestione vascolare, permette di identificare la presenza
di noduli e l’edema sclerale.
Le complicanze oculari nella sclerite, diversamente dall’episclerite, sono molto comuni,
interessando circa il 50% dei pazienti con sclerite anteriore, l’85.7% dei pazienti con
sclerite posteriore e il 91.7% dei pazienti con sclerite necrotizzante (21). Le complicanze
corneali localizzate alla cornea periferica sono le più comuni nei pazienti con sclerite
diffusa necrotizzante e possono presentarsi con assottigliamento corneale periferico,
cheratiti stromali acute o cheratiti periferiche ulcerative. Le uveiti possono complicare sia
le scleriti anteriori che le posteriori e la loro comparsa è considerato un grave segno
prognostico. Anche il glaucoma, soprattutto se associato ad uveite, è un segno sfavorevole
e risulta dalla concomitanza dell’edema sclerale con l’infiammazione uveale (22-23). La
cataratta è una complicanza determinata dalla presenza di uveite anteriore cronica e da un
trattamento con steroidi a lungo termine. Pazienti affetti da sclerite anteriore e/o posteriore
22
possono sviluppare ipotonia secondaria ad ipoproduzione di umore acqueo da parte del
corpo ciliare.
Le scleriti si presentano in forma isolata nel 43% dei casi ma, più frequentemente, si
associano ad una patologia sistemica (57% dei casi) (19). La frequenza e la severità della
patologia sistemica associata è strettamente legata al sottotipo di sclerite, interessando il
13-62% dei pazienti con sclerite diffusa anteriore, il 28-45% di quelli con sclerite anteriore
nodulare, più del 95% in caso di sclerite necrotizzante e il 19-45% dei pazienti con sclerite
posteriore. L’artrite reumatoide è la più comune malattia sistemica che si associa alla
sclerite, seguita dalla granulomatosi di Wegener, il LES e la malattia infiammatoria cronica
intestinale. La prognosi oculare di sclerite, in caso di associazione con malattie sistemiche,
dipende strettamente dalla specifica malattia di base:
La sclerite non associata a malattie sistemiche è solitamente più benigna, con una durata
solitamente più breve e maggiormente responsiva alla semplice terapia steroidea topica.
La sclerite associata a spondiloartropatie o a LES è normalmente benigna e autolimitata,
soprattutto se si tratta di sclerite diffusa o nodulare senza complicanze oculari.
La sclerite nell’artrite reumatoide è una malattia di severità intermedia, può essere diffusa,
nodulare o necrotizzante con o senza complicanze oculari.
La sclerite associata alla granulomatosi di Wegener può portare a danni visivi permanenti,
si tratta normalmente di una sclerite necrotizzante con complicanze oculari.
2.5 c) La miosite orbitaria è un’infiammazione aspecifica acuta di uno o più muscoli
extraoculari, e può dunque essere considerata una forma di pseudotumor orbitario. Tipica
dell’età giovanile, esordisce generalmente con dolore oculare accentuato dai movimenti
oculari e visione doppia. Segni tipici sono edema palpebrale e periorbitario, ptosi, chemosi
23
congiuntivale, e lieve esoftalmo. Come per lo pseudotumor orbitario, la terapia prevede
l’uso di antinfiammatori steroidei e, nei casi più gravi, di farmaci immunosoppressori.
2.5 d) Per panoftalmite si intende una flogosi che interessa simultaneamente l’uvea
anteriore e posteriore. Le forme acute sono rappresentate dalle endoftalmiti, secondarie a
diffusione metastatica di infezioni batteriche, micotiche e virali. Si possono però osservare
anche delle endoftalmiti acute sterili, espressione di reazioni di ipersensibilità a materiali
endogeni o esogeni.
Le panuveiti croniche sono invece costituite dalle irido-ciclo-coroiditi o uveiti diffuse
propriamente dette. Si osservano quale evoluzione di uveiti anteriori o posteriori gravi
protratte o in corso di malattie generali, batteriche e parassitarie. Insorge nei soggetti con
deficit immunitari, nei tossicodipendenti e nei soggetti con affezioni oculari di differente
eziologia, trattati in modo improprio con terapia corticosteroidea locale. L'infezione è quasi
sempre bilaterale e si manifesta con diminuzione del visus ed iridociclite.
24
Capitolo 3
3.1 TRATTAMENTO DELLE UVEITI NON INFETTIVE
In tutti i tipi di uveite, la strategia terapeutica nasce da un corretto inquadramento
diagnostico della flogosi endoculare, dalla conoscenza della storia naturale e delle
caratteristiche evolutive delle singole entità cliniche ed, infine dalla valutazione del
rapporto rischio-beneficio conseguente al trattamento prescritto. Benchè non esistano
schemi terapeutici prefissati, ma ogni paziente richieda una particolare condotta terapeutica
fondata sulla conoscenza, osservazione e registrazione del decorso della sua uveite in tutte
le sue fasi, qualsiasi programma terapeutico nel trattamento delle uveiti deve basarsi sulle
seguenti valutazioni ed osservazioni:
1) certezza della diagnosi anatomo-clinica dell’uveite;
2) determinazione del grado di attività e del decorso dell’uveite;
3) valutazione del rischio di sviluppo di complicanze, della loro eventuale presenza e
reversibilità;
4) mono o bilateralità dell’uveite;
5) valutazione dello stato generale, dell’affidabilità e della “compliance” del paziente;
6) possibilità di valutare nel tempo gli effetti della terapia prescritta:
Scopo primario di ogni trattamento, oltre alla risoluzione della sintomatologia dolorosa e
alla soppressione della reazione infiammatoria, è il miglioramento della funzione visiva
unitamente alla prevenzione di ulteriori deficit funzionali (25-48).
25
3.2 TRATTAMENTO LOCALE
a) Corticosteroidi
b) Corticosteroidi perioculari
c) Iniezione intravitreale di triamcinolone acetonide (IVTA)
d) Impianto intraoculare a rilascio di fluocinolone
e) Impianto intraoculare a rilascio di desametasone
3.2 a) Corticosteroidi
I corticosteroidi rappresentano ancora il gold standard per il trattamento di pazienti con
uveite intermedia. Benché gli steroidi topici possono essere in parte efficaci in occhi
afachici con moderati gradi di infiammazione della pars plana e del vitreo, in genere si
rendono necessari i corticosteroidi peribulbari e sistemici.
3.2 b) Corticosteroidi perioculari
Le iniezioni perioculari sono una valida alternativa nel trattamento delle uveiti intermedie,
poiché presentano il vantaggio di veicolare un'elevata dose di steroidi a livello del
segmento posteriore dell'occhio tramite assorbimento trans-sclerale, minimizzando in tal
modo il rischio di effetti collaterali da assunzione di corticosteroidi sistemici.
Complicanze da iniezione sotto-tenoniana di steroidi, quali il rialzo della pressione
intraoculare, sono state riportate nel 30-36% dei pazienti (25-48).
26
3.2 c) Iniezioni intravitreali di triamcinolone acetonide (IVTA)
Il triamcinolone acetonide (TA) è un corticosteroide disponibile in commercio, poco
costoso e generalmente utilizzato per il trattamento dell'edema maculare cistoide uveitico
in maniera off-label. In seguito all' iniezione intravitreale di TA, il farmaco viene
rapidamente concentrato nella cavità vitreale con massima biodisponibilità. Inoltre, il TA è
solo in parte idrosolubile e permane, quindi, nel vitreo più a lungo degli altri corticosteroidi
idrosolubili, assicurando livelli terapeutici nel vitreo fino a 3 mesi, a differenza del
desametasone sodio fosfato che viene eliminato dal vitreo dopo circa 3 giorni.
In casi di riduzione dell'acuità visiva in pazienti con edema maculare cistoide (EMC)
uvetico refrattario a trattamento topico e/o sistemico, le IVTA possono essere prese in
considerazione. Ad ogni modo, la durata dell'effetto è limitata e la prognosi visiva finale
non è facilmente prevedibile. Inoltre, è importante sottolineare che benché molti studi
suggeriscono gli effetti positivi delle IVTA sull'acuità visiva e sull'edema maculare, questo
trattamento rimane comunque un utilizzo off-label del farmaco e mancano studi
randomizzati per confermare l'efficacia di questo farmaco nei pazienti con uveite (25-48).
3.2 d) Impianto intraoculare a rilascio di fluocinolone
L'impianto intravitreale di fluocinolone acetonide (FA) è stato il primo device impiantabile
approvato dalla FDA per il trattamento di uveite posteriore severa, non infettiva. Questo
device viene posizionato mediante intervento chirurgico nella camera vitrea, a livello della
pars plana. L'impianto, che contiene 0,59 mg di fluocinolone acetonide, rilascia
progressivamente corticosteroide per una durata di 30 mesi. Se l'infiammazione dovesse
ripresentarsi al termine dei 30 mesi, un secondo impianto di FA può essere posizionato a
27
livello della pars plana, adiacente all'impianto originario. Questo posizionamento in tandem
evita la necessità di rimuovere il primo impianto, operazione che determinerebbe un
aumentato rischio di complicanze vitreo-retiniche. Differenti studi hanno riportato
l'efficacia di tali impianti nel trattamento di pazienti con uveiti posteriori non-infettive. In
presenza dell'impianto, è stato riportato un rischio di recidive infiammatorie
significativamente ridotto. Il rischio di recidive di uveite si riduce infatti dal 62% prima
dell'impianto al 4% dopo l'impianto.
L'impianto di FA ha, tuttavia, mostrato una marcata induzione di insorgenze di cataratta;
studi clinici a lungo termine hanno mostrato che nell'arco di 3 anni dell'impianto, per il
100% dei pazienti si è reso necessario il trattamento chirurgico della cataratta.
L'aumento della pressione intraoculare è una delle maggiori complicanze correlate
all'impianto di FA: il 51,1% e il 78% dei pazienti ha richiesto trattamento antiglaucomatoso topico rispettivamente a 34 settimane e a 3 anni di follow-up. Inoltre, circa il
40% dei pazienti sottoposti ad impianto ha richiesto trattamento chirurgico del glaucoma
nell'arco di 3 anni dall'impianto, a causa di un rialzo non controllato della pressione
intraoculare (25-48).
3.2 e) Impianto intraoculare a rilascio di desametasone.
Un recente sviluppo nell'ambito degli impianti intraoculari è rappresentato da device
impiantabili riassorbibili che rilasciano corticosteroidi. Questi nuovi impianti assicurano un
rilascio prolungato, a lungo termine, di corticosteroidi nell' occhio, consentendo il
raggiungimento di concentrazioni terapeutiche efficaci nel tempo. Il desametasone è cinque
volte più potente del triamcinolone acetonide, che viene comunemente utilizzato per le
iniezioni perioculari e intravitreali. In aggiunta a ciò, data la sua maggiore idrofilia,
28
consente il raggiungimento di maggiori concentrazioni vitreali rispetto al triamcinolone
acetonide. Il desametasone è stato utilizzato per le iniezioni intravitreali, ma è stata
dimostrata una sua brevità di azione nel vitreo rispetto al triamcinolone ed al fluocinolone
acetonide, con un emivita di 3-6 ore.
Queste limitazioni dovute alla farmacocinetica del farmaco sono state risolte con lo
sviluppo di un sistema drug delivery biodegradabile di desametasone, il quale viene
caricato con 0.7 mg di farmaco e può essere iniettato nell' occhio tramite un ago da 22gauge attraverso la pars plana, analogamente alle altre iniezioni intravitreali. Sono stati
condotti studi clinici per valutare la sicurezza e l'efficacia dell'impianto di desametasone in
pazienti con edema maculare persistente e secondario a retinopatia diabetica, occlusione
venosa retinica, complicanze post-operatorie ( sindrome di Irvine-Gass). Recentemente
studi clinici si sono focalizzati sull' utilizzo e sulla sicurezza dell'impianto in monoterapia
e nel trattamento delle uveiti intermedie e posteriori non infettive. Loder et al. Hanno
valutato l'efficacia di due differenti dosi di desametasone intraviterale in pazienti con uveiti
intermedia e posteriore non infettiva. In totale, 229 pazienti sono stati randomizzati con un
rapporto 1:1:1 per ricevere un trattamento placebo o un impianto di desametasone (0,35 mg
o 0,7 mg) e sono stati osservati per 26 settimane. In tale studio, l'81% dei pazienti era
affetto da uveite intermedia. L' impianto di desametasone è risultato efficace nella
riduzione dell'opacità vitreale e nel miglioramento dell'acuità visiva negli occhi trattati
rispetto al gruppo placebo nell' arco delle 26 settimane di studio. Tale impianto era inoltre
ben tollerato e presentava un buon profilo di sicurezza. Meno del 10% degli occhi trattati
hanno presentato una pressione intraoculare di 25 mmhg o maggiore. Nel corso dello
studio, il 23% degli occhi con impianti desametasone a 0,7 mg ha richiesto farmaci per la
riduzione della pressione intraoculare, mentre in nessun caso si è reso necessario il
trattamento chirurgico o laser. L'insorgenza di cataratta è stata riportata tra gli eventi
29
avversi nel 15% degli occhi nel gruppo di somministrazione di 0,7 mg di desametasone, nel
12% degli occhi in quello di 0,35 mg di desametasone e nel 7% dei casi del gruppo
placebo. Queste differenze non si sono però dimostrate statisticamente significative. Non
sono stati riportati effetti collaterali sistemici nei gruppi in cui è stato impiantato
desametsone intravitreale. Dalla letteratura si evince che l'impianto di desametasone si è
dimonstrato efficace come terapia aggiuntiva in pazienti con uveiti non infettive croniche
che presentavano recidive dell'infiammazione intraoculare (edema maculare, vasculiti
retiniche, coroiditi) nonostante la terapia sistemica immunosoppressiva di 0,35 mg di
desametasone e nel 7% dei casi del gruppo placebo. Queste differenze non si sono però
dimostrate statisticamente significative. Non sono stati riportati effetti collaterali sistemici
nei gruppi in cui è stato impiantato desametsone intravitreale. Dalla letteratura si evince
che l'impianto di desametasone si è dimostrato efficace come terapia aggiuntiva in pazienti
con uveiti non infettive croniche che presentavano recidive dell'infiammazione intraoculare
(edema maculare, vasculiti retiniche, coroiditi) nonostante la terapia sistemica
immunosoppressiva (25-48).
30
3.3 TRATTAMENTO SISTEMICO
a) Corticosteroidi sistemici
b) Ciclosporina
c) Metotrexato
d) Azatioprina
e) Micofenolato mofetile
f) Agenti alchilanti
g) Inibitori del TNF-ALPHA
h) Interferone
3.3 a) Corticosteroidi sistemici.
Il prednisone per via sistemica viene iniziato ad una dose di 1mg/kg al giorno, scalando
gradualmente la terapia dopo circa due settimane dall' inizio del trattamento;
successivamente la gestione della terapia viene guidata dalla risposta clinica
(miglioramento dell'acuità visiva, riduzione dell'infiammazione attiva). Il trattamento con
corticosteroidi raramente si protrae oltre 3 mesi, in caso di infiammazione persistente, si
dovrebbe prendere in considerazione l'uso di agenti risparmiatori di steroidi. Quando è
presente edema maculare, si possono utilizzare iniezioni di corticosteroidi o la
somministrazione di acetazolamide. Negli Stati Uniti è stato recentemente condotto uno
studio multicentrico per la valutazione dell'efficacia e degli effetti collaterali degli
31
immunosoppressori nelle malattie infiammatorie oculari, il SITE study (Systemic
Immunosoppressive Treatment for Eye Diseases).
3.3 b) Ciclosporina.
Questo un potente agente immunosoppressore che inibisce selettivamente l'attivazione
delle cellule T. gli effetti collaterali più comunemente associati con l'uso di ciclosporina
sono la nefrotossicità e l'ipertensione arteriosa. La tossicità renale si verifica più
frequentemente a dosaggi superiori a 5 mg/kg al giorno e con l'avanzare dell'età. Dosaggi
quotidiani di ciclosporina tra 2,5 e 5 mg/kg da sola o in combinazione con corticosteroidi
sembrano ridurre il rischio di nefrotossicità. Il dosaggio ottimale di ciclosporina per le
uveiti intermedie è di 2,5-5 mg/kg/die. Sulla base dell'attuale evidenza derivata dal più
ampio studio retrospettivo (SITE), la ciclosporina risulta efficace nel controllo delle uveiti
intermedie nel 39,3 dei pazienti a 6 mesi e nel 51,8% dei pazienti a 12 mesi. Solo nel 9,2%
dei pazienti dopo 12 mesi di trattamento con ciclosporina l'infiammazione viene controllata
in assenza di corticosteroidi sistemici. La ciclosporina è un agente sicuro ed efficace anche
nei bambini con uveite intermedia bilaterale severa; un attento monitoraggio e una
collaborazione con il reumatologo pediatra sono raccomandati al fine di ridurre il rischio di
potenziali effetti collaterali sistemici (25-48).
3.3 c) Metotrexato.
Questo è un farmaco antimetabolita ed è stato l'agente immunosoppressore più
comunemente utilizzato nei pazienti con infiammazione intraoculare per diversi decenni. Il
suo principale meccanismo d' azione consiste nella riduzione della proliferazione cellulare,
32
nell' aumento del rate di apoptosi delle cellule T, nell'aumento della concentrazione
endogena di adenosina e nell' alterazione della produzione di cictochine e della risposta
umorale. Il dosaggio ottimale di metotrexato per le uveiti intermedie è di 7,5-20 mg/
settimana. Sulla base dell'attuale evidenza derivata dal più ampio studio retrospettivo
(SITE), il metotrexato viene ben tollerato in pazienti con uveite intermedia ed eventuali
eventi avversi a lungo termine sono generalmente reversibili e sembrano essere rari quando
il monitoraggio è appropriato. Nello studio SITE, il controllo dell'infiammazione
intraoculare per le uveiti intermedie si è avuto nel 47,4% dei casi a 6 mesi e nel 74,9% a 12
mesi; non è stata però evidenziata alcuna differenza nella percentuale di successo con
dosaggi alternativi di metotrexato, oppure con l'uso di una terapia orale rispetto alla via
sottocutanea. Uno studio comparativo tra metotrexato, azatioprina e micofenolato mofetile
ha dimostrato che quest' ultimo permetteva il raggiungimento del successo terapeutico più
frequentemente e rapidamente rispetto agli altri due antimetaboliti. Un successo terapeutico
pari al 90% viene raggiunto con un dosaggio tra 12,5 e 20 mg/settimana, suggerendo
quindi che dosaggi inferiori a 15 mg/settimana sono meno efficaci (25-48).
3.3 d) Azatioprina.
Questo è un analogo nucleosidico purinico che agisce come antimetabolita, interferendo
con la sintesi del DNA e RNA. Analogamente al metotrexato, è stato ampiamente utilizzato
in varie patologie infiammatorie oculari, come le uveiti anteriori croniche, la vasculite
retinica, la malattia di Bechet e l'oftalmia simpatica, sia in monoterapia che in
combinazione con altri agenti immunosoppressivi. Il dosaggio ottimale di azatioprina per
uveite intermedia è di1-3 mg/kg/die. Sulla base dell'attuale evidenza derivata dallo studio
SITE, il controllo dell'infiammazione è pari al 69% a 6 mesi e all' 89% a 12 mesi. I
33
pazienti con uveite intermedia raggiungevano più frequentemente sia il controllo
dell'infiammazione che l'efficacia nello scalare la terapia steroidea, rispetto ai pazienti che
presentavano differenti siti di infiammazione oculare. I risultati dello studio SITE indicano
che l'azatioprina potrebbe essere particolarmente efficace nei pazienti con uveite
intermedia. L' utilizzo di dosaggi più elevati di azatioprina (125mg o più al giorno) non
sembra influenzare la probabilità di raggiungere il successo terapeutico (25-48).
3.3 e) Micofenolato mofetile.
Questo è un antimetabolita che inibisce selettivamente l'enzima di biosintesi delle purine
chiamato inosina monofosfato deidrogenasi. In tal modo, il farmaco causa la deplezione dei
nucleotidi guanosinici essenziali per la sintesi purinica nella proliferazione dei linfociti B e
T. differenti studi retrospettivi hanno valutato l'efficacia dl micofenolato mofetile nelle
patologie infiammatorie oculari, suggerendo che esso sia un valido agente risparmiatore di
steroide e che la sua efficacia sia più rapida rispetto a quella del metotrexato e
dell'azatioprina. Il dosaggio ottimale di tale farmaco per le uveiti intermedie è di 1 g due
volte al giorno. Sulla base dell'attuale evidenza derivata dallo studio SITE, il controllo
dell'infiammazione è stato raggiunto nel 65% dei pazienti a 6 mesi e nel 76,7% dei pazienti
a 12 mesi. Il gruppo di età compreso tra 18 e 39 anni tende a rispondere meno bene rispetto
ad altri gruppi di età. Il pregresso utilizzo di farmaci immunosopressori, in particolare di
agenti alchilanti, è associato con una minore probabilità di successo terapeutico. Nei
bambini con uveite intermedia, il micofenolato mofetile è efficace nel 70% dei casi e nel
30% dei casi ha effetto come risparmiatore di steroide. Uno studio comparativo ha mostrato
che il micofenolato mofetile è superiore al metotrexato riguardo alla rapidità di
34
raggiungimento del successo terapeutico e superiore all' azatioprina rispetto al profilo dei
severi effetti collaterali eventuali (25-48).
3.3 f) Agenti alchilanti.
Tra questi troviamo la ciclofosfamide e il clorambucile che fanno parte di una classe di
farmaci che agisce alchilando il DNA, con conseguente cross- linking e inibizione della
sintesi del DNA. A causa degli eventuali effetti collaterali molto severi e potenzialmente
pericolosi per la vita del paziente, il loro uso è limitato ad uveiti severe, con prognosi
visiva infausta, che non hanno risposto a terapie meno tossiche. Nell' era dei nuovi farmaci
biologici, l'uso degli agenti alchilanti è riservato a forme di uveiti refrattarie a trattamenti
convenzionali e altri agenti biologici (25-48).
3.3 g) Inibitori del TNF-ALPHA.
Questi sono immunomodulatori biologici approvati dalla FDA per molte patologie
autoimmuni sistemiche, ma che sono considerati off-label per il trattamento di molte forme
di uveiti. Purtroppo mancano dei trials clinici randomizzati sull' efficacia di questi farmaci
nell' uveite e l evidenza clinica si basa sui risultati di piccoli studi con pochi pazienti. Tra
gli inibitori del TNF-ALPA ricordiamo l'Adalimumab e l'Infliximab che sono due farmaci
potenzialmente più efficaci nel controllo delle uveiti intermedie rispetto agli agenti
convenzionali. Si può infatti affermare con sicurezza che il controllo dell'infiammazione
può essere raggiunto più rapidamente con i farmaci biologici rispetto che con le terapie
convenzionali (25-48).
35
3.3 h) Interferone.
L' interferone alpha è una citochina che appartiene al sottogruppo degli interferoni di tipo I,
i quali hanno un forte effetto antivirale, antiproliferativo, e vari effetti immunomodulatori.
Esso è approvato per il trattamento dell'epatite virale, dei disordini mieloproliferativi e dei
linfomi. Ad ogni modo, negli ultimi anni, l'IFN è stato utilizzato con successo anche nel
trattamento dei pazienti con malattia di Bechet con coinvolgimento oculare e in altri tipi di
uveite refrattaria. Sulla base dell'attuale evidenza, l'Interferon alpha-2a è molto efficace e
rapido nella risoluzione dell'edema maculare associato con l'uveite intermedia. Gli effetti
collaterali dovuti all' uso di Interferon alpha-2a sono frequenti, ma generalmente lievi o
moderati e dose-dipendenti. L'Interferon beta è efficace nel trattamento dell'uveite
intermedia associata a sclerosi multipla (25-48).
36
Capitolo 4
ESPERIENZA NELLA CLINICA OCULISTICA
4.1. Materiali e metodi
4.1.2 Disegno dello studio
Le indagini sono state svolte secondo le modalità di uno studio di coorte longitudinale
prospettico, non comparativo, non randomizzato di tipo pilota.
4.1.3 Obiettivo dello studio
I primary end-point dello studio sono:
-l’efficacia del trattamento con triamcinolone acetonide 80mg/mL (TaioftalTM, Sooft,
Montegiorgio-FM) sub-Tenon e sub-congiuntivale inteso come miglioramento-stabilità
della acuità visiva;
-la risposta clinica alla terapia intesa come miglioramento del quadro clinico-infiammatorio
e controllo delle recidive.
4.1.4 Popolazione
I pazienti sono stati visitati presso l’Ambulatorio di Immunologia Oculare della Clinica
Oculistica dell’Università Politecnica delle Marche, in un periodo compreso tra marzo
2014 e gennaio 2015. Tutti i pazienti presentavano diagnosi di patologia infiammatoria
oculare iper-resistente a tutte le terapie combinate precedentemente somministrate.
37
4.1.5 Criteri di inclusione
Pazienti con diagnosi clinica di patologia infiammatoria oculare non-infettiva iperresistente alla combinazione di diversi immunosoppressori.
4.1.6 Criteri di esclusione
-pazienti con diagnosi clinica non certa o appurata di malattia infiammatoria non-infettiva
-presenza di co-morbilità.
4.1.7 Esami clinici
La popolazione è stata sottoposta ad indagini clinico-strumentali di pertinenza
oftalmologica, selezionate per identificare informazioni utili ai fini dello studio. Le
indagini volte alla valutazione del coinvolgimento oculare sono state le seguenti:
- notizie anamnestiche e demografiche: dati anamnestici sono stati raccolti. Inoltre si sono
studiate l’anamnesi patologica prossima e farmacologica, al fine di comprendere al meglio
la condizione clinica del paziente;
- Acuità visiva secondo scala logaritmica: valutazione della miglior correzione possibile
(BCVA = Best Corrected Visual Acuity) acquisita tramite utilizzo di tavola Early Treatment
Diabetic Retinopathy Study (ETDRS)
- Biomicroscopia con lampada a fessura:
cornea: la presenza di uveite anteriore è stata valutata tramite la ricerca di
precipitati cheratici, valutandone l’ aspetto e la disposizione nell’endotelio corneale,
ove presenti;
sclera: status infiammatorio sclerale
camera anteriore: la presenza di cellularità in camera anteriore è stata indicata
tramite un grading da 0 (meno di 1 cellula nel campo) a +4 (>50 cellule per
campo). Il flare dell’umore acqueo è stato quantificato con una scala analoga a
38
quella utilizzata per la valutazione della cellularità in camera anteriore; l’attività
della infiammazione oculare è stata valutata secondo la gradazione stabilita da
Standardization of Uveitis Nomenclature (SUN)(49). Nel segmento anteriore la
cellularità dell’acqueo e il flare sono stati misurati tramite lampada a fessura e un
raggio incidente a 45° a massima intensità e di una dimensione di 1mm×1mm,
secondo le indicazioni del SUN.
vitreo: è stata valutata e quantificata l’opacità vitreale con “Binocular Indirect
Ophthalmoscopy” (BIO)-score (da 0+ a 4+); nel segmento posteriore i segni di
vitreite sono stati misurati tramite oftalmoscopia indiretta, secondo la gradazione di
Nussenblatt (49).
Fundus: è stato indagato mediante oftalmoscopia indiretta, utilizzando lenti
convesse ad elevato ingrandimento, atte ad ottenere un ampio campo di
osservazione. Prima dell’esecuzione dell’esame è stato instillato un collirio
midriatico (tropicamide 1%), al fine di dilatare l’ostio pupillare ed avere così una
miglior panoramica del fondo oculare.
Misurazione della IOP (Pressione Intraoculare): è stata misurata mediante
tonometro ad applanazione di Goldmann, dopo l’instillazione di anestetico locale e
l’applicazione di fluoresceina nel sacco congiuntivale. È stata giudicata
ipertensione intraoculare il rilevamento di un tono superiore a 23 mmHg.
I pazienti sono stati inoltre valutate con tomografia a coerenza ottica (OCT, Spectralis,
Heidelberg, germany), fluorangiografia (FAG, Spectralis, Heidelberg, germany), esame
angiografico al verde indocianina (ICG, Spectralis, Heidelberg, germany).
Tutti i pazienti con un incremento/decremento ≥ 2 linee di Snellen (BCVA) sono stati
considerati migliorati/peggiorati, rispettivamente. La BCVA è stata presentata come
stabile/migliorata e peggiorata per valutare la significatività dell’outcome.Tutti i dati medi
39
sono presentati con deviazione standard. L’analisi statistica delle variabili cliniche e
demografiche è stata realizzata utilizzando il database SPSS (ver. 11.0.1; SPSS, Chicago,
IL). I test statistici sono stati utilizzati per la valutazione della significatività statistica
secondo indicazione di appropriatezza. Una p<.05 è stata considerata statisticamente
significativa.
Il follow-up è stato personalizzato nei tempi e nelle modalità, in base all'andamento della
malattia. Il follow-up in fase acuta della malattia (primi 2 mesi) ha previsto una
valutazione del paziente ogni settimana, al fine di valutare l'acuità visiva e l'andamento del
focolaio
corioretinico,
eseguendo
una
visita
oftalmologica
completa
associata
eventualmente ad indagini strumentali, quando necessario. A seguito della fase acuta, il
nostro protocollo ha previsto una visita di controllo ogni 2 settimane, dopodichè
(all’incirca dal sesto mese) le visite sono state effettuate mensilmente.
4.2 Risultati
Undici pazienti (11 occhi) sono stati presi in considerazione (Tav.1). Di essi, 7/11 erano di
sesso femminile (63,6%), mentre 4/11 erano di sesso maschile (36,4%). L’età media era
pari a 43,2±17,4 anni.
Tutti i pazienti avevano un coinvolgimento oculare unilaterale al base line. Nel caso di un
coinvolgimento bilaterale incorso di trattamento, l’occhio con lo score infiammatorio
peggiore è stato preso in considerazione. I pazienti presentavano varie tipologie di malattia
infiammatoria non-infettiva divise in: 1/11 sclerite necrotizzante complicata da vitreite
(9,1%), 2/11 sclerite diffusa persitente (18,2%), 1/11 sclerite nodulare necrotizzante
persistente (9,1%), 1/11 panuveite persistente complicata da edema maculare cistoide
(CMO) in sarcoidosi sistemica (9,1%), 1/11 panuveite persistente idiopatica complicata da
40
CMO (9,1%), 3/11 scerite necrotizzante persistente (27,3%), 2/11 sindrome di Irvine-Gass
refrattaria (18,2%).
I trattamenti ai quali sono stati sottoposti i pazienti prima della terapia iniettiva sono stati:
4/11 (36,4%) pazienti trattati con steroide per os associato a Micofenolato Mofetile (MMF)
e Ciclosporina A (CSA), 3/11 (27,3%) pazienti trattati con steroide per os associato a
Azatioprina (AZA) e Ciclosporina A (CSA), 1/11 (9,1%) pazienti trattati con steroide per
os associato a Metotrexate (MTX) e Ciclosporina A (CSA), 1/11 (9,1%) pazienti trattati
con steroide per os associato a Adalimumab (Ada), 2/11 (18,2%) pazienti trattati con
steroide per os e iniezione con Triamcinolone Acetonide alla concentrazione di 40mg/mL.
La BCVA media al base line era 0,49 ± 0,24 DS. Terapia sub-congiuntivale è stata
amministrata a 6/11 pazienti (54,5%), tutti affetti da patologia scleritica, mentre 5/11
(45,5%) hanno avuto terapia con iniezione sub-Tenon. Il numero mediano di iniezioni è
stato pari a 1 (range: 1-2 iniezioni). Il follow-up mediano dei pazienti trattati è stato pari a
9 mesi (range: 8-10 mesi). La BCVA media a seguito della terapia è stata pari a 0,82 ± 0,13
DS. All’ultimo follow-up, acuità visiva risultava stabile/migliorata in tutti i pazienti del
nostro studio (Tav.2, p<.0001). Nessun paziente ha mostrato recidive nel corso
dell’osservazione post trattamento (p<.0001). Nessuna differenza è stata osservata tra i
valori della IOP al base-line e quelli osservati ai differenti time point (p>.05). Nessun
paziente ha mostrato effetti collaterali durante il follow-up.
41
4.3 Discussione
La terapia loco-regionale con steroidi in corso di patologie infiammatorie non-infettive
rappresenta uno dei punti fermi nel campo dell’immunologia oculare. Di grande potenza è
la letteratura pubblicata su varie tipologie di steroidi, anche se il triamcinolone acetonide
rappresenta il farmaco con la letteratura più consistente (48).
In molti casi la terapia sistemica costituisce una metodica consolidata, fondata sulla
associazione di steroidi per os in combinazione con uno o più farmaci immunosoppressori
“steroid sparing”. Nell’eventualità di scarsa risposta a tali terapie, l’introduzione di farmaci
biologici con target altamente specifici può essere presa in considerazione, pur se l’utilizzo
di tali farmaci risulta al giorno d’oggi limitato sia per la natura off label del trattamento, sia
per gli alti costi che ne contraddistinguono l’utilizzo. Si aggiunga che, nonostante tali
terapie abbiano un’efficacia promettente, in alcuni casi si assiste ad una risposta parziale
sul controllo della flogosi, ponendo la necessità di utilizzare la combinazione sia di terapie
steroidee loco-regionali in associazione con le terapie sistemiche (47). Considerando le
opzioni finora disponibili, il triamcinolone acetonide 40 mg/mL ha rappresentato l’unica
soluzione, off label, disponibile per i clinici che dovessero affrontare una terapia adjuvante
per casi patial-/non-responder alle terapie combinate sistemiche (46).
La recente introduzione di un triamcinolone on-label per uso oftalmico intravitreale
rappresenta sicuramente un punto di forza per la terapia di quelle forme di uveite con una
attitudine aggressiva nei confronti del tessuto oculare, pur se l’impiego intravitreale non
sempre rappresenta l’impego indicato: a conferma di ciò si considerano, ad esempio, le
forme di flogosi a carico del tessuto sclerale che ha rappresentato e rappresenta una forma
infiammatoria peculiare (Tav.3) e, spesso, ostile da dover trattare, particolarmente quando
assume caratteristiche necrotizzanti. A tal proposito, le metodiche indicate invece sono
l’inoculazione sub-Tenon e sub-congiuntivale (50).
42
Nella nostra coorte di pazienti abbiamo trattato 11 casi che presentavano forme eterogenee
di infiammazione oculare non-infettiva con caratteristiche di iper-resistenza a varie
combinazioni di steroidi ed immunosoppressori sistemici (Tav.4-5). Si aggiunga poi che la
BCVA media al base line, pari a 0,49 ± 0,24 DS, ha presentato una differenza significativa
rispetto alla BCVA media post terapia, pari a 0,82 ± 0,13 DS. Inoltre, all’ultimo follow-up,
l’acuità visiva risultava stabile/migliorata in tutti i pazienti del nostro studio (p<.0001). Di
grande importanza denotare il numero mediano di iniezioni pari a 1 (range: 1-2 iniezioni),
che indicano un livello di efficacia estremamente promettente e che permetterebbe di
garantire un controllo ottimale associato ad un profilo di sicurezza ad oggi definibile
quantomeno come promettente. A rafforzare quanto di positivo osservato nell’efficacia,
viene la durata dell’effetto della terapia con triamcinolone acetonide 80mg/mL: la
remissione completa della patologia è stata raggiunta da tutti i pazienti (p<.0001),
mantenuta in tutti i soggetti osservati in assenza di recidive (p<.0001) fino all’ultimo
follow-up (valore mediano 9 mesi, range: 8-10 mesi). Interessanti sono stati anche i dati
osservati sotto l’aspetto della safety: nessuna differenza è stata osservata tra i valori della
IOP al base-line e quelli osservati ai differenti time point (p>.05). Inoltre, nessun paziente
ha mostrato effetti collaterali durante il follow-up. Ciò comprova come le metodiche di
inoculazione para-oculari siano de facto maggiormente sicure rispetto a quelle intravitreali,
ove indicate, e come la iniezione sub-congiuntivale rappresenti una metodica di grande
prospettiva per le flogosi del tessuto sclerale.
I risultati ottenuti nella nostra coorte di pazienti potrebbero essere adducibili all’alta
concentrazione del triamcinolone acetonide della formulazione da noi utilizzata che di fatto
è doppia rispetto a quanto utilizzato nella letteratura medica fino ad oggi (40 versus 80
mg/mL).
43
4.4 Conclusioni
La terapia sistemica combinata rappresenta una metodica di grande importanza per il
trattamento di forme aggressive di infiammazione oculare. Tuttavia, nei casi refrattari a tali
terapie la terapia adjuvante con steroidi intravitreali può rappresentare un metodo corretto
per l’ottenimento del controllo della flogosi. Fino ad oggi si è assistito all’utilizzo di
farmaci off label con concentrazione di triamcinolone acetonide pari a 40 mg/mL, mentre
recentemente è stato introdotta in commercio una formulazione di triamcinolone acetonide
concentrato a 80mg/mL. L’impiego di tale farmaco, anche per inoculazioni peri-oculare
garantirebbe un profilo di efficacia e sicurezza ottimale che potrebbe rappresentare la
soluzione per molte forme refrattarie alle tradizionali terapie.
Ovviamente il nostro studio deve essere interpretato sotto l’ottica di tutti i limiti legati alla
natura non comparativa e del campione di piccole dimensioni considerato. A tal proposito
si auspica un vaglio fondato su studi di natura prospettica, possibilmente randomizzati e
controllati.
44
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51
TAVOLE
52
Tavola 1
n°/Sesso/Età
BCVA
pre
BCVA
post
1/F/43
0,125
0,63
2/F/26
0,63
1
3/M/29
0,4
0,8
4/F/47
0,8
0,8
5/M/51
0,2
0,63
6/M/21
0,4
1
7/F/33
0,8
0,8
8/F/72
0,32
1
9/M/75
0,4
0,8
10/F/41
0,8
0,8
11/F/38
0,5
0,8
Tipo di infiammazione
Sclerite necrotizzante
complicate da vitreite
Sclerite diffusa
persistente
Uveite persistente CMO
Sclerite nodulare
persistente
Panuveite persistente
complicate da CMO in
sarcoidosi sistemica
Panuveite persistente
idiopatica conplicata da
CMO
Sclerite necrotizzante
persistente
Persistente CMO post
cataratta semplice
Sindrome di Irvine-Gass
Persistente CMO post
cataratta semplice
Sindrome di Irvine-Gass
Sclerite necrotizzante
persistente
Sclerite diffusa
persistente
Followup
(mesi)
9
10
8
9
Trattamento sistemico precedente
Steroidi per OS (30mg/die dose di
mantenimento)+CSA+MMF
Steroidi per OS (20mg/die dose di
mantenimento)+AZA+CSA
Ada+ steroidi per OS (10mg/die
dose di mantenimento)
Steroidi per OS (15mg/die dose di
mantenimento)+AZA+CSA
Tipo di
iniezione di
TA
Subcongiuntivale
Subcongiuntivale
n° di
iniezioni
1
1
Sub-Tenon
1
Subcongiuntivale
1
9
Steroidi per OS (30mg/die dose di
mantenimento)+CSA+MTX
Sub-Tenon
2
8
Steroidi per OS (20mg/die dose di
mantenimento)+MMF+CSA
Sub-Tenon
1
10
9
8
10
10
Steroidi per OS (30mg/die dose di
Submantenimento)+CSA+MMF
congiuntivale
Steroidi per OS (15mg/die dose di
mantenimento)+sub-Tenon
Sub-Tenon
40mg/mL
Steroidi per Os (20mg/die dose di
mantenimento)+sub-Tenon
Sub-Tenon
40mg/mL
Steroidi per OS (15mg/die dose di
Submantenimento)+AZA+CSA
congiuntivale
Steroidi per OS (20mg/die dose di
Submantenimento dose)+MMF+CSA congiuntivale
1
1
1
2
1
Tavola 2
*p<.05 Vs baseline
Andamento dell’acuità visiva a differenti Time-point
Tavola 3
A
B
ICGA del segmento anteriore di paziente affetta da sclerite necrotizzante al baseline (A) ed
all’ultimo follow-up (B): notare l’assenza di leakage nelle fasi tardive della ICGA dopo
terapia con Triamcinolone sub-congiuntivale
B
Tavola 4
A
B
OCT di paziente affetto da sindrome di Irvine-Gass al baseline (A) ed all’ultimo follow-up
(B): notare la risoluzione dell’edema con ripristino della fisiologica morfologia retinica
dopo terapia con Triamcinolone sub-Tenon
B
Tavola 5
A
B
B
OCT di paziente affetto da edema cistoide uveitico al baseline (A) ed all’ultimo follow-up
(B): notare la risoluzione delle cisti intraretiniche con restitutio ad integrum della
fisologica morfologia retinica dopo terapia con Triamcinolone sub-Tenon.
B
Ringraziamenti
Per quello che vale, non è mai troppo tardi per essere ciò che vuoi essere. E’ questo ciò che mi sono
augurata all’inizio di questo percorso ed è quello che mi auguro ancora una volta. Il mio viaggio è
appena iniziato e questo anche grazie a voi.
Inizio col ringraziare l’Università Politecnica delle Marche¸ e il coordinatore del Dottorato di
Neuroscienze Prof. Fiorenzo Conti per avermi dato l’opportunità di esser qui.
Ringrazio il mio tutor e relatore Prof. Alfonso Giovannini Direttore della Clinica Oculistica, il
primo ad aver creduto nella validità del mio progetto.
Un ringraziamento particolare va al Dott. Piergiorgio Neri, relatore, ricercatore e responsabile del
Centro di Immunologia Oculare c/o la Clinica Oculistica, per l’aiuto sempre attento e precisissimo
che ha saputo darmi, per la competenza con cui mi ha indirizzato nelle occasioni di dubbio e per la
pazienza che ha dimostrato nei miei confronti durante la preparazione di questa tesi. Gli sono grata
anche per come riesce a trasmettere la sua passione attraverso il suo talento.
Desidero ricordare tutti coloro che mi hanno aiutato nella stesura della tesi con suggerimenti,
critiche, osservazioni e materiale didattico…., grazie a tutti i colleghi dell’unità operativa di
Oculistica Pediatrica dell’Ospedale Salesi , grazie a Ilir, compagno di corso e prezioso aiuto,
sempre tempestivo e attento. A tutti voi va la mia gratitudine, e a me spetta la responsabilità per
ogni errore contenuto in questa tesi.
Voglio sottolineare che non avrei mai potuto concludere questo percorso, se non avessi avuto il
sostegno della mia famiglia che mi ha seguito con affetto, pazienza e soprattutto credendo sempre
nelle mie capacità.
Ringrazio chi, quando me lo meritavo, non mi ha mai ringraziato, e lo faccio al suo posto, per me
stessa…..perchè credo che qualsiasi azione umana di rispetto, vada omaggiata necessariamente con
un gesto o con una semplice parola, quindi, grazie anche a me.