UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLA MARCHE Facoltà di Medicina e Chirurgia – Dipartimento Neuroscienze – Clinica Oculistica (Direttore: Chiar.mo Prof. Alfonso Giovannini) Dottorato di Ricerca in Neuroscienze - XIII° ciclo (Coordinatore: Chiar.mo Prof. Fiorenzo Conti) PATOLOGIE INFIAMMATORIE NON INFETTIVE OCULARI ALTAMENTE RESISTENTI TRATTATE CON UNA NUOVA FORMULAZIONE DI TRIAMCINOLONE ACETONIDE: TRIAL PILOTA Relatori: Tesi di dottorato: Chiar.mo Prof. Alfonso Giovannini Dott.ssa Daniela Baruffa Dott. Piergiorgio Neri ________________________ Anno Accademico 2013-2014 INDICE INTRODUZIONE .................................................................................................. p. 1 Capitolo 1 1.1 CLASSIFICAZIONE ................................................................................. p. 3 1.1 a) Classificazione anatomica........................................................................ p. 3 1.1 b) Classificazione clinica ............................................................................. p. 3 I.1 c) Classificazione etiologica ........................................................................ p. 4 1.1 d) Classificazione anatomo - patologica ...................................................... p. 4 1.2 DIAGNOSI ................................................................................................... p. 4 1.3 ESAMI EMATOLOGICI E STRUMENTALI ............................................. p. 5 1.4 INCIDENZA E PREVALENZA .................................................................. p. 7 1.5 UVEITE ANTERIORE................................................................................. p. 8 1.6 UVEITE INTERMEDIA .............................................................................. p. 9 1.7 CAUSE PRINCIPALI DI UVEITE INTERMEDIA .................................... p. 10 1.8 UVEITE POSTERIORE ............................................................................... p. 10 1.9 APPROCCIO DIAGNOSTICO .................................................................... p. 11 1.10 PANUVEITE ................................................................................................ p. 12 Capitolo 2 2.1 UVEITI NON INFETTIVE .......................................................................... p. 14 2.2 UVEITI AUTO-IMMUNI IN CORSO DI MALATTIA SISTEMICA........ p. 15 2.3 UVEITI AUTO-IMMUNI CON ESCLUSIVA MANIFESTAZIONE OCULARE .................................................................................................... p. 15 2.4 UVEITI DI MATRICE AUTOIMMUNE .................................................... p. 16 2.5 ALTRE FORME INFIAMMATORIE OCULARI ....................................... p. 18 2.5 a) L’episclerite ................................................................................................ p. 18 2.5 b) La sclerite.................................................................................................... p. 20 2.5 c) La miosite orbitaria ..................................................................................... p. 23 2.5 d) Panoftalmite ................................................................................................ p. 24 Capitolo 3 3.1 TRATTAMENTO DELLE UVEITI NON INFETTIVE ................................ p. 25 3.2 TRATTAMENTO LOCALE............................................................................ p. 26 3.2 a) Corticosteroidi ............................................................................................ p. 26 3.2 b) Corticosteroidi perioculari .......................................................................... p. 26 3.2 c) Iniezioni intravitreali di triamcinolone acetonide (IVTA) .......................... p. 27 3.2 d) Impianto intraoculare a rilascio di fluocinolone ......................................... p. 27 3.2 e) Impianto intraoculare a rilascio di desametasone ....................................... p. 28 3.3 TRATTAMENTO SISTEMICO ....................................................................... p. 31 3.3 a) Corticosteroidi sistemici ............................................................................. p. 31 3.3 b) Ciclosporina ................................................................................................ p. 32 3.3 c) Metotrexato ................................................................................................. p. 32 3.3 d) Azatiprina ................................................................................................... p. 33 3.3 e) Micofenolato mofetile................................................................................. p. 34 3.3 f) Agenti alchilanti.......................................................................................... p. 35 3.3 g) Inibitori del TNF-ALPHA .......................................................................... p. 35 3.3 h) Interferone ................................................................................................... p. 36 Capitolo 4 ESPERIENZA DELLA CLINICA OCULISTICA ............................................... p. 37 4.1 Materiali e metodi ......................................................................................... P. 37 4.1.2 Disegno dello studio...................................................................................... p. 37 4.1.3 Obiettivo dello studio .................................................................................... p. 37 4.1.4 Popolazione .................................................................................................. p. 37 4.1.5 Criteri di inclusione ....................................................................................... p. 38 4.1.6 Criteri di esclusione....................................................................................... p. 38 4.1.7 Esami clinici .................................................................................................. p. 38 4.2 RISULTATI .................................................................................................. p. 40 4.3 DISCUSSIONE ............................................................................................. p. 42 4.4 CONCLUSIONI............................................................................................ p. 44 BIBLIOGRAFIA .................................................................................................... p. 45 TAVOLE ................................................................................................................ p. 52 RINGRAZIAMENTI Introduzione Il termine “UVEITE” è un termine generico che indica la presenza di una infiammazione all’interno dell’occhio, o meglio infiammazione dell’uvea. L’infiammazione coinvolge uno strato intermedio chiamato “UVEA o TONACA UVEALE” che porta il supporto sanguigno alle altre strutture oculari. Questa patologia risulta essere la terza causa di cecità del mondo civilizzato e coinvolge la membrana vascolare intermedia della parete oculare, che gli antichi anatomo – patologi chiamarono così per l’aspetto del bulbo “sgusciato” del bianco dell’occhio, simile ad un acino d' uva. L’uveite è una malattia oculare rara, ma che può potenzialmente, se non curata, portare ad un calo visivo permanente. Dal punto di vista anatomico, l'occhio è formato da tre strati che dall’esterno all’interno sono: * la SCLERA e la CORNEA; * l’UVEA che è formata da 3 strutture, elencate in ordine anteroposteriore: - l’IRIDE; - CORPI CILIARI (situati in una zona intermedia; hanno la funzione di produrre l’umore acqueo e di sorreggere il CRISTALLINO); - La COROIDE (lo strato vascolare, situato nella parte posteriore dell’occhio che fornisce l’apporto di sangue a tutte le strutture oculari); * la RETINA: lo strato formato dalle cellule nervose deputate alla visione. Le cellule nervose della retina si raccolgono in un unico punto, il NERVO OTTICO, che trasmette le immagini al nostro cervello ( nella zona chiamata CORTECCIA OCCIPITALE). 1 Il termine UVEITE significa quindi infiammazione dell’uvea, pur se molte altre patologie infiammatorie, che coinvolgono varie porzioni istologiche della struttura oculare, sono parte del grande capitolo delle patologie infiammatorie a carattere oftalmologico. Le malattie infiammatorie oculari costituiscono uno dei capitoli più difficili dell’oftalmologia, sia per quanto riguarda la diagnosi, che la terapia. Assistiamo quotidianamente all’introduzione nella pratica clinica di nuove tecniche diagnostiche e nuove terapie, ma tali acquisizioni sono utili e determinanti soltanto se la conoscenza e l’esperienza ci permettono di utilizzarle in modo corretto ed efficace. Lo studio delle uveiti ha subito negli ultimi anni una rapida evoluzione con nuovi approcci diagnostici e terapeutici. Nonostante ciò, l’oftalmologo, di fronte ad un nuovo caso di uveite ha spesso una sensazione di frustrazione. L’incertezza dell’etiologia può infatti spingere a richiedere numerosissimi esami diagnostici, la maggior parte dei quali inutili, o a non richiederne affatto nella convinzione che la diagnosi etiologica non sia più un obiettivo importante da perseguire, iniziando in ogni caso una terapia aspecifica antinfiammatoria con corticosteroidi. Questi atteggiamenti, non perfettamente corretti, vengono aggravati dall’ansia del paziente, convinto che l’accertamento della causa dell’uveite possa essere risolutiva sulle recidive e sulla dipendenza dagli steroidi. La conoscenza nasce oltre che dallo studio, dalla valutazione critica degli errori e dal confronto con l’esperienza altrui. 2 Capitolo 1 1.1 CLASSIFICAZIONE In base ai criteri definiti dall’ ”International Uveitis Study Group”(1), le uveiti possono essere classificate su base: a) anatomica, b) clinica c) etiologica d) anatomo-patologica 1.1a) Classificazione anatomica: da un punto di vista anatomico, l’uveite è classificata in: * Anteriore: la più frequente, con infiammazione localizzata in camera anteriore (irite, ciclite, iridociclite). * Intermedia: in cui si verificano alterazioni vitreali e/o vasculite retinica periferica. * Posteriore: in cui l’infiammazione riguarda la retina o la coroide (coroiditi focali, multifocali o diffuse, retino coroiditi, retiniti, neuro – retiniti ). * Panuveite: in cui l’infiammazione interessa tutti i comparti oculari. I.1b) Classificazione clinica: a seconda delle modalità di insorgenza e della durata, l’uveite è classificata in : * Acuta: l’uveite acuta si manifesta con un esordio improvviso e dura 6 settimane o meno. Se dopo il primo attacco si ha una riesacerbazione, si parla di uveite acuta recidivante. * Cronica: L’uveite cronica persiste per mesi o anni. L’inizio è spesso insidioso e asintomatico, anche se nel corso dell’uveite cronica possono verificarsi riesacerbazioni acute o subacute. 3 1.1c) Classificazione etiologica: sotto il profilo eziologico, l’uveite può essere: * Esogena: L’uveite esogena è causata da un insulto esterno o da un’invasione, sempre dall’esterno, di microrganismi o di altri agenti. * Endogena: L’uveite endogena, al contrario, è causata da microrganismi o altri agenti proventi dal paziente stesso. 1.1d) Classificazione anatomo - patologica : da un punto di vista patologico l’ uveite è classificata in Granulomatosa e Non Granulomatosa. Clinicamente però, questa distinzione non è sempre utile, perché possono esserci forme di uveite granulomatosa che possono presentare caratteristiche non granulomatose e, a volte, un’infiammazione non granulomatosa può avere caratteristiche granulomatose. 1.2 DIAGNOSI Grazie alle tecniche diagnostiche strumentali e di laboratorio a disposizione, ma soprattutto grazie all’approccio interdisciplinare con il reumatologo, il pediatra, il neurologo, l’infettivologo, il microbiologo, il patologo, la diagnosi di queste patologie è migliorata moltissimo negli ultimi anni, come anche la loro gestione grazie all’introduzione di nuovi farmaci biologici che permettono di ottenere un controllo della patologia anche in quei pazienti refrattari alle comuni cure utilizzate. Per arrivare ad una diagnosi è importante che l’oculista segua delle linee guida per un corretto work-up delle uveiti. Il work-up oftalmologico deve includere: * la migliore acutezza visiva per lontano e per vicino; 4 * l’esame biomicroscopico dell’occhio con particolare attenzione al tipo (distinguendo tra uveite granulomatosa e non granulomatosa) ed al grado di infiammazione; * l’esame del fondo oculare (coinvolgimento vascolare, la presenza di alterazioni dell’epitelio pigmentato retinico o della coroide, lo stato della macula, la presenza di essudati retinici, infiltrati o emorragie); L’approccio strumentale con l’angiografia sia con fluoresceina sodica che con il verde di indocianina (FAG, ICGA) e l’utilizzo della tomografia a coerenza ottica (OCT). In certi casi anche il campo visivo può essere utile non solo per il work-up, ma anche per il follow up della patologia. 1.3 ESAMI EMATOLOGICI E STRUMENTALI Gli esami ematologici e strumentali verranno richiesti in maniera mirata e molto selettiva sia per motivi economici sia perché una pletora di esami inutili può fuorviare la diagnosi differenziale. Bisogna sempre ricordare che lo scopo per cui si richiedono ulteriori esami diagnostici è quello di avvalorare o meno le prime ipotesi diagnostiche formulate. Gli esami vengono anche richiesti per valutare la fattibilità di alcune terapie sistemiche. Gli esami ematologici minimi iniziali sono: Emocromo con formula, Funzionalità epatica e renale, indici di infiammazione aspecifici, Quantiferon e TPHA. A questi vanno aggiunti esami più specifici che la storia clinica del paziente e la valutazione oculistica indicano come utili approfondimenti. Se l'ipotesi è infettiva si richiederanno gli anticorpi specifici serici e/o esami microbiologici, istologici o la Polyimerase Chain Reaction su tessuti o liquidi prelevati dall'occhio affetto. Se l'ipotesi è immunitaria si completerà l'indagine diagnostica richiedendo invece altri esami ematologici e strumentali (ANA, Ac. Anticardiolipina, ANCA, LAC, ACE, 5 Tipizzazione HLA totale, TC torace, RM orbite ed encefalo ecc. Altri esami strumentali di approfondimento e documentazione riguardano l'aspetto prettamente oculistico della patologia: * La Tomografia a Coerenza Ottica (OCT), che è un esame, non invasivo senza mezzo di contrasto, che utilizza un fascio laser per ottenere scansioni della retina. E’ in grado di definire l’estensione, la profondità e lo spessore della lesione infiammatoria con interessamento della coroide e di monitorare la risposta alla terapia. * L’angiografia del segmento posteriore è un’indagine diagnostica essenziale nelle uveiti. L’Angiografia con Fluoresceina sodica (FAG), utilizzando un colorante che emette fluorescenza alle lunghezze d’onda della luce visibile, permette l’analisi delle strutture superficiali e risulta utile per lo più per confermare alterazioni già visibili all’esame del fundus oculi. L’Angiografia al Verde di Indocianina (ICGA), poiché utilizza un colorante che emette fluorescenza alle lunghezze d’onda dell’infrarosso, consente di esplorare la coroide e fornisce informazioni addizionali a quelle ottenute dalla FAG. 6 1.4 INCIDENZA E PREVALENZA Le uveiti includono un gran numero di patologia infiammatorie, la cui frequenza dipende da fattori geografici, genetici, sociali e ambientali (1-4). L’incidenza annuale è stimata tra 17 e 52 casi per 100.000 abitanti (4-6). Nel mondo occidentale le uveiti rappresentano il 10% delle patologie oculari. Inoltre colpiscono maggiormente la fascia dei giovani adulti (20-50 anni) più produttiva dal punto di vista lavorativo, esercitando un impatto significativo sulla popolazione. Le uveiti nei bambini costituiscono solo il 5-10% dei casi. L’incidenza annuali delle uveiti nei bambini, è stata stimata di 4 casi per 100.000 abitanti e la prevalenza di 28 su 100.000 (7). Come negli adulti, l’uveite più frequente è anteriore, rappresentando il 45-55% di tutti i casi, e di questi l’Artrite Giovanile Idiopatica (JIA) risulta essere la diagnosi più comune (8-9). Tra le uveiti posteriori la retino coroidite da Toxoplasma, è la causa più frequente. Esiste una correlazione tra alcune patologie e particolari fasce di età, alcuni esempi sono rappresentati da JIA nei bambini, dall’uveite anteriore associata all’antigene HLA-B27 nei giovani adulti (<35a) e dalla retino coroidite di Birdshot negli adulti sopra i 50 anni. Anche i fattori genetici influenzano la distribuzione dei diversi tipi di uveite: gli esempi più noti sono l’associazione tra la malattia di Behçet e gli antigeni HLA-B e B51, tra l’uveite acuta anteriore e l’antigene HLA-B27, la retinocoroidite di Birdshot e l’antigene HLA-A29 (10-11). In generale la frequenza delle uveiti è simile nei due sessi, talvolta con una maggiore prevalenza del genere femminile. Esistono, però, differenze significative tra i sessi per alcune diagnosi specifiche, come la malattia di Beçhet a maggiore prevalenza maschile, o l’artrite giovanile idiopatica, l’uveite anteriore HLA-B27 positiva, l’uveite erpetica, la retino-coroidite da Toxoplasmosi e la Sarcoidosi, più diffuse tra la popolazione femminile (9-10-12-13). 7 La prevalenza delle uveiti infettive varia da paese a paese in concomitanza dei nuovi flussi migratori e di particolari condizioni socio – economiche della popolazione. In Italia le cause più frequenti sono rappresentate dalla Toxoplasmosi (28%) e nello studio più recente di Cimino(10) , dagli Herpes virus (41% delle uveiti infettive) dalla Tubercolosi (18%) e recentemente anche dalla Sifilide (3%) e Candida (3%). 1.5 UVEITE ANTERIORE L’uveite anteriore è la forma più comune di uveite in tutte le casistiche internazionali (1617) compresa l’Italia, contando il 50-60% dei casi che afferiscono ai centri di riferimento terziari. La diagnosi più frequente associata a malattie sistemiche è l’uveite HLA-B27+. Tra le cause specifiche l’uveite erpetica è la più rappresentata (9-19%). Nella casistica di Cimino et al. (10), la diagnosi più frequente tra le uveiti anteriori è l’uveite di Fuchs (45%), una patologia a basso grado di infiammazione, unilaterale e spesso recidivante. Il trend in aumento dell’incidenza di questa patologia era già stato riportato da Pivetti pezzi (15), confermando un significativo incremento rispetto ai decenni passati e rappresentando la seconda causa più comune di uveite nella loro casistica. La gravità dei sintomi presenti nell’uveite anteriore è molto variabile: si va da un’assenza di sintomatologia nelle patologie croniche, come quelle associate all’HLA-B27. I sintomi delle forme acute comprendono la fotofobia, l’occhio rosso, il dolore, la diminuzione del visus e la lacrimazione. 8 1.6 UVEITE INTERMEDIA L’uveite intermedia è la forma di uveite meno frequente in tutti gli studi epidemiologici (822%). Anche in Italia è rappresentata dal 6-12% dei casi di uveite. La maggio parte delle uveiti intermedie è idiopatica (80-100%) e nella popolazione di Reggio Emila la sclerosi multipla è tra le cause specifiche più frequenti (11%). Il termine uveite intermedia, come indicato dall’IUSG (International Uveitis Study group)(3), deve riferirsi ad un processo infiammatorio localizzato prevalentemente a livello della retina anteriore, della pars plana e del corpo ciliare e deve sostituire il precedente termine pars planite. L’occhio è generalmente bianco e quasi mai dolente. Il sintomo più grande è la visione di floaters per opacità e cellularità vitreale. L’acuità visiva è in genere buona, il calo della vista centrale è dovuto all’edema maculare cistoide (EMC), che compare nel 25-60% dei casi. Tutte le uveiti intermedie si caratterizzano per una vitreite, associata o meno a: * vasculiti retiniche periferiche, che solitamente si presenta come periflebite dei vasi intermedi o piccoli; * snowballs, condensati vitreali localizzati alla periferia del vitreo preferenzialmente sul lato inferiore; * snowbanks, che consistono in inspessimenti biancastri della pars plana dovuti a infiltrazione cellulare; * edema maculare cistoide, di solito è associato alla pars planite idiopatica, ma può essere presente nelle forme di tubercolosi e sarcoidosi con coinvolgimento della pars plana e raramente nelle uveiti intermedie associate alla sclerosi multipla. * papillite e neovasi periferici e/o neovasi papillari, specialmente nelle uveiti di lunga data e nelle pars planiti, si possono sviluppare neovasi periferici della base del vitreo e persino 9 neovascolarizzazioni peripapillari e/o preretiniche; * rotture retiniche e/o retino schisi periferica (2-11% dei casi) * distacco di retina (regmatogeno, essudativo o trazionale) nel 5% dei casi. 1.7 CAUSE PRINCIPALI DI UVEITE INTERMEDIA Le principali patologie che determinano uveite intermedia sono: * Sclerosi multipla * Sarcoidosi * Malattie infiammatorie croniche intestinali * Malattie del collagene * Malattia di Beçhet * Malattie infettive come tubercolosi, sifilide, borrelliosi (malattia di Lyme Borrelia burgdorferi), toxoplasmosi, toxocaria, (HTLV-1), Epstein-Barr virus, malattia da graffio di gatto e (Bartonella henselae, B quintana). * Linfoma intraoculare 1.8 UVEITE POSTERIORE L’uveite posteriore rappresenta la seconda forma più comune di uveite, rappresentando nel mondo il 15-30% di tutti i casi (2). La diagnosi più comune è la retino coroidite da Toxoplasma, come riportato nella maggior parte degli studi epidemiologici, la cui frequenza dipende soprattutto da fattori sociali e alimentari. 10 Rappresenta il 29% dei casi, seguita dalle coroiditi multifocali (13%) e dalla malattia di Beçhet (9%). In seguito alla diffusione del virus HIV, anche le retinopatie da CMV sono diventate più frequenti, rappresentando il 30-70% dei casi tra i sieropositivi. Anche la retinocoroidite di Birdshot, rappresenta una causa di uveite posteriore soprattutto nei paesi occidentali. Questa patologia ha una forte associazione con l’antigene HLA-A29. Tutte le infiammazioni del segmento posteriore, che coinvolgono retina e coroide, rientrano nella definizione di uveite posteriore, sia che si tratti di un processo infiammatorio, infettivo, tumorale, isolato o associato a malattia sistemica. Come per le altre forme di uveite, è consigliabile un approccio sistematico che parte da una breve anamnesi, focalizzata sui sintomi del paziente al momento del suo arrivo in ambulatorio e dall’esame clinico. 1.9 APPROCCIO DIAGNOSTICO Anche in questo caso è importante eseguire gli esami del caso per escludere una condizione infiammatoria sistemica o solo localizzata all’occhio, oppure una patologia infettiva. Le uveiti posteriori vanno classificate in base alle caratteristiche cliniche basandosi sulla presenza o meno di vitreite, sul coinvolgimento vascolare che può essere prevalentemente venoso o arterioso e sulla presenza di lesioni prettamente retiniche, coroideali, o entrambe. Bisogna fare attenzione alla diagnosi differenziale con il linfoma oculocerebrale, in questo caso la vitreite è molto densa, con aspetto fangoso, e le cellule sono disposte a strati; si hanno inoltre infiltrati sottoretinici diffusi. Alcune caratteristiche cliniche possono essere d’aiuto per la diagnosi come: 11 * Predominante coinvolgimento superficiale: retinocoroidite da Toxoplasmosi, malattia di Beçhet, retinite erpetica necrotizzante, retinite da CMV, Sarcoidosi, retinite tubercolare, corioretinite di Birdshot. *Predominante coinvolgimento retinico e corio capillare: retino coroidite da Toxoplasmosi, Progressive Retinal Necrosis, APMPPE (acute posterior multifocal placoid pigmented epitheliopathy), MEWDS (Multiple Evanescent White Dot Syndrom). Anche in questo caso è importante escludere il linfoma oculocerebrale. * Predominante coinvolgimento coroideale profondo: Sarcoidosi, Tubercolosi, Sifilide Sifilide, corioretinite tipo Birdshot, VKH (malattia di Vogt-Koyanagi-Harada). 1.10 PANUVEITE Le Panuveiti risultano più frequenti in sudamerica, Asia e Africa rispetto all’Europa. In ambito italiano rappresentano il 13-20% dei casi. Le diagnosi specifiche più diffuse sono la malattia di Beçhet, la sindrome di VogtKoyanagi-Harada (VKH) e la Sarcoidosi. Negli ultimi anni la presunta tubercolosi si è affermata tra le panuveiti, in quanto è aumentata l’incidenza delle forme extrapolmonari di questa patologia (18). Per un corretto inquadramento clinico del paziente con panuveite, occorre puntualizzare: * storia clinica (una buona anamnesi è fondamentale), * segni e sintomi oculari ed extraoculari, * infettiva e non infettiva, * lateralità, 12 * caratteristiche cliniche dell’infiammazione sia nel segmento anteriore che nel segmento posteriore, *collaborazione interdisciplinare, quando necessario, per poter inquadrare e gestire terapeuticamente la patologia correlata alla panuveite. 13 Capitolo 2 2.1 UVEITI NON INFETTIVE Alle uveiti infettive, che quindi riconoscono una ben documentata causa di franca matrice microbiologica, vi sono le uveiti auto-immuni, che sono invece delle patologie che ancora oggi presentano una patogenesi non ancora ben codificata. In questa grande famiglia si distinguono poi due sottogruppi: il primo presenta un esclusivo interessamento oculare, il secondo gruppo è invece caratterizzato da uveiti in corso di malattie sistemiche auto-immuni (14). Ma quali possono essere i sintomi che contraddistinguono un’uveite? In primis vi è un calo del visus che potrà essere più o meno marcato, rapido od estremamente lento nel tempo; la fotofobia, caratterizzata dall’impossibilità di poter sostenere illuminazioni anche modeste, con dolore associato allo stimolo luminoso, tipica di un coinvolgimento del segmento anteriore; altra caratteristica spesso associata alle uveiti è la comparsa di miodesopsie, corpi mobili opachi che spesso hanno un esordio rapido e sottendono un coinvolgimento vitreale. Nella gestione del paziente internistico, le uveiti autoimmuni rivestono un ruolo di primaria importanza e costituiscono un avversario temibile che deve essere affrontato con serenità, ma con tutta la consapevolezza della sua severità: appare ragionevole avere un approccio a tali patologie di tipo multidirezionale, comprendendo il coinvolgimento dell’oftalmologo sin dalle prime battute nelle indagini di base. 14 2.2 UVEITI AUTO-IMMUNI IN CORSO DI MALATTIA SISTEMICA * Uveite associata a Spondiloartropatia Siero Negativa * Uveite associata a positività HLAB27+ * Uveite associata a Artrite cronica giovanile * Uveite associate a Sclerosi Multipla * Uveite associate a connettivite * Uveite associate a vasculite sistemica * Sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada 2.3 UVEITI AUTO-IMMUNI CON ESCLUSIVA MANIFESTAZIONE OCULARE * Coroidopatia tipo “Birdshot” * Ciclite eterocromica di Fuch’s * Multiple evanescent white dot syndrome (MEWDS) * Coroidite multifocale * Epitelite acuta * Sindrome da presunta Hystoplasmosi oculare * Coroidite Serpiginosa * Oftalmia Simpatica * Uveite idiomatica 15 2.4 UVEITI DI MATRICE AUTOIMMUNE Ogni malattia infiammatoria sistemica che presenta un coinvolgimento oculare, come le patologie reumatologiche o le connettiviti, ha la tendenza a colpire specifiche zone dell’uvea, con caratteristiche spesso riproducibili nei pazienti afferenti alla medesima categoria. Esempi paradigmatici sono le uveiti anteriori associate ad artrite cronica giovanile (ACG), associate a positività HLA-B27 ed alle spondiloartropatie sieronegative. Nel primo caso, i soggetti che in giovane età sviluppano ACG, soprattutto con il coinvolgimento di poche articolazioni e con anticorpi ANA positivi, hanno altissimo rischio di sviluppare un’iridociclite indolente, spesso con indici clinici di flogosi estremamente modesti, che in maniera silente deteriora le strutture oculari anteriori alterando la normale fisiologia della visione, basata sull’armonia delle varie componenti anatomiche dell’occhio. La giovane età dei soggetti, il lento incedere del danno e l’assenza di sintomi particolarmente violenti rendono la prognosi dell’uveite associata ad artrite cronica giovanile estremamente infausta se non curata adeguatamente. In caso di spondiloartropatia siero-negativa e di uveite HLA-B27 positiva correlata, abbiamo un quadro estremamente simile per paucisintomaticità e per pericolosità: diverse possono essere le caratteristiche cliniche, ma l’azione dell’uveite a carico del segmento anteriore porta alle stesse devastanti conseguenze dell’Artrite Cronica Giovanile (14). Le connettiviti, tra le quali il Lupus Eritematosus Sistemicus costituisce il principali rappresentante, le vasculiti sistemiche, quali la Malattia di Behçet, l’Arterite Takayasu, la Malattia di Churg-Strauss, la Granulomatosi di Wegener, sono un importante capitolo delle patologie auto-immuni complesse nella loro estrinsecazione clinica sistemica ed eclettiche nel caso di coinvolgimento oculare: l’uveite in corso di 16 connettivite può interessare esclusivamente il segmento anteriore, può colpire vasi retinici di piccolo calibro posizionati alla periferia della retina stessa, o coinvolgere massicciamente le strutture più centrali del polo posteriore dell’occhio. Come si può desumere da cui sopra, non vi è una precisa tipologia di manifestazione della flogosi oculare in corso di connettivite, e questo obbliga lo specialista a prestare particolare attenzione all’eventuale sintomatologia lamentata dal paziente, cercando poi, durante la biomicroscopia, lesioni di tipo sub-clinico non ben individuabili con un esame di screening. Nella sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada, malattia auto-immune dove gli autoanticorpi sono diretti contro distretti provvisti di melanociti, abbiamo un quadro estremamente suggestivo e peculiare, dove si verificano distacchi multipli dell’epitelio pigmentato, spesso accompagnati da neurite ottica retro-bulbare. Una citazione a parte merita la l’uveite in corso di Sclerosi Multipla, malattia demielinizzante che nella gran parte dei casi si estrinseca con una neurite ottica retrobulbare ma che nel 41% dei casi può estrinsecarsi con una periflebite retinica che spesso risulta sub-clinica, cioè non lamentabile da parte del paziente con sintomi significativi; risulta quindi raccomandabile prestare attenzione allo studio della periferia della retina, soprattutto dei soggetti giovani, richiedendo per sicurezza uno studio radiologico con RMN che può evidenziare lesioni a livello del nevrasse che sarebbero dirimenti per una eventuale diagnosi e, quindi, per un a efficace terapia. Risulta peraltro importante notare come in realtà non sempre il quadro uveale sia necessariamente accompagnato dal quadro sistemico, e come talvolta l’esordio della malattia oculare sia il prodromo della patologia sistemica. 17 2.5 ALTRE FORME INFIAMMATORIE OCULARI Tra le forme non infettive ricordiamo: a) le episcleriti b) le scleriti c) le miositi d) le panoftalmiti 2.5 a) L’episclerite è un’infiammazione che colpisce i tessuti episclerali localizzati tra la congiuntiva e la sclera. E’ un condizione comune anche se probabilmente sottostimata dalla letteratura dato lo scarso ricorso alle cure ospedaliere per questo tipo di patologia. L’episclerite è solitamente una malattia benigna, ricorrente ed autolimitante, bilaterale in un terzo dei casi (19). Colpisce più frequentemente giovani adulti con un picco di incidenza nella quarta decade, mentre è estremamente rara nei bambini. Interessa indifferentemente entrambi i sessi e non vi sono predilezioni né razziali né sessuali. L’aspetto fisiopatologico è ancora oggi poco conosciuto. La risposta infiammatoria è localizzata a livello della rete vascolare episclerale e i reperti istopatologici mostrano un’infiammazione non granulomatosa con dilatazioni vascolari ed infiltrazioni perivascolari. La sintomatologia dell’episclerite è solitamente poco significativa e la maggior parte dei pazienti lamenta un modesto fastidio oculare con sensazione di corpo estraneo e bruciore; sono comuni la fotofobia e l’iperlacrimazione. Diversamente dalla sclerite, la dolorabilità alla digitopressione è assente così come è estremamente raro un franco dolore spontaneo. I segni clinici cardinali dell’episclerite sono l’iperemia della congiuntiva bulbare, variabile dal rosa tenue al rosso intenso, e l’edema dei tessuti episclerali. Un esame con lampada a 18 fessura a fascio di luce sottile mostra che, in caso di episclerite, la superficie sclerale anteriore non è sollevata, il che indica che la sclera non è edematosa. Il test più significativo per la diagnosi differenziale con la sclerite è l’instillazione topica di fenilefrina che provoca lo sbiancamento della congiuntiva e dei vasi tenoniani, lasciando invece invariata l’eventuale congestione dei vasi episclerali profondi in caso di sclerite. Due sono le manifestazioni cliniche dell’episclerite: la forma semplice e la forma nodulare. Il tipo più comune è l’episclerite semplice caratterizzata da un arrossamento a settore o, meno frequentemente, diffuso. Di solito gli episodi di episclerite sono intermittenti e si ripetono con intervalli di circa 1-3 mesi. La frequenza delle recidive tende a diminuire dopo i primi 3-4 anni. Gli episodi solitamente si risolvono spontaneamente dopo 2-3 settimane, lasciando la sclera intatta. Nel caso di associazione con patologie sistemiche, il periodo di flogosi attiva tende a prolungarsi. I fattori scatenanti sono difficilmente identificabili anche se probabilmente gli attacchi sono riconducibili a stress e a cambiamenti ormonali. Nel caso di episclerite nodulare l’infiammazione è confinata in un’area ben circoscritta, rosa-rossa, rilevata, a forma di nodulo mobile, con scarsa congestione vascolare circostante. La risoluzione dell’episclerite nodulare è solitamente più lenta rispetto alla forma semplice. Le complicanze oculari direttamente attribuibili ad episclerite sono piuttosto rare. Occasionalmente si può assistere alla formazione di dellen e di infiltrati corneali periferici superficiali solitamente in un’area adiacente all’edema episclerale. Nel 10% dei casi l’episclerite può associarsi ad uveite anteriore. La cataratta ed il glaucoma sono complicanze possibili, non come conseguenza diretta della malattia, ma dell’utilizzo eccessivo e spesso ingiustificato di steroidi topici. 19 Nella maggior parte dei casi l’episclerite è idiopatica, solo nel 30% dei pazienti si associa una patologia sistemica. Di questi ultimi, circa l’11% è affetto da iperuricemia. La prognosi è sempre favorevole, in quanto l’episclerite è una malattia autolimitante che raramente determina complicanze oculari tali da alterare l’integrità anatomo-funzionale dell’occhio. Nella maggior parte dei casi non è richiesto alcun trattamento. Nel caso in cui l’episclerite sia riconducibile a cause specifiche, è importante la prevenzione con il trattamento della malattia di base (ad esempio, nella gotta, controllo dell’acido urico). La terapia topica oculare in caso di episclerite semplice non è necessaria ma possono essere utili lacrime artificiali in caso di discomfort del paziente. Se gli episodi di episclerite sono severi e ricorrenti è possibile impiegare corticosteroidi topici, preferendo quelli a scarso assorbimento, anche se il loro utilizzo può aumentare il rischio di ricorrenza della malattia stessa. Nei casi non responsivi alla terapia, si può ricorrere all’impiego di antiinfiammatori sistemici non steroidei (FANS). 2.5 b) La sclerite è una malattia infiammatoria cronica grave, più rara dell’episclerite, caratterizzata da infiammazione ed edema dei tessuti sclerali ed episclerali con iniezione del plesso episclerale superficiale e profondo (19). La sclerite è comunemente associata a malattie sistemiche autoimmunitarie (artrite reumatoide, LES), e di queste può essere la prima se non l’unica presentazione. Ne consegue che una rapida e corretta diagnosi ed una appropriata terapia sistemica possono arrestare la progressione sia della malattia di base sia della malattia oculare, prevenendo così la distruzione del globo oculare e prolungando la sopravvivenza del paziente. La sclerite può essere classificata in anteriore e posteriore. 20 La sclerite anteriore a sua volta può presentarsi come diffusa, nodulare e necrotizzante con infiammazione e senza infiammazione (scleromalacia perforante). Le più comuni forme cliniche sono le scleriti diffuse e nodulari. La forma necrotizzante, con o senza infiammazione, è la meno frequente ed è la più grave e la più frequentemente associata a complicanze oculari e a malattie sistemiche. La sclerite posteriore è caratterizzata dall’ispessimento degli strati posteriori del bulbo (coroide e sclera) e da edema retrobulbare. L’esatta incidenza di sclerite non è nota, ma è stato approssimativamente stimato che varia dallo 0.08% al 2.6 % (20). La sclerite è più comune tra la quarta e la sesta decade di vita con un picco di incidenza nella quinta decade. Il sesso più colpito è quello femminile (1,6:1). Le basi eziopatogenetiche della sclerite risiedono in una disregolazione autoimmunitaria in un soggetto geneticamente predisposto. I fattori scatenanti, non sempre identificabili, sono molteplici e includono agenti infettivi, sostanze endogene o eventi traumatici. Il processo infiammatorio che ne consegue è strettamente correlato con un danno vascolare immunomediato (ipersensibilità di tipo III) a cui fa seguito una risposta cronica granulomatosa (ipersensibilità di tipo IV). La natura autoimmunitaria delle scleriti è confermata dalla frequente associazione con malattie autoimmunitarie e dalla risposta positiva alla terapia immunosoppressiva. I sintomi che accompagnano le scleriti includono dolore, lacrimazione, fotofobia e riduzione dell’acuità visiva. Il dolore è il sintomo più comune ed il miglior indice di infiammazione attiva ed è il risultato della stimolazione e dello stiramento delle terminazioni nervose da parte del processo flogistico. Il dolore nella sclerite è tipicamente severo, penetrante, irradiato (alla fronte, al sopracciglio e alla mascella), risveglia il paziente durante la notte, è esacerbato dalla tosse e dalla digitopressione e di solito è solo temporaneamente controllabile dai comuni analgesici. La riduzione dell’acuità visiva può 21 essere causata dall’estensione della sclerite alle strutture adiacenti con conseguente cheratite, uveite, glaucoma, cataratta e anomalie del fundus oculare. Il principale segno di sclerite anteriore è l’edema sclerale associato all’intensa dilatazione del plesso vascolare episclerale profondo, responsabile dell’iperemia che può variare dal rosa al violaceo. L’iperemia può essere localizzata in un settore, più frequentemente nell’area interpalpebrale o coinvolgere l’intera superficie sclerale. L’attenta valutazione del livello di infiammazione episclerale e sclerale è essenziale nella diagnosi differenziale tra sclerite ed episclerite. Talvolta l’unico modo per distinguere un’entità è l’osservazione alla luce naturale, in quanto questa non distorce il colorito naturale della sclera e permette efficacemente di differenziare una congestione di colore rosa-rosso da un’iperemia intensamente violacea. L’esame con la lampada a fessura aiuta a localizzare con maggior precisione il massimo livello di congestione vascolare, permette di identificare la presenza di noduli e l’edema sclerale. Le complicanze oculari nella sclerite, diversamente dall’episclerite, sono molto comuni, interessando circa il 50% dei pazienti con sclerite anteriore, l’85.7% dei pazienti con sclerite posteriore e il 91.7% dei pazienti con sclerite necrotizzante (21). Le complicanze corneali localizzate alla cornea periferica sono le più comuni nei pazienti con sclerite diffusa necrotizzante e possono presentarsi con assottigliamento corneale periferico, cheratiti stromali acute o cheratiti periferiche ulcerative. Le uveiti possono complicare sia le scleriti anteriori che le posteriori e la loro comparsa è considerato un grave segno prognostico. Anche il glaucoma, soprattutto se associato ad uveite, è un segno sfavorevole e risulta dalla concomitanza dell’edema sclerale con l’infiammazione uveale (22-23). La cataratta è una complicanza determinata dalla presenza di uveite anteriore cronica e da un trattamento con steroidi a lungo termine. Pazienti affetti da sclerite anteriore e/o posteriore 22 possono sviluppare ipotonia secondaria ad ipoproduzione di umore acqueo da parte del corpo ciliare. Le scleriti si presentano in forma isolata nel 43% dei casi ma, più frequentemente, si associano ad una patologia sistemica (57% dei casi) (19). La frequenza e la severità della patologia sistemica associata è strettamente legata al sottotipo di sclerite, interessando il 13-62% dei pazienti con sclerite diffusa anteriore, il 28-45% di quelli con sclerite anteriore nodulare, più del 95% in caso di sclerite necrotizzante e il 19-45% dei pazienti con sclerite posteriore. L’artrite reumatoide è la più comune malattia sistemica che si associa alla sclerite, seguita dalla granulomatosi di Wegener, il LES e la malattia infiammatoria cronica intestinale. La prognosi oculare di sclerite, in caso di associazione con malattie sistemiche, dipende strettamente dalla specifica malattia di base: La sclerite non associata a malattie sistemiche è solitamente più benigna, con una durata solitamente più breve e maggiormente responsiva alla semplice terapia steroidea topica. La sclerite associata a spondiloartropatie o a LES è normalmente benigna e autolimitata, soprattutto se si tratta di sclerite diffusa o nodulare senza complicanze oculari. La sclerite nell’artrite reumatoide è una malattia di severità intermedia, può essere diffusa, nodulare o necrotizzante con o senza complicanze oculari. La sclerite associata alla granulomatosi di Wegener può portare a danni visivi permanenti, si tratta normalmente di una sclerite necrotizzante con complicanze oculari. 2.5 c) La miosite orbitaria è un’infiammazione aspecifica acuta di uno o più muscoli extraoculari, e può dunque essere considerata una forma di pseudotumor orbitario. Tipica dell’età giovanile, esordisce generalmente con dolore oculare accentuato dai movimenti oculari e visione doppia. Segni tipici sono edema palpebrale e periorbitario, ptosi, chemosi 23 congiuntivale, e lieve esoftalmo. Come per lo pseudotumor orbitario, la terapia prevede l’uso di antinfiammatori steroidei e, nei casi più gravi, di farmaci immunosoppressori. 2.5 d) Per panoftalmite si intende una flogosi che interessa simultaneamente l’uvea anteriore e posteriore. Le forme acute sono rappresentate dalle endoftalmiti, secondarie a diffusione metastatica di infezioni batteriche, micotiche e virali. Si possono però osservare anche delle endoftalmiti acute sterili, espressione di reazioni di ipersensibilità a materiali endogeni o esogeni. Le panuveiti croniche sono invece costituite dalle irido-ciclo-coroiditi o uveiti diffuse propriamente dette. Si osservano quale evoluzione di uveiti anteriori o posteriori gravi protratte o in corso di malattie generali, batteriche e parassitarie. Insorge nei soggetti con deficit immunitari, nei tossicodipendenti e nei soggetti con affezioni oculari di differente eziologia, trattati in modo improprio con terapia corticosteroidea locale. L'infezione è quasi sempre bilaterale e si manifesta con diminuzione del visus ed iridociclite. 24 Capitolo 3 3.1 TRATTAMENTO DELLE UVEITI NON INFETTIVE In tutti i tipi di uveite, la strategia terapeutica nasce da un corretto inquadramento diagnostico della flogosi endoculare, dalla conoscenza della storia naturale e delle caratteristiche evolutive delle singole entità cliniche ed, infine dalla valutazione del rapporto rischio-beneficio conseguente al trattamento prescritto. Benchè non esistano schemi terapeutici prefissati, ma ogni paziente richieda una particolare condotta terapeutica fondata sulla conoscenza, osservazione e registrazione del decorso della sua uveite in tutte le sue fasi, qualsiasi programma terapeutico nel trattamento delle uveiti deve basarsi sulle seguenti valutazioni ed osservazioni: 1) certezza della diagnosi anatomo-clinica dell’uveite; 2) determinazione del grado di attività e del decorso dell’uveite; 3) valutazione del rischio di sviluppo di complicanze, della loro eventuale presenza e reversibilità; 4) mono o bilateralità dell’uveite; 5) valutazione dello stato generale, dell’affidabilità e della “compliance” del paziente; 6) possibilità di valutare nel tempo gli effetti della terapia prescritta: Scopo primario di ogni trattamento, oltre alla risoluzione della sintomatologia dolorosa e alla soppressione della reazione infiammatoria, è il miglioramento della funzione visiva unitamente alla prevenzione di ulteriori deficit funzionali (25-48). 25 3.2 TRATTAMENTO LOCALE a) Corticosteroidi b) Corticosteroidi perioculari c) Iniezione intravitreale di triamcinolone acetonide (IVTA) d) Impianto intraoculare a rilascio di fluocinolone e) Impianto intraoculare a rilascio di desametasone 3.2 a) Corticosteroidi I corticosteroidi rappresentano ancora il gold standard per il trattamento di pazienti con uveite intermedia. Benché gli steroidi topici possono essere in parte efficaci in occhi afachici con moderati gradi di infiammazione della pars plana e del vitreo, in genere si rendono necessari i corticosteroidi peribulbari e sistemici. 3.2 b) Corticosteroidi perioculari Le iniezioni perioculari sono una valida alternativa nel trattamento delle uveiti intermedie, poiché presentano il vantaggio di veicolare un'elevata dose di steroidi a livello del segmento posteriore dell'occhio tramite assorbimento trans-sclerale, minimizzando in tal modo il rischio di effetti collaterali da assunzione di corticosteroidi sistemici. Complicanze da iniezione sotto-tenoniana di steroidi, quali il rialzo della pressione intraoculare, sono state riportate nel 30-36% dei pazienti (25-48). 26 3.2 c) Iniezioni intravitreali di triamcinolone acetonide (IVTA) Il triamcinolone acetonide (TA) è un corticosteroide disponibile in commercio, poco costoso e generalmente utilizzato per il trattamento dell'edema maculare cistoide uveitico in maniera off-label. In seguito all' iniezione intravitreale di TA, il farmaco viene rapidamente concentrato nella cavità vitreale con massima biodisponibilità. Inoltre, il TA è solo in parte idrosolubile e permane, quindi, nel vitreo più a lungo degli altri corticosteroidi idrosolubili, assicurando livelli terapeutici nel vitreo fino a 3 mesi, a differenza del desametasone sodio fosfato che viene eliminato dal vitreo dopo circa 3 giorni. In casi di riduzione dell'acuità visiva in pazienti con edema maculare cistoide (EMC) uvetico refrattario a trattamento topico e/o sistemico, le IVTA possono essere prese in considerazione. Ad ogni modo, la durata dell'effetto è limitata e la prognosi visiva finale non è facilmente prevedibile. Inoltre, è importante sottolineare che benché molti studi suggeriscono gli effetti positivi delle IVTA sull'acuità visiva e sull'edema maculare, questo trattamento rimane comunque un utilizzo off-label del farmaco e mancano studi randomizzati per confermare l'efficacia di questo farmaco nei pazienti con uveite (25-48). 3.2 d) Impianto intraoculare a rilascio di fluocinolone L'impianto intravitreale di fluocinolone acetonide (FA) è stato il primo device impiantabile approvato dalla FDA per il trattamento di uveite posteriore severa, non infettiva. Questo device viene posizionato mediante intervento chirurgico nella camera vitrea, a livello della pars plana. L'impianto, che contiene 0,59 mg di fluocinolone acetonide, rilascia progressivamente corticosteroide per una durata di 30 mesi. Se l'infiammazione dovesse ripresentarsi al termine dei 30 mesi, un secondo impianto di FA può essere posizionato a 27 livello della pars plana, adiacente all'impianto originario. Questo posizionamento in tandem evita la necessità di rimuovere il primo impianto, operazione che determinerebbe un aumentato rischio di complicanze vitreo-retiniche. Differenti studi hanno riportato l'efficacia di tali impianti nel trattamento di pazienti con uveiti posteriori non-infettive. In presenza dell'impianto, è stato riportato un rischio di recidive infiammatorie significativamente ridotto. Il rischio di recidive di uveite si riduce infatti dal 62% prima dell'impianto al 4% dopo l'impianto. L'impianto di FA ha, tuttavia, mostrato una marcata induzione di insorgenze di cataratta; studi clinici a lungo termine hanno mostrato che nell'arco di 3 anni dell'impianto, per il 100% dei pazienti si è reso necessario il trattamento chirurgico della cataratta. L'aumento della pressione intraoculare è una delle maggiori complicanze correlate all'impianto di FA: il 51,1% e il 78% dei pazienti ha richiesto trattamento antiglaucomatoso topico rispettivamente a 34 settimane e a 3 anni di follow-up. Inoltre, circa il 40% dei pazienti sottoposti ad impianto ha richiesto trattamento chirurgico del glaucoma nell'arco di 3 anni dall'impianto, a causa di un rialzo non controllato della pressione intraoculare (25-48). 3.2 e) Impianto intraoculare a rilascio di desametasone. Un recente sviluppo nell'ambito degli impianti intraoculari è rappresentato da device impiantabili riassorbibili che rilasciano corticosteroidi. Questi nuovi impianti assicurano un rilascio prolungato, a lungo termine, di corticosteroidi nell' occhio, consentendo il raggiungimento di concentrazioni terapeutiche efficaci nel tempo. Il desametasone è cinque volte più potente del triamcinolone acetonide, che viene comunemente utilizzato per le iniezioni perioculari e intravitreali. In aggiunta a ciò, data la sua maggiore idrofilia, 28 consente il raggiungimento di maggiori concentrazioni vitreali rispetto al triamcinolone acetonide. Il desametasone è stato utilizzato per le iniezioni intravitreali, ma è stata dimostrata una sua brevità di azione nel vitreo rispetto al triamcinolone ed al fluocinolone acetonide, con un emivita di 3-6 ore. Queste limitazioni dovute alla farmacocinetica del farmaco sono state risolte con lo sviluppo di un sistema drug delivery biodegradabile di desametasone, il quale viene caricato con 0.7 mg di farmaco e può essere iniettato nell' occhio tramite un ago da 22gauge attraverso la pars plana, analogamente alle altre iniezioni intravitreali. Sono stati condotti studi clinici per valutare la sicurezza e l'efficacia dell'impianto di desametasone in pazienti con edema maculare persistente e secondario a retinopatia diabetica, occlusione venosa retinica, complicanze post-operatorie ( sindrome di Irvine-Gass). Recentemente studi clinici si sono focalizzati sull' utilizzo e sulla sicurezza dell'impianto in monoterapia e nel trattamento delle uveiti intermedie e posteriori non infettive. Loder et al. Hanno valutato l'efficacia di due differenti dosi di desametasone intraviterale in pazienti con uveiti intermedia e posteriore non infettiva. In totale, 229 pazienti sono stati randomizzati con un rapporto 1:1:1 per ricevere un trattamento placebo o un impianto di desametasone (0,35 mg o 0,7 mg) e sono stati osservati per 26 settimane. In tale studio, l'81% dei pazienti era affetto da uveite intermedia. L' impianto di desametasone è risultato efficace nella riduzione dell'opacità vitreale e nel miglioramento dell'acuità visiva negli occhi trattati rispetto al gruppo placebo nell' arco delle 26 settimane di studio. Tale impianto era inoltre ben tollerato e presentava un buon profilo di sicurezza. Meno del 10% degli occhi trattati hanno presentato una pressione intraoculare di 25 mmhg o maggiore. Nel corso dello studio, il 23% degli occhi con impianti desametasone a 0,7 mg ha richiesto farmaci per la riduzione della pressione intraoculare, mentre in nessun caso si è reso necessario il trattamento chirurgico o laser. L'insorgenza di cataratta è stata riportata tra gli eventi 29 avversi nel 15% degli occhi nel gruppo di somministrazione di 0,7 mg di desametasone, nel 12% degli occhi in quello di 0,35 mg di desametasone e nel 7% dei casi del gruppo placebo. Queste differenze non si sono però dimostrate statisticamente significative. Non sono stati riportati effetti collaterali sistemici nei gruppi in cui è stato impiantato desametsone intravitreale. Dalla letteratura si evince che l'impianto di desametasone si è dimonstrato efficace come terapia aggiuntiva in pazienti con uveiti non infettive croniche che presentavano recidive dell'infiammazione intraoculare (edema maculare, vasculiti retiniche, coroiditi) nonostante la terapia sistemica immunosoppressiva di 0,35 mg di desametasone e nel 7% dei casi del gruppo placebo. Queste differenze non si sono però dimostrate statisticamente significative. Non sono stati riportati effetti collaterali sistemici nei gruppi in cui è stato impiantato desametsone intravitreale. Dalla letteratura si evince che l'impianto di desametasone si è dimostrato efficace come terapia aggiuntiva in pazienti con uveiti non infettive croniche che presentavano recidive dell'infiammazione intraoculare (edema maculare, vasculiti retiniche, coroiditi) nonostante la terapia sistemica immunosoppressiva (25-48). 30 3.3 TRATTAMENTO SISTEMICO a) Corticosteroidi sistemici b) Ciclosporina c) Metotrexato d) Azatioprina e) Micofenolato mofetile f) Agenti alchilanti g) Inibitori del TNF-ALPHA h) Interferone 3.3 a) Corticosteroidi sistemici. Il prednisone per via sistemica viene iniziato ad una dose di 1mg/kg al giorno, scalando gradualmente la terapia dopo circa due settimane dall' inizio del trattamento; successivamente la gestione della terapia viene guidata dalla risposta clinica (miglioramento dell'acuità visiva, riduzione dell'infiammazione attiva). Il trattamento con corticosteroidi raramente si protrae oltre 3 mesi, in caso di infiammazione persistente, si dovrebbe prendere in considerazione l'uso di agenti risparmiatori di steroidi. Quando è presente edema maculare, si possono utilizzare iniezioni di corticosteroidi o la somministrazione di acetazolamide. Negli Stati Uniti è stato recentemente condotto uno studio multicentrico per la valutazione dell'efficacia e degli effetti collaterali degli 31 immunosoppressori nelle malattie infiammatorie oculari, il SITE study (Systemic Immunosoppressive Treatment for Eye Diseases). 3.3 b) Ciclosporina. Questo un potente agente immunosoppressore che inibisce selettivamente l'attivazione delle cellule T. gli effetti collaterali più comunemente associati con l'uso di ciclosporina sono la nefrotossicità e l'ipertensione arteriosa. La tossicità renale si verifica più frequentemente a dosaggi superiori a 5 mg/kg al giorno e con l'avanzare dell'età. Dosaggi quotidiani di ciclosporina tra 2,5 e 5 mg/kg da sola o in combinazione con corticosteroidi sembrano ridurre il rischio di nefrotossicità. Il dosaggio ottimale di ciclosporina per le uveiti intermedie è di 2,5-5 mg/kg/die. Sulla base dell'attuale evidenza derivata dal più ampio studio retrospettivo (SITE), la ciclosporina risulta efficace nel controllo delle uveiti intermedie nel 39,3 dei pazienti a 6 mesi e nel 51,8% dei pazienti a 12 mesi. Solo nel 9,2% dei pazienti dopo 12 mesi di trattamento con ciclosporina l'infiammazione viene controllata in assenza di corticosteroidi sistemici. La ciclosporina è un agente sicuro ed efficace anche nei bambini con uveite intermedia bilaterale severa; un attento monitoraggio e una collaborazione con il reumatologo pediatra sono raccomandati al fine di ridurre il rischio di potenziali effetti collaterali sistemici (25-48). 3.3 c) Metotrexato. Questo è un farmaco antimetabolita ed è stato l'agente immunosoppressore più comunemente utilizzato nei pazienti con infiammazione intraoculare per diversi decenni. Il suo principale meccanismo d' azione consiste nella riduzione della proliferazione cellulare, 32 nell' aumento del rate di apoptosi delle cellule T, nell'aumento della concentrazione endogena di adenosina e nell' alterazione della produzione di cictochine e della risposta umorale. Il dosaggio ottimale di metotrexato per le uveiti intermedie è di 7,5-20 mg/ settimana. Sulla base dell'attuale evidenza derivata dal più ampio studio retrospettivo (SITE), il metotrexato viene ben tollerato in pazienti con uveite intermedia ed eventuali eventi avversi a lungo termine sono generalmente reversibili e sembrano essere rari quando il monitoraggio è appropriato. Nello studio SITE, il controllo dell'infiammazione intraoculare per le uveiti intermedie si è avuto nel 47,4% dei casi a 6 mesi e nel 74,9% a 12 mesi; non è stata però evidenziata alcuna differenza nella percentuale di successo con dosaggi alternativi di metotrexato, oppure con l'uso di una terapia orale rispetto alla via sottocutanea. Uno studio comparativo tra metotrexato, azatioprina e micofenolato mofetile ha dimostrato che quest' ultimo permetteva il raggiungimento del successo terapeutico più frequentemente e rapidamente rispetto agli altri due antimetaboliti. Un successo terapeutico pari al 90% viene raggiunto con un dosaggio tra 12,5 e 20 mg/settimana, suggerendo quindi che dosaggi inferiori a 15 mg/settimana sono meno efficaci (25-48). 3.3 d) Azatioprina. Questo è un analogo nucleosidico purinico che agisce come antimetabolita, interferendo con la sintesi del DNA e RNA. Analogamente al metotrexato, è stato ampiamente utilizzato in varie patologie infiammatorie oculari, come le uveiti anteriori croniche, la vasculite retinica, la malattia di Bechet e l'oftalmia simpatica, sia in monoterapia che in combinazione con altri agenti immunosoppressivi. Il dosaggio ottimale di azatioprina per uveite intermedia è di1-3 mg/kg/die. Sulla base dell'attuale evidenza derivata dallo studio SITE, il controllo dell'infiammazione è pari al 69% a 6 mesi e all' 89% a 12 mesi. I 33 pazienti con uveite intermedia raggiungevano più frequentemente sia il controllo dell'infiammazione che l'efficacia nello scalare la terapia steroidea, rispetto ai pazienti che presentavano differenti siti di infiammazione oculare. I risultati dello studio SITE indicano che l'azatioprina potrebbe essere particolarmente efficace nei pazienti con uveite intermedia. L' utilizzo di dosaggi più elevati di azatioprina (125mg o più al giorno) non sembra influenzare la probabilità di raggiungere il successo terapeutico (25-48). 3.3 e) Micofenolato mofetile. Questo è un antimetabolita che inibisce selettivamente l'enzima di biosintesi delle purine chiamato inosina monofosfato deidrogenasi. In tal modo, il farmaco causa la deplezione dei nucleotidi guanosinici essenziali per la sintesi purinica nella proliferazione dei linfociti B e T. differenti studi retrospettivi hanno valutato l'efficacia dl micofenolato mofetile nelle patologie infiammatorie oculari, suggerendo che esso sia un valido agente risparmiatore di steroide e che la sua efficacia sia più rapida rispetto a quella del metotrexato e dell'azatioprina. Il dosaggio ottimale di tale farmaco per le uveiti intermedie è di 1 g due volte al giorno. Sulla base dell'attuale evidenza derivata dallo studio SITE, il controllo dell'infiammazione è stato raggiunto nel 65% dei pazienti a 6 mesi e nel 76,7% dei pazienti a 12 mesi. Il gruppo di età compreso tra 18 e 39 anni tende a rispondere meno bene rispetto ad altri gruppi di età. Il pregresso utilizzo di farmaci immunosopressori, in particolare di agenti alchilanti, è associato con una minore probabilità di successo terapeutico. Nei bambini con uveite intermedia, il micofenolato mofetile è efficace nel 70% dei casi e nel 30% dei casi ha effetto come risparmiatore di steroide. Uno studio comparativo ha mostrato che il micofenolato mofetile è superiore al metotrexato riguardo alla rapidità di 34 raggiungimento del successo terapeutico e superiore all' azatioprina rispetto al profilo dei severi effetti collaterali eventuali (25-48). 3.3 f) Agenti alchilanti. Tra questi troviamo la ciclofosfamide e il clorambucile che fanno parte di una classe di farmaci che agisce alchilando il DNA, con conseguente cross- linking e inibizione della sintesi del DNA. A causa degli eventuali effetti collaterali molto severi e potenzialmente pericolosi per la vita del paziente, il loro uso è limitato ad uveiti severe, con prognosi visiva infausta, che non hanno risposto a terapie meno tossiche. Nell' era dei nuovi farmaci biologici, l'uso degli agenti alchilanti è riservato a forme di uveiti refrattarie a trattamenti convenzionali e altri agenti biologici (25-48). 3.3 g) Inibitori del TNF-ALPHA. Questi sono immunomodulatori biologici approvati dalla FDA per molte patologie autoimmuni sistemiche, ma che sono considerati off-label per il trattamento di molte forme di uveiti. Purtroppo mancano dei trials clinici randomizzati sull' efficacia di questi farmaci nell' uveite e l evidenza clinica si basa sui risultati di piccoli studi con pochi pazienti. Tra gli inibitori del TNF-ALPA ricordiamo l'Adalimumab e l'Infliximab che sono due farmaci potenzialmente più efficaci nel controllo delle uveiti intermedie rispetto agli agenti convenzionali. Si può infatti affermare con sicurezza che il controllo dell'infiammazione può essere raggiunto più rapidamente con i farmaci biologici rispetto che con le terapie convenzionali (25-48). 35 3.3 h) Interferone. L' interferone alpha è una citochina che appartiene al sottogruppo degli interferoni di tipo I, i quali hanno un forte effetto antivirale, antiproliferativo, e vari effetti immunomodulatori. Esso è approvato per il trattamento dell'epatite virale, dei disordini mieloproliferativi e dei linfomi. Ad ogni modo, negli ultimi anni, l'IFN è stato utilizzato con successo anche nel trattamento dei pazienti con malattia di Bechet con coinvolgimento oculare e in altri tipi di uveite refrattaria. Sulla base dell'attuale evidenza, l'Interferon alpha-2a è molto efficace e rapido nella risoluzione dell'edema maculare associato con l'uveite intermedia. Gli effetti collaterali dovuti all' uso di Interferon alpha-2a sono frequenti, ma generalmente lievi o moderati e dose-dipendenti. L'Interferon beta è efficace nel trattamento dell'uveite intermedia associata a sclerosi multipla (25-48). 36 Capitolo 4 ESPERIENZA NELLA CLINICA OCULISTICA 4.1. Materiali e metodi 4.1.2 Disegno dello studio Le indagini sono state svolte secondo le modalità di uno studio di coorte longitudinale prospettico, non comparativo, non randomizzato di tipo pilota. 4.1.3 Obiettivo dello studio I primary end-point dello studio sono: -l’efficacia del trattamento con triamcinolone acetonide 80mg/mL (TaioftalTM, Sooft, Montegiorgio-FM) sub-Tenon e sub-congiuntivale inteso come miglioramento-stabilità della acuità visiva; -la risposta clinica alla terapia intesa come miglioramento del quadro clinico-infiammatorio e controllo delle recidive. 4.1.4 Popolazione I pazienti sono stati visitati presso l’Ambulatorio di Immunologia Oculare della Clinica Oculistica dell’Università Politecnica delle Marche, in un periodo compreso tra marzo 2014 e gennaio 2015. Tutti i pazienti presentavano diagnosi di patologia infiammatoria oculare iper-resistente a tutte le terapie combinate precedentemente somministrate. 37 4.1.5 Criteri di inclusione Pazienti con diagnosi clinica di patologia infiammatoria oculare non-infettiva iperresistente alla combinazione di diversi immunosoppressori. 4.1.6 Criteri di esclusione -pazienti con diagnosi clinica non certa o appurata di malattia infiammatoria non-infettiva -presenza di co-morbilità. 4.1.7 Esami clinici La popolazione è stata sottoposta ad indagini clinico-strumentali di pertinenza oftalmologica, selezionate per identificare informazioni utili ai fini dello studio. Le indagini volte alla valutazione del coinvolgimento oculare sono state le seguenti: - notizie anamnestiche e demografiche: dati anamnestici sono stati raccolti. Inoltre si sono studiate l’anamnesi patologica prossima e farmacologica, al fine di comprendere al meglio la condizione clinica del paziente; - Acuità visiva secondo scala logaritmica: valutazione della miglior correzione possibile (BCVA = Best Corrected Visual Acuity) acquisita tramite utilizzo di tavola Early Treatment Diabetic Retinopathy Study (ETDRS) - Biomicroscopia con lampada a fessura: cornea: la presenza di uveite anteriore è stata valutata tramite la ricerca di precipitati cheratici, valutandone l’ aspetto e la disposizione nell’endotelio corneale, ove presenti; sclera: status infiammatorio sclerale camera anteriore: la presenza di cellularità in camera anteriore è stata indicata tramite un grading da 0 (meno di 1 cellula nel campo) a +4 (>50 cellule per campo). Il flare dell’umore acqueo è stato quantificato con una scala analoga a 38 quella utilizzata per la valutazione della cellularità in camera anteriore; l’attività della infiammazione oculare è stata valutata secondo la gradazione stabilita da Standardization of Uveitis Nomenclature (SUN)(49). Nel segmento anteriore la cellularità dell’acqueo e il flare sono stati misurati tramite lampada a fessura e un raggio incidente a 45° a massima intensità e di una dimensione di 1mm×1mm, secondo le indicazioni del SUN. vitreo: è stata valutata e quantificata l’opacità vitreale con “Binocular Indirect Ophthalmoscopy” (BIO)-score (da 0+ a 4+); nel segmento posteriore i segni di vitreite sono stati misurati tramite oftalmoscopia indiretta, secondo la gradazione di Nussenblatt (49). Fundus: è stato indagato mediante oftalmoscopia indiretta, utilizzando lenti convesse ad elevato ingrandimento, atte ad ottenere un ampio campo di osservazione. Prima dell’esecuzione dell’esame è stato instillato un collirio midriatico (tropicamide 1%), al fine di dilatare l’ostio pupillare ed avere così una miglior panoramica del fondo oculare. Misurazione della IOP (Pressione Intraoculare): è stata misurata mediante tonometro ad applanazione di Goldmann, dopo l’instillazione di anestetico locale e l’applicazione di fluoresceina nel sacco congiuntivale. È stata giudicata ipertensione intraoculare il rilevamento di un tono superiore a 23 mmHg. I pazienti sono stati inoltre valutate con tomografia a coerenza ottica (OCT, Spectralis, Heidelberg, germany), fluorangiografia (FAG, Spectralis, Heidelberg, germany), esame angiografico al verde indocianina (ICG, Spectralis, Heidelberg, germany). Tutti i pazienti con un incremento/decremento ≥ 2 linee di Snellen (BCVA) sono stati considerati migliorati/peggiorati, rispettivamente. La BCVA è stata presentata come stabile/migliorata e peggiorata per valutare la significatività dell’outcome.Tutti i dati medi 39 sono presentati con deviazione standard. L’analisi statistica delle variabili cliniche e demografiche è stata realizzata utilizzando il database SPSS (ver. 11.0.1; SPSS, Chicago, IL). I test statistici sono stati utilizzati per la valutazione della significatività statistica secondo indicazione di appropriatezza. Una p<.05 è stata considerata statisticamente significativa. Il follow-up è stato personalizzato nei tempi e nelle modalità, in base all'andamento della malattia. Il follow-up in fase acuta della malattia (primi 2 mesi) ha previsto una valutazione del paziente ogni settimana, al fine di valutare l'acuità visiva e l'andamento del focolaio corioretinico, eseguendo una visita oftalmologica completa associata eventualmente ad indagini strumentali, quando necessario. A seguito della fase acuta, il nostro protocollo ha previsto una visita di controllo ogni 2 settimane, dopodichè (all’incirca dal sesto mese) le visite sono state effettuate mensilmente. 4.2 Risultati Undici pazienti (11 occhi) sono stati presi in considerazione (Tav.1). Di essi, 7/11 erano di sesso femminile (63,6%), mentre 4/11 erano di sesso maschile (36,4%). L’età media era pari a 43,2±17,4 anni. Tutti i pazienti avevano un coinvolgimento oculare unilaterale al base line. Nel caso di un coinvolgimento bilaterale incorso di trattamento, l’occhio con lo score infiammatorio peggiore è stato preso in considerazione. I pazienti presentavano varie tipologie di malattia infiammatoria non-infettiva divise in: 1/11 sclerite necrotizzante complicata da vitreite (9,1%), 2/11 sclerite diffusa persitente (18,2%), 1/11 sclerite nodulare necrotizzante persistente (9,1%), 1/11 panuveite persistente complicata da edema maculare cistoide (CMO) in sarcoidosi sistemica (9,1%), 1/11 panuveite persistente idiopatica complicata da 40 CMO (9,1%), 3/11 scerite necrotizzante persistente (27,3%), 2/11 sindrome di Irvine-Gass refrattaria (18,2%). I trattamenti ai quali sono stati sottoposti i pazienti prima della terapia iniettiva sono stati: 4/11 (36,4%) pazienti trattati con steroide per os associato a Micofenolato Mofetile (MMF) e Ciclosporina A (CSA), 3/11 (27,3%) pazienti trattati con steroide per os associato a Azatioprina (AZA) e Ciclosporina A (CSA), 1/11 (9,1%) pazienti trattati con steroide per os associato a Metotrexate (MTX) e Ciclosporina A (CSA), 1/11 (9,1%) pazienti trattati con steroide per os associato a Adalimumab (Ada), 2/11 (18,2%) pazienti trattati con steroide per os e iniezione con Triamcinolone Acetonide alla concentrazione di 40mg/mL. La BCVA media al base line era 0,49 ± 0,24 DS. Terapia sub-congiuntivale è stata amministrata a 6/11 pazienti (54,5%), tutti affetti da patologia scleritica, mentre 5/11 (45,5%) hanno avuto terapia con iniezione sub-Tenon. Il numero mediano di iniezioni è stato pari a 1 (range: 1-2 iniezioni). Il follow-up mediano dei pazienti trattati è stato pari a 9 mesi (range: 8-10 mesi). La BCVA media a seguito della terapia è stata pari a 0,82 ± 0,13 DS. All’ultimo follow-up, acuità visiva risultava stabile/migliorata in tutti i pazienti del nostro studio (Tav.2, p<.0001). Nessun paziente ha mostrato recidive nel corso dell’osservazione post trattamento (p<.0001). Nessuna differenza è stata osservata tra i valori della IOP al base-line e quelli osservati ai differenti time point (p>.05). Nessun paziente ha mostrato effetti collaterali durante il follow-up. 41 4.3 Discussione La terapia loco-regionale con steroidi in corso di patologie infiammatorie non-infettive rappresenta uno dei punti fermi nel campo dell’immunologia oculare. Di grande potenza è la letteratura pubblicata su varie tipologie di steroidi, anche se il triamcinolone acetonide rappresenta il farmaco con la letteratura più consistente (48). In molti casi la terapia sistemica costituisce una metodica consolidata, fondata sulla associazione di steroidi per os in combinazione con uno o più farmaci immunosoppressori “steroid sparing”. Nell’eventualità di scarsa risposta a tali terapie, l’introduzione di farmaci biologici con target altamente specifici può essere presa in considerazione, pur se l’utilizzo di tali farmaci risulta al giorno d’oggi limitato sia per la natura off label del trattamento, sia per gli alti costi che ne contraddistinguono l’utilizzo. Si aggiunga che, nonostante tali terapie abbiano un’efficacia promettente, in alcuni casi si assiste ad una risposta parziale sul controllo della flogosi, ponendo la necessità di utilizzare la combinazione sia di terapie steroidee loco-regionali in associazione con le terapie sistemiche (47). Considerando le opzioni finora disponibili, il triamcinolone acetonide 40 mg/mL ha rappresentato l’unica soluzione, off label, disponibile per i clinici che dovessero affrontare una terapia adjuvante per casi patial-/non-responder alle terapie combinate sistemiche (46). La recente introduzione di un triamcinolone on-label per uso oftalmico intravitreale rappresenta sicuramente un punto di forza per la terapia di quelle forme di uveite con una attitudine aggressiva nei confronti del tessuto oculare, pur se l’impiego intravitreale non sempre rappresenta l’impego indicato: a conferma di ciò si considerano, ad esempio, le forme di flogosi a carico del tessuto sclerale che ha rappresentato e rappresenta una forma infiammatoria peculiare (Tav.3) e, spesso, ostile da dover trattare, particolarmente quando assume caratteristiche necrotizzanti. A tal proposito, le metodiche indicate invece sono l’inoculazione sub-Tenon e sub-congiuntivale (50). 42 Nella nostra coorte di pazienti abbiamo trattato 11 casi che presentavano forme eterogenee di infiammazione oculare non-infettiva con caratteristiche di iper-resistenza a varie combinazioni di steroidi ed immunosoppressori sistemici (Tav.4-5). Si aggiunga poi che la BCVA media al base line, pari a 0,49 ± 0,24 DS, ha presentato una differenza significativa rispetto alla BCVA media post terapia, pari a 0,82 ± 0,13 DS. Inoltre, all’ultimo follow-up, l’acuità visiva risultava stabile/migliorata in tutti i pazienti del nostro studio (p<.0001). Di grande importanza denotare il numero mediano di iniezioni pari a 1 (range: 1-2 iniezioni), che indicano un livello di efficacia estremamente promettente e che permetterebbe di garantire un controllo ottimale associato ad un profilo di sicurezza ad oggi definibile quantomeno come promettente. A rafforzare quanto di positivo osservato nell’efficacia, viene la durata dell’effetto della terapia con triamcinolone acetonide 80mg/mL: la remissione completa della patologia è stata raggiunta da tutti i pazienti (p<.0001), mantenuta in tutti i soggetti osservati in assenza di recidive (p<.0001) fino all’ultimo follow-up (valore mediano 9 mesi, range: 8-10 mesi). Interessanti sono stati anche i dati osservati sotto l’aspetto della safety: nessuna differenza è stata osservata tra i valori della IOP al base-line e quelli osservati ai differenti time point (p>.05). Inoltre, nessun paziente ha mostrato effetti collaterali durante il follow-up. Ciò comprova come le metodiche di inoculazione para-oculari siano de facto maggiormente sicure rispetto a quelle intravitreali, ove indicate, e come la iniezione sub-congiuntivale rappresenti una metodica di grande prospettiva per le flogosi del tessuto sclerale. I risultati ottenuti nella nostra coorte di pazienti potrebbero essere adducibili all’alta concentrazione del triamcinolone acetonide della formulazione da noi utilizzata che di fatto è doppia rispetto a quanto utilizzato nella letteratura medica fino ad oggi (40 versus 80 mg/mL). 43 4.4 Conclusioni La terapia sistemica combinata rappresenta una metodica di grande importanza per il trattamento di forme aggressive di infiammazione oculare. Tuttavia, nei casi refrattari a tali terapie la terapia adjuvante con steroidi intravitreali può rappresentare un metodo corretto per l’ottenimento del controllo della flogosi. Fino ad oggi si è assistito all’utilizzo di farmaci off label con concentrazione di triamcinolone acetonide pari a 40 mg/mL, mentre recentemente è stato introdotta in commercio una formulazione di triamcinolone acetonide concentrato a 80mg/mL. L’impiego di tale farmaco, anche per inoculazioni peri-oculare garantirebbe un profilo di efficacia e sicurezza ottimale che potrebbe rappresentare la soluzione per molte forme refrattarie alle tradizionali terapie. Ovviamente il nostro studio deve essere interpretato sotto l’ottica di tutti i limiti legati alla natura non comparativa e del campione di piccole dimensioni considerato. A tal proposito si auspica un vaglio fondato su studi di natura prospettica, possibilmente randomizzati e controllati. 44 BIBLIOGRAFIA 1) Aldigeri R. “Epidemiologia delle uveiti in Italia” in Quaderni di Oftalmologia, Testo atlante sulle uveiti. Editore SOI 2010 Cap.1 pp. 17-24. 2) Herbort C, De Martino L, Cimino L. “Work-up delle uveiti” in Quaderni di Oftalmologia, Testo atlante sulle uveiti. Editore SOI 2010. Cap 2 pp. 25-49. 3) Jabs DA, Nussemblatt RB, Rosembaum JT. “Standardization of Uveitis Nomenclature (SUN) Working Group. Standardization of uveitis nomenclature for reporting clinical data. 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B Ringraziamenti Per quello che vale, non è mai troppo tardi per essere ciò che vuoi essere. E’ questo ciò che mi sono augurata all’inizio di questo percorso ed è quello che mi auguro ancora una volta. Il mio viaggio è appena iniziato e questo anche grazie a voi. Inizio col ringraziare l’Università Politecnica delle Marche¸ e il coordinatore del Dottorato di Neuroscienze Prof. Fiorenzo Conti per avermi dato l’opportunità di esser qui. Ringrazio il mio tutor e relatore Prof. Alfonso Giovannini Direttore della Clinica Oculistica, il primo ad aver creduto nella validità del mio progetto. Un ringraziamento particolare va al Dott. Piergiorgio Neri, relatore, ricercatore e responsabile del Centro di Immunologia Oculare c/o la Clinica Oculistica, per l’aiuto sempre attento e precisissimo che ha saputo darmi, per la competenza con cui mi ha indirizzato nelle occasioni di dubbio e per la pazienza che ha dimostrato nei miei confronti durante la preparazione di questa tesi. Gli sono grata anche per come riesce a trasmettere la sua passione attraverso il suo talento. Desidero ricordare tutti coloro che mi hanno aiutato nella stesura della tesi con suggerimenti, critiche, osservazioni e materiale didattico…., grazie a tutti i colleghi dell’unità operativa di Oculistica Pediatrica dell’Ospedale Salesi , grazie a Ilir, compagno di corso e prezioso aiuto, sempre tempestivo e attento. A tutti voi va la mia gratitudine, e a me spetta la responsabilità per ogni errore contenuto in questa tesi. Voglio sottolineare che non avrei mai potuto concludere questo percorso, se non avessi avuto il sostegno della mia famiglia che mi ha seguito con affetto, pazienza e soprattutto credendo sempre nelle mie capacità. Ringrazio chi, quando me lo meritavo, non mi ha mai ringraziato, e lo faccio al suo posto, per me stessa…..perchè credo che qualsiasi azione umana di rispetto, vada omaggiata necessariamente con un gesto o con una semplice parola, quindi, grazie anche a me.