Aprile 2007, volume IX, numero 1 1942: Theo Obrig scrive il primo libro sulle lenti a contatto Luigi Lupelli Occhio alle allergie Renata Rosa La buona igiene è nelle nostre mani Disinfezione con soluzioni al perossido di idrogeno * Sulley A., Compliance in contact lens wear Part 2 Improving compliance in Optician 229/6000/2005, 42-49 Poste Italiane. Spedizione in a. p. - 70% - DC/DCI/VC nr 1- 2007 Susan J. Gromacki Studi condotti sul comportamento degli utilizzatori lenti a contatto mettono in evidenza che circa il 16-50%* dei portatori non si lava le mani prima di manipolare le lenti, aumentando così il fattore di rischio di contaminazione microbica. Dobbiamo aiutare i nostri pazienti a non sottovalutare l’importanza dell’igiene, inclusa quella del portalenti; vedere il proprio specialista lavarsi sempre le mani, all’inizio e alla fine di ogni visita, rassicura il portatore e rinforza il concetto. sommario aprile 2007 vol. IX, n. 1 Articoli 1942: Theo Obrig scrive il primo libro sulle lenti a contatto Luigi Lupelli pag. 4 Occhio alle allergie Renata Rosa pag. 11 Disinfezione con soluzioni al perossido di idrogeno Susan J. Gromacki pag. 24 Rubriche Immagini di lac Fabrizio Zeri pag. 26 Tips & tricks Laura Boccardo pag. 28 In libreria Laura Boccardo pag. 29 lenti a contatto contact lenses Codirettori scientifici L. Lupelli (Roma), N. Pescosolido (Roma) Comitato scientifico L. Boccardo (Certaldo), M. Bovey (Palermo), R. Fletcher (London), A. Fossetti (Firenze), P. Gheller (Bologna), M. Lava (Roma), S. Lorè (Roma), A. Madesani (Forte dei Marmi), S. Maffioletti (Bergamo), L. Mannucci (Padova), U. Merlin (Rovigo), M. Pastorelli (Novi Ligure), M. Rolando (Genova), A. Rossetti (Cividale del Friuli), C. Saona (Barcelona), L. Sorbara (Toronto), M. Zuppardo (Roma) Ringraziamenti Si ringraziano A.I.LAC e S.Opt.I. per la collaborazione scientifica Comitato editoriale A. Calossi (Certaldo), O. De Bona (Marcon), M. Lava (Roma), C. Masci (Roma), F. Zeri (Roma) O. De Bona via E. Mattei, 11 - 30020 Marcon (VE) tel. 041.5939411 e-mail: [email protected] Nome della rivista LAC Direttore responsabile Marco Perini Proprietario testata BieBi Editrice BieBi Editrice di Mauro Lampo Via Losana, 4 - 13900 Biella Quadrimestrale, 32 pagine Tipografia TrueColor via Pio X, 2/g - 28021 Borgomanero (NO) Registrazione Tribunale Biella, in data 6/5/99 al n. 487 Sped. gratuita Presso la segreteria Segreteria Editore Tiratura Numeri arretrati 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o 1942: Theo Obrig scrive il primo libro sulle lenti a contatto Luigi Lupelli Istituto Superiore di Stato “E. De Amicis” Scuola di Ottica e Dipartimento di Scienze Optometriche [email protected] Sommario Il primo libro sulle lenti a contatto viene alla luce 65 anni fa per opera di un ottico di New York, Theo Obrig. L’autore, avendo avuto in dono dal Professor Robert Fletcher di Londra, una copia della prima edizione e una copia della terza edizione di tale libro, ne analizza i contenuti sia paragonando quelli delle due edizioni che ponendoli in relazione con la storia degli autori e della contattologia in generale. Nonostante larga parte del libro sia dedicata alle lenti a contatto rigide sclerali, oggi usate in maniera marginale, l’opera, per certi versi, appare avere ancora un forte impatto informativo oltre che emotivo, più scontato, per il ruolo che ha rappresentato nella storia delle lenti a contatto. Introduzione in dono alcuni libri di contattologia sicuramente preziosi per contenuti e per storia. L’autore di tali doni è stato, nella maggior parte dei casi, il mio Maestro: il professor Robert Fletcher, un pioniere nel campo delle lenti a contatto ed un gigante nell’educazione optometrica in generale. Il professor Fletcher per circa mezzo secolo è stato docente e, in parte, direttore di quello che da alcuni anni è denominato Dipartimento di Optometria e Scienza della Visione della City University di Londra. La prima edizione Come poi è confermato nel volumetto “Overseas Contact Lens Pioners” edito nel 2006 dalla British Contact Lens Association, l’edizione del 1942 di Theo Obrig, per i tipi della Chilton Company di Phyladelphia (Fig. 1), è certamente il primo libro sulle lenti a contatto che sia mai stato scritto. È abbastanza comune avere una velata emozione accompagnata da un certo senso di rispettoso riguardo quando si entra in possesso di un libro che tratta qualcosa che fa parte dei nostri interessi. Questo è quello che mi accade quando ho la fortuna e la ventura di venire in possesso di un nuovo libro che tratta della scienza della visione ed in particolare di lenti a contatto. Talvolta accade che queste sensazioni si possano moltiplicare se questi libri hanno già una storia vissuta o perché rappresentano delle pietre miliari della letteratura contattologica o anche perché appartenuti, nel tempo, a persone che hanno trattato quel libro come qualcosa di prezioso. In vari momenti ho Fig. 1: Copie di “Contact Lenses”. La prima edizione del 1942, scritta da Obrig, è aperta sul avuto il privilegio di avere frontespizio. L’altro volume, con autori Obrig e Salvatori, è la terza edizione del 1957. 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o 1942: Theo Obrig scrive il primo libro sulle lenti a contatto azienda o presso istituzioni ospitanti. Nei ringraziamenti fa riferimento soltanto a due colleghi ed entrambi di chiare origini italiane: Philip Salvatori ed Americo Oriani. La frequentazione “italica” di Obrig è rafforzata dalle intuibili origini della moglie che si chiamava Delia Costello. Il libro consta di 470 pagine suddivise in dieci capitoli: Fig. 2: Nota del Prof. Robert Fletcher allegata al libro al momento della donazione. “Questa prima edizione rappresenta probabilmente il primo libro che mai sia stato scritto sulle lenti a contatto che mi è pervenuto tramite la vedova del mio collega John Spooner. Vi sono delle differenze significative con la terza edizione in particolare per la parte che riguarda i brevetti! Bob Fletcher.” Cap I: Dati anatomici Cap II: Dati biochimici e fisiologici Cap III: Oftalmologia delle lenti a contatto Cap IV: Ottica delle lenti a contatto Cap V: Storia, sviluppo e moderne geometrie della lenti a contatto Cap VI: Lente a contatto di plastica di Obrig Cap VII: Tecnica di esecuzione del calco oculare dell’occhio vivente Cap VIII: Applicazione delle lenti a contatto in plastica derivate da calco oculare Cap IX: Soluzioni usate per la lente liquida Cap X: Brevetti di lenti a contatto. Theodore Obrig (1896-1967) Fig. 3: La firma di “possesso” John D. Spooner in una delle prime pagine del volume. La copia del volume che ora è in mio possesso ha avuto almeno due “tutori illustri” prima di arrivare nelle mie mani. Infatti il prof. Fletcher (Fig. 2) è stato il secondo proprietario mentre il primo è stato John D. Spooner (Fig. 3) un optometrista con interesse nella ricerca e la didattica dell’anatomia oculare. Il suo volume “Ocular Anatomy” è stato anche tradotto in italiano nel 1972 (edito dalla Société d’Optométrie d’Europe e tradotto da Ugo Frescura) ed ha rappresentato un libro di testo per numerosi studenti di optometria della precedente generazione. È curioso notare che l’autore si firma con il diminutivo (Theo) piuttosto che col suo nome intero (Theodore). Nella prefazione Obrig menziona la sua attività di docente di applicazione di lenti a contatto ad oftalmologi, optometristi ed ottici. Non avendo egli mai avuto un posto di docente in alcuna Istituzione probabilmente si riferisce a corsi di aggiornamento tenuti presso la sua 2007, vol. IX, n. 1 A 18 anni iniziò a lavorare per l’azienda ottica “Gall e Lemke” negli USA mentre si iscrisse come studente in Medicina presso la Columbia University. Dovette probabilmente interrompere gli studi per arruolarsi, durante la prima guerra mondiale, come volontario nel corpo della “French Army Ambulance”. Successivamente si trasferisce nei servizi militari USA in qualità di “batteriologo e chimico”. Quando tornò a lavorare per la Gall e Lemke ebbe l’opportunità d’inventare una lente bifocale per occhiali denominata “Myodisc”. Iniziò interessarsi di lenti a contatto negli anni 30 quando intraprese un rapporto di lavoro per la Zeiss di Jena. Cominciò successivamente ad interessarsi dell’applicazione di lenti a contatto ottenute tramite calco oculare. Nel 1935 pubblicò un libro sulle lenti per occhiali. Nel 1938 scoprì accidentalmente le, ora ben note, particolari proprietà della fluoresceina quando irraggiata con luce blu-cobalto, come ausilio per valutare lo spessore lacrimale sotto la lente a contatto. Dopo aver aperto e diretto la “Obrig Laboratories” prima a Boston e poi a New York, nel 1942 pubblicò il primo libro che fu mai stato scritto sulle lenti a contatto che fu seguito da altre due edizioni. a r t i c o l o 1942: Theo Obrig scrive il primo libro sulle lenti a contatto Fig. 4: Immagini in cui si dimostra la preparazione del gesso dentale e il suo posizionamento sull’impronta dell’occhio esterno. Fig. 5: Pagina aggiunta successivamente alla stampa del testo in cui si informa della disponibilità di portaimpronta con fori multipli. La parte dedicata all’anatomia è limitata all’occhio esterno, come è doveroso per un libro di quel tempo sulle lenti a contatto, ma al contrario di altre monografie più recenti viene anche sviluppato l’aspetto dei muscoli estrinseci dell’occhio. Ciò appare giustificato dal fatto che le lenti a contatto del tempo erano soltanto del tipo rigido-sclerale con il diametro totale che poteva raggiungere anche 26 mm e quindi, quando applicate, potevano interessare anche le inserzioni dei muscoli oculomotori. Tra le indicazioni delle lenti a contatto largo spazio è dedicato al trattamento delle patologie come la trichiasi, l’entropion e l’ectropion, il pemfigo, la cheratocongiuntivite sicca, il lagoftalmo, l’albinismo e altro. Si deduce così che nella prima metà del ‘900 l’uso terapeutico delle lenti a contatto rappresentava una considerevole proporzione dell’intera attività contattologica. Ciò appare giustificato se si pensa che oggi le lenti rigide sclerali vengono prese in considerazione principalmente come coadiuvanti nel trattamento di alcune patologie oculari dell’occhio esterno. Larga parte del testo è dedicata ai vari approcci per eseguire un calco dell’occhio e al modo di ottenere il modello in gesso dall’impronta (Fig. 4). Alcune procedure sono molto simili a quelle attuali che comunque oggi vengono utilizzate raramente. Il portaimpronta descritto nel testo è raffigurato senza fori che hanno la funzione di far fuoriuscire l’alginato in eccesso. Comunque nella terza di copertina di questa copia del testo è incollata una pagina (Fig. 5) in cui è riportata 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o 1942: Theo Obrig scrive il primo libro sulle lenti a contatto Fig. 7: Immagine delle “Lacrilens”. I puntini stanno ad indicare la lente destra e quella sinistra, mentre il cerchio indica la posizione del foro. Fig. 6: Disegni del primo brevetto di una lente sclerale registrato nel 1903 negli USA. una “important notice” sulla disponibilità di portaimpronte con fori multipli, che sono gli unici che oggi vengono ancora utilizzati. Nel X capitolo sono descritti 19 brevetti statunitensi ed uno francese. Fra quelli USA numerosi sono quelli firmati dal geniale optometrista di New York William Feimbloom. È interessante notare che il primo brevetto registrato nel 1903 negli USA si riferisce ad una lente sclerale in vetro in cui la superficie interna ha pressoché una curvatura unica senza differenziare tra la zona corneale, più curva, e quella sclerale (Fig. 6). Il secondo brevetto registrato nel 1923 si riferisce alla prima lente sclerale interamente di plastica (celluloide) che però doveva essere coperta con della lacca per prevenire il deterioramento della superficie che era eccessivamente morbida. 2007, vol. IX, n. 1 Fig. 8: Utensili per il ritocco delle lenti sclerali. La terza edizione Alla prima edizione di “Contact Lenses” ne fecero seguito altre due. Una copia della terza edizione che Obrig scrisse con Philiph Salvatori (Fig, 1) mi fu donata nel 1995 dal professor Fletcher durante uno dei tanti incontri che avemmo a Tel Aviv per più serie di lezioni tenute presso l’Institute of Ophthalmic Science. a r t i c o l o 1942: Theo Obrig scrive il primo libro sulle lenti a contatto Fig. 9: Regolo per la determinazione del potere frontale posteriore della lente a contatto conoscendo il potere della lente per occhiali e la distanza apice corneale-lente. Nella prefazione Obrig e Salvatori sottolineano un’esigenza ancora presente nella contattologia contemporanea e cioè che “Il progresso nella costruzione, nell’applicazione e nelle conoscenze delle lenti a contatto è così rapido che una nuova edizione è imperativa”. Il volume, come spesso accade nelle edizioni successive, si arricchisce di altre 310 pagine rispetto alla prima edizione, arrivando quindi a 780. I capitoli diventano 17. Quelli nuovi sono: Cap VI: Plastiche Cap XI: Lente a contatto “Lacrilens” Cap XII: Come modificare la superficie centrale posteriore di una lente a contatto sclerale Cap XIV: Lenti a contatto corneali Cap XV: Sommario del laboratorio di ricerca medica dell’esercito Cap XVI: Un regolo ottico. Philip Salvatori Dopo aver servito nell’esercito come assistente di chirurgia ebbe una breve esperienza come pugile professionista per poi trasferirsi due anni a Roma per motivi di studio. Tornato a New York studiò prima altri due anni nella New York Business School e poi come “ophthalmic dispenser”. Per anni gestì un negozio di ottica in cui venivano anche applicate lenti a contatto. Nel 1952 prese il posto di Theo Obrig come presidente della “Obrig Laboratories”. Nel 1935 divenne presidente della “Society of Dispensing Opticians” (USA). Oltre ad essere coautore, con Obrig, della III edizione di “Contact Lenses”, scrisse anche altri due volumetti: nel 1947 “Scientific Method of Fitting Contact Lenses” e nel 1960 “The Story of Contact Lenses”. Dalla prefazione si arguisce che Salvatori ha curato principalmente i capitoli sulla lente a contato “Lacrilens” e sulle “nuove” lenti a contatto corneali. Le “Lacrilens” (Fig. 7) sono delle lenti sclerali che non hanno bisogno di soluzioni aggiuntive da porre tra cornea e lente ma sono “sufficienti le lacrime del portatore”... praticamente come tutte le lenti a contatto oggi utilizzate. La caratteristica di questa lente è quella di avere una scanalatura a forma di V con l’apice nei pressi del bordo inferiore della lente in modo da trovarsi in prossimità del puntino lacrimale inferiore. La scanalatura si estende dalla parte opposta fino alla zona di transizione fra la parte corneale e quella sclerale della lente. Come le attuali lenti sclerali lo spazio lacrimale, nell’interfaccia tra cornea e lente, è minimo in modo da favorire un aspetto estetico accettabile (per evitare la sensazione “degli occhi in fuori”). La procedura di applicazione di questa lente è descritta in maniera molto dettagliata, passo dopo passo, in 18 punti! Come per la maggior parte delle lenti sclerali è necessario acquisire un’abilità specifica nel modificare la lente “Lacrilens” con punte, pietre e spazzole (Fig. 8), utensili utilizzati solitamente nella pratica odontotecnica. Il capitolo sulle lenti corneali sorprende per le inattese informazioni che fornisce dal punto di vista storico. Gli autori riportano testimonianze scritte del prof. H. Hartinger di Monaco, datata marzo 1950, e del prof. H.J.M. Weve di Utrecht, datata gennaio 1951, in cui si afferma che la Zeiss di Jena aveva già prodotto lenti corneali (senza la porzione sclerale) nel 1912 ed aveva continuato a costruirle, per scopi clinici, anche negli anni successivi. Lo stesso Obrig ordinò delle lenti corneali alla Zeiss prima del 1936. È interessante notare che tali lenti avevano il raggio della superficie posteriore più lungo di 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o 1942: Theo Obrig scrive il primo libro sulle lenti a contatto na affermando categoricamente: “Tutti i pazienti che portano lenti a contatto debbono essere periodicamente controllati anche se non è presente alcun sintomo di discomfort”. Ben sappiamo quanto ciò sia vero anche oggi con tutti i tipi di lenti a contatto! Il capitolo XVI è dedicato esclusivamente all’uso di un regolo (Fig. 9) per la determinare la variazione del potere della lente a contatto conoscendo il potere della lente per gli occhiali e la distanza apice corneale-lente. Regoli di questo tipo non hanno avuto poi alcuno sviluppo vista la praticità delle tabelle di conversione. Il capitolo più voluminoso (305 pagine!) è quello che tratta dei brevetti sulle lenti a contatto. Molti di questi hanno per oggetto ancora di lenti sclerali. La parte iconografica di quello storico di Tuohy è riportata nella figura 10. Conclusione Fig. 10: Disegni del brevetto della lente corneale di K. Tuohy, registrato nel 1950. quello della cornea centrale (misurato con l’oftalmometro) come poi sarebbe stata la lente corneale brevettata nel 1950 da K. Tuohy. Si deduce quindi da queste pagine che in definitiva Tuohy non ha “inventato” la lente corneale ma l’ha per primo brevettata per poi contribuire a renderla popolare. Ulteriore curiosità è quella che Tuohy ha iniziato ad interessarsi di lenti a contatto nel 1939 iniziando a lavorare come “tecnico” proprio nel laboratorio di Obrig. Da pagina 402 inizia un paragrafo intitolato ”Una parola di cautela nell’uso delle lenti a contatto corneali” in cui si pone all’erta il lettore sulla possibilità di 1. riduzione consistente della sensibilità corneale, 2. variazione di curvatura della superficie corneale che può comportare una visione sfocata con gli occhiali, 3. erosione circolare dell’epitelio corneale dovuto al movimento della lente, 4. erosione puntata superficiale. La maggior parte di tali reazioni corneali è, secondo gli autori, causata da lenti troppo piatte. Il paragrafo termi 2007, vol. IX, n. 1 Meraviglia constatare che frugare tra le pagine di queste opere d’interesse museale continua ancora ad insegnare! E allora ci si rende conto di quanto prezioso strumento dovesse essere “Contact Lenses” per gli applicatori di lenti a contatto di mezzo secolo fa, momento in cui da un lato la contattologia iniziava a diventare popolare e dall’altro lato la circolazione delle informazioni era così limitata. Non ci si stupisce quindi che le tre edizioni di questo testo, scritto da due ottici che avevano come principio ispiratore di base di riportare “fatti e non teorie” (prefazione della terza edizione) siano sempre andate presto esaurite! Summary The first book about contact lenses was written about 65 years ago by an optician from New York, Theo Obrig. The author, who received a copy of the first and a copy of the third edition as a gift from Prof. Robert Fletcher analyses their contents. The author compares the first edition with the third edition of the book, analyzing the history of the authors and of contact lenses in general. Although the greater part of the book is dedicated to rigid scleral lenses, which are today used only marginally, the work appears to a have a strong educational impact and an emotional impact as well due to the role it has represented in history of contact lenses. Keyword Theo Obrig, history of contact lenses. a r t i c o l o 10 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o Occhio alle allergie Renata Rosa Medico Chirurgo - Specialista Oculista Sommario Le allergie oculari sono molto frequenti e talora così gravi da compromettere la funzione visiva. Si manifestano nei soggetti atopici, geneticamente predisposti, dopo esposizione a stimoli comuni normalmente innocui per l’organismo, come pollini, acari, peli di animali, etc. Le congiuntiviti allergiche sono prevalentemente espressione di ipersensibilità IgE mediata, quindi di tipo I. Tale termine è generico e comprende entità cliniche diverse che vanno dalle forme stagionali, alla cheratocongiuntivite atopica e primaverile, che richiedono interventi terapeutici diversi. Key words: Congiuntivite allergica, immunologia, esami diagnostici, terapia, lenti a contatto. Introduzione Il termine allergia, dal greco “Allos” (cambiamento o alterazione dello stato) e “Ergon” (reazione o reattività), fu coniato nel 1906 da un pediatra austriaco, Clemens von Parquet, per descrivere un’inusuale ed intensa reazione che alcuni soggetti sviluppavano alla somministrazione della seconda dose di antitossina sierica di cavallo. Negli ultimi anni, specie nei paesi industrializzati, si è posta maggiore attenzione alle malattie allergiche, probabilmente per il significativo incremento della loro incidenza e prevalenza. Infatti, si calcola che nel 2015 circa il 50% della popolazione europea manifesterà qualche forma di allergia. Tale aumento è stato giustificato da un’ipotesi igienica secondo la quale, la diversa esposizione agli allergeni e patogeni che si verifica nel tempo, induce un alterato rapporto Th1/Th2, in particolare una ridotta espressione di Th1 ed aumento di Th2, responsabili della manifestazione allergica. La forma più frequente è la rinite allergica primaverile, conosciuta anche come febbre da fieno, che colpisce circa il 60% della popolazione USA. Essa si manifesta con congestione nasale, 11 2007, vol. IX, n. 1 rinorrea e lacrimazione. Si associa anche a manifestazioni allergiche oculari sotto forma di congiuntivite allergica stagionale (SAC) nel 20% del casi, di congiuntivite allergica perenne (APC) nel 40% e di forme miste nell’altro 40% (ACP con riacutizzazioni stagionali), talvolta difficili da diagnosticare per la concomitante presenza di sinusite, infezioni respiratorie e rinite vasomotoria. La forma perenne è presente tutto l’anno, è un disturbo cronico, stimato in almeno l’1% di coloro che soffrono di allergia. Nella popolazione degli USA il 20-30% soffre di congiuntiviti di cui circa la metà in forma di SAC. Le congiuntiviti allergiche sono una causa frequente di consultazione dell’oftalmologo. In realtà il termine di “congiuntivite allergica” è generico, poiché racchiude diverse entità distinte per manifestazioni cliniche, che vanno dalle forme stagionali che possono essere associate a rinite primaverile o febbre da fieno, a forme più gravi come la congiuntivite primaverile e la cheratocongiuntivite atopica, patogenesi, prognosi ed impostazione terapeutica. Nella maggior parte dei casi la diagnosi di patologia allergica oculare è solo presunta sia perché solo raramente vengono eseguiti esami di laboratorio specifici, sia perché i pazienti con allergie oculari vengono gestiti non soltanto dall’oculista ma anche dal dermatologo, dal medico di famiglia, dal farmacista o, peggio ancora, si autogestiscono. Il sintomo principale ed importante per la diagnosi è il prurito. Importante è correlare l’insorgenza dei sintomi al periodo dell’anno, all’esposizione a particolari allergeni come il pelo di gatto. I segni clinici comuni sono: arrossamento della congiuntiva, lacrimazione, chemosi della congiuntiva, gonfiore delle palpebre. I fenomeni di ipersensibilità di tipo I (anafilassi o ipersensibilità immediata) o di tipo IV (ipersensibilità ritardata o cellulo mediata) secondo la classificazione di Gell e Coombs sono a r t i c o l o Occhio alle allergie entrambe chiamate in causa, eccetto per le forme di SAC e PAC in cui è coinvolta solo la reazione di tipo 1. La congiuntivite allergica è quindi un esempio di reazione di ipersensibilità di tipo I. Quando i pollini sospesi nell’aria, la polvere o il pelo di animali vengono a contatto con la superficie dell’occhio, nelle persone che non soffrono di allergia, l’ammiccamento automatico delle palpebre e le lacrime eliminano l’allergene. Nelle persone che soffrono di allergie, gli allergeni scatenano una serie di eventi che danno luogo a bruciore e arrossamento oculare, gonfiore palpebrale e lacrimazione. L’istamina è il maggior responsabile del prurito che caratterizza le reazioni allergiche. La congiuntiva contiene recettori H1 e H2: l’attivazione H1 ha come effetto principale il prurito, l’attivazione H2 è responsabile invece dell’iperemia. Etiologia Gli allergeni si distinguono in: 1) allergeni da inalazioni: pollini, dermatofagoidi, spore fungine e derivati epidermici di animali; 2) allergeni da ingestione: alimenti, sostanze chimiche e farmaci; 3) da iniezione: farmaci e veleni; 4) allergeni da contatto: sostanze chimiche, farmaci ad uso topico, cosmetici, sostanze di origine vegetale. I pollini (Tab. 1) più frequentemente responsabili derivano da piante erbacee delle famiglie delle Graminacee, delle Parietarie, delle Composite e di alcune piante arboree, Oleacee, Betullacee, Salicale, Plantanacee, Fagacee, Cupressacee, Corylacee. In linea di massima le graminacee: maggio, giugno e settembre; le paritarie sono perenni nell’italia con massima intensità in primaveraestate; le composite prevalgono nel periodo estivo-autunnale, mentre i pollini arborei intervengono nell’inverno-primavera precoce. Il dematophagoide pteronyssinus o acaro domestico è la principale fonte di allergeni perenni in ambito domestico, anche se il ciclo riproduttivo prevale in autunno. Immunopatogenesi Le reazioni allergiche si manifestano solo nei soggetti con “terreno atopico” cioè geneticamente predisposti, nei quali il contatto con sostanze normalmente innocue come certi allergeni (pollini, peli di animali, acari della polvere, etc) si trasfoma in fenomeni di ipersensibilità. Studi statistici hanno dimostrato che, se entrambi i genitori sono sani, la probabilità di allergia nel figlio è del 12.5%. Quando un genitore è allergico, la probabilità passa al 19.8% e raggiunge quasi il 43% se lo sono entrambi i genitori; infine, se il padre e la madre hanno lo stesso tipo di allergia, la probabilità nel bambino raggiunge il 72%. Tab. 1: Eziologia delle congiuntiviti allergiche stagionali Stagioni Precoce, inizio primavera Primavera, primavera estate Estate autunno Pollini Piante arboree Graminacee, paritarie, oleacee Composite alternaria Tab. 2: Classificazione delle reazioni allergiche di Gell e Coombs Tipo I= ipersensibilità IgE-mediata Degranulazione dei mastociti e liberazione di fattori infiammatori come istamina, prostaglandine , PAF etc. Tipo II= reazione citotossica Attivazione del complemento da complessi antigene-anticorpi, danno delle membrane cellulari con necrosi delle cellule (es. anemia emolitica) Tipo III= vasculite da immunocomplessi Attivazione del complemento da complessi antigene-anticorpi, innesco di un processo infiammatorio (es. vasculite) Tipo IV= eczema da contatto Contatto con allergene, attivazione dei linfociti e liberazione di linfochine con conseguente reazione infiammatoria 12 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o Occhio alle allergie La reazione allergica è, inoltre, influenzata dall’esistenza di precedenti esposizioni allo stesso o ad altri allergeni, dalla quantità e dalla durata dell’esposizione, ma anche dalla presenza di fattori aspecifici concomitanti quali infezioni, presenza di inquinanti atmosferici, fumo di sigaretta, variazioni ormonali e stimoli neuroendocrini. Le reazioni allergiche si suddividono in quattro tipi (classificazione di Gell e Coombs) (Tab. 2). Tipo 1 di ipersensibilità immediata: anticorpi specifici del tipo IgE si combinano tramite i propri frammenti Fc con i recettori di superficie dei mastociti inducendo il rilascio di istamina e di altri mediatori. Le conseguenze sono: rilasciamento della muscolatura liscia vascolare, evidenziata localmente dalla vasodilatazione (ad esempio congestione congiuntivale) ed a livello sistemico dall’ipotensione (shock anafilattico), incremento della permeabilità capillare con stravaso di liquidi nei tessuti, edema della congiuntiva e della mucosa delle vie aeree superiori (raffreddore da fieno, edema laringeo), irritazioni cutanee; contrazione della muscolatura liscia bronchiale con asma bronchiale, ipereccitabilità della muscolatura liscia intestinale con diarrea profusa e conversione in metaboliti, per azione della ciclossigenasi (prostaglandine e trombossani) e della lipossigenasi (leucotrieni). La caratteristica delle reazioni allergiche di tipo I è che i sintomi compaiono rapidamente dopo l’esposizione all’allergene e da ciò il nome. Tipo 2, reazione citotossica. Sulla superficie delle cellule ematiche sono presenti complessi antigene-anticorpi (IgG), che mediano l’attivazione del complemento (una famiglia di proteine che interviene nella difesa per agenti infettivi) che danneggia la membrana cellulare causando la necrosi della cellula; inoltre, promuove la fagocitosi, attrae i granulociti neutrofili (chemiotassi) e scatena le reazioni infiammatorie. L’attivazione del complemento sulle cellule ematiche ne provoca la distruzione, con anemia emolitica, granulocitopenia e trombocitopenia. Tipo 3, vasculite da immunocomplessi (malattia da siero, reazione di Arthus). I complessi antigene-anticorpi precipitano a livello della parete vasale, il complemento viene attivato ed innesca un processo infiammatorio. I neutrofili liberano enzimi lisosomiali che danneggiano la parete vascolare (flogosi, vasculite). Tra i sintomi si annoverano febbre, esantemi, ingrossamento dei linfonodi, artrite, nefrite, neuropatia. Tipo 4, eczema da contatto. Un antigene applicato sulla cute si lega alla superficie dei linfociti T specificatamente diretti contro di esso. Questi liberano messaggeri, linfochine, nell’ambiente circostante che attivano i macrofagi e scatenano una reazione flogistica. Da questa classificazione si evince che il termine allergia indica un meccanismo di ipersensibilità immediata e quindi di tipo I. Le congiuntiviti allergiche sono un esempio di tale tipo. Infatti, i soggetti atopici presentano un’aumentata e persistente produzione di IgE, la cui sintesi è regolata da molteplici geni prevalentemente legati al sistema maggiore di istocompatibilità (HLA). Il momento iniziale della sensibilizzazione verso un immunogeno è la captazione degli antigeni (IgE-specifiche) da parte dei macrofagi, delle cellule dentritiche (cellule di Langherans) eosinofili, piastrine e di altre cellule appartenenti al sistema APC (Antigen Presenting Cells). Le IgE inducono la degranulazione dei mastociti e quindi la liberazione di diversi fattori solubili preformati (Tab. 3), come istamina e prostaglandine, all’origine del danno tissutale. Tab. 3: Mediatori della reazione allergica liberati dai mastociti attivati Preoformati Istamina Proteasi neutre Enzimi ossidativi Fattori chemiotattici Proteoglicani 13 2007, vol. IX, n. 1 Neoformati Prostaglandine Leucotrieni PAF a r t i c o l o Occhio alle allergie Le cellule APC processano l’antigene al loro interno, espongono i loro frammenti sulla superficie in forma di peptici associati a molecole di istocompatibilità di classe II (restrizione genetica della risposta immune) che formano così un complesso stabile che viene riconosciuto dai recettori specifici presenti sui linfociti T, in particolare i T “helper”. Si distinguono due sottotipi di linfociti T, Th1 e Th2, a seconda delle citochine (interleuchine=IL) che producono e le cellule che stimolano. Le cellule Th1 producono IL-2, INF-γ (interferon gamma), TNF-β (tumor necrosis factor beta); hanno un’azione inibitoria sulla produzione di IgE, ma stimolano la produzione di IgA e IgG da parte dei macrofagi, intervenendo quindi nella risposta cellulo mediata. Le cellule Th2 producono IL-3, 4, 5, 10, 13 e GM-CSF di queste le IL-4 e 13 inducono la produzione di IgE agendo sui linfociti B, dai quali originano le plasmacellule, l’IL-3, Il-4 e l’IL-10 favoriscono la differenziazione e l’attivazione delle mast-cellule, mentre l’IL-5 regola la proliferazione, l’attivazione e la degranulazione degli eosinofili, quindi sono le cellule fondamentali per la risposta immediata. Più in dettaglio, la reazione allergica si sviluppa quindi in due fasi (Tab. 4): 1) sensibilizzazione dopo esposizione all’allergene; 2) attivazione della risposta linfocitaria: La prima fase è precoce: dopo un tempo di latenza di 30-45 secondi soltanto dalla esposizione all’allergene, con un picco massimo in 10 minuti si ha attivazione dei mastociti e dei basofili, che liberano istamina, neuropeptidi e proteoglicani (mediatori preformati) ed altri mediatori chimici come leucotrieni, PAF e radicali liberi (mediatori neoformati), In pochi minuti l’istamina si lega ai recettori H1 delle cellule vasali inducendo vasodilatazione e aumento della permeabilità vasale, ciò si manifesta con edema della congiuntiva (chemosi). L’istamina si lega anche ai recettori H1 non nocicettivi dei nervi tipo V della mucosa provocando il rilascio di neuropeptidi come la sostanza P che comporta prurito e lacrimazione. Il PAF aumenta l’aggregazione piastrinica, la permeabilità vasale e la chemiotassi per gli eosinofili e neutrofili, quindi aumento dell’iperemia e della chemosi e migrazione di cellule infiammatorie nei tessuti (amplificazione della risposta). La prima fase si manifesta con starnuti rinorrea edema (chemosi) ed iperemia della congiuntiva e delle palpebre, ma il segno predominante e specifico è il prurito. È quindi la fase essudativa e vasomotoria della reazione allergica che può essere prevenuta dall’uso degli stabilizzatori di membrana. La seconda fase, tardiva, compare dopo 4-8 h dall’esposizione all’allergene si manifesta con congestione, stanchezza, irritabilità. Durante questa fase intervengono gli eosinofili, richiamati per chemiotassi dai mastociti, i quali libe- Tab. 4: Fasi dell’allergia Fase precoce Dopo pochi minuti dall’esposizione all’allergene Breve durata (1-2 ora) Edema, iperemia, ipersecrezione Ipersensibilità IgE-mediata Fase tardiva Dopo 3-6 ore dall’esposizione all’allergene Lunga durata Infiammazione tissutale Cellulo-mediata Tab. 5: Mediatori della reazione allergica liberati dagli eosinofili attivati Preoformati Proteina basica maggiore (MBP) Proteina cationica (ECP) per ossidasi (EPO) Neutotossina X (EPX) Istaminasi Neoformati Prostaglandine Leucotrieni PAF 14 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o Occhio alle allergie rano proteine basiche (ECP, EPX, MBP, EPO), in particolare la ECP, tossiche per l’epitelio e contribuiscono al danno corneale che si verifica nelle fasi gravi delle allergie croniche. Gli eosinofili sono anche un’importante sorgente di leucotrieni, prostaglandine, citochine e chemochine (Tab. 5). La fase tardiva gioca un ruolo importante nella fisiopatologia della VKC e AKC. È corredata da infiammazione tissutale ed è imprescindibile dalla attivazione primaria dei mastociti; l’aspetto clinico è più variegato. Dal punto di vista istologico è caratteristica la presenza di un infiltrato cellulare misto costituito da macrofagi, neutrofili, basofili, eosinofili e linfociti. Il danno epiteliale, la vasodilatazione, il subedema tissutale, l’iperplasia delle ghiandole mucipare e la fibrosi sottocongiuntivale sono altre caratteristiche presenti, a seconda della durata e della gravità del quadro clinico. Recentemente è stato scoperto che anche le cellule epiteliali congiuntivali interevengono nelle reazioni allergiche. Queste cellule stimolante dall’istamina rilasciano Il6 e Il8, due citochine infiammatorie che promuovono la fase tardiva della risposta allergica. Classificazione delle allergie (Tab. 6) 1. Blefarocongiuntivite allergica acuta 2. Congiuntivite allergica a. Stagionale (SAC) b. Perenne (CAP) 3. Cheratocongiuntivite primaverile (VKC) a. Tarsale b. Limbare c. Mista 4. Cheratocongiuntivite atopica (AKC) 5. Congiuntivite gigantopapillare (GPC) a. Da lenti a contatto b. Da suture c. Da protesi 6. Cheratocongiuntivite microbioallergica a. Blefarocongiuntivite eczematosa b. Cheratocongiuntivite flittenulare 7. Blefarocongiuntivite eczematosa da contatto a. Blefarite eczematosa b. Blefarocongiuntivite da contatto 8. Congiuntivite lignea 1) Blefarocongiuntivite acuta È conosciuta anche come edema acuto delle palpebre. Si manifesta improvvisamente, senza Tab. 6: Classificazione clinica delle allergie oculari Blefarocongiuntivite allergica acuta Congiuntivite allergica Cheratocongiuntivite primaverile (VKC) a. Stagionale (SAC) b. Perenne (CAP) c. Tarsale d. Limbare e. Mista Cheratocongiuntivite atopica (AKC) Congiuntivite gigantopapillare (GPC) Cheratocongiuntivite microbioallergica Blefarocongiuntivite eczematosa da contatto Congiuntivite lignea 15 2007, vol. IX, n. 1 f. Da lenti a contatto g. Da suture h. Da protesi i. Blefarocongiuntivite eczematosa j. Cheratocongiuntivite flittenulare a) Blefarite eczematosa b) Blefarocongiuntivite da contatto a r t i c o l o Occhio alle allergie un’apparente esposizione agli allergeni, con un importante edema della palpebra e della congiuntiva. Può essere mono o bilaterale e non sempre è accompagnata da prurito. Può essere espressione sia di ipersensibilità IgE mediata, che cellulo-mediata scatenata da fattori diversi come la puntura di insetti, la fotosensibilizzazione a cosmetici o pomate, o farmaci quali aspirina o altri FANS. 2) Congiuntivite allergica a) La forma stagionale (SAC), detta anche acuta, ha una prevalenza di circa il 20% della popolazolazione e rappresenta circa il 90% di tutte le allergie oculari. La congiuntivite allergica è la manifestazione a livello oculare della febbre da fieno (rinite allergica) e di tale patologia rappresenta spesso il sintomo predominante. Ha un andamento stagionale (primavera e autunno) ed è causata prevalentemente dall’esposizione ai pollini di erbe e piante o a frammenti vegetali. La congiuntivite allergica stagionale è una riposta di ipersensibilità di tipo I, che si manifesta ogni volta che l’organismo viene a contatto con un antigene nei confronti del quale si è già sensibilizzato. Di conseguenza, i sintomi associati sono quelli tipici di una risposta immediata di tipo I. I cambiamenti che avvengono in molte reazioni immediate tipo I sono transitori e si risolvono con la rimozione dell’allergene. Se queste reazioni si ripetono più volte, ne può conseguire un’infiammazione acuta recidivante o persistente e quindi una risposta tardiva che a livello tissutale dopo 6-12 ore si manifesta con infiltrazione della mucosa congiuntivale da parte di cellule infiammatorie e può essere l’inizio della cronicizzazione dei sintomi (congiuntivite allergica cronica). La sintomatologia è caratterizzata da prurito oculare e perioculare; e, in associazione possono essere presenti rossore, bruciore lacrimazione eccessiva, una notevole secrezione mucosa filamentosa e rinite. Nella maggior parte dei casì è bilaterale. b) Le congiuntiviti allergiche croniche o perenni (CAP), così chiamate perché persistono durante il corso dell’anno, hanno una prevalenza del 3% nella popolazione totale. L’87% di tali pazienti va poi incontro ad esacerbazioni stagionali. Gli allergeni maggiormente in causa sono quelli presenti costantemente nell’ambiente domestico come pelo o escrementi di animali, acari della polvere, muffe. Le riacutizzazioni stagionali possono avvenire in primavera o in autunno, come risultato di una maggiore esposizione a piante erbacee o a muffe, ma sono più comuni in autunno, quando la presenza di polveri di allergeni fungini è maggiore. Come quella acuta, è una reazione di ipersensibilità di tipo I. A causa della sua natura cronica, coinvolge sia i meccanismi di risposta immediata che tardiva (IgE- mediata). I segni e i sintomi associati alle congiuntiviti allergiche croniche sono simili a quelli che caratterizzano le forme stagionali ma più costanti nel tempo. Nella maggioranza dei casi sono bilaterali, anche se è possibile osservare una risposta monolaterale soprattutto se l’antigene, ad esempio di origine animale, viene introdotto nell’occhio dal contatto delle mani. Molti di questi pazienti presentano una storia clinica con episodi di asma, eczema, etc. 3) La cheratocongiuntivite primaverile (VKC) È una rara e potenzialmente grave patologia oculare che, se sottovalutata, può portare ad un quadro clinico che vede compromessa gravemente la funzione visiva. Insorge in primavera è più frequente nei paesi caldi e coinvolge un’ipersensibilità di tipo I e IV. Colpisce prevalentemente i maschi fino alla pubertà, poi il rapporto M/F diventa 1:1. La VKC può essere asimmetrica. Le cararatteristiche distintive di questa patologia sono la presenza di papille giganti (più grandi di 1 mm), di forma poligonale ad “acciottolato romano” sulla congiuntiva palpebrale superiore, i punti di Trantas cioè infiltrati di neutrofili ed eosinofili, presenti a livello limbare, specie nella fase avanzata della malattia. Ciò indica la presenza di due espressioni cliniche, la forma con papille congiuntivali e la forma limbare. D’altra parte sono presenti anche situazioni in cui entrambe le caratteristiche cliniche coesistono (forme miste). Oltre ai segni sopra descritti la malattia è caratterizzata da: iperproduzione di muco, edema, gonfiore palpebrale e pseudoptosi, prurito, fotofobia e sensazione di corpo estraneo. Con il progredire della patologia, si può avere un coinvolgimento corneale caratterizzato da erosioni puntate superficiali fino alla formazione ulcere corneali sterili a scudo, non tanto per l’azione meccanica di sfregamento da parte delle papille giganti al tarso superiore, quanto come risultato della degranulazione dei mastociti e degli eosinofili e conseguente rilascio di proteine basiche 16 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o Occhio alle allergie epitelio-tossiche (MBP, ECP, EPX, EPO). Nei casi gravi si possono creare danni importanti e permanti della cornea, come neovascolarizzazione profusa, tali da indurre una perdita irreversibile della visione. Probabilmente diverse forme leggere o atipiche non vengono diagnosticate perché non si sono ancora trovati criteri diagnostici precisi per questa malattia. 4) La cheratocongiuntivite atopica (AKC) Come la forma VKC è un forma di allergia oculare potenzialmente severa per il frequente coinvolgimento corneale, con successive alterazioni tissutali, in mancanza di un trattamento adeguato. La AKC colpisce i bambini di età inferiore ai 4 anni e gli adulti fra i 30-50 anni. Non si escludono esacerbazioni stagionali specialmente nei mesi invernali, sia negli adulti che nei bambini che hanno sofferto di tale patologia, con manifestazioni quali febbre da fieno, allergia, eczema, atopia, asma. La sintomatologia è caratterizzata da prurito costante, bruciore, secrezione acquosa, fotofobia. La congiuntiva che riveste i bordi palpebrali si presenta di solito arrossata e gonfia; sono spesso presenti anche delle manifestazioni eczematose della rima papebrale, come anche una marcata ipertrofia papillare della congiuntiva tarsale superiore e inferiore. Il coinvolgimento corneale è direttamente proporzionale alla gravità della malattia. Nei casi più severi, per il rilascio di proteine basiche epitelio-tossiche da parte degli eosinofili, si evidenziano notevoli alterazioni della superficie corneale con disidratazione, erosioni superficiali, neovascolarizzazione corneale, ulcera sterile corneale. Quest’ultima suscettibile però di infezioni batteriche secondarie come da Hemophilus influenziae. Nelle forme più severe e croniche si può osservare la comparsa di cataratta atopica, che affligge dall’8% al 10% dei pazienti con dermatite atopica, un aumento di recidive erpetiche (cheratite virale da Herpes simplex) e l’insorgenza di glaucoma. Circa il 3% della popolazione soffre di dermatite atopica e di questi il 25% presenta un coinvolgimento oculare come ACK. La dermatite atopica si manifesta con desquamazioni e lesioni cutanee, spesso rotte dal continuo sfregamento dei pazienti: può indurre cheratite puntata superficiale, neovascolarizzazione corneale. Le infezioni a lungo termine possono portare a perdita della visione. 17 2007, vol. IX, n. 1 5) La congiuntivite gigantopapillare (GPC) È più frequente nei pazienti portatori di lenti a contatto (soprattutto nei portatori di lenti convenzionali) ed è stata identificata per la prima volta da Spring nel 1974. Si può riscontrare anche in soggetti con protesi oculari e suture corneali post-chirurgiche. La prima teoria patogenetica proposta supponeva che l’accumulo di muco, proteine e altre sostanze sulla superficie della lente causavano un’ipersensibilità mista IgE e cellulo-mediata. La teoria più moderna suggerisce che lo sfregamento cronico del bordo della lente comporta una degranulazione dei mastociti e lo sviluppo di GPC. La presenza di CD4 suggerisce che si tratti di una reazione di tipo IV I primi sintomi sono caratterizzati dal discomfort del bordo palpebrale o dolore derivante dalla rimozione delle lenti stesse, annebbiamento visivo e lieve secrezione mucosa. Con il passare del tempo, il paziente lamenta la sensazione di corpo estraneo, bruciore, lacrimazione, aumentata secrezione, iperemia congiuntivale ed intolleranza alle lenti a contatto. Il classico reperto della GPC è la presenza di papille giganti (non più grandi di 0.3 mm nella fase I e maggiori di 1 mm nella fase III e IV) sulla congiuntiva tarsale superiore. Queste papille hanno delle caratteristiche distintive che le diversificano nettamente da quelle presenti nelle forme più gravi di VKC: sono più piccole nella fase iniziale, più piatte, distribuite in modo più uniforme e non hanno l’aspetto tipico ad “acciottolato”. I segni corneali più frequentemente riportati sono cheratiti puntate o erosioni dell’epitelio corneale. La quantità di eosinofili e basofili riscontrabili nell’epitelio e nello stroma è notevolmente inferiore rispetto alla VKC, mentre le mast-cellule ed i neutrofili sono rilevabili in numero maggiore nella GPC. Può essere bilaterale, monolaterale, o asimmetrica. 6) Blefarocongiuntiviti eczematose da contatto Sono una ulteriore espressione della reattività oculare a più agenti locali o sistemici. Queste forme sono dovute ad una ipersensibilità cellulomediata e non IgE-mediata verso apteni, cioè sostanze che per diventare antigeniche richiedono il legame con proteine dell’organismo. La reazione è del tutto sovrapponibile dal punto di vista patogenetico a quella della dermatite da contatto. Pertanto, la diagnosi richiede l’esecuzione di test allergici diversi, cioè test cutanei o Patch test. a r t i c o l o Occhio alle allergie a) La blefarite eczematosa colpisce più frequentemente donne giovani adulte. È associata all’uso di cosmetici, lozioni coloranti, profumi, montature metalliche, bigiotteria. Ha un’insorgenza acuta o subacuta con eczema bilaterale delle palpebre che si presenta con diversi livelli di eritema, edema e vescicole, con prurito intenso. Il bordo palpebrale non presenta caratteristiche particolari. d) La blefarocongiuntivite da contatto colpisce persone adulte senza predilezione di sesso ed è legata al contatto diretto con la mucosa congiuntivale, fino alla formazione di pseudopemfigoidi, farmaci e conservanti come neomicina, amine simpaticomimetiche, beta-bloccanti, antistaminici, pilocarpina, benzalconio cloruro e timerosal, nichel e cosmetici. Si manifesta con cheratite puntata superficiale, iperemia congiuntivale intensa, ipertrofia follicolare e papillare. Bruciore e prurito. Può essere utile in queste forme ricorrere al Patch test, per una diagnosi precisa. 7) Cheratocongiuntivite microbioallergica Termine coniato da Theodore e indica una reazione immunologica verso proteine batteriche di per sé non tossiche, che può scatenare intense reazioni infiammatorie sulla superficie oculare. Comprende l’eczema palpebrale, la cheratocongiuntivite flittenulare, gli infiltrati e le ulcere corneali catarrali, la cheratite interstiziale, la cheratite disciforme, la cheratite da adenovirus e da clamida. a) La blefarocongiuntivite eczematosa è caratterizzata da dermatite umida, acuta o subacuta, con diversi gradi di eritema, blefarite squamosa con ulcerazioni del margine palpebrale, cheratite puntata superficiale specie della metà inferiore della cornea. Si manifesta con bruciore, senso di corpo estraneo, scarso prurito e lacrimazione. La persistenza di una blefarite stafilococcica causa la formazione di infiltrati periferici giallastri puntiformi e/o la comparsa di ulcere corneali periferiche accompagnate da neovascolarizzazioni superficiali. b) La cheratocongiuntivite fittenulare, più tipica dei bambini, è un’ipersensibilità ritardata verso il bacillo tubercolare o lo stafilococco, ma può associarsi anche ad infezioni da candida coccidiodi e nematodi. L’aspetto nodulare delle lesioni e l’assenza di prurito associata alla citologia (linfociti e neutrofili) permette la diagnosi differenziale con la forma primaverile limbare. Non sempre la storia familiare e personale è positiva per atopia o altre malattie immunitarie. 8) Congiuntivite lignea È rara e colpisce specialmente i bambini, spesso è asimmetrica. Si presenta come neoformazione membranosa bianco-giallastra aderente con la sua base al tarso superiore e con i margini liberi netti. Il termine deriva dall’indurimento della congiuntiva e della palpebra e dalla consistenza fibrosa della neoformazione. Diagnosi Al fine di non fare diagnosi eccessive di congiuntivite allergica, è necessario ricercare sistematicamente i segni generali di atopia (rinite allergica, eczema dei condotti uditivi, asma e dermatite atopica) ed i segni locali quali papille più o meno voluminose associate o meno a fibrosi congiuntivale. Il coinvolgimento corneale, come già detto, è di norma limitato alle cheratocongiuntiviti primaverili e atopiche. Il fattore stagionale assume un ruolo importante sia per la diagnosi che per la profilassi dal momento che le congiuntiviti tendono a ricorrere ciclicamente. Quindi oltre all’anamnesi, all’esame clinico generale e locale, bisogna ricorrere a test in vivo e di laboratorio sia sistemici che locali. Test sistemici A) I test cutanei sono importanti per saggiare la reattività cutanea verso allergeni ambientali e alimentari e la reattività all’istamina. Nelle forme da contatto è utile il patch test ciò l’applicazione di dischetti di cellulosa contenenti apteni sul dorso per 48 h. Nelle forme microbioallergiche si può ricorrere alla intradermoreazione con antigeni quali tubercolina, candidino, istoplasmina, estratti di stafilococco, streptococco. B) Dosaggio delle IgE specifiche totali e sieriche (RAST, ELISA), emocromo con conta degli eosinofili. C) Dosaggio plasmatico di istamina: tra i 3300 ed i 5500 pg/ ml. Test locali A) Dosaggio di IgE nel film lacrimale. B) Dosaggio di istamina nel film lacrimale. Valori lacrimali fino a 5 ng/ml vengono riscontrati nei soggetti sani in fase di quiete, valori superiori a 15 ng/ml si riscontrano nelle allergie stagionali, specie primaverili. Valori tra 5-15 si trovano nelle forme pseudoallergiche per effetto di un’attivazione specifica dei mastociti. 18 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o Occhio alle allergie C) Dosaggio della triptasi nelle lacrime. È un marker eccellente della degranulazione mastocitaria in quanto è unicamente presente nei granuli secreti da queste cellule (val. n < 40 ng/ml) valori elevati si riscontrano nelle congiuntiviti allergiche in fase acuta. D) Stimolazione congiuntivale con estratto allergenico in concentrazione nota: costituisce il test di provocazione congiuntivale specifica (CPT). La risposta è segnata dalla comparsa di iperemia e prurito. È particolarmente utile nei casi di storia di ipersensibilità IgE mediata ma con risposta negativa ai test sistemici. Può essere anche usato per monitorare una terapia specifica. E) I test di eliminazione sono rappresentati dalla sospensione all’esposizione all’allergene, per esempio colliri. Diagnosi differenziale È importate fare la diagnosi differenziale con il la sindrome dell’occhio secco, le congiuntiviti infettive ed altre sindromi. Segni differenziali importani sono il dolore e l’assenza di prurito. 1) Congiuntivite sicca Circa il 20% della popolazione soffre di sindrome dell’occhio secco. I sintomi sono simili a quelli della congiuntivite allergica cronica, pertanto la diagnosi differenziale non è sempre facile. Inoltre, l’allergia e la sindrome dell’occhio secco rappresentano i due lati di un triangolo formato da allergia, sindrome dell’occhio secco e meibomite, tre patologie che portano alla produzione di mediatori dell’infiammazione tossici per i diversi costituenti del film lacrimale che perpetuano la malattia. La mucosa congiuntivale è costantemente lubrificata dal film lacrimale il quale protegge in maniera aspecifica l’integrità della superficie oculare (cornea e congiuntiva), allontanando meccanicamente gli allergeni e gli irritanti e agisce chimicamente su certi patogeni per la presenza di fattori quali la lactoferrina, il lisonzima e l’interferone. Il tessuto linfatico associato alla mucosa congiuntivale e alle ghiandole lacrimali svolge invece un’azione protettiva specifica rilasciando immunoglobuline specifiche. 2) Cheratite ulcerativa periferica Presenta complessi problemi di gestione. Può essere espressione di malattie sistemiche e 19 2007, vol. IX, n. 1 talvolta ne rappresenta la manifestazione iniziale. È necessario ricorrere a test diagnostici per escludere disordini del tessuto connettivo. L’artrite reumatoide (AR) è spesso associata a questo disordine. La AR è associata a cheratocongiuntivite sicca, opacità stromali del cristallino per aumento di depositi lipidici, episclerite, sclerite, ulcera corneale centrale e periferica e sclerocheratite. Quest’ultima è un’infiammazione infiltrativa associata ad aumentata vascolarizzazione della periferia corneale. 3) Sindrome di Cogan Poco comune ad etiologia autoimmune. Include infiammazioni dell’occhio, dell’orecchio e dei vasi che rispondono al trattamento immunosoppressivo. Colpisce gli adulti dei quali circa la metà esordisce proprio con interessamento oculare. Si associano malattie audiovestibolari, congiuntiviti, iriti, scleriti, ulcere corneali e infiammazioni del segmento posteriore. Si associa anche ad altre malattie del connettivo come la granulomatosi di Wegner, la poliartrite nodosa, la sclerodermia, il lupus eritematoso sistemico (LES), l’arterite a cellule giganti e le malattie cutanee come la psoriasi. L’infiammazione limbare comporta la formazione di ulcere corneali da parte degli enzimi distruttivi come le metalloproteasi rilasciati dai granulociti. Si osservano quindi deficit epiteliale del limbus, ispessimento dello stroma, iperemia e chemosi della congiuntiva circostante. Questi possono portare a descemetocele con rischio di perforazione. L’iperemia al limbus indica attività della malattia. La vascolarizzazione dell’area ulcerata è rara. 4) Ulcera di Morens Non è associata a malattie sistemiche. È simile alla cheratite ulcerativa periferica ma è una condizione idiopatica. Interessa il centro e l’area paracentrale della cornea. Si sviluppano aree infiltrative che alterano l’anatomia della cornea. Si manifesta con iperemia ed edema della congiuntiva circostante. Trattamento terapeutico (Tab. 7) 1) Blocco dei recettori istaminici, blocco dell’attivazione delle cellule infiammatorie e rilascio di mediatori. Gli antistaminici topici sono di tipo anti H1: alchilamina (feniramide maleato) e etilendiamine (antazolina fosfato e pirilamina maleato) Gli a r t i c o l o Occhio alle allergie H1- antistaminici sono sommiTab. 7: Terapia nistrati in genere per via orale Antiistaminici o locale. Per quanto riguarda Stabilizzatori di membrana gli antistamini topici facciamo riferimento a quelli di seconda Combinazioni di antistamimici e stabilizzatori generazione: azelastina, ketotidi membrana fene, emedastina, levocabastiSteroidi na, olopatadina, epinastitina. Fans L’azelastica cloridrato blocca i reImmunosoppressivi cettori H1, previene l’attivazioTerapia chirurgica ne delle cellule infiammatorie (basofili, neutrofili, eosinofili e macrofagi), inibisce la sintesi brana” (cromoglicato (cromolyin) e nedocromil) consie/o il rilascio di mediatori quali leucotrieni, anione superossido, PAF ed inibisce ste nell’impedire la degranulazione dei mastociti la sintesi, antigene-dipendente, di leucotrieni, e delle cellule infiammatorie e quindi di bloccare agendo sulla via metabolica della 5-lipoossi- la liberazione di istamina. Quelli di nuova genegenasi, mantenendo integra la clicloossigenasi. razione hanno anche effetto antinfiammatorio È disponibile in collirio allo 0.005% da sommi- e sintomatico (acido spaglumico, nedocroministrare da 2 a 4 volte al dì. Consigliata nelle le, lodoxamide). La liberazione dei messaggeri forme stagionali nei bambini dai 4 anni in su e dai mastoci può anche essere inibita da alcuni nelle forme perenni dai 12 anni in su. L’emeda- H1-antistaminici, ad esempio pioxatomomide e stinadifumarato 0.05% è utilizzata alla posologia ketotifene, che vengono somministrati per via sidi 1 goccia due volte al dì e l’effetto è riscon- stemica o topica. Il cromoglicato impedisce la libetrabile dopo 5 minuti dalla somministrazione. razione di mediatori, solo con una terapia cronica. Il ketotifene idrogenatofumarato è disponibile Inoltre, interferendo con l’azione dei mediatori allo 0.025% e 0.05%, ha effetto stabilizzante di delle cellule infiammatorie, determina un’inibimembrana, inibisce gli eosinofili e i mediato- zione più generale dell’infiammazione allergica. ri liofili come il PAF, inoltre blocca i recettori Viene somministrato localmente nella congiunH1. È somministrato alla posologia di 1 goccia tiva, nella mucosa nasale o bronchiale (inalaziodue volte al dì. La levocabastina è disponibile in ne) e per somministrazione orale nella mucosa collirio allo 0.05%. Il suo profilo farmacologico intestinale. Il trattamento può protrarsi per setè caratterizzato da una spiccata selettività nei timane. Inibendo la degranulazione sarebbe più confronti dei recettori H1 e da una azione rapi- indicata una loro instillazione preventiva cioè prima della manifestazione allergica. Nuovi stada (pochi minuti). L’olopatadina cloridrato è disponibile allo bilizzatori sono la rapamicina, dimetil solforico, 0.1% è dotata di triplice attività d’azione come pemirolast fosfato. il ketotifene, l’epinastastina cloridrato allo 0.5% e 3) Combinazioni di aniistaminici e stabilizla azelastatina cloridrato. Il più grande difetto degli antistaminici è la zatori di membrana Alopatadine 0,1%, epinestine 0,05%, azelabassa emivita che richiede quindi frequenti instillazioni ogni 4-6 ore e la loro incapacità di pre- stine 0,05% e ketotifene. All’effetto sul prurito degli antistaminici si associa la proprietà di stavenire l’ulteriore degranulazione dei mastociti. Nelle forme associate a manifestazioni siste- bilizzatori di membrana dei secondi, per ridurre miche può essere utile l’impiego degli antistami- gli effetti a lungo termine delle allergie. nici sistemici: terfezolina, astemizolo, oxatomi4) Steroidi de, loratadina e cetirizina. Interferiscono con la sintesi proteica riducenI vasocostrittori topici hanno solo effetto sindo molti dei sintomi delle allergie. Hanno potente tomatico. azione antiinfiammatoria ed immunosoppressiva, ma per il loro assorbimento locale, specie attraver2) Farmaci stabilizzatori di membrana Uno degli effetti degli “stabilizzatori di mem- so la cornea, hanno numerosi effetti collaterali che 20 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o Occhio alle allergie non permettono l’uso a lungo termine: aumentano la IOP, inducono cataratta, riducono la risposta immune a patogeni, aumentando l’incidenza di infezioni da Herpes simplex. Steroidi come desametazone alcool o fosfato, betametazone, prednisolone acetato e sodio fosfato sono a maggior penetrabilità oculare e quindi hanno maggiori effetti collaterali rispetto a desonide, medrisone, idrocortisone, formoortal, fluorometolone. 5) FANS antinfiammatori non steroidei In realtà l’impiego di inibitori della ciclossigenasi (acido acetilsalicilico, indometacina e piroxicam) e della lipossigenasi (N-idrossi-arachidonamide, phenidone) nelle congiuntiviti allergiche è ancora limitato. Diclofenac, piroxicam, aspirina, chetotifene, chetorolac inibiscono la sintesi delle prostaglandine, l’attivazione dei neutrofili e la liberazione di enzimi lisosomiali e di radicali liberi. 6) Immunomodulatori La ciclosporina A in collirio al 2% agisce inibendo in maniera reversibile i linfociti Th1 e quindi la produzione di IL-2, agisce quindi sulla componente cellulo-mediata. È utile nel trattamento a lungo termine delle forme gravi di cheratocongiuntiviti primaverili, atopiche e flittenulari, che rispondono poco al trattamento convenzionale, e della forma lignea. L’esatto meccanismo d’azione non è conosciuto, sembra avere un effetto stabilizzante sui mastociti e sugli eosinofili inibendo il rilascio di ECP. 7) Trattamento chirurgico In forme gravi di cheratocongiuntiviti, in cui le papille giganti possono causare pseudoptosi, si può ricorrere all’escissione delle papille associata al criotrattamento della mucosa tarsale. Si ricorre alla cheratoplastica quando la cornea è drammaticamente danneggiata. È in corso di sperimentazione la desensibilizzazione congiuntivale con estratti allergenici somministrati localmente. Terapie specifiche 1) Nelle Congiuntiviti allergiche e primaverili gli stabilizzatori di membrana sono il primo trattamento nelle forme IgE mediate, instillati 4 volte al dì per tutto il periodo delle allergie. Nelle forme stagionali è necessario iniziare due settimane prima del periodo di impollinazione, mentre nella fase 21 2007, vol. IX, n. 1 acuta si può associare un trattamento sintomatico. Antistaminici e vasocostrittori sono utili nelle forme lievi; nelle forme più gravi si deve ricorrere agli steroidi. Nelle forme di rinocongiuntivite si deve associare l’antiistaminico sistemico. Nelle forme gravi primaverili si può ricorrere anche alla ciclosporina. Allontanare o ridurre il contatto con l’allergene non sempre è facile. Nelle congiuntiviti stagionali e perenni la combinazione di antistaminici e stabilizzatori di membrana, l’uso di garze sterili e l’instillazione frequente di soluzioni umettanti per allontanare l’allergene, risultano sufficienti. Gli antistaminici orali non sono indicati perché, avendo un effetto di disidratazione sugli occhi aumentano la concentrazione dell’allergene nel film lacrimale esacerbando i sintomi. Inoltre inducono sonnolenza, disidratazione e alterazione della diuresi. Nelle forme di SAC e PAC associate a rinite allergica (SAC e PAC) non sempre i portatori devono sospendere l’uso delle lenti a contatto. A tal proposito ci sono pareri discordanti. Alcuni raccomandano gocce, compresse fredde, sospensione o ridotto tempo d’uso delle lenti. Altri suggeriscono un aumento della frequenza di sostituzione delle lenti e molti autori, visto che gli allergeni si legano alla superficie delle lac morbide e che agiscono da barriera per ridurre l’esposizione all’allergene, suggeriscono l’uso di materiali non ionici e lenti giornaliere. Lemp consiglia l’uso di antiallergici durante il porto delle Lac, altri prima dell’applicazione e dopo la sospensione delle Lac. Nelle forme medie può essere utile la sospensione temporanea e la terapia steroidea. Nei casi gravi sospendere le lac, steroidi locali, cambiare il tipo di lenti (dimensioni e materiale). Le lenti a contatto giornaliere e quelle in silicone idrogel sono oggi le migliori possibiltà offerte al soggetto allergico che ha diffetti di refrazione importanti o anisometropie. Tali lenti potrebbero reagire da “spazzini”, stimolando la secrezione lacrimale e permettendo un lavaggio della superficie oculare, “chelare” le interleuchine responsabili del rimodellamento congiuntivale con produzione di VEGF che impedisce la formazione delle papille giganti o riduce la formazione di depositi. Le AKC e VKC sono le forme più difficili da trattare, poiché l’alto rischio di perdita di visione impone un immediato intervento. Gli steroidi a r t i c o l o Occhio alle allergie sono indicati, come la combinazione di antistaminici e stabilizzatori di membrana. La nuova terapia è la immunosoppressione con ciclosporina A in collirio (reastasi, una goccia 2 volte al dì). I pazienti con coinvolgimento palpebrale trovano sollievo con il tracolimus topico pomata, un immunomodulatore più efficace della ciclosporina ma usato solo per uso dermatologico. Nelle forme giganto-papillari la sospensione delle LAC per una settimana riduce le papille. Se i pazienti usano LAC convenzionali si può consigliare il passaggio a LAC disposable. Solo il 5% dei portatori riferisce intolleranza alle lenti. La reazione di ipersensibilità è legata ai liquidi utilizzati per la conservazione delle LAC. È importante conoscerli per indirizzare i pazienti verso soluzioni a base di perossido o l’uso di LAC disposable. Una storia di atopia aumenta di 5 volte il rischio di sviluppare questa forma di intolleranza. 2) Per le cheratocongiuntivite atopiche si consiglia l’igiene palpebrale con saponi neutri e applicazioni di pomate a base di cortisone, antibiotici. Il coinvolgimento corneale richiede l’uso di ciclosporina A topica. 3) Nelle blefarocongiuntivite microbioallergica alla terapia antibiotica locale si deve associare la terapia con Tetracicline per os a basso dosaggio per un mese. 4) Infine, nella congiuntivite lignea, si può ricorrere alla Ciclosporina topica. Summary Ocular allergies are very frequent and sometimes so severe to compromise vision. They manifest themselves in atopic subjects who have a genetic proneness, after exposure to common stimulus which are normally harmless for the organism such as pollen, mites, fur. Allergic conjutivitis are mainly expression of IgE-mediated hypersensitivity, therefore type I. This term is generic and includes various clinical entities that go from seasonal forms to atopic keratoconjunctivitis, which require other therapeutic intervention. Key words: allergic conjunctivitis, immunology, diagnostic exams, therapy, contact lenses. Bibliografia Acar N, Toker E, Kazokoglu H: Tear and serum eosinophil cation protein levels in seasonal allergic conjunctivitis. Eur J Ophthalmol Scand, 2000; 78: 52-55 Abelson MB, George MA, Garofalo C: Differential diagnosis of ocular allergic disorders. Ann Allergy , 1993; 70: 95-107 Abelson MB, Smith L, Chapin: Ocular allergic disease: mechanism, disease sub-types, treatment. The Ocular surface, 2003; 25: 931-947 Aragona P: Nuovi antistamini...farmaci per “tutte le stagioni”. L’Oculista Italiano 2002; 133: 5-8 Berdy GJ, Hedqvist B: Ocular allergic disorders and dry eye disease: association, diagnostic and dilemnas, and management. Acta Ophtalmol, 2000; 78: 32-37 Bielory L: Allergic and immunologic disorders of the eye. Part II: Ocular Allergy. J Allergy Clin Immunol, 2000; 106: 1019-1032 Bonini ni S e Bonini S: IgE and non-IgE mechanisms in ocular allergy. Ann Allergy, 1993; 71: 296-29 Cook EB, Stahl JL, Sedgwick JB, et al: The promotion of eosinophil degranulation and adhesion to conjunctival epithelial cells, by IgE-activated conjunctival mast cells. Ann Allergy Asthma Immuno, 2004; 92: 65-72 Friendlander MH: Conjunctivitis of allergic origin: clinical presentation and differential diagnosis. Surv Ophthalmol, 1993; 38: 105-114 Friedland MH: A review of the causes and treatment of bacterial and allergic conjunctivitis. Clin Therapeutics, 1995; 17: 800-810 Fujshima H, Saito H, Takeuchi T e Tsubota K: Immunological characteristic of patients with vernal keratoconjunctivis. Jpn J Ophthalmol, 2002; 46: 244-248 Grupta V, Sahu PK: Topical cyclosporine A in the management of vernal keratoconjunctivitis. Eye, 2001: 15: 39-41 Hannouche D, Hoang-Xuan T: Les Conjonctivites allergiques. Infiammation chronique de la conjonctive, HoangXuan Th et al. Rapport Bull Soc Ophthalmol Paris, Lamy Ed, 1998: 93-124 Hansen D: Allergies and Lens Wear: How to get the itch out. Contact Lenses Spectrum, 2003: 28-37 Hingorani M, Lightman S: Therapeutic options in ocular allergic disease. Drugs, 1995; 50: 208-221 Irani AM, Schechter NM, Craig Schwartz LB: Two types of human mastcells that have distinct neutral protease compositions. Proc Natl Acad Sci, USA, 1986; 83: 4464-4648 Katelaris CH: Implications of mastcell heterogeneity in managing ocular allergy. Clin Exp Ophthalmol, 2003; 31:S2 Lemp MA: Contact lenses and associated anterior segment disorders: dry eye, blepharitis, and allergy. Ophthalmol Clin North Am, 2003; 16 (3): 463-469 Leonardi A: Pathophysiology of allergic conjunctivitis. Acta Ophthalmol Scand, 1999; 99: 21-23 Leonardi A: Vernal keratoconjunctivitis: pathogenesis and treatment. Progo Retin Eye Res, 2002; 21:319-339 Mathers WD, Lane JA: Meimobian gland lipids, evaporation 22 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o Occhio alle allergie and tear film stability. In: lacrimal gland tear film and dry eye syndromes 2. New York, Sullivan et al. Ed., 1998; 361-371 Pescosolido N: Le lenti in silicone idrogel: Aspetti fisico-chimici e clinici. Canelli (AT), Fabiano Editore, 2003 Pescosolido N, Leonardi A, Stefanucci A: Aspetti immunologici delle congiuntiviti allergiche. Canelli (AT), Fabiano Editore, 2004 Phillips I: Allergy part 2: Differential diagnosis. Optician 2006; 231 Secchi AG, Leopardi A: Allergopatie oculari di superficie, Roma, Connect Graph Ed., 2000 Spencer WH, Zimmerm LE: Conjunctiva. In: Spencer WH, Canelli (AT), Fabiano Editore, 2003 Stiegemeier JM e Stuart T: Seasonal allergy relief with daily disposable lenses. Contact Lens Spectrum, aprile 2001 Townsend W: Stopping The Itch: Relief for ocular allergies. Contact Lenses Spectrum, 2005 Veys J: Managing the contact lens wearing allergy sufferer. Optician 2004; 227 Volker HE e Naumann GOH: Conjunctiva. In: Naumann,GOH, Apple DJ (Eds), Pathology of the eye, First Ed. Springer Verlag, Berlin, pp. 249-316 Walker J. Seasonal allergic conjunctivitis (Hay fever) and contact lenses. Silicone Hydrogels, febbraio 2005. 23 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o Disinfezione con soluzioni al perossido di idrogeno Susan J. Gromacki OD, MS, FAAO Questa è la traduzione della versione originale in inglese dell’articolo: “Hydrogene Peroxide Disinfection” apparso su Contact Lens Spectrum December 2006, pubblicato da Lippincott Williams & Wilkins. Si ringraziano l’editore e l’autore per la gentile concessione a tradurre e pubblicare l’articolo. È interessante notare che nessuno dei portatori di lenti a contatto coinvolti nell’esplosione del caso di cheratite da Fusarium è risultato essere un utilizzatore di sistemi di disinfezione a base di perossido di idrogeno. Allora rivediamo questo sistema di manutenzione e le sue caratteristiche. Il perossido di idrogeno ha un’eccellente efficacia antimicrobica. Agisce penetrando il materiale idrogel e pulendo a fondo la lente allargandone la matrice e ossidando i microbi. Grazie alla sua natura ipotonica e al suo pH 4.00. è anche in grado di rompere i legami con proteine e lipidi e di rimuovere i detriti. Può altresì penetrare il biofilm microbico. La maggior parte delle soluzioni uniche non possiede questa caratteristica, e ciò può aver contributo alla sopravvvivenza del Fusarium. Il perossido di idrogeno non contiene conservanti, ideale, quindi, per pazienti che soffrono di occhio secco o ipersensibilità. Due dei sistemi in commercio, inoltre contengono agenti umettanti addizionali. I pazienti che utilizzano soltanto il perossido abbinato al risciacquo della lente per 10 secondi, adottano una buona soluzione per lenti a contatto che hanno una durata di tre mesi o inferiore; mentre se combinato con un pulente, il perossido di idrogeno è il sistema di pulizia da scegliere in caso di lenti prescritte per un periodo di tre mesi o più. Lippincott Williams e Wilkins non è responsabile per eventuali errori di traduzione. Lippincott Williams e Wilkins non consiglia o pubblicizza prodotti, servizi o dispositivi. Storia Il primo sistema al perossido monofase AOSept (CIBA Vision) è apparso nel 1982. È immediatamente risultato più pratico della disinfezione termica. Nondimeno, la quota di mercato delle soluzioni al perossido è diminuita dal 20 percento del 1993 all’8 percento di oggi. Ciò è sicuramente dovuto ai continui miglioramenti delle soluzioni uniche. Ma potrebbe essere anche dovuto ad effetti di azioni di marketing; infatti pochi sono i campioni di sistemi di disinfezione H2O2 che vengono ormai prodotti. Si è inoltre creata la convinzione che i nostri pazienti non siano in grado di seguire una manutenzione che richieda lo strofinamento della lente e l’uso di una soluzione con il beccuccio di avvertenza rosso. Qui risiede lo svantaggio del sistema: una cheratite di origine chimica per quei sfortunati pazienti che accidentalmente mettono nei loro occhi una goccia di H2O2. La verità è che i pazienti che usano il perossido sono tra quelli che seguono di più le istruzioni e tra i più fedeli alla soluzione consigliata, lo abbiamo potuto constatare quest’anno durante la temporanea sospensione della produzione di AOSEPT e AOSEPT PLUS (CIBA Vision). Educazione del paziente La concentrazione al 3% trovata in queste soluzioni provvede ad un’ottimale disinfezione delle lenti. Nella maggioranza dei casi ci vogliono circa 10 minuti di esposizione per eliminare la maggior parte dei batteri e dai 45 ai 60 minuti per i funghi. È necessario informare i pazienti che questa soluzione è microfiltrata e non è sostituibile con l’acqua ossigenata che si può trovare in farmacia. Siccome l‘H2O2 può essere tossico per l’epitelio, è necessario inoltre educare i pazienti sull’importanza di effettuare una completa neutralizzazione del perossido, ed enfatizzare che ciò può essere ottenuto solo con il portalenti del sistema. 24 2007, vol. IX, n. 1 a r t i c o l o Disinfezione con soluzioni al perossido di idrogeno Ciò che rimane nel contenitore al termine del processo è soluzione salina senza conservanti; i pazienti dovrebbero mettersi le lenti prendendole direttamente dal contenitore. Risciacquarle con l’H2O2 è controindicato, mentre è accettabile il risciaquo con soluzione salina sterile. Neutralizzazione La neutralizzazione avviene tramite una tavoletta enziamatica catalitica oppure tramite un disco di platino catalitico, a seconda della marca utilizzata. La maggioranza dei sistemi indica un tempo di neutralizzazione di sei ore, anche se i dischi più nuovi neutralizzano più velocemente di quelli più vecchi. I produttori raccomadano di sostituire il disco/contenitore ogni tre mesi. Una neutralizzazione inadeguata può portare ad iperemia, lacrimazione, epifora, chemosi bruciore, fitte acute, fotofobia e cheratite puntata superficiale. Con misure palliative, la superficie anteriore guarisce solitamente in 24 ore. Cosa è disponibile Nel mio prossimo intervento, discuterò le caratteristiche delle varie marche di perossido d’idrogeno disponibili oggi. La Dott.ssa Gromacki fa parte di un gruppo di studio di Burke, Virginia, ed è stata membro di Facoltà del Dipartimento di Oftalmologia e Scienza Visiva dell’Università del Michigan. 25 2007, vol. IX, n. 1 r u b r i c a immagini di lac Fabrizio Zeri La lente sale... la lente è piatta! Di fronte ad una condizione clinica può accadere di esprimere un giudizio o trarre una conclusione considerando solo quei segni che risaltano evidenti ai nostri occhi, senza esaminare più approfonditamente la situazione. Ecco perché guardando il caso riportato in Fig. 1 può nascere spontanea l’equazione: “la lente sale, allora la lente è piatta”. Se però si considera che questa immediata spiegazione potrebbe non essere l’unica, allora si potrebbero effettuare quelle azioni necessarie alla “diagnosi differenziale contattologica”. In questo caso ciò che dirime i dubbi del caso, è l’eversione palpebrale (Fig. 2 e 3) che, per inciso, non andrebbe considerata come controllo opzionale ma bensì controllo di routine durante ogni esame contattologico. L’eversione palpebrale evidenzia una reazione ipertrofica palpebrale piuttosto severa responsabile del decentramento della lac. Ma riassumiamo il caso in questione: SP, 38 anni, è un‘impiegata che usa lac convenzionali ad alta idratazione di sf -18.00 D sull’od e sf-19.00 D sull’os. È portatrice di lac dall’età di 13 anni in modalità giornaliera con uso in media di 12/14 ore al giorno. Effettua manutenzione con perossido d’idrogeno con catalasi in pasticca. Si presenta all’esame lamentando i seguenti sintomi: leggero arrossamento congiuntivale, secrezione, leggera fotofobia e soprattutto visione fluttuante all’ammiccamento!! L’esame evidenzia iperemia bulbare e limbare stadio 1,5, consi- stente secrezione mucosa e soprattutto una ipertrofia palpebrale di stadio 4 evidente nelle zone 2 e 3 (Fig. 4) sia in luce bianca che con fluoresceina (CCLRU grading scales). La condizione in questione fu descritta per la prima volta da Fig. 1 Spring nel 1974 e ampiamente studiata negli anni successivi da molti autori, tra i quali, spicca il contributo della Allansmith e dei suoi collaboratori che nel 1977 la battezzarono congiuntivite papillare gigante per via del formidabile aumento di grandezza delle papille della con- Fig. 2 giuntiva palpebrale superiore. Oggi si preferisce chiamarla congiuntivite papillare indotta da lenti a contatto (l’acronimo più usato è quello inglese: CLPC) perché la definizione consente di descrivere anche casi meno gravi che lungo un continuum vanno dalla normalità alla condizione gigante che del continuum rappresenta la manifestazione più severa. I segni oggettivi della CLPC, oltre all’aumento della presenza di muco, vanno ricercati esclusivamente sulla congiuntiva tarsale della palpebra superiore e sono l’edema, l’iperemia, la rugosità della superficie e l’ipertrofia papillare con possibile presenza d’infiltrati e lacerazioni alla sommità delle papille che gli conferiscono un tipico colore bianco cremoso (Fig. 2). La CLPC può essere graduata grazie alle scale di quantificazione della risposta oculare, ma si dovrebbe far riferimento nella valutazione dei segni solo alle zone 1, 2 e 3 di Fig. 4 (l’aspetto ipertrofico della congiuntiva nelle zone laterali 4 e 5 e quello lungo la linea di piegatura dell’eversione non andrebbe invece considerato). I segni soggetti della CLPC, la cui intensità correla positivamente con quella dei segni oggettivi (Efron, 1999), sono: prurito, presenza di secrezione mucosa fin dal risveglio, discomfort progressivo con l’uso delle lac, sfocatura intermittente e eccessivo movimento e/o decentramento della lac. Quest’ultimo sintomo è chiaramente anche il segno evidente del caso riportato in Fig. 1 e dipende dalla maggiore frizione tra le papille ingigantite e la superficie della lac il tutto amplificato dall’effetto “adesivo” del muco (Efron, 1999). 26 2007, vol. IX, n. 1 r u b r i c a immagini di lac Fabrizio Zeri Fig. 3 Fig. 4 Molti sono i fattori in grado d’influenzare l’insorgenza e la severità della CLPC: tipo di lac, modalità di sostituzione, modalità d’uso, manutenzione usata, stagione dell’anno (Larke, 1985; Efron, 1999). L’incidenza della CLPC è maggiore nell’uso di lac morbide convenzionali rispetto alle lac morbide a rimpiazzo frequente o alle RGP. In genere l’uso continuo alza l’incidenza per tutti i tipi di lac. L’aspetto della CLPC è inoltre diverso per tipologia di lac usate: nei portatori di RGP è caratterizzata dall’ipertrofia di poche papille isolate, nei portatori di morbide invece l’ipertrofia interessa più diffusamente l’intero tappeto congiuntivale come in Fig. 2. Per interpretare questi dati è necessario valutare le ipotesi sulla causa scatenante la CLPC che 27 2007, vol. IX, n. 1 sembrerebbero principalmente 2: - frizione meccanica tra lac e congiuntiva tarsale; - reazione allergica ai depositi presenti sulla superficie della lac. La causa meccanica è stata ipotizzata perché una reazione molto simile alla CLPC si riscontra anche quando intervengono sulla congiuntiva altri tipi di trauma indotti ad esempio da protesi o punti di sutura esterni. Reazione che si risolve completamente rimuovendo la causa del traumatismo. Per causa allergica s’intende l’instaurarsi del meccanismo di reazione di ipersensibilità immediata (mediata dalle IgE) o ritardata (mediata dai linfociti T) ad uno specifico antigene che nel caso della CLPC sarebbero le proteine (soprattutto denaturate) accumulate sulla superficie delle lac (in realtà non si può escludere un azione scatenante anche da parte di lipidi, calcio o muco cosi come un’azione di innesco da parte di batteri e/o tossine). La causa allergica spiega perché con le lac morbide a ricambio frequente (soprattutto giornaliere), con cui si riesce a limitare l’accumulo di depositi, l’incidenza di CLPC è più bassa. Limitare l’accumulo di depositi sembra essere quindi il must nel trattamento contattologico della CLPC anche se può anche essere rilevante unire una strategia di riduzione del traumatismo agendo sulla geometria della lac. Si può limitare l’accu- mulo di depositi aumentando la frequenza di sostituzione delle lac (ad esempio giornaliere), migliorando la pulizia della superficie della lac (ad esempio attraverso l’uso di enzimi e l’azione giornaliera di rubbing), usando materiali in grado di accumulare meno depositi proteici (materiali del I gruppo: non ionici a bassa idratazione; e/o siliconi idrogel) o anche materiali che pur attraendo molto proteine consentono una aderenza che non porta ad una denaturazione delle stesse (materiali IV gruppo: ionici ad alta idratazione). Nel caso riportato qui l’elevata miopia costringe necessariamente all’uso di lac convenzionali. Le strade per intervenire sulla CLPC si limitano quindi ad una scelta di materiali che riducono l’aderenza o la denaturazione delle proteine, ad una maggiore pulizia e ad un eventuale azione sulla geometria della lac. Comunque in casi così severi può essere necessario, prima di intervenire con le strategie contattologiche, un iniziale periodo di sospensione o di forte riduzione d’uso durante il quale si può anche richiedere l’intervento medico per ridurre farmacologicamente la sintomatologia. Bibliografia Allansmith MR, Korb DRR, Greiner JV. Giant papillary conjunctivitis in contact lens wearers. Am J Ophthalmol 1977; 83 (5): 697-708. Efron N. Contact lens complications. Butterworth-Heinemann. Oxford, 1999. Larke J. The eye in the contact lens wear. Butterworths, 1985. Spring TF. Reaction to hydrophilic lenses. Med J Aust 1974 1: 449-450. r u b r i c a tips & tricks Laura Boccardo Una buona occasione per proporre le lenti a contatto Immaginate come ci si sente a provare un vestito nuovo senza uno specchio! Per i miopi elevati, i presbiti, soprattutto ipermetropi, provarsi le montature da vista può essere un’esperienza molto frustrante, perché non riescono a vedersi bene nello specchio e si devono fidare del giudizio degli altri. A volte poi, capita che abbiano davvero delle sgradevoli sorprese, quando si vedono nitidi alla consegna dell’occhiale. Proponete un paio di lenti usa e getta a tutti i pazienti che devono scegliere la montatura e che non utilizzano già lenti a contatto: non importa che la correzione sia proprio precisa. Non tutti si sentiranno di farsi mettere da voi un paio di lenti, ma chi accetterà vi sarà poi grato di avergli offerto una soluzione a cui non aveva ancora pensato. Inoltre, alcuni di questi saranno talmente entusiasti della possibilità di vedersi senza occhiali, che decideranno di portare le lenti a contatto anche in altre occasioni. (L.B.) Lenti RGP di colore diverso Quando vi fate costruire un paio di lenti a contatto RGP dal vostro laboratorio di ricettazione, se possibile, chiedete che la lente destra e la sinistra siano costruite di due colori diversi, in modo che il paziente non confonda le due lenti. Spesso, bottoni dello stesso materiale sono disponibili in tinte differenti. Tranquillizzate i pazienti che queste lievi colorazioni non fanno vedere di due colori diversi, né hanno alcun effetto estetico sul colore degli occhi. (L.B.) era eccessiva e la paziente è rimasta molto soddisfatta della ingegnosa soluzione. Antonio Calossi Un allarme nel telefonino Quando le informazioni sono contrastanti I vostri pazienti si dimenticano di sostituire le lenti a contatto alla fine del mese? Molti telefoni permettono di impostare facilmente una sveglia a cadenza mensile. Suggeritegli di impostare un allarme nel loro cellulare, la mattina presto, in un orario in cui si stanno preparando per andare a scuola o a lavorare. Altri pazienti troveranno comodo utilizzare il calendario elettronico del loro PC. A questo punto non avranno più scuse per allungare la vita delle loro lenti a contatto. Jay D. Petersma Contact Lens Today 9 Aprile 2006 Due lenti in silicone idrogel Una serata importante e la lente a contatto rotta o persa proprio al momento sbagliato. Se la correzione è elevata, non è possibile trovare una lente disposable per tamponare l’emergenza, ma due sì! Come si possono fare i piggy-back con una lente morbida e una RGP, ugualmente si possono mettere due lenti morbide una sopra l’altra nello stesso occhio. È capitato ad una nostra paziente con una miopia di -16.00 D: si è rivolta a noi, molto dispiaciuta di doversi presentare ad una festa con gli occhiali e abbiamo risolto il problema con due lenti in silicone idrogel di -6.00 e -10.00 D. Il Dk/t di questo piggy-back è superiore a quello di una sola lente tradizionale, la sensazione di presenza delle lenti non Brian Chou, nel suo articolo “Repairing Contact Lens Care” pubblicato sul numero di Febbraio di Contact Lens Spectrum, solleva un interessante problema: i professionisti sanitari in generale non sono più le uniche fonti per i pazienti che cercano informazioni riguardo alla loro salute. Oggi le informazioni arrivano da fonti molto varie: da pubblicità rivolte direttamente al consumatore, da Internet, dai mass-media e anche dal passaparola di amici e parenti. A quale fonte presteranno maggior credito i pazienti, nel caso due informazioni siano contrastanti fra loro? Il problema si può porre nel momento di scegliere il tipo di lenti, o i tempi di sostituzione, o il sistema di manutenzione. Perché un paziente decida in modo consapevole di aderire alle prescrizioni, e quindi in definitiva qualsiasi trattamento abbia successo, non ci si può più limitare a dirgli cosa fare e aspettarsi che lo faccia, è necessario educare il paziente in modo proattivo circa i costi e benefici delle indicazioni prescritte. Avete un piccolo trucco o qualsiasi suggerimento che possa risolvere i problemi più comuni che si incontrano nella pratica contattologica di tutti i giorni? Avete piacere di condividerlo con i colleghi? Inviate i vostri Tips&Tricks alla redazione di LAC. 28 2007, vol. IX, n. 1 r u b r i c a in libreria Laura Boccardo Novità editoriali Presentiamo una rassegna di novità editoriali pubblicate negli ultimi mesi. Contact Lenses Anthony Phillips, Lynne Speedwell 5a edizione Butterworth Heinemann Editore ISBN 0750688181 / 9780750688185 Copertina rigida 680 pagine, 650 illustrazioni Pubblicato a Settembre 2006 Con CD ROM È appena uscita la quinta edizione di “Contact Lenses” di Anthony Phillips, in collaborazione con Lynne Speedwell. Completamente aggiornato, questo libro si presenta ancora una volta come un testo di riferimento per tutti coloro che si occupano di lenti a contatto. Dai concetti di base fino ai più recenti sviluppi nel campo dei materiali e delle geometrie, tutto ciò che vi serve è racchiuso in un solo volume. http://intl.elsevierhealth. com/optometry/ Optometry A-Z Nathan Efron Butterworth Heinemann editore ISBN 0750649135 / 9780750649131 Copertina rigida 424 pagine, 371 illustrazioni a colori Pubblicato a Dicembre 2006 Questo testo si presenta come un dizionario enciclopedico dell’optometria: centinaia di termini e definizioni sono presentati in ordine alfabetico per una più rapida consultazione. Sono trattati tutti gli argomenti correlati all’optometria: patologia, anatomia, ottica oftalmica, tecniche optometriche, visione binoculare, lenti a contatto, ipovisione, visione dei colori, campo visivo e optometria occupazionale. È completato da utili appendici, incluse le grading scales. http://intl.elsevierhealth. com/optometry/ 29 2007, vol. IX, n. 1 Eye Essentials: Soft Lens Fitting Andrew Franklin e Ngaire Franklin 196 pagine, 32 illustrazioni Pubblicato 2007 www.elsevier.com Eye Essentials: Rigid GasPermeable Lens Fitting Andrew Franklin e Ngaire Franklin 212 pagine 28 illustrazioni Pubblicato 2007 www.elsevier.com I libri della serie Eye Essentials sono testi di base, di rapida consultazione, dove sono enfatizzati gli aspetti pratici, più che teorici di ogni argomento. Qui anche il contattologo più indaffarato può trovare facilmente le informazioni essenziali riguardanti le lenti a contatto. Dry Eye Disease The Clinician’s Guide to Diagnosis and Treatment Penny A. Asbell, Michael A. Lemp Thieme editore Pubblicato 2007 232 pagine, 68 tavole, 110 illustrazioni; Copertina rigida ISBN: 9781588904126 / 9783131397713 La più recente guida per affrontare uno dei problemi che maggiormente assilla i portatori di lenti a contatto ed i loro applicatori. Il testo, a cui hanno collaborato esperti a livello mondiale, anche italiani, illustra le nuove tecniche diagnostiche, i nuovi approcci per classificare i pazienti, gli attuali trattamenti medici e chirurgici. www.thieme.com Nei prossimi numeri faremo in modo di pubblicare una recensione più ampia di alcuni di questi testi. Note per gli autori Lenti a contatto (lac) è una rivista il cui obiettivo è fornire ai professionisti del settore, ricercatori e studenti, informazioni aggiornate sulle ricerche cliniche e scientifiche nell’ambito dell’area contattologica, nella fisiologia e patologia dell’occhio esterno. tati. Articoli di rassegna bibliografica, casi clinici, descrizioni di nuovi strumenti o procedure dovrebbero essere costituiti da: sommario, introduzione, testo e commenti. Sono benvenuti tutti gli articoli originali a carattere clinico, di ricerca, rassegne bibliografiche, casi clinici ed editoriali che trattino argomenti legati alla contattologia. Possono anche essere pubblicate lettere attinenti lo sviluppo professionale e la sua evoluzione, l’educazione e gli eventi del settore. Bibliografia I riferimenti nel testo dovranno essere soltanto numerici e riportati con un corpo più piccolo ad apice. L’elenco dei riferimenti deve essere riportato in pagine separate del testo e dovrà essere redatto secondo le modalità sotto elencate, rispettando la punteggiatura e lo stile indicati: Tutti gli articoli devono essere inviati all’attenzione di: Marica Lava o Oscar De Bona CIBA Vision s.r.l. Via E. Mattei, 11, 30020 Marcon (VE) Articoli di riviste Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo dell’articolo, titolo della rivista abbreviato secondo le norme codificate, anno, volume, prima e ultima pagina in cui appare l’articolo. I lavori inviati non devono essere stati precedentemente pubblicati su altre riviste o presentati per la pubblicazione contemporaneamente ad altri giornali. Il testo dell’articolo, corredato da eventuali immagini, deve essere inviato in duplice copia per essere esaminato. Il lavoro deve pervenire anche su supporto magnetico. Dopo la revisione dei referees, l’autore corrispondente sarà informato sull’esito della revisione. Nel caso d’accettazione del lavoro presentato, farà seguito la documentazione necessaria per la cessione dei diritti. Dattiloscritto, dischetto e immagini originali, anche se non pubblicati, non saranno necessariamente restituiti. Nel caso che la numerazione delle pagine della rivista non segua un ordine annuale, accanto al numero del volume indicare, tra parentesi, anche il numero del fascicolo. Preparazione del dattiloscritto e del supporto magnetico I dattiloscritti devono pervenire su fogli A4. Impostazione margine superiore 2,50 cm, inferiore e laterale, destro e sinistro, 2 cm. Per il frontespizio, il sommario, il testo, i ringraziamenti, la bibliografia, le tabelle e le didascalie delle illustrazioni utilizzare il carattere Times New Roman corpo 12. Le pagine devono essere numerate in modo progressivo iniziando dal frontespizio. Tutti i lavori accettati per la pubblicazione debbono pervenire anche su supporto magnetico, nei formati Macintosh e IBM compatibili elencati: MacWrite, Microsoft Word, Solo testo, R.T.F. Frontespizio La prima pagina deve includere il titolo per esteso, ed eventualmente anche ridotto, il nome e cognome, per esteso, degli autori nella sequenza desiderata, eventuali istituti o enti d’appartenenza, il nome, l’indirizzo ed il numero di telefono dell’autore cui fare riferimento per la corrispondenza. Sommario Il sommario in lingua italiana, che non deve contenere più di 130 parole, deve essere riportato su una pagina separata. È auspicabile che l’autore sottoponga anche un sommario più esteso, massimo 230 parole, in lingua inglese. Entrambi devono contenere la parte centrale del tema trattato, il metodo di lavoro, i risultati e le conclusioni. Parole chiave Per facilitare la schedatura degli articoli indicare da 3 a 7 parole chiave per ogni articolo. Tali parole chiave, in lingua italiana ed inglese, debbono seguire i relativi sommari. Testo Gli articoli di ricerca dovranno essere comprensivi di: introduzione, descrizione del materiale, metodo di lavoro, risultati e discussione. L’introduzione deve riportare in modo conciso gli obiettivi dello studio. Il materiale e i metodi utilizzati devono essere descritti in dettaglio, mentre i risultati dovrebbero essere descritti in maniera succinta. La discussione deve essere limitata all’osservazione dei dati presen- Esempio di articolo da rivista Simmons PA, Tomlinson A e Seal DV. The role of Psedomonas aeruginosa biofilm in the attachment of Acanthamoeba to four types of hydrogel contact lens materials. Optom Vis Sci, 1998; 75: 860-866 Libri Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo e sottotitolo dell’opera con iniziali maiuscole, luogo di edizione, editore, anno, n. pagine. Esempio di libro Fletcher R e Still DC. Eye Examination and Refraction. Oxford, Blackwell Science, 1998, 58-60. Nel caso che si faccia riferimento ad un capitolo di libro: Woodward G. Clinical applications of contact lenses. In Edwards K. e Llewellyn R. Optometry. London, Butterworth, 1988, 486-500. Tutte le citazioni devono essere organizzate sulla base della numerazione del testo e non secondo l’ordine alfabetico. Illustrazioni Per illustrazioni si intende materiale come: fotografie, disegni, grafici, tracciati, ecc. La qualità delle immagini deve essere elevata, i disegni e i grafici professionali. Ogni illustrazione deve essere numerata con lo stesso numero citato nel testo. Sono accettate fotografie in bianco e nero e a colori in formato digitale JPG o TIF. Le immagini devono essere tutte corredate di didascalia. Ogni immagine deve riportare le seguenti informazioni: - titolo del lavoro - numero della figura - nome del primo autore e una freccia indicante la parte alta della fotografia. Organizzazione e spedizione del supporto magnetico È indispensabile che il file rispecchi le caratteristiche finali dell’articolo. L’etichetta del supporto deve riportare: - il nome dell’autore corrispondente - un titolo dell’articolo, eventualmente ridotto - il sistema operativo - il formato - il processore word utilizzato, con versione e numero Materiale aggiuntivo come tabelle, legende, bibliografia ecc. devono essere salvati su file individuali, uno per ogni categoria; particolarmente gradita è la preparazione di un file legenda. 32 2007, vol. IX, n. 1