Le Stelle Collana a cura di Corrado Lamberti L’astrofilo moderno Martin Mobberley Con 124 Figure Tradotto dall’edizione originale inglese: The New Amateur Astronomer di Martin Mobberley Copyright © Springer-Verlag London Limited 2004 Springer is a part of Springer Science+Business Media All Rights Reserved Versione in lingua italiana: © Springer-Verlag Italia 2007 Traduzione di Albino Carbognani Edizione italiana a cura di: Springer-Verlag Italia Via Decembrio 28 20137 Milano springer.com Gruppo B Editore Via Tasso 7 20123 Milano www.lestelle-astronomia.it Springer fa parte di Springer Science+Business Media ISBN-13 978-88-470-0543-3 Springer-Verlag Italia ISBN-10 88-89308-17-6 Sirio Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla ristampa, all’uso di figure e tabelle, alla citazione orale, alla trasmissione radiofonica o televisiva, alla riproduzione su microfilm o in database, alla diversa riproduzione in qualsiasi altra forma (stampa o elettronica) rimangono riservati anche nel caso di utilizzo parziale. Una riproduzione di quest’opera, oppure di parte di questa, è anche nel caso specifico solo ammessa nei limiti stabiliti dalla legge sul diritto d’autore, ed è soggetta all’autorizzazione dell’Editore. La violazione delle norme comporta sanzioni previste dalla legge. L’utilizzo di denominazioni generiche, nomi commerciali, marchi registrati ecc., in quest’opera, anche in assenza di particolare indicazione, non consente di considerare tali denominazioni o marchi liberamente utilizzabili da chiunque ai sensi della legge sul marchio. Foto di copertina: NGC 6960, ripresa dall’astrofilo del Connecticut (USA) Robert Gendler, uno dei più rinomati astro-imager del mondo Foto nel logo: rotazione della volta celeste; l’autore è il romano Danilo Pivato, astrofotografo italiano di grande tecnica ed esperienza Progetto grafico della copertina: Simona Colombo, Milano Impaginazione: Compostudio, Cernusco sul Naviglio, Milano Stampa: Geca, Cesano Boscone, Milano Stampato in Italia Prefazione La passione per l’osservazione del cielo notturno mi venne dalla lettura di un libro: Observer’s Book of Astronomy di Patrick Moore (edizione del 1968). In questo libro le cose che catturarono la mia attenzione furono i superbi disegni dei pianeti di Leslie Ball e le fotografie dei telescopi amatoriali degli anni ’60: il riflettore da 31 cm di diametro di Henry Brinton, quello analogo di Patrick nel capanno con il tetto scorrevole e l’Osservatorio di J. Hedley Robinson a Teignmouth. All’epoca avevo dieci anni, ma già sentivo che un giorno sarei stato in grado di riprendere immagini planetarie come quelle disegnate da Leslie Ball, avrei posseduto un buon telescopio e scritto alcuni libri come Patrick. Dopo trentacinque anni le mie ambizioni non sono mutate, mentre la tecnologia ha fatto numerosi passi avanti. In questo momento gli astrofili stanno raggiungendo il livello che i professionisti toccavano nel 1968, in termini di magnitudine limite, risoluzione e scoperte! Il “nuovo” astronomo amatoriale lotta ancora per avere un buon telescopio nel cortile dietro casa, ma ora può osservare al caldo, usando CCD e telescopi robotizzati. Il feeling con quel mio primo libro di astronomia c’è ancora e io credo fermamente che gli astrofili siano tuttora ispirati principalmente dagli spettacoli che offrono loro i pianeti, le comete e dalle immagini del profondo cielo. Credo anche che le immagini degli osservatori e dei loro strumenti siano essenziali in ogni libro che parli dell’osservazione del cielo notturno. Ecco perché ce ne sono molte in questo volumetto. La sfida maggiore per un qualsiasi scrittore di questo campo è decidere a quale livello tenere la trattazione. L’altro problema è cosa tralasciare; dopotutto, anche nell’editoria ci sono esigenze di tipo economico da rispettare. Spero di avere trovato il giusto compromesso perché questo libro vorrebbe rivolgersi sia ai principianti che agli osservatori esperti. L’ho diviso in due parti: nella prima si parla delle conoscenze di base e della strumentazione, mentre nella seconda si passa alle tecniche di osservazione. I novizi vorranno leggere i Capitoli da 1 a 3, ma gli osservatori esperti hanno il mio permesso di partire dal Capitolo 4! Ma soprattutto, vorrei che questo libro portasse i potenziali astrofili in un viaggio di scoperta, emulando i personaggi di cui si discute nella parte seconda. Buona fortuna per il vostro viaggio. Martin Mobberley Suffolk, United Kingdom luglio 2004 v Ringraziamenti Sono riconoscente ai molti colleghi astronomi che mi hanno fornito gratuitamente le immagini per questo libro. È una politica che ho sempre adottato anch’io; se qualcuno vuole usare le mie immagini, le può avere – basta che mi mandi una riga di avvertimento; sono lusingato che altri vogliano le mie immagini! Ad essere onesti, la maggior parte dei libri di astronomia amatoriale non avrebbero alcuna resa commerciale se non fosse per la generosità degli astrofili. Anche se pensavo di sapere quanto fossero generosi i miei colleghi astrofili, sono stato stupito dalla prontezza e dall’entusiasmo con cui mi hanno offerto le loro immagini! Sono in debito con: Ron Arbour; Mark Armstrong; Tom Boles; Mike Brown; Denis Buczynski; Ron Dantowitz; Brad Ehrhon; Andrew Elliot; Ray Emery; Nigel Evans; Steve Evans; Sheldon Faworski; Maurice Gavin; Ed Grafton; Karen Holland; Guy Hurst; Nick James; Chris Kitchin; Brian Knight; Weidong Li; Jan Manek; Pepe Manteca; Hazel McGee; Michael Oates; Arto Oksanen; Donald Parker; Damian Peach; Terry Platt; Gary Poyner; Tim Puckett; Gordon Rogers; Michael Schwartz; Greg Terrance; Roy Tucker e James Young. Molte grazie anche alle seguenti aziende e organizzazioni: Starlight Xpress; Meade Instruments Corporation; Celestron International; RC Optical System; Astrophysics; Scopetronix; IOTA-ES; SBIG; JPL/NASA; ESA; Apogee; Finger Lakes Instruments; Lick Observatory. Devo anche ringraziare la mia famiglia per il supporto: in particolare voglio ricordare l’aiuto di mio padre in tutti i miei sforzi astronomici. Infine, i miei ringraziamenti devono andare a John Watson (Londra), Luise Farkas (New York) e ai loro rispettivi gruppi di lavoro alla Springer, senza i quali questo libro non avrebbe visto la luce. Martin Mobberley Suffolk, United Kingdom luglio 2004 vii Sommario Introduzione – Perché l’astronomia amatoriale? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 Parte I – La strumentazione 1 Fondamenti di ottica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 2 Acquistare un telescopio commerciale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 3 Navigare in un cielo sferico ruotante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 4 I telescopi “Go To” e le montature . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 5 Fotocamere digitali e video astronomia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 6 Camere CCD raffreddate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 7 I software per l’elaborazione delle immagini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 Parte II – Le persone 8 Gli imager planetari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 9 Gli scopritori di supernovae . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153 10 I perfezionisti del deep-sky . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169 11 Osservatori di variabili cataclismiche e cacciatori di gamma ray-burst . . 185 12 Salvare il mondo: cacciatori di Near Earth Object . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199 13 Cacciatori di comete dal salotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207 14 Spettroscopisti amatoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213 Appendice: URL di pagine Web utili e di venditori di strumentazione . . . . . . . 221 Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227 ix Introduzione Perché l’astronomia amatoriale? Da sempre sento che molte persone sono affascinate dallo “Spazio”. Quand’ero un ragazzo di 11 anni, insieme a tutti gli abitanti del pianeta, guardai impalato per lo stupore Armstrong e Aldrin che atterravano sulla Luna. Chi non ha mai guardato il cielo notturno chiedendosi “Perché siamo qui?” oppure “C’è qualcun altro al di fuori di noi?”. La fantascienza, come le saghe di Star Trek o Guerre Stellari, ha sempre attratto milioni di spettatori e un romanzo di fantascienza come La guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams è sempre popolare. In TV non mancano programmi sull’astronomia e i viaggi spaziali: canali satellitari come The Discovery Channel coprono l’intero argomento ogni giorno. Eppure, nonostante tutto questo, l’astronomia amatoriale è un passatempo per pochi. Non è difficile capire perché: vedere programmi TV sullo spazio è una cosa, ma andare fuori al freddo, al buio e all’umido è un’altra. Abituare gli occhi e il cervello a riconoscere i tenui dettagli di Giove, Marte, Saturno e anche Venere, è tutt’altro che facile: anche le galassie e le comete luminose al principiante sembrano solo deboli macchie lattiginose. Tuttavia, negli ultimi dieci anni, è emersa un’astronomia amatoriale del tutto nuova. Al vecchio e stereotipato osservatore visuale, che guarda attraverso l’oculare, si è aggiunta una nuova e (qualche volta) più giovane famiglia di astrofili, che osserva sul monitor di un personal computer (PC) dentro una stanza calda, usando telescopi a controllo remoto e camere CCD (charge-coupled device). E i vecchi osservatori/fotografi come me hanno visto crescere le possibilità del loro hobby oltre ogni aspettativa. Entro pochi minuti dalla ripresa di un’immagine la posso inviare via e-mail agli altri osservatori sparsi per il mondo e pubblicarla sulla mia pagina Web; improvvisamente l’astronomia amatoriale è diventata un hobby “fantastico”. Molti dei miei colleghi astrofili riprendono immagini CCD per mostrarle ai loro amici, alcuni si sforzano di riprendere la migliore immagine possibile, in bianco e nero o a colori, mentre altri portano avanti un lavoro scientifico e fanno scoperte – spesso restando seduti dentro casa! L’astronomia 1 2 L’astrofilo moderno amatoriale è stata trasformata dal computer e dalla tecnologia CCD. Ci sono un certo numero di lati positivi in questa tecnologia, capaci di coinvolgere persone che non sarebbero mai state interessate dall’osservazione attraverso un oculare. Il primo e il più importante è che il controllo remoto di un telescopio da dentro casa è molto più piacevole e amichevole che indossare quattro maglioni sotto la giacca a vento, incespicare al freddo e al buio, guardare di traverso dentro un oculare, cercare di intravedere un oggetto debole che un CCD può vedere con facilità. Trasportare un pesante telescopio al freddo, con l’umidità e nel buio può essere molto faticoso: muovere un moderno Schmidt-Cassegrain con il mouse di un PC certo non lo è! Un’ulteriore attrattiva è data dall’aspetto di novità di certi aggeggi. Ci sono tanti tecnofili che non avrebbero dato all’astronomia una seconda possibilità prima della metà degli anni ’90 del secolo scorso. Sto parlando di quel tipo di persone che si divertono con l’ultimo PC, telefonino, camera digitale e che dispongono di un certo reddito. Sono poche le novità più impressionanti di un computer che controlla un telescopio nel giardino sotto casa! Infine, c’è l’attrattiva di fare vera scienza e di compiere scoperte dal proprio Osservatorio. I miei colleghi ed io misuriamo le posizioni di comete e asteroidi per determinare le loro orbite, produciamo curve di luce fotometriche di stelle variabili in esplosione, misuriamo i venti di Giove, Saturno e Marte e scopriamo supernovae in galassie lontane. Naturalmente ci sono sempre quelli che diranno che l’astronomia è diventata un hobby per soli ricchi, per coloro che possono permettersi le nuove tecnologie. Non sono d’accordo con questa affermazione; è come dire che non ci si può divertire a guidare a meno che non si possegga una Ferrari! Lo si può fare tranquillamente con un equipaggiamento dal costo più basso. Parte I La strumentazione CAPITOLO UNO Fondamenti di ottica Considerazioni visuali Lo scopo di un qualsiasi telescopio visuale è di raccogliere e focalizzare la massima quantità di luce dell’occhio umano, in modo tale che si possa usare un oculare per guardare e ingrandire l’immagine formata nel piano focale. Un grande telescopio permetterà di vedere oggetti deboli (stelle, nebulose, galassie e comete); permetterà anche l’impiego di alti ingrandimenti per la Luna e i pianeti, purché l’atmosfera terrestre lo consenta. In realtà, la parola ingrandimento è un termine usato troppo spesso a sproposito. Un telescopio di lunghezza focale x, usato con un oculare di lunghezza focale y, avrà un ingrandimento pari a x/y, ma se il valore di questo rapporto è pari a 200 o 300, molto probabilmente si vedrà solo una chiazza grande, ma irrimediabilmente confusa. Prima di tutto, un telescopio deve avere una grande apertura per avere la possibilità di fornire immagini nitide ad alti ingrandimenti. Secondo, anche se l’apertura è grande, l’atmosfera è spesso così turbolenta che comunque ha poco senso usare un ingrandimento superiore alle 100-200 volte. Conosco pochi astrofili che userebbero mai un ingrandimento maggiore dell’apertura del telescopio espressa in millimetri. Il limite di risoluzione teorico (il “criterio di Rayleigh”) di un qualsiasi telescopio, ottico o radio, è determinato dalla formula: Risoluzione (in radianti) = 1,22λ/D dove D è l’apertura del telescopio e λ la lunghezza d’onda a cui si osserva, misurate nella stessa unità. Ci sono 2π radianti in 360°, ma molti astrofili hanno poca familiarità con il concetto di radianti, quindi preferiscono parlare di secondi d’arco, che sono 1/3600 di 1°, 5 L’astrofilo moderno 6 1/60 di un 1’ (primo d’arco), o 1/206.265 di un radiante. La formula ora diventa: Risoluzione (in secondi d’arco) = 251.643λ/D Se ora assumiamo per λ il valore della lunghezza d’onda della luce verde, cioè 550×10-6 mm, la formula diventa: Risoluzione in luce verde (in secondi d’arco) = 138/D dove D è l’apertura espressa in mm. In altre parole, la risoluzione di un telescopio con un’apertura di 138 mm sarà di un secondo d’arco (1⬘⬘). Questo è molto simile al cosiddetto limite di Dawes per la risoluzione delle stelle doppie con un rifrattore non ostruito, vale a dire: Risoluzione = 116/D dove D è in mm. Supponiamo di stare usando un telescopio con un’apertura compresa tra 116 e 138 mm, diciamo uno strumento da 125 mm. Se le condizioni atmosferiche sono ragionevoli ci dovremmo aspettare che questo telescopio risolva un secondo d’arco, ma che ingrandimento dovremo usare? Molto dipende dalla capacità visiva dell’osservatore e dalle sue preferenze personali. Un occhio umano può arrivare a risolvere un primo d’arco: quindi, in teoria, un oculare che fornisce un ingrandimento di 60× permetterà, a un occhio che risolve un primo d’arco, di risolvere dettagli di un secondo d’arco. Tuttavia, in pratica, è molto più confortevole usare il doppio di quest’ingrandimento, vale a dire 120×. Con grandi telescopi è la stabilità dell’atmosfera che detta la scelta del massimo ingrandimento possibile. Non stupisce che un telescopio non raggiunga il suo limite di diffrazione teorico se lo specchio o la lente non hanno la giusta forma e non sono stati lucidati a dovere. Per un riflettore, idealmente, non ci devono essere deviazioni da una curva perfetta, ovunque sulla superficie riflettente, superiori a 1/8 della lunghezza d’onda della luce; la corrispondente accuratezza per la superficie di una lente di un rifrattore è di mezza lunghezza d’onda. Una quantità più significativa da considerare è il valore RMS, vale a dire quanto è liscia l’intera superficie in media, e non solo le sue deviazioni peggiori. I valori medi di RMS per essere vicini alla perfezione sono di 1/16 e 1/4 di lunghezza d’onda rispettivamente per lo specchio e per la lente. Un sedicesimo della lunghezza d’onda della luce verde è approssimativamente 35 milionesimi di millimetro e, nonostante questo, lo specchio di un telescopio può essere un prodotto di massa offerto a un prezzo abbordabile; questo fatto l’ho sempre trovato sorprendente! Se l’accuratezza della superficie dello specchio o della lente cade al di sotto dei valori vitali, il contrasto dei dettagli vicini al limite di risoluzione comincia a diminuire sensibilmente; in altre parole, le stelle doppie strette non saranno risolte e i più fini dettagli planetari non saranno visibili agli ingrandimenti più elevati. Non sorprende che i maggiori costruttori facciano molta attenzione alla qualità ottica: viviamo anni in cui le riviste d’astronomia devono frequentemente ammettere quanto sono buone le ottiche dei telescopi commerciali. C’è un limite anche al più basso ingrandimento che un telescopio può sopportare. Il fascio di luce che emerge dall’oculare di un telescopio (la pupilla d’uscita) ha un diametro che è uguale all’apertura del telescopio diviso per l’ingrandimento. Quindi, un telescopio di 80 mm d’apertura con un ingrandimento di 10× produrrà una pupilla d’uscita Fondamenti di ottica 7 Raggi dal bordo superiore del campo Figura 1.1. Il fascio di luce di un telescopio con una pupilla d’uscita più grande di 7 o 8 mm non può entrare nella pupilla dilatata di un occhio umano, neppure se giovanissimo. Occhio nudo 7 o 8 mm al massimo Raggi dal bordo inferiore del campo Pupilla adattata al buio di 8 mm di diametro; troppo larga anche per le capacità d’accomodazione della maggior parte degli occhi anche dei più giovani (è raro che la pupilla si dilati oltre i 6-7 mm), e così la luce sarà persa (vedi Figura 1.1). In breve, se usate un telescopio x volte più grande della massima apertura dell’occhio umano, dovete usare un oculare che fornisca almeno un ingrandimento di x volte, a meno che non vi interessi di perdere un po’ di luce (può non essere importante se desiderate semplicemente un basso ingrandimento e un corrispondente grande campo di vista). In effetti, il diametro della pupilla adattata all’oscurità impone l’ingrandimento più basso, ancora utilizzabile su un telescopio per uso visuale. Questo impedisce all’osservatore di aumentare la luminosità superficiale degli oggetti estesi e di vederli a colori vivaci. Tuttavia, non c’è dubbio che, usando un telescopio di grande diametro, si vedranno maggiori dettagli negli oggetti nebulari; l’aumento del numero di fotoni e la risoluzione maggiore pagano sempre. Una buona regola empirica per l’ingrandimento minimo utilizzabile da un giovane possessore di telescopio è una volta e mezzo l’apertura in centimetri, vale a dire 15× per un telescopio di 10 cm. Una persona di mezza età può preferire 20× per 10 cm d’apertura, perché questo corrisponde a una pupilla d’uscita adattata al buio di 5 mm. Naturalmente, usando una camera CCD, o anche una pellicola, non c’è il collo di bottiglia della pupilla d’uscita e nessun limite per l’esposizione, quindi i colori degli oggetti deboli possono essere registrati con facilità. La trattazione di quale sia la sorgente più debole che un osservatore con una data apertura può vedere (la magnitudine limite visuale, Lim mv), richiederebbe un libro a sé. La formula standard che si usa è: Lim mv = 2+5 log10 D dove D è, ancora una volta, il diametro del telescopio in millimetri. Questa formula prevede come limite la magnitudine 12 per un’apertura di 100 millimetri, 14 per 250 mm d’apertura, e 15 per 400 mm. Parlando della mia esperienza, questa formula per calcolare qual è la stella più debole che posso vedere attraverso un telescopio è esatta. Tuttavia, conosco molti osservatori esperti di stelle variabili che possono vedere stelle di una magnitudine ancora più deboli, anche sotto cieli cittadini! Nei cieli più bui, dove il “rumore” di fondo del cielo non rappresenta un problema, osservatori esperti hanno raggiunto magnitudini decisamente maggiori. 8 L’astrofilo moderno Considerazioni sul CCDs Quando si utilizza un rivelatore diverso dall’occhio umano, il ruolo del telescopio resta lo stesso, ma emergono possibilità molto interessanti. In entrambi i casi, visuale o CCD, la dimensione dell’immagine nel piano focale del telescopio è pari a: tan θ × lunghezza focale del telescopio L’angolo θ è la dimensione angolare dell’oggetto; ad esempio, la Luna ha un diametro di 0°,5. Con un CCD, il piano focale è posto sulla superficie del CCD stesso, mentre con un oculare l’immagine sul piano focale viene esaminata attraverso l’oculare e viene poi focalizzata sulla retina dell’osservatore. L’occhio umano e il cervello lavorano benissimo insieme, ma la capacità di trasferire quello che si vede in un disegno rappresenta una notevole sfida e la retina non ha la possibilità di fare lunghe esposizioni! Nonostante questo, un osservatore può lasciare una stanza molto ben illuminata, uscire al buio ed entro alcuni secondi i suoi occhi diventano migliaia di volte più sensibili. Lo stesso osservatore può quindi passare dall’osservazione di fini dettagli planetari a quella di deboli oggetti di cielo profondo senza alcuna difficoltà. Il CCD non è altrettanto versatile. L’occhio può operare su un ampio intervallo di luminosità e il cervello è un eccellente processore d’immagini, in grado di guardare un oggetto per molti secondi e dedurre quali siano i dettagli reali, nonostante il disturbo della turbolenza atmosferica (“seeing”), anche se l’oggetto è molto debole. In prove svolte, ho trovato che è necessario esporre un CCD per un secondo o più per catturare tutti i deboli dettagli nebulari visibili con l’occhio dallo stesso telescopio. Per quanto ne so (altri potrebbero dissentire) questo non è perché la retina ha un tempo d’integrazione d’alcuni secondi, ma perché la combinazione occhio-cervello è molto efficiente nell’estrarre il segnale dal rumore. Per l’occhio, il rumore è il fondo cielo; per il CCD è sia il fondo cielo sia il rumore elettronico causato dalla temperatura del CCD e dal processo di lettura. Ma i CCD hanno proprietà che vanno oltre le capacità dell’occhio, del cervello o dell’essere umano. Come già detto, i CCD possono fare pose di minuti o anche d’ore. Il trasferimento dei dati non deve fare affidamento alla memoria umana o alla bravura nel disegno. Infine, e probabilmente è la caratteristica più importante, il CCD e il computer non soffrono il freddo e non si stancano. Un PC e un CCD possono catturare immagini di centinaia di galassie per una ricerca di supernovae, o migliaia d’immagini planetarie in cerca di quella più nitida. Le immagini catturate possono essere salvate e analizzate il giorno successivo. Sono anche disponibili potenti software per estrarre più informazione possibile dalle immagini riprese; il CCD, quindi, ha molti vantaggi. Avrò molto da dire sui vantaggi del CCD nei prossimi capitoli. Configurazioni ottiche Ci sono tre tipi fondamentali di telescopio di cui qui vedremo le caratteristiche, anche se non intendo entrare nei dettagli in un libro dedicato principalmente alle nuove tecnologie. Sono sicuro che molti lettori hanno abbastanza familiarità con i telescopi da poter saltare al prossimo paragrafo; lo facciano pure, non mi offenderò. Tuttavia, quello che voglio sottolineare è che, con qualsiasi telescopio, le ottiche de- Fondamenti di ottica 9 Oculare Luce incidente Obiettivo Figura 1.2. Il rifrattore. vono essere propriamente collimate e d’elevata qualità, vale a dire gli specchi e le lenti devono essere allineati correttamente; se non lo sono, non aspettatevi grandi risultati! Rifrattori Per prima cosa diamo un’occhiata al rifrattore (Figura 1.2). Un rifrattore di qualità usa un doppietto a lenti acromatico per focalizzare la luce e minimizzare l’aberrazione cromatica (cioè la dispersione della luce in uno spettro di colori). I rifrattori hanno la collimazione fissa (cioè le ottiche non possono essere mosse) e il tubo chiuso (così le correnti d’aria all’interno dei tubi sono inesistenti). Con piccole aperture sono robusti e trasportabili. Tuttavia, in rapporto all’apertura sono molto costosi e, a meno che non si utilizzi un costoso apocromatico, mostrano frange colorate attorno alle stelle luminose, ai pianeti e ai dettagli lunari. Tuttavia, gli apocromatici di piccola apertura sono telescopi molto apprezzati, specialmente quando l’osservatore richiede un grande campo di vista o uno strumento molto trasportabile, ad esempio per una spedizione d’osservazione di un’eclisse. Riflettori Newton I riflettori newtoniani usano uno specchio per focalizzare la luce incidente (vedi Figura 1.3.a). Soffrono di correnti convettive nel tubo e possono essere scollimati facilmente; in cima al tubo hanno uno specchietto secondario che devia la luce nell’oculare. La presenza di questo specchietto può degradare leggermente il contrasto se il secondario è grande, ma questo conta soprattutto per gli osservatori planetari. Il riflettore ha un ottimo rapporto diametro/prezzo, specialmente nella versione dobsoniana con montatura altazimutale. I riflettori soffrono di un’aberrazione chiamata coma, a causa della quale le stelle al bordo del campo smettono di essere puntiformi e assomigliano a gabbiani. Questa aberrazione peggiora al diminuire del rapporto focale. Nonostante tutti questi svantaggi, un Newtoniano a lungo fuoco (f/6 o maggiore), con ottiche collimate e un tubo ben ventilato è bello da possedere e può fornire risultati eccellenti. Recentemente sono diventati popolari gli Schmidt-Newton a corto fuoco, che hanno un lastra correttrice posta all’inizio del tubo per ridurre il coma (vedi Figura L’astrofilo moderno 10 Specchio secondario piano Specchio primario Luce incidente Oculare a Lastra correttrice asferica Specchio primario sferico Specchio secondario piano Focheggiatore a cremagliera F b Figura 1.3. a Il riflettore newtoniano. b Lo Schmidt-Newton. 1.3b). Di questi strumenti parleremo ancora nel Capitolo 4. La Figura 1.4 mostra un Newtoniano a corto fuoco da 33 cm di diametro, appartenente a Denis Buczynski, un entusiasta astrofilo. Naturalmente, ci sono altri tipi di riflettore oltre al Newtoniano. Fondamenti di ottica 11 Figura 1.4. Denis Buczynski e il suo Newton da 33 cm, f/3,5 sito a Conder Brown, Lancashire. Foto: cortesia di Nick James. Riflettori Cassegrain Il classico riflettore Cassegrain (Figura 1.5) usa uno specchio secondario convesso per rimandare la luce attraverso un foro dello specchio primario; tuttavia, questo progetto è stato largamente eclissato dai telescopi catadiottrici (vedi sotto). La Takahashi produce una serie di telescopi Cassegrain di qualità con il marchio Mewlon. Questi usano il cosiddetto schema Dall-Kirkham e tipicamente sono a f/12; sono molto costosi, perché la qualità si paga e questi telescopi sono superbi! I telescopi catadiottrici assomigliano ai Cassegrain ma, essenzialmente, sono telescopi che usano una combinazione di specchi e lenti per focalizzare l’immagine finale. In pratica, ci sono due progetti commerciali molto popolari di telescopi catadiottrici: il primo è l’universale Schmidt-Cassegrain, mentre il secondo è il Maksutov. Come nel Cassegrain, uno specchio secondario rimanda la luce attraverso un foro dello specchio primario. Schmidt-Cassegrain Lo specchio primario di uno Schmidt-Cassegrain è tipicamente a f/2, vale a dire, la lunghezza focale è il doppio del diametro dello specchio; tuttavia, di solito lo specchio secondario la amplifica a f/10. Le aberrazioni implicite in una configurazione a f/2 sono L’astrofilo moderno 12 Luce incidente Oculare Specchio secondario iperbolico Specchio principale parabolico Figura 1.5. Il riflettore Cassegrain. ridotte dall’uso di una lente di Schmidt asferica alla fine del tubo (Figura 1.6). Questa lastra ha l’ulteriore vantaggio di chiudere il tubo, quindi minimizza la turbolenza interna, e funziona anche da supporto per lo specchio secondario. Di solito, lo specchio primario di uno Schmidt-Cassegrain commerciale è il 3 o 4% più grande dell’apertura effettiva del telescopio: ciò garantisce che il campo di vista sia completamente illuminato. Luce incidente Oculare Lastra correttrice Specchio secondario Paraluce Figura 1.6. Lo Schmidt-Cassegrain. Specchio primario Fondamenti di ottica 13 Lo specchio secondario è convesso e di forma asferica. Naturalmente, per un funzionamento ottimale, il sistema ottico di uno Schmidt-Cassegrain deve essere ben progettato. In un qualsiasi sistema Cassegrain c’è il rischio che un raggio di luce obliquo proveniente dall’esterno oltrepassi il supporto del secondario e inondi il campo di vista; questo rischio è alto, specialmente quando si osserva la Luna (o un’eclisse totale di Sole allo stadio dell’anello di diamante). Un modo per ovviare a questo inconveniente è fare il supporto del secondario molto grande, ma questo elimina molta più luce di quanto sia necessario; inoltre si creerebbero anche spiacevoli effetti di diffrazione, che degraderebbero le prestazioni ottiche. Anche la forma dei paraluce di primario e secondario è critica. Sia la Meade che la Celestron inseriscono diaframmi nel paraluce del primario per impedire alla luce diffusa di degradare l’immagine. Per avere un modello di Schmidt-Cassegrain progettato secondo le richieste del cliente bisogna essere disposti a pagare almeno cinque volte il prezzo commerciale (dipende se lo strumento viene importato o no). La produzione di massa ha fatto sì che questo tipo di strumento sia alla portata di molti astrofili. Le due ditte maggiori nel mercato degli Schmidt-Cassegrain sono la Celestron (dal 1970) e la Meade (dal 1980). Il mio Meade LX200 da 30 cm è mostrato in Figura 1.7. All’inizio, dal 1970 fino alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, la Celestron era leader di mercato e pioniere della rivoluzione degli Schmidt-Cassegrain. Negli anni ’60 la Celestron di Thomas J. Johnson trovò un modo per la produzione di massa del complesso ottico e della lastra correttrice. Il risultato fu un telescopio ultra compatto con un tubo lungo circa due volte il diametro e un insieme di accessori adatto per l’astrofotografia con lunghe esposizioni. In questo momento, il numero degli accessori è sbalorditivo. Figura 1.7. L’autore e il suo Meade LX200 da 30 cm. L’astrofilo moderno 14 Dalla fine degli anni ’80, la progressiva rivalità fra Celestron e Meade si è intensificata a tutto vantaggio degli astrofili: gli svantaggi e i difetti di questi telescopi furono finalmente corretti nel tentativo di conquistare i nuovi clienti. Uno dei problemi con il primo SCT (Telescopio Schmidt-Cassegrain) della Celestron era che, nonostante fosse pubblicizzato per la fotografia del cielo profondo con lunghe esposizioni, con un rapporto focale f/10 era necessaria un’esposizione di una o due ore per registrare oggetti deboli ed estesi come galassie e nebulose. Molti astrofili erano costretti a tenere le loro pellicole a –70 °C o a ipersensibilizzarle per ridurre il tempo di esposizione. Inoltre, il piano focale intrinsecamente curvo e la vignettatura dello SCT implica che solo i primi 20 mm centrali della pellicola sono utilizzabili – un problema simile a quello del coma con cui hanno a che fare i possessori di Newtoniani aperti, solo che qui il campo di vista reale è molto più piccolo. Al giorno d’oggi, la lentezza intrinseca dello Schmidt-Cassegrain è in larga misura superata perché i CCD sono da 10 a 20 volte più sensibili della miglior pellicola. Anche le aberrazioni ottiche sono meno rilevanti perché i sensori dei CCD sono piccoli (le aberrazioni peggiorano all’aumentare dell’ampiezza del campo visivo). Ora sono disponibili sofisticati riduttori di focale, gruppi di lenti aggiuntive che possono modificare il rapporto da f/10 a f/6,3, f/5 o anche a f/3,3, rendendo le ottiche più veloci, eppure senza aberrazioni. Maksutov Il Maksutov è una forma alternativa di telescopio catadiottrico che combina la portabilità e compattezza dello Schmidt-Cassegrain con una maggiore definizione in campo planetario. La configurazione del Maksutov-Cassegrain (per dirne il nome completo) è mostrata nella Figura 1.8. A prima vista, il progetto sembra molto simile a quello dello Schmidt-Cassegrain, ma le sottili differenze sono tutte importanti. Oculare Luce incidente Lente correttrice a menisco sferico Macchia alluminata Figura 1.8. Il Maksutov. Specchio primario sferico Fondamenti di ottica 15 Lo specchio primario di un Maksutov ha una forma asferica e di solito è aperto a f/2,5. Il secondario è uno specchio sferico e consiste in una macchia alluminata depositata sul menisco correttore di forma sferica. La lastra correttrice di uno SCT appare piatta: il menisco correttore di un Maksutov è lontano dall’essere una superficie piatta – infatti è profondamente incurvato. Lo specchio secondario convesso di solito moltiplica la lunghezza focale dello specchio primario di un fattore 6 e, nel fuoco, si ottiene un sistema a f/15. Come per gli Schmidt-Cassegrain commerciali, per ottimizzare le prestazioni sono utilizzati paraluce e diaframmi. Sotto molti aspetti i Maksutov condividono i vantaggi degli Schmidt-Cassegrain. Il tubo è compatto, robusto e libero da correnti d’aria interne. Inoltre, le caratteristiche ottiche sono eccellenti; il progetto non soffre di coma e astigmatismo e non ci sono effetti di diffrazione da parte del supporto dello specchio secondario (crociera), perché non c’è! Inoltre, la collimazione non è un problema. Gli elementi ottici di un Maksutov commerciale sono fissi e quindi la collimazione è garantita. Tuttavia, il progetto è costoso per il costruttore, anche per piccoli diametri. Per molti anni la ditta statunitense Questar è stata la sola costruttrice di telescopi Maksutov di qualità. Da pochi anni, la Meade produce tre Maksutov: gli ETX da 90 e 105 mm, e l’LX200 da 180 mm. Anche l’inglese Orion Optics si è fatta recentemente una buona reputazione nella produzione di Maksutov, con i modelli OMC 140 e OMC 200. Riepilogo della matematica dell’oculare Abbiamo già visto che l’ingrandimento di un telescopio è calcolato con la formula: Ingrandimento = lunghezza focale del telescopio/lunghezza focale dell’oculare Abbiamo anche visto che il diametro della pupilla d’uscita è dato da: Diametro pupilla d’uscita = Diametro telescopio/Ingrandimento Per una persona giovane, la pupilla dell’occhio adattata all’oscurità può allargarsi fino a 7-8 mm. Nell’età adulta valori di 5-6 mm sono più normali, mentre gli anziani, al buio, possono arrivare a 4 mm. Queste sono considerazioni importanti quando si sceglie un oculare. Un’altra formula utile da ricordare è: Lunghezza focale oculare = valore f/ del telescopio × diametro pupilla di uscita desiderato Quindi, la lunghezza focale richiesta per un telescopio a f/5 e una pupilla d’uscita di 7 mm è: 5 × 7 = 35 mm. Per un telescopio f/7 e una pupilla d’uscita di 7 mm, è richiesto un oculare con una lunghezza focale di 49 mm. Naturalmente, una pupilla d’uscita di 7 mm va bene per un paio di occhi giovani, in grado di dilatare la pupilla fino a questa dimensione! I moderni oculari costruiti da società come Celestron, Meade e TeleVue, sono di elevata qualità e, in generale, si paga molto per avere un ampio campo visivo. Chiariamo L’astrofilo moderno 16 una cosa: il campo di vista reale è uguale al campo di vista apparente diviso per l’ingrandimento. Quindi, se abbiamo un oculare che mostra all’occhio 50° di campo apparente, un ingrandimento di 100× fornirà un campo reale (sul cielo) di mezzo grado. Per i campi più ampi dobbiamo considerare se usare oculari con un diametro standard di 31,7 mm o oculari con un diametro di 50,8 mm. Il vantaggio degli oculari da 50,8 mm è che il barilotto interno ha un diametro di 46 mm, invece dei 27 mm degli oculari più piccoli. Oculari con una grande focale (cioè a bassi ingrandimenti) e con un ampio campo apparente avranno i loro campi compromessi dal piccolo diametro del barilotto. Possiamo fare la semplice ipotesi che il barilotto dell’oculare deve adattarsi al piano dell’immagine nel piano focale; in questo modo si può ricavare una formula utile che ci dice di che diametro del barilotto abbiamo bisogno. Se chiamiamo d (in millimetri) il diametro dell’immagine formata nel piano focale del telescopio, allora: d = CA× FL/57,3 Dove CA è il campo apparente dell’oculare (in gradi) e FL è la lunghezza focale dell’oculare (in millimetri). Invertendo la formula e ponendo d a 27 mm (il massimo diametro interno di un oculare da 31,7 mm), si ottiene la massima lunghezza focale dell’oculare (MFL) che possiamo usare con gli oculari del barilotto più piccolo, vale a dire MFL = 27 × 57,3/CA. Quindi, per un oculare con un barilotto del diametro di 31,7 mm e un campo apparente di 50°, si trova un valore di MFL pari a 31 mm; un campo apparente di 65° ha un valore di MFL pari a 24 mm; infine un campo apparente di 84° ha MFL pari a 18 mm. Una rapida occhiata agli oculari disponibili sul mercato conferma questi valori. Per esempio, gli oculari TeleVue Panoptic hanno un barilotto di 50,8 mm per lunghezze focali superiori ai 27 mm, mentre gli oculari Nagler da 82° di campo hanno questo barilotto per valori di lunghezza focale superiori ai 16 mm. Poiché è il campo apparente di un oculare e la sua lunghezza focale che dimensionano il diametro del barilotto, non c’è bisogno di prendere in considerazione il telescopio. In pratica, il massimo campo reale disponibile con gli oculari attuali (vale a dire con lenti che entrano in un barilotto da 50,8 mm) è dato dai Plössl con 50° e 55 mm di focale, o dai Super Wide Angle con 67° di campo e 40 mm di focale. Se avete una buona disponibilità economica, il TeleVue Nagler da 82° di campo e 31 mm di focale è il massimo! Prima di precipitarvi fuori per comprare un oculare da 55 mm con 50° di campo, ricordatevi il discorso precedente sulla pupilla d’uscita. A meno che il vostro telescopio abbia un rapporto focale di f/7 o superiore la pupilla d’uscita sarà più grande di 8 mm, un valore elevato anche per un occhio giovane! Un oculare con un barilotto da 50,8 mm di diametro, 55 mm di focale e 50° di campo apparente con, diciamo, un 180 mm f/9 rifrattore, farebbe restare a bocca aperta (ingrandimento 29×, 6 mm di pupilla d’uscita, 1°,7 di campo reale, e stelle puntiformi anche ai bordi del campo f/9). Per calcolare il massimo campo reale possibile (xo) sul cielo per una data lunghezza focale del telescopio, sono sufficienti le formule che seguono: Per un oculare con barilotto da 31,7 mm: xo = 27 × 57,3/Lunghezza focale (in mm) = 1547/Lunghezza focale del telescopio (in mm) Fondamenti di ottica 17 Per un oculare da 50,8 mm: xo = 46 × 57,3/Lunghezza focale (in mm) = 2636/Lunghezza focale del telescopio (in mm). Ogni oculare che ho usato di Celestron, Meade o TeleVue (quest’ultima è la migliore) ha mostrato immagini di qualità, ma aspettatevi di pagare almeno 50 euro anche solo per un oculare Plössl di base con 50° di campo apparente; con meno, semplicemente non avrete un buon oculare. Gli oculari preferiti dagli astrofili più esperti costano almeno 150 euro ciascuno e forse più. CAPITOLO DUE Acquistare un telescopio commerciale Riflessioni sull’uso del telescopio Questo libro intende invogliare gli astrofili ad unirsi alla nuova eccitante famiglia di astrofili che usano l’alta tecnologia per osservare e riprendere il cielo notturno. Molti astrofili hanno già acquistato il loro telescopio dei sogni e possono saltare questo capitolo senza perdere niente. Tuttavia, un certo numero di neofiti è costituito da persone che hanno speso diversi anni a lavorare duro per guadagnare qualche soldo con l’intenzione di spenderne una buona parte nell’acquisto di una buona strumentazione una volta raggiunta l’età della pensione. In altri casi, gli osservatori più giovani risparmiano fino a quando non possono permettersi di acquistare l’equipaggiamento dei loro sogni. Con così tanto denaro in gioco è importante prendere la decisione giusta e non ritrovarsi insoddisfatti a causa di errori che purtroppo costano cari. La mia prima raccomandazione è di non comprare mai il vostro telescopio da un negozio di fotografia di un centro commerciale. Questi negozi raramente hanno commessi che conoscano qualcosa nel campo dell’astronomia o dei telescopi. È meglio comprare il telescopio da un distributore ufficiale che avrà l’esperienza e la capacità per aiutarvi nella scelta, e di assistervi nel caso lo strumento presentasse qualche difetto in futuro. Per il principiante, la scelta fra un telescopio in montatura equatoriale (che può seguire le stelle mentre la Terra ruota), o uno in montatura altazimutale, sarà determinata dal fatto che voglia riprendere fotografie o immagini CCD oppure osservare solo visualmente. I principali distributori vi possono consigliare su questo tipo di cose, così come il club, il gruppo o la società di astronomia locale. Comprare il vostro telescopio da uno dei principali distributori non significa che diventerete automaticamente uno degli astrofili più bravi a livello mondiale. Il numero di Schmidt-Cassegrain “Go To” venduti in tutto il mondo è davvero sorprendente, ma lo 19