Trattamento del melanoma coroidale mediante protonterapia a Nizza Stefania Donadio, Barbara Mascialino, Maria Antonietta Penco, Sandro Squarcia Laboratorio di Fisica e Statistica Medica - Dipartimento di Fisica, Genova, Italy Carlo Mosci Unità Operativa Oculistica Ospedale Celesia - ASL 3, Genova, Italy Pierre Chauvel, Nicole Iborra Centre Antoine Lacassagne Cyclotron Biomédical, Nice, France La patologia oncologica oculare rappresenta un capitolo importante dell’oftalmologia ed individua in tre principali affezioni tumorali nell’occhio nell’adulto: il melanoma uveale, le metastasi endoculari, l’emangioma della coroide mentre in età pediatrica il tumore più significativo è il retinoblastoma. Di tutte queste patologie il melanoma è il più frequente e quello con maggior significatività clinica rappresentando circa 2.5% del totale delle neoplasie umane. L’incidenza annua del melanoma in ambito europeo è di 7.5 casi per milione di abitanti [1] e quindi si stimano in Italia circa 350-400 nuovi casi ogni anno. Il trattamento di tale patologia è cambiato notevolmente negli ultimi 20 anni; si è passati dall’intervento radicale di enucleazione dell’occhio ai trattamenti conservati effettuati in minima parte per via chirurgica e prevalentemente mediante radioterapia. L’utilizzo della protonterapia come trattamento conservativo conformazionale del melanoma coroidalre è rmai codificato e risulta essere uno dei metodi migliori per trattare questa patologia che, pur con bassa incidenza statistica risulta fortemente correlata a forme di metastasi epatica con effetti infausti [2]. Questa terapia, propagandata in Italia dalla Fondazione TERA [3] ha assunto un particolare interesse dopo che è entrato in funzione il primo centro italiano a Catania grazie alla collaborazione dell’INFN (Progetto CATANA) [4]. Finora i pazienti italiani hanno usufruito di centri esteri sia per trattamenti con protoni (Berlino in Germania, PSI-Villingen in Svizzera, Cattelbridge in Inghilterra, Orsay e Nizza in Francia) sia per ioni, ancora più specifici dei protoni (Damstadt in Germania). Oltreoceano i centri sono circa una ventina per lo più concentrati negli Stati Uniti ed in Giappone. Proprio con Nizza, anche per evidenti motivi di vicinanza transfrontaliera, si è instaurato da più di 10 anni una stretta collaborazione che ha portato alla formazione del Genoa Ocular Oncology Group formato da oculisti, radioterapisti e fisici, che ha trattato in questi anni più di 200 pazienti affetti da melanoma oculare provenienti da tutta Italia [5]. Il metodo di lavoro consiste come prima fase in una visita specialistica effettuata dall’oculista, dalla diagnosi dell’affezione e dalla scelta della terapia radioterapica. Segue quindi la preparazione chirurgica alla radioterapia con protoni con l’inserimento di clip di tantalio per la determinazione della zona tumorale da parte della stessa equipe che ha effettuato la visita oftalmologia. Entrambe queste fasi vengono svolte presso la Divisione Oculistica dell’Ospedale Celesia e pertanto all’interno del SSN italiano. Durante la terza fase, quella del trattamento, che avviene normalmente entro un mese dalla rivelazione del tumore, il paziente, ricevuta l’autorizzazione dalla competente USL e a spese della Sanità Pubblica, rimane a Nizza per due settimane. Durante la prima settimana, di simulazione, viene preparata la maschera personalizzata in materiale termoplastico ed il collimatore in ottone per la definizione xy del tumore, il paziente viene istruito su come sarà effettuato il trattamento, viene preparato il piano di trattamento dettagliato, consistente nell’adattamento del fascio, il rilevamento delle clip, la modellizzazione dell’occhio e del tumore mediante EYEPLAN [6]. Nella seconda viene controllato, in presenza dell’oftalmologo che ha posizionato le clip, il piano di trattamento stabilito dal fisico e dal radioterapista e viene effettuato il trattamento vero e proprio, somministrando al paziente 60 Gy cobalto-equivalenti in quattro frazionamenti in giorni differenti di 15 Gy ciascuno. Per registrare tutti i dati sia della prima visita sia del trattamento e delle consultazioni di follow-up le informazioni sono state registrate in una base di dati mediante una cartella clinica informatizzata. Dal gennaio 1992 fino al luglio 2002 sono stati considerati 262 pazienti affetti da melanoma oculare tra cui 191 (72.9%) sono stati trattati con protonterapia. L’età media dei pazienti al momento della prima visita è (62 ± 1) anni con range tra 19 ed 89 anni. Non vi è alcuna differenza statistica né in sesso (49.7% maschi e 50.3% femmine), né nell’occhio colpito (52.8% dei casi l’occhio destro e 47.2% il sinistro). La maggioranza dei tumori sono localizzati nel polo posteriore (56.5%) o in quello equatoriale (28.3%), mentre solo nel 15.2% dei casi è colpito il corpo ciliare o l’iride. Lo spessore iniziale del seme neoplastico varia da 1.4 mm fino a 13.0 mm e i tumori sono divisi, sulla base delle regole TNM, della loro stadiazione: T1/T2 (60 casi) and T3 (131 casi). Dall’esame del follow-up, con media (25 ± 1) mesi, si può derivare la riduzione dello spessore tumorale S (in mm) in funzione del tempo T (in mesi), come mostrato in figura. La riduzione può essere matematicamente descritta per i casi T1/T2 e T3 rispettivamente da: S = (3.08 ± 0.10) – (0.028 ± 0.004) * T S = (6.69 ± 0.15) – (0.088 ± 0.006) * T ove 3.08 mm e 6.69 mm reppresentano lo spessore iniziale medio per i due gruppi mentre i coefficienti 0.028 and 0.088 indicano il fattore di riduzione dello spessore per mese. Il controllo locale del tumore, che dimostra la validità della terapia è ottenuto nel 96.9% dei casi mentre la possibilità di conservare l’occhio, a causa di 11 casi di enucleazione, risulta essere del 92.3% di casi. I casi di metastasi, tutti epatici, hanno un’incidenza sul campione del 8.4%. La complicazione più frequente è la retinopatia da irraggiamento che, a cinque anni si presenta nel 68.6% dei pazienti trattati mentre la papillopatia appare nel 18.9% dei casi. Come dimostra il test di Kolmogorov-Smirnov, la papillopatia appare tutte le volte che il tumore è localizzato a meno di 5 mm dal nervo ottico e quindi un irraggiamento di questo organo a rischio non può essere evitato. Questo implica che, prima o poi, il paziente diventerà cieco ma dato che il tempo medio di apparizione della papillopatia è di (22 ± 3) mesi, sia nei casi T1/T2 che nei casi T3, il trattamento radioterapico può essere offerto come alternativa all’enucleazione. Mediante uno studio alla Kaplan-Meier, a cinque anni dal trattamento, come mostrato in Fig.2, si può stimare che la probabilità di sopravvivenza sia pari al 86.3%. Negli ultimi mesi si è inoltre elaborato un metodo Bayesiano non parametrico per lo studio della sopravvivenza in grado di superare le notevoli carenze del metodo standard [7]. [1] Egan K.M; Seddon J.M; Glynn R; et al: Epidemiological aspects of uveal melanoma. Surv Ophthalmol 1988; 32: 239-251. [2] Woll E; Bedikian A; Legha S.S. Uveal melanoma: natural history and treatment options for metastatic disease. Melanoma Research 1999; 9: 575-581. [3] U.Amaldi e M.Silari ed. The TERA Project and the Centre for Oncological Hadrontherapy. INFN-LNF SIS-Ufficio pubblicazioni (1995). [4] G. Cuttone G; Amato A; Bartolotta A; Brai M; Cirrone GAP;Giammò A;Lo Nigro S; Nicoletti GA; Ott J; Privitera G; Raffaele L; Rallo ML; Rapicavoli C; Ribaldi A; Rifuggiato D; Romeo N; Rovelli A; Sabini MG; Salamone V; Teri G; Tudisco F. Use of 62 MeV Proton Beam for Medical Applications at INFN-LNS: CATANA Project Phys. Med. XVII, 2000, 23-25. [5] Mosci C; Polizzi A; Squarcia S; Mascialino B; Chauvel P; Zingirian M. Choroidal melanoma treatment with proton beam: first nine years of experience of the Genoa Ocular Oncology Group. Phys. Med. XVII, 2000, 5-6. [6] Chauvel P; Sauerwein W; Bornfeld N; Friedrichs W; Brassart N; Courdi A; Herault J; Pignol JP; Bondiau PY; Malandain G. Clinical and technical requirements for proton treatment planning of ocular diseases. The SERAG (South Europe Radiotherapy Group). Front Radiat Ther Oncol 1997; 30:133-42. [7] Donadio S; Mascialino B; Penco M.A; Squarcia S; Viarengo P; Garibaldi U. Metodo Bayesiano non parametrico per la studio della sopravvivenza. Atti III Congresso Nazionale AIFM, Agrigento 24-28 giugno 2003.