17 La forza nucleare 17.1 Introduzione La grande varietà di strutture che vediamo attorno a noi (molecole, cristalli, materiali amorfi) è riconducibile al legame chimico, che a sua volta è spiegabile quantitativamente con la meccanica quantistica. In particolare le forze che si esercitano fra atomi neutri (che hanno costituenti, nuclei ed elettroni, dotati di carica elettrica) sono spiegabili in termini di potenziali interatomici le cui caratteristiche si possono determinare in base a due classi di dati sperimentali: • dati spettroscopici sugli stati molecolari eccitati, • energie di legame con le quali gli atomi sono tenuti insieme nelle molecole. La meccanica quantistica non relativistica permette di spiegare quantitativamente le strutture basate sul legame chimico. Ci potremmo aspettare una situazione analoga per quanto riguarda la forza nucleare che si esercita fra nucleoni non colorati, ovvero neutri rispetto alla carica di colore (mentre i quark che sono i costituenti del nucleone sono colorati), e ha una portata dello stesso ordine di grandezza del diametro del nucleone. Tuttavia l’analogia con il caso atomico e la forza elettromagnetica è limitata: in particolare, non si riescono ad avere informazioni dettagliate sulla forza nucleare studiando la struttura dei nuclei. Il motivo è che i nucleoni si comportano approssimativamente come se ciascuno di essi fosse confinato in una buca di potenziale (cioè i nucleoni si comportano come un gas di Fermi degenere) e il loro comportamento è praticamente indipendente dalla forma del potenziale nucleone-nucleone. Di conseguenza bisogna ricorrere ad altri metodi per dedurre la forma di questo potenziale: • studio dello scattering nucleone-nucleone (in particolare p-p e p-n), inizialmente lo scattering elastico a energie relativamente basse ovvero inferiori alla soglia di produzione di mesoni; 1 • studio dell’unico stato legato nucleone-nucleone, ovvero il deutone1 . Nel seguito affronteremo questi due argomenti, iniziando dallo scattering elastico nucleone-nucleone a basse energie. Inizialmente considereremo la forma più semplice di potenziale ovvero quella centrale (dipendente solo dalla coordinata relativa r dei due nucleoni) e attrattiva. Vedremo però che le osservazioni sperimentali, specialmente i dati sullo scattering, ci porteranno a introdurre vari altri termini in questo potenziale. 17.1.1 Proprietà di saturazione della forza nucleare La proprietà di saturazione della forza nucleare consiste nel fatto che l’energia di legame per nucleone è approssimativamente costante, e questo ci fa capire che il potenziale non può essere dappertutto attrattivo e di tipo ordinario: se così fosse, ogni nucleone tenderebbe a stare entro il raggio d’azione degli altri, il volume del nucleo sarebbe costante e non proporzionale ad A, l’energia di legame sarebbe proporzionale ad A2 e non ad A come invece si osserva. Un modo per ottenere la saturazione è quello di introdurre l’interazione di scambio ovvero un termine nel potenziale che contiene l’operatore di scambio di Majorana P, che vale 1 se la funzione d’onda è simmetrica rispetto allo scambio delle coordinate spaziali delle particelle interagenti e vale invece -1 se la funzione d’onda è antisimmetrica (in pratica l’operatore di scambio di Majorana moltiplica la funzione d’onda per (−1)` ). Però questo non basta, infatti se ipotizziamo un potenziale del tipo: V (r) = J(r) (α + β P) con J(r) ovunque negativo, si ottiene la saturazione solo se β > 4α (ovvero se predomina la forza di Majorana), ma si trova un disaccordo con i dati sulle distribuzioni angolari dello scattering p-p e n-p ad “alta” energia. Oltre all’interazione di scambio è necessario introdurre un nocciolo repulsivo, come vedremo nel seguito. 1 In una buca di potenziale rettangolare di profondità V0 e raggio a non si hanno stati legati a meno che V0 a2 > π h̄2 /(8µ) ≈ 10−24 MeV·cm2 , dove µ ≈ m p /2 è la massa ridotta del sistema di due nucleoni. Assumendo a ∼ 2 · 10−13 cm e sapendo che il deutone è legato si ottiene V0 > 25 MeV. 2 17.2 Scattering nucleone-nucleone Lo scattering nucleone-nucleone a basse energie, ovvero al di sotto della soglia di produzione dei pioni, è puramente elastico e può essere trattato convenientemente con la meccanica quantistica non relativistica, utilizzando un potenziale V (r) che per ora supporremo centrale. I due nucleoni possono essere considerati puntiformi ma sono comunque dotati di spin e isospin, e si trova sperimentalmente che la loro interazione dipende dallo spin totale (che può essere 0 - singoletto di spin, oppure 1 - tripletto di spin) e dall’isospin totale (che può essere anch’esso 0 oppure 1). Per una comprensione totale della forza fra due nucleoni è necessario pertanto effettuare esperimenti con fasci e bersagli polarizzati, e utilizzare sia protoni che neutroni. Lo scattering protone-protone è più facile da studiare sperimentalmente perchè si possono ottenere fasci di protoni monocromatici e polarizzati, e si può avere un bersaglio di soli protoni (tipicamente, idrogeno liquido). Tuttavia è necessario ricorrere anche a fasci di neutroni (di solito non monocromatici) e a bersagli contenenti sia protoni che neutroni (il caso più semplice da analizzare è il bersaglio di deuterio liquido). Una difficoltà supplementare per analizzare lo scattering protone-protone è la presenza simultanea di interazione nucleare e Coulombiana. 17.2.1 La sezione d’urto differenziale per lo scattering elastico Consideriamo un nucleone che proviene dall’infinito con energia cinetica E −p e subisce uno scattering nel potenziale dovuto alla presenza e momento → dell’altro nucleone. Il nucleone incidente può essere descritto da una onda piana mentre dopo lo scattering può essere descritto da un’onda sferica uscente2 . La sezione d’urto differenziale corrispondente a un certo elemento di angolo solido dΩ = d(cos θ )dϕ è proporzionale al modulo quadro della ampiezza di scattering f (θ ) (per la simmetria cilindrica del problema, ampiezza di scattering e sezione d’urto differenziale non dipendono dall’angolo ϕ ma solo dall’angolo θ ): dσ dΩ 2 Per = | f (θ )|2 maggiori dettagli vedere ad es. i paragrafi 16, 18 e 19 del testo di Schiff 3 Il calcolo (e la misura) della sezione d’urto differenziale va fatto separatamente per ogni combinazione di spin e isospin del sistema nucleone-nucleone. Quindi andranno trattate separatamente le combinazioni possibili dei casi seguenti: 1. Scattering in condizioni di singoletto di spin: a bassa energia, quindi con momento angolare orbitale nullo, viene indicato con 1 S0 seguendo la notazione spettroscopica in cui la lettera S indica ` = 0, l’indice in alto a sinistra indica la molteplicità di spin 2s + 1; 2. Scattering in condizioni di tripletto di spin: a bassa energia viene indicato con 3 S1 ; 3. Scattering in condizioni di tripletto di isospin I = 1: è sicuramente il caso di protone-protone perché I3 = + 21 per ciascuno dei protoni, ma contribuisce pure al caso protone-neutrone; 4. Scattering in condizioni di singoletto di isospin I = 0: contribuisce al caso protone-neutrone. Quando si ha a che fare con un potenziale a corto raggio d’azione è conveniente effettuare una scomposizione in onde parziali dell’ampiezza di scattering, in cui ciascun termine corrisponde a un valore definito del momento angolare orbitale `; nel caso particolare dello scattering elastico per distanze r abbastanza grandi dal centro di scattering si ottiene la seguente espressione per l’ampiezza di scattering: iδ` f (θ ) = 1k ∑∞ `=0 (2` + 1)e sin δ` P` (cos θ ) √ → − dove P` è il polinomio di Legendre di ordine `, k = | p |/h̄ = 2ME/h̄ è il numero d’onda 2π/λ del nucleone che subisce lo scattering e δ` è un angolo di sfasamento (phase shift) che descrive la differenza di fase tra onde incidenti e onde uscenti3 ; in generale δ` è funzione dell’energia (ovvero di k). L’insieme degli angoli di sfasamento δ` contiene le informazioni cercate sulla forma e sulla intensità del potenziale nucleone-nucleone. Il termine sin δ` 3 L’angolo di sfasamento è quello tra la funzione radiale R` (r) soluzione dell’equazione di Schrödinger con il potenziale considerato e la j` (kr) che è la soluzione con V (r) = 0. 4 che compare nell’ampiezza di scattering (oltre al fattore di fase) deriva dalla conservazione della corrente di particelle nello scattering elastico e viene collegato alla richiesta di unitarietà per la sezione d’urto totale. La sezione d’urto totale (integrata sugli angoli θ e ϕ) è data da: σ= R dσ 4π ∞ 2 dΩ dΩ = k2 ∑`=0 (2` + 1) sin δ` Se δ` = 0 il contributo della cosiddetta “onda `” alla sezione d’urto è nullo. La scomposizione in onde parziali è utile a basse energie per un potenziale di raggio finito a perché in questo caso contribuiscono all’ampiezza di scattering solo le prime onde parziali, e precisamente quelle per cui: `≤ −p |·a |→ h̄ = ka In particolare a energia sufficientemente bassa contribuisce solo l’onda parziale ` = 0 (onda s) e dato che P0 (cos θ ) = 1 si ha una espressione particolarmente semplice della sezione d’urto differenziale e di quella totale in funzione dell’angolo di sfasamento δ0 : sin δ0 2 k sin δ0 2 σ = 4π k dσ = dΩ 17.2.2 Lo scattering nucleone-nucleone a bassa energia Dai risultati sperimentali sullo scattering nucleone-nucleone a bassa energia sono state estratte due importanti informazioni sul potenziale: • che contiene una parte repulsiva a corto raggio d’azione, oltre a una parte attrattiva a raggio d’azione più grande; • che dipende dagli spin dei due nucleoni. 5 Figura 1: Angoli di sfasamento δ0 per lo scattering nucleone-nucleone in funzione del momento relativo dei nucleoni, per lo stato di singoletto di spin - tripletto di isospin e per lo stato di tripletto di spin - singoletto di isospin. Fig. 16.1 di [Povh08]. Assumendo un raggio d’azione della forza nucleare di circa 2 fm, vediamo dalle equazioni precedenti che lo scattering neutrone-protone e protoneprotone è dominato dall’onda s per momenti relativi fino ad almeno 100 MeV/c. In ogni caso anche per momenti relativi superiori è possibile estrarre dai dati il contributo di onda s. Nella figure 1 sono mostrati i valori sperimentali degli angoli di sfasamento δ0 per gli stati di singoletto di spin e di tripletto di spin, in funzione del momento relativo dei due nucleoni. Notiamo innanzitutto che l’angolo di sfasamento è positivo per valori di momento relativo inferiori a circa 400 MeV/c, e poi diventa negativo. Questo fatto ci permette di dedurre informazioni sul carattere attrattivo o repulsivo del potenziale in funzione della distanza, come vediamo di seguito. Consideriamo la funzione d’onda in onda s (necessariamente a simmetria − sferica) ψ(→ x ); se definiamo una nuova funzione d’onda radiale u(r) = r · ψ(r), essa deve soddisfare all’equazione di Schrödinger nella forma seguente: d 2 u(r) dr2 ) + 2m(E−V u(r) = 0. h̄2 6 Figura 2: Schema dello sfasamento tra onde che non hanno subito scattering (linee tratteggiate) e onde che hanno subito scattering (linee continue), per un potenziale repulsivo (a sinistra) e per un potenziale attrattivo (a destra). Fig. 16.2 di [Povh08]. Se risolviamo l’equazione per un potenziale repulsivo rettangolare V (r) con raggio d’azione b e altezza V → +∞, troviamo che l’angolo di sfasamento è δ0 = −kb : lo sfasamento è negativo, proporzionale al raggio d’azione del potenziale e proporzionale al numero d’onda k (figure 2). Se invece consideriamo un potenziale attrattivo rettangolare con un raggio d’azione a e profondità − |V |, la soluzione dell’equazione di Schrödinger corrisponde a uno sfasamento sempre positivo e con un andamento più complicato che comunque decresce per momenti relativi elevati: δ0 = arctan q √ 2mc2 (E+|V |)·a h̄c E E+|V | tan − √ 2mc2 E·a h̄c Se ora sovrapponiamo gli sfasamenti dovuti a un potenziale repulsivo a corto raggio d’azione e a un potenziale attrattivo a raggio d’azione più lungo otteniamo un andamento come in figure 3, in accordo con i dati sperimentali4 . Abbiamo ottenuto un primo risultato sulle caratteristiche del potenziale nucleone-nucleone: esso deve comprendere una parte repulsiva a corto raggio d’azione (conosciuta come hard core ovvero nocciolo repulsivo) oltre alla parte attrattiva a raggio d’azione più lungo che è comunque necessaria per spiegare lo stato legato del deutone. Uno schema del potenziale centrale con nocciolo repulsivo è mostrato in figure 4. 4 Una trattazione più rigorosa si trova ad esempio nel paragrafo 3.8 (Effective Range Theory in n-p Scattering) di [RoyNigam67]. 7 Figura 3: Sovrapposizione di sfasamenti (δ0 ) positivi e negativi in funzione del momento relativo dei due nucleoni. Fig. 16.3 di [Povh08]. Figura 4: Schema della dipendenza del potenziale nucleone-nucleone dal raggio nel caso ` = 0. Non viene mostrata la dipendenza da spin o isospin. Fig. 16.4 di [Povh08]. Ulteriori informazioni si ottengono dalle sezioni d’urto totali di diffusione n-p a bassa energia e dal fatto che lo stato legato del sistema n-p, il deutone, è un tripletto di spin. I dati sperimentali sullo scattering n-p a bassa energia danno una sezione d’urto elastica su protoni liberi di circa 20.4 barn costante entro 1-2% nell’intervallo di energia 1 < E < 1000 eV (la sezione d’urto totale include anche la sezione d’urto di cattura che vale 0.33 barn)5 . 5 Vedere ad esempio il paragrafo 10.2 di [Segre82]. 8 Cerchiamo ora di calcolare la sezione d’urto elastica. Lo sfasamento in onda s ha la seguente espressione6 a bassa energia (indichiamo δ0 per semplicità con δ ): 2 k cot δ = − a1 + r0 k2 dipendente da due parametri, a detta lunghezza di scattering e r0 detto range efficace. Misurando le sezioni d’urto n-p a diverse basse energie si possono ricavare i parametri a e r0 , infatti la sezione d’urto totale in base alla formula vista prima7 avrà la seguente espressione: σ= 4π 2 . r k2 k2 + 1a − 02 Se ora utilizziamo i valori dei parametri a e r0 ricavati da profondità e larghezza della buca di potenziale che descrive ragionevolmente bene le proprietà del deutone (v. paragrafo successivo) troviamo una sezione d’urto di 4.4 b, in contraddizione con il dato sperimentale (20.4 b). Wigner nel 1935 ha risolto la contraddizione notando che lo scattering avviene sia nello stato di singoletto di spin che nello stato di tripletto, mentre il deutone ci fornisce informazioni relative al solo stato di tripletto; dobbiamo pertanto utilizzare due coppie di parametri riferite rispettivamente allo stato di tripletto (at , rt ) e di singoletto (as , rs ). Notando inoltre che (se fascio di neutroni e bersaglio di protoni non sono polarizzati) la sezione d’urto totale è la somma di quella di tripletto con peso 3/4 e di quella di singoletto con peso 1/4 si ottiene: σ= 3π k2 + 1 at 2 − rt2k 2 + π 2 2 k2 + a1s − rs2k Per riprodurre il dato sperimentale sulla sezione d’urto totale dobbiamo ammettere che la sezione d’urto di singoletto (il secondo termine della formula precedente) per collisioni n-p a bassa energia sia σs w 60 b. Avendo realizzato che la forza tra due nucleoni dipende dallo spin, dobbiamo effettivamente adottare valori diversi di a e di r0 nel caso del singoletto e del tripletto. 6 Vedere ad esempio l’appendice B di [Segre82] oppure il paragrafo 50 del testo di Schiff. 7 Notiamo che sin2 δ = 1/(1 + cot2 δ ). 9 Utilizzando anche i risultati8 dello scattering di neutroni su ortoidrogeno (i due protoni sono nello stato di tripletto di spin) e paraidrogeno (singoletto di spin) oltre alle misure di scattering su protoni liberi già citate, sono stati ottenuti i seguenti valori delle due coppie di parametri: Riferimento Noyes (1963) Hughes et al. (1950-51) Hughes et al. (1950-51) Shull et al. (1948) Sutton et al. (1947) as -23.678 -23.67 -23.69 -23.5 -23.71 at 5.396 5.40 5.37 5.20 5.38 rt 1.726 1.74 1.70 1.6 1.6 rs 2.51 2.7 Tabella 1: Parametri dello scattering n-p a bassa energia, espressi in fm (dalla Tabella 3-2 nel paragrafo 3.13 di [RoyNigam67]). Possiamo concludere da questi dati che: 1. Lo scattering n-p dipende dallo spin9 ; 2. Il maggior contributo alla sezione d’urto di scattering n-p viene dallo stato di singoletto di spin; 3. Il valore negativo di as indica che non esiste uno stato legato di singoletto. 17.3 Il deutone Esaminiamo ora le caratteristiche principali dell’unico stato legato nucleonenucleone, ovvero il deutone: 1. Energia di legame: B = 2.225 MeV, ovvero circa 1.11 MeV/nucleone; 2. Spin-parità: J P = 1+ ; 8 Vedere ad es. il paragrafo 12.15 di [Segre82]. 9 La dipendenza dallo spin può venire espressa con l’operatore di scambio di spin 1/2(1 + − →·− → σ n σ p ) che ha autovalori +1 per lo stato di tripletto e -1 per lo stato di singoletto. 10 3. Isospin: I = 0; 4. Momento magnetico: µd = 0.857 · µN ; 5. Momento di quadrupolo elettrico: Q = 0.282 · e fm2 . L’isospin è zero perché non esistono stati legati protone-protone o neutroneneutrone. Lo spin totale è 1 (protone e neutrone hanno spin paralleli) quindi abbiamo a che fare con un tripletto di spin. Il deutone è principalmente uno stato con ` = 0 ma ci deve essere una piccola mescolanza di ` = 2 (notiamo che ` = 1 avrebbe la parità opposta e pertanto non si può mescolare con ` = 0) per spiegare il momento di quadrupolo elettrico diverso da zero: infatti uno stato puro ` = 0 avrebbe simmetria sferica, il che implicherebbe Q = 0. Un altro indizio della presenza di ` = 2 sta nel fatto che il momento di dipolo magnetico del deutone non è esattamente uguale alla somma algebrica dei momenti magnetici di protone e neutrone (in unità di magnetoni nucleari): µd = 0.857 6= µ p + µn = 2.793 − 1.913 = 0.880 Si trova che le proprietà del deutone possono essere giustificate con una funzione d’onda del tipo: |ψd >= 0.98|3 S1 > +0.20|3 D1 > pertanto c’è una probabilità del 4% di trovare il deutone nello stato con ` = 2. Questa mescolanza può a sua volta essere spiegata da una componente tensoriale del potenziale, che dipende dalla orientazione degli spin s1 e s2 rispetto al raggio vettore x che collega i due nucleoni: VT (r) 3(s1 · x)(s2 · x)/r2 − (s1 · s2 ) /h̄2 si tratta quindi di una forza non centrale, necessaria per spiegare ad esempio il momento di quadrupolo elettrico diverso da zero. Esaminiamo ora la funzione d’onda del nucleone all’interno del deutone, in prima approssimazione consideriamo valida la simmetria sferica (` = 0). Ipotizzando per semplicità una buca di potenziale rettangolare senza nocciolo repulsivo, vogliamo stimare la profondità della buca V e il raggio d’azione 11 a; il valore sperimentale dell’energia di legame del deutone ci fornisce un vincolo sul prodotto |V | a2 che possiamo considerare una sorta di "volume" della buca di potenziale. Le soluzioni dell’equazione di Schrödinger per la funzione radiale u(r) = rψ(r) nelle due regioni sono: (r < a) uI (r) = A sin kr (r > a) uII (r) = Ce−Kr con k e K dati da: p 2m(E −V )/h̄ (V < 0) p √ −2mE/h̄ = 2m |E|/h̄ (E = −B < 0) K = k = e m ≈ m p /2 massa ridotta del sistema protone-neutrone10 . Imponendo la continuità di u(r) e di du/dr a r = a (limite della buca di potenziale) si ottiene11 : k cot ka = −K ovvero una equazione trascendente che collega V (tramite k) al raggio d’azione a . Dato che |V | B possiamo in prima approssimazione considerare: cot ka ≈ 0, ka ≈ π/2, k2 ≈ 2m |V | /h̄2 da cui si ottiene l’equazione approssimata che collega la profondità della buca al raggio d’azione della forza nucleare: |V | a2 ≈ 2 π 2 (h̄c) 8 mc2 ≈ 102 MeV · fm2 10 V. anche, con una notazione un po’ diversa, il paragrafo 10.1 di [Segre82] e il paragrafo 3.2 di [RoyNigam67]. 11 Oltre a questa equazione si ottiene anche una relazione fra le due costanti di normalizzazione A e C . 12 Valori approssimati ed esatti della profondità della buca di potenziale sono riportati nella tabella seguente. a (fm) 1.0 1.5 2.0 2.5 ∞ |V | appross. (MeV) 102 45 25.5 16 - |V | esatto (MeV) 120 59 36 25 2.83 Tabella 2: Valori approssimati (dalla formula precedente) ed esatti (dalla tabella 3-1 di [RoyNigam67]) della profondità della buca di potenziale per alcuni valori del raggio della forza nucleare. I valori attualmente accettati per il raggio d’azione della forza nucleare, a ≈ 1.2 · · · 1.4 fm, implicano una profondità della buca di potenziale di circa 50 MeV, molto maggiore dell’energia di legame B. Il deutone è uno stato poco legato e non ha stati eccitati. La coda della funzione d’onda si estende a distanze dell’ordine di 1/K ≈ 4.3 fm, molto maggiori del raggio d’azione a. Nella figure 5 è rappresentata la distribuzione di probabilità in funzione del raggio per due valori di a e V scelto in modo da mantenere il prodotto Va2 costante. I due risultati differiscono poco per grandi valori di r. Un calcolo più accurato che tiene conto del nocciolo repulsivo del potenziale risulta sensibilmente diverso da questo calcolo semplificato solo per r < 1 fm. 17.4 Ulteriori considerazioni sulla forza nucleare In base ai risultati sperimentali sullo scattering nucleone-nucleone a bassa energia e sulle proprietà del deutone siamo arrivati a una descrizione alquanto complicata del potenziale internucleonico, con diversi "ingredienti". L’esame dei risultati di scattering (soprattutto p-p) a energie più elevate fino a circa 300 MeV richiede un ulteriore termine di spin-orbita (ricordiamo che un simile termine esiste anche nel caso degli atomi). Vedremo più avanti che il termine spin-orbita è necessario anche nel modello a gusci. 13 Figura 5: Distribuzione radiale di probabilità u2 (r) = r2 |ψ|2 (r) per il nucleo di deuterio, nel caso di un potenziale attrattivo di raggio d’azione a (curva tratteggiata) e per a → 0 con valore fissato di Va2 (curva continua). Fig. 16.5 di [Povh08]. Anche se diverse forme funzionali del potenziale internucleonico possono spiegare altrettanto bene le osservazioni sperimentali, esiste un consenso sulla forma dei quattro termini dominanti (a fissato isospin): V (r) = V0 (r) +Vss (r)s1 · s2 /h̄2 +VT (r) 3(s1 · x)(s2 · x)/r2 − (s1 · s2 ) /h̄2 +VLS (r)(s1 + s2 ) · L/h̄2 Cerchiamo ora di giustificare a livello qualitativo le proprietà della forza nucleare alla luce del modello a quark costituenti per i nucleoni e con l’idea che la forza sia trasmessa principalmente da coppie quark-antiquark. Notiamo comunque che non esiste ancora una teoria consistente della forza nucleare basata interamente sulle interazioni di quark e gluoni descritte dalla Cromodinamica Quantistica (QCD). Consideriamo successivamente tre aspetti della forza nucleare: la repulsione a breve distanza, l’attrazione e quello che 14 dovrebbe essere il meccanismo di trasmissione della forza nell’ambito della QCD, ovvero lo scambio di quark-antiquark. 17.4.1 Repulsione a breve distanza Ricordiamo che la repulsione fra due atomi che si trovino a breve distanza è dovuta sostanzialmente al principio di Pauli applicato agli elettroni: se cerchiamo di avvicinare i due atomi, al di sotto di una certa distanza fra i nuclei le rispettive nubi elettroniche si dovrebbero sovrapporre e alcuni elettroni dovrebbero andare a occupare stati eccitati, a spese dell’energia cinetica degli atomi. I 6 quark in un sistema di due nucleoni obbediscono al principio di Pauli, tuttavia sono meno vincolati degli elettroni dato che hanno due numeri quantici in più: la carica di colore, che può assumere tre valori, denominati Red, Green e Blue, e l’isospin che può assumere due valori (la coppia di quark u e d costituisce un doppietto con isospin I = 1/2). Si possono sistemare fino a 12 quark con numeri quantici tutti diversi nello stato ` = 0 senza violare il principio di Pauli. Dato che la parte di colore della funzione d’onda deve essere antisimmetrica per lo scambio di due quark12 e la parte spaziale per ` = 0 è simmetrica, si deduce che la parte spin-isospin della funzione d’onda complessiva dei 6 quark deve essere simmetrica. Vediamo quindi che il principio di Pauli non può spiegare la presenza di un nocciolo repulsivo nell’interazione nucleone-nucleone, la spiegazione deve essere cercata altrove. La ragione della repulsione a brevi distanze si trova nella interazione spinspin tra quark, che aumenta l’energia potenziale quando ci sono più coppie di quark con gli spin paralleli. Se cerchiamo di sovrapporre spazialmente due nucleoni aumenterà il numero di coppie con spin paralleli e quindi l’energia potenziale; l’energia potrebbe essere ridotta se alcune coppie di quark avessero spin antiparalleli, ma questo richiede una ulteriore energia per passare da ` = 0 a ` = 1, dato che per ` = 0 la funzione d’onda spin-ispospin deve essere simmetrica. In definitiva si manifesta una forte repulsione a corto raggio. 12 La QCD gode della proprietà di confinamento per cui gli stati osservabili corrispondenti agli adroni devono essere neutri di colore. 15 17.4.2 Attrazione Per spiegare l’attrazione tra due nucleoni in termini di quark, cerchiamo di farci guidare dall’analogia con le forze che tengono insieme gli atomi nelle molecole. Scartiamo subito l’analogia con il legame ionico, perché sappiamo che le forze responsabili del confinamento in QCD sono troppo intense per permettere che un quark venga "prestato" a un altro nucleone. Possiamo tentare l’analogia con la forza di Van der Waals, dovuta a una interazione dipolo-dipolo fra due atomi che si polarizzano e acquistano ciascuno un momento di dipolo elettrico. Ma si trova che una forza del genere dovuta a scambio di due gluoni (l’analogo dello scambio di due fotoni nel caso molecolare) risulta troppo debole per spiegare la forza nucleare a distanze per le quali i due nucleoni si sovrappongono in parte e lo scambio di gluoni non è proibito dal confinamento. Rimane solo l’analogia con il legame covalente, responsabile per esempio del legame tra i due atomi di idrogeno nella molecola H2 . In questo caso gli elettroni vengono continuamente scambiati tra i due atomi e non possono essere assegnati a uno dei due atomi. La forza attrattiva tra nucleoni è più forte a distanze dell’ordine di 1 fm e può effettivamente essere spiegata con l’analogo di un legame covalente assumendo che ciascun nucleone sia un sistema quark-diquark (v. figure 6). La configurazione più favorevole dal punto di vista energetico consiste in un diquark ud con spin 0 e isospin 0 (l’alternativa: spin 1 e isospin 1 non è favorita). Il legame covalente risulta quindi dallo scambio di singoli quark. Il calcolo dettagliato della forza di attrazione dovuta al legame covalente, basato sullo scambio di quark, fornisce una profondità della buca di potenziale pari solo a circa un terzo del valore sperimentale. In parte questo è dovuto al fatto che i due quark scambiati devono avere lo stesso colore, e la probabilità che questo avvenga è 1/3. Inoltre il contributo all’attrazione da parte di questo legame covalente è ulteriormente ridotto dalla presenza di una parte della funzione d’onda in cui il diquark ha spin 1 e isospin 1. 16 Figura 6: Rappresentazione simbolica del legame covalente in una molecola di idrogeno (a sinistra) e in un sistema di due nucleoni (a destra). Il tempo aumenta verso l’alto. Lo scambio di elettroni nella molecola di idrogeno è analogo allo scambio di quark nel sistema di due nucleoni. Fig. 16.9 di [Povh08]. Possiamo dire pertanto che il concetto di legame covalente, trasportato dalle molecole ai nuclei, non rende conto quantitativamente di quello che succede nei nuclei, e questo non tanto per il confinamento quanto per la soppressione dello scambio di quark dovuto alle cariche di colore dei medesimi. 17.4.3 Scambio di mesoni L’idea di spiegare la forza nucleare mediante scambio di mesoni è stata avanzata da Yukawa nel 1935. Il mesone più leggero, ovvero il mesone π (pione), è stato confermato sperimentalmente circa 10 anni dopo (inizialmente ci fu confusione tra il mesone π e il leptone µ, scoperto nel 1937 nei raggi cosmici, che si pensava fosse il mesone di Yukawa a causa della massa non troppo diversa da quella predetta da Yukawa). Si tratta di un mesone pseudoscalare con J P = 0− e isospin I = 1, che si presenta in tre stati di carica, π + π 0 e π −. Lo scambio di un mesone di massa m porta al potenziale di Yukawa: 17 − mc h̄ r V (r) = g e r dove g è una costante che ha il ruolo di una carica; il potenziale inizialmente decresce all’aumentare di r come 1/r e poi decresce molto più rapidamente, ed ha una portata dell’ordine di h̄/(mc), che nel caso del pione è pari a circa 1.4 fm. Dato che la portata decresce all’aumentare della massa m , le particelle che hanno un ruolo più rilevante nel meccanismo di scambio sono, oltre al pione, i mesoni vettori leggeri ρ e ω. Il potenziale centrale nucleonenucleone in questo schema può essere compreso in base allo scambio di due pioni, in cui i pioni si combinano per dare numeri quantici J P (I) = 0+ (0). Invece la dipendenza da spin e isospin della forza nucleare deriva dallo scambio di un mesone, e in particolare dal fatto che possono essere scambiati sia mesoni pseudoscalari che vettoriali. I pioni sono particolarmente importanti dato che essendo molto leggeri possono essere scambiati su distanze > 2 fm. Figura 7: (a) Rappresentazione dello scambio di una coppia quark-antiquark tra due nucleoni; gli antiquark sono raffigurati come quark che si muovono all’indietro nel tempo. (b) Lo scambio di un mesone è simile allo scambio di una coppia quark-antiquark. Fig. 16.10 di [Povh08]. Dato che secondo il modello a quark e la QCD i mesoni sono costituiti da coppie quark-antiquark neutre di colore, lo scambio di mesoni è sostanzialmente equivalente allo scambio di coppie quark-antiquark (v. figure 7). Cop18 pie virtuali quark-antiquark vengono continuamente create e distrutte dai gluoni della QCD e possono essere scambiati fra due nucleoni. Di fatto si trova che il potenziale nucleone-nucleone a distanze relativamente grandi è ottimamente descritto dallo scambio di un pione. A piccole distanze (nocciolo repulsivo) la descrizione migliore dei dati sperimentali si ottiene con lo scambio di quark, mentre la spiegazione alternativa mediante scambio di mesoni ω richiede valori inaccettabilmente alti della costante di accoppiamento mesone-nucleone. A distanze intermedie entrambi i tipi di modello richiedono di aggiustare a mano alcuni parametri per accordarsi ai dati sperimentali. 19 18 Modelli nucleari: il modello a gas di Fermi I nuclei nel loro stato fondamentale o nei loro stati eccitati con energia di eccitazione relativamente bassa sono essenzialmente un gas di Fermi degenere costituito da nucleoni. La densità nucleare (praticamente costante al variare di A) è determinata dalle caratteristiche della forza nucleare, in particolare dalla forte repulsione a piccole distanze e dalla debole attrazione a distanze maggiori. I risultati sulla diffusione quasi elastica di elettroni su nuclei ci fanno capire che i nucleoni si muovono liberamente all’interno dei nuclei con momenti dell’ordine di 250 MeV/c. Come abbiamo visto nel caso del deutone, il legame nucleare è debole e la distanza media tra nucleoni è sostanzialmente maggiore del raggio del nucleo repulsivo. Dopo aver esaminato in dettaglio il modello a gas di Fermi per i nuclei, vedremo una ulteriore dimostrazione del fatto che i nucleoni si possono muovere liberamente basata sul fatto che una particella Λ (che sostituisce un nucleone nei cosiddetti ipernuclei) si può muovere liberamente in una buca di potenziale la cui profondità è indipendente dal nucleo prescelto e la cui larghezza coincide con il raggio del nucleo. 18.1 Modello a gas di Fermi Vogliamo dimostrare che il modello a gas di Fermi è in grado di giustificare le energie di legame dei nuclei e i termini più importanti della formula semiempirica di massa, e che riproduce inoltre la distribuzione di momenti misurata con lo scattering quasi elastico di elettroni su nuclei. I protoni e neutroni che costituiscono un nucleo sono visti come due sistemi indipendenti di fermioni (di spin 1/2) che obbediscono al principio di esclusione di Pauli. A parte questo vincolo, si assume che i nucleoni si possano muovere liberamente nel volume del nucleo. Il potenziale sentito da un singolo nucleone è generato da tutti gli altri nucleoni, nel modello si assume che abbia una semplice forma a buca di potenziale con pareti abbastanza ripide in corrispondenza del raggio del nucleo (v. figure 8). Il numero di stati disponibili per un nucleone in un volume spaziale V e in una regione di momento definita dall’intervallo d p è dato dal volume nello spazio delle fasi diviso per h3 : 20 dn = 4π p2 d p (2π h̄)3 ·V A temperatura nulla, ovvero nello stato fondamentale del nucleo, il numero totale di stati occupati si trova integrando l’espressione precedente da zero a un valore massimo che indichiamo come momento di Fermi pF : n= V p3F 6π 2 h̄3 Dato che ogni stato energetico può essere occupato da due protoni (e da due neutroni) con spin antiparalleli, troviamo le seguenti formule per il numero di protoni Z e il numero di neutroni N : 3 p 3 Z= V ( pF ) 3π 2 h̄3 e N= V ( pnF ) 3π 2 h̄3 , dove con pFp e pnF abbiamo indicato il momento di Fermi, rispettivamente per protoni e neutroni. Utilizzando l’espressione del volume del nucleo (supposto sferico) V = 4/3πR3 = 4/3πR30 A , con R0 = 1.21 fm come si ricava dallo scattering di elettroni su nuclei, troviamo ad esempio per un nucleo con Z = N = A/2 il seguente valore del momento di Fermi: pFp = pnF = h̄ R0 9π 8 1/3 = 248 MeV/c ≈ 250 MeV/c . Pertanto i nucleoni si muovono nei nuclei con momenti abbastanza grandi; il valore predetto dal modello a gas di Fermi è in buon accordo con i risultati sperimentali ottenuti mediante lo scattering quasi elastico di elettroni, tranne che per i nuclei leggeri. L’energia dello stato occupato che si trova più in alto nella buca di potenziale viene definita energia di Fermi e vale: EF = p2F 2M ≈ 33 MeV, dove M è la massa del nucleone e l’approssimazione non relativistica è giustificata a posteriori dal valore trovato per EF . In realtà nei nuclei con N 6= Z è necessario distinguere tra l’energia di Fermi dei neutroni e quella dei protoni (figure 8). La differenza di energia B0 tra la cima della buca di potenziale 21 Figura 8: Schema dei potenziali per protoni e neutroni e dei relativi livelli energetici nel modello a gas di Fermi. Fig. 17.1 del [Povh08]. e il livello occupato più alto è la stessa per la maggior parte dei nuclei e corrisponde all’energia di legame per nucleone B/A che vale circa 7-8 MeV. L’energia di Fermi EF e conseguentemente la profondità della buca di potenziale V0 sono approssimativamente indipendenti dal numero di massa A : V0 = EF + B0 ≈ 40 MeV. Analogamente al caso del gas (di Fermi) di elettroni liberi in un metallo, l’energia cinetica è paragonabile alla profondità della buca di potenziale: questa è una indicazione che i nuclei sono sistemi debolmente legati. Sappiamo che i nuclei medio-pesanti hanno un eccesso di neutroni. Ma il livello di Fermi per protoni e neutroni in un nucleo stabile deve essere lo stesso, altrimenti il nucleo si porterebbe in una condizione energeticamente più favorevole mediante decadimento β + o β − : per far posto ai neutroni in eccesso dobbiamo pertanto supporre che la buca di potenziale "sentita" dai neutroni sia più profonda di quella dei protoni (v. figure 8). I protoni sono quindi (in media) meno fortemente legati rispetto ai neutroni. Questo fatto può essere compreso come conseguenza della repulsione Coulombiana fra protoni che introduce un termine addizionale nel potenziale: VC = (Z − 1) α·h̄c R 22 Possiamo calcolare nell’ambito del modello a gas di Fermi la dipendenza dell’energia di legame dall’eccesso di neutroni. Calcoliamo dapprima l’energia cinetica media per nucleone (contrapposta a quella massima che è EF ): hEkin i = R pF 0R Ekin p2 d p p2 d p pF 0 p2 = 35 · 2MF ≈ 20 MeV. L’energia cinetica totale del nucleo, differenziando fra protoni e neutroni, risulta pari a: 2 3 Ekin (N, Z) = N hEn i + Z E p = 10M N · (pnF )2 + Z · pFp e può essere riformulata utilizzando i risultati ottenuti in precedenza come: Ekin (N, Z) = 3 h̄2 10M R20 9π 4 2/3 N 5/3 +Z 5/3 A2/3 . Va notato che abbiamo assunto che i raggi delle buche di potenziale per protoni e neutroni siano uguali. Questa energia cinetica ha, per A fissato ma variando N (e di conseguenza Z), un minimo per N = Z. Pertanto l’energia di legame diminuirà se N 6= Z; facendo l’espansione della formula precedente in serie di potenze della differenza N − Z troviamo: 2 5 (N−Z) 3 h̄2 9π 2/3 A + + . . . Ekin (N, Z) = 10M 9 A R2 8 0 ovvero troviamo la dipendenza funzionale dell’energia cinetica dall’eccesso di neutroni. Il primo termine in parentesi contribuisce al termine di volume nella formula sempiempirica di massa, mentre il secondo termine descrive la correzione dovuta a N 6= Z. Questo termine di asimmetria dell’energia cinetica aumenta con il quadrato dell’eccesso di neutroni e l’energia di legame diminuisce in corrispondenza. Per riprodurre completamente il termine di asimmetria nella formula semiempirica di massa occorre considerare anche la modifica del potenziale per N 6= Z : quest’altra correzione è altrettanto importante della modifica dell’energia cinetica. Vediamo quindi che il semplice modello a gas di Fermi, in cui i nucleoni si muovono in un potenziale medio uguale per tutti, rende plausibili i termini di volume e di asimmetria nella formula semiempirica di massa. 23 18.1.1 Modello a gas di Fermi e stelle di neutroni Una forma estrema di materia nucleare è quella presente nelle stelle di neutroni. In questo caso non occorre considerare la repulsione Coulombiana. Oltre alla forza nucleare attrattiva, che porterebbe da sola a una densità pari a quella ordinaria dei nuclei ρ0 , occorre considerare anche la forza gravitazionale, per cui la densità nel centro di una stella di neutroni può essere anche 10 volte maggiore di ρ0 . Le stelle a neutroni sono residui delle esplosioni di supernovae, ovvero lo stadio finale di stelle con massa compresa fra una e due masse solari. Inizialmente il residuo dell’esplosione di una supernova è costituito da atomi di ferro, ed è sottoposto alla contrazione gravitazionale. La densità crescente aumenta l’energia di Fermi degli elettroni per cui il decadimento β inverso p + e− → n + νe diventa favorito mentre il decadimento β ordinario è proibito dal principio di Pauli applicato agli elettroni. I protoni si convertono gradualmente in neutroni, la barriera Coulombiana scompare e alla fine la stella equivale a un gigantesco nucleo composto di soli neutroni. La contrazione ulteriore viene impedita dalla pressione di Fermi dei neutroni e si arriva a una densità di circa 1018 kg/m3 ; solo se la massa supera le due masse solari la gravità vince la pressione di Fermi e la stella si trasforma in un buco nero. La massa di una stella a neutroni può essere determinata da osservazioni astronomiche se essa fa parte di un sistema binario, mentre il raggio può essere valutato spettroscopicamente in base all’effetto Doppler gravitazionale. Tipicamente la massa è compresa fra 1.3 e 1.5 masse solari e il raggio è di circa 10 km. Cerchiamo ora di stimare l’ordine di grandezza del raggio di una stella a neutroni con un calcolo semplificato che assume densità costante (in realtà la densità dipende dal raggio) nel volume della stella. Consideriamo una massa M = 3 · 1030 kg (circa 1.5 masse solari) che corrisponde a un numero di neutroni N = 1.8 · 1057 . Il momento di Fermi risulta uguale a: pF = 9πN 4 1/3 h̄ e l’energia cinetica media per neutrone vale: 24 R hEkin /Ni = 2 3 pF 5 2Mn = C R2 dove C = 3h̄2 10Mn 9πN 4 2/3 . L’aver considerato la densità costante ci porta a valutare l’energia potenziale gravitazionale media per neutrone come: GNM 2 E pot /N = − 53 R n , dove Mn è la massa del neutrone e G la costante di gravitazione universale. La stella sarà in equilibrio se l’energia totale per neutrone assume il valore minimo: d d dR hE/Ni = dR hEkin /Ni + E pot /N = 0 . Troviamo quindi il raggio di equilibrio: 2 R= h̄2 (9π/4) /3 GMn3 N 1/3 che corrisponde numericamente a un raggio di circa 12 km, in buon accordo con le osservazioni; troviamo anche una densità di 0.25 neutroni/fm3 , ovvero circa 1.5 volte la densità di nucleoni all’interno di un nucleo ordinario. Questa trattazione semplificata (che non tiene conto delle variazioni di densità e di pressione in funzione del raggio) ci mostra comunque che il modello a gas di Fermi è valido anche per una materia nucleare di estensione infinita, in condizioni molto diverse da quelle dei nuclei. 18.2 Ipernuclei A temperatura zero tutti gli stati energetici più bassi sono occupati senza eccezioni. Le interazioni fra nucleoni portano semplicemente a scambi di livello fra due nucleoni che sono inosservabili, dato che l’energia totale non varia. Per questo possiamo parlare di singoli nucleoni in stati aventi valori definiti di energia e momento angolare; la funzione d’onda complessiva del nucleo può pertanto essere considerata il prodotto di tante funzioni d’onda di particella singola. 25 Sarebbe interessante poter studiare i livelli energetici dei singoli nucleoni se trovassimo il modo di etichettarli. Un modo elegante di farlo sperimentalmente è quello di introdurre nel nucleo un iperone (nel caso più semplice una particella Λ) formando in tal modo un ipernucleo. Una particella Λ nel nucleo non può decadere per interazione forte (la stranezza è conservata dall’interazione forte) e quindi ha la stessa vita media del caso libero, circa 10−10 s; questo tempo è sufficiente per fare misure spettroscopiche e investigare le proprietà degli ipernuclei. Gli ipernuclei si possono produrre con buona resa in reazioni di scambio di stranezza come: K − + A →Λ A + π − (il suffisso indica un ipernucleo con una singola particella Λ che ha sostituito un neutrone) dove un neutrone del nucleo si trasforma in particella Λ secondo la reazione: K − + n → Λ + π −. Esperimenti di questo tipo sono stati effettuati al CERN negli anni 1970 con un fascio di mesoni K di momento compreso fra 300 e 1000 MeV/c; la cinematica della reazione è particolarmente favorevole per un momento del fascio pari a 530 MeV/c e quando i pioni vengono osservati a un angolo di produzione di 0◦ , dato che in questo caso non vi è momento trasferito al nucleo. In ogni caso, nell’intervallo di momenti citato in precedenza per il fascio, il momento trasferito al nucleo è piccolo rispetto al momento di Fermi, per cui il nucleo si può ritenere praticamente indisturbato. Se la reazione di scambio stranezza avviene con un neutrone legato al nucleo e anche la particella Λ rimane legata nell’ipernucleo, possiamo mettere in relazione la differenza tra le energie cinetiche del K e del π con la differenza fra le energie di legame nel nucleo ordinario e nell’ipernucleo: BΛ = Bn + Eπ − EK + (MΛ − Mn ) · c2 + energia di rinculo Nella figure 9 vediamo lo spettro di energia dei pioni prodotti nella reazione sopra indicata su un nucleo di 12C; lo spettro viene rappresentato direttamente in funzione dell’energia di legame BΛ . Il valore di Bn da sostituire 26 nella formula precedente è stato preso dal valore sperimentale dell’energia di separazione di un neutrone per il 12C . Nella figura si osserva un chiaro picco a BΛ = 0 e un secondo picco con meno eventi a 11 MeV. Questa osservazione può essere interpretata come segue: la sostituzione di un neutrone del nucleo con una particella Λ libera una certa energia che viene data al pione, questa energia può venire soltanto dal legame nucleare. La spiegazione è questa: il principio di Pauli proibisce a un protone o a un neutrone di occupare un livello di energia più basso, perché questo è già occupato da un fermione della stessa specie. Se trasformiamo un neutrone in una particella Λ, questa può occupare uno stato qualsiasi; la particella Λ non interagisce individualmente con i singoli nucleoni ma sente un potenziale medio creato da tutti i nucleoni. Bisogna però fare attenzione al fatto che il potenziale sentito dalla Λ è meno profondo di quello sentito da un neutrone, perché l’interazione Λ-nucleone è più debole (infatti non esiste uno stato legato tra la Λ e un singolo nucleone). Fatte queste considerazioni possiamo capire lo spettro dei pioni mostrato in figure 9: protoni e neutroni nel nucleo originale di carbonio occupano gli stati 1s e 1p; se un neutrone del livello 1p si trasforma in una Λ, questa può andare a occupare ancora uno stato 1p e in questo caso la sua energia di legame risulta vicina allo zero. Se invece la Λ va ad occupare uno stato 1s, l’energia di legame risulta pari a circa 11 MeV: ci troviamo di fronte allo stato fondamentale dell’ipernucleo 12 Λ C. 27 Figura 9: Spettro dei pioni ottenuti dalla reazione K − +12 C → π − +12 Λ C con K − di momento 720 MeV/c. Il tasso di conteggio di pioni emessi a 0◦ è raffigurato in funzione dell’energia trasferita BΛ che può essere interpretata come l’energia di legame della Λ nel nucleo. Fig. 17.3 del [Povh08]. Gli stati a una particella per la Λ possono essere identificati ancora più chiaramente in nuclei più pesanti. Studi sistematici hanno fornito le energie di legame degli stati 1s e degli stati eccitati p, d e f come mostrato in figure 10. Si vede che gli iperoni Λ occupano livelli energetici discreti con energie di legame crescenti con il numero di massa A . Le curve mostrate in figura sono il risultato di calcoli effettuati con una buca di potenziale di profondità costante V0 ≈ 30 MeV (ridotta rispetto ai 40 MeV per i nucleoni) e una dipendenza da A del raggio nucleare del tipo R = R0 A1/3 ; la scala delle ascisse A−2/3 corrisponde quindi a R−2 ed è stata scelta perché BΛ R2 è all’incirca costante per stati con gli stessi numeri quantici. 28 Figura 10: Energia di legame delle Λ negli ipernuclei in funzione del numero di massa A elevato a potenza −2/3. La notazione sΛ , pΛ e dΛ si riferisce allo stato della Λ nel nucleo. I cerchi pieni sono dati sperimentali, i triangoli collegati da linee tratteggiate sono predizioni teoriche. Fig. 17.4 del [Povh08]. 29 19 Modelli nucleari: il modello a gusci Il modello a gusci del nucleo, basandosi sull’analogia con la fisica atomica, cerca di descrivere il nucleo assegnando una forma esplicita alle funzioni d’onda dei singoli nucleoni; nella versione più semplice del modello, un singolo nucleone si trova immerso nel potenziale medio dovuto a tutti gli altri nucleoni. Il modello a gusci cerca innanzitutto di spiegare alcune forti discontinuità di proprietà nucleari quali l’energia di legame per nucleone, la sezione d’urto di cattura di neutroni e l’energia di separazione di un neutrone, che sono state osservate in corrispondenza di certi numeri "magici" di protoni o neutroni. È più accurato rispetto al modello a gas di Fermi, grazie all’utilizzo di un potenziale più realistico (rispetto alla semplice buca rettangolare), con un termine di spin-orbita che ha importanti conseguenze sui livelli energetici predetti. Infine, una versione modificata del modello a gusci dimostra che l’interazione nucleone-nucleone è in grado di spiegare anche la forma (spesso non sferica) dei nuclei. 19.1 Il modello a gusci La spettroscopia degli ipernuclei ci ha insegnato che il concetto di un nucleone che occupa un livello di energia ben definita è valido. L’esistenza di livelli discreti ci ricorda il caso degli elettroni che si muovono nel potenziale Coulombiano (centrale) generato dal nucleo di carica Ze, solo che nel caso del nucleo non c’è un centro vero e proprio ma piuttosto ciascun nucleone si muove nel potenziale generato da tutti gli altri. Sia nel caso degli elettroni nell’atomo che in quello dei nucleoni nel nucleo, il riempimento dei livelli energetici è regolato dal principio di esclusione di Pauli. 19.1.1 I numeri magici Nel caso dell’atomo possiamo calcolare (in alcuni casi con metodi analitici, per esempio per gli atomi idrogenoidi, in tutti gli altri casi risolvendo numericamente l’equazione di Schrödinger) le energie dei livelli e troviamo che si possono raggruppare i livelli vicini in gruppi (detti gusci), chiaramente separati da altri gruppi di livelli. Alcuni atomi (i gas nobili) sono eccezionalmente stabili e hanno energie di ionizzazione particolarmente elevate, dato 30 che hanno gusci completamente riempiti e il successivo livello energetico, disponibile per eccitare un elettrone del guscio più esterno, è ben separato dal livello normalmente occupato dall’elettrone. Sembra che possiamo fare lo stesso nel caso del nucleo. Infatti, i nuclidi con certi numeri di protoni o neutroni sono particolarmente stabili: questi cosiddetti numeri magici sono 2, 8, 20, 28, 50, 82 e 126. Se un nucleo ha un numero magico di neutroni per esempio, l’energia di separazione di un neutrone (Sn ) è molto alta, viceversa un nucleo con un neutrone in più rispetto al numero magico ha una energia di separazione decisamente più bassa. I nuclei con un numero magico di protoni o neutroni hanno un numero inusualmente alto di isotopi stabili o a lunga vita media. Inoltre si trova che serve una grande energia per eccitare i nuclei con un numero magico di protoni o neutroni (v. figure 11). 31 Figura 11: Energia E1 del primo stato eccitato dei nuclei pari-pari. Notare che essa è particolarmente elevata per numeri "magici" di protoni o neutroni. Gli stati eccitati hanno generalmente spin e parità dati da J P = 2+ . I nuclei sopra indicati fanno eccezione alla regola e presentano valori pari a: 0+ , 3− e 1− . L’energia E1 è tanto minore quanto più ci si allontana dai numeri magici, ed è generalmente più piccola per i nuclei più pesanti. Fig. 17.5 di [Povh08]. I nuclei doppiamente magici, con Z e N uguali a uno dei numeri magici, sono ancora più stabili; si tratta dei nuclei seguenti: 4 He, 16 O, 40Ca, 48Ca, 208 Pb. 2 8 20 20 82 La spiegazione dell’esistenza dei numeri magici è stata storicamente il primo obiettivo del modello a gusci. Per affrontare questo modello dobbiamo come prima cosa cercare una forma adatta del potenziale medio visto da un nucleone, che sia capace di riprodurre la disposizione dei livelli energetici. 32 19.1.2 Autostati di un nucleone nel potenziale medio nucleare La funzione d’onda di un nucleone nel potenziale nucleare (considerato a simmetria sferica) è costituita - esattamente come nel caso atomico - da due componenti, radiale e angolare, caratterizzate da diversi numeri quantici: la parte radiale Rn` (r) è funzione solo del modulo del raggio, la parte angolare Y`m (θ , ϕ) dipende solo dalla direzione specificata dai due angoli θ e ϕ. L’energia En` dello stato stazionario non dipende dal numero quantico m (in assenza di campi magnetici) ma solo dai due numeri quantici n e `, e dato che m può assumere tutti i valori compresi tra −` e `, un livello energetico identificato dalla coppia di numeri quantici n` corrisponde in realtà a 2` + 1 stati con la stessa energia: si parla di stato (2` + 1) volte degenere. Dato inoltre che un nucleone ha spin 1/2 e due possibili orientazioni dello stesso, la degenerazione effettiva dei livelli è 2(2` + 1). Il numero quantico principale n corrisponde al numero di nodi della funzione d’onda radiale, aumentato di uno, mentre il numero quantico ` corrisponde al momento angolare orbitale. Anche nel modello a gusci si usa la notazione spettroscopica per gli stati di singola particella dei nucleoni, con n indicato dal rispettivo numero intero e ` indicato invece per tradizione con le lettere s, p, d, f , g, h, . . . La parità della funzione d’onda dipende dalla parte angolare Y`m e vale (−1)` . Dato che la forza nucleare è a corto raggio, la forma del potenziale medio deve seguire abbastanza fedelmente la distribuzione di densità di nucleoni, che dipende dal numero di massa: questa distribuzione è approssimativamente gaussiana per nuclei leggeri e ha la forma di una funzione di Fermi (sfera con superficie diffusa) per nuclei pesanti. Prima di introdurre un potenziale adatto allo scopo, esaminiamo la struttura dei livelli energetici in due casi limite, per i quali l’equazione di Schrödinger è risolubile in forma analitica: • la buca di potenziale quadrata di profondità V0 , • il potenziale dell’oscillatore armonico V (r) = 1/2Mω 2 r2 . Ci aspettiamo di arrivare a riprodurre la struttura dei livelli, e in particolare i numeri magici, interpolando fra questi due casi estremi. Nel primo caso il potenziale è definito come: 33 V (r) = −V0 per 0 < r < R, V (r) = 0 per r > R. Le autofunzioni di una particella in una buca di potenziale di altezza finita si possono in realtà calcolare solo con metodi numerici, ma per stati legati con energia totale E < 0 non troppo vicina allo zero si possono approssimare le funzioni d’onda con quelle ottenute nel caso (risolubile analiticamente) del potenziale con pareti infinitamente alte13 : si trova la successione di autostati indicata nella tabella seguente. Il primo livello (partendo dal basso) è 1s con degenerazione 2, seguito dal livello 1p con degenerazione 6, dal livello 1d con degenerazione 10 e così via. n` 1s 1d 1f 1g 3s 2f 1i 2(2` + 1) 2 10 14 18 2 14 26 somma 2 18 34 58 70 106 138 n` 1p 2s 2p 2d 1h 3p 2g 2(2` + 1) 6 2 6 10 22 6 18 somma 8 20 40 68 92 112 156 Tabella 3: Sequenza di livelli energetici predetta nel caso di buca quadrata di potenziale. La terza e la sesta colonna indicano il numero cumulativo di stati occupati da neutroni (o protoni) a gusci completamente riempiti. Contando il numero complessivo di stati ad ogni chiusura di guscio, vediamo che la buca quadrata di potenziale riproduce i primi numeri magici 2, 8 e 20 (assumendo che i livelli 1d e 2s siano molto vicini), ma fallisce per i successivi (28, 50, 82, 126). I livelli energetici previsti dal potenziale dell’oscillatore armonico in tre dimensioni14 hanno energia data da: Enl = h̄ω(2n + ` − 1/2) = h̄ω(N + 3/2) (n = 1, 2, 3, . . . ; ` = 0, 1, 2, . . .) 13 V. ad esempio la discussione nel paragrafo 7.2 di [RoyNigam67]. che in una dimensione i livelli sono dati da EN = h̄ω(N + 1/2). 14 Ricordiamo 34 avendo definito un nuovo numero quantico N = 2n + ` − 2. Anche in questo caso la degenerazione corrispondente a un dato valore di ` è 2(2` + 1), ma gli autostati con n e ` diversi corrispondenti allo stesso valore di N, ovvero allo stesso valore di 2n + `, hanno la stessa energia. Considerando le diverse combinazioni di n e ` che portano allo stesso valore di N (il calcolo va fatto separatamente per N pari e dispari), si trova la sequenza di livelli indicata nella tabella seguente. Per esempio, gli stati 2s e 1d hanno esattamente la stessa energia, in contrasto con il caso precedente della buca quadrata di potenziale. N = 2n + ` − 2 stati nl degeneri 0 1 2 3 4 5 6 1s 1p 2s, 1d 2p, 1f 3s, 2d, 1g 3p, 2f, 1h 4s, 3d, 2g, 1i numero di nucleoni 2 6 12 20 30 42 56 numero cumulato di nucleoni 2 8 20 40 70 112 168 Tabella 4: Sequenza di livelli energetici predetta nel caso di potenziale di oscillatore armonico. La quarta colonna indica il numero cumulativo di stati occupati da neutroni (o protoni) a gusci completamente riempiti. Anche in questo caso sono riprodotti i primi tre numeri magici ma non i successivi. Visti questi risultati sono state proposte varie forme funzionali di potenziale centrale - tra cui quella di Woods e Saxon15 - per arrivare a riprodurre tutti i numeri magici, ma senza successo. 19.1.3 Il potenziale spin-orbita Le difficoltà nel predire i numeri magici furono superate nel 1949 con la proposta (Mayer; Haxel, Jensen e Suess) di aggiungere al potenziale centrale usato fino ad allora un potenziale spin-orbita che accoppia lo spin s del 15 Il h i potenziale di Woods e Saxon ha la forma V (r) = −V0 / 1 + e(r−R)/a . 35 nucleone al suo momento angolare orbitale `16 . Il potenziale complessivo può essere scritto nella forma seguente: V (r) = Vcentr (r) +V`s (r) h`·si h̄2 La composizione del momento angolare orbitale ` e dello spin s del nucleone produce un momento angolare totale jh̄ = `h̄ ± h̄/2, il valore atteso h` · si si può calcolare in base ai valori attesi di j2 , `2 e s2 e risulta pari a: h`·si h̄2 = j( j+1)−`(`+1)−s(s+1) 2 = n `/2 per j=`+1/2 −(`+1)/2 per j=`−1/2 Si ha quindi una separazione di livelli energetici che rimuove parte della degenerazione, in effetti l’energia ora dipende non solo dalla combinazione n` ma anche dalle due possibilità per j. L’energia di separazione tra i livelli cresce con il momento orbitale angolare: ∆E`s = 2`+1 2 · hV`s (r)i Sperimentalmente si trova che il valor medio di V`s (r) è negativo, il che vuol dire che il livello j = ` + 1/2 si trova al di sotto del livello j = ` − 1/2 (tra l’altro, in opposizione a quanto succede nell’atomo). A questo punto è naturale distinguere i due livelli aggiungendo un suffisso j al simbolo n`: per esempio il livello 1f si separa in un livello 1f7/2 e in uno 1f5/2 . Il livello n` j ha degenerazione pari a (2 j + 1). In figure 12 vediamo la sequenza di stati ottenuta con il potenziale sopra indicato, nel quale la separazione spin-orbita è stata adattata ai dati sperimentali separatamente per ogni guscio n`. I livelli più bassi 1s, 1p, 1d+2s sono ben separati fra loro e spiegano i primi numeri magici 2, 8 e 20 come peraltro abbiamo ottenuto in precedenza con i due potenziali puramente centrali. Per il guscio 1f tuttavia la separazione spin-orbita è abbastanza grande da creare un intervallo notevole al di sopra dello stato 1f7/2 , che rende conto del successivo numero magico 28. In modo analogo vengono giustificati i numeri magici 50, 82 e 126. 16 In questa sezione s e ` non sono adimensionali ma hanno dimensioni di momento angolare e vanno distinti dai numeri quantici s e `. 36 Figura 12: Livelli energetici di particella singola calcolati con il potenziale centrale e l’aggiunta del potenziale spin-orbita. I numeri magici appaiono quando l’intervallo tra successivi gusci energetici è particolarmente grande. Fig. 17.6 di [Povh08]. Vediamo pertanto che esiste una differenza notevole nel ruolo dell’accoppiamento spin-orbita tra il nucleo e l’atomo: nel primo caso la separazione introdotta dall’accoppiamento è del tutto simile alla separazione tra gli stati n`, mentre nel secondo caso la separazione produce piccole correzioni dell’ordine di α 2 che danno luogo alla cosiddetta struttura fine degli spettri atomici. Storicamente la scoperta di questo ruolo così importante del potenziale 37 spin-orbita per i nuclei ha rappresentato una grande sorpresa. 19.1.4 Stati a una particella e stati a una buca Il modello a gusci ha avuto grande successo nello spiegare i numeri magici e le proprietà di quei nuclei che hanno un nucleone in più (oppure in meno) rispetto alla chiusura di un guscio. I nuclei con numero di massa compreso fra 15 e 17 ne sono un ottimo esempio (in effetti, si tratta del caso più favorevole al modello nel confronto con i dati sperimentali). Il loro stato fondamentale e gli stati eccitati sono rappresentati in figure 13. Ricordiamo che 15 N e 15 O (a sinistra nella figura) sono due nuclei speculari nel senso che il numero di protoni dell’uno è uguale al numero di neutroni dell’altro e viceversa. I loro livelli energetici sono molto simili, sia per l’energia sia per i numeri quantici di spin e parità. Questa è una conseguenza della simmetria di isospin rispettata dalla forza nucleare; le piccole differenze di energia possono essere interpretate come effetti elettromagnetici. 38 Figura 13: Livelli energetici dei nuclei 15 N , 15 O, 16 O, 17 O, e 17 F. L’asse verticale corrisponde all’energia di eccitazione con le energie di tutti gli stati fondamentali poste uguali, non sono quindi mostrate le differenze fra le energie di legame di questi nuclei. Fig. 17.7 di [Povh08]. Mentre i livelli energetici del nucleo di 16 O (al centro nella figura) non assomigliano a quelli dei vicini, i nuclei 17 O e 17 F (a destra nella figura) sono a loro volta nuclei speculari e presentano uno schema di livelli estremamente simile. È notevole inoltre il fatto che l’energia del primo stato eccitato (v. anche figure 11) è molto più grande nei nuclei con A = 15 e A = 16 rispetto a quelli con A = 17. Questi schemi di livelli possono essere ben spiegati dal modello a gusci. Il nucleo (doppiamente magico) 16 O ha 8 protoni e 8 neutroni: nello stato fon39 damentale i livelli 1s1/2 ,1p3/2 e 1p1/2 sono completamente riempiti, sia per i protoni che per i neutroni. Proprio come in fisica atomica, i momenti angolari delle particelle in un guscio completo hanno somma zero e la parità è positiva, pertanto lo stato fondamentale di 16 O ha numeri quantici J P =0+ . Poichè l’intervallo di energia tra il livello 1p1/2 e il successivo livello 1d5/2 è notevole (circa 10 MeV) non ci sono stati eccitati facilmente raggiungibili. I due nuclei con A = 17 hanno entrambi un singolo nucleone in più nel livello 1d5/2 per cui spin e parità di questi nuclei dipendono esclusivamente da questo singolo nucleone. Siccome il guscio successivo 2s1/2 si trova poco sopra il guscio 1d5/2 , bastano 0.5 MeV per eccitare questo singolo nucleone nel caso del 17 F. I numeri quantici del nucleo cambiano da 5/2+ a 1/2+ in questa transizione; successivamente il nucleo si diseccita elettromagneticamente tornando allo stato fondamentale. Il successivo guscio 1d3/2 si trova circa 5 MeV al di sopra del guscio 1d5/2 e pertanto serve questa energia per raggiungere questo particolare stato eccitato che ha J P = 3/2+ . I due nuclei con A = 15 hanno entrambi un nucleone in meno nel guscio 1p1/2 nel loro stato fondamentale rispetto al guscio pieno. Si parla di stato a una buca e si indica con la notazione 1p−1 1/2 : i numeri quantici della buca sono quelli del nucleo, pertanto gli stati fondamentali di questi due nuclei con A = 15 sono J P = 1/2− (la parità è negativa perché ` = 1). Se un nucleone dal guscio 1p3/2 viene eccitato e va ad occupare la buca nel guscio 1p1/2 , si crea una buca nel guscio 1p3/2 : pertanto lo stato eccitato del nucleo ha numeri quantici J P = 3/2− . 20 Momenti magnetici ed elettrici dei nuclei Poichè i nuclei hanno al loro interno cariche elettriche in moto, la loro energia dipende dai campi elettrici e magnetici in cui essi possono venirsci a trovare. Tale dipendenza mette in evidenza alcuni semplici parametri dell’intero nucleo. I nuclei possono essere sottoposti a campi sia di origine esterna che dovuti agli elettroni dell’atomo all’interno del quale si trova il nucleo. I campi magnetici dell’atomo sono diretti lungo il momento angolare totale dell’atomo, 40 il momento magnetico nucleare è invece diretto lungo il vettore del momento angolare del nucleo. Sia i campi magnetici esterni che quelli interni sono importanti. Quelli esterni possono essere controllati con grande precisione, quelli interni sono noti con minore precisione ma sono più intensi. 20.1 Momento magnetico Se una particella di massa m si trova in moto rotatorio su una circonferenza di raggio r, questa possiede un momento angolare: L = mωr2 Se la particella è carica ad essa è associato anche un momento magnetico: 1 µ = i · A = qνπr2 = qvr 2 Il rapporto giromagnetico viene definito come il rapporto tra momento magnetico e momento angolare (dipende da quanto la distribuzione di carica differisce da quella di massa). Se, come nel caso precedente, la distribuzione di carica e massa coincidono questo vale: γ= qνπ qνπr2 q µ = = = 2 L mωr m2πν 2m Il magnetone di Bohr viene definito come il modulo del momento magnetico di un elettrone con momento angolare orbitale pari ad uno: µB = eh̄ ' 9.274 · 10−24 J·T−1 2me Il magnetone nucleare viene definito in modo analogo come: µN = eh̄ ' 5.051 · 10−27 J·T−1 2m p ed è circa 2000 volte più piccolo del magnetone di Bohr. Per quanto riguarda l’elettrone che ha anche un momento angolare di spin: µs = gs −e 1 h̄ 2m 2 41 Secondo la teoria di Dirac il fattore gs per l’elettrone (che è considerata una particella elementare) deve valere 2. Sperimentalmente si discosta leggermente da questo valore e l’effetto è calcolabile in QED. Le misure più recenti riportano [pdg2010]: g−2 = 1.15965218073(28) · 10−3 2 In analogia al fattore gs possiamo introdurre un fattore g` = 1 legato al momento angolare orbitale. In generale: e γ =g 2m dove g viene detto fattore di Landè e quindi: e ~µ = g J~ 2m Per quanto riguarda il moto orbitale, per protone e neutrone: µ p` = 1 µN µn` = 0 µN Per quanto riguarda lo spin: µ ps ' 2.79 µN µns ' −1.91 µN I due fattori valgono quindi gsp ' 5.58 e gsn ' −3.82. Dal punto di vista del momento magnetico il protone e il neutrone quindi non possono essere considerate particelle elementari. In particolare il neutrone non avendo carica elettrica non dovrebbe avere un momento magnetico. Il fatto che sia diverso da zero vuole dire che ha una stuttura interna. 20.2 Momento magnetico nucleare 20.2.1 Indicazioni sperimentali Sperimentalmente si osserva che nuclei con A anche molto grande tendono ad avere, nel loro stato fondamentale, uno spin relativamente piccolo. Si osserva anche che tutti i nuclei pari-pari nello stato fondamentale hanno spin e momento magnetico nullo. Possiamo quindi pensare che l’interazione nucleare faccia in modo che i momenti angolari delle coppie di nucleoni identici si annullino a due a due in modo da dare come risultante uno spin zero e quindi un momento magnetico nullo. 42 20.2.2 Momenti magnetici Il momento magnetico nucleare viene espresso come la somma di tutti i momenti magnetici orbitali (per i protoni) e di spin (per tutti i nucleoni): eh̄ ~µ j = 2mm ( Z 1· ∑ ~`k + gsp · k=1 Z N s ~sk,p + gn · ~sk,n k=1 k=1 ∑ ) ∑ Il momento angolare totale del nucleo è invece dato dalla somma di tutti i momenti angolari orbitali e di spin: J~ = A A k=1 k=1 ∑ ~`k + ∑ ~sk I coefficienti che moltiplicano ~`k e ~sk sono diversi nelle due formule. Ne consegue che ~µ j e J~ non sono paralleli fra di loro. Anche considerando i soli protoni il fatto che gsp sia diverso da 2 fa sì che i due vettori non siano paralleli. I neutroni complicano ancora le cose perchè sono neutri e quindi il loro momento angolare orbitale non contribuisce al momento magnetico. J~ d’altronde rimane sempre una costante del moto e i numeri quantici associati a J~ sono dei buoni numeri quantici. Non è così per ~µ j , non è un buon numero quantico, non è conservato. Un buon numero quantico è invece la proiezione di ~µ j su J~ che possiamo indicare con µ j (senza il segno di vettore). 20.2.3 Momenti magnetici per i nuclei con A dispari Possiamo supporre che il nucleo sia costituito da un core pari-pari che ha spin e momento magnetico nulli e che il momento magnetico del nucleo sia dovuto esclusivamente al nucleone spaiato. Quindi possiamo scrivere che: J~ = ~L + ~S = ~` +~s e quindi per il momento magnetico: ~S · J~ ~L · J~ + gs ≡ g jJ µ j = g` J J 43 dove g` e gs dipendono dl fatto che il nucleone spaiato sia un protone oppure un neutrone: Protone 1 5.586 g` gs Neutrone 0 -3.826 Proviamo quindi a calcolare: ~S · J~ ~L · J~ g j = g` 2 + gs 2 J J Per fare questo valutiamo L2 : 2 ~ ~ ~ ~ ~ ~ L = L · L = J − S · J − S = J 2 + S2 − J~ · ~S − ~S · J~ = = J 2 + S2 − ~L + ~S · ~S − ~S · ~L + ~S = J 2 + S2 − 2~S · ~L + ~S = = J 2 + S2 − 2~S · J~ perchè ~L ed ~S commutano visto che sono operatori su spazi di Hilbert differenti. E da questo otteniamo: 2 2 2 ~S · J~ = J + S − L 2 Similmente valutiamo S2 : ~ ~ ~ ~ ~ ~ S = S · S = J − L · J − L = J 2 + L2 − 2~L · J~ 2 2 2 2 ~L · J~ = J + L − S 2 Da cui: g j = g` J 2 + L2 − S 2 J 2 + S 2 − L2 + g s 2J 2 2J 2 e passando agli autovalori: g j = g` j ( j + 1) + ` (` + 1) − s (s + 1) j ( j + 1) + s (s + 1) − ` (` + 1) + gs 2 j ( j + 1) 2 j ( j + 1) 44 Nel caso della composizione di un momento angolare orbitale con uno spin 1/2 abbiamo due casi: j = ` + 12 e j = ` − 12 . Sostituendo nell’espressione precedente, con un po’ di calcoli si ottiene: 1 µ j = g` ± (gs − g` ) j 2` + 1 dove per j = ` ± 12 . Mettendo in un grafico i valori di µ j in funzione di ` per i due valori di j si ottengono le cosiddette “curve di Schmidt”. I dati sperimentali non cadono esattamente sulle linee, come predetto dal modello a strati, ma sono compresi tra di esse. Comunque è già notevole che la teoria riesca a fornire un accordo come quello descritto. 20.2.4 Momenti magnetici predetti dal modello a gusci Possiamo considerare alcuni esempi. Sperimentalmente il momento magnetico del nucleo 16 O è zero, un fatto che torna perfettamente con il modello a gusci perché in un guscio completo sia i momenti angolari orbitali sia gli spin hanno somma zero. I nuclei con A = 15 e A = 17 hanno momenti magnetici determinati in buona misura dal solo nucleone in più o in meno. Considerando il contributo di questo singolo nucleone, sia per la parte di momento angolare orbitale sia per la parte di spin, si ottengono i valori indicati in table 5, che presentano un buon accordo con i dati sperimentali. Nucleo stato JP modello esperimento 15 N p-1p−1 1/2 n-1p−1 1/2 1/2− -0.264 -0.283 1/2− n-1d5/2 p-1d5/2 5/2+ 5/2+ +0.638 -1.913 +4.722 +0.719 -1.894 +4.793 15 O 17 O 17 F Tabella 5: Momenti magnetici sperimentali (in unità del magnetone nucleare µN ) e predizioni del modello a gusci per nuclei con A = 15 e A = 17. 45 Figura 14: Figura 6.34 di [Segre82] 46 20.3 Momenti elettrici dei nuclei 20.3.1 Energia del nucleo nel campo elettrico atomico Consideriamo il nucleo immerso nel campo elettrico generato dagli elettroni atomici e consideriamo come direzione l’asse di quantizzazione z. Il campo nella zona in cui si trova il nucleo ha simmetria cilindrica intorno all’asse di quantizzazione. Possiamo considerare che non vi sia una componente del campo costante in funzione di z altrimenti il nucleo non potrebbe trovarsi in una posizione di equilibrio. Quindi possiamo considerare: ∂ Ez z = Fz Ez = ∂ z z=0 Poichè le cariche che generano il campo elettrico sono esterne al nucleo si deve avere che: ∂ Ex ∂ Ey ∂ Ez ~ + + =0 ∇·E = ∂x ∂y ∂ z z=0 Poichè il campo ha simmetria cilindrica questo implica che: ∂ Ex ∂ Ey 1 ∂ Ez 1 = =− =− F ∂x ∂y 2 ∂z 2 e quindi: 1 1 Ex = − Fx ; Ey = − Fy 2 2 Il potenziale ϕ (x, y, z) del campo elettrostatico 1 1 ~E = − Fx, − Fy, Fz 2 2 può essere ricavato dalle relazioni: Ex = − ∂ϕ ∂x , Ey = − ∂ϕ ∂y , Ez = − ∂ϕ ∂z per cui si ottiene: 1 1 1 1 ϕ = Fx2 + Fy2 − Fz2 = − F 2z2 − x2 − y2 = 4 4 2 4 47 1 = − F 3z2 − r2 4 L’energia potenziale elettrostatica del nucleo in questo campo elettrico è data da: Z W = ϕ (x, y, z) ρ (x, y, z) dV v 2 e poichè ρ = e ψ p (x, y, z) si ha: 1 W = − Fe 4 Z v 2 3z2 − r2 ψ p (x, y, z) dV Il valore: Z Q0 = v 2 3z2 − r2 ψ p (x, y, z) dV = 3z2 − r2 viene detto momento di quadrupolo elettrico del nucleo ed è misurato in cm2 oppure in barn17 . Per una distribuzione sferica di cariche i valori medi di x2 , y2 e z2 sono uguali: 2 2 2 1 2 r x = y = z = 3 per cui Q0 si annulla. I nuclei sferici 2 cioè1 hanno momento di quadrupolo 2 elettrico nullo. Se invece si ha che z > 3 r si ha che Q0 > 0, l’altezza quadratica media è cioè maggiore del raggio quadratico Si dice che 2 1 medio. 2 il nucleo ha una forma a sigaro o prolata. Se z < 3 r il nucleo ha la forma di un disco (o lente) o anche detta oblata. L’espressione ottenuta in precedenza è semiclassica. Una trattazione quantistica porta a considerare che per un nucleo con J = 0 non esistono direzioni privilegiate, quindi il momento di quadrupolo elettrico è nullo. La meccanica quantistica conduce a definire il momento di quadrupolo elettrico per J > 0 come: 2J − 1 Q= Q0 2J + 1 17 N.B. Poichì nel nucleo vi sono Z protoni si ha che: Z v ψ p (x, y, z) dV = Z 48 Questo mostra che per J = 12 il momento di quadrupolo si annulla, qualunque sia il valore di Q0 . Per J molto grande il risultato quantistico si avvicina a quello classico e cioè Q ≈ Q0 . I momenti di quadrupolo elettrico sperimentali sono compresi tra −1 barn e 8 barn. 20.3.2 Perchè per j = 1 2 il momento di quadrupolo elettrico è nullo Come detto in precedenza si sceglie come asse privilegiato (z) quello di quantizzazione del momento angolare e nel caso di j = 21 avremo jz = ± 12 . Possiamo scrivere: ~r · J~ xJx + yJy + zJz z= = J J Facendone il quadrato otteniamo: z2 = x2 Jx2 + y2 Jy2 + z2 Jz2 + xyJx Jy + xzJx Jz + yzJy Jz + xyJy Jx + xzJz Jx + yzJz Jy h̄2 j( j + 1) Passando ai valori medi e ricordando le proprietà dei momenti angolari e quelle delle matrici di Pauli18 si ha che: 3 Jx2 + Jy2 + Jz2 = j ( j + 1) h̄2 = h̄2 4 18 Per j= 1 2 i momenti angolari: Ji = εi jk x j pk sono rappresentati dalle matrici di Pauli: h̄ Ji = σi 2 dove: σx = 0 1 1 0 , σy = −i 0 0 i , σz = Per cui valgono sia le proprietà dei momenti angolari: [Ji , J j ] = ih̄εik j Jk ; Ji , J 2 = 0 sia quelle particolari delle matrici di Pauli: σi , σ j = δi j I da cui: σi2 = I 49 1 0 0 −1 1 Jx2 = Jy2 = Jz2 = h̄2 4 Jx Jy + Jy Jx = Jx Jz + Jz Jy = Jy Jz + Jz Jy = 0 ed eliminando gli h̄: 2 z = 1 4 x2 + y2 + z2 3 4 = r2 3 e questo ha come conseguenza che: 2 3z − r2 = 0 20.4 Nuclei deformati Il modello a gusci considera i nuclei a simmetria sferica e questa è una buona approssimazione per i nuclei con valori di Z e N abbastanza vicini ai numeri magici, ovvero con gusci quasi chiusi. Se prendiamo in considerazione nuclei con gusci pieni solo a metà, ci aspettiamo che essi siano deformati e che pertanto il potenziale non sia a simmetria sferica. A partire dalla metà degli anni 1930 i dati di spettroscopia nucleare avevano fatto intuire che alcuni nuclei potevano essere deformati, in particolare alcuni nuclei presentavano un momento di quadrupolo elettrico diverso da zero. Classicamente il momento di quadrupolo elettrico di una distribuzione continua di carica con densità ρ(x) si può calcolare nel modo seguente, indicando con z la direzione dell’asse di simmetria del nucleo: Q= R 3z2 − x2 ρ(x)dV Considerando per esempio un ellissoide di rotazione con diametro 2a lungo l’asse z e diametri 2b lungo gli altri due assi, con densità di carica costante nel volume dell’ellissoide, si ottiene: Q = 25 Ze a2 − b2 . 50 Per piccole deviazioni dalla forma sferica si usa definire il raggio medio 1/3 hRi = ab2 e la differenza tra i due semiassi 4R = a − b, e si trova19 che il momento di quadrupolo è proporzionale al parametro di deviazione adimensionale δ = ∆R/ hRi : Q = 54 Ze hRi2 δ . Si introduce poi il momento di quadrupolo ridotto che serve a confrontare in modo più significativo nuclei aventi carica e numero di massa anche molto diversi: è la quantità adimensionale definita come (secondo la definizione del Povh, per il segre Qrid = Q . ZehRi2 I dati sperimentali per i momenti di quadrupolo ridotti sono mostrati in figure 15. Sono esclusi i nuclei pari-pari perché la meccanica quantistica esclude20 momenti di quadrupolo elettrico per oggetti di spin 0 oppure 1/2. 19 Infatti se uguaglio le due espressioni ottengo: 4 2 Ze a2 − b2 = Ze hRi2 δ 5 5 (a + b) (a − b) = 2 ab2 a + b = 2 ab2 2/3 a − b (ab2 )1/3 1/3 e questo è vero perchè: a ≈ hRi ≈ b 20 Vedere ad esempio il paragrafo 6.8 di [Segre82] oppure il paragrafo 2.4 di [RoyNigam67]. 51 Figura 15: Momento di quadrupolo ridotto Q/(ZeR2 ) per nuclei con A dispari in funzione del numero di nucleoni dispari, N o Z. Le curve continue sono basate sui valori misurati per molti nuclei, non solo quelli riportati esplicitamente in figura. Fig. 17.8 di [Povh08], riproduzione della figura 6.43 di [Segre82]. N.B. unità di misura sbagliata sull’asse delle y. Notiamo che il momento di quadrupolo ridotto è piccolo per nuclei vicini ai numeri magici (ad esempio il 209 Bi) mentre assume valori grandi se i gusci non sono quasi chiusi, in particolare per i lantanidi (176 Lu e 167 Er). Nel caso più frequente di Q > 0 il nucleo è prolato ovvero a forma di sigaro (a > b). I momenti di quadrupolo elettrico dei nuclei deformati sono troppo grandi per essere spiegati solo con la deformazione del guscio più esterno, si ritiene che anche i gusci più interni vengano deformati. In figure 16 vengono indicati dal tratteggio quei casi in cui i gusci parzialmente pieni portano a deformazioni particolarmente grandi. Si tratta in particolare dei lantanidi e dei transuranici (o attinidi). 52 Figura 16: Nuclei deformati nel piano N − Z. Le linee orizzontali e verticali indicano i gusci chiusi. Le regioni tratteggiate indicano i nuclei con notevole deformazione. Fig. 17.9 di [Povh08]. 53 21 Eccitazioni collettive dei nuclei Il modello a gusci funziona molto bene quando i singoli gusci sono quasi pieni o quasi vuoti, ed è in grado di spiegare molte osservazioni con il semplice concetto di eccitazione a singola particella: un nucleone di valenza può saltare in un guscio vuoto, lasciando una buca nel guscio di partenza. Tuttavia esistono altri modi di eccitazione dei nuclei, cerchiamo pertanto di andare oltre i modelli a singola particella occupandoci di eccitazioni collettive che possono coinvolgere molti nucleoni. Dovremo considerare le transizioni elettromagnetiche nei nuclei in generale e poi ci occuperemo di un fenomeno particolarmente rilevante di risposta dei nuclei a fotoni incidenti di energia 10-20 MeV, la cosiddetta risonanza gigante di dipolo. 21.1 Transizioni elettromagnetiche dei nuclei Consideriamo in dettaglio le transizioni elettromagnetiche più comuni ovvero quelle di dipolo elettrico, poi daremo qualche cenno sulle transizioni di dipolo magnetico e sui multipoli di ordine superiore. 21.1.1 Transizioni di dipolo elettrico La probabilità di transizione per unità di tempo per una transizione elettromagnetica può essere ottenuta nell’ambito della teoria semiclassica della radiazione, in cui si considera la quantizzazione del sistema materiale (nel nostro caso, il nucleo) ma non della radiazione. Si possono ottenere facilmente alcuni risultati della teoria quantistica della radiazione considerando l’analogia con la fisica classica. Un dipolo oscillante classico emette una potenza proporzionale a ω 4 secondo la formula di Larmor21 ; la probabilità di transizione per unità di tempo si ottiene dividendo la potenza media emessa per l’energia di un fotone Eγ = h̄ω , e risulta proporzionale a ω 3 : λγ = 21 V. hW i h̄ω = ω3 2 p 3h̄c3 0 ad esempio [Mazzoldi2] paragrafo 13.6. 54 = 2 2 e ωEγ 3 h̄c3 m dove p0 è il momento di dipolo elettrico e nell’ultimo passaggio abbiamo usato la relazione tra energia e ampiezza di un oscillatore armonico: Eγ = 12 mω 2 p20 /e2 . L’emissione della radiazione di dipolo è determinata dal momento di dipolo elettrico del sistema irraggiante che nel caso del nucleo è un vettore di componenti: ∑ ex, ∑ ey, ∑ ez dove la somma è estesa alle cariche presenti nel nucleo. Per calcolare la probabilità di transizione secondo la teoria semiclassica occorre sostituire alle quantità classiche x (e analogamente alle quantità classiche y e z) gli elementi di matrice x f i : x → x f i = ψ ∗f xψi d 3 x R dove ψi e ψ f sono le funzioni d’onda del nucleo rispettivamente nello stato iniziale e in quello finale. Sostituendo all’espressione classica p20 del 2 momento di dipolo elettrico l’espressione quantistica 4e2 x f i si ottiene la probabilità di transizione per unità di tempo nella teoria semiclassica: λγ = 4 e2 3 2 3 h̄c3 ω x f i ; come verifica della formula ottenuta, sostituiamo al modulo quadro dell’elemento di matrice il valore ottenuto dallo studio dell’oscillatore armonico quantistico22 : xn,n−1 2 = h̄n/(2mω) ' Eγ /(2mω 2 ) ⇒ λγ ' 2 2 e ωEγ 3 h̄c3 m , ritroviamo quindi l’espressione derivata dalla formula di Larmor. Passando al Sistema Internazionale di unità di misura occorre fare la sostituzione e2 → e2 /(4πε0 ) per cui in definitiva la probabilità di transizione di dipolo elettrico per unità di tempo risulta pari a: 22 V. ad esempio il testo di Schiff, par. 13 e 25. 55 Wf i = 1 τ = R e2 3 E 4 γ 3 3πε0 h̄ c 2 ∗ 3 ψ f xψi d x dove x indica il vettore posizione. Le transizioni di dipolo elettrico (indicate con E1) collegano sempre stati con parità opposta: il fotone porta via una unità di momento angolare |`| = 1 · h̄ e quindi gli stati iniziale e finale del nucleo possono differire al massimo di una unità. Nel seguito dovremo considerare le transizioni da un guscio parzialmente o totalmente riempito a quello immediatamente superiore, che svolgono un ruolo dominante nelle eccitazioni collettive. Introduciamo pertanto la notazione standard del modello a gusci: un guscio chiuso viene indicato con il vettore di stato |0i (stato di "vuoto"). Se un nucleone dallo stato φ j1 del guscio chiuso viene eccitato nello stato φ j2 del guscio superiore si crea uno stato particella-buca che indichiamo con il vettore di stato |φ −1 j1 φ j2 >. Questa transizione di un singolo nucleone viene descritta dall’elemento di matrice di dipolo seguente: ∗ 3 < φ −1 j1 φ j2 |ex| 0 >= e φ j2 xφ j1 d x . R Dato che lo stato di "vuoto" corrisponde a un guscio chiuso e deve avere numeri quantici J P = 0+ , lo stato particella-buca dopo la transizione di dipolo elettrico deve avere numeri quantici J P = 1− . 21.1.2 Transizioni di dipolo magnetico Transizioni di tipo magnetico sono generate dalle correnti elettriche dovute ai moti delle cariche nel nucleo e ai momenti magnetici intrinseci legati agli spin. Ricordiamo che il neutrone, benché elettricamente neutro, possiede un momento magnetico. Consideriamo il caso semplice di un dipolo generato dal moto di una particella carica senza spin, la componente z dell’elemento di matrice per una transizione magnetica è proporzionale a: R ψ ∗f (xpy − ypx )ψi d 3 x , 56 poiché l’operatore xpy − ypx = Lz è proporzionale al momento magnetico prodotto dalla corrente elettrica associata alla transizione. Più in generale, la probabilità di transizione di dipolo magnetico per unità di tempo è data da: Wf i = 1 τ = R µ0 3 E 4 γ 3π h̄ c3 2 ∗ 3 ψ f µψi d x con µ = e 2m (L + gs) dove L è l’operatore del momento angolare orbitale e s l’operatore di spin. L’elemento di matrice è diverso da zero solo se lo stato iniziale e finale hanno la stessa parità, dato che sia L che s non cambiano la parità. La regola di selezione per una transizione di dipolo magnetico richiede anche che gli stati iniziale e finale del nucleo differiscano di una unità di momento angolare (come nel caso del dipolo elettrico). 21.1.3 Multipoli di ordine superiore La formula più generale per la probabilità differenziale di transizione per unità di tempo e di angolo solido dipende dal vettore d’onda k e dal vettore di polarizzazione ε del fotone emesso: dW f i = R e2 E 3 ε · 8π 2 ε0 h̄4 c3 γ 2 ∗ ik·x 3 ψ f xψi e d x dΩ La lunghezza d’onda dei raggi gamma è generalmente grande rispetto alle dimensioni del nucleo, quindi nell’espansione in multipoli: eik·x = 1 + ik · x + . . . praticamente è importante solo il primo termine non proibito dalle regole di selezione. Nel caso della radiazione di dipolo elettrico si può approssimare l’esponenziale con l’unità e integrando sulle polarizzazioni del fotone e sull’angolo solido si ottiene la formula vista prima. Se però la transizione di dipolo elettrico è proibita dalle regole di selezione, in altre parole se lo stato iniziale e finale hanno la stessa parità oppure se non si riesce a conservare il momento angolare, allora diventano importanti 57 le transizioni di dipolo magnetico M1 e di quadrupolo elettrico E2, che sono dello stesso ordine nello sviluppo in serie di potenze di k. Abbiamo già visto le regole di selezione per le transizioni M1, per quanto riguarda le transizioni di quadrupolo elettrico (E2), dato che ` = 2, la parità degli stati iniziale e finale deve essere la stessa, mentre la regola di composizione dei momenti angolari implica j f − ji ≤ 2 ≤ j f + ji . La probabilità di transizione risulta proporzionale a Eγ5 perché c’è un fattore ik · x in più nell’elemento di matrice e |k| è proporzionale a Eγ . 21.2 Reazioni fotonucleari e oscillazioni di dipolo 21.2.1 Reazioni fotonucleari Si possono ottenere raggi gamma monocromatici da sorgenti radioattive come 24 Na e 60Co (energie comprese tra 1 e 3 MeV) oppure inviando un fascio di protoni su un bersaglio di litio (la reazione p + Li produce gamma da 17 MeV). Per uno studio dettagliato delle reazioni indotte da fotoni su nuclei, a partire dagli anni 1960 sono state sviluppate sorgenti gamma ad energia variabile, tra cui sono particolarmente interessanti quelle basate sull’annichilazione di positroni in volo. Partendo da un fascio di elettroni inviato su un bersaglio (T1 in figure 17) si utilizzano i positroni creati tramite produzione di coppie e+ e− dall’intenso fascio ottenuto per bremsstrahlung degli elettroni: i positroni vengono selezionati in energia (e segno della carica) tramite alcuni magneti dipolari e quindi vengono focalizzati su un secondo bersaglio (T2 ). Alcuni positroni si annichilano in volo con un elettrone del secondo bersaglio producendo raggi gamma con energia (nel sistema del laboratorio) determinata dall’energia dei positroni23 . Come sottoprodotto non voluto ci sono anche fotoni di bremsstrahlung prodotti dai positroni. Un magnete (M4 ) spazza via le particelle cariche mentre i raggi gamma proseguono verso il bersaglio vero e proprio dell’esperimento (S). Cambiando la selezione di energia dei positroni si può determinare l’energia media dei raggi gamma che incidono sul bersaglio S. 23 Nel sistema di riferimento del centro di massa e+ e− l’energia di questi fotoni è 0.511 MeV. 58 Figura 17: Apparato sperimentale per ottenere l’annichilazione in volo dei positroni. I fotoni raggiungono il bersaglio finale S. Fig. 18.1 di [Povh08]. Un esempio della distribuzione energetica dei fotoni è mostrato in figure 18 (parte inferiore della figura, istogramma indicato con e+ ). Lo spettro energetico comprende oltre al picco principale una distribuzione continua con andamento decrescente al crescere di Eγ , dovuta alla bremsstrahlung dei positroni; per sottrarre questo contributo è necessario ripetere l’esperimento con un fascio di elettroni (istogramma indicato con e− nella parte inferiore della figura) e sottrarre i conteggi ottenuti con elettroni da quelli ottenuti con positroni (istogramma indicato con e+ − e− nella parte superiore della figura). 59 Figura 18: Spettro di fotoni dall’annichilazione in volo di positroni. Fig. 18.2 di [Povh08]. Con questo tipo di fascio sono stati ottenuti risultati di precisione sia sulla sezione d’urto totale γ-nucleo, sia sulla fotoproduzione di neutroni attraverso la reazione: A X(γ, n)A−1 X In effetti questa reazione rappresenta la maggior parte della sezione d’urto totale, poiché la fotoproduzione di protoni è sfavorita dalla barriera Coulombiana. Esaminiamo come esempio significativo la sezione d’urto di fotoproduzione di neutroni in funzione dell’energia Eγ del fotone, misurata su vari isotopi del neodimio, come viene mostrata in figure 19. Possiamo fare varie osservazioni: 60 1. Il massimo della sezione d’urto si ha per Eγ ' 15 MeV e la sezione d’urto presenta un andamento a risonanza abbastanza larga, si parla di risonanza gigante24 o più precisamente di risonanza gigante di dipolo (GDR). 2. L’energia di eccitazione della risonanza è pari a circa il doppio della separazione tra gusci vicini: questo è sorprendente perché ci sono molte più transizioni possibili tra un guscio e il successivo (per motivi di parità e momento angolare) che non tra un guscio e il secondo successivo. 3. Mentre nel 142 Nd si osserva una risonanza relativamente stretta, all’aumentare del numero di massa essa si allarga e finalmente nel 150 Nd si divide in due componenti. 4. La sezione d’urto totale è circa uguale alla somma di tutte le sezioni d’urto per transizioni di nucleone singolo dell’ultimo guscio chiuso (calcolate con il modello a gusci): questo fatto sembra indicare che tutti i protoni e neutroni del guscio più esterno partecipano coerentemente alla risonanza. In generale la forma della risonanza e l’energia della stessa dipendono da A. Una spiegazione qualitativa della risonanza gigante, proposta da Goldhaber e Teller, consiste in un moto collettivo di tutti i protoni rispetto a tutti i neutroni del nucleo. Questo moto produce un momento di dipolo elettrico (v. figure 20) che spiega l’assorbimento del fotone. Il 150 Nd è deformato e le due energie dei due picchi di risonanza corrispondono a oscillazioni lungo l’asse maggiore (energia inferiore) oppure lungo un asse ortogonale (energia superiore). Cerchiamo ora di giustificare questa visione intuitiva della risonanza gigante e le energie tipiche di eccitazione con il modello a gusci. 24 Questa risonanza gigante era già stata individuata negli anni 1950, v. ad es.il paragrafo 11.12 di [Segre82]. 61 Figura 19: Sezioni d’urto per emissione di neutroni indotta da fotoni in vari isotopi del neodimio. Fig. 18.3 di [Povh08]. 21.2.2 La risonanza gigante di dipolo Consideriamo ancora il nucleo doppiamente magico 16 O. Assumiamo che l’assorbimento di un fotone porti un nucleone di uno dei due gusci pieni di energia più elevata 1p3/2 oppure 1p1/2 a passare in un guscio vuoto 1d5/2 , 1d3/2 oppure 2s1/2 . Se questo nucleone ricade nel guscio 1p, può trasmettere la sua energia di eccitazione per rinculo ad altri nucleoni, che possono a loro volta essere eccitati e portarsi dal guscio 1p al guscio 1d oppure 2s. Se gli stati nucleari corrispondenti all’eccitazione di un nucleone in un livello 62 Figura 20: La risonanza gigante di dipolo vista (in alto) come oscillazione dei protoni rispetto ai neutroni. Nei nuclei deformati (in basso) esistono due modi di oscillazione. Fig. 18.4 di [Povh08]. superiore fossero degeneri, allora la probabilità di transire a uno qualsiasi di questi stati sarebbe la stessa e il modello a eccitazione di singolo nucleone sarebbe destinato a fallire - come avviene (v. punto 4 dell’elenco precedente). In realtà questo è all’incirca quello che succede: gli stati eccitati sono quasi degeneri. Si possono descrivere questi stati eccitati come combinazioni di una buca nel nucleo residuo e di una particella in un guscio superiore, e l’interazione fra la particella nel guscio superiore e tutti i nucleoni nel guscio rimasto incompleto può essere vista come interazione fra la particella e la buca. Questa interazione dipende da spin e isospin del sistema particella-buca e porta a un forte mescolamento degli stati. Vogliamo sviluppare nel seguito un modello molto semplificato per dimostrare come le ampiezze di transizione di tutti gli stati una particella - una buca si possano combinare attraverso questo mescolamento degli stati. Denotiamo con H0 l’operatore Hamiltoniano per un nucleone nel potenziale centrale del modello a gusci a particella singola. Nella transizione di una particella al guscio superiore dobbiamo tenere conto anche dell’interazione particella-buca: l’operatore Hamiltoniano si scrive allora come somma di due termini: H = H0 +V 63 e le eccitazioni collettive nasceranno dal mescolamento degli stati causato da questo operatore di interazione V . Consideriamo ora tutti gli stati particella-buca con spin-parità 1− : questi possono essere solo combinazioni particella-buca tali che i due momenti angolari j1 e j2 si sommino vettorialmente per dare 1h̄ e la somma dei momenti angolari orbitali `1 + `2 sia dispari. Se ci limitiamo all’eccitazione di un nucleone dal guscio 1p a quello 1d oppure 2s, allora saranno possibili i seguenti stati particella-buca: E E E E E −1 −1 −1 −1 −1 φ1p3 φ1d5/2 , φ1p3 φ2s1/2 , φ1p3 φ1d3/2 , φ1p1 φ2s1/2 , φ1p1 φ1d3/2 /2 /2 /2 /2 /2 Dato che i gusci sono pieni sia per i neutroni che per i protoni nel nucleo 16 O, questi stati esistono sia per eccitazioni di protoni sia per eccitazioni di neutroni. Hanno tutti all’incirca la stessa energia e si possono considerare praticamente degeneri. Ampliando il discorso ad altri nuclei, il numero di nucleoni per guscio aumenta con A, e il numero di stati particella-buca J P = 1− quasi degeneri aumenta di pari passo. Il numero N di stati particella-buca varia tra 10 e 20 per nuclei di media dimensione. La connessione tra stati a una particella ed eccitazioni collettive può essere chiarita con un semplice modello basato sulla teoria delle perturbazioni indipendente dal tempo25 . Indichiamo gli stati particella-buca (di cui abbiamo visto un esempio esplicito per il nucleo 16 O) con |ψi i: E |ψi i = φ −1 φ dove i = 1, . . . , N. j 2 j1 Questi stati sono per definizione autostati dell’operatore Hamiltoniano non perturbato H0 : H0 |ψi i = Ei |ψi i; la soluzione dell’equazione di Schrödinger con l’operatore Hamiltoniano completo: 25 V. ad es. il testo di Schiff par. 31. 64 H |Ψi =(H0 +V ) |Ψi =E |Ψi viene indicata con |Ψi e può essere sviluppata rispetto alla base degli stati |ψi i nel modo seguente: |Ψi = ∑N i=1 ci |ψi i, con i coefficienti ci che soddisfano la cosiddetta equazione secolare: ··· ··· ··· .. . E1 +V11 V12 V13 V21 E2 +V22 V23 V31 V32 E3 +V33 .. .. .. . . . · c1 c2 c3 .. . = E · c1 c2 c3 .. . Assumiamo per semplicità che tutti i Vi j (elementi di matrice della perturbazione V ) siano uguali: < ψi |V | ψ j >= Vi j = V0 . La soluzione dell’equazione secolare è in questo caso abbastanza semplice26 : i coefficienti ci si scrivono come ci = V0 E−Ei ∑Nj=1 c j , con ∑Nj=1 c j costante. Sommando su tutti gli N stati particella-buca in entrambi i membri si ottiene la relazione: V0 1 = ∑N i=1 E−Ei . Possiamo capire meglio la soluzione dell’equazione secolare con un grafico (v. figure 21) in cui abbiamo assunto V0 > 0. Il secondo membro dell’equazione (considerato come funzione di E) ha dei poli in corrispondenza di E = Ei (i = 1, . . . , N); le soluzioni Ei0 corrispondono ai casi in cui il secondo membro vale esattamente 1. Le nuove energie Ei0 sono indicate da cerchietti sull’asse delle ascisse: vediamo che N − 1 soluzioni (tre nella figura) sono "compresse" tra tutte le N energie imperturbate (quattro nella figura) Ei . 65 Figura 21: Rappresentazione grafica della soluzione dell’equazione secolare (a sinistra) e schema dello spostamento dei livelli energetici (a destra). Lo stato collettivo è indicato con EC . Fig. 18.5 di [Povh08]. L’eccezione, denotata con EC , è uno stato collettivo, come faremo vedere di seguito. Una interazione repulsiva (V0 > 0), come assunto nella figura, ha lo stato collettivo a energia superiore rispetto agli stati particella-buca. Per ottenere una stima quantitativa (anche se grossolana) dello spostamento di energia assumiamo che i livelli originali siano degeneri: Ei = E0 per ogni valore di i. L’equazione precedente diventa in questo caso: V0 1 = ∑N i=1 EC −Ei = NV0 EC −E0 , da cui si ricava EC = E0 + N · V0 . Lo spostamento dell’energia dello stato collettivo è proporzionale al numero di stati degeneri. Dagli esperimenti sappiamo che l’energia di eccitazione della risonanza gigante è circa il doppio della separazione tra due gusci, ovvero deve essere N · V0 ≈ E0 . L’interazione efficace V0 decresce per i nuclei pesanti ma questo è compensato dall’aumento del numero di stati N che possono contribuire all’eccitazione collettiva. Ritornando al caso generale in cui i livelli Ei non sono esattamente degeneri, notiamo che i coefficienti dello stato collettivo: 26 La prima equazione dà (E1 + V0 )c1 + V0 (c2 + c3 + . . . + cN ) = Ec1 da cui si ottiene (E − E1 )c1 = V0 ∑Nj=1 c j . 66 (C) ci = V0 EC −Ei (C) ∑Nj=1 c j sono comunque quasi indipendenti da i se l’energia dello stato collettivo EC è ben separata dalle Ei . Pertanto lo stato collettivo ha la seguente configurazione: E |ψC i = √1N ∑ ji jk φ −1 φ jk . ji Questo stato si distingue per il fatto che le ampiezze di ciascuno degli stati particella-buca si sommano con lo stesso segno, dato che EC > Ei per ogni valore di i. Per gli altri N − 1 stati di energia E10 , E20 , . . . solo uno dei coefficienti c j è grande mentre gli altri sono piccoli e hanno segni diversi. La sovrapposizione delle ampiezze è pertanto distruttiva per questi stati. La sovrapposizione coerente delle ampiezze significa che la probabilità di transizione è grande nel caso dello stato collettivo e piccola negli altri casi. Se non assumiamo, come abbiamo fatto finora, che tutti i Vi j siano uguali i calcoli diventano più lunghi ma la conclusione rimane valida: fintanto che i Vi j sono dello stesso ordine di grandezza, lo stato di energia più alta è nettamente separato dagli altri e si manifesta come una somma coerente di tutti gli stati particella-buca. Risultati quantitativi sulle probabilità di transizione per la risonanza gigante di dipolo si possono ottenere utilizzando la forma esplicita delle funzioni d’onda di nucleone singolo nel modello a gusci. 67 Riferimenti bibliografici [Povh08] B. Povh et al., Particles and Nuclei, An introduction to the Physical Concepts (6th Edition). [pdg2010] K. Nakamura et al. (Particle Data Group), J. Phys. G 37, 075021 (2010). [DasFerbel94] A. Das and T. Ferbel, Introduction to Nuclear and Particle Physics, J. Wiley & Sons (1994). [Alonso68] M. Alonso e E.J. Finn, Fundamental University Physics, Volume III. [Evans55] R. D. Evans, The atomic nucleus, McGraw-Hill (1955). [Gamow49] G. Gamow e C. L. Critchfield, Theory of atomic nucleus and nuclear energy sources, Oxford University Press (1949). [Segre82] E. Segrè, Nuclei e Particelle, Seconda Edizione, Zanichelli (1982). [NNDC/chart] National Nuclear Data Center, http://www.nndc.bnl.gov/chart/ Chart of nuclides [Mazzoldi2] P. Mazzoldi, M. Nigro, C. Voci, Fisica, Volume II, seconda edizione, EdiSES (1998). [Weisskopf89] V. F. Weisskopf [Williams95] W. S. C. Williams, Nuclear and Particle Physics, Clarendon Press - Oxford (1995). [RoyNigam67] R. R. Roy e B. P. Nigam, Nuclear Physics: Theory and Experiment, J. Wiley and Sons (1967). 68