The Big Bang Theory

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editoriale
uno
scienziato al cinema
The Big Bang Theory
Amedeo Balbi critico cinematografico per un giorno
Titolo originale The Big Bang
Theory
Genere Serie tv - Sitcom
Anno 2007 - in produzione
Paese Stati Uniti
Produzione Warner Bros.
Television, Chuck Lorre
Productions
Regia Mark Cendrowski
Cast Johnny Galecki, Jim
Parsons, Kaley Cuoco, Simon
Helberg, Kunal Nayyar
Soggetto scientifico Fisica,
astrofisica, teoria delle stringhe,
meccanica quantistica
La trama
The Big Bang Theory è una sitcom ambientata a Pasadena,
California, città sede di uno dei più importanti istituti scientifici
del mondo, il California Institute of Technology. I protagonisti
principali della serie sono due giovani scienziati che
condividono un appartamento, il fisico teorico Sheldon Cooper
e il fisico sperimentale Leonard Hofstadter. Fanno parte della
cerchia di Sheldon e Leonard anche l’astrofisico Rajesh
Koothrappali e l’ingegnere aerospaziale Howard Wolowitz. I
quattro sono geniali quando si tratta di discutere di meccanica
quantistica, di superconduttività o di buchi neri, abilissimi con i
videogiochi, e perfettamente a loro agio nello snocciolare i più
insignificanti eventi del mondo di Star Trek o dei fumetti Marvel.
Sono però totalmente inadeguati in semplici questioni di vita
sociale, e soprattutto nei rapporti con l’altro sesso. Le cose si
fanno divertenti quando Penny, una ragazza con attitudini e
interessi diametralmente opposti a quelli dei quattro cervelloni,
va ad abitare di fronte a Sheldon e Leonard. Le gag che
alimentano il motore comico della serie nascono dal contrasto
tra visioni della vita completamente diverse (razionale e
controllata quella dei ragazzi, emotiva e disordinata quella della
ragazza e dei suoi amici) oltre che dai tentativi infruttuosi di
Leonard di instaurare una relazione sentimentale con Penny.
Il commento
Amedeo Balbi
astrofisico, è ricercatore
all’Università di Roma Tor
Vergata. Ha lavorato
all’Università di Berkeley
con il premio Nobel George
Smoot e attualmente
partecipa alla missione
spaziale Planck. In ambito
divulgativo, ha pubblicato i
libri La musica del big bang
(Springer, 2007), Seconda
stella a destra (De Agostini,
2010) e Il buio oltre le stelle
(Codice, 2011). Collabora
inoltre a riviste, quotidiani e
trasmissioni radiofoniche e
televisive, e cura il blog
www.keplero.org.
Si può costruire una serie tv intorno alle vite di quattro giovani scienziati
piuttosto disadattati, che si dividono tra il laboratorio e i videogiochi, tra i
testi di teoria delle stringhe e i fumetti? Meglio: si può costruire una serie
tv del genere e sperare che abbia successo? Pare di sì, anche se nel
2007, quando andò in onda la prima puntata di The Big Bang Theory,
neanche i suoi autori e produttori probabilmente immaginavano che la
serie sarebbe andata così bene, conquistando milioni di spettatori in tutto
il mondo e arrivando, proprio nelle settimane passate, a toccare il
traguardo della puntata numero 100. Molte serie tv americane, costrette
a sgomitare in un mercato altamente competitivo, vengono cancellate
ben prima, talvolta dopo solo una manciata di puntate. Alcune resistono
magari un paio di stagioni, ma solo quelle veramente buone vanno oltre,
diventando un punto di riferimento dei palinsesti per diversi anni. The Big
Bang Theory è una di queste.
L’aspetto abbastanza pazzesco nel successo di The Big Bang Theory è il
suo andare contro una serie di luoghi comuni sulla scienza. Ovvero: la
scienza è noiosa, difficile, ma soprattutto non è cool. Oppure: essere
bravo nelle materie scientifiche non è una cosa di cui vantarsi con i
coetanei o che renda interessanti agli occhi dell’altro sesso. E ancora:
qualcuno che parli di DNA o di stelle pulsar a una festa può suscitare solo
derisione o sbadigli. Be’, contro ogni previsione, The Big Bang Theory ha
mostrato che non tutti la pensano così, e che anzi sono in tanti,
soprattutto tra i giovani, a trovare l’intelligenza attraente, e gli argomenti
tecnico-scientifici affascinanti e persino divertenti. La serie, a quanto
pare, non ha fatto altro che intercettare una richiesta che era rimasta
sopita, facendo scattare meccanismi di immedesimazione, con la nascita
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di una specie di movimento dell’“orgoglio secchione”. D’altra parte,
nessuno ormai può negare che le persone di maggiore successo, da
almeno un paio di generazioni, appartengano a un “tipo sociale” che
probabilmente a scuola è stato oggetto di scherzi e ironie anche
pesanti: da Bill Gates a Mark Zuckerberg, i cervelloni ormai controllano
l’economia mondiale. L’altro elemento notevole di The Big Bang Theory è la sua attenzione
per il dettaglio e per la verosimiglianza scientifica degli argomenti che
fanno da cornice alle puntate. A cominciare dalla sigla, che in circa
trenta secondi riassume in musica l’intera storia dell’Universo («Il nostro
Universo era in uno stato denso e caldo, e circa 14 miliardi di anni fa è
iniziata l’espansione…»), per continuare con la lavagna che campeggia
nell’appartamento di Sheldon e Leonard e che, in ogni puntata, è
riempita con un diverso insieme di equazioni matematiche tratte da
problemi reali o da teorie fisiche esistenti. La serie ha un consulente
scientifico (ormai d’obbligo nelle produzioni cinematografiche e
televisive americane): l’astrofisico David Saltzberg dell’Università della
California a Los Angeles, che tiene anche un blog in cui approfondisce
le tematiche scientifiche trattate nelle puntate (The Big Blog Theory,
dall’accattivante sottotitolo The science behind the science http://
thebigblogtheory.wordpress.com). Naturalmente, The Big Bang
Theory non è un documentario, e nei trenta minuti scarsi di ogni
puntata la scienza non può essere altro che un pretesto narrativo, o
una cornice alle disavventure dei protagonisti. Ma non è detto che non
si possa approfittarne per introdurre, con leggerezza, argomenti da
affrontare con maggiore dettaglio in classe, magari con l’aiuto del blog
di Saltzberg.
Detto questo, c’è stato anche chi si è lamentato per la visione
stereotipata che la sitcom dà degli scienziati, come se fossero tutti
vagamente imbranati e lontani dalla realtà. Ma la maggior parte dei
ricercatori ha invece apprezzato l’occasione che The Big Bang Theory
offre per mettere in vetrina la propria attività. Alcuni sono persino
riusciti ad apparire nei panni di se stessi in qualche puntata, come il
premio Nobel 2006 per la fisica George Smoot.
Comunque la si pensi, resta il fatto notevole che si è trovata
un’equazione vincente mettendo insieme nelle giuste dosi scienza,
riferimenti alla cultura pop e comicità intelligente. Soprattutto visto
dall’Italia, sembra un altro mondo. Distante anni-luce, direi. -
In rete!
La serie Scheda dell’Internet movie database. www.imdb.it/title/
tt0898266
Sito ufficiale www.cbs.com/shows/big_bang_theory
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