PERCORSO I La città imperiale Mohamed Mezzine I.1 MEKNES I.1.a I.1.b I.1.c I.1.d I.1.e I.1.f I.1.g I.1.h I.1.i Museo Jamaï Grande Moschea Madrasa Bû Inâniya Bâb al-Mansûr Cupola degli Ambasciatori Mausoleo di Mûlây Isma‘îl I granai Bacino delle norie Bâb Bardhâ‘în I.2 MÛLÂY IDRÎS ZARHÛN (opzione) I.2.a Mausoleo di Mûlây Idrîs Zarhûn Mûlây Isma‘îl Mausoleo di Mûlây Isma‘îl, terza corte, Meknes. 65 PERCORSO I La città imperiale Bâb al-Mansûr, Meknes. Il luogo in cui sorge la città imperiale, residenza dei sovrani, è d’importanza capitale fin dai primordi della civiltà arabo-musulmana. La città imperiale è sempre molto estesa, sia in Andalusia che in Maghreb o nel Mashreq. Spesso circondata da mura, comprende, oltre al palazzo del sovrano, gli edifici annessi, i giardini o riyâd, i quartieri della corte e degli alti dignitari, i quartieri commerciali e le botteghe dove si coniava la moneta. Sicuramente l’origine di questa articolazione dello spazio in generale, e della città imperiale in particolare, non è andalusa; si deve piuttosto ai greci, ai romani, ai persiani e successivamente alle dinastie musulmane del Mashreq. Ma lo schema dell’organizzazione della città, soprattutto in Marocco, rispecchia in misura eguale l’influenza orientale diretta e quella andalusa. È uno schema che ritroviamo a Granada, a Siviglia, ma anche a Fez, Marrakesh e Meknes. 66 In tutte le città andaluse e in quelle del Marocco, fino all’XI/XVII secolo, l’assetto urbano dominante era bipolare: medina da una parte e città imperiale o qasba dall’altra. La città imperiale di Meknes, risultato del progetto del sultano alawide Mûlây Isma‘îl, rappresenta in modo particolare quel tipo di città che unisce l’organizzazione orientale dello spazio, le decorazioni minuziosamente lavorate e colorate di al-Andalus e l’architettura marocchina tipica dei grandi principi. Partendo da un nucleo urbano di epoca merinide, il sultano alawide Mûlây Isma‘îl, (1082/1672-1139/1727) circondato dai suoi consiglieri tra i quali anche diversi andalusi, intraprese, durante i 55 anni del suo regno, la realizzazione di enormi costruzioni, spesso in terra battuta. Questo lavoro mobilitò migliaia di persone: operai venuti da tutte le regioni del Marocco ma anche schiavi, prigionieri di guerra e cristiani. Abbiamo numerose testimonianze di PERCORSO I osservatori stranieri che hanno assistito o addirittura partecipato ai lavori, come per esempio quella del francese Moüette, prigioniero dal 1670 al 1681, che lavorò per anni alla costruzione dei monumenti voluti dal re e pubblicò, nel 1683, un diario degli anni di prigionia. Secondo la sua testimonianza, Mûlây Isma‘îl per prima cosa fece evacuare la qasba almoravide, dove risiedeva, e ordinò di abbattere le abitazioni contigue. In questo modo si creò uno spazio aperto, la piazza al-hadîm, o “delle rovine” così chiamata a causa della grande quantità di materiali ammassati sul posto a seguito delle demolizioni, che assunse un ruolo di barriera naturale tra la medina e la qasba. Successivamente venne costruito un muro di cinta che separava la qasba dal resto della città: muro interno semplice, senza cammino di ronda e bastioni, separato da quello esterno, alto dai 9 ai 12 metri e munito di porte. All’interno della qasba, un vasto quadrilatero di circa 500 metri per 1000 rac- La città imperiale chiudeva i tre palazzi fatti costruire da Mûlây Isma‘îl: il grande palazzo Dâr al-Kabîra a est della medina e il palazzo imperiale Dâr al-Makhzan, all’interno del quale si trovavano i palazzi Dâr al-Madrasa e Dâr al-Mahnasha. Nel palazzo Dâr al-Kabîra, la cui costruzione fu avviata nel 1082/1672, si trovavano gli alloggi della famiglia reale. Insieme architettonico indipendente dagli altri palazzi della qasba, si estendeva su una superficie di 13,5 ettari ed era costituito da diversi edifici tutti dotati di cortili interni, saloni, hammâm, cucine e giardini. A differenza di questo primo complesso ismailita, densamente costruito e tipicamente cittadino, il palazzo imperiale Dâr al-Makhzan, residenza principale di Mûlây Isma‘îl, occupava uno spazio piuttosto contenuto rispetto alla grande superficie riservata ai giardini, facendo di Meknes, secondo la definizione dello storico Ibn Zîdân «una città in campagna e una campagna in città». Questa parte della qasba Cupola degli Ambasciatori, parco e muraglia, Meknes. 67 PERCORSO I I granai, interno della casa delle dieci norie, Meknes. La città imperiale era circondata da alti muri e racchiudeva, in uno spazio di circa 60 ettari, due palazzi –Dâr al-Madrasa e Dâr al-Mahnasha– separati da un muro di cinta che creava uno straordinario corridoio. Con l’intento di proteggere la propria città da qualsiasi minaccia, il sultano fece costruire a 500 metri dal palazzo immensi silos sotterranei, destinati a contenere provviste, utili in caso di carestie o di un eventuale stato d’assedio. Accanto ai silos venne creato un bacino artificiale, il bacino delle norie, che doveva provvedere al rifornimento idrico della città. L’originalità architettonica, la grandezza e la bellezza dei monumenti pubblici e privati colpirono tutti i viaggiatori, stupiti dalle dimensioni gigantesche dell’opera di Mûlây Isma‘îl, come testimonia la descrizione di padre Dominique Busnot, recatosi a Meknes nel 1704 per trattare il riscatto dei prigionieri cristiani: «Man mano che si avvicinava, la città mi appariva sempre più notevole per l’estensione, la quantità delle abitazioni diverse, la presenza di varie moschee, ma anche per la gradevole varietà dei suoi giardini nei quali erano presenti un’infinità di alberi da frutto di tutte le specie; vedevamo l’Alcassave, o Palazzo del re, che chiudeva magnificamente la città verso nord. L’imponenza delle mura di cinta e la grande quantità di padiglioni ricoperti di tegole verniciate, insieme alle sommità di due o tre moschee, ci davano un’idea completamente diversa da quella che poi ci è rimasta dopo averla vista da vicino…». La ricchezza della concezione e realizzazione dei palazzi ismailiti rispecchiava totalmente l’immagine fastosa delle dimore arabe, che evoca patii e fontane, passaggi ombreggiati e viali, vasche e chioschi. Quello che vediamo oggi è solo una parte di quanto Mûlây Isma‘îl ha fatto costruire, ma il visitatore può ancora sognare dei fasti passati e apprezzare quella “natura costruita” che rispondeva perfettamente alle esigenze di una corte principesca marocchina dell’XI/XVII secolo. Cenni storici Meknes, in origine Miknâsat al-zaytûn “Meknes dagli ulivi”, è nata nel IV/X secolo quando i meknassa, una parte della tribù berbera dei zeneti, si stabilirono sulle rive del wadi Boufekrane. Attratti della fertilità del suolo e dall’abbondanza di acqua, e approfittando della lotta per il potere che agitava il nord del Marocco dopo la caduta della dinastia idriside, i berberi crearono una serie di piccoli agglomerati non fortificati in mezzo a giardini. Nel 455/1063 il principe almoravide Yûsuf Ibn Tashfîn si impadronisce di queste città-giardino e installa una guarnigio- 68 PERCORSO I La città imperiale Bacino delle norie, contrafforti degli antichi silos, Meknes. ne militare, o qasba, nel luogo dove sorge l’attuale medina. Gli almohadi, arrivati a Meknes nel 544/1150 si incaricheranno di abbellire la città con la costruzione di mura e fontane. Ma la città, o meglio i quattro borghi che la formavano, era comunque modesta, e il suo ruolo tra gli altri spazi urbani del paese rimase limitato. Con l’arrivo al potere dei merinidi, alla metà del VII/XIII secolo, Meknes si trasformò in una vera città commerciale con i suoi funduq, le madrasa e le moschee. Fu allora che divenne residenza di vizir, mentre Fez rimaneva la città dei principi. All’epoca di Abû Inân (752/1351759/1358) diverse famiglie andaluse vennero a stabilirsi a Meknes e nei dintorni. Cordovani e sivigliani esercitavano il commercio, organizzavano mercati e influenzavano l’artigianato locale con il loro stile decorativo, applicato nella lavorazione del zallîj e del legno. Si stabilirono in un nuovo quartiere che ancora oggi porta il loro nome: quartiere degli Andalusi. Alcuni di essi, soprattutto quelli provenienti dalla regione di Valenza, si stabilirono nelle campagne circostanti e contribuirono a far prosperare un’agricoltura già florida che produceva quantità di mele cotogne, melograni, mele di Damasco, fichi, uva e olive. La città di Meknes deve agli andalusi una ricchezza di cui scriveranno i cronisti del IX/XV e X/XVI secolo. Mantenere questa situazione di benessere non sarà cosa facile, soprattutto nei secoli in cui il paese dovrà fronteggiare problemi di ogni sorta, guerre e carestie. Leone l’Africano, che vi si recò all’inizio del X/XVI secolo, la descrive come una bella città fortificata, popolosa e ricca di strade ampie e piacevoli. Solo due secoli più tardi Meknes subirà quella trasformazione che la farà entrare a pieno titolo nella storia, quando il sovrano alawita Mûlây Isma‘îl (1082/16721139/1727) decise di costruire qui una capitale degna del re del Marocco. Situata nel cuore di una delle regioni più ricche del Marocco, la città offriva il 69 PERCORSO I La città imperiale Meknes Preoccupato di curare la propria immagine nei confronti delle delegazioni e delle ambasciate straniere che venivano a negoziare la liberazione dei prigionieri, Mûlây Isma‘îl teneva alla considerazione dei principi cristiani. A suo parere, la politica estera del Marocco sarebbe stata efficace solo se i suoi rappresentanti fossero stati stimati grandi costruttori e veri uomini di stato. I numerosi ambasciatori del regno, presenti in Francia, in Inghilterra e in Spagna, riferivano al sovrano dei fasti delle corti europee. Deciso a farsi costruire palazzi in grado di rivaleggiare con quelli europei, volle fare di Meknes la “Versailles marocchina” e a partire dal 1082/1672 mise all’opera 55.000 uomini tra operai e schiavi cristiani e musulmani. Il sultano, che aveva mantenuto il potere con lotte costanti, morì nel 1139/1727, e da quel momento la città si trovò a fronteggiare serie difficoltà. Dato che l’autorità centrale non controllava più tutto il paese, a Meknes scoppiarono rivolte che bloccarono qualsiasi sviluppo. La stabilità venne riconquistata solo tra la fine del XII/XVIII e l’inizio del XIII/XIX secolo, ma la città non ritroverà più il ruolo di capitale politica che aveva detenuto dal 1082/1672 al 1139/1727. I.1 MEKNES Museo Jamaï, sala espositiva, Meknes. vantaggio di essere lontana sia dalle coste mediterranee che da quelle atlantiche. Così il sultano la scelse per fissarvi la dimora della sua famiglia, stimata –forse in modo esagerato– in diverse mogli e concubine, qualche centinaio di bambini e circa duecento capi e qa‘îd che lo seguivano due volte al giorno nelle sue passeggiate, oltre ai 4000 mori che formavano la sua guardia. 70 I.1. a Museo Jamaï Seguire l’indicazione: Ancienne Médina. Il museo si trova sulla piazza al-Hedim. Parcheggio sorvegliato intorno alla piazza. Ingresso a pagamento. Orari: dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00. Costruito alla fine del XIX secolo, duran- PERCORSO I La città imperiale Meknes te il regno del sultano Mûlây Hasan (1873-1894), il palazzo apparteneva alla famiglia Jamaï, i cui membri furono vizir del monarca. Caduta in disgrazia alla morte del sovrano, questa famiglia perse molta della sua influenza e le sue residenze passarono allo Stato. Una parte del palazzo, che all’epoca del protettorato era stato trasformato in ospedale militare, divenne sede della Sovraintendenza alle Belle Arti. Nel 1926 fu trasformata in un museo, nel quale vennero esposte le collezioni che rappresentavano le tradizioni artistiche della città di Meknes: tessuti, pelli, ricami, oggetti in ferro battuto, ottone, oro e argento. L’edificio, costruito su una superficie molto ampia, comprende diverse strutture secondarie e dipendenze. Al piano terra si trovava una moschea, un riyâd, un minzah, un cortile, una piccola casa, una cucina e un hammâm. Gli annessi comprendevano un funduq, che fu trasformato in una falegnameria, e una fontana che è stata recentemente restaurata. Si accede al palazzo attraverso un portale sovrastato da un portico aggettante ricoperto di tegole verdi. L’ingresso è stato costruito in epoca recente e sostituisce la porta originale che si trovava sotto il sabat del riyâd. Questo antico palazzo si distingue per la magnificenza del suo riyâd del quale ammiriamo la particolare armonia con i due bacini a forma di stella e il canaletto tagliato da un passaggio realizzato in zallîj. All’interno, due fontane e un portico costituito da sette arcate di dimensioni diverse poggiate su pilastri che comunica con la cupola principale nella quale il vizir riceveva i suoi ospiti. La cupola o qubba, che ha un soffitto in legno intagliato, vetrate e architravi in legno, è andalusa nella concezione e nella decorazione. È possibile affittare una carrozza per continuare il percorso dopo la visita ai monumenti I.1.b e I.1.c. Chi ama camminare può compiere a piedi la maggior parte del percorso, per gli altri sarà invece necessario prendere l’auto. I.1.b Grande Moschea All’uscita del museo, girare a sinistra nella rue Sidi Amor Bouaouda. Questa strada tortuosa conduce alla moschea. L’ingresso è riservato ai musulmani. La costruzione della Grande Moschea, situata nel cuore della medina, risale probabilmente all’epoca almoravide, nel V/XI secolo. Il sultano almohade, Muhammad al-Nâsir (595/1199-609/1213) realizzò importanti restauri e ampliamenti. Grande Moschea, campata del mihrâb, Meknes. 71 PERCORSO I La città imperiale Meknes Madrasa Bû Inâniya, ingresso alla sala della preghiera, Meknes. Inoltre permise il rifornimento idrico della moschea con l’acqua proveniente dalla sorgente Taguema, situata 9 chilometri a sud della città. Di questo periodo la moschea conserva un lampadario in rame che, insieme a quelli della moschea Qarawiyîn di Fez, è uno dei rari esemplari conservati sino ai nostri giorni. L’arrivo dei merinidi a Meknes, a metà del VII / XIII secolo segnò il punto di pieno sviluppo culturale della città e della moschea, soprattutto durante il regno del sultano Abû al-Hasan (731/1331-751/1351), che fece co72 struire le tre madrasa della città (Bû Inâniya, al-Qâdî e Shuhûd). Egli istituì nella moschea diverse cattedre d’insegnamento e riunì una biblioteca scientifica paragonabile a quella di Qarawiyîn a Fez, dove il tâlib poteva consultare i manoscritti. L’azione dei merinidi non riguardò soltanto il ruolo culturale della Grande Moschea, ma si estese anche a lavori di restauro e modifica, necessari anche a causa del crollo del minareto che aveva provocato la morte di sette fedeli. Oggi la moschea, con le sue undici porte, PERCORSO I La città imperiale Meknes Madrasa Bû Inâniya, pilastro, rivestimento in stucco a motivi geometrici, floreali ed epigrafici a caratteri cufici, Meknes. occupa uno spazio di 3500 m2, e si compone di due parti distinte: - la sala della preghiera, a nove campate, con un mihrâb ornato da motivi dipinti e scolpiti mirabilmente realizzati, e in seguito più volte ripresi dalle diverse dinastie. Sul lato della sala troviamo l’ anza che veniva utilizzata come mihrâb durante l’estate. Essa risale al periodo di Mûlây Isma‘îl ed è coeva delle fontane costruite sul lato del sahn. - il cortile interno, il sahn, a pianta quadrata circondato da una galleria. Il minareto che si slancia dall’angolo del sahn è decorato con piastrelle di ceramica di colore verde. I.1.c Madrasa Bû Inâniya Alla fine della strada che fiancheggia la Grande Moschea troviamo la madrasa. Ingresso a pagamento. Orari: tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00. Opera del sultano merinide Abû alHasan, la madrasa fu costruita nel 736/1336, come testimoniano due iscrizioni. La prima, in versi, sormonta il mihrâb della sala della preghiera; l’altra è tracciata sugli architravi in legno del cortile e contiene un elogio al sultano: «Potenza, riuscita e vittoria schiacciante al nostro signore Abû al-Hassan, l’emiro dei credenti». La nuova madrasa, chiamata in origine alJadîda, fu ribattezzata dal figlio di Abû alHasan, il sovrano Abû Inân, che la restaurò e gli diede il nome attuale –Bû Inâniya– per distinguerla da quella, più antica, di Abû Yûsuf Ya‘qûb. La raffinatezza di questa madrasa, che occupa una superficie di 315 m2, si nota già all’ingresso, munito di una porta in legno ricoperta di pezzi di rame finemente decorati. Dopo aver percorso un lungo vestibolo si arriva al sahn intorno al quale si articolano le parti principali dell’edificio. Il cortile è decorato al centro da una vasca in marmo a forma di conchiglia. I pilastri, alcuni isolati, altri incastrati nel muro, si slanciano sino al livello più alto, intersecandosi con gli architravi di legno. I pannelli in Madrasa Bû Inâniya, pianta del pianterreno, Meknes. 73 PERCORSO I La città imperiale Meknes preghiera, abbastanza ampia, e dotata di un mihrâb realizzato nel muro della qibla. Il mihrâb è una nicchia poligonale, ornata su entrambi i lati da colonne che sostengono un arco tracciato in una cornice quadrata circondata da un’iscrizione. All’epoca di Mûlây Isma‘îl all’entrata della madrasa venne costruita una cupola. La Bû Inâniya di Meknes è evidentemente andalusa nei suoi elementi decorativi: le facciate interne sono riccamente decorate; il pavimento è ricoperto di piastrelle di zallîj che compongono figure geometriche; anche i basamenti delle pareti sono decorati da piastrelle di zallîj che arrivano a un’altezza di 1,60 metri. Queste composizioni sono coronate da un fregio epigrafico a caratteri neri su fondo chiaro. Al di sopra troviamo motivi in stucco di tipo geometrico, floreale ed epigrafico. La parte superiore delle facciate è ornata di legno scolpito e pannelli con iscrizioni coraniche, formule religiose, dediche, motivi vegetali, arabeschi, fronde e quant’altro. Bâb al-Mansûr, particolare dell’ingresso, Meknes. Bâb al-Mansûr, particolare del rivestimento in mosaico di ceramica, Meknes. I.1.d Bâb al-Mansûr Piazza al-Hedim. Nella porta, situata all’estremità della piazza, è stata ricavata una sala per esposizioni, aperta occasionalmente. mashrabiya, fissati tra i pilastri, servivano a separare il sahn dalle gallerie, che davano accesso alle camere degli studenti situate al pian terreno. Le stanze del piano superiore si affacciavano sul cortile attraverso finestre finemente decorate. Gli studenti seguivano i corsi nella sala della 74 Bâb al-Mansûr al-‘Alj, “la porta del rinnegato vittorioso”, è la più imponente tra quelle di Meknes ma anche una delle più originali di tutto il Marocco. La sua costruzione, come indicato nella parte superiore del monumento dalla grande iscrizione in caratteri corsivi, iniziò alla fine del regno di Mûlây Isma‘îl e fu terminata dal figlio nel 1144/1732. PERCORSO I La città imperiale Meknes L’ingresso è a zig-zag, come nella maggioranza delle porte esterne delle città marocchine. Essa ha un’apertura alta otto metri, incorniciata da due torri quadrate più sporgenti che, nella parte sottostante, si aprono su logge. Questi due bastioni sono a loro volta fiancheggiati da due sezioni più strette sostenute da due alte colonne in marmo con capitelli compositi. L’edificio, di notevole interesse per le proporzioni e l’originalità del progetto, è interessante anche per la decorazione dominata da motivi a intreccio. Disposti in fasce intorno all’apertura e sopra una fuga di archi ciechi sulle due torri, questi arabeschi fatti di reticoli a losanghe, sono incrostati di mosaici di ceramica, zallîj, che danno un fascino particolare a questa porta maestosa. Si noti che i fusti e i capitelli sono in marmo di Carrara, fatto del tutto eccezionale. Si ipotizza che questo marmo provenga dal palazzo al-Bâdiya di Marrakesh, costruito dal principe saadiano Ahmad al-Mansûr al-Dhahabî (985/ 1578-1011/1603). La porta fu utilizzata per diversi scopi. Nel XIX secolo, il sultano Mûlây ‘Abd al-Rahmân fece costruire un edificio, a sinistra di Bâb al-Mansûr, dove si tenevano le riunioni dei capi militari e delle alte personalità. L’edificio servì anche come tribunale al pascià della città che usava anche pranzarci ogni venerdì dopo la preghiera insieme ai capi militari. Davanti a questo monumento si organizzavano anche cerimonie religiose e militari. Quest’abitudine è proseguita sino all’instaurazione del protettorato nel 1912. I.1.e Cupola degli Ambasciatori Riprendere l’auto e dopo aver superato la porta a destra di Bâb al-Mansûr, seguire l’indicazione Mausolée Mûlây Ismaïl. Parcheggio di fronte alla cupola, sulla piazza AlKhayyâtîn. Cupola degli Ambasciatori, veduta esterna, Meknes. 75 PERCORSO I La città imperiale Meknes Ingresso a pagamento. Orari: tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00. Questo padiglione, ancora oggi definito ‘cupola’, è un piccolo edificio appoggiato alla prima cinta muraria della città. Oggi viene chiamato “cupola dei sarti”, un nome che evoca la sua utilizzazione più recente, ma per lungo tempo è stato conosciuto come cupola degli Ambasciatori. La designazione corrisponde alle funzioni originali dell’edificio, perché Mûlây Isma‘îl riceveva qui gli ambasciatori stranieri venuti a trattare, tra le altre cose, il riscatto dei prigionieri cristiani. Costruito su un ampio spazio rettangolare di 6 metri per 8,20, l’edificio ha una base quadrata con lati di 13,80 metri. L’ingresso è sormontato da un portico aggettante, aggiunto in epoca posteriore. La porta monumentale è ornata da fasce in zallîj che formano composizioni geometriche e da fregi in legno intagliato. Su entrambi i lati della cupola troviamo una piccola stanza col soffitto ricoperto di piastrelle verdi; il pavimento è ricoperto di zallîj di diversi colori: blu, giallo, bianco, rosso. L’interno della cupola, dalle proporzioni ampie e armoniose, è costituito da dieci arcate, poste le une di fronte alle altre, decorate da motivi in gesso scolpito, parzialmente restaurati. I pilastri che sostengono le arcate sono a mosaico sino a un’altezza di 2 metri. I basamenti dei muri della cupola sono anch’essi ornati da mosaici e coronati da una fascia in stucco dove si può leggere l’iscrizione: «La potenza è di Allah». L’impronta dell’edificio è data dalla cupola conica il cui intradosso è decorato con motivi geometrici e floreali. 76 I.1.f Mausoleo di Mûlây Isma‘îl Situato di fronte alla cupola. La visita è consentita anche ai non musulmani. Ingresso gratuito. Orari: tutti i giorni dalle 8.30 alle 12.00 e dalle 15.30 alle 18.00 Il complesso funerario reale della qasba di Meknes è situato a sud di Dâr al-Kabîra, tra la prima e la terza cinta di mura. La scelta del sito non è affatto casuale: Mûlây Isma‘îl ha scelto come ultima dimora un luogo santificato in precedenza dalla tomba di un santo locale, Sîdî ‘Abd al-Rahmân al-Majdhûb, poeta e mistico del X/XVI secolo. Il sultano Mûlây Ahmad al-Dhahabî, figlio e successore di Mûlây Isma‘îl apportò numerose modifiche. L’irregolarità delle costruzioni e il fatto che alcuni elementi sembrino quasi scavati nelle mura, testimoniano che l’insieme ha subito vari rimaneggiamenti in epoche diverse. Prima di addentrarsi in una descrizione dettagliata di questo immenso complesso, è importante renderne una visione d’insieme. Sembra che in un primo tempo, le due qubba che hanno determinato la scelta del luogo da parte di Mûlây Isma‘îl, fiancheggiassero i tre ambienti principali: cortile, sala funeraria e sala di lettura coranica. A quanto pare, le parti annesse non erano previste nel progetto iniziale. Anche se non può essere paragonato a quelli infinitamente più complessi del mondo orientale, questo mausoleo è comunque il discendente diretto delle tombe saadiane di Marrakesh, le cui origini sono autenticamente ispanomaghrebine. Il mausoleo Mûlây Isma‘îl ripete la successione di tre stanze (in quella centrale, a pianta quadrata, tro- PERCORSO I La città imperiale Meknes Mausoleo di Mûlây Isma‘îl, patio, Meknes. viamo la tomba del sovrano) che può essere paragonata alla Rauda di Granada. Inoltre i motivi della sala quadrata con l’anticamera sembrano direttamente ispirati, non all’architettura funeraria, bensì a quella dei palazzi di Granada. Secondo il progetto iniziale le tre stanze principali erano situate a est, e gli altri edifici a ovest e a sud, ossia nel grande cortile con i due portici. In origine, l’ingresso si trovava a nord, rivolto verso Dâr al-Kabîra, mentre quello attuale risale all’epoca del protettorato. L’ingresso e i primi cortili Il primo complesso sul quale si apre la porta di accesso al mausoleo è composto da un ingresso seguito da tre cortili. Questa prima sala e il primo cortile hanno un carattere funzionale di distribuzione; il secondo cortile è un luogo di passaggio, mentre il terzo ha la decorazione tipica di un luogo di sosta. Quest’ultimo è munito di due portici posti uno di fronte all’altro sui lati est e ovest, con al centro una vasca tondeggiante e profonda. Sul muro del portico est 77 PERCORSO I La città imperiale Meknes Esterno dei silos, Meknes. troviamo un mihrâb semplice di forma esagonale e un altro è incastrato nel muro est del cortile. Inoltre, sui lati lunghi si distinguono due porte murate. Il patio e le sale funerarie Il patio, situato nell’angolo nord-est del complesso funerario è di esecuzione raffinata ed è stato recentemente restaurato utilizzando elementi antichi. È caratterizzato da colonne in marmo disposte in 78 gruppi di tre e coronate da capitelli, alcuni dei quali in stile ispano-maghrebino, con una sezione cilindrica ornata da una doppia fila di foglie che contrasta con una parte prismatica pesante decorata da palme e palmette. Il patio comunica con le altre sale funerarie attraverso una porta riccamente decorata ricavata nel muro sud. La porta permette l’accesso a una sorta di anticamera che si apre sulla sala mortuaria attraverso un’apertura ad arco moresco leggermente spezzato. Al centro della sala si trovano le stele funerarie del sultano Mûlây PERCORSO I La città imperiale Meknes Isma‘îl, del suo successore Ahmad alDhahabî e del sultano ‘Abd al-Rahmân Ibn Hishâm. I.1.g I granai Accessibili in auto. Si trovano all’estremità nord della qasba. Girare a sinistra uscendo dal mausoleo e attraversare la porta Bâb alRîh per costeggiare il palazzo reale. In passato il complesso era noto col nome di Dâr alMakhzan. Seguire la strada fino alla fine, girare a destra e continuare diritto passando davanti all’ingresso principale del palazzo reale (a destra) e più avanti lungo il campeggio da dove si cominciano a vedere i silos. Ingresso a pagamento. Orari: tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00. Opera del sultano Mûlây Isma‘îl, la Casa delle dieci norie fa parte di un insieme tripartito che si compone di una costru- zione trapezoidale, di una serie di volte a botte parallele i cui soffitti sono crollati –i silos– e di un bacino ugualmente trapezoidale, detto ‘delle norie’. L’edificio, destinato a funzioni di approvvigionamento, è una testimonianza della volontà di Mûlây Isma‘îl di munire la città di infrastrutture che le permettessero di difendersi dai pericoli esterni e di svilupparsi salvaguardando il suo status di città imperiale, al pari di Fez e Marrakesh. La Casa delle dieci norie All’interno di questa costruzione, una serie di piccole sale circonda una stanza centrale più spaziosa con volte a botte. Un corridoio corre intorno a questo corpo centrale accompagnando un sistema di quindici stanze ricoperte da volte coniche a 12 vele. In origine ogni stanza tonda conteneva una noria, ossia un pozzo profondo che arrivava alla falda freatica attraverso una Bacino delle norie, Meknes. 79 PERCORSO I La città imperiale Meknes Bâb Bardhâ‘in, fronte esterno, Meknes. serie di tazze a forma di vasi col fondo appuntito. Accanto a questo complesso idraulico furono ricavati i silos. I silos Adiacente al muro sud-ovest dell’edificio delle dieci norie troviamo una serie di 22 arcate, formate ognuna da 14 archi, alcuni dei quali sono stati murati. Questi corridoi sono stati erroneamente chiamati scuderie, mentre si trattava di silos. L’edificio, considerato come una delle opere più belle del sultano Mûlây Isma‘îl, era destinato al deposito di prodotti alimentari e in particolare del grano, come riportato dallo storico al-Nâsirî nel XIX secolo: «Mûlây Isma‘îl ordinò anche che si costruisse all’interno della qasba un granaio coi corridoi a volta per conservarvi il grano e gli altri cereali, che potesse 80 contenere provviste per tutti gli abitanti del Marocco». I muli che portavano il grano dalle diverse regioni non entravano dalle porte principali ma attraversavano un passaggio che li conduceva sopra aperture circolari realizzate sulla terrazza, nelle quali veniva versato il grano. L’edificio, costruito su uno spazio di 182 metri di lunghezza per 104 di larghezza, racchiudeva ampie sale rettangolari che erano in realtà granai sotterranei, anche se oggi tutti i soffitti sono crollati e non rimane più traccia delle aperture esistenti in passato. Un corridoio centrale permette il passaggio sino al muro posteriore. I pilastri, che sostengono archi a tutto sesto del diametro di 3 metri, dividono la sala in 18 campate che fiancheggiano 23 navate, coperte in origine da volte a botte. Questa parte della qasba è oggi particolarmente caratteristica: lo stato di abbandono pittoresco e fiorito in cui si PERCORSO I La città imperiale Meknes trova si addice a meraviglia a questa serie di arcate in terra battuta. I.1.h Bacino delle norie Situato ai piedi dell’edificio che contiene i silos. Secondo lo storico Ibn Zîdân, Mûlây Isma‘îl «fece realizzare all’interno della qasba un grande bacino sul quale si poteva navigare con imbarcazioni da diporto». Malgrado questa descrizione, gli usi pratici prevalgono su quelli ludici, dato che nessuna preoccupazione estetica sembra aver guidato la costruzione del bacino. Il Bacino delle norie –Sahrîj Sawânî– è uno dei tre edifici che costituiscono il complesso della Casa delle dieci norie. La costruzione di questo complesso idraulico doveva provvedere ai bisogni idrici della popolazione in caso di assedio (la città era già stata attaccata diverse volte dalle tribù della regione) e alimentare gli edifici e le infrastrutture della città come le moschee, i bagni, i giardini e i frutteti. Il bacino artificiale di forma rettangolare, notevole per le sue dimensioni –148,75 metri per 319, con una profondità media di 1,20 metri– era alimentato dalle dieci norie dell’edificio vicino, situate sotto i silos sotterranei e collegate a loro volta al bacino da canalizzazioni in terracotta. In origine il bacino era circondato da tre cinte di mura merlate, di cui oggi rimane solo un bastione isolato nei pressi del quartiere di Banî Muhammad a sud-ovest, e la base di una cinta muraria che ha uno spessore di oltre due metri. Passeggiata nella medina È possibile recarsi a piedi al monumento Bâb Bardhâ‘în attraversando la medina. Ritornare a piazza al-Hedim. Oltrepassata la volta a sinistra del museo Jamaï, dirigersi verso la rue Nejjarine dove si trovano i mercanti di tessuti e babbucce. Continuare sulla stessa strada in direzione ovest e prendere la rue Sekkarine fino ad arrivare a un’uscita situata nel muro ovest della medina che porta al Mallâh. Prendere quest’uscita e seguire la strada che gira intorno alla parte esterna dei bastioni fino al coloratissimo mercato delle spezie e, un po’ più avanti, a un mercatino dell’usato non lontano dalle conce di Meknes. Entrando di nuovo nella medina da Bâb al-Jadîd, riprendere sulla sinistra la rue alHanaya, risalirla in direzione nord, verso la moschea Bardhâ‘în in prossimità della porta Bâb Bardhâ‘în. I.1.i Bâb Bardhâ‘în Situata all’estremità nord della medina. In auto riprendere il viale ad anello: la porta è sulla destra. Sulle mura di cinta della qasba ismailita si aprivano in origine venti porte fortificate sormontate da bastioni. Bâb Bardhâ‘în, la porta dei fabbricanti di basti, situata nella parte settentrionale della cinta muraria della città, comprende oggi due porte separate da un cortile. La porta antica, costruita da Mûlây Isma‘îl nel 1132/1720, sorge in cima a una collina e appare allo stesso tempo maestosa a slanciata tra le due torri che sporgono sulla cortina. La parte decorata di questa porta è compresa in un quadrato i cui lati misurano poco più di undici metri ed è stata recentemente restaurata. 81 PERCORSO I La città imperiale Mûlây Idrîs Zarhûn Contrariamente a oggi, nel XII/XVIII secolo la porta doveva avere un ruolo importante nell’economia di Meknes, in quanto crocevia di tutti gli scambi commerciali e diplomatici con il nord e quindi con l’estero. Ciò spiega perché Mûlây Isma‘îl abbia voluto munire questo ingresso della medina di una porta degna dei quartieri reali. Non lontano troviamo la nuova porta, Bâb Bardhâ‘în. Si affaccia sul mausoleo di Mûlây ‘Abdallah Ibn Ahmad, sul cimitero di Shuhadâ’ e sul grande cimitero dove furono sepolti alcuni santi di Meknes come Shaykh al-Kamal e Sîdî al-Harthî. I.2 MÛLÂY IDRÎS ZARHÛN (opzione) I.2.a Mausoleo di Mûlây Idrîs Zarhûn A 28 chilometri da Meknes, sulla strada di Kénitra, si trova il villaggio di Mûlây Idrîs. Il mausoleo è al centro del villaggio. Ingresso riservato ai musulmani. Grande paese bianco arroccato sulla montagna di Zarhûn, la città-mausoleo domina l’altopiano circostante e si affaccia sulle rovine romane di Volubilis. La cittadina è famosa perché ospita il mausoleo del principe che ha fondato la prima dinastia marocchina musulmana. Mûlây Idrîs Ibn ‘Abdallah, quinto discendente di ‘Alî, genero del Profeta, in fuga dalle guerre tra abbasidi e omayyadi in Arabia, venne in Marocco dove fu accolto come il discendente della famiglia di Maometto. 82 Il principe berbero locale di Walili, che si era convertito all’Islam, ordinò alle tribù di seguire lo sceriffo. Ma la morte prematura di Mûlây Idrîs, nel 176/793, avvelenato per ordine del califfo abbaside, non gli lasciò il tempo di dare alla nuova dinastia la struttura che avrebbe voluto. Prima di morire, aveva sposato una berbera di nome Kenza che gli diede un figlio postumo. Idrîs II, questo il nome che gli fu dato, avrebbe continuato l’opera del padre. La tomba di Idrîs padre, un mausoleo con cupola, divenne un luogo santo, venerato dai marocchini. Il monumento non subì variazioni importanti fino all’XI/XVII secolo, quando il sultano alawita Mûlây Isma‘îl diede l’ordine di demolirlo e di acquistare le proprietà vicine per annetterle al mausoleo. I lavori durarono circa tre anni, dal 1131/1719 al 1133/1721. Mûlây Isma‘îl ordinò che lì si tenesse la preghiera del venerdì, segno dell’importanza accordata al mausoleo e alla città di Mûlây Idrîs Zarhûn. Nel 1237/1822 il sultano alawita Mûlây ‘Abd al-Rahmân lo fece ingrandire e abbellire ancora, acquistò la casa vicina alla cupola, tra il monumento e la qaysariya, e la fece demolire per costruire una moschea ancora più bella e grande. In quell’occasione il mausoleo del santo venne nuovamente decorato. All’epoca del sultano Sîdî Muhammad (1859-1873), la cupola fu ornata di belle ceramiche dal grande mu‘allim della ceramica a Meknes, Ibn Makhlûf. Il sultano Mohammed V (1927-1961) e suo figlio, re Hassan II, decisero il rifacimento delle decorazioni del darîh (mausoleo) e ampliarono una volta di più la moschea. Ancora oggi, Mûlây Idrîs è annualmente metà di un grande pellegrinaggio in occa- PERCORSO I La città imperiale Mûlây Idrîs Zarhûn sione del mawsim del santo. Numerose tribù si recano allora a pregare nel mausoleo. L’abito che ricopre il catafalco del santo, riccamente decorato di ricami dorati, viene cambiato una volta l’anno o ogni due anni, nel corso di una cerimonia religiosa alla quale partecipano le autorità politiche e religiose del paese e della regione. Si tratta di una vera e propria festa piena di canti, di profumi e di spari festosi, durante la quale vengono celebrati sacri- fici mentre i pellegrini riempiono la città in una grande processione. Volubilis A 5 chilometri da Mûlây Idrîs e a 31 da Meknes si trovano le rovine romane più importanti del Marocco. Il sito di Volubilis è effettivamente uno dei maggiori luoghi culturali del paese. Antica capitale del re Juba II, marito della figlia di Cleopatra e Marcantonio, racchiude tutta la storia romana del Marocco. Ingresso a pagamento. Aperta tutti i giorni. 83 MÛLÂY ISMA‘ÎL Uomo dalla corporatura possente, agile e vigoroso al tempo stesso, Mûlây Isma‘îl, dal «viso lungo, più nero che bianco, ossia molto mulatto» era «l’uomo più forte e vigoroso delle sue terre» secondo SaintOlon, ambasciatore di Luigi XIV presso il sultano. Mûlây Isma‘îl aveva una volontà granitica, «Se Dio mi ha dato il regno, nessuno può togliermelo» ripeteva spesso, ma anche una grande perspicacia politica e intendeva essere sempre primus inter pares. Negli affari di stato come anche nelle questioni meno importanti voleva sempre Ritratto di Mûlây Isma‘îl, incisione del XVIII secolo. 84 essere il primo e dare l’esempio. «In guerra ma anche nei grandi lavori dei periodi di pace, come la costruzione di Meknes lo si vede spesso mettersi all’opera come l’ultimo dei muratori». Mûlây Isma‘îl, secondo sultano della dinastia alawita, trascorse ventiquattro dei 55 anni del suo regno, impegnato nell’opera di pacificazione del paese, combattendo i ribelli e gli insorti e ricostituendo l’ordine politico. Per questo aveva bisogno di un esercito forte, stabile e devoto che sarà organizzato in contingenti di colore di circa 150.000 uomini, ai quali fa prestare giuramento sul volume di hadîth dell’imâm al-Bukhârî, uno dei quattro maggiori tradizionalisti dell’Islam. Da qui il nome di ‘Abîd al-Bukhârî, “schiavi di alBukhârî”, che venne dato loro. Il sultano doveva al tempo stesso assicurarsi una presenza permanente in tutto il territorio. Riuscirà a raggiungere questo obiettivo costruendo in tutto il paese fortezze dove disloca contingenti armati fino ai denti, incaricati di mantenere l’ordine o di contenere l’assalto delle tribù non ancora battute. Verso il 1111/1700, il regno di Mûlây Isma‘îl raggiunge il suo apogeo. L’insieme del Marocco, l’attuale Mauritania, il Touat gli obbediscono; controlla la pirateria e percepisce il 70% del valore dei carichi requisiti. I contatti economici con l’Europa riprendono e le società commerciali europee hanno sedi a Tetouan, Salé, Safi e Agadir. I luoghi occupati dalla Spagna lungo la costa vengono riconquistati. Con la Francia e l’Inghilterra c’è un nutrito scambio di ambasciatori. Nell’insieme, le relazioni del Marocco con i più importanti paesi europei si normalizzano e diventano più intense. Contemporaneo di Luigi XIV, Mûlây Isma‘îl fu considerato dagli uomini del suo tempo e da quasi tutti gli storici, il più grande monarca della dinastia alawita nel corso dei suoi primi due secoli di esistenza. Come Luigi XIV, voleva lasciare un’impronta indelebile sul paese. Decise quindi di costruire una città imperiale da lui interamente concepita e progettata: Meknes, che con lui assunse il rango di capitale. Alla morte del sultano (1139/1727), che era rimasto al potere a costo di lotte costanti, la città avrebbe conosciuto profonde difficoltà perché l’edificio creato da Mûlây Isma‘îl poggiava interamente sulla sua persona. Per esempio, l’esercito, che era stato concepito come garante non solo della forza dello stato ma anche della sua continuità, divenne, a causa delle azioni e gli interventi diretti nelle questioni politiche, un forte elemento destabilizzatore. Durante trent’anni l’esercito impose la sua legge, nominando e deponendo i sultani. La conseguenza fu la rovina del paese: casse vuote, vita economica in rovina, anarchia sociale. La leggenda e le cronache marocchine e straniere ci hanno lasciato l’immagine di Mûlây Isma‘îl come un grande sultano. Ma l’unica corrispondenza tra Luigi XIV e il sovrano conservata dagli storici francesi è la domanda di matrimonio fatta dal re marocchino al re di Francia per chiedere la mano della principessa di Conti, sorella del Re Sole. 85