22 ottobre - 3 novembre 2013 Sala Grande Produzione Casanova Multimedia IL DISCORSO DEL RE di David Seidler con Luca Barbareschi e Filippo Dini e con Ruggero Cara, Chiara Claudi, Roberto Mantovani, Astrid Meloni, Giancarlo Previati, Mauro Santopietro regia di Luca Barbareschi Finalmente a Milano, esaltato da pubblico e critica, lo spettacolo tratto dal capolavoro dello sceneggiatore premio Oscar 2011 David Seidler, nato per il teatro ma trasformato, nel 2010, in una pluripremiata pellicola diretta da Tom Hooper. Una commedia umana, in perfetto equilibrio tra toni drammatici e leggerezze,che vede nei panni del logopedista Lionel Logue, Luca Barbareschi affiancato da Filippo Dini nel ruolo di Giorgio VI. Ambientata in una Londra a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, Il discorso del Re si concentra sulle vicende di Albert, secondogenito del Re Giorgio V, che nel 1937 sale al trono con il nome di Giorgio VI. Albert portava con sé un fardello di costrizioni infantili e un'insicurezza espressa dall’evidente balbuzie, ragione per cui viene portato da diversi dottori fino ad arrivare al logopedista australiano Logue, uomo dai metodi eccentrici e anticonformisti che riuscirà nell’intento di insegnare al Duca di York, come superare l’incubo di parlare in pubblico. Ho sempre avuto un rapporto proficuo con la drammaturgia inglese e americana e conoscevo il testo di Seidler prima del film. Il successo del film ha fatto da traino alla messa in scena. Peraltro questo è uno spettacolo dalle molte valenze, che fa ridere e fa piangere, che mette al centro la parola, il verbo, un valore che abbiamo perso, sommersi come siamo dalle immagini. Il testo è una metafora molto bella del teatro, del potere della rappresentazione: Logue non è un logopedista, ma un attore, anzi un ex attore, un fallito di grande cuore, aiuta il re a smettere di avere paura senza nessun tornaconto personale politico. Luca Barbareschi Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50/41,50€ 24 ottobre - 3 novembre 2013 Sala AcomeA Produzione Marioletta Bideri per Bis Tremila BENIAMINO di Steve J. Spears con Ennio Fantastichini voce al telefono Pino Tufillaro regia Giancarlo Sepe Comicità e dramma in un testo diventato un vero e proprio cult internazionale.Scritto nell’80 dall′australiano Steve J.Spears sull’attuale tema dell’omofobia. Ennio Fantastichini, che dà voce anche a tutti i personaggi di cui è affollata la commedia, è un mite professore appassionato di Shakespeare la cui unica colpa è di essere dichiaratamente gay. Intorno a lui, ingiustamente accusato di abuso su un giovanissimo allievo, parte una sorta di farsa scatenata dalla piccola comunità in cui vive. Il titolo originale è The elocution of Benjamin Franklin, dove si narra di un professore di eloquenza shakespeariana che per tirare avanti toglie alle signore le pronunce sbagliate o i difetti tipo "zeppola" o le esse sibilanti, ed infine anche la balbuzie che affligge alcuni giovani del piccolo paesino dell′Australia dove abita: Toorak. Il professore è omosessuale, ma riesce a non evidenziare questo "difetto" per non far parlare le linguacce del posto. E′ una persona morigerata che non ha una sua vita privata e che si sfoga parlando al telefono con un suo vecchio amico gay, il caro Bruce. Ama Mick Jagger, Shakespeare, e ogni tanto sogna di essere donna. Tutto fila liscio fino al giorno in cui un giovane dodicenne di nome Beniamino, di chiare tendenze omosessuali, vuole farsi correggere quel suo terribile difetto: la balbuzie. La messa in scena alterna momenti di grande comicità a momenti dove il dramma sembra non lasci respirare il povero protagonista, assediato da una società che lo respinge con disprezzo. Il monologo è andato in scena per la prima volta al Mayfair di Londra, nell′interpretazione di un attore australiano, Gordon Chater, che ha riscosso un esito trionfale, lanciando questa commedia nel mondo, un testo degno dei grandi incontri di cui è popolata la storia del teatro.Lo spettacolo è prodotto da Marioletta Bideri, attrice-produttrice, che ha permesso di allestire alcuni miei ultimi lavori, quali: Otello, Un ispettore in casa Birling, Dr. Jekyll e Mr. Hyde, e per questo ringrazio la compagnia Bis Tremila, da lei diretta. Giancarlo Sepe Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ 5 novembre 2013 Sala Grande Lezione/spettacolo GADDA E IL TEATRO, UN ATTO SACRALE DI CONOSCENZA di e con Fabrizio Gifuni da Carlo Emilio Gadda “Gadda e il teatro...” è una ‘lezionespettacolo’in cui Fabrizio Gifuni, alternando letture a momenti performativi, interpreta alcune tra le pagine più belle del “Gran Lombardo” , scoprendo i fili che lo legano a questo autore. Dai primi folgoranti racconti giovanili (Teatro e L’incendio di Via Keplero) ai capolavori assoluti (Il Pasticciaccio e La Cognizione del dolore), passando per i Diari di guerra e l’esilarante referto sulla psicopatologia erotica del ventennale flagello fascista (Eros e Priapo): un corpo a corpo con la lingua più sconvolgente del Novecento italiano, per restituire al pubblico il significato di una passione. Questa lezione/spettacolo è il risultato di un un vasto e approfondito studio ricerca che Fabrizio Gifuni, ospite spesso presente e gradito del Teatro Franco Parenti, sta conducendo da oltre dieci anni sull’opera di Carlo Emilio Gadda. Dallo spettacolo “L’Ingegner Gadda va alla guerra (Premio Ubu 2010 come miglior spettacolo dell'anno) o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro” – seconda tappa del progetto “Gadda e Pasolini, antibiografia di una nazione”) - fino alla recente lettura integrale di “Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana”. Tutti i giorni h 20:45 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ 5 - 10 novembre 2013 Sala AcomeA Produzione Teatro degli Incamminati Diablogues / Compagnia Vetrano-Randisi TOTO E VICÉ di Franco Scaldati regia ed interpretazione di Enzo Vetrano e Stefano Randisi disegno luci di Maurizio Viani costumi Mela Dell'Erba Totò e Vicé sono due poetici clochard nati dalla fantasia di Franco Scaldati, poeta, attore e drammaturgo palermitano recentemente scomparso. I due sono legati da un'amicizia reciproca assoluta e vivono di frammenti di sogni che li fanno stare in bilico tra la natura e il cielo, in un tempo imprendibile tra passato e futuro, con la necessità per essere, di essere in due. Enzo Vetrano e Stefano Randisi hanno all'attivo una trentennale collaborazione sul palcoscenico, nella scrittura e nella guida degli attori. In questa direzione hanno creato diversi spettacoli con due personaggi in scena che sono uno lo specchio dell'altro: diversi anni fa sono stati Uno e Due in Diablogues e poi Milton e Camoens in Beethoven nei campi di barbabietole, due testi di Roland Dubillard, e prima ancora erano stati Calvato e Capillato, in una loro riscrittura del De Rerum Natura. Randisi e Vetrano, che commozione. Il teatro, il vero teatro, il teatro che ti toglie il fiato con un nulla, il teatro che ti sfugge di mano e intanto però ti insegna il mistero dell' amore, il teatro che mette in scena due poveri cristi in una penombra di lumini e modeste luminarie e di fatto ti fa sentire l' insopportabile luce della felicità, questo teatro l' abbiamo conosciuto come un miraggio (ma era tutto vero) in una notte in cui sono spuntati fuori da una cancellata Enzo Vetrano e Stefano Randisi, valigia di cartone in pugno, a dire e ridire attorno a una panchina con disorientata bellezza le battute umanissime di Totò e Vicé, compendio per due soli attori-amici d' un testo di proiezioni fantasmatiche a più voci di Franco Scaldati, degli anni ' 90. Toccanti. Esilaranti. Un miracolo. Rodolfo Di Gianmarco, La Repubblica Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ 6 - 17 novembre 2013 Sala Grande Produzione Goldenart IL VISITATORE di Éric-Emmanuel Schmitt con Alessandro Haber, Alessio Boni, Francesco Bonomo musiche Arturo Annechino scene Carlo De Marino regia Valerio Binasco Ne Il visitatore ritroviamo la collaudata coppia HaberBoni, più volte ospite del nostro teatro, che si confronta con una commovente pièce di ÉricEmmanuel Schmitt, tradotta e rappresentata in 15 lingue e in oltre 25 paesi. Haber è Freud nel suo studio, dove irrompe un inaspettato visitatore. Siamo nell’aprile del 1938, l' Austria è stata da poco annessa di forza al Terzo Reich, Vienna è occupata dai nazisti, gli ebrei vengono perseguitati ovunque. In Berggstrasse 19, celeberrimo indirizzo dello studio del padre della psicoanalisi, Freud attende affranto notizie della figlia Anna, portata via da un ufficiale della Gestapo (Francesco Bonomo). Ma l'angosciata solitudine non dura molto: dalla finestra spunta infatti Il Visitatore (Alessio Boni) che fin da subito appare ben intenzionato a intavolare con Sigmund Freud una conversazione sui massimi sistemi. Il grande indagatore dell'inconscio è insieme infastidito e incuriosito. Chi è quell'importuno? Cosa vuole? È presto chiaro che quel curioso individuo in frac non è un ladro né uno psicopatico in cerca di assistenza. Chi è dunque? Stupefatto, Freud si rende conto fin dai primi scambi di battute di avere di fronte nientemeno che Dio, lo stesso Dio del quale ha sempre negato l'esistenza. O è un pazzo che si crede Dio? Freud ci crede e non ci crede; Dio, del resto, non è disposto a dare dimostrazioni di se stesso come se fosse un mago o un prestigiatore. Sullo sfondo, la sanguinaria tragedia del nazismo che porta Freud a formulare la domanda fatale: se Dio esiste, perché permette tutto ciò? Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom Non ci sarà spettacolo il giorno 8 novembre. Il 10 invece ci sarà anche lo spettacolo delle 18:00 Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41.50€ 6 - 24 novembre 2013 Sala 3 Produzione Teatro Franco Parenti in collaborazione con Associazione Pianoinbilico con il contributo di Casa Orban MARILYN da un’idea di Silvia Giulia Mendola testo di Cinzia Spanò con Silvia Giulia Mendola attrice e Lara Guidetti danzatrice trucco Raffaella Fiore con la collaborazione artistica per la creazione di Vanessa Korn regia di Chiara Petruzzelli e Silvia Giulia Mendola Se c’è un merito che più degli altri deve essere riconosciuto allo spettacolo è proprio quello di non aver intrappolato la più grande icona cinematografica di tutti i tempi in ovvi stereotipi. La drammaturgia di Cinzia Spanò, dà semplicemente voce a Marilyn, anzi a tante Marilyn. Accanto a lei, solo la figura di una ragazza che ricorda tanto la piccola Norma Jean Ma questa presenza discreta e silenziosa, che si esprime unicamente attraverso le bellissime coreografie, basta per trascinare Marilyn in un confronto feroce che le farà ripercorrere tutta la propria vita. Ogni emozione provata da Marilyn è gettata in faccia agli spettatori spaesati, increduli davanti alle mille personalità della diva. Gli amori impossibili, la solitudine, i rapporti superficiali , i sogni, la paura di non farcela, il desiderio di stabilità, un rapporto difficile con la propria madre..quanti di noi possono riconoscersi in questi aspetti dell’esistenza? Siamo andate alla ricerca di quei frammenti della vita di Marilyn - attraverso le biografie, i suoi scritti, le foto, le interviste - che più parlavano di noi, di noi donne di oggi. Festeggiare un compleanno - ispirate da quello di Mr. President - la data che si avvicina, il tempo che passa è la situazione che ci permette di raccontare una parte intima e nascosta della vita di qualunque donna. Chiara Petruzzelli - Silvia Giulia Mendola Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00 Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€ 12 - 24 novembre 2013 Sala AcomeA Produzione Teatri Uniti in collaborazione con la Fondazione del Teatro Stabile di Torino GIORNI FELICI di Samuel Beckett con Nicoletta Braschi, Roberto De Francesco regia Andrea Renzi Torna al Parenti dopo qualche anno Nicoletta Braschi con Giorni felici di Beckett (1961), uno dei momenti più alti del teatro novecentesco. Accanto a lei Roberto De Francesco già amato dal nostro pubblico nei recenti spettacoli Diario di Pazzo di Gogol e Le Operette Morali per la regia di Mario Martone In scena Winnie, sepolta fino alla vita in un cumulo di sabbia, e Willie, il marito. Mentre la sabbia ricopre inesorabilmente entrambi, Winnie chiacchiera senza sosta, in un’alternanza insensata di momenti che sono il cuore della straordinaria esplorazione beckettiana della vita, ai margini della follia. Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ Il giorno 13 novembre alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da Massimo Cacciari. 7,00€ senza spettacolo 3,00€ con spettacolo 14-15-16 novembre 2013 Sala Grande Produzione Teatro Franco Parenti L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA di Luigi Pirandello con Corrado Tedeschi e con Luca Bottale che si alterna con Claudio Moneta e con Roberta Petrozzi regia Marco Rampoldi Torna a grande richiesta lo spettacolo che ha debuttato nel 1999, ed è stato accolto subito da un consenso del pubblico talmente entusiastico, da spingere ad una serie continua di riprese, stagione dopo stagione, nella sede milanese e in tournée. La messa in scena è preceduta da una “lezione semiseria” a partire dal gioco per cui il protagonista, deve provare a due personaggi pirandelliani la propria capacità di interpretarli. Utilizzando i materiali tratti da Uno nessuno centomila, gli spettatori, coinvolti direttamente nel gioco (in sala, e, per alcuni, sul palcoscenico) vengono accompagnati dolcemente verso il clou della serata, in una sorta di training prespettacolare. E l’esperienza ha messo in luce come, quanto più la platea si diverte durante la prima parte dello spettacolo, tanto più segue con passione e commozione la straziante confessione del protagonista che, proprio perché vicino al termine della vita a causa dell’epitelioma, riesce a coglierne l’essenza più profonda. I motivi del successo sono molti: senz’altro la magistrale scrittura del maestro agrigentino, resa con estrema semplicità da una recitazione che sfugge da qualsiasi pirandellismo, nel protagonista e negli interpreti che lo accompagnano; la regia sospende tutta la vicenda in un limbo fra concretezza ed astrazione; sicuramente la curiosità da parte del pubblico di vedere un attore molto amato, all’epoca del debutto soprattutto per le sue frequentazioni televisive, ora anche per le sue acclamate interpretazioni teatrali intense e brillanti, in un ruolo inconsueto. Gio h 11:00 – ven e sab h 18:30 Prezzo gruppi 14,00€ anziché 33,50€ 19 - 20 novembre 2013 Sala Grande Produzione Teatro Franco Parenti – Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni IL PICCOLO PRINCIPE. In concerto di Antoine de Saint-Exupéry un’idea di Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco suoni di scena Rodolfo Rossi disegno luci Cesare Accetta Tra i più acclamati attori di teatro e cinema, Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni, coppia affiatata anche nella vita, presentano una sorprendente e coinvolgente lettura del capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry. Il Piccolo Principe. In concerto è una partitura vocale che diventa caleidoscopio di sperimentazioni sonore capaci di donare a questa fiaba una forza espressiva che ha dello straordinario. Questo spettacolo rappresenta l'occasione di confrontarsi ancora una volta con quello che Gifuni definisce «un mistero indecifrabile». «Questa favola l'ho scoperta da adulto e subito mi ha spiazzato - racconta l'attore - ho avuto l'impressione di trovarmi davanti a qualcosa di molto oscuro, profondamente dissonante. Un testo in codice che nasconde qualcos'altro, sempre imprendibile. Per superare questa sorta di disagio provo a giocare con le voci, attribuendo a ciascun carattere quelle di amici e colleghi che conosco bene, da Orazio Costa a Filippo Gili al regista Theo Terzopoulos...». «Per me, invece - aggiunge Sonia Bergamasco, il primo incontro è stato nell'adolescenza. Se allora il tratto che più mi colpiva era la malinconia, oggi è la sua apertura alla vita, nonostante il finale parli di un bambino che se ne va, che si dilegua nel cielo... Il Piccolo Principe non è più là, ma resta nei nostri cuori». … la rinuncia a un'ingombrante messinscena non penalizza certo, e anzi valorizza al massimo la loro prova di bravura… al centro di tutto ci sono i due interpreti, come strumenti perfettamente accordati. Attraverso la loro recitazione torna fuori all'improvviso l'emozione di fronte alla gamma di effetti che un attore riesce a evocare. Renato Palazzi, Il Sole24ore Tutti i giorni h 19:30 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ 19 - 20 novembre 2013 Sala Grande Produzione Teatro Franco Parenti KARÉNINA Prove aperte d’infelicità da Lev Tolstoj con Sonia Bergamasco regia di Giuseppe Bertolucci drammaturgia di Emanuele Trevi e Sonia Bergamasco disegno luci di Cesare Accetta Premio dell’ Associazione Nazionale dei Critici di Teatro a Sonia Bergamasco come migliore attrice 2012 Anna prima di diventare Karénina. Karénina prima di incontrare Tolstoj. Lo spettacolo –concepito e scritto da Emanuele Trevi e Sonia Bergamasco - non è né un adattamento teatrale, né una rilettura del grande capolavoro russo, ma un’esplorazione, un viaggio avvincente e curioso, stimolante e sorprendente, alla scoperta di una Anna Karénina primigenia, personaggio alla ricerca del suo autore, dagli appunti iniziali alla prima pubblicazione dell’opera, avvenuta nel 1877. Ecco un autentico caso di personaggio in cerca del suo autore. Anna non è un’invenzione, ma un’ossessione: un fantasma che si insedia nella mente di Tolstoj, lo costringe a interrogarsi sul suo significato, lo attira e lo respinge con l’ambivalenza tipica delle esperienze supreme. Non si tratta di “mettere in scena” un testo narrativo, ma di mostrarne la genesi, facendo risuonare tra loro tutte le testimonianze, a partire dai primi appunti disarticolati, per arrivare ad alcune sezioni particolarmente significative dell’opera compiuta. …Karenina è un congegno sofisticatissimo: si svolge in un buio intimo, intorno e su un pianoforte a coda, e vive sulla fisicità morbida di Sonia Bergamasco. A piedi nudi, un esile abitino, si dà con leggerezza, innocenza, forte di una sapiente tecnica vocale e musicale (suona anche il piano), guidata dal regista Giuseppe Bertolucci con la delicatezza di un cerimoniale. Un gioiellino: che restituisce allo spettatore sentimenti che si ripresentano a noi intatti. Anna Bandettini,La Repubblica Tutti i giorni h 21:15 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ 21 novembre - 1 dicembre 2013 Sala Grande Produzione Teatro Stabile di Calabria/ Teatro Quirino MISERIA E NOBILTÁ di Eduardo Scarpetta con Geppy Gleijeses, Lello Arena e Marianella Bargilli e con Gina Perna, Antonio Ferrante, Gino De Luca,Loredana Piedimonte, Antonietta D’Angelo, Vincenzo Leto, Jacopo Costantini, Silvia Zora, Francesco De Rosa regia Geppy Gleijeses Miseria e nobiltá è uno dei titoli più famosi della drammaturgia universale di tutti i tempi. Cavallo di battaglia dei più grandi attori napoletani (e non) del secolo scorso, viene presentato da noi, integralmente in italiano, in una edizione ricchissima di grandi interpreti, scene e costumi. Lo spettacolo si avvarrà di una riduzione di Geppy Gleijeses che farà tesoro del testo originale di Eduardo Scarpetta, dell’adattamento di Eduardo De Filippo e della sceneggiatura del film di Mario Mattoli con Totò. I tre sono reduci dal successo de Lo scarfalietto dello stesso autore e di A Santa Lucia di Raffaele Viviani. La commedia ha come protagonista Felice Sciosciammocca, celebre maschera di Eduardo Scarpetta, e la trama gira attorno all'amore del giovane nobile Eugenio per Gemma, figlia di Gaetano, un cuoco arricchito. Il ragazzo è però ostacolato dal padre, il marchese Favetti, che è contro il matrimonio del figlio per via del fatto che Gemma è la figlia di un cuoco. Eugenio si rivolge quindi allo scrivano Felice per trovare una soluzione. Felice e Pasquale, un altro spiantato, assieme alle rispettive famiglie, si introdurranno a casa del cuoco fingendosi i parenti nobili di Eugenio. La situazione si ingarbuglia poiché anche il vero Marchese Favetti è innamorato della ragazza, al punto di frequentarne la casa sotto le mentite spoglie di Don Bebè. Il figlio, scopertolo e minacciatolo di rivelare la verità, lo costringerà a dare il suo consenso per le nozze. Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15.30 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ 26 novembre - 1 dicembre 2013 Sala 3 Produzione Teatro Franco Parenti in collaborazione con Milano Teatro Scuola Paolo Grassi A.M.L.E.T. Anonymous Military Legione Enabled to Theatre testo di Gabriele Gerets Albanese regia di Alice Lutrario con Tomas Leardini, Carolina Leporatti, Daniele Nutolo e Daniele Pitari coordinamento Sofia Pelczer Specchio di una riflessione sull’attualità, A.M.L.E.T. (Anonymous Military Legion Enabled to Theatre) nasce dal tentativo di affrontare in modo paradossale ed allegorico il rapporto conflittuale che c’è tra chi esercita il potere e chi lo subisce. La storia è ambientata in un fantastico mondo Shakesperiano nel quale alcuni dei personaggi minori dell’Amleto, vivendo da secoli privi di un nome e di un’identità e stanchi dell’ingloriosa luce che riserva loro l’opera stessa, sequestrano e tengono in ostaggio il protagonista dei protagonisti: il Principe AMLETO. Il sequestro ha l’obbiettivo di rivendicare il diritto di ogni personaggio ad avere uno spazio dignitoso e sufficiente incisività all’interno dell’opera. A collaborare col nucleo armato dell’A.M.L.E.T. una figura insospettabile, soffocata anch’essa dall’opprimente popolarità dei protagonisti: OFELIA. Stanca di essere nota al mondo solo in quanto “donna di Amleto” ed ancora scottata dalla sua relazione con il principe, essa sposerà la causa dei minori e si rivelerà una pedina fondamentale per decidere le sorti del rapimento. Lo scontro fra protagonisti e personaggi minori, mediato dallo stesso Amleto, porterà ad un finale inaspettato. Costretti da un crescendo di tensione e di esasperazione i personaggi dovranno mettere in discussione quanto hanno fatto e creduto fino a quel momento, suggerendo agli spettatori uno spunto di riflessione su se stessi. A.M.L.E.T. è l’ansia di non arrivare fine mese, è la rabbia dei cassaintegrati e la sfiducia dei disoccupati plurilareati. E’ la fuga dei cervelli, delle braccia e delle idee. E’la frustrazione di chi ancora non si capacita che la qualità della propria vita dipenda strettamente dallo “SPREAD”, termine oscuro che fa pensare ad un superalcolico.E’ la determinazione di continuare a studiare anche senza un futuro garantito. E’ la consapevolezza di non poter comprare una casa o avere una pensione, la paura di mettere al mondo un figlio senza potergli dare delle prospettive. È il cruccio di chi vuole fare teatro e si domanda che storia ha senso raccontare, se raccontare ha un senso. E’ il desiderio di esistere e di agire, di trovare il proprio spazio nel mondo. Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00 Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€ 3 - 22 dicembre 2013 Sala AcomeA Produzione Artisti Riuniti FARÀ GIORNO commedia in due atti di Rosa A. Menduni e Roberto De Giorgi con Gianrico Tedeschi, Marianella Laszlo, Alberto Onofrietti scene Paola Comencini regia Piero Maccarinelli Con questo spettacolo Artisti Riuniti intende festeggiare i sessant’anni di presenza in scena del grande Gianrico Tedeschi. Quando Renato, vecchio partigiano e medaglia d’oro al valore della Resistenza, si trova sulla strada di Manuel, giovane bulletto di periferia con spiccate simpatie nazifasciste, il loro rapporto nasce già con tutte le caratteristiche dello scontro: Manuel, uscendo dal garage condominiale con una manovra scellerata, investe con l’auto Renato e "tratta" con lui un periodo di assistenza domiciliare solo per evitare una denuncia. Comincia così una sfida senza esclusione di colpi, anzi, una partita di poker a due che tra azzardi, bluff ed inganni assumerà poco per volta i contorni di un confronto tra due opposte visioni della vita e del senso della Storia. In questo percorso ora aspro e diffidente, ora scanzonato e ironico, la comune ricerca di umanità e di verità li aiuterà a vincere le rispettive diffidenze rivelando le proprie debolezze e paure: il bilancio di una vita intera per l’uno, la mancanza di prospettive per il futuro per l’altro. L’inaspettato e improvviso ritorno a casa di sua figlia Aurora è, per Renato, l'evento che riapre la strada a dolorosi ricordi, ma anche alla speranza di una riconciliazione in cui ormai non credeva quasi più: li hanno separati trent'anni di silenzio e di lontananza ma, ancora prima di questo, la scelta di vita di Aurora e la decisione più difficile che un padre possa prendere. Nell'ultimo e più importante confronto della sua vita, Renato si ritrova a trasmettere a due generazioni così diverse e distanti tra loro un’eredità che oggi sembra ormai dispersa, fatta dei più alti ideali di libertà e di responsabilità. Renato, Aurora e Manuel con le loro storie, le loro sconfitte, le loro illusioni e la loro voglia di riscatto sembrano diventare figure simboliche di un Paese che cerca di ritrovare il senso di sé. Il testo, pur affrontando alcune importanti contraddizioni della società italiana e non censurando i momenti di commozione, mantiene intatte tutte le caratteristiche della commedia, dotando i due protagonisti di grande personalità, disincantata ironia e dialoghi vivaci e brillanti. Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45 Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,40€ 4 - 15 dicembre 2013 Sala 3 Produzione Teatro Franco Parenti NIENTE PIÙ NIENTE AL MONDO di Massimo Carlotto con Annina Pedrini e Marina Occhionero regia e spazio scenico Fabio Cherstich luci Gigi Saccomandi costumi Sarah Grittini Doppia rivelazione in questo potente spettacolo: quella di un giovane talento della regia, Fabio Cherstich e quella della sorprendente interpretazione di Annina Pedrini. Niente più niente al mondo di Massimo Carlotto è una storia fulminante che non concede scampo; racconto in prima persona di una madre che ha appena ucciso la figlia. Nelle sue parole sfilano le immagini di una vita perduta, una vita come tante. Anche lei è stata ragazza, con sogni ed entusiasmi. Ha sposato un operaio metalmeccanico nella Torino degli anni Settanta, ha avuto una figlia e ha sognato un futuro diverso. Poi la vita, o l’ingiustizia di questo nostro sistema, ha ucciso ogni speranza. Disoccupazione per il marito, servizio a ore per lei nelle case dei più fortunati, una figlia che non segue le sue aspirazioni di farla diventare una velina, anche solo una prostituta, purché di lusso, fuori dalla miseria quotidiana, dal mondo dei perdenti. Come in un delirio, a volte grottesco, a volte straziante, ma mai patetico, la donna rievoca la propria storia e quella della sua famiglia, mentre snocciola un rosario di cifre, di prezzi, di marche di prodotti, di promozioni, di trasmissioni TV: tutto il suo universo “culturale” in cui la miseria spirituale è parallela a quella economica. Piccolo capolavoro di ordinaria follia… Un monologo per delitto che lascia annichiliti e che l'attrice Annina Pedrini porta in scena con maestria guidata dalla regia di Fabio Cherstich. Da non perdere. Tiziana Montrasio, Il Sole24 Ore Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00 Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€ 11 - 15 dicembre 2013 Sala Grande Produzione Teatro Stabile della Sardegna LUPI E PECORE di Aleksandr Ostrovskij con Corrado Giannetti, Paolo Meloni, Marco Spiga, Maria Grazia Sughi, Luigi Tontoranelli, Valeria Cocco, Mariagrazia Pompei regia Guido De Monticelli Humor nero, ritmi serrati e continui ribaltamenti di prospettive che coinvolgono abilmente lo spettatore nella messinscena di Guido De Monticelli del capolavoro di Aleksandr Ostrovskij, padre della grande drammaturgia russa. Ambientata, in un villaggio di provincia, lo spettacolo trae la sua vicenda da una cronaca giudiziaria del 1874. Allora la badessa del monastero di Serpuchov e presidente della comunità delle Sorelle della Misericordia venne citata dal tribunale di Mosca con l’accusa di falso ed estorsione. Operando un’infida circonvenzione ai danni di poveri sprovveduti, aveva ottenuto la firma di cambiali in bianco, in cambio di mendaci promesse garantite dal suo alto rango sociale. La badessa si era giustificata dichiarando che ciò che aveva commesso non era per utile personale, ma per sussidiare le istituzioni benefiche alle quali si era dedicata con imperiosa passione, smarrendo ogni cognizione di lecito e illecito. Questa è la vicenda a cui si ispira Ostrovskij, immergendola però in una girandola di piccole e grandi malversazioni in cui tutti i personaggi sono implicati, gli uni ai danni degli altri. Tutti o lupi o pecore, e tutti vivono per mangiare o essere mangiati. E i lupi e le pecore si inseguono scambiandosi vicendevolmente i ruoli. E, sembra dirci Ostrovskij, non vi sarebbero i lupi se non prosperassero le pecore. Solo l’arrivo nel villaggio del più evoluto e “per bene” dei personaggi, un intraprendente e affascinante uomo d’affari, in viaggio da Pietroburgo, mette fine a questa infinita spirale. Con un insieme di accorte e rapide mosse che contemplano anche la sistemazione di un paio di affari sentimentali, diviene proprietario dei grandi boschi dei dintorni che di lì a poco moltiplicheranno il loro valore per l’imminente arrivo della linea ferroviaria transiberiana. Poco prima un personaggio del villaggio si era rivolto a un altro dicendogli: «Scusate la domanda indiscreta. Avete mai saputo la differenza fra un’azione buona e una cattiva?» E lui aveva risposto: «Questa è filosofia: noi che ne sappiamo? Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ Il giorno 10 dicembre alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da Roberta De Monticelli 7,00€ senza spettacolo - 3,00€ con spettacolo 27 dicembre - 5 gennaio 2013 Sala Grande Produzione Promo Music – Corvino Meda Editore CABARET YIDDISH di e con Moni Ovadia violino Maurizio Deho - clarinetto Paola Rocca - fisarmonica Albert Florian Mihai - contrabbasso Luca Garlaschelli suono Mauro Pagiaro La personale forma di teatro musicale di Moni Ovadia, di cui lo Yiddish è la lingua e il Klezmer la musica, è nata sul palcoscenico del Parenti nel 1987 con Dalla sabbia dal tempo, ha trionfato nel ‘91 con Oylem Goylem e nel ‘95 con Dybbuk. Lo spettacolo è un'immersione nella lingua, nella musica e nella cultura Yiddish, in quell'inafferrabile miscuglio di tedesco, ebraico, polacco, russo, ucraino e romeno per raccontare la condizione universale dell'Ebreo errante, il suo essere senza patria sempre e comunque. Al centro di una scena nuda, riempita solo da quattro musicisti, il cantore inizia, senza troppi preamboli, la sua storia con un sorriso. Un sorriso antico ed esperto, di chi fin dall’alba dei tempi ha dovuto sfruttare l’ironia per far fronte alle proprie disgrazie e ha saputo riciclare aneddoti e storielle per forgiare una sagace oratoria in risposta al razzismo e alle calunnie. Proprio attraverso le singole «storielle» che accomunano per stereotipo ogni ebreo, Moni Ovadia è capace di far ridere il suo pubblico, ma al contempo di fare emergere quel fondo di verità tipicamente popolare per spiegare, restando sempre sul filo dell’ironia i cardini della cultura ebraica. Ho scelto di dimenticare la “filologia” per percorrere un’altra possibilità proclamando che questa musica trascende le sue coordinate spazio-temporali “scientificamente determinate” per parlarci delle lontananze dell’uomo, della sua anima ferita, dei suoi sentimenti assoluti, dei suoi rapporti con il mondo naturale e sociale, del suo essere “santo”, della sua possibilità di ergersi di fronte all’universo, debole ma sublime. Gli umili che hanno creato tutto ciò prima di poter diventare uomini liberi, sono stati depredati della loro cultura e trasformati in consumatori inebetiti ma sono comunque riusciti a lasciarci una chance postuma, una musica che si genera laddove la distanza fra cielo e terra ha la consistenza di una sottile membrana imenea che vibrando, magari solo per il tempo di una canzonetta, suggerisce, anche se è andata male, che forse siamo stati messi qui per qualcos’altro. Moni Ovadia Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30 ESCLUSO CAPODANNO Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ 7 - 12 gennaio 2014 Sala Grande Produzione 369gradi / PAV L’ORIGINE DEL MONDO spettacolo in 3 quadri con Daria Deflorian, Federica Santoro e Daniela Piperno scritto e diretto da Lucia Calamaro Premio Ubu 2012 Nuovo testo italiano o ricerca drammaturgica a Lucia Calamaro Miglior Attrice a Daria Deflorian Ex aequo- Miglior Attrice non protagonista a Federica Santoro Dopo il grande successo di critica e pubblcio, torna il caso teatrale della scorsa stagione per la prima volta sul palcoscenico della Sala Grande. L’Origine del mondo di Lucia Calamaro cattura e porta in un mondo fatto di azioni quotidiane e di paure, quello di una famiglia di donne con le loro ossessioni più profonde, momenti di disperata allegria e una lingua teatralissima e avvolgente. L’interno è la casa, dove vivono una madre e una figlia, dove arrivano altri personaggi della costellazione familiare, con intrusioni del “fantasma” di una psicanalista, di fronte a elettrodomestici simili a ingombranti, monumentali divinità e ad altri oggetti d’uso comune. Ma quell’interno è ancora di più un universo interiore, rovistato, messa in piazza, ferito, accarezzato. Con L'origine del mondo Lucia Calamaro, tra i più interessanti esponenti della drammaturgia italiana contemporanea, porta in scena una vera e propria commedia umana al femminile in quattro episodi, tre elettrodomestici e tre voci. Nella scena vuota e delicatamente pastello, poeticamente disegnata da Gianni Staropoli, il ventre domestico è definito, alternativamente, da un frigorifero, da una lavatrice, da una cucina a gas. La drammaturgia della Calamaro è una rivelazione, è una commedia all'italiana che studia gli scarti delle parole, i surrogati dell'amore, le noie cui si preferiscono le sofferenze. Un teatro culturalmente e ironicamente popolare. Rodolfo Di Giammarco, La Repubblica Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ 7 - 19 gennaio 2014 Sala 3 Produzione Teatro Franco Parenti/Il castello di Sancho Panza DUE PASSI SONO regia, testi ed interpretazione Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi scene e costumi Cinzia Muscolino luci Roberto Bonaventura Spettacolo Vincitore Premio Scenario per Ustica 2011 Spettacolo Vincitore Premio In-Box 2012 Due piccoli esseri umani, un uomo e una donna dalle fattezze ridotte, si ritrovano sul grande palco dell’esistenza, nascosti nel loro mistero di vita che li riduce dentro uno spazio sempre più stretto, dall’arredamento essenziale, stranamente deforme, alla stregua dell’immaginario dei bimbi in fase febbricitante. Attraversano le sezioni della loro tenera per quanto altrettanto terribile, goffa e grottesca vita/giornata condivisa. Sembrano essere chiusi dentro una scatoletta di metallo, asettica e sorda alle bellezze di cui sono potenziali portatori, ma un “balzo” – nonostante le gambe molli – aprirà la custodia del loro carillon. Fuoriescono vivendo il sogno della vera vita da cui non v’è più bisogno di sfuggire, ma solo vivere, con la grazia e l’incanto di chi ha imparato ad amare la fame, la malattia, dunque i limiti dello stare. Immagine-cripta sacra, surreale e festosa, quella del loro matrimonio lì dove, come in una giostra di suoni, colori e coriandoli, finiranno per scambiarsi meravigliosi propositi di poesia. Irresistibile. La storia vera di una malattia di cui lui ha sofferto, e per la quale lei lo ha assiduamente curato… Soltanto nel toccante finale si comprende l'enorme sforzo di entrambi per riconquistare una piena libertà dei sentimenti. E loro, fra ironia e tenerezza, sono bravissimi a mantenere questo clima sospeso, allusivo, mescolando un estro allucinato a una totale verità umana. Renato Palazzi,.myword.it Sono la personificazione di una poesia imbarazzante (e tenera, e all'occasione caustica)… Vanno spiati in qualunque minima espressione di un minimalismo petulante e divertente che non ha uguali. Non perdeteli. Diciamo davvero. Rodolfo Di Giammarco, La Repubblica Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00 Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€ 8 - 19 gennaio 2014 Sala AcomeA Produzione Teatro Segreto IL SOCCOMBENTE ovvero il mistero Glenn Gould di Thomas Bernhard riduzione dall’omonimo romanzo di Ruggero Cappuccio con Roberto Herlitzka e con Marina Sorrenti regia Nadia Baldi traduzione Renata Colorni Il Soccombente di Thomas Bernhard, ispirato dal genio di Glenn Gould, è considerato uno dei capolavori della letteratura mondiale del Novecento Sul palco lo straordinario carisma di Roberto Herlitzka, che torna al Parenti dopo il successo riscontrato con ExAmleto nella scorsa stagione. Il testo racconta di due giovani amici, Wertheimer e l’io narrante, dietro il quale si cela il desiderio di proiezione dello stesso scrittore, che raggiungono Salisburgo per frequentare un corso di perfezionamento pianistico tenuto da Horowitz. Nella città di Mozart, che li adesca e deprime, i due giovani incontrano e si legano ad un ragazzo singolare: Glenn Gould. Quando Wertheimer e l’Io narrante sentono suonare Gould, vengono travolti dalla piena di un trauma interiore che non concederà loro un solo attimo di pace per il resto della vita. I due virtuosi del pianoforte comprendono con chiarezza abbagliante che il loro amico canadese è un genio, peggio, una prova indiscutibile dell’esistenza di Dio. Il futuro dell’Io narrante e di Wertheimer è compromesso per sempre. Entrambi abbandonano gli studi pianistici ed entrambi subiscono il ricatto quotidiano della insostituibile bellezza della musica. Gli assalti della frustrazione, dell’ossessione, di una tagliente dimensione fobica che li magnetizza verso il pianoforte e da esso li allontana, creano un monumento dell’ambivalenza sentimentale che si concretizza come summa perfetta dei modernissimi crocevia psicoanalitici. …E infine, l’io narrante di Roberto Herlizka è semplicemente monumentale. Trascina giù i massimi sistemi del testo al livello di una parlata quotidiana che si innerva di un’ironia tranquilla e, perciò, tanto più gelida e destabilizzante; ma poi fa ancora di più, innesca un’autentica vertigine Enrico Fiore, Il Mattino Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45 Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,50€ Il giorno 9 gennaio alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da Quirino Principe. 7,00€ senza spettacolo 3,00€ con spettacolo 14 - 19 gennaio 2014 Sala Grande Coproduzione Associazione Teatro C/R – FattoreK – Olinda in collaborazione con Festival Castel dei Mondi di Andria 2012 TRE ATTI UNICI DA ANTON CECHOV ideazione e regia Roberto Rustioni drammaturgia Chiara Boscaro consulenza Fausto Malcovati con Antonio Gargiulo, Valentina Picello, Roberta Rovelli, Roberto Rustioni movimento coreografico Olimpia Fortuni regia Roberto Rustioni Roberto Rustioni parte dai tre vaudeville scritti da Anton Čechov in gioventù La domanda di matrimonio, L'orso, L’anniversario e attraverso una riscrittura drammaturgica tesa all'attualizzazione dell'autore classico indaga, riconducendo al presente, la tematica del rapporto uomo-donna. In queste operette semplici ed efficaci risuona già il teatro cechoviano più maturo e aprendo queste scatole comiche si scoprono immagini naturali, squarci di vita che si mostrano e si chiudono in un lampo. Nella scena minimalista due uomini e due donne, che incarnano tutti i personaggi dei tre atti, si avvicinano e si allontanano in un confronto irrequieto tra sessi. Nello spettacolo si vuole restituire lo sguardo delicato e ironico di Čechov sulle cose, sul mondo, su di noi, esseri umani gravati da un destino ridicolo. Roberto Rustioni Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ Il giorno 16 gennaio alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da Fausto Malcovati. 7,00€ senza spettacolo 3,00€ con spettacolo 22 gennaio - 2 febbraio 2014 Sala Grande Produzione Teatro Eliseo in collaborazione con Fuxia contesti d’immagine PRIMA DEL SILENZIO di Giuseppe Patroni Griffi con Leo Gullotta e con Eugenio Franceschini con le apparizioni di Sergio Mascherpa, Andrea Giuliano e con l’apparizione speciale di Paola Gassman regia Fabio Grossi Di Giuseppe Patroni Griffi, uno degli artisti più poliedrici del panorama italiano del secondo Novecento (narratore, drammaturgo, autore radiofonico, regista cinematografico e teatrale), Fabio Grossi mette in scena Prima del silenzio. Leo Gullotta affronta un testo delicato e intenso che fu scritto trent’anni fa per Romolo Valli; fu la sua ultima interpretazione prima di perdere la vita in un incidente stradale. Il protagonista è un intellettuale cinquantenne che si è lasciato alle spalle tutto, perfino le sue raffinate traduzioni di Elliot e le poesie che aveva composto, e che ora si rivolge a un Ragazzo, simbolo di zingaresca libertà. In un luogo velato di ricordi, emergono le ombre del passato: la Moglie elegante e stizzosa, il Figlio supponente, il Cameriere affezionato. Ma lui rifiuta tutto e tutti, non ha altro piacere che di restare a parlare a quel ragazzo al quale lo legano forze ambigue: l'amicizia, il sesso, l'amore e l'incomprensione generazionale. A trent’anni di distanza il testo continua a sedimentarsi in noi e farci porre domande: la drammatizzazione dell’incomunicabilità tra generazioni e la descrizione dei rapporti relazionali spesso contorti, sono temi quanto mai attuali e senza ancora soluzione data. Commedia e dramma al tempo stesso: un testo che rappresenta la forza riflessiva della parola, sia essa eloquio o silenzio. Samantha Biferale – Teatro.org Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30 Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,50€ 23 gennaio - 2 febbraio 2014 Sala AcomeA Produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia IL TORMENTO E L’ESTASI DI STEVE JOBS tratto da “The Agony and Ecstasy of Steve Jobs” di Mike Daisey traduzione e adattamento di Enrico Luttmann con Fulvio Falzarano video di Cristina Redini luci di Paolo Giovanazzi regia Giampiero Solari Steve Jobs: un’icona del XXI secolo. Il suo ingegno ha cambiato il mondo, nessuno è rimasto escluso dall’estetica e dagli agi della sua tecnologia. Di più: la sua utopia è stata determinante nell’immaginario collettivo. Basta pensare al suo celebre discorso agli allievi della Stanford University: «Siate affamati. Siate folli», esortazioni a non omologarsi, a osare, che dal 2005 continuano a rimbalzare sul web. Lo spettacolo, basato sull’inchiesta di Mike Daisey, «il Michael Moore del teatro», intreccia i successi di Jobs e della Apple, alle rivelazioni sul prezzo umano pagato per produrli. Da Shenzhen, in Cina, dove ha sede la Foxconn, provengono quasi tutti i gadget tecnologici che compriamo e dove il problema dei suicidi in serie degli operai, molti dei quali bambini, «ingranaggi umani» senza tutele né diritti, viene risolto installando reti sotto i capannoni. Con questo spettacolo il teatro continua a dimostrarsi luogo vivo, di riflessione, di scambio e denuncia strettamente legato alla contemporaneità. Grande prova d’attore per Fulvio Falzarano. Interessantissimo il testo, magnetico vederlo poi declinato nel linguaggio teatrale da Giampiero Solari. Erica Culiat, Il Messaggero Veneto Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45 Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€ 4 - 9 febbraio 2014 Sala Grande Produzione Emilia Romagna Teatro STUDIO SUL SIMPOSIO DI PLATONE drammaturgia Federico Bellini con Giulia Briata, Antonio Gargiulo, Eleonora Giovanardi, Leonardo Lidi, Annagaia Marchioro, Matthieu Pastore, Martina Polla, Filippo Quezel, Massimo Scola, Annamaria Troisi regia Andrea De Rosa È tra i dialoghi del filosofo Platone il più vertiginoso perché mette in tensione l’ordine della ragione con l’abisso della follia. ll Simposio, racconta di un convivio organizzato dal poeta Agatone per festeggiare la sua vittoria alla gara poetica delle Grandi Dionisie. Al banchetto prendono parte alcuni amici del poeta tra i quali Fedro, Aristofane e Socrate - che sono espressione delle varie forme artistico-culturali dell’Atene del V sec.a.C: personaggi quindi, ma al tempo stesso maschere che esprimono correnti di pensiero dell'epoca. Ognuno di loro pronuncia un elogio in onore del dio Eros; si susseguono così una serie di monologhi che culminano nel discorso di Socrate. Il tema del Simposio è quindi l’Amore, inteso come divinità e come passione, passione indagata nella sua accezione assoluta, eterosessuale ed omosessuale: ne traspare una visione profonda ed elaborata, ricca di sfaccettature e significati. Al centro di questo affascinante lavoro è la sessualità, il rapporto uomo donna, il piacere declinato ai nostri giorni fra nudità e giochi sessuali esibiti, tutto al suono di musica rock e pop perché, come dice una canzone dei Beatles «all you need is love». Proprio questa ricerca d'amore costi quel che costi è la vera ossessione contemporanea, quel demoniaco della vita che passa attraverso la donna. Donna che da subalterna, senza alcun diritto come era ai tempi del Simposio è spesso, oggi, oggetto del desiderio di un porno levigato ma non per questo meno crudele. Lo spettacolo di De Rosa non dà risposte, ma, grazie ai suoi giovani e bravi attori, ci e si pone interrogativi che ruotano attorno alla domanda delle domande che affascinò fra gli altri Platone, gli elisabettiani e molti pensatori e che intriga anche noi spettatori: come tornare a fare di due uno? Maria Grazia Gregori, l’Unità Lo spettacolo, aguzzo e pungente, sul filo di un sottile divertimento intellettuale, delinea un'inarrestabile decadenza dell'eros al tempo dello spread e degli antidepressivi, del «trionfo della coppia e dell'impotenza». Renato Palazzi, Il Sole 24 Ore Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ Il giorno 6 febbraio alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da Umberto Galimberti. 7,00€ senza spettacolo 3,00€ con spettacolo 6 - 16 febbraio 2014 Sala AcomeA Produzione Arena del Sole - Nuova Scena - Teatro Stabile di Bologna LA FONDAZIONE di Raffaello Baldini con Ivano Marescotti regia Valerio Binasco Il grande poeta romagnolo Raffaello Baldini prima di morire ha consegnato a Ivano Marescotti il suo ultimo testo, poi pubblicato presso Einaudi, dicendogli: «Fanne quello che credi». Marescotti, diretto da Valerio Binasco, onora questo prezioso lascito interpretando, il personaggio bizzarro che colleziona ossessivamente i più assurdi oggetti del passato preso dall'idea di dar vita a una Fondazione che tenga viva la memoria delle cose più sfuggenti. Questo personaggio, splendidamente velleitario e suo modo eroico, cerca così di imbrigliare la vita (e la morte) nel suo delirio apparentemente bislacco, ma profondissimo. La moglie lo ha mollato ma lui preferisce vivere tra la sua “roba” perché quella roba “è” la sua vita stessa. E quando quella “spazzatura” verrà buttata, anche lui seguirà la stessa sorte. La Fondazione è un testo straordinario e poiché, come scriveva Leo Longanesi, “i difetti degli altri somigliano troppo ai nostri”, riesce a farci ridere anche di noi stessi. Dietro la risata c’è la solitudine dell’Ultimo nastro di Krapp, il senso dell’esistenza come impresa inutile, come contorcimento. Con una nota sempre originale, una rancorosa fragilità affidata in testamento dall’autore all’interprete elettivo Marescotti: un caratterista molte volte pronto a sprecarsi, dalle antenne sensibilissime, sperduto come un vecchio zio di paese. Perfetta incarnazione dell’uomo “penultimo”, umoristico, mutante, disperato del poeta. Parecchi gli applausi alla prima. Più avari, però, di quanti ne meriterebbe questo lavoro, ispido sotto la maschera accattivante. Massimo Marino, Il Corriere della Sera Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45 Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,50€ 11 - 19 febbraio 2014 Sala Grande Produzione 369gradi e Lungta Film - in collaborazione con Teatro di Roma Giulio Cesare di William Shakespeare Giandomenico Cupaiuolo, Roberto Manzi, Ersilia Lombardo, Lucas Waldem Zanforlini, Livia Castiglioni, Gabriele Portoghese regia di Andrea Baracco Spettacolo selezionato per rappresentare l’Italia al Festival Globe to Globe per le celebrazioni delle Olimpiadi di Londra 2012 Nel Giulio Cesare Shakespeare mette in scena una società in via di estinzione,una società colta esattamente nell’attimo terminale del proprio crollo, una società vittima del suo fallimento intellettuale, spirituale e politico. La Roma disegnata da Shakespeare è una città che vive sotto un cielo di piombo, sotto l’ombra di un’ingombrante corona di ferro, una città di silenzi che si fanno culla di improvvisi rumori assordanti; è una Roma dove si sentono scrocchiare mandibole e strofinare violentemente mani l’una contro l’altra, in cui i corpi, sfiorandosi, producono sordi suoni di lamiera; è una Roma nascosta e privata che si raccoglie alla luce di una lampadina per produrre, poi, squarci e profonde ferite nei luoghi pubblici. Il senso ultimo del testo di Shakespeare non è incentrato né sulla figura di Giulio Cesare (che infatti l’autore fa morire a metà del III atto) né tantomeno su quella dei suoi assassini, né su un episodio della storia romana, ma pone l’accento sulla violenza in quanto tale e sulla sua origine, una violenza non controllata, che nasce dall’incertezza, dalla precarietà, dalla crisi, una violenza che si manifesta sia attraverso le scelte e quindi poi le conseguenti azioni di uomini “illuminati” e pubblici, sia attraverso le reazioni umorali di una folla inferocita e liquida;è questa violenza a dare all’opera la sua unità. Shakespeare sembra suggerirci che la violenza incondizionata è l’unico strumento che la collettività è in grado di utilizzare per uscire dalle proprie crisi, dai propri disequilibri e crolli nervosi; aggregarsi per commettere delitti e assassinii contro colui o coloro che vengono, a torto o a ragione, reputati i responsabili della crisi stessa. Siamo davvero certi che l’antico meccanismo del “capro espiatorio” sia soltanto un lontano ricordo dalle società arcaiche? Andrea Baracco Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30 Prezzi gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,50€ Il giorno 13 febbraio alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da Luciano Canfora. 7,00€ senza spettacolo 3,00€ con spettacolo 11 febbraio - 2 marzo 2014 Sala 3 Produzione Teatro Franco Parenti/la Danza Immobile in collaborazione con Associazione PianoInBilico L’INQUILINO di Fabio Banfo con Cinzia Spanò, Silvia Giulia Mendola e Alberto Onofrietti, Corrado Accordino, Silvia Giulia Amendola regia Silvia Giulia Amendola Non ci si può permettere una casa tutta per sé e si affitta un bilocale in condivisione. Parte da una realtà che riguarda molte giovani coppie, la nuova commedia di Fabio Banfo. L’insinuarsi di un agente immobiliare nella vita della coppia protagonista dello spettacolo e l’arrivo di una coinquilina metteranno in crisi vita, ambizioni, speranze, da una parte l'amore ideale e dall'altra il sogno di una famiglia e di una casa. Fabio Banfo è attore, regista, autore, fa parte del Teatro dei Sensibili di Guido Ceronetti, nel 2010 si è classificato terzo al Premio Internazionale di Poesia “Mario Luzi” e ha messo in scena Rigoletto per il Teatro Regio di Torino. Una commedia che cela il dramma del fragile equilibrio dei giovani, alla ricerca di una vita normale, di una famiglia, di una casa. Dopo la morte del fratello, a cui era ossessivamente legata, Emma, strana, inafferrabile e in preda ad un dolore che la rende feroce, si trasferisce nella casa in cui lui abitava con il suo coinquilino Luca, rompendo il già fragile equilibrio tra questi e la sua compagna, a loro volta alla ricerca di una casa. Tra i tre, un agente immobiliare. Tra intese, contrasti e morbosità, lo spettacolo, nuova produzione del Teatro Franco Parenti, è uno spaccato sulla necessità delle giovani generazioni di adattarsi alla mera contingenza. Fabio Banfo Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00 Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€ 19 febbraio - 2 marzo 2014 Sala AcomeA Produzione Teatro Franco Parenti “L’Affaire Moro” Liberamente tratto da Leonardo Sciascia testo e regia di Roberto Trifirò con Roberto Trifirò e Alessandro Tedeschi scene e costumi di Barbara Petrecca “L’affaire Moro”, mi ha spronato nell’intento di tradurre in scrittura scenica le stazioni della prigionia dell’uomo politico di Maglie, allora Presidente della Democrazia Cristiana, nell’arco di tempo relativo ai convulsi giorni del suo sequestro, avvenuto per mano delle Brigate Rosse. Ho immaginato, nella desolazione di uno spazio che rimanda a Beckettland, o a una stanza pinteriana, il consumarsi delle azioni di due personaggi, Morald, il Prigioniero, e Moret, il Carceriere, i quali tra crude realtà, fedele ricostruzione storica, lettere, sogni shakespeariani, coesistono e si confrontano, vivendo seppur da opposti versanti, un’attesa spasmodica, nella speranza di una mediazione, di un dialogo con le massime autorità dello Stato, che mai arriverà. Questa Attesa, così simile e così diversa, sembra accumunarli e costringerli, attraverso tortuosi percorsi e metodici rituali quotidiani, in particolare quello del cibo, che si susseguono nella loro paradossale continuità, a contare insieme, nel deserto della non-azione, i minuti che li separano dal baratro: Morald, il Prigioniero di una liberazione che mai arriverà, Moret, il Carceriere, di un riconoscimento, di un titolo di avversario politico da parte dello Stato che mai arriverà. Alla dura realtà dell’isolamento, alla pena, alla forzata inerzia, che ci riporta talvolta a Belacqua e al Purgatorio dantesco, nei pensieri di Morald, il Prigioniero, irrompono a tratti, come inserti subliminali, popolando l’angusta detenzione, i versi rubati al dramma storico shakespeariano che più incarna il peccato originale della politica, il Riccardo II. Il destino di Morald, il Prigioniero, si accosta così a quello del re deposto e ai suoi mirabili soliloqui intrisi di dolore e rimpianto, nella metafora di una teatrale forza immaginifica che vorrebbe incarnare una speranza di pace e modificare la memoria della storia, ma che deve ineluttabilmente piegarsi alla volontà dei fatti. Roberto Trifirò Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45 Prezzo gruppi 14,00€ anziché 33,50€ 20 - 23 febbraio 2014 Sala Grande Produzione Nuovo Teatro s.r.l. UNA PICCOLA IMPRESA MERIDIONALE BIS di Rocco Papaleo e Valter Lupo con Rocco Papaleo e con Francesco Accardo(chitarra), Jerry Accardo(percussioni), Pericle Odierna(fiati), Guerino Rondolone(contrabbasso), Arturo Valiante (pianoforte) regia di Valter Lupo Dopo Basilicata coast to coast, Rocco Papaleo torna a raccontarci il Sud, il suo Meridione, visto con gli occhi di chi ha lasciato la sua terra senza mai dimenticarla o, peggio, rinnegarla. Dai laureati, passando per Sanremo, Papaleo è diventato personaggio positivo a tutto tondo, familiare, accogliente, mai invadente. Canta, e anche bene, con enfasi, vigore e passione. Questa Piccola impresa meridionale bis è teatro-canzone di stampo gaberiano, parole e musica che s’intrecciano in un unico racconto: storie buffe e ridicole come romantiche e poetiche “perché la gente ha bisogno di commuoversi”. Le persone sono viaggi, alcuni brevi, ma non meno importanti, altri lunghi, difficili, avventurosi e tortuosi. Un esperimento di teatro canzone, come un diario da sfogliare a caso, che raccoglie pensieri di giorni differenti. Brevi annotazioni, rime lasciate a metà, parole che cercavano una musica, storielle divertenti o che tali mi appaiono nel rileggerle ora. Non è che un diario racchiuda una vita, ma di certo, dentro, trovi cose che ti appartengono, e nel mio caso l’azzardo che su alcune di quelle pagine valesse la pena di farci orecchiette, per riaprirle ogni sera a chi ha voglia di ascoltare. Fin qui, il senso della piccola impresa. A renderla meridionale, ci pensa l’anagrafe, mia e della band che tiene il tempo. Ma sarebbe meglio dire, il controtempo, visto che il sud, di solito, scorre a un ritmo diverso. La questione meridionale in fondo è tutta qui: uno scarto di fuso orario, un jet lag della contemporaneità che spesso intorpidisce le nostre ambizioni. Del corpo sociale, siamo gli arti periferici, dita e unghie. Il cuore pulsante batte altrove, mentre a noi, tutt’al più spetta la manicure. Dunque, un teatro a portata di mano, col desiderio, a ben vedere, solo di stringerne altre. Rocco Papaleo Gio-ven-sab 20:45 – dom h 15:30 Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,50€ 25 febbraio - 9 marzo2014 Sala Grande Produzione Teatro Franco Parenti/Teatro Stabile dell’Umbria Il DON GIOVANNI Vivere è un abuso, mai un diritto di e con Filippo Timi e con Umberto Petranca, Alexandr Styker, Lucia Mascino, Marina Rocco, Elena Lietti, Roberto Laureri, Matteo De Blasio , Fulvio Accogli regia e scena Filippo Timi luci Gigi Saccomandi costumi Fabio Zambernardi in collaborazione con Lawrence Steele Con il Don Giovanni, Filippo Timi, scrittore, regista, scenografo e attore, si conferma quel completo e complesso uomo di teatro ed eccezionale talento, capace di creare, in oltre un mese di tutto esaurito, un’empatia con il pubblico, come mai si è vista su un palcoscenico e che porterà per cinque mesi in tutta Italia. Il Don Giovanni conosce la sua fine, è solo questione di rincorsa. Don Giovanni è l’umanità volubile e insaziabile, l’umanità finalmente priva di quelle morali colpevoli dell’assurdo destino verso cui stiamo precipitando. E la colpa non è certo della storia, o di tutti quei Cristi che c’hanno professato amore, ma la nostra: la fame di potere insita nell’uomo, nessuno escluso, la fame di resistere, di mistificare, di ingannarsi piuttosto che sopravvivere. Meglio morire da idioti ma tutti insieme che svegliarsi e di colpo comprendere l’errore? Evidentemente si. Ma stavolta l’evidenza lascerà una firma sanguinaria, una firma così profonda da spazzare via l’intera umanità. Don Giovanni è un’intera Storia dell’umanità che muore. Finalmente, dopo la sua rincorsa, dopo millenni di fame, eccolo pagare il conto. Non c’è scampo: se neppure un’umanità sveglia e godereccia, fuori dalle regole e concentrata sul piacere come Don Giovanni, non può esimersi dal suo più importante appuntamento con la morte, allora, neppure noi possiamo più far finta di nulla. Filippo Timi C’è e palpita nel nitore della scena popolata da oggetti surreali, illuminata come una grand opéra dalle luci bellissime, nei colori rutilanti dei costumi che scelgono una favolosa dismisura, qualcosa di angosciosamente nostro che filtra dentro i racconti di amori impossibili, di incesti, nel culto esibito del corpo: il rifiuto della morte. Maria Grazia Gregori, L’Unità Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30 Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,50€ 5 - 16 marzo 2014 Sala AcomeA Produzione Casa degli Alfieri IDENTITÀ di e con Marco Baliani e Maria Maglietta aiuto regia Barbara Roganti luci Emiliano Curà fonica e luci Dario Alberici consulenza musicale Mirto Baliani consulenza scientifica Enrico Febbo Si ringrazia il Teatro delle Briciole per il sostegno al progetto Identità è il tema scelto da Marco Baliani, per uno spettacolo che attinge da testi di celebri autori che hanno già affrontato da diverse angolazioni l'argomento dell'identità religiosa, etnica, sessuale, nazionale, genetica, biologica. L'attore-autore esplora la complessità dell'argomento attraverso varie forme espressive, dal monologo alla poesia, dalla narrazione al dialogo. Tutto nasce nel momento in cui un uomo percorre la strada di una città per andare a denunciare lo smarrimento della carta d'identità. Durante il tragitto avvengono incontri che innescano pensieri, digressioni, metafore e racconti. Un flusso monologante che ruota continuamente intorno alla parola chiave Identità. Dalla modernità in poi, questa parola è stata esaltata o negata, piegandosi ad essere di volta in volta una classificazione burocratica, una schedatura poliziesca, un valore per cui lottare, una richiesta di riconoscimento, un’ affermazione religiosa, etnica, ideologica. Identità tenta di toccare qualcuno di questi “territori”, come può fare il teatro, mettendo in scena conflitti, facendo domande, senza dare soluzioni univoche, riflettendo su come questa parola si presti ad essere relativizzata e modificata a seconda dei contesti. Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ 5 - 23 marzo 2014 Sala 3 Produzione Teatro Franco Parenti in collaborazione con Jacovacci e Busasca PEPERONI DIFFICILI (la verità chiede di essere conosciuta) di Rosario Lisma con Anna Della Rosa, Ugo Giacomazzi, Rosario Lisma, Andrea Narsi luci Luigi Biondi musiche Gipo Gurrado scene e costumi Eleonora Rossi regia Rosario Lisma Pluripremiata per le sue interpretazioni, fra cui Premio Duse e Olimpici del Teatro, Anna Della Rosa è una delle grandi giovani interpreti del teatro italiano. Protagonista femminile della Trilogia della villeggiatura di Goldoni con la regia di Servillo che ha girato il mondo per tre stagioni, ha successivamente interpretato al Piccolo Teatro Blackbird, di D. Harrower, per la regia di Lluís Pasqual e La clòture de l’amour di P. Rambert, per ERT. Peperoni difficili narra la storia di Giovanni, giovane parroco di provincia, che riceve la visita inaspettata della sorella, Maria, volontaria in Africa costretta a fuggire per le persecuzioni dei guerriglieri locali. La ragazza, così perfetta da insospettire, si stabilisce così dal fratello. Sarà organizzata per il suo arrivo una cena di benvenuto anche con Filippo, bidello e allenatore della squadretta parrocchiale, cacciato di casa dalla moglie crudele di cui è ancora innamorato e Pietro, fratello di Filippo, bancario, colto, brillante e spastico, ma stranamente inconsapevole della propria malattia e anzi molto sicuro di sé. Alla cena Pietro, che ha evidenti disfunzioni motorie, rovescia a terra tutti i “peperoni difficili”, ricetta africana molto laboriosa, preparata da Maria. Ma la serata si svolge comunque serenamente fino a un’accesa disputa teologica tra Giovanni e Pietro a cui metterà fine un incantevole intervento di Maria sulla priorità del concetto di Verità. La sera successiva Pietro uscirà con Maria di cui si è innamorato perdutamente. Giovanni e Filippo aspettano fino a tarda notte il loro rientro per sapere com’è andata. Pietro tutto bagnato di pioggia confiderà poi a Giovanni che Maria lo ha dolcemente respinto poiché spastico. E, sorpreso, chiede all’amico: - Ma perché? Si vede? Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00 Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€ 11 - 19 marzo 2014 Foyer Emilia Romagna Teatro Fondazione in collaborazione con Associazione Strutture Primarie SONO SOLTANTO ANIMALI di Luciano Colavero e Federico Olivetti con Antonio Tintis sculture, costumi e spazio scenico Alberto Favretto luci Anna Maria Baldini regia Luciano Colavero Sono soltanto animali mette in discussione concetti tradizionalmente legati alla Shoah quali l’eccezionalità di Auschwitz, il diritto di parlare di cose che non abbiamo vissuto e il rapporto tra obbedienza e responsabilità, per cercare di trasformare la memoria storica in uno strumento di orientamento concreto dell’azione nel presente. Lo spettacolo, che prende a prestito il titolo da una frase del filosofo tedesco Theodor Adorno, è uno zapping tra 24 frammenti divisi in 6 voci. Una polifonia per voce sola, composta per indagare l’uomo di fronte alla responsabilità delle proprie azioni, per far entrare in collisione le idee e generare nuovo senso. Il lavoro è partito dalle testimonianze dei sopravvissuti, dai diari delle vittime, dai documenti dei processi, dalle dichiarazioni dei comandanti, dalle interviste rilasciate da chi non si è mosso dal ruolo di Spettatore. Questi materiali sono stati da noi rielaborati liberamente, per metterli in comunicazione con il nostro presente, per fare in modo che le schegge di Storia da noi raccolte potessero aiutarci a trovare una risposta alle domande che ci pone ogni giorno la realtà, deformata e parziale, che riceviamo dai media e dai nostri stessi occhi. Lavorando in questo modo, prendendo progressivamente coscienza della distanza e della prossimità tra il presente e il passato, ci siamo resi conto di quanto avesse ragione Bauman affermando che l’Olocausto non è stato altro che un raro, ma tuttavia significativo e affidabile, test delle possibilità occulte insite nella società moderna. Auschwitz non è stata un’eccezione, prendiamone atto. Luciano Colavero Lun 19:30 – da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30 Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€ 25 marzo - 6 aprile 2014 Sala Grande Produzione Teatro Franco Parenti GLI INNAMORATI di Carlo Goldoni scene di Gian Maurizio Fercioni luci di Gigi Saccomandi con Matteo De Blasio, Roberto Laureri, Elena Lietti, Alberto Mancioppi, Umberto Petranca, Marina Rocco, Roberta Rovelli regia di Andrée Ruth Shammah Andrée Ruth Shammah, dopo aver esplorato le strade non battute della drammaturgia contemporanea italiana allestendo nelle ultime stagioni i lavori di Sgorbani, Cavosi, Tarantino e Trevisan, riprende il suo percorso di ricerca sui classici affrontando con la nuova compagnia del Teatro Franco Parenti Gli innamorati di Carlo Goldoni. La regista, dopo La locandiera e Sior Todero Brontolon torna così a interrogare l’autore con la sensibilità di oggi, ma nel rispetto della lingua e della struttura originale. Gli innamorati, macchina inesorabile adatta alla giovane compagnia di interpreti che reduci dal successo del Don Giovanni di Filippo Timi, dove hanno dimostrato una forte carica teatrale, verranno messi alla prova su un testo dove tormentarsi per amore ed essere poi incapaci di amare diventa lo specchio di un oggi fortemente nevrotico dove cinismo e romanticismo si mischiano e si intrecciano. La storia è quella di due giovani, Eugenia e Fulgenzio, che per essere l’uno dell’altro troppo innamorati, finiscono per tormentarsi benché niente si opponga al loro amore. Dalla diatriba tra i due si scatena una tensione vibrante che attraversa tutti i personaggi protagonisti della storia e fa si che agli occhi del pubblico risultino cosi umani da essere vicini alla nostra sensibilità. Tanto che si può parlare di una commedia moderna, dove l’amore si manifesta attraverso gelosie, musi lunghi per ogni minima ombra, puerili ripicche, arrabbiature, scene di disperazione, clamorose rotture, seguiti da pentimenti, suppliche e solenni giuramenti che intrappolano il pubblico in un intreccio dove si ride non solo dei personaggi ma anche della proiezione inevitabile che ognuno di noi può fare all’interno delle dinamiche amorose che Goldoni ha saputo orchestrare con acume e infinita umanità in questo testo straordinariamente contemporaneo. Andrée Ruth Shammah Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ Il giorno 2 aprile alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da Massimo Recalcati. 7,00€ senza spettacolo 3,00€ con spettacolo 25 marzo - 6 aprile 2014 Sala 3 Produzione PianoInBilico SACCARINA da un’idea di Silvia Giulia Mendola testo di Davide Carnevali diretto e interpretato da Silvia Giulia Mendola, Fabrizio Martorelli, Alberto Onofrietti Testo finalista nell'edizione 2007 del Premio Riccione per il Teatro. In una Milano poco attraente, due attori poco capaci e un cane poco fedele, sotto la guida di un produttore poco raccomandabile, seguendo le indicazioni di un autore poco presente, preparano la registrazione della puntata pilota di una fiction poco appetibile. Credendo ancora nella possibilità di un lavoro giustamente retribuito, sognano una città migliore che dia loro la possibilità di condurre una vita decente. Ma è un sogno che resta un sogno, perché vivono nella città dell'edilizia e della moda, della televisione e dell'Expo. In un mondo insoddisfacente, disobbedienza e menzogna, per necessità o per virtù, stanno alla base dei rapporti personali, fanno da motore all’azione, e danno i loro buoni frutti. Alla fine, dei quattro personaggi almeno la metà raggiunge il suo intento. Ma chi? Questa è una vecchia storia. Una storia vecchia come il mondo. Che curiosamente resta sempre attuale. È la storia di come il desiderio di potere corrompe l'uomo. E di come l'uomo si lasci corrompere facilmente. Soprattutto se l'ambiente in cui vive non solo lo accetta, ma lo esige. Una storia, in fin dei conti, di sopravvivenza. La scrittura di Carnevali acquista la forza dell’estemporaneo, fonda una drammaturgia d’improvvisazione; definizione che non è per forza un controsenso oggi: se prima il teatro senza copione improvvisava, inventava scenette illusorie, narrava vicende leggendarie, mascherava i personaggi, il teatro di Carnevali, al contrario, è stesura del reale visibile, immagine del particolare contingente pescato dall’elenco degli eventi del giorno, quelli extra-teatrali condivisi dal pubblico. Materia umana, insomma, ricalcata nella forma più praticata, quella parlata, istintiva e sgrammaticata. Ecco perché non ci sono temi, tesi, teorie, ma fatti; più banalità che concetti dichiarati; più meschinità e ipocrisie che schiettezza. Ecco perché capita di trovare in Saccarina atteggiamenti e passioni morbose, frenesie diventate costume, perversioni di tendenza, stranezze come prassi. In questo senso, Saccarina è uno di quei quadri naturalisti esempi di patologia sociale, presi dalla miseria del proletariato urbano. Rodolfo Di Giammarco Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00 Prezzo gruppi 14,00€ anzichè 26,50€ 15-17 aprile 2014 Sala Grande Produzione Bananas s.r.l. PARADOSSI E PARASTINCHI Crisi, separazione, guerra, morte e altre storie a lieto fine Di e con Corrado Nuzzo e Maria Di Biase Regia di Massimo Navone “La scienza studia i pazzi, noi indaghiamo i disastri che fanno le persone normali”. E’ sull’ osservazione della normalità che Nuzzo e De Biase hanno negli anni costruito il loro mondo surreale, che mette in scena situazioni con una forte carica d’ironia e autoironia, un farneticante furore barocco e uno sregolato umorismo divertente e allarmante allo stesso tempo. Coppia che spazia dal teatro comico a quello drammatico, alla tv (Zelig, i programmi della Gialappa, Bulldozer), alla radio, in Paradossi e parastinchi Corrado e Maria inneggiano all’apoteosi della banalità e si scusano fin da subito con gli spettatori se lo spettacolo, tra conflitti di coppia, tradimenti, amori impossibili, insoddisfazioni personali, sedute psicologiche, mutui inaccessibili, recessione, cultura allo sbando e fede che vacilla, dovesse suscitare, oltre che tante risate, anche qualche intelligente riflessione. Mar e gio h 20:45 – mer h 19:30 Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€ 6 - 18 maggio 2014 Sala 3 Produzione Egumteatro, Armunia/Festival Inequilibrio Castiglioncello in collaborazione con La città del Teatro di Cascina sostenuto da Regione Toscana-Sistema Regionale dello Spettacolo BELLAS MARIPOSAS Musica di parole per amore e per rabbia. da Sergio Atzeni con Monica Demuru regia Annalisa Bianco Bella mariposa è la protagonista narratrice, una farfallina di dodici anni che vive nell’ambiente socialmente e moralmente degradato della periferia di Cagliari e lo fotografa con intelligenza smaliziata e desideri espliciti e diretti. Miti sottoproletari metropolitani: microcriminalità, droga e sessualità spiccia vissute come normalità ma giudicate con feroce lucidità, sarcasmo e spesso disprezzo da questa farfallina che su un tale mondo svolazza e mira in alto, verso l’Amore, l’Amicizia ed un futuro di realizzazione personale. Una farfallina che vuole diventare rockstar ed ha una solidissima fiducia in se stessa. L'ultimo racconto scritto dal giovane Sergio Atzeni, Bellas mariposas, esce postumo nel 1996 ed è caratterizzato da un fondamentale legame con la musica, intesa come sostrato ritmico ed emotivo della scrittura e di questi personalissimi sguardi sul mondo. Scrittura intesa sia come racconto che come voce, espressione della sensibilità e dell’intelligenza umana. Parole che camminano sui suoni della musica e viceversa, emozioni che si generano nell’incontro tra quel vuoto di significato che è la musica e quel pieno che è il racconto. Come quando ascoltando la musica guardiamo la realtà intorno a noi e tutto viene ridisegnato, tutto si compone e trova senso. Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00 Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€ 15-17 maggio 2014 Sala Grande Produzione Quelli di Grock Rapporto con i teatri milanesi IL BARBIERE DI SIVIGLIA liberamente tratto dall’omonima commedia di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais con Fabrizio Bianchi, Matteo De Blasio, Paola Galassi, Lidia Piraino, Natalia Sangiorgio, Daniele Turconi musiche originali Gipo Gurrado e Lucio Sagone scene e costumi Maria Chiara Vitali assistente Letizia Bodini, Krishna Oldrini, Monia Manuello luci Monica Gorla regia Susanna Baccari, Claudio Orlandini Soggetto e protagonista dell’azione, il giovane conte Almaviva che cerca di strappare all’oppositore Bartolo la sua pupilla Rosina; l’impresa sarà condotta a termine grazie all’intervento di Figaro, l’aiutante del conte, erede di una tradizione di servi astuti e intriganti che risale alla commedia classica. La commedia è interamente ed esclusivamente determinata dalla dialettica tra le astuzie dei giovani e quelle di Bartolo, tra gli attacchi dei primi e la difesa del secondo che alla fine soccombe… Giocando, rompendo, scherzando e spiazzando. Così, a sorpresa, siamo entrati nell’opera: con il piede sinistro, spostando continuamente la rotta, stonando la battuta ma intonando il cuore all’opera. In bilico tra farsa e poesia, raccontando la trama di una storia antica come il mondo, quella di un vecchio ingannato dalla giovinezza e dall’amore. Figaro, meglio conosciuto come il barbiere di Siviglia, è il personaggio che farà da collante allo svolgersi dell’intreccio amoroso. Ma chi è chi e chi fa cosa non è rilevante nella messa in scena, tutto è a vista: il teatro succede lì in quel presente e passa dalla libertà dell’attore al cambio di ruolo volutamente svelato, dall’errore scelto all’inciampo voluto. Rimbalzano i personaggi, rimbalzano gli attori, e rimbalzano, speriamo, anche gli spettatori, a guardare sei giovani promesse per noi davvero brave… bravissime! Susanna Baccari, Claudio Orlandini Tutti i giorni h 20:45 Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€