22 ottobre - 3 novembre 2013
Sala Grande
Produzione Casanova Multimedia
IL DISCORSO DEL RE
di David Seidler
con Luca Barbareschi e Filippo Dini
e con Ruggero Cara, Chiara Claudi, Roberto Mantovani, Astrid Meloni,
Giancarlo Previati, Mauro Santopietro
regia di Luca Barbareschi
Finalmente a Milano, esaltato da pubblico e
critica, lo spettacolo tratto dal capolavoro dello
sceneggiatore premio Oscar 2011 David
Seidler, nato per il teatro ma trasformato, nel
2010, in una pluripremiata pellicola diretta da
Tom Hooper.
Una commedia umana, in perfetto equilibrio
tra toni drammatici e leggerezze,che vede nei
panni del logopedista Lionel Logue, Luca
Barbareschi affiancato da Filippo Dini nel ruolo
di Giorgio VI.
Ambientata in una Londra a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, Il discorso del
Re si concentra sulle vicende di Albert, secondogenito del Re Giorgio V, che
nel 1937 sale al trono con il nome di Giorgio VI.
Albert portava con sé un fardello di costrizioni infantili e un'insicurezza
espressa dall’evidente balbuzie, ragione per cui viene portato da diversi
dottori fino ad arrivare al logopedista australiano Logue, uomo dai metodi
eccentrici e anticonformisti che riuscirà nell’intento di insegnare al Duca di
York, come superare l’incubo di parlare in pubblico.
Ho sempre avuto un rapporto proficuo con la drammaturgia inglese e
americana e conoscevo il testo di Seidler prima del film. Il successo del film
ha fatto da traino alla messa in scena. Peraltro questo è uno spettacolo dalle
molte valenze, che fa ridere e fa piangere, che mette al centro la parola, il
verbo, un valore che abbiamo perso, sommersi come siamo dalle immagini.
Il testo è una metafora molto bella del teatro, del potere della
rappresentazione: Logue non è un logopedista, ma un attore, anzi un ex
attore, un fallito di grande cuore, aiuta il re a smettere di avere paura senza
nessun tornaconto personale politico.
Luca Barbareschi
Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50/41,50€
24 ottobre - 3 novembre 2013
Sala AcomeA
Produzione Marioletta Bideri per Bis Tremila
BENIAMINO
di Steve J. Spears
con Ennio Fantastichini
voce al telefono Pino Tufillaro
regia Giancarlo Sepe
Comicità e dramma in un testo diventato un vero e proprio cult
internazionale.Scritto nell’80 dall′australiano Steve J.Spears
sull’attuale tema dell’omofobia.
Ennio Fantastichini, che dà voce anche a tutti i personaggi di cui
è affollata la commedia, è un mite professore appassionato di
Shakespeare la cui unica colpa è di essere dichiaratamente gay.
Intorno a lui, ingiustamente accusato di abuso su un
giovanissimo allievo, parte una sorta di farsa scatenata dalla
piccola comunità in cui vive.
Il titolo originale è The elocution of Benjamin Franklin, dove si narra di un
professore di eloquenza shakespeariana che per tirare avanti toglie alle signore
le pronunce sbagliate o i difetti tipo "zeppola" o le esse sibilanti, ed infine anche
la balbuzie che affligge alcuni giovani del piccolo paesino dell′Australia dove
abita: Toorak.
Il professore è omosessuale, ma riesce a non evidenziare questo "difetto" per
non far parlare le linguacce del posto. E′ una persona morigerata che non ha
una sua vita privata e che si sfoga parlando al telefono con un suo vecchio
amico gay, il caro Bruce. Ama Mick Jagger, Shakespeare, e ogni tanto sogna di
essere donna. Tutto fila liscio fino al giorno in cui un giovane dodicenne di
nome Beniamino, di chiare tendenze omosessuali, vuole farsi correggere quel
suo terribile difetto: la balbuzie.
La messa in scena alterna momenti di grande comicità a momenti dove il
dramma sembra non lasci respirare il povero protagonista, assediato da una
società che lo respinge con disprezzo. Il monologo è andato in scena per la
prima volta al Mayfair di Londra, nell′interpretazione di un attore australiano,
Gordon Chater, che ha riscosso un esito trionfale, lanciando questa commedia
nel mondo, un testo degno dei grandi incontri di cui è popolata la storia del
teatro.Lo spettacolo è prodotto da Marioletta Bideri, attrice-produttrice, che ha
permesso di allestire alcuni miei ultimi lavori, quali: Otello, Un ispettore in casa
Birling, Dr. Jekyll e Mr. Hyde, e per questo ringrazio la compagnia Bis Tremila, da
lei diretta.
Giancarlo Sepe
Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
5 novembre 2013
Sala Grande
Lezione/spettacolo
GADDA E IL TEATRO, UN ATTO SACRALE DI CONOSCENZA
di e con Fabrizio Gifuni
da Carlo Emilio Gadda
“Gadda e il teatro...” è una ‘lezionespettacolo’in cui Fabrizio Gifuni, alternando
letture a momenti performativi, interpreta
alcune tra le pagine più belle del “Gran
Lombardo” , scoprendo i fili che lo legano a
questo autore.
Dai primi folgoranti racconti giovanili
(Teatro e L’incendio di Via Keplero) ai
capolavori assoluti (Il Pasticciaccio e La
Cognizione del dolore), passando per i Diari
di guerra e l’esilarante referto sulla
psicopatologia erotica del ventennale
flagello fascista (Eros e Priapo): un corpo a corpo con la lingua più
sconvolgente del Novecento italiano, per restituire al pubblico il significato
di una passione.
Questa lezione/spettacolo è il risultato di un un vasto e approfondito studio
ricerca che Fabrizio Gifuni, ospite spesso presente e gradito del Teatro
Franco Parenti, sta conducendo da oltre dieci anni sull’opera di Carlo Emilio
Gadda.
Dallo spettacolo “L’Ingegner Gadda va alla guerra (Premio Ubu 2010 come
miglior spettacolo dell'anno) o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro” –
seconda tappa del progetto “Gadda e Pasolini, antibiografia di una
nazione”) - fino alla recente lettura integrale di “Quer pasticciaccio brutto de
Via Merulana”.
Tutti i giorni h 20:45
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
5 - 10 novembre 2013
Sala AcomeA
Produzione Teatro degli Incamminati Diablogues / Compagnia Vetrano-Randisi
TOTO E VICÉ
di Franco Scaldati
regia ed interpretazione di Enzo Vetrano e Stefano Randisi
disegno luci di Maurizio Viani
costumi Mela Dell'Erba
Totò e Vicé sono due poetici clochard nati dalla fantasia
di Franco Scaldati, poeta, attore e drammaturgo
palermitano recentemente scomparso.
I due sono legati da un'amicizia reciproca assoluta e
vivono di frammenti di sogni che li fanno stare in bilico
tra la natura e il cielo, in un tempo imprendibile tra
passato e futuro, con la necessità per essere, di essere
in due.
Enzo Vetrano e Stefano Randisi hanno all'attivo una
trentennale collaborazione sul palcoscenico, nella scrittura e nella guida
degli attori.
In questa direzione hanno creato diversi spettacoli con due personaggi in
scena che sono uno lo specchio dell'altro: diversi anni fa sono stati Uno e
Due in Diablogues e poi Milton e Camoens in Beethoven nei campi di
barbabietole, due testi di Roland Dubillard, e prima ancora erano stati
Calvato e Capillato, in una loro riscrittura del De Rerum Natura.
Randisi e Vetrano, che commozione. Il teatro, il vero teatro, il teatro che ti
toglie il fiato con un nulla, il teatro che ti sfugge di mano e intanto però ti
insegna il mistero dell' amore, il teatro che mette in scena due poveri cristi
in una penombra di lumini e modeste luminarie e di fatto ti fa sentire l'
insopportabile luce della felicità, questo teatro l' abbiamo conosciuto come
un miraggio (ma era tutto vero) in una notte in cui sono spuntati fuori da
una cancellata Enzo Vetrano e Stefano Randisi, valigia di cartone in pugno, a
dire e ridire attorno a una panchina con disorientata bellezza le battute
umanissime di Totò e Vicé, compendio per due soli attori-amici d' un testo di
proiezioni fantasmatiche a più voci di Franco Scaldati, degli anni ' 90.
Toccanti. Esilaranti. Un miracolo.
Rodolfo Di Gianmarco, La Repubblica
Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
6 - 17 novembre 2013
Sala Grande
Produzione Goldenart
IL VISITATORE
di Éric-Emmanuel Schmitt
con Alessandro Haber, Alessio Boni, Francesco Bonomo
musiche Arturo Annechino
scene Carlo De Marino
regia Valerio Binasco
Ne Il visitatore ritroviamo la collaudata coppia HaberBoni, più volte ospite del nostro teatro, che si
confronta con una commovente pièce di ÉricEmmanuel Schmitt, tradotta e rappresentata in 15
lingue e in oltre 25 paesi.
Haber è Freud nel suo studio, dove irrompe un
inaspettato visitatore. Siamo nell’aprile del 1938, l'
Austria è stata da poco annessa di forza al Terzo Reich,
Vienna è occupata dai nazisti, gli ebrei vengono
perseguitati ovunque. In Berggstrasse 19, celeberrimo
indirizzo dello studio del padre della psicoanalisi,
Freud attende affranto notizie della figlia Anna,
portata via da un ufficiale della Gestapo (Francesco
Bonomo). Ma l'angosciata solitudine non dura molto:
dalla finestra spunta infatti Il Visitatore (Alessio Boni)
che fin da subito appare ben intenzionato a intavolare
con Sigmund Freud una conversazione sui massimi
sistemi. Il grande indagatore dell'inconscio è insieme
infastidito e
incuriosito. Chi è quell'importuno?
Cosa vuole? È presto chiaro che quel curioso
individuo in frac non è un ladro né uno psicopatico in
cerca di assistenza. Chi è dunque? Stupefatto, Freud
si rende conto fin dai primi scambi di battute di avere
di fronte nientemeno che Dio, lo stesso Dio del quale ha sempre negato
l'esistenza.
O è un pazzo che si crede Dio? Freud ci crede e non ci crede; Dio, del resto,
non è disposto a dare dimostrazioni di se stesso come se fosse un mago o un
prestigiatore. Sullo sfondo, la sanguinaria tragedia del nazismo che porta
Freud a formulare la domanda fatale: se Dio esiste, perché permette tutto
ciò?
Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom
Non ci sarà spettacolo il giorno 8 novembre. Il 10 invece ci sarà anche lo spettacolo delle 18:00
Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41.50€
6 - 24 novembre 2013
Sala 3
Produzione Teatro Franco Parenti
in collaborazione con Associazione Pianoinbilico
con il contributo di Casa Orban
MARILYN
da un’idea di Silvia Giulia Mendola
testo di Cinzia Spanò
con Silvia Giulia Mendola attrice e Lara Guidetti danzatrice
trucco Raffaella Fiore
con la collaborazione artistica per la creazione di Vanessa Korn
regia di Chiara Petruzzelli e Silvia Giulia Mendola
Se c’è un merito che più degli altri deve essere
riconosciuto allo spettacolo è proprio quello di non
aver intrappolato la più grande icona
cinematografica di tutti i tempi in ovvi stereotipi.
La drammaturgia di Cinzia Spanò, dà
semplicemente voce a Marilyn, anzi a tante
Marilyn.
Accanto a lei, solo la figura di una ragazza che
ricorda tanto la piccola Norma Jean
Ma questa presenza discreta e silenziosa, che si
esprime unicamente attraverso le bellissime coreografie, basta per
trascinare Marilyn in un confronto feroce che le farà ripercorrere tutta la
propria vita.
Ogni emozione provata da Marilyn è gettata in faccia agli spettatori spaesati,
increduli davanti alle mille personalità della diva.
Gli amori impossibili, la solitudine, i rapporti superficiali , i sogni, la paura di
non farcela, il desiderio di stabilità, un rapporto difficile con la propria
madre..quanti di noi possono riconoscersi in questi aspetti dell’esistenza?
Siamo andate alla ricerca di quei frammenti della vita di Marilyn - attraverso
le biografie, i suoi scritti, le foto, le interviste - che più parlavano di noi, di
noi donne di oggi.
Festeggiare un compleanno - ispirate da quello di Mr. President - la data che
si avvicina, il tempo che passa è la situazione che ci permette di raccontare
una parte intima e nascosta della vita di qualunque donna.
Chiara Petruzzelli - Silvia Giulia Mendola
Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00
Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€
12 - 24 novembre 2013
Sala AcomeA
Produzione Teatri Uniti in collaborazione con la Fondazione del Teatro
Stabile di Torino
GIORNI FELICI
di Samuel Beckett
con Nicoletta Braschi, Roberto De Francesco
regia Andrea Renzi
Torna al Parenti dopo qualche anno Nicoletta
Braschi con Giorni felici di Beckett (1961),
uno dei momenti più alti del teatro
novecentesco.
Accanto a lei Roberto De Francesco già
amato dal nostro pubblico nei recenti
spettacoli Diario di Pazzo di Gogol e Le
Operette Morali per la regia di Mario Martone
In scena Winnie, sepolta fino alla vita in un cumulo di sabbia, e Willie, il
marito.
Mentre la sabbia ricopre inesorabilmente entrambi, Winnie chiacchiera
senza sosta, in un’alternanza insensata di momenti che sono il cuore della
straordinaria esplorazione beckettiana della vita, ai margini della follia.
Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
Il giorno 13 novembre alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta
da Massimo Cacciari.
7,00€ senza spettacolo
3,00€ con spettacolo
14-15-16 novembre 2013
Sala Grande
Produzione Teatro Franco Parenti
L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA
di Luigi Pirandello
con Corrado Tedeschi
e con Luca Bottale che si alterna con Claudio Moneta
e con Roberta Petrozzi
regia Marco Rampoldi
Torna a grande richiesta lo spettacolo che ha debuttato nel
1999, ed è stato accolto subito da un consenso del pubblico
talmente entusiastico, da spingere ad una serie continua di
riprese, stagione dopo stagione, nella sede milanese e in
tournée.
La messa in scena è preceduta da una “lezione semiseria” a
partire dal gioco per cui il protagonista, deve provare a due
personaggi pirandelliani la propria capacità di interpretarli.
Utilizzando i materiali tratti da Uno nessuno centomila, gli
spettatori, coinvolti direttamente nel gioco (in sala, e, per
alcuni, sul palcoscenico) vengono accompagnati dolcemente
verso il clou della serata, in una sorta di training prespettacolare.
E l’esperienza ha messo in luce come, quanto più la platea si
diverte durante la prima parte dello spettacolo, tanto più segue
con passione e commozione la straziante confessione del protagonista che, proprio
perché vicino al termine della vita a causa dell’epitelioma, riesce a coglierne
l’essenza più profonda.
I motivi del successo sono molti: senz’altro la magistrale scrittura del maestro
agrigentino, resa con estrema semplicità da una recitazione che sfugge da qualsiasi
pirandellismo, nel protagonista e negli interpreti che lo accompagnano; la regia
sospende tutta la vicenda in un limbo fra concretezza ed astrazione; sicuramente la
curiosità da parte del pubblico di vedere un attore molto amato, all’epoca del
debutto soprattutto per le sue frequentazioni televisive, ora anche per le sue
acclamate interpretazioni teatrali intense e brillanti, in un ruolo inconsueto.
Gio h 11:00 – ven e sab h 18:30
Prezzo gruppi 14,00€ anziché 33,50€
19 - 20 novembre 2013
Sala Grande
Produzione Teatro Franco Parenti – Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni
IL PICCOLO PRINCIPE. In concerto
di Antoine de Saint-Exupéry
un’idea di Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco
suoni di scena Rodolfo Rossi
disegno luci Cesare Accetta
Tra i più acclamati attori di teatro e cinema, Sonia
Bergamasco e Fabrizio Gifuni, coppia affiatata anche nella
vita, presentano una sorprendente e coinvolgente lettura
del capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry.
Il Piccolo Principe. In concerto è una partitura vocale che
diventa caleidoscopio di sperimentazioni sonore capaci di
donare a questa fiaba una forza espressiva che ha dello
straordinario.
Questo spettacolo rappresenta l'occasione di confrontarsi ancora una volta
con quello che Gifuni definisce «un mistero indecifrabile». «Questa favola
l'ho scoperta da adulto e subito mi ha spiazzato - racconta l'attore - ho
avuto l'impressione di trovarmi davanti a qualcosa di molto oscuro,
profondamente dissonante. Un testo in codice che nasconde qualcos'altro,
sempre imprendibile. Per superare questa sorta di disagio provo a giocare
con le voci, attribuendo a ciascun carattere quelle di amici e colleghi che
conosco bene, da Orazio Costa a Filippo Gili al regista Theo Terzopoulos...».
«Per me, invece - aggiunge Sonia Bergamasco, il primo incontro è stato
nell'adolescenza. Se allora il tratto che più mi colpiva era la malinconia,
oggi è la sua apertura alla vita, nonostante il finale parli di un bambino che
se ne va, che si dilegua nel cielo... Il Piccolo Principe non è più là, ma resta
nei nostri cuori».
… la rinuncia a un'ingombrante messinscena non penalizza certo, e anzi
valorizza al massimo la loro prova di bravura… al centro di tutto ci sono i due
interpreti, come strumenti perfettamente accordati. Attraverso la loro
recitazione torna fuori all'improvviso l'emozione di fronte alla gamma di effetti
che un attore riesce a evocare.
Renato Palazzi, Il Sole24ore
Tutti i giorni h 19:30
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
19 - 20 novembre 2013
Sala Grande
Produzione Teatro Franco Parenti
KARÉNINA
Prove aperte d’infelicità
da Lev Tolstoj
con Sonia Bergamasco
regia di Giuseppe Bertolucci
drammaturgia di Emanuele Trevi e Sonia Bergamasco
disegno luci di Cesare Accetta
Premio dell’ Associazione Nazionale dei Critici di Teatro a Sonia Bergamasco come
migliore attrice 2012
Anna prima di diventare Karénina. Karénina prima di
incontrare Tolstoj. Lo spettacolo –concepito e scritto da
Emanuele Trevi e Sonia Bergamasco - non è né un
adattamento teatrale, né una rilettura del grande
capolavoro russo, ma un’esplorazione, un viaggio
avvincente e curioso, stimolante e sorprendente, alla
scoperta di una Anna Karénina primigenia, personaggio alla
ricerca del suo autore, dagli appunti iniziali alla prima
pubblicazione dell’opera, avvenuta nel 1877. Ecco un
autentico caso di personaggio in cerca del suo autore. Anna
non è un’invenzione, ma un’ossessione: un fantasma che si
insedia nella mente di Tolstoj, lo costringe a interrogarsi sul
suo significato, lo attira e lo respinge con l’ambivalenza tipica delle
esperienze supreme. Non si tratta di “mettere in scena” un testo narrativo,
ma di mostrarne la genesi, facendo risuonare tra loro tutte le testimonianze,
a partire dai primi appunti disarticolati, per arrivare ad alcune sezioni
particolarmente significative dell’opera compiuta.
…Karenina è un congegno sofisticatissimo: si svolge in un buio intimo,
intorno e su un pianoforte a coda, e vive sulla fisicità morbida di Sonia
Bergamasco. A piedi nudi, un esile abitino, si dà con leggerezza, innocenza,
forte di una sapiente tecnica vocale e
musicale (suona anche il piano), guidata dal regista Giuseppe Bertolucci con
la delicatezza di un cerimoniale. Un gioiellino: che restituisce allo spettatore
sentimenti che si ripresentano a noi intatti.
Anna Bandettini,La Repubblica
Tutti i giorni h 21:15
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
21 novembre - 1 dicembre 2013
Sala Grande
Produzione Teatro Stabile di Calabria/ Teatro Quirino
MISERIA E NOBILTÁ
di Eduardo Scarpetta
con Geppy Gleijeses, Lello Arena e Marianella Bargilli
e con Gina Perna, Antonio Ferrante, Gino De Luca,Loredana Piedimonte,
Antonietta D’Angelo, Vincenzo Leto, Jacopo Costantini, Silvia Zora,
Francesco De Rosa
regia Geppy Gleijeses
Miseria e nobiltá è uno dei titoli più famosi della
drammaturgia universale di tutti i tempi. Cavallo di
battaglia dei più grandi attori napoletani (e non) del
secolo scorso, viene presentato da noi, integralmente in
italiano, in una edizione ricchissima di grandi interpreti,
scene e costumi. Lo spettacolo si avvarrà di una
riduzione di Geppy Gleijeses che farà tesoro del testo
originale di Eduardo Scarpetta, dell’adattamento di
Eduardo De Filippo e della sceneggiatura del film di
Mario Mattoli con Totò.
I tre sono reduci dal successo de Lo scarfalietto dello stesso autore e di A
Santa Lucia di Raffaele Viviani.
La commedia ha come protagonista Felice Sciosciammocca, celebre
maschera di Eduardo Scarpetta, e la trama gira attorno all'amore del
giovane nobile Eugenio per Gemma, figlia di Gaetano, un cuoco arricchito. Il
ragazzo è però ostacolato dal padre, il marchese Favetti, che è contro il
matrimonio del figlio per via del fatto che Gemma è la figlia di un cuoco.
Eugenio si rivolge quindi allo scrivano Felice per trovare una soluzione.
Felice e Pasquale, un altro spiantato, assieme alle rispettive famiglie, si
introdurranno a casa del cuoco fingendosi i parenti nobili di Eugenio.
La situazione si ingarbuglia poiché anche il vero Marchese Favetti è
innamorato della ragazza, al punto di frequentarne la casa sotto le mentite
spoglie di Don Bebè. Il figlio, scopertolo e minacciatolo di rivelare la verità,
lo costringerà a dare il suo consenso per le nozze.
Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15.30
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
26 novembre - 1 dicembre 2013
Sala 3
Produzione Teatro Franco Parenti in collaborazione con Milano Teatro
Scuola Paolo Grassi
A.M.L.E.T.
Anonymous Military Legione Enabled to
Theatre
testo di Gabriele Gerets Albanese
regia di Alice Lutrario
con Tomas Leardini, Carolina Leporatti, Daniele Nutolo e Daniele Pitari
coordinamento Sofia Pelczer
Specchio di una riflessione sull’attualità, A.M.L.E.T. (Anonymous Military
Legion Enabled to Theatre) nasce dal tentativo di affrontare in modo
paradossale ed allegorico il rapporto conflittuale che c’è tra chi esercita il
potere e chi lo subisce. La storia è ambientata in un fantastico mondo
Shakesperiano nel quale alcuni dei personaggi minori dell’Amleto, vivendo
da secoli privi di un nome e di un’identità e stanchi dell’ingloriosa luce che
riserva loro l’opera stessa, sequestrano e tengono in ostaggio il
protagonista dei protagonisti: il Principe AMLETO. Il sequestro ha
l’obbiettivo di rivendicare il diritto di ogni personaggio ad avere uno spazio
dignitoso e sufficiente incisività all’interno dell’opera. A collaborare col
nucleo armato dell’A.M.L.E.T. una figura insospettabile, soffocata
anch’essa dall’opprimente popolarità dei protagonisti: OFELIA. Stanca di
essere nota al mondo solo in quanto “donna di Amleto” ed ancora scottata
dalla sua relazione con il principe, essa sposerà la causa dei minori e si rivelerà una
pedina fondamentale per decidere le sorti del rapimento.
Lo scontro fra protagonisti e personaggi minori, mediato dallo stesso Amleto,
porterà ad un finale inaspettato. Costretti da un crescendo di tensione e di
esasperazione i personaggi dovranno mettere in discussione quanto hanno fatto e
creduto fino a quel momento, suggerendo agli spettatori uno spunto di riflessione
su se stessi.
A.M.L.E.T. è l’ansia di non arrivare fine mese, è la rabbia dei cassaintegrati e la
sfiducia dei disoccupati plurilareati. E’ la fuga dei cervelli, delle braccia e delle idee.
E’la frustrazione di chi ancora non si capacita che la qualità della propria vita
dipenda strettamente dallo “SPREAD”, termine oscuro che fa pensare ad un
superalcolico.E’ la determinazione di continuare a studiare anche senza un futuro
garantito. E’ la consapevolezza di non poter comprare una casa o avere una
pensione, la paura di mettere al mondo un figlio senza potergli dare delle
prospettive. È il cruccio di chi vuole fare teatro e si domanda che storia ha senso
raccontare, se raccontare ha un senso. E’ il desiderio di esistere e di agire, di
trovare il proprio spazio nel mondo.
Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00
Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€
3 - 22 dicembre 2013
Sala AcomeA
Produzione Artisti Riuniti
FARÀ GIORNO
commedia in due atti di Rosa A. Menduni e Roberto De Giorgi
con Gianrico Tedeschi, Marianella Laszlo, Alberto Onofrietti
scene Paola Comencini
regia Piero Maccarinelli
Con questo spettacolo Artisti Riuniti intende festeggiare i
sessant’anni di presenza in scena del grande Gianrico Tedeschi.
Quando Renato, vecchio partigiano e medaglia d’oro al valore
della Resistenza, si trova sulla strada di Manuel, giovane bulletto
di periferia con spiccate simpatie nazifasciste, il loro rapporto
nasce già con tutte le caratteristiche dello scontro: Manuel,
uscendo dal garage condominiale con una manovra scellerata,
investe con l’auto Renato e "tratta" con lui un periodo di
assistenza domiciliare solo per evitare una denuncia.
Comincia così una sfida senza esclusione di colpi, anzi, una
partita di poker a due che tra azzardi, bluff ed inganni assumerà
poco per volta i contorni di un confronto tra due opposte visioni
della vita e del senso della Storia.
In questo percorso ora aspro e diffidente, ora scanzonato e
ironico, la comune ricerca di umanità e di verità li aiuterà a
vincere le rispettive diffidenze rivelando le proprie debolezze e paure: il bilancio
di una vita intera per l’uno, la mancanza di prospettive per il futuro per l’altro.
L’inaspettato e improvviso ritorno a casa di sua figlia Aurora è, per Renato,
l'evento che riapre la strada a dolorosi ricordi, ma anche alla speranza di una
riconciliazione in cui ormai non credeva quasi più: li hanno separati trent'anni di
silenzio e di lontananza ma, ancora prima di questo, la scelta di vita di Aurora e
la decisione più difficile che un padre possa prendere.
Nell'ultimo e più importante confronto della sua vita, Renato si ritrova a
trasmettere a due generazioni così diverse e distanti tra loro un’eredità che oggi
sembra ormai dispersa, fatta dei più alti ideali di libertà e di responsabilità.
Renato, Aurora e Manuel con le loro storie, le loro sconfitte, le loro illusioni e la
loro voglia di riscatto sembrano diventare figure simboliche di un Paese che
cerca di ritrovare il senso di sé.
Il testo, pur affrontando alcune importanti contraddizioni della società italiana e
non censurando i momenti di commozione, mantiene intatte tutte le
caratteristiche della commedia, dotando i due protagonisti di grande
personalità, disincantata ironia e dialoghi vivaci e brillanti.
Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45
Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,40€
4 - 15 dicembre 2013
Sala 3
Produzione Teatro Franco Parenti
NIENTE PIÙ NIENTE AL MONDO
di Massimo Carlotto
con Annina Pedrini e Marina Occhionero
regia e spazio scenico Fabio Cherstich
luci Gigi Saccomandi
costumi Sarah Grittini
Doppia rivelazione in questo potente spettacolo:
quella di un giovane talento della regia, Fabio
Cherstich
e
quella
della
sorprendente
interpretazione di Annina Pedrini. Niente più
niente al mondo di Massimo Carlotto è una storia
fulminante che non concede scampo; racconto in
prima persona di una madre che ha appena ucciso
la figlia.
Nelle sue parole sfilano le immagini di una vita
perduta, una vita come tante. Anche lei è stata
ragazza, con sogni ed entusiasmi. Ha sposato un
operaio metalmeccanico nella Torino degli anni Settanta, ha avuto una figlia
e ha sognato un futuro diverso.
Poi la vita, o l’ingiustizia di questo nostro sistema, ha ucciso ogni speranza.
Disoccupazione per il marito, servizio a ore per lei nelle case dei più
fortunati, una figlia che non segue le sue aspirazioni di farla diventare una
velina, anche solo una prostituta, purché di lusso, fuori dalla miseria
quotidiana, dal mondo dei perdenti. Come in un delirio, a volte grottesco, a
volte straziante, ma mai patetico, la donna rievoca la propria storia e quella
della sua famiglia, mentre snocciola un rosario di cifre, di prezzi, di marche
di prodotti, di promozioni, di trasmissioni TV: tutto il suo universo
“culturale” in cui la miseria spirituale è parallela a quella economica.
Piccolo capolavoro di ordinaria follia… Un monologo per delitto che lascia
annichiliti e che l'attrice Annina Pedrini porta in scena con maestria guidata
dalla regia di Fabio Cherstich. Da non perdere.
Tiziana Montrasio, Il Sole24 Ore
Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00
Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€
11 - 15 dicembre 2013
Sala Grande
Produzione Teatro Stabile della Sardegna
LUPI E PECORE
di Aleksandr Ostrovskij
con Corrado Giannetti, Paolo Meloni, Marco Spiga, Maria Grazia Sughi,
Luigi Tontoranelli, Valeria Cocco, Mariagrazia Pompei
regia Guido De Monticelli
Humor nero, ritmi serrati e continui ribaltamenti di
prospettive che coinvolgono abilmente lo spettatore nella
messinscena di Guido De Monticelli del capolavoro di
Aleksandr Ostrovskij, padre della grande drammaturgia
russa.
Ambientata, in un villaggio di provincia, lo spettacolo
trae la sua vicenda da una cronaca giudiziaria del 1874.
Allora la badessa del monastero di Serpuchov e
presidente della comunità delle Sorelle della
Misericordia venne citata dal tribunale di Mosca con
l’accusa di falso ed estorsione. Operando un’infida
circonvenzione ai danni di poveri sprovveduti, aveva
ottenuto la firma di cambiali in bianco, in cambio di
mendaci promesse garantite dal suo alto rango sociale.
La badessa si era giustificata dichiarando che ciò che aveva commesso non era
per utile personale, ma per sussidiare le istituzioni benefiche alle quali si era
dedicata con imperiosa passione, smarrendo ogni cognizione di lecito e illecito.
Questa è la vicenda a cui si ispira Ostrovskij, immergendola però in una
girandola di piccole e grandi malversazioni in cui tutti i personaggi sono
implicati, gli uni ai danni degli altri. Tutti o lupi o pecore, e tutti vivono per
mangiare o essere mangiati. E i lupi e le pecore si inseguono scambiandosi
vicendevolmente i ruoli. E, sembra dirci Ostrovskij, non vi sarebbero i lupi se non
prosperassero le pecore.
Solo l’arrivo nel villaggio del più evoluto e “per bene” dei personaggi, un
intraprendente e affascinante uomo d’affari, in viaggio da Pietroburgo, mette
fine a questa infinita spirale. Con un insieme di accorte e rapide mosse che
contemplano anche la sistemazione di un paio di affari sentimentali, diviene
proprietario dei grandi boschi dei dintorni che di lì a poco moltiplicheranno il
loro valore per l’imminente arrivo della linea ferroviaria transiberiana. Poco
prima un personaggio del villaggio si era rivolto a un altro dicendogli: «Scusate
la domanda indiscreta. Avete mai saputo la differenza fra un’azione buona e una
cattiva?» E lui aveva risposto: «Questa è filosofia: noi che ne sappiamo?
Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
Il giorno 10 dicembre alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da
Roberta De Monticelli
7,00€ senza spettacolo - 3,00€ con spettacolo
27 dicembre - 5 gennaio 2013
Sala Grande
Produzione Promo Music – Corvino Meda Editore
CABARET YIDDISH
di e con Moni Ovadia
violino Maurizio Deho - clarinetto Paola Rocca - fisarmonica Albert Florian
Mihai - contrabbasso Luca Garlaschelli
suono Mauro Pagiaro
La personale forma di teatro musicale di Moni Ovadia, di cui lo
Yiddish è la lingua e il Klezmer la musica, è nata sul palcoscenico
del Parenti nel 1987 con Dalla sabbia dal tempo, ha trionfato nel
‘91 con Oylem Goylem e nel ‘95 con Dybbuk.
Lo spettacolo è un'immersione nella lingua, nella musica e nella
cultura Yiddish, in quell'inafferrabile miscuglio di tedesco,
ebraico, polacco, russo, ucraino e romeno per raccontare la
condizione universale dell'Ebreo errante, il suo essere senza
patria sempre e comunque.
Al centro di una scena nuda, riempita solo da quattro musicisti, il
cantore inizia, senza troppi preamboli, la sua storia con un
sorriso. Un sorriso antico ed esperto, di chi fin dall’alba dei
tempi ha dovuto sfruttare l’ironia per far fronte alle proprie
disgrazie e ha saputo riciclare aneddoti e storielle per forgiare una sagace
oratoria in risposta al razzismo e alle calunnie. Proprio attraverso le singole
«storielle» che accomunano per stereotipo ogni ebreo, Moni Ovadia è
capace di far ridere il suo pubblico, ma al contempo di fare emergere quel
fondo di verità tipicamente popolare per spiegare, restando sempre sul filo
dell’ironia i cardini della cultura ebraica.
Ho scelto di dimenticare la “filologia” per percorrere un’altra possibilità
proclamando che questa musica trascende le sue coordinate spazio-temporali
“scientificamente determinate” per parlarci delle lontananze dell’uomo, della sua
anima ferita, dei suoi sentimenti assoluti, dei suoi rapporti con il mondo naturale e
sociale, del suo essere “santo”, della sua possibilità di ergersi di fronte all’universo,
debole ma sublime. Gli umili che hanno creato tutto ciò prima di poter diventare
uomini liberi, sono stati depredati della loro cultura e trasformati in consumatori
inebetiti ma sono comunque riusciti a lasciarci una chance postuma, una musica
che si genera laddove la distanza fra cielo e terra ha la consistenza di una sottile
membrana imenea che vibrando, magari solo per il tempo di una canzonetta,
suggerisce, anche se è andata male, che forse siamo stati messi qui per
qualcos’altro.
Moni Ovadia
Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30 ESCLUSO CAPODANNO
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
7 - 12 gennaio 2014
Sala Grande
Produzione 369gradi / PAV
L’ORIGINE DEL MONDO
spettacolo in 3 quadri
con Daria Deflorian, Federica Santoro e Daniela Piperno
scritto e diretto da Lucia Calamaro
Premio Ubu 2012
Nuovo testo italiano o ricerca drammaturgica a Lucia Calamaro
Miglior Attrice a Daria Deflorian
Ex aequo- Miglior Attrice non protagonista a Federica Santoro
Dopo il grande successo di critica e pubblcio, torna il
caso teatrale della scorsa stagione per la prima volta
sul palcoscenico della Sala Grande.
L’Origine del mondo di Lucia Calamaro cattura e porta
in un mondo fatto di azioni quotidiane e di paure,
quello di una famiglia di donne con le loro ossessioni
più profonde, momenti di disperata allegria e una
lingua teatralissima e avvolgente.
L’interno è la casa, dove vivono una madre e una figlia,
dove arrivano altri personaggi della costellazione
familiare, con intrusioni del “fantasma” di una psicanalista, di fronte a
elettrodomestici simili a ingombranti, monumentali divinità e ad altri oggetti
d’uso comune.
Ma quell’interno è ancora di più un universo interiore, rovistato, messa in
piazza, ferito, accarezzato.
Con L'origine del mondo Lucia Calamaro, tra i più interessanti esponenti
della drammaturgia italiana contemporanea, porta in scena una vera e
propria commedia umana al femminile in quattro episodi, tre
elettrodomestici e tre voci.
Nella scena vuota e delicatamente pastello, poeticamente disegnata da
Gianni Staropoli, il ventre domestico è definito, alternativamente, da un
frigorifero, da una lavatrice, da una cucina a gas.
La drammaturgia della Calamaro è una rivelazione, è una commedia
all'italiana che studia gli scarti delle parole, i surrogati dell'amore, le noie cui
si preferiscono le sofferenze. Un teatro culturalmente e ironicamente
popolare.
Rodolfo Di Giammarco, La Repubblica
Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
7 - 19 gennaio 2014
Sala 3
Produzione Teatro Franco Parenti/Il castello di Sancho Panza
DUE PASSI SONO
regia, testi ed interpretazione Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi
scene e costumi Cinzia Muscolino
luci Roberto Bonaventura
Spettacolo Vincitore Premio Scenario per Ustica 2011
Spettacolo Vincitore Premio In-Box 2012
Due piccoli esseri umani, un uomo e una donna
dalle fattezze ridotte, si ritrovano sul grande
palco dell’esistenza, nascosti nel loro mistero di
vita che li riduce dentro uno spazio sempre più
stretto,
dall’arredamento
essenziale,
stranamente
deforme,
alla
stregua
dell’immaginario dei bimbi in fase febbricitante.
Attraversano le sezioni della loro tenera per
quanto altrettanto terribile, goffa e grottesca
vita/giornata condivisa.
Sembrano essere chiusi dentro una scatoletta di
metallo, asettica e sorda alle bellezze di cui sono potenziali portatori, ma un
“balzo” – nonostante le gambe molli – aprirà la custodia del loro carillon.
Fuoriescono vivendo il sogno della vera vita da cui non v’è più bisogno di
sfuggire, ma solo vivere, con la grazia e l’incanto di chi ha imparato ad amare la
fame, la malattia, dunque i limiti dello stare. Immagine-cripta sacra, surreale e
festosa, quella del loro matrimonio lì dove, come in una giostra di suoni, colori
e coriandoli, finiranno per scambiarsi meravigliosi propositi di poesia.
Irresistibile. La storia vera di una malattia di cui lui ha sofferto, e per la quale lei
lo ha assiduamente curato… Soltanto nel toccante finale si comprende l'enorme
sforzo di entrambi per riconquistare una piena libertà dei sentimenti. E loro, fra
ironia e tenerezza, sono bravissimi a mantenere questo clima sospeso, allusivo,
mescolando un estro allucinato a una totale verità umana.
Renato Palazzi,.myword.it
Sono la personificazione di una poesia imbarazzante (e tenera, e all'occasione
caustica)… Vanno spiati in qualunque minima espressione di un minimalismo
petulante e divertente che non ha uguali. Non perdeteli. Diciamo davvero.
Rodolfo Di Giammarco, La Repubblica
Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00
Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€
8 - 19 gennaio 2014
Sala AcomeA
Produzione Teatro Segreto
IL SOCCOMBENTE
ovvero il mistero Glenn Gould
di Thomas Bernhard
riduzione dall’omonimo romanzo di Ruggero Cappuccio
con Roberto Herlitzka
e con Marina Sorrenti
regia Nadia Baldi
traduzione Renata Colorni
Il Soccombente di Thomas Bernhard, ispirato dal
genio di Glenn Gould, è considerato uno dei
capolavori della letteratura mondiale del
Novecento
Sul palco lo straordinario carisma di Roberto
Herlitzka, che torna al Parenti dopo il successo
riscontrato con ExAmleto nella scorsa stagione.
Il testo racconta di due giovani amici, Wertheimer
e l’io narrante, dietro il quale si cela il desiderio di
proiezione dello stesso scrittore, che raggiungono
Salisburgo per frequentare un corso di
perfezionamento pianistico tenuto da Horowitz.
Nella città di Mozart, che li adesca e deprime, i due giovani incontrano e si
legano ad un ragazzo singolare: Glenn Gould.
Quando Wertheimer e l’Io narrante sentono suonare Gould, vengono
travolti dalla piena di un trauma interiore che non concederà loro un solo
attimo di pace per il resto della vita. I due virtuosi del pianoforte
comprendono con chiarezza abbagliante che il loro amico canadese è un
genio, peggio, una prova indiscutibile dell’esistenza di Dio. Il futuro dell’Io
narrante e di Wertheimer è compromesso per sempre.
Entrambi abbandonano gli studi pianistici ed entrambi subiscono il ricatto
quotidiano della insostituibile bellezza della musica. Gli assalti della
frustrazione, dell’ossessione, di una tagliente dimensione fobica che li
magnetizza verso il pianoforte e da esso li allontana, creano un monumento
dell’ambivalenza sentimentale che si concretizza come summa perfetta dei
modernissimi crocevia psicoanalitici.
…E infine, l’io narrante di Roberto Herlizka è semplicemente monumentale.
Trascina giù i massimi sistemi del testo al livello di una parlata quotidiana
che si innerva di un’ironia tranquilla e, perciò, tanto più gelida e
destabilizzante; ma poi fa ancora di più, innesca un’autentica vertigine
Enrico Fiore, Il Mattino
Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45
Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,50€
Il giorno 9 gennaio alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da Quirino
Principe.
7,00€ senza spettacolo
3,00€ con spettacolo
14 - 19 gennaio 2014
Sala Grande
Coproduzione Associazione Teatro C/R – FattoreK – Olinda
in collaborazione con Festival Castel dei Mondi di Andria 2012
TRE ATTI UNICI DA ANTON CECHOV
ideazione e regia Roberto Rustioni
drammaturgia Chiara Boscaro
consulenza Fausto Malcovati
con Antonio Gargiulo, Valentina Picello, Roberta Rovelli, Roberto Rustioni
movimento coreografico Olimpia Fortuni
regia Roberto Rustioni
Roberto Rustioni parte dai tre vaudeville scritti da
Anton Čechov in gioventù La domanda di
matrimonio, L'orso, L’anniversario e attraverso
una
riscrittura
drammaturgica
tesa
all'attualizzazione dell'autore classico indaga,
riconducendo al presente, la tematica del
rapporto uomo-donna.
In queste operette semplici ed efficaci risuona già
il teatro cechoviano più maturo e aprendo queste
scatole comiche si scoprono immagini naturali,
squarci di vita che si mostrano e si chiudono in un lampo.
Nella scena minimalista due uomini e due donne, che incarnano tutti i
personaggi dei tre atti, si avvicinano e si allontanano in un confronto
irrequieto tra sessi.
Nello spettacolo si vuole restituire lo sguardo delicato e ironico di Čechov
sulle cose, sul mondo, su di noi, esseri umani gravati da un destino ridicolo.
Roberto Rustioni
Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
Il giorno 16 gennaio alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da
Fausto Malcovati.
7,00€ senza spettacolo
3,00€ con spettacolo
22 gennaio - 2 febbraio 2014
Sala Grande
Produzione Teatro Eliseo in collaborazione con Fuxia contesti d’immagine
PRIMA DEL SILENZIO
di Giuseppe Patroni Griffi
con Leo Gullotta
e con Eugenio Franceschini
con le apparizioni di Sergio Mascherpa, Andrea Giuliano
e con l’apparizione speciale di Paola Gassman
regia Fabio Grossi
Di Giuseppe Patroni Griffi, uno degli artisti più poliedrici del
panorama italiano del secondo Novecento (narratore,
drammaturgo, autore radiofonico, regista cinematografico
e teatrale), Fabio Grossi mette in scena Prima del silenzio.
Leo Gullotta affronta un testo delicato e intenso che fu
scritto trent’anni fa per Romolo Valli; fu la sua ultima
interpretazione prima di perdere la vita in un incidente
stradale.
Il protagonista è un intellettuale cinquantenne che si è
lasciato alle spalle tutto, perfino le sue raffinate traduzioni
di Elliot e le poesie che aveva composto, e che ora si rivolge
a un Ragazzo, simbolo di zingaresca libertà.
In un luogo velato di ricordi, emergono le ombre del
passato: la Moglie elegante e stizzosa, il Figlio supponente, il Cameriere
affezionato. Ma lui rifiuta tutto e tutti, non ha altro piacere che di restare a
parlare a quel ragazzo al quale lo legano forze ambigue: l'amicizia, il sesso,
l'amore e l'incomprensione generazionale.
A trent’anni di distanza il testo continua a sedimentarsi in noi e farci porre
domande: la drammatizzazione dell’incomunicabilità tra generazioni e la
descrizione dei rapporti relazionali spesso contorti, sono temi quanto mai
attuali e senza ancora soluzione data. Commedia e dramma al tempo stesso:
un testo che rappresenta la forza riflessiva della parola, sia essa eloquio o
silenzio.
Samantha Biferale – Teatro.org
Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30
Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,50€
23 gennaio - 2 febbraio 2014
Sala AcomeA
Produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
IL TORMENTO E L’ESTASI DI STEVE JOBS
tratto da “The Agony and Ecstasy of Steve Jobs”
di Mike Daisey
traduzione e adattamento di Enrico Luttmann
con Fulvio Falzarano
video di Cristina Redini
luci di Paolo Giovanazzi
regia Giampiero Solari
Steve Jobs: un’icona del XXI secolo.
Il suo ingegno ha cambiato il mondo, nessuno è
rimasto escluso dall’estetica e dagli agi della sua
tecnologia. Di più: la sua utopia è stata
determinante nell’immaginario collettivo. Basta
pensare al suo celebre discorso agli allievi della
Stanford University: «Siate affamati. Siate folli»,
esortazioni a non omologarsi, a osare, che dal 2005
continuano a rimbalzare sul web.
Lo spettacolo, basato sull’inchiesta di Mike Daisey,
«il Michael Moore del teatro», intreccia i successi
di Jobs e della Apple, alle rivelazioni sul prezzo umano pagato per produrli.
Da Shenzhen, in Cina, dove ha sede la Foxconn, provengono quasi tutti i
gadget tecnologici che compriamo e dove il problema dei suicidi in serie
degli operai, molti dei quali bambini, «ingranaggi umani» senza tutele né
diritti, viene risolto installando reti sotto i capannoni.
Con questo spettacolo il teatro continua a dimostrarsi luogo vivo, di
riflessione, di scambio e denuncia strettamente legato alla
contemporaneità.
Grande prova d’attore per Fulvio Falzarano. Interessantissimo il testo,
magnetico vederlo poi declinato nel linguaggio teatrale da Giampiero Solari.
Erica Culiat, Il Messaggero Veneto
Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45
Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€
4 - 9 febbraio 2014
Sala Grande
Produzione Emilia Romagna Teatro
STUDIO SUL SIMPOSIO DI PLATONE
drammaturgia Federico Bellini
con Giulia Briata, Antonio Gargiulo, Eleonora Giovanardi, Leonardo Lidi,
Annagaia Marchioro, Matthieu Pastore, Martina Polla, Filippo Quezel,
Massimo Scola, Annamaria Troisi
regia Andrea De Rosa
È tra i dialoghi del filosofo Platone il più vertiginoso
perché mette in tensione l’ordine della ragione con
l’abisso della follia.
ll Simposio, racconta di un convivio organizzato dal
poeta Agatone per festeggiare la sua vittoria alla
gara poetica delle Grandi Dionisie.
Al banchetto prendono parte alcuni amici del poeta tra i quali Fedro, Aristofane e Socrate - che sono
espressione delle varie forme artistico-culturali
dell’Atene del V sec.a.C: personaggi quindi, ma al
tempo stesso maschere che esprimono correnti di
pensiero dell'epoca. Ognuno di loro pronuncia un elogio in onore del dio
Eros; si susseguono così una serie di monologhi che culminano nel discorso
di Socrate. Il tema del Simposio è quindi l’Amore, inteso come divinità e
come passione, passione indagata nella sua accezione assoluta,
eterosessuale ed omosessuale: ne traspare una visione profonda ed
elaborata, ricca di sfaccettature e significati.
Al centro di questo affascinante lavoro è la sessualità, il rapporto uomo donna, il
piacere declinato ai nostri giorni fra nudità e giochi sessuali esibiti, tutto al suono di
musica rock e pop perché, come dice una canzone dei Beatles «all you need is
love». Proprio questa ricerca d'amore costi quel che costi è la vera ossessione
contemporanea, quel demoniaco della vita che passa attraverso la donna. Donna
che da subalterna, senza alcun diritto come era ai tempi del Simposio è spesso,
oggi, oggetto del desiderio di un porno levigato ma non per questo meno crudele.
Lo spettacolo di De Rosa non dà risposte, ma, grazie ai suoi giovani e bravi attori, ci
e si pone interrogativi che ruotano attorno alla domanda delle domande che
affascinò fra gli altri Platone, gli elisabettiani e molti pensatori e che intriga anche
noi spettatori: come tornare a fare di due uno?
Maria Grazia Gregori, l’Unità
Lo spettacolo, aguzzo e pungente, sul filo di un sottile divertimento intellettuale,
delinea un'inarrestabile decadenza dell'eros al tempo dello spread e degli
antidepressivi, del «trionfo della coppia e dell'impotenza».
Renato Palazzi, Il Sole 24 Ore
Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
Il giorno 6 febbraio alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da Umberto
Galimberti.
7,00€ senza spettacolo
3,00€ con spettacolo
6 - 16 febbraio 2014
Sala AcomeA
Produzione Arena del Sole - Nuova Scena - Teatro Stabile di Bologna
LA FONDAZIONE
di Raffaello Baldini
con Ivano Marescotti
regia Valerio Binasco
Il grande poeta romagnolo Raffaello Baldini prima di
morire ha consegnato a Ivano Marescotti il suo ultimo
testo, poi pubblicato presso Einaudi, dicendogli: «Fanne
quello che credi».
Marescotti, diretto da Valerio Binasco, onora questo
prezioso lascito interpretando, il personaggio bizzarro che
colleziona ossessivamente i più assurdi oggetti del
passato preso dall'idea di dar vita a una Fondazione che
tenga viva la memoria delle cose più sfuggenti.
Questo personaggio, splendidamente velleitario e suo
modo eroico, cerca così di imbrigliare la vita (e la morte) nel suo delirio
apparentemente bislacco, ma profondissimo.
La moglie lo ha mollato ma lui preferisce vivere tra la sua “roba” perché quella roba
“è” la sua vita stessa. E quando quella “spazzatura” verrà buttata, anche lui seguirà
la stessa sorte.
La Fondazione è un testo straordinario e poiché, come scriveva Leo Longanesi, “i
difetti degli altri somigliano troppo ai nostri”, riesce a farci ridere anche di noi
stessi.
Dietro la risata c’è la solitudine dell’Ultimo nastro di Krapp, il senso
dell’esistenza come impresa inutile, come contorcimento. Con una nota
sempre originale, una rancorosa fragilità affidata in testamento dall’autore
all’interprete elettivo Marescotti: un caratterista molte volte pronto a
sprecarsi, dalle antenne sensibilissime, sperduto come un vecchio zio di
paese. Perfetta incarnazione dell’uomo “penultimo”, umoristico, mutante,
disperato del poeta. Parecchi gli applausi alla prima. Più avari, però, di
quanti ne meriterebbe questo lavoro, ispido sotto la maschera accattivante.
Massimo Marino, Il Corriere della Sera
Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45
Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,50€
11 - 19 febbraio 2014
Sala Grande
Produzione 369gradi e Lungta Film - in collaborazione con Teatro di Roma
Giulio Cesare
di William Shakespeare
Giandomenico Cupaiuolo, Roberto Manzi, Ersilia Lombardo, Lucas Waldem
Zanforlini, Livia Castiglioni, Gabriele Portoghese
regia di Andrea Baracco
Spettacolo selezionato per rappresentare l’Italia al Festival Globe to Globe per le
celebrazioni delle Olimpiadi di Londra 2012
Nel Giulio Cesare Shakespeare mette in scena una
società in via di estinzione,una società colta
esattamente nell’attimo terminale del proprio crollo,
una società vittima del suo fallimento intellettuale,
spirituale e politico.
La Roma disegnata da Shakespeare è una città che vive
sotto un cielo di piombo, sotto l’ombra di
un’ingombrante corona di ferro, una città di silenzi che
si fanno culla di improvvisi rumori assordanti; è una
Roma dove si sentono scrocchiare mandibole e
strofinare violentemente mani l’una contro l’altra, in cui
i corpi, sfiorandosi, producono sordi suoni di lamiera; è una Roma nascosta
e privata che si raccoglie alla luce di una lampadina per produrre, poi,
squarci e profonde ferite nei luoghi pubblici.
Il senso ultimo del testo di Shakespeare non è incentrato né sulla figura di
Giulio Cesare (che infatti l’autore fa morire a metà del III atto) né tantomeno
su quella dei suoi assassini, né su un episodio della storia romana, ma pone
l’accento sulla violenza in quanto tale e sulla sua origine, una violenza non
controllata, che nasce dall’incertezza, dalla precarietà, dalla crisi, una
violenza che si manifesta sia attraverso le scelte e quindi poi le conseguenti
azioni di uomini “illuminati” e pubblici, sia attraverso le reazioni umorali di
una folla inferocita e liquida;è questa violenza a dare all’opera la sua unità.
Shakespeare sembra suggerirci che la violenza incondizionata è l’unico
strumento che la collettività è in grado di utilizzare per uscire dalle proprie
crisi, dai propri disequilibri e crolli nervosi; aggregarsi per commettere delitti
e assassinii contro colui o coloro che vengono, a torto o a ragione, reputati i
responsabili della crisi stessa. Siamo davvero certi che l’antico meccanismo
del “capro espiatorio” sia soltanto un lontano ricordo dalle società arcaiche?
Andrea Baracco
Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30
Prezzi gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,50€
Il giorno 13 febbraio alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da Luciano
Canfora.
7,00€ senza spettacolo
3,00€ con spettacolo
11 febbraio - 2 marzo 2014
Sala 3
Produzione Teatro Franco Parenti/la Danza Immobile
in collaborazione con Associazione PianoInBilico
L’INQUILINO
di Fabio Banfo
con Cinzia Spanò, Silvia Giulia Mendola e Alberto Onofrietti, Corrado
Accordino, Silvia Giulia Amendola
regia Silvia Giulia Amendola
Non ci si può permettere una casa tutta per sé e si
affitta un bilocale in condivisione. Parte da una realtà
che riguarda molte giovani coppie, la nuova commedia
di Fabio Banfo.
L’insinuarsi di un agente immobiliare nella vita della
coppia protagonista dello spettacolo e l’arrivo di una
coinquilina metteranno in crisi vita, ambizioni,
speranze, da una parte l'amore ideale e dall'altra il
sogno di una famiglia e di una casa.
Fabio Banfo è attore, regista, autore, fa parte del Teatro
dei Sensibili di Guido Ceronetti, nel 2010 si è classificato
terzo al Premio Internazionale di Poesia “Mario Luzi” e
ha messo in scena Rigoletto per il Teatro Regio di
Torino.
Una commedia che cela il dramma del fragile equilibrio dei giovani, alla
ricerca di una vita normale, di una famiglia, di una casa.
Dopo la morte del fratello, a cui era ossessivamente legata, Emma, strana,
inafferrabile e in preda ad un dolore che la rende feroce, si trasferisce nella
casa in cui lui abitava con il suo coinquilino Luca, rompendo il già fragile
equilibrio tra questi e la sua compagna, a loro volta alla ricerca di una casa.
Tra i tre, un agente immobiliare.
Tra intese, contrasti e morbosità, lo spettacolo, nuova produzione del Teatro
Franco Parenti, è uno spaccato sulla necessità delle giovani generazioni di
adattarsi alla mera contingenza.
Fabio Banfo
Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00
Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€
19 febbraio - 2 marzo 2014
Sala AcomeA
Produzione Teatro Franco Parenti
“L’Affaire Moro”
Liberamente tratto da Leonardo Sciascia
testo e regia di Roberto Trifirò
con Roberto Trifirò e Alessandro Tedeschi
scene e costumi di Barbara Petrecca
“L’affaire Moro”, mi ha spronato nell’intento di tradurre in
scrittura scenica le stazioni della prigionia dell’uomo politico di
Maglie, allora Presidente della Democrazia Cristiana, nell’arco
di tempo relativo ai convulsi giorni del suo sequestro, avvenuto
per mano delle Brigate Rosse. Ho immaginato, nella
desolazione di uno spazio che rimanda a Beckettland, o a una
stanza pinteriana, il consumarsi delle azioni di due personaggi, Morald, il
Prigioniero, e Moret, il Carceriere, i quali tra crude realtà, fedele ricostruzione
storica, lettere, sogni shakespeariani, coesistono e si confrontano, vivendo seppur
da opposti versanti, un’attesa spasmodica, nella speranza di una mediazione, di
un dialogo con le massime autorità dello Stato, che mai arriverà.
Questa Attesa, così simile e così diversa, sembra accumunarli e costringerli,
attraverso tortuosi percorsi e metodici rituali quotidiani, in particolare quello del
cibo, che si susseguono nella loro paradossale continuità, a contare insieme, nel
deserto della non-azione, i minuti che li separano dal baratro: Morald, il
Prigioniero di una liberazione che mai arriverà, Moret, il Carceriere, di un
riconoscimento, di un titolo di avversario politico da parte dello Stato che mai
arriverà.
Alla dura realtà dell’isolamento, alla pena, alla forzata inerzia, che ci riporta
talvolta a Belacqua e al Purgatorio dantesco, nei pensieri di Morald, il Prigioniero,
irrompono a tratti, come inserti subliminali, popolando l’angusta detenzione, i
versi rubati al dramma storico shakespeariano che più incarna il peccato originale
della politica, il Riccardo II. Il destino di Morald, il Prigioniero, si accosta così a
quello del re deposto e ai suoi mirabili soliloqui intrisi di dolore e rimpianto, nella
metafora di una teatrale forza immaginifica che vorrebbe incarnare una speranza
di pace e modificare la memoria della storia, ma che deve ineluttabilmente
piegarsi alla volontà dei fatti.
Roberto Trifirò
Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45
Prezzo gruppi 14,00€ anziché 33,50€
20 - 23 febbraio 2014
Sala Grande
Produzione Nuovo Teatro s.r.l.
UNA PICCOLA IMPRESA MERIDIONALE BIS
di Rocco Papaleo e Valter Lupo
con Rocco Papaleo
e con Francesco Accardo(chitarra), Jerry Accardo(percussioni), Pericle
Odierna(fiati), Guerino Rondolone(contrabbasso), Arturo Valiante
(pianoforte)
regia di Valter Lupo
Dopo Basilicata coast to coast, Rocco Papaleo torna a raccontarci
il Sud, il suo Meridione, visto con gli occhi di chi ha lasciato la sua
terra senza mai dimenticarla o, peggio, rinnegarla.
Dai laureati, passando per Sanremo, Papaleo è diventato
personaggio positivo a tutto tondo, familiare, accogliente, mai
invadente.
Canta, e anche bene, con enfasi, vigore e passione. Questa Piccola
impresa meridionale bis è teatro-canzone di stampo gaberiano,
parole e musica che s’intrecciano in un unico racconto: storie
buffe e ridicole come romantiche e poetiche “perché la gente ha
bisogno di commuoversi”. Le persone sono viaggi, alcuni brevi, ma
non meno importanti, altri lunghi, difficili, avventurosi e tortuosi.
Un esperimento di teatro canzone, come un diario da sfogliare a caso, che
raccoglie pensieri di giorni differenti. Brevi annotazioni, rime lasciate a metà,
parole che cercavano una musica, storielle divertenti o che tali mi appaiono
nel rileggerle ora. Non è che un diario racchiuda una vita, ma di certo,
dentro, trovi cose che ti appartengono, e nel mio caso l’azzardo che su
alcune di quelle pagine valesse la pena di farci orecchiette, per riaprirle ogni
sera a chi ha voglia di ascoltare. Fin qui, il senso della piccola impresa. A
renderla meridionale, ci pensa l’anagrafe, mia e della band che tiene il
tempo. Ma sarebbe meglio dire, il controtempo, visto che il sud, di solito,
scorre a un ritmo diverso. La questione meridionale in fondo è tutta qui:
uno scarto di fuso orario, un jet lag della contemporaneità che spesso
intorpidisce le nostre ambizioni. Del corpo sociale, siamo gli arti periferici,
dita e unghie. Il cuore pulsante batte altrove, mentre a noi, tutt’al più spetta
la manicure. Dunque, un teatro a portata di mano, col desiderio, a ben
vedere, solo di stringerne altre.
Rocco Papaleo
Gio-ven-sab 20:45 – dom h 15:30
Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,50€
25 febbraio - 9 marzo2014
Sala Grande
Produzione Teatro Franco Parenti/Teatro Stabile dell’Umbria
Il DON GIOVANNI
Vivere è un abuso, mai un diritto
di e con Filippo Timi
e con Umberto Petranca, Alexandr Styker, Lucia Mascino, Marina Rocco,
Elena Lietti, Roberto Laureri, Matteo De Blasio , Fulvio Accogli
regia e scena Filippo Timi
luci Gigi Saccomandi
costumi Fabio Zambernardi in collaborazione con Lawrence Steele
Con il Don Giovanni, Filippo Timi, scrittore, regista, scenografo e
attore, si conferma quel completo e complesso uomo di teatro ed
eccezionale talento, capace di creare, in oltre un mese di tutto
esaurito, un’empatia con il pubblico, come mai si è vista su un
palcoscenico e che porterà per cinque mesi in tutta Italia.
Il Don Giovanni conosce la sua fine, è solo questione di rincorsa.
Don Giovanni è l’umanità volubile e insaziabile, l’umanità
finalmente priva di quelle morali colpevoli dell’assurdo destino
verso cui stiamo precipitando. E la colpa non è certo della storia, o
di tutti quei Cristi che c’hanno professato amore, ma la nostra: la
fame di potere insita nell’uomo, nessuno escluso, la fame di
resistere, di mistificare, di ingannarsi piuttosto che sopravvivere.
Meglio morire da idioti ma tutti insieme che svegliarsi e di colpo
comprendere l’errore? Evidentemente si. Ma stavolta l’evidenza lascerà una
firma sanguinaria, una firma così profonda da spazzare via l’intera umanità.
Don Giovanni è un’intera Storia dell’umanità che muore. Finalmente, dopo
la sua rincorsa, dopo millenni di fame, eccolo pagare il conto. Non c’è
scampo: se neppure un’umanità sveglia e godereccia, fuori dalle regole e
concentrata sul piacere come Don Giovanni, non può esimersi dal suo più
importante appuntamento con la morte, allora, neppure noi possiamo più
far finta di nulla.
Filippo Timi
C’è e palpita nel nitore della scena popolata da oggetti surreali, illuminata
come una grand opéra dalle luci bellissime, nei colori rutilanti dei costumi
che scelgono una favolosa dismisura, qualcosa di angosciosamente nostro
che filtra dentro i racconti di amori impossibili, di incesti, nel culto esibito
del corpo: il rifiuto della morte.
Maria Grazia Gregori, L’Unità
Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30
Prezzo gruppi 21,50€ anziché 33,50/41,50€
5 - 16 marzo 2014
Sala AcomeA
Produzione Casa degli Alfieri
IDENTITÀ
di e con Marco Baliani e Maria Maglietta
aiuto regia Barbara Roganti
luci Emiliano Curà
fonica e luci Dario Alberici
consulenza musicale Mirto Baliani
consulenza scientifica Enrico Febbo
Si ringrazia il Teatro delle Briciole per il sostegno al progetto
Identità è il tema scelto da Marco Baliani, per uno spettacolo
che attinge da testi di celebri autori che hanno già affrontato da
diverse angolazioni l'argomento dell'identità religiosa, etnica,
sessuale, nazionale, genetica, biologica. L'attore-autore esplora
la complessità dell'argomento attraverso varie forme
espressive, dal monologo alla poesia, dalla narrazione al
dialogo. Tutto nasce nel momento in cui un uomo percorre la
strada di una città per andare a denunciare lo smarrimento
della carta d'identità.
Durante il tragitto avvengono incontri che innescano pensieri,
digressioni, metafore e racconti. Un flusso monologante che
ruota continuamente intorno alla parola chiave Identità.
Dalla modernità in poi, questa parola è stata esaltata o negata, piegandosi
ad essere di volta in volta una classificazione burocratica, una schedatura
poliziesca, un valore per cui lottare, una richiesta di riconoscimento, un’
affermazione religiosa, etnica, ideologica.
Identità tenta di toccare qualcuno di questi “territori”, come può fare il
teatro, mettendo in scena conflitti, facendo domande, senza dare soluzioni
univoche, riflettendo su come questa parola si presti ad essere relativizzata
e modificata a seconda dei contesti.
Da mar a sab h 20:30 – mer h 19:45 – dom h 15:45
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
5 - 23 marzo 2014
Sala 3
Produzione Teatro Franco Parenti
in collaborazione con Jacovacci e Busasca
PEPERONI DIFFICILI
(la verità chiede di essere conosciuta)
di Rosario Lisma
con Anna Della Rosa, Ugo Giacomazzi, Rosario Lisma, Andrea Narsi
luci Luigi Biondi
musiche Gipo Gurrado
scene e costumi Eleonora Rossi
regia Rosario Lisma
Pluripremiata per le sue interpretazioni,
fra cui Premio Duse e Olimpici del
Teatro, Anna Della Rosa è una delle
grandi giovani interpreti del teatro
italiano. Protagonista femminile della
Trilogia della villeggiatura di Goldoni
con la regia di Servillo che ha girato il mondo per tre stagioni, ha
successivamente interpretato al Piccolo Teatro Blackbird, di D. Harrower, per la
regia di Lluís Pasqual e La clòture de l’amour di P. Rambert, per ERT.
Peperoni difficili narra la storia di Giovanni, giovane parroco di provincia, che
riceve la visita inaspettata della sorella, Maria, volontaria in Africa costretta a
fuggire per le persecuzioni dei guerriglieri locali. La ragazza, così perfetta da
insospettire, si stabilisce così dal fratello.
Sarà organizzata per il suo arrivo una cena di benvenuto anche con Filippo,
bidello e allenatore della squadretta parrocchiale, cacciato di casa dalla moglie
crudele di cui è ancora innamorato e Pietro, fratello di Filippo, bancario, colto,
brillante e spastico, ma stranamente inconsapevole della propria malattia e anzi
molto sicuro di sé. Alla cena Pietro, che ha evidenti disfunzioni motorie,
rovescia a terra tutti i “peperoni difficili”, ricetta africana molto laboriosa,
preparata da Maria. Ma la serata si svolge comunque serenamente fino a
un’accesa disputa teologica tra Giovanni e Pietro a cui metterà fine un
incantevole intervento di Maria sulla priorità del concetto di Verità.
La sera successiva Pietro uscirà con Maria di cui si è innamorato perdutamente.
Giovanni e Filippo aspettano fino a tarda notte il loro rientro per sapere com’è
andata. Pietro tutto bagnato di pioggia confiderà poi a Giovanni che Maria lo ha
dolcemente respinto poiché spastico. E, sorpreso, chiede all’amico: - Ma
perché? Si vede?
Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00
Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€
11 - 19 marzo 2014
Foyer
Emilia Romagna Teatro Fondazione
in collaborazione con Associazione Strutture Primarie
SONO SOLTANTO ANIMALI
di Luciano Colavero e Federico Olivetti
con Antonio Tintis
sculture, costumi e spazio scenico Alberto Favretto
luci Anna Maria Baldini
regia Luciano Colavero
Sono soltanto animali mette in discussione
concetti tradizionalmente legati alla Shoah quali
l’eccezionalità di Auschwitz, il diritto di parlare di
cose che non abbiamo vissuto e il rapporto tra
obbedienza e responsabilità, per cercare di
trasformare la memoria storica in uno strumento di
orientamento concreto dell’azione nel presente.
Lo spettacolo, che prende a prestito il titolo da una
frase del filosofo tedesco Theodor Adorno, è uno
zapping tra 24 frammenti divisi in 6 voci.
Una polifonia per voce sola, composta per indagare l’uomo di fronte alla
responsabilità delle proprie azioni, per far entrare in collisione le idee e
generare nuovo senso.
Il lavoro è partito dalle testimonianze dei sopravvissuti, dai diari delle
vittime, dai documenti dei processi, dalle dichiarazioni dei comandanti, dalle
interviste rilasciate da chi non si è mosso dal ruolo di Spettatore. Questi
materiali sono stati da noi rielaborati liberamente, per metterli in
comunicazione con il nostro presente, per fare in modo che le schegge di
Storia da noi raccolte potessero aiutarci a trovare una risposta alle domande
che ci pone ogni giorno la realtà, deformata e parziale, che riceviamo dai
media e dai nostri stessi occhi. Lavorando in questo modo, prendendo
progressivamente coscienza della distanza e della prossimità tra il presente e
il passato, ci siamo resi conto di quanto avesse ragione Bauman affermando
che l’Olocausto non è stato altro che un raro, ma tuttavia significativo e
affidabile, test delle possibilità occulte insite nella società moderna.
Auschwitz non è stata un’eccezione, prendiamone atto.
Luciano Colavero
Lun 19:30 – da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30
Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€
25 marzo - 6 aprile 2014
Sala Grande
Produzione Teatro Franco Parenti
GLI INNAMORATI
di Carlo Goldoni
scene di Gian Maurizio Fercioni
luci di Gigi Saccomandi
con Matteo De Blasio, Roberto Laureri, Elena Lietti, Alberto Mancioppi,
Umberto Petranca, Marina Rocco, Roberta Rovelli
regia di Andrée Ruth Shammah
Andrée Ruth Shammah, dopo aver esplorato le strade
non battute della drammaturgia contemporanea italiana
allestendo nelle ultime stagioni i lavori di Sgorbani,
Cavosi, Tarantino e Trevisan, riprende il suo percorso di
ricerca sui classici affrontando con la nuova compagnia
del Teatro Franco Parenti Gli innamorati di Carlo
Goldoni.
La regista, dopo La locandiera e Sior Todero Brontolon
torna così a interrogare l’autore con la sensibilità di oggi,
ma nel rispetto della lingua e della struttura originale.
Gli innamorati, macchina inesorabile adatta alla giovane compagnia di interpreti
che reduci dal successo del Don Giovanni di Filippo Timi, dove hanno dimostrato
una forte carica teatrale, verranno messi alla prova su un testo dove tormentarsi
per amore ed essere poi incapaci di amare diventa lo specchio di un oggi
fortemente nevrotico dove cinismo e romanticismo si mischiano e si intrecciano. La
storia è quella di due giovani, Eugenia e Fulgenzio, che per essere l’uno dell’altro
troppo innamorati, finiscono per tormentarsi benché niente si opponga al loro
amore. Dalla diatriba tra i due si scatena una tensione vibrante che attraversa tutti i
personaggi protagonisti della storia e fa si che agli occhi del pubblico risultino cosi
umani da essere vicini alla nostra sensibilità.
Tanto che si può parlare di una commedia moderna, dove l’amore si manifesta
attraverso gelosie, musi lunghi per ogni minima ombra, puerili ripicche,
arrabbiature, scene di disperazione, clamorose rotture, seguiti da pentimenti,
suppliche e solenni giuramenti che intrappolano il pubblico in un intreccio dove si
ride non solo dei personaggi ma anche della proiezione inevitabile che ognuno di
noi può fare all’interno delle dinamiche amorose che Goldoni ha saputo
orchestrare con acume e infinita umanità in questo testo straordinariamente
contemporaneo.
Andrée Ruth Shammah
Da mar a sab h 20:45 – mer h 19:30 – dom h 15:30
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
Il giorno 2 aprile alle ore 18:00 lo spettacolo sarà preceduto dalla Lezione Magistrale tenuta da Massimo
Recalcati.
7,00€ senza spettacolo
3,00€ con spettacolo
25 marzo - 6 aprile 2014
Sala 3
Produzione PianoInBilico
SACCARINA
da un’idea di Silvia Giulia Mendola
testo di Davide Carnevali
diretto e interpretato da Silvia Giulia Mendola, Fabrizio Martorelli, Alberto
Onofrietti
Testo finalista nell'edizione 2007 del Premio Riccione per il Teatro.
In una Milano poco attraente, due attori poco
capaci e un cane poco fedele, sotto la guida di un
produttore poco raccomandabile, seguendo le
indicazioni di un autore poco presente, preparano
la registrazione della puntata pilota di una fiction
poco appetibile.
Credendo ancora nella
possibilità di un lavoro giustamente retribuito,
sognano una città migliore che dia loro la
possibilità di condurre una vita decente.
Ma è un sogno che resta un sogno, perché vivono
nella città dell'edilizia e della moda, della
televisione e dell'Expo.
In un mondo
insoddisfacente, disobbedienza e menzogna, per necessità o per virtù,
stanno alla base dei rapporti personali, fanno da motore all’azione, e danno
i loro buoni frutti.
Alla fine, dei quattro personaggi almeno la metà raggiunge il suo intento.
Ma chi? Questa è una vecchia storia. Una storia vecchia come il mondo. Che
curiosamente resta sempre attuale. È la storia di come il desiderio di potere
corrompe l'uomo. E di come l'uomo si lasci corrompere facilmente.
Soprattutto se l'ambiente in cui vive non solo lo accetta, ma lo esige. Una
storia, in fin dei conti, di sopravvivenza.
La scrittura di Carnevali acquista la forza dell’estemporaneo, fonda una
drammaturgia d’improvvisazione; definizione che non è per forza un controsenso
oggi: se prima il teatro senza copione improvvisava, inventava scenette illusorie,
narrava vicende leggendarie, mascherava i personaggi, il teatro di Carnevali, al
contrario, è stesura del reale visibile, immagine del particolare contingente pescato
dall’elenco degli eventi del giorno, quelli extra-teatrali condivisi dal pubblico.
Materia umana, insomma, ricalcata nella forma più praticata, quella parlata,
istintiva e sgrammaticata. Ecco perché non ci sono temi, tesi, teorie, ma fatti; più
banalità che concetti dichiarati; più meschinità e ipocrisie che schiettezza. Ecco
perché capita di trovare in Saccarina atteggiamenti e passioni morbose, frenesie
diventate costume, perversioni di tendenza, stranezze come prassi. In questo
senso, Saccarina è uno di quei quadri naturalisti esempi di patologia sociale, presi
dalla miseria del proletariato urbano.
Rodolfo Di Giammarco
Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00
Prezzo gruppi 14,00€ anzichè 26,50€
15-17 aprile 2014
Sala Grande
Produzione Bananas s.r.l.
PARADOSSI E PARASTINCHI
Crisi, separazione, guerra, morte e altre storie a lieto fine
Di e con Corrado Nuzzo e Maria Di Biase
Regia di Massimo Navone
“La scienza studia i pazzi, noi indaghiamo i disastri che fanno le
persone normali”. E’ sull’ osservazione della normalità che Nuzzo
e De Biase hanno negli anni costruito il loro mondo surreale, che
mette in scena situazioni con una forte carica d’ironia e
autoironia, un farneticante furore barocco e uno sregolato
umorismo divertente e allarmante allo stesso tempo. Coppia che
spazia dal teatro comico a quello drammatico, alla tv (Zelig, i
programmi della Gialappa, Bulldozer), alla radio, in Paradossi e
parastinchi Corrado e Maria inneggiano all’apoteosi della
banalità e si scusano fin da subito con gli spettatori se lo
spettacolo, tra conflitti di coppia, tradimenti, amori impossibili,
insoddisfazioni
personali,
sedute
psicologiche,
mutui
inaccessibili, recessione, cultura allo sbando e fede che vacilla,
dovesse suscitare, oltre che tante risate, anche qualche
intelligente riflessione.
Mar e gio h 20:45 – mer h 19:30
Prezzo gruppi 17,50€ anziché 33,50€
6 - 18 maggio 2014
Sala 3
Produzione Egumteatro, Armunia/Festival Inequilibrio Castiglioncello
in collaborazione con La città del Teatro di Cascina
sostenuto da Regione Toscana-Sistema Regionale dello Spettacolo
BELLAS MARIPOSAS
Musica di parole per amore e per rabbia.
da Sergio Atzeni
con Monica Demuru
regia Annalisa Bianco
Bella mariposa è la protagonista narratrice, una farfallina di
dodici anni che vive nell’ambiente socialmente e moralmente
degradato della periferia di Cagliari e lo fotografa con
intelligenza smaliziata e desideri espliciti e diretti.
Miti sottoproletari metropolitani: microcriminalità, droga e
sessualità spiccia vissute come normalità ma giudicate con
feroce lucidità, sarcasmo e spesso disprezzo da questa
farfallina che su un tale mondo svolazza e mira in alto, verso
l’Amore, l’Amicizia ed un futuro di realizzazione personale.
Una farfallina che vuole diventare rockstar ed ha una
solidissima fiducia in se stessa.
L'ultimo racconto scritto dal giovane Sergio Atzeni, Bellas
mariposas, esce postumo nel 1996 ed è caratterizzato da un
fondamentale legame con la musica, intesa come sostrato
ritmico ed emotivo della scrittura e di questi personalissimi sguardi sul
mondo.
Scrittura intesa sia come racconto che come voce, espressione della
sensibilità e dell’intelligenza umana.
Parole che camminano sui suoni della musica e viceversa, emozioni che si
generano nell’incontro tra quel vuoto di significato che è la musica e quel
pieno che è il racconto.
Come quando ascoltando la musica guardiamo la realtà intorno a noi e tutto
viene ridisegnato, tutto si compone e trova senso.
Da mar a sab h 21:00 – mer h 20:00 – dom h 16:00
Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€
15-17 maggio 2014
Sala Grande
Produzione Quelli di Grock
Rapporto con i teatri milanesi
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
liberamente tratto dall’omonima commedia di Pierre-Augustin Caron de
Beaumarchais
con Fabrizio Bianchi, Matteo De Blasio, Paola Galassi, Lidia Piraino, Natalia
Sangiorgio, Daniele Turconi
musiche originali Gipo Gurrado e Lucio Sagone
scene e costumi Maria Chiara Vitali
assistente Letizia Bodini, Krishna Oldrini, Monia Manuello
luci Monica Gorla
regia Susanna Baccari, Claudio Orlandini
Soggetto e protagonista dell’azione, il giovane conte
Almaviva che cerca di strappare all’oppositore
Bartolo la sua pupilla Rosina; l’impresa sarà condotta
a termine grazie all’intervento di Figaro, l’aiutante del
conte, erede di una tradizione di servi astuti e
intriganti che risale alla commedia classica. La
commedia è interamente ed esclusivamente
determinata dalla dialettica tra le astuzie dei giovani
e quelle di Bartolo, tra gli attacchi dei primi e la difesa
del secondo che alla fine soccombe…
Giocando, rompendo, scherzando e spiazzando. Così,
a sorpresa, siamo entrati nell’opera: con il piede sinistro, spostando continuamente
la rotta, stonando la battuta ma intonando il cuore all’opera. In bilico tra farsa e
poesia, raccontando la trama di una storia antica come il mondo, quella di un
vecchio ingannato dalla giovinezza e dall’amore. Figaro, meglio conosciuto come il
barbiere di Siviglia, è il personaggio che farà da collante allo svolgersi dell’intreccio
amoroso. Ma chi è chi e chi fa cosa non è rilevante nella messa in scena, tutto è a
vista: il teatro succede lì in quel presente e passa dalla libertà dell’attore al cambio
di ruolo volutamente svelato, dall’errore scelto all’inciampo voluto. Rimbalzano i
personaggi, rimbalzano gli attori, e rimbalzano, speriamo, anche gli spettatori, a
guardare sei giovani promesse per noi davvero brave… bravissime!
Susanna Baccari, Claudio Orlandini
Tutti i giorni h 20:45
Prezzo gruppi 14,00€ anziché 26,50€