Armando Rotondi
Recensione: La tempesta. Omaggio a Eduardo
Recensione
La tempesta. Omaggio a Eduardo
Da LA TEMPESTA di/From THE TEMPEST di WILLIAM SHAKESPEARE
Nella riscrittura di/Rewritten by EDUARDO DE FILIPPO
Con/With MICHELE PLACIDO
E con/And with IVANO SCHIAVI, FRANCESCA CIARDIELLO, ANTONIO SPERANZA,
SERGIO DEL PRETE, SALVATORE SANNINO E I RAGAZZI DEL LABORATORIO
TEATRALE DELL’I.P.M. DI NISIDA
Regia di/Directed by FABRIZIO ARCURI
Produzione/Production COMPAGNIA GLI IPOCRITI
In collaborazione con/In collaboration with ISTITUTO PENALE MINORILE DI NISIDA
Napoli Teatro Festival Italia
15 giugno 2016
Istituto Penale Minorile di Nisida
Il rapporto tra Eduardo e Shakespeare è molto stretto. Nel corso della sua carriera vari sono i
riferimenti shakespeariani che è possibile riscontrare nell’opera di De Filippo (si pensi, due esempi per
tutti, a La parte di Amleto o a L’erede di Shylock) e che trovano il culmine nella traduzione e adattamento
nel 1983-84 che Eduardo approntò di The Tempest.
Qui, il drammaturgo napoletano, come noto, ricrea Shakespeare, traducendo la lingua del Bardo
in un napoletano antico, seicentesco, per la pubblicazione Einaudi all’interno della collana “Scrittori
tradotti da scrittori”. Alla traduzione segue la produzione scenica del testo, cui Eduardo lavorerà
nell’ultimo anno di vita e che non potrà vedere ultimata: una produzione che quasi avvicina Eduardo al
teatro della phoné di Carmelo Bene e che prevedeva, con la consulenza tecnica di Nicola Cabiddu, la
registrazione da parte di De Filippo della voce di tutti i personaggi dell’opera, con eccezione di Miranda
interpretata da Imma Piro. Quindi, una messa in scena che verrà realizzata dal teatro delle marionette
dei Colla, nel 1984, su musiche di Antonio Sinagra.1
1
Su Eduardo De Filippo e William Shakespeare si vedano: Angela Leonardi, Tempeste – Eduardo incontra
Shakespeare, Napoli, Colonnese, 2007; Angela Leonardi, Shakespeare a Napoli: Eduardo riscrive «La Tempesta», in
G. Scognamiglio (a cura di), La scrittura che accende la scena, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2007, pp. 185205; Agostino Lombardo, Eduardo e Shakespeare – Parole di voce e non d’inchiostro, Roma, Bulzoni, 2004; Stefano
Manferlotti, William Shakespeare. La Tempesta, traduzione in napoletano di Eduardo De Filippo, «Belfagor», Vol. XL,
4, 1985, pp. 491-492; Armando Rotondi, Eduardo e Shakespeare, in Id., Eduardo De Filippo tra adattamenti e
traduzioni nel mondo anglofono, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012, pp.40-81.
Armando Rotondi
Recensione: La tempesta. Omaggio a Eduardo
Partendo da queste premesse, La tempesta, presentata da Fabrizio Arcuri e rappresentata sotto
forma di mise en éspace presso il penitenziario minorile di Nisida nella prima giornata del Napoli Teatro
Festival 2016, è uno spettacolo dalla doppia faccia.
In primo luogo è innegabile sottolineare il doppio valore che questa produzione ha: un valore
commemorativo nei confronti di William Shakespeare per l’anniversario dei quattrocento anni, così
come di Eduardo De Filippo, storicamente legato a Nisida; un valore sociale, con lo spettacolo da
vedersi come punto di arrivo di un percorso laboratoriale che gli attori professionisti della compagnia
hanno realizzato con i ragazzi dell’Istituto Penale Minorile.
A questi valori si aggiunga l’interessante idea di realizzare la lettura scenica come site specific su
un’isola (Nisida per l’appunto), in uno scorcio e uno scenario di rara bellezza che guarda a strapiombo
verso Procida e Ischia.
Intelligente e funzionale è anche l’impostazione della scenografia, che, attraverso pochi
elementi, ha reso l’isola di Prospero quasi una napoletana “Isola che non c’è” alla Peter Pan, dando al
tutto un tocco fiabesco, ingenuo e positivamente infantile.
Elementi che non funzionano si riscontrano tuttavia in alcune scelte registiche e interpretative.
Innanzitutto, la stessa impostazione dello spettacolo come mise en éspace di pagine tratte da La Tempesta
eduardiana sembra in forte contraddizione con l’impostazione voluta da Arcuri, che, come detto, ha
pensato a una scenografia, così come a costumi e a movimenti di scena e di attore. La domanda chiara è
perché non sviluppare uno spettacolo con il testo imparato a memoria che avrebbe dato la sensazione
di una produzione completa e complessa, con beneficio anche per gli attori. Con la lettura scenica, e
quindi con gli attori che leggevano dai copioni che avevano in mano, il sentore è infatti quello di
assistere a prove di uno spettacolo ancora work in progress.
Lo stesso Michele Placido appare, forse, sottotono, troppo simile all’immagine che si ha di
Eduardo, tanto da essere più simile a Luca Cupiello che non a Prospero, nel suo rapporto con la figlia
Miranda e lo spirito Ariele.
Se il rapporto con Miranda, affettuoso, pateticamente paterno, è giustificato dallo stesso
Eduardo, che stesso nell’atto di tradurre Shakespeare aveva pensato a una maggiore e umana
confidenza tra i due personaggi. Il tono formale nei dialoghi originali tra i due si trasforma, in Eduardo,
in una relazione intima attraverso l’uso del dialetto e la resa di espressioni come l’originale “Sir”, con il
quale Miranda si riferisce al padre, in “Pà” e “My dearest father” in “Papariello mio”. Questo rapporto
in Eduardo si evince anche dalla rielaborazioni di dialoghi che, nella versiona napoletana, si allungano
dando spazio ai ricordi di infanzia della giovane.
Armando Rotondi
Recensione: La tempesta. Omaggio a Eduardo
Anche l’Ariele come presentato nella lettura scenica diretta da Arcuri sembra riprendere i
caratteri eduardiani che aveva trasformato lo spirito dell’aria in una sorta di “scugnizzo” furbo.
Tuttavia, nello spettacolo, l’interagire tra Prospero e Ariele risulta avere qualcosa che stona con
l’insieme, un tono farsesco e parodistico eccessivo, ammiccante il pubblico.
Un discorso diverso deve essere fatto per i ragazzi del laboratorio teatrale di Nisida, che hanno
lavorato a memoria, così come il bravo interprete professionista di Calibano. È difficile giudicare
giovani dopo esperienze laboratoriali, ma in questo caso conviene poiché essi sono risultati
perfettamente in parte, bravi, spiritosi, capaci di dare vita ai momenti migliori dello spettacolo con una
menzione particolare per il personaggio di Stefano.
Pur con difetti (ma anche con pregi), va dato comunque atto a Fabrizio Arcuri di aver lavorato
su un testo di grande difficoltà per una serie di motivi: The Tempest di Shakespeare di per sé; la
traduzione di Eduardo, con l’utilizzo di un napoletano arcaico e quindi ostico per qualsiasi attore; aver
fatte scelte registiche che si allontanavano da un’idea di spettacolo forte dello stesso Eduardo (le
registrazioni di tutte le voci, esclusa Miranda, e la messa in scena per marionette), ida che sicuramente
rappresenta un’ombra non da poco.
Arcuri ha trattato Eduardo, prima ancora di Shakespeare, come un drammaturgo e la sua
Tempesta come un testo su cui si può lavorare senza scimmiottare. Ovviamente conoscendo tutto quello
che vi è dietro.
Armando Rotondi
(Università di Napoli “L’Orientale)