Victoria Tincati
Storia del Teatro e dello Spettacolo
Alberto Bentoglio - 2014-2015
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Victoria Tincati
MODULO 1
IL TEATRO ANTICO
Con questo termine si indica il Teatro Classico, soprattutto quello che si sviluppa in Grecia e
successivamente nel periodo romano. Si tratta di periodi storici molto vasti, che non possiamo
definire con degli anni precisi, ma ci rimandano a quello che è il concetto di classicità.
Il teatro Greco coincide con la nascita della grande civiltà greca che possiamo collocare intorno al
V secolo a.C. Nel senso che la nascita del teatro antico non ha una data precisa, ma si fa risalire
alle prime manifestazioni culturali e religiose che nascono appunto nella Grecia antica.
Lo spazio scenico e la massa
Il teatro antico in uno spazio che principalmente era adibito alle questioni religiose, quindi uno
spazio ampio e all’aperto concepito spesso come luogo di riunione, e quindi destinato a un
pubblico popolare. Un pubblico che assisteva a questi riti, funzioni solitamente religiose, che quindi
apparteneva a tutti gli strati della popolazione. Un pubblico molto vasto che chiaramente non
doveva pagare un biglietto, e quindi in alcun modo selezionato all’ingresso, ma appunto una
grande massa che quindi doveva esser raggiunta da messaggi particolarmente chiari.
A volte l’intera cittadinanza, soprattutto ad Atene dal V secolo in poi, e quindi diventava una grande
Assemblea che radunava tutti i cittadini.
Dov’era il teatro
All’inizio il luogo era un luogo piatto, una grande pianura in cui si svolgevano queste
manifestazioni. Successivamente, per ovvio ragioni, il luogo scenico inizia ad essere appoggiato a
un declivio naturale (un colle) che permette di avere il pubblico in una zona che gradualmente
discende e quindi fornire una migliore visibilità.
Com’era costruito
Si espande in un periodo molto molto lungo, addirittura va a coincidere con il teatro romano. Quindi
per moltissimo tempo, ed è chiaro che non rimane sempre lo stesso.
Le caratteristiche costanti del teatro antico
- Skene = Originariamente la Skene non era una vera e propria scena teatrale, ma un luogo dove
gli attori solitamente andavano a cambiarsi e dove venivano posizionati gli oggetti per la scena.
Una specie di piccolo magazzino che serviva per ospitare gli attrezzi, tutto quanto era utile alla
rappresentazione. Successivamente questo spazio si evolve e si inizia a farlo coincidere con il
luogo dove gli attori si trovano a recitare. Quindi diventa il luogo dove si svolge la vicenda, e
quindi “scena”. Il teatro antico utilizzava come sfondo lo sfondo naturale (taormina, acropoli di
Atene). Il pubblico seduto guardando la Skene non vedeva una scena ma i grandi elementi
naturali.
- Paraskene = ai lati della Skene si creano due avancorpi, due zone. Con la funzione di
delimitare la parte dedicata alla recitazione. Daranno origine a quello che sarà poi il
palcoscenico.
- Declivio = la zona del pubblico stava da prima seduta sul declivio, poi si è iniziato a concepite
una struttura che dalle panche di legno si è evoluta in grandi strutture di marmo a gradoni. La
sua forma era emiciclica, perché in questo modo si poteva dare più spazio a chi guardava lo
spettacolo.
- Il coro = all’interno vi era una zona vuota, se pensiamo all’emiciclo. Questa zona era dedicata al
coro, un elemento fondamentale nella drammaturgia classica e comica, quindi sempre presente.
Corifei, appartenenti al coro, erano posizionati all’interno di questo spazio vuoto in mezzo
(perché circondato dall’emiciclo), che seguivano la rappresentazione. Era una zona piatta
perché il coro si muoveva durante la rappresentazione.
Le problematiche della rappresentazione
Questi spettacoli si svolgevano di fronte a un grandissimo pubblico e di giorno. Non potevano
svolgersi di sera o di notte, perché non c’era la possibilità di illuminare uno spazio simile.
Inoltre tutti dovevano in qualche modo capire e sentire fisicamente.
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I generi della tragedia partivano proprio da queste considerazioni. Erano costruiti secondo delle
regole, indicazioni generali, che servivano di guida a chi scriveva le tragedie.
Erano necessarie delle regole affinché lo spettacolo funzionasse, e quindi vennero teorizzate nei
secoli successivi come le tre unità aristoteliche. Queste unità, che hanno un significato anche
filosofico, noi le vediamo da storici del teatro.
Le tre unità aristoteliche
- Unità di luogo = l’azione, la vicenda sia tragica che comica, doveva svolgersi in un solo posto.
Non poteva avere dei cambi di scena. Poteva svolgersi in spazi differenti, e a quel punto
interveniva un elemento drammaturgico (il coro) che raccontava allo spettatore che la vicenda in
particolare si era spostata da una città all’altra; ma il luogo all’interno della vicenda doveva
essere unico.
- Unità di tempo = unità tecnica. L'azione doveva coincidere con il sorgere e il tramontare del
sole; quindi 12 ore. Doveva coincidere con il tempo della rappresentazione, quindi una giornata.
Questi spettacoli si svolgevano in questo modo per utilizzare la luce naturale, poiché non era
possibile fare altro. Il pubblico seguiva con molta attenzione una vicenda chiara e lineare, e
quindi far sì che la vicenda avesse un inizio e una fine all'interno del sorgere e calare del sole,
serviva a meglio far immedesimare gli spettatori.
- Unità di azione = l’azione rappresentata doveva essere una sola, non ne potevano raccontare
di più. Solo Shakespeare andò a rompere quest’unità, solo nel 1600.
Drammaturgia antica
Due generi di teatri:
- teatro tragico = eventi tragici raccontati con dei finali che mettono in scena grandi lutti,
uccisioni, eventi appunto drammatici.
- teatro comico = che invece aveva la caratteristica di mettere in scena vicende che dovevano
divertire e allo stesso tempo in qualche modo mettere in scena i vizi e le osservazioni che
sovvenivano dalla comunità e quindi diventava un teatro di satira e forte critica. (dramma
satiresco = dramma che era un po' il connubio fra la tragedia e la commedia)
Chi recitava?
L'attore nasce all’inizio come colui che si stacca dal coro per dialogare con quest’ultimo. Questo
per rendere la vicenda raccontata più interessante. staccandosi dal coro questi attori dialogano
con questa massa che si muove all’interno dell’orchestra e via via diventano più importanti del coro
perché assumono delle caratteristiche più umane; il pubblico si meglio identifica in un singolo che
in una massa. Quindi man mano il pubblico sposta la sua attenzione dal coro ai singoli, che in
questo modo raccontano delle vicende.
Come raccontano queste vicende gli attori?
In maniera diversa da come possiamo pensare oggi con la nostra idea di spettatori moderni.
Caratteristiche:
- Questi personaggi erano 3 o 4 soltanto.
- Avevano un ruolo fisso
- Dovevano essere riconosciuti dal pubblico, quindi per essere meglio riconosciuti indossavano
delle maschere e quindi esser subito identificati come quel tipo di personaggio. -queste
maschere avevano una seconda funzione, legata alla comprensione del testo. L’attore, dovendo
raggiungere il pubblico, non poteva recitare solo con la propria voce e quindi all’interno di queste
maschere era posto quello che veniva chiamato megafone.
Il teatro era recitato soltanto da uomini.
Costumi degli attori
Erano importanti e impegnativi dal punto della struttura, dei veri e propri contenitori che venivano
messi addosso a questi attori per chiuderli, renderli in questo modo molto più riconoscibili,
identificabili. Quindi erano delle “toghe”, lunghi abiti che arrivavano fino ai piedi e molto colorati,
che servivano perché questi attori dovevano essere visti. La parte portante di questi costumi era
costituita da delle calzature che erano dei zatteroni, servivano per far si che l’attore fosse alto fino
ai 2 metri di altezza, si muovevano con una movenza meccanica e in questo modo davano un
andamento anche pesante.
Serie di immagini commentate con ciò che abbiamo detto a lezione
https://onedrive.live.com/?cid=915EA0BE00D8BDAB&id=915EA0BE00D8BDAB%21610
Tre autori importanti della tragedia greca sono:
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- Eschilo
- Sofocle
- Euripide
In periodi differenti rappresentano le loro opere all’incirca nell'ordine scritto. Hanno la caratteristica
di essere ancora rappresentati. La forza della drammaturgia antica sta nel fatto che in qualsiasi
luogo in cui si faccia teatro è difficile che non venga rappresentata almeno un'opera classica della
Grecia antica. Questo perché ciò che hanno scritto sono diventati dei concetti universali che ormai
fanno parte di tutta la civiltà occidentale.
SI tende a rappresentare di più Euripide perché, via via, la storia della drammaturgia antica tende
a spostare l’attenzione dal generale al particolare. Il che significa che tende a spostare l’attenzione
da quelle tematiche che venivano portate in scena dal coro, quindi tematiche id massa generali
che riguardavano la città, la politica, la guerra, a dei temi più particolare cioè che vanno a indagare
la psicologia dell’individuo, del personaggio.
Eschilo = le persiane
Euripide = Medea
Sofocle = Edipo
Quindi la differenza è evidente. Il particolare, permette al personaggio di dimostrare il lato umano,
il lato psicologico del rapporti fra gli uomini, che rende questi testi universali.
TEATRO GRECO
Utilizzo delle macchine impiegate nello spettacolo:
Lo spettacolo non era solo una questione di ragione poetica ma anche un insieme di ingegni
tecnici.
Come per esempio i meccanismi che erano parte integrante dello spettacolo
Macchine sceniche (accorgimenti sceno-tecnici) per sottolineare movimenti improvvisi e inaspettati
delle azioni.
(Si riprenderanno quando si parlerà di scena Barocca dove verranno riprese le indicazioni che
venivano date da coloro che organizzavano lo spettacolo nella Grecia antica.)
per esempio:
- una fra le macchine sceniche più note era composta da una specie di lungo braccio che veniva
collegato a un argano che sosteneva attraverso un gancio uno dei personaggio -> egli veniva
calato in mezzo alla vicenda e solitamente il personaggio era il “risolutore” = colui che risolveva
la situazione, come un dio.
- meccanismo che veniva posto sul luogo dove gli attori recitavano e, girando, permetteva di
mostrare delle situazioni che venivano portate in mezzo al palco lentamente attraverso il
movimento di questo meccanismo -> una piattaforma girevole, che scorreva da destra a sinistra.
- macchine che riproducevano suoni naturali come i tuoni
Tragedia e commedia sottostavano a delle regole ben precise.
Suddivisione della vicenda e del testo che si svolgeva attraverso momenti codificati.
Tragedia, purificazione, catarsi
Tutti gli elementi della tragedia dovevano tendere a un unico fine, la “CATARSI” (purificazione,
momento di miglioramento sociale)
All’interno della vicenda complessa in cui intervenivano attori e coro, il pubblico doveva uscirne
“purificato” = vedendo un fatto luttuoso, tragico, forte, e il disastro che le vicende provocavano
(mancanza di rispetto della figura umana, della religione etc), serviva al pubblico per purificarsi,
ovvero per vedere quanto l’errore umano compiuto fosse poi in grado di indicare la via corretta per
la vita.
Quindi -> il “lutto” porta alla rappresentazione del fatto tragico (cruenta) per far si che lo spettatore
vedendo possa capire la strada corretta per essere un buon cittadino.
Vi era un incentivo anche economico ad andare a teatro. (si interrompevano le attività)
• EDIPO RE Sofocle
Trama: Edipo scopre di essere lui l’uccisore del padre e di avere sposato sua madre.
Edipo compie un atto terribile, si accieca (fuori scena, perché atto troppo cruento) per purificarsi.
Atto fisico teatralmente molto forte, permetteva all’attore di mostrare a tutti il vero momento tragico
e di provocare la CATARSI.
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La moglie e madre Giocasta si impicca. (fuori scena, per lo stesso motivo)
Messo a nudo l’animo umano.
Si ritrova involontariamente ad essere responsabile di tutte le sciagure.
Passa dall’innocenza alla grande colpa finale.
Edipo, proprio per questa sua capacità di passare da una situazione serena alla più terribile, è
stato il testo più rappresentato dal grande attore o “mattatore”,attore che prende i personaggi per
metterli in scena (secondo la sua sensibilità che vede la sua persona al centro dello spettacolo)
= Vittorio Gasman (maniera plateale) (Franco Branciaroli)
(molto importante la traduzione nella rappresentazione moderna della tragedia)
Sofocle stesso viene invitato a scrivere una seconda parte, molto complessa, nella quale Edipo
cieco affronta la sua cecità fino alla morte. (Edipo Colono)
Cinema = pasolini (oedipus rex trailer 1967 da guardare su youtube)
Musica = stravinsky
Scienza, psicanalisi, medicina = Freud
• MEDEA Euripide
Trama: Medea si innamora di Giasone fuggendo con lui lasciando una serie di situazioni dietro di
sé, “fuga d’amore”, coincide con un periodo di felicità e la nascita di due figli. Nel frattempo
Giasone la abbandona e si innamora di un’altra giovane principessa (Glauce). Abbandona Medea
in maniera violenta e repentina, la quale da un lato cerca giustizia dal mondo e si rivolge a Creonte
dal quale non ottiene nulla e poi si rivolge a Giasone cercando di farlo tornare ai suoi passi
facendo riferimento a se stessa e ai suoi figli. Giasone non ha intenzione di tornare. Medea decide
di vendicarsi e riacquistare la propria dignità e libertà attraverso due scelte moto forti:
- mandare una “cosa” avvelenata di regalo per le nozze di Giasone e Glauce.
- uccide i propri figli davanti a Giasone.
Poi parte con un carro alato e schernisce in maniera plateale l’uomo che l’aveva ridotta in quella
condizione.
Tragedia molto rappresentata, perché il personaggio femminile ha dato modo a tutte le grandi
attrici di confrontarsi con questa donna che ha vari rapporti con il potere, la società maschile etc.
Può essere interpretata e letta in modi diversi, anche contrastanti.
Commedia
Nell’antica Grecia era diffusa come la tragedia.
Esistono diversi generi di commedia, uno sviluppo e un’evoluzione.
Molto spesso coincideva con la rappresentazione delle tragedie. Le tragedie seguivano, in alcuni
casi, la rappresentazione della commedia per distrarre l’animo degli spettatori.
Aristotele, nella sua poetica, parlava anche del comico e definiva questo genere molto importante
perché serviva, ridicolizzando i costumi dell’epoca, serviva a migliorare gli spettatori e tutta la
popolazione.
La commedia ebbe un’assai minore diffusione rispetto alla tragedia, perché:
- Il genere comico fu sempre visto con minore attenzione.
- il genere comico era legato alla contemporaneità dell’epoca, metteva i inscena figure che gli
spettatori erano in grado di riconoscere e quindi situazioni che vivevano. Per tanto, per noi, è
difficile apprezzare nel suo complesso il valore della commedia.
- Mettere in scena la commedia è assai più complesso per l’impossibilità di restituire il valor del
testo comico, dei riferimenti in esso contenuti, sulla scena contemporanea.
- Vi è una grande difficoltà nella traduzione; difficile tradurre un genere colloquiale.
TEATRO ROMANO
Sviluppo di temi, di modalità di rappresentazione, abbastanza simili al teatro greco perché:
- Luogo scenico simile.
- Esistenza del genere tragico e comico.
Il teatro inteso come rappresentazione di testi viene allontanato da un altro genere di spettacolo (il
genere che diventa principale nel teatro latino) = i circhi, le arene, inesistenti nel teatro greco che
invece era “didattico”, dove invece era finalizzato alla catarsi.
Spettacolo che privilegia l’occhio dello spettatore, rappresentazione di eventi cruenti, sportivi,
bellici, sconosciuti alla rappresentazione teatrale greca.
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Cambia il rapporto tra il teatro e il cittadino.
Il Teatro Romano serviva politicamente a distrarre, divertire (spostare da un’altra parte), spettacolo
di pura evasione. Per far si che no pensassero alle situazioni politiche e fosse “anestetizzato” da
un grande divertimento popolare che aveva un ruolo ben preciso.
Tutto ciò che circondava lo spettacolo cambia:
- Non ha più bisogno del coro, degli attori.
- I protagonisti erano soprattutto atleti, mimi, danzatori ecc.
- Lo spazio scenico crea una grande platea dove avvengono le vicende.
- Pubblico posizionato su una circonferenza, e al suo interno si svolgono gli spettacoli.
- Non è necessario che vengano visti frontalmente.
- Il teatro romano coincide soprattutto con la grande diffusione della “spettacolarità” e si allontana
dal genere più “letterario” che aveva caratterizzato la tradizione greca.
Teatro Latino tragico
Tragedia Latina = Seneca, studiato e rappresentato attraverso la lettura.
Opere e tragedie di Seneca vengono lette al pubblico senza interpretazione, perché la priorità era
l’ascolto della poesia, del testo, l’apprezzamento del testo letterario.
Teatralità del teatro tragico romano era modesta. Utilizzo delle macchine sceniche poco sviluppato,
molto differente dalla tragedia greca.
C’era un attore che di fronte a un pubblico più ridotto e racchiuso leggeva i testi.
Teatro Latino comico
Per quanto riguarda il teatro romano comico, la situazione è opposta:
- genere molto sviluppato, nel senso che i romani amavano il genere comico = Plauto e Terenzio,
rappresentati ancora oggi.
- E’ importante il genere della commedia latina perché si concentra sui caratteri e quindi sulla
psicologia dei personaggi (comici) che diventano, nel corso della vicenda, dei veri e proprio TIPI,
cioè dei personaggi fissi. Questo da origine alla “Commedia dell’Arte”.
Esempio:
- l’ “Avaro”, colui che assomma all’interno della propria psicologia tutte le caratteristiche degli
avari del mondo, in modo poco realistico, eccessivo, l’avarizia gli impedisce di fare qualsiasi
cosa.
- Il “Servo”, modi di fare che lo fissano come ladro, affamato, pronto a gabbare il padrone per
riuscire ad ottenere ciò che vuole.
- il “Soldato Fanfarone” (miles gloriosus, Plauto), il primo a stare davanti a tutti a guidare i soldati,
ma è il primo poi a fuggire, a nascondersi dietro a un’”esile fanciulla”.
(Nel rinascimento -> Machiavelli (adatta i tipi di Terenzio alla Firenze del suo tempo). )
Questione della teorizzazione del luogo scenico:
Nel periodo classico alcuni autori iniziano a riflettere sullo spazio scenico, inteso come edifici
scenici greci e romani, in particolare andando a parlare dell’architettura di questi spazi scenici.
Studiare come funzionava la scena nei vecchi teatri, tutto ciò legato all’opera “De Architectura” di
Vitruvio, il quale riflette sugli aspetti pratici della costruzione dei teatri. Grazie a quest’opera e alle
riflessioni del tempo, il Rinascimento riuscirà a ricostruire dei nuovi teatri che erano stati nel
periodo del Medioevo abbattuti o utilizzati per scopi totalmente differenti.
IL MEDIOEVO (476 - 1492)
L’influenza della Chiesa
Le forme di spettacolo in questo periodo risentono della dura condanna della Chiesa, fede
cristiana, contro lo spettacolo.
Spettacolo genere da condannare.
Tertulliano scrive un trattato intitolato “sugli spettacoli” dove indica che lo spettacolo è un simbolo
di idolatria e quindi deve essere rifiutato.
I padri della chiesa vanno a condannare la figura di colui che sul palcoscenico si mostra di fronte
agli altri, esibendo il proprio corpo e le proprie capacità, spinge gli spettatori a considerare più le
passioni, il piacere, piuttosto che la ragione e la continenza.
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Condanna dello spettacolo
Ragione storica = il teatro romano abbandona l’idea di spettacolo educativo per il pubblico per
andare a privilegiare l’idea di spettacolarità, e quindi ciò che coincideva con i giochi etc e questi
spettacoli provocavano gli animi, li eccitavano, e non producevano alcun tipo di insegnamento
divenendo solo un’attrazione peccaminosa. Reazioni di incontinenza. Gli stessi attori si allontanavo
dall’ideale greco di portatore di sapienza, ma semplicemente mimi, danzatori. Rappresentavano un
mondo legato ad elementi che avevano una presa sul pubblico e sulla società molto negativa. Vita
mondana.
I luoghi dello spettacolo vengono abbattuti
In conseguenza alla condanna dello spettacolo, anche i luoghi dello spettacolo vengono abbattuti,
disertati o utilizzati per altre funzioni. Perdono il senso di incontro per la comunità, ma destinati ad
altre funzioni.
Problematiche di lingua
Impossibilità di utilizzare un’unica lingua per la comunicazione teatrale = nel teatro greco era una
sola lingua comune, anche per il teatro latino. La frammentazione che segue alla divisione
dell’Impero Romano, diventa difficile trovare una sola lingua che possa raggiungere più popoli e
più pubblici.
La Cultura inizia a modificare radicalmente l’”idea di spettacolo”.
TEATRO RELIGIOSO
Quasi tutto il teatro medievale riguarda il teatro religioso.
Spettacolo come mezzo di comunicazione della parola di Dio
La chiesa capisce l’importanza dello spettacolo come mezzo di comunicazione, ed è proprio la
Chiesa a mantenere viva l’idea di spettacolo inteso come “spettacolo religioso”.
Momento importantissimo nella diffusione del pensiero cristiano e anche nella capacità di
raggiungere il popolo e comunicare la dottrina cristiana nella sua forma più semplice.
Il teatro medievale si svolge appunto nelle Chiese, nelle basiliche, dove vengono allestite delle
sacre rappresentazioni che coincidono con alcuni momenti del calendario liturgico.
Via Crucis = all’interno della basilica in cui vi erano dei loci deputati e all’interno di questi momenti
teatrali.
Obiettivo = far comprendere un determinato momento della liturgia al pubblico che non conosceva
bene il latino, ma comprendeva solo attraverso la rappresentazione.
Il Teatro Religioso ha un successo straordinario, vengono organizzate delle vere e proprie
organizzazioni che si occupano tutto l’anno di mettere in scena questi momenti liturgici.
La Chiesa non riesce più a contenerli, così si espandono in tutta la città, quindi spettacoli esterni
alla basilica e con modalità differenti in Inghilterra, in Francia, in Spagna, in Italia etc. Ha una vita
lunghissima.
Le Sacre rappresentazioni venivano interpretate da uomini appartenenti al clero oppure persone
che all’interno della comunità religiosa svolgevano queste mansioni.
• “Momenti Trasgressivi”:
- Il Carnevale = la festa dei folli, momento in cui si rovescia la normale concezione della società.
(Personaggio del giullare = satira contro il potere, contro la religione, e attraverso il teatro
riescono a mantenere la loro tradizione componendo canzoni, dialoghi, raggiungendo ampie
fasce di pubblico; avevano una cultura straordinaria, conoscendo diverse lingue e la letteratura,
capaci di scrivere e comporre versi; personaggi diversi, e questa loro diversità era aumentata
dalla loro grande abilità fisica -> oltre ad avere cultura, era abile nella giocoleria, negli esercizi
acrobatici, quindi utilizzare il proprio corpo anche come motivo di spettacolo).
Grandi rappresentazioni liturgiche sono ancora un riferimento al teatro classico, per esempio in
Sicilia con la Via Crucis che raccogli interi comuni. La tradizione die giullari è rimasta nella scena
della Commedia dell’Arte e nel nome di Dario Fo, e grazie a quest’ultimo le attenzioni al giullare
sono state rivitalizzate a una considerazione internazionale.
Dario Fo (ma perché?)
Importante da diversi punti di vista, personaggio criticato e contraddittorio ma di grande valore. Si
sposa con Franca Rame. Inizia a recitare con una compagnia tradizionale, con spettacoli di tipo
satirico. Testi composti sono solitamente farse, commedie, rappresentazioni grottesche di vicende
storiche. La vera svolta di Dario Fo e Franca Rame avviene intorno al ’68, un periodo caldo nella
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nostra storia, e avviene all’università degli studi di Milano in FdP. Dopo le manifestazioni
studentesche, Dario Fo appartiene al movimento e ne discute molto, mette per la prima volta in
“prova” l’opera “mistero buffo”. Viene provata a diretto contatto con gli studenti, nuovo modo di
scrivere teatro. Sperimenta i singoli pezzi dello “spettacolo” con gli studenti, prende forma e
debutta l’anno successivo e quindi nel 1969. Diventa uno spettacolo che da subito ottiene un
grande successo e al quale poi si lega una continua polemica.
Dario Fo abbandona l’idea di compagnia girovaga, ma con un gesto politicamente e socialmente
molto forte occupa uno spazio pubblico, “la palazzina liberty” spazio originariamente occupato
dall’ortomercato, e all’interno di questo luogo fa una serie di spettacoli fra cui appunto “mistero
buffo”. Nasce a stretto contatto con il pubblico, e Dario Fo ogni sera improvvisa qualche modifica.
Si impegna in questo tipo di lavoro con il pubblico in questo spazio occupato, ovviamente con una
serie di problemi legati alla questura diventando una forma di “teatro di contestazione”.
Mistero Buffo = prende l’idea del titolo da un autore russo, mette in scena il teatro medievale e le
rappresentazioni dei giullari e le rappresentazioni sacre andando a rileggere delle fonti medievali
che fa fatica ad indicare, aggiungendo caratteristiche:
- una lingua vocale assolutamente originale, inventando la lingua “Gran Melot”, vicina
foneticamente agli antichi dialetti. Una lingua teatrale inventata seguendo la tradizione dei
giullari medievali.
- grande capacità fisica perché Dario Fo ha una maschera facciale che riesce ad esprimere le
caratteristiche del personaggio.
- Forte componente letteraria che Dario Fo nasconde, inventa, in alcuni casi mistifica.
E’ stato modificato diverse volte, aggiungendo e togliendo brani. Quindi, lo spettacolo che era
costituito da vari momenti, per esempio “nascita del giullare”, “risurrezione di Lazzaro” etc, veniva
modulato a seconda della durata, del tempo, del contesto.
Quando Dario Fo inizia a mettere sulla carta i suoi testi ecco che “Mistero Buffo” prende una
forma, diventando uno spettacolo più rigoroso e che può essere messo in scena anche da altri, e
quindi diventando testo fisso; nonostante ciò, dal momento in cui Dario Fo lo metteva in scena, il
testo continuava ad essere mutabile.
Il pubblico interveniva, parlava, c’era uno spazio ampio lasciato all’improvvisazione e quindi Dario
Fo, solo sul palco, rispondeva.
Paolo Grassi, riconoscendo la capacità di Dario Fo, prese una troupe della Rai e chiese a Dario Fo
di riprendere molti dei suoi spettacoli. Per questo motivo oggigiorno è possibile reperire il
multimediale dei suoi spettacoli, soprattutto di “Mistero Buffo”.
“Morte di un anarchico” (1975), viene “suicidato”, detto così perché la rappresentazione mette in
scena il contesto dell’epoca in cui vi era la discussione tra due punti di vista; morte giusta o
sbagliata.
1997, quando Dario Fo ormai è un personaggio affermato come attore e drammaturgo, vince a
Stoccolma il premio nobel per la letteratura. Viene riconosciuto come uno fra i più grandi
drammaturghi. Grande riconoscimento ufficiale. Viene chiamato in diversi luoghi fuori dall’Italia,
quindi da almeno 20’anni Dario Fo è l’autore italiano più rappresentato nel mondo.
IL RINASCIMENTO (1400-1500)
Dopo lo spettacolo religioso: la rinascita
Coincide con la rinascita del teatro, ovvero con la sua riscoperta che nei secoli precedenti era stato
monopolizzato dallo spettacolo religioso o utilizzato per la comicità dei giullari e dei comici del
teatro di strada. Non era riuscito ad avere una dignità letteraria e uno spazio scenico
appositamente destinato.
Nel rinascimento lo Spazio Scenico assume una veste nuova, e tutt’ora visibile, ma anche i generi
letterari come la commedia, la tragedia legati alla cultura classica, ritrovano uno spessore.
Molto importante notare come il teatro inizia a diventare anche un luogo profano, un luogo che vale
per ospitare lo spettacolo teatrale com’era nel periodo greco. Si troverà una coincidenza
geografica tra questo periodo e i teatri della Commedia dell’Arte, nell’area veneta (Padova e
Vicenza).
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Riscoperta di Vitruvio e la necessità di una scenografia
Tutto questo nasce quando si è già parlato in Vitruvio (De Architectura) che diventa manuale per la
costruzione del teatro. (Teatro Olimpico di Vicenza)
Attraverso la riscoperta dei testi di Vitruvio si pensa di dare una nuova importanza al teatro.
Sebastiano Serlio scrive, facendo riferimento alle opere di Vitruvio, un trattato in cui inizia a parlare
della scena, della necessità di una scenografia, di creare prospettive e dare indicazioni per la
recitazione, pensare di far un teatro dove lo spettatore vede la scena cambiare a seconda del
genere dello spettacolo.
Il teatro come momento di autocelebrazione
Lo spettacolo in questo periodo inizia ad assumere un particolare significato che aiuta a spiegare
la nascita di spazi teatrali come il teatro olimpico:
- significato autocelebrativo = le grandi famiglie (d’este, gonzaga etc) quando dovevano
mostrare esternamente la propria grandezza, organizzavano dei grandi momenti pubblici di
grande spettacolo. Questa necessità diventa sempre via via più forte, le case regnanti si
rendono conto che più il loro spettacolo diventa ricco, quasi competitivo rispetto agli spettacoli
organizzati da altre famiglie di regnanti, più il casato si afferma in modo decisivo acquistando
importanza. Si fa sempre più viva l’esigenza di avere un luogo dove raccogliere questi
spettacoli. Più il teatro è maestoso e ricco, più lo spettacolo andrò a celebrare in maniera degna
la famiglia nobile che di questo spettacolo è “produttrice”. Si crea una competizione fra le
singole città, che durerà per più di 300 anni, per costruire un teatro via via più bello. Addirittura
più teatri in una singola città.
Teatro Olimpico di Vicenza (1580)
Primo edificio teatrale moderno che la storia ricordi. E’ rimasto conservato in maniera ottima.
Nasce dall’idea di autocelebrazione che va a coincidere adesso con il momento del teatro, dello
spettacolo, una società che si celebra attraverso questo rito.
Progetto iniziale costruito da chi aveva costruito tutta la città di Vicenza, Andrea Palladio.
Accademici Olimpici = gruppo di intellettuali che mettono in scena pezzi nel teatro. Sabbioneta.
Lo spazio scenico
Idea di dividere scena e pubblico
Nasce l’idea di porre un sipario che divida lo spazio della rappresentazione allo spazio del pubblico
e che permetta di veder apparire quasi “magicamente” una scena meravigliosa e diversa a
secondo delle necessità dell’opera rappresentata.
Stupire e Meravigliare il pubblico, sempre più numeroso.
Queste teorizzazioni avvengono in Italia in tutte le corti, tutti i luoghi dove si fa cultura, i grandi
luoghi del Rinascimento, che utilizzano lo spettacolo con il fine autocelebrativo.
Queste sperimentazioni fanno si che si instauri un modello italiano chiamato “Sala all’italiana”,
modello della sala barocca a palchetti con struttura ad alveare.
Il pubblico
• Nobili sui palchetti
Via via sempre più numero, perché lo spettacolo diventa anche visivamente più attraente e perché
i generi diventano più vari, nasce l’opera lirica, i balletti. Il teatro diventa un luogo d’attrazione.
Si divide il pubblico che frequenta il teatro in modo da mantenere la differenza sociale che era
presente anche nella struttura stessa della società.
L’idea di suddividere i loggiati con dei “tramezzi” e diventano delle celle, tutte identiche, che però
hanno delle differenze di fruizione visiva. Chi all’interno della curva del teatro si trova nella parte
frontale rispetto alla scena ha una visione sicuramente migliore, mentre chi si torva nelle parti
laterali verso il proscenio ha una visione prospettica più limitata.
Questi palchi permettono non soltanto la suddivisione del pubblico, ma anche una vita sociale
molto attiva all’interno della sala teatrale perché nella maggior parte dei casi i palchetti diventano
delle vere e proprio appendici dei palazzi nobiliari. I palchi vengono acquistati dalle famiglie nobili e
diventano un’estensione della propria abitazione. Nel palco, quindi, dal 600 e 700 si conduce vita
sociale, si ricevono persone, si mangia, si gioca, tutta una serie di attività che rendono il teatro un
luogo aperto anche tutto il giorno e in cui lo spettacolo diventa una fra le tante cose che succedono
in quell’edificio. I nobili vanno a teatro per condurre vita sociale. Non solo per vedere lo spettacolo.
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Il pubblico era attento solo ad alcuni momenti dello spettacolo, per il resto della permanenza
conduceva altre attività. I palchi erano dotati di una tendina che poteva esser chiusa, per esempio
per ricevere visite intime o diplomatiche.
La parete a palchetti serviva proprio quindi a favorire questo genere di attività.
• Platea
Non esistevano posti seduti, ospitava un pubblico che stava in piedi, formato da militari e da
persone che appartenevano alla ricca borghesia ma che non potevano permettersi l’acquisto di un
palco. Era un luogo di passaggio, meno privilegiato rispetto ai palchi.
Ragioni pratiche = l’orchestra suonava accompagnando lo spettacolo ma non era ancora nata
l’idea della buca dell’orchestra, quindi “impallavano” la vista dello spettatore, erano davanti.
Non era un posto da cui si potesse vedere bene. Dai palchi buttavano gli avanzi.
• Loggione
Coincideva con l’ultimo ordine dei palchi, quelli più in alto, che non erano palchi venduti e non
appartenevano alle singole famiglie. Non si vedevano molto, ed essi stessi non vedevano bene lo
spettacolo. Vi stavano i servitori delle famiglie nobili che così potevano controllare i palchi delle
rispettive famiglie e servire durante tutto il giorno.
Illuminazione
Vi erano molte feste, molti balli, e allo stesso tempo il teatro era sempre illuminato, anche durante
lo spettacolo. Cero, poi olio, poi gas, e poi si inizia ad avere l’idea di oscurare la sala e rendere lo
spettacolo sul palcoscenico come unico momento di attenzione.
La prima persona che ottenne il buio alla scala è Arturo Toscanini, nel 1900.
Spettacolo proposto
Lo spettacolo doveva essere di grande varietà, di grande interesse, e mantenere l’attenzione del
pubblico per un periodo lungo. Variare i generi.
Aspetto scenografico = grandi scenografie mutevoli che cambiavano, macchine sceniche molto
sofisticate che permettevano il movimento di molte scene, delle quinte, la discesa dall’alto di quel
“deus ex machina”, molte riprese dalla tradizione classica che servivano in questa sala per
arricchire lo spettacolo teatrale e soprattutto per non annoiare il pubblico, il quale se si annoiava
protestava sonoramente. La scenografi a barocca del teatro all’italiana diventa, inq usto secolo,
una delle più straordinarie forme d’invenzione artistica che la storia dello spettacolo ricordi.
Come si mantiene il teatro
Nel 6/700, i biglietti esistevano ma il palchetti erano di proprietà, chi ci andava aveva già acquistato
la sua presenza.
Il mantenimento degli spettacoli avveniva attraverso una forma di finanziamento data dai giochi
d’azzardo. La sala barocca aveva degli ampi spazi, chiamati “FOYER” (ridotti), di rappresentanza
= sale molto grandi, nella quale si giocava a carte, tombole, roulette. I soldi guadagnati attraverso i
giochi d’azzardo si utilizzavano per pagare i ballerini, gli attori etc.
In queste zone, sale, c’erano bottiglierie, drogherie, locali in cui si vendeva il cibo, cucine.
I palchi avevano anche una retrozona, definita “camerino”, dove venivano posti gli oggetti della vita
quotidiana (come un magazzino).
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MODULO 2
LA COMMEDIA DELL’ARTE
Fenomeno artistico che ha vita lunghissima, nasce nell’anno del primo documento che attesta
questo tipo di forma teatrale (atto notarile) datato 1545.
I comici dell’arte sono attivi fino ai primi dell’800.
Cosa vuol dire commedia dell’arte
• Ipotesi 1:
Commedia = repertorio assai più ampio, genere teatrale con un fine buffo, farsesco e calcato.
Arte = sfumatura romantica a un’allusione alla creatività pura, qualcosa che si rifà a un canone
estetico.
Commedia della bravura, della capacità artistica.
• Ipotesi 2:
Spiegazione economico-organizzativa = nella parola arte significato impresariale -> a Firenze
c’erano le congregazioni delle arti e dei mestieri, quindi l’artigiano è colui che crea manualmente.
Al sostantivo arte viene dato un significato non tanto estetico quanto pratico che lo riconduce
all’idea di una corporazione, persone che fanno una determinata professione che in questo caso è
quella dei comici. Quindi la “commedia degli attori professionisti”, togliendo la sfumatura romantica
e dando invece un significato più concreto.
Cosa c’era intorno alla commedia dell’arte
E’ un genere teatrale fra tanti.
- Teatro Francese = Il 600 è il secolo del teatro francese (grand siecle) perché vede lo sviluppo di
grandi autori tragici. Nascita di istituzioni importanti teatrali (commedie française). Parte
importantissima della vita sociale, culturale e politica francese.
- Teatro Inglese = Lo stesso accade in Inghilterra, con il teatro elisabettiano (Shakespeare), teatro
particolare.
- Teatro Spagnolo = In Spagna il “Siglo de Oro”, pur con differenti caratteristiche rispetto alla
Francia e all’Inghilterra, la ricchezza del teatro è straordinaria. Nascono dei miti teatrali, come
Don Giovanni.
- Teatro Italiano = In Italia nasce, oltre alla Commedia dell’Arte, Opera e Musica, il melodramma.
Un successo così straordinario da rallentare lo sviluppo di tutti gli altri generi teatrali. Diventa il
genere principale che domina le scene teatrali italiane, che poi si diffonde nel mondo con una
straordinaria fortuna, andando un po’ a declassare gli altri generi che diventano marginali.
Espansione della Commedia dell’Arte
Nasce a Padova. Raggiunge tutte le popolazioni, viaggia e si sposta. Perché?
Può essere capito da tutti.
Prima della Commedia dell’Arte: come nascono gli attori in compagnia?
Non c’è una sola indicazione:
- Il Giullare = sapevano recitare, comporre musica ed eseguirla. Difficilmente può avere una
risposta positiva in compagnia, la “giullarata” è fatta per una sola personalità.
- Nasce sui banchi di vendita = affianca i momenti di vendita di pozioni, elisir, organizzati nelle
piazze e che servivano a persone con grande capacità fabulatoria (i ciarlatani). Erano girovaghi,
come i giullari, si spostavano di città in città e vendevano sui banchi i propri prodotti.
“Raggiungere nuovi pubblici”, in questo caso compratori. Nelle varie piazze raccoglievano delle
persone intorno a sé e vendevano questi prodotti con una grande capacità mimica e gestuale,
capacità di richiamare il pubblico. Tutto questo crea dei momenti di vero e proprio teatro,
spettacolo comico. Questi momenti di spettacolo diventano quasi più importanti della stessa
vendita del prodotto. Questi ciarlatani capiscono che il momento della vendicò diventa via via
secondario, è quasi più importante la rappresentazione, la gag, lo sketch, il momento in cui
riescono a catturare l’attenzione del popolo. I ciarlatani si rendono progressivamente conto della
loro capacità mimica. Ciarlatani sono capaci di incantare, di diventare protagonisti, e metter
insieme attraverso caratterizzazioni fisiche, parlate, movenze, di mettere insieme delle piccole
scenette (non sono testi teatrali).
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Nuovo modo per attirare attenzione del pubblico
Fisicità (donne con scollatura, che giocano con lo sguardo), dimostrare per la prima volta una
figura di donna che in un qualche modo all’inizio collabora alla vendita che diventa parte di queste
scenette, facendo da spalla al ciarlatano, diventa una figura di riferimento per questo ciarlatanocomico che, via via, rende più accattivante il momento della rappresentazione rispetto al momento
della vendita perché il pubblico non va solo a vedere lui, ma è attirato ancora più vivacemente
dalla figura femminile esibita.
Nascita della compagnia
Il pubblico affolla i luoghi, i banchi dei ciarlatani, anche per vedere queste donne.
Via via si crea intorno a questa struttura composta dai grandi giullari che provengono dal
medioevo, dall’altra da questi ciarlatani, la donna viene inserita in questo nucleo di artisti che
iniziano a creare delle “Fraternal Compagnie”, non tanto per fare arte col valore estetico ma per
lavorare insieme, fare una cooperativa, col fine principale di guadagnare. La compagnia fraternale
deve riuscire a guadagnare del denaro proponendo uno spettacolo, un momento di evasione, al
pubblico. Il pubblico che all’inizio era quello delle piazze che doveva esser sempre richiamato con
eventi divertenti.
Documento del 1545
Non contiene nessuna osservazione artistica, nessuna indicazione su cosa recitavano. Ma
contiene indicazioni organizzative. Idea di una compagnia che si organizza da un punto di vista
pratico, senza fare alcun riferimento al “che cosa recitavano” e a “come recitavano”. Alla base della
commedia dell’arte sta la necessità di creare una forma organizzativa che costituisce per la prima
volta l’idea di “compagnia teatrale” = con i comici dell’arte nasce quest’idea come noi la
consideriamo ancora adesso. Questa compagnia, nel corso dei decenni, diventa sempre più
sviluppata con l’ingresso della figura femminile.
LA MASCHERA
Già incontrata nel teatro antico, che caratterizzava la scena tragica e comica. Aveva una duplice
funzione: far riconoscere il personaggio anche da lontano, amplificare la voce.
Per i comici dell’arte invece:
- le maschere erano costruite in materiali diversi, perché doveva aderire al viso e quindi costruita
in cuoio. Era un’arte conservata ancora oggi.
- Doveva riuscire a identificare i ruoli
- Doveva stilizzare questi ruoli
- Limitava la visibilità, quindi rendeva il modo di camminare e di fare movimenti in modo poco
naturale. Crea campo visivo limitato e quindi una meccanicità nei movimenti dell’attore. Questo
porta a un ritmo differente da quello naturale, aumenta e diventa meccanico, quindi assume un
ruolo “utile” alla stessa recitazione degli attori. Un attore abituato a indossare la maschera fa
fatica a recitare senza.
- Non tutti gli attori sul palcoscenico indossano la maschera, vi sono attori che impersonano
determinati ruoli non portano la maschera.
Struttura di base della compagnia dei comici dell’arte, prevede..
Ruoli con la maschera:
- Ruolo del vecchio pantalone o magnifico (veneziano, caratterizzato dall’avarizia e dalla
lussuria; è un mercante, una persona che commercia, deve continuamente contare i frutti del
suo lavoro e molto spesso vicino all’usura, fissazione sul danaro. Segue una donna giovane
popolana, di classe inferiore, tentando di corromperla con il danaro per avere da lei dei favori
sessuali; oltre alla maschera indossa un grosso fallo, che ha origini che si rifanno al teatro latino,
in questo modo insidia in maniera ancora più esplicita la figura femminile che riusciva ad
accalappiare; la sua maschera è caratterizzata da un naso pronunciato, andamento simile a un
gallo).
- Ruolo del dottore balanzone o graziano (professore universitario, ma in realtà non sapeva
poco o nulla. Origine bolognese, primo ateneo italiano e quindi coincideva con la sapienza, una
conoscenza profonda. Questo dottore vestiva un abito con una gorgiera che era l’abito
indossato dai professori universitari di medicina; parlava il dialetto bolognese, ma nella sua
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espressione utilizzava il latino nonostante non lo sapesse; “il latinorum” finto, sonoro,
accompagnato spesso da libri di medicina o dei codici attraverso i quali il dottore inventava delle
leggi o cose sulle quali poi fondava le proprie sentenze, personaggio vecchio che aveva
raggiunto la piena dignità della sua carriera, che inr realtà non esisteva, e che lo portava a un
benessere sociale. Era bello tonto, l’opulenza, perché co nel truffe che faceva ai danni dei
poveri riusciva a nutrirsi beatamente).
- Ruolo dei due servi, o due Zanni. Avevano la caratteristica di essere uno sciocco, stupido,
l’altro furbo e astuto. Il servo sciocco era incapace di fare qualsiasi cosa e qualsiasi impresa,
movimento, non riusciva a fare. Questo doveva divertire, se si impegnava faceva solo danno. Il
servo astuto era invece era furbo, capace di raggirare la situazione, di portare sempre a casa
qualcosa. Servo stupido = Arlecchino (Bergamo); Pulcinella (Napoli) -> bisogni primari: sesso e
fame, che non riusciva mai a soddisfare. Caratteristica che differenzia il servo astuto = Brighella (veneziana), che molto spesso fa l’oste,
l’albergatore, è un piccolissimo imprenditore. Qualche cosa riesce ad organizzare, a volte si
mantiene giocando a carte, barando. In qualche modo riesce sempre a raggiungere i propri
scopi, a volte riesce a mettere su famiglia.
- Ruolo del capitano. Definito ruolo mobile, cioè un ruolo che può essere presente o non esserci.
Personaggio di grande capacità fabulatoria. Pronto sempre a sfidare i nemici, paladino di tutte le
ingiustizie, personaggio sempre in prima fila a parole, poi invece in una situazione di pericolo
era il primo a scappare. (Miles Gloriosus, soldato fanfarone, prestito quasi diretto dal teatro
antico). Personaggio capace di millantare la propria forza fisica quando poi in genere era anche
fisicamente mingherlino, incapace di maneggiare la spada, un personaggio che aveva come
scopo quello di movimentare la vicenda ma senza poter concludere nulla. Era soprattutto
caratterizzato da una lingua particolare, la lingua dei capitani era una lingua che non esiste,
parlava un po’ le lingue del sud d’Italia (calabrese) e lo spagnolo (dei conquistatori odiati in
Italia). Ruolo “dalla quale era meglio star lontano”. Personaggio fisicamente molto definito, con
una maschera particolare, che a volte copriva l’intero viso. Gli spagnoli avevano portato anche
la peste in Italia, quindi cattiva nomea. Ruolo mobile, perché c’erano delle compagnie all’interno
qualche attore specializzato.
La compagnie erano accompagnate anche da altre figure. Come per esempio degli studenti che
avevano abbandonato gli studi e si erano dedicati al teatro, portando quindi alle compagnie una
cultura non indifferente. C’erano anche le donne che erano state messe un po’ a margine, perché
erano donne colte, sapevano legge, erano cortigiani, sapevano fare poesia, erano messe da parte
dalla società, viste come delle diverse e quindi molte fra di loro avevano lasciato i luoghi dove
vivevano ed entravano a far parte delle compagnie, portando quindi la propria cultura e andando
ad arricchire la compagnia.
Necessità di interpretare un unico ruolo nel corso di tutta la propria vita = non c’era quello che è il
concetto moderno dell’intercambiabilità dei ruoli.
Ruoli senza maschera
Interpretati proprio da quelli studenti e dalle donne che arrivavano nella compagnia, quindi con una
cultura.
- Ruoli degli amorosi = una coppia, anche due coppie di bell’aspetto perché giovani,
proveniente da luoghi in cui avevano potuto curare la propria bellezza, e quindi recitavano senza
maschera. Ruoli degli innamorati. Dovevano unirsi fra di loro per amor, qui il sesso non c’è. Qui
era l’amore ad essere coronato, che veniva in qualche modo ostacolato durante lo svolgimento
della vicenda. Erano colti perché questi attori parlavano il Toscano, il Fiorentino,
l’”Italiano” (lingue della letteratura), parlavano di amore citando le tre corone (Boccaccio,
Petrarca etc), e avevano una cultura tale da poter utilizzare la letteratura con una grande dignità
e abilità. Questi, che erano giovani e avevano studiato. Erano sempre senza maschera, presenti
in tutte le compagnie. Essendo senza la maschera avevano un modo di recitare differente, che
quindi avevano un’attitudine fisica molto elegante e nobile e che contrastava con tutti gli altri.
- Ruolo della Servetta (importante) = coincide con la nascita della compagnia dei comici
dell’arte, perché questa servita a volte era la moglie, colei che accompagnava il ciarlatano nei
suoi momenti di vendita. Diventa un ruolo fisso, ed è il ruolo che ha più fortuna e rimane più a
lungo. Servette più famose sono Colombina, legata alla città di Venezia, Smeraldina, sempre
Venezia, Despina, invece a Napoli. Hanno grande vivacità intellettuale, la servetta era pronta,
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furba, capace di deridere tutte le questioni facendo trionfare la sua capacità e i propri interessi,
scopo del suo lavoro (aiutare la padrona, il padrone oppure chiunque le dava del danaro).
Faceva un po’ la mezzana, aiutava gli amori sia leciti sia illeciti. Un personaggio di grande abilità
intellettuale, vivace, che diventava un po’ il centro della vicenda. Molto spesso era quella a cui
tutta la vicenda ruotava intorno. Per questa ragione era senza maschera, aveva la bellezza da
mostrare, inoltre la servita aveva un gioco di sguardi con lo scopo di ammagliare e provocare
fisicamente. Gioco mimico molto sviluppato ed evidente, cosa che la maschera non avrebbe
permesso. In questo ruolo parlava il dialetto di provenienza. Questo ruolo è importante perché
sancisce la presenza della donna sulla scena. Spesso nelle prime recite dei comici, in
mancanza di una figura femminile, il servo si travestiva da donna e con evidenti equivoci in un
qualche modo faceva divertire il pubblico, ma la figura femminile della servita diventa centrale.
Non è più pensabile realizzare uno spettacolo di commedia dell’arte senza la figura femminile.
C’è qualcosa di più nell’idea della partecipazione della donna nella compagnia fraternale -> la
donna diventa una lavoratrice, una persona alla quale è dovuto il rispetto, una donna che ha un
mestieri e una capacità non solo di essere parte della compagnia, ma si mette sullo stesso
piano degli uomini svolgendo una professione ed essendo per la professione pagata.
Diventavano delle imprenditrici, lavorare e vivere grazie a questo. Critica ->La figura della donna
in scena viene vista in maniera opto negativa, sia dagli organi di polizia sia da tutti gli intellettuali
di area gesuitica che vedono nella donna in scena, donna che quindi lavora e si svincola dal
padre e dal marito per avere una propria autonomia, un pericolo sociale. Non a caso molte sono
le attestazioni di condanna di questo momento; la donna in scena è una meretrice. “Usando
come oggetto di interesse il proprio corpo” disse un gesuita. Critiche molto dure. Era un
atteggiamento coraggioso essere donna e interpretare questo ruolo sulla scena. “La donna sulla
scena dava un cattivo esempio”, quanto più cattivo tanto più allettante. Questo andava a
sottolineare una certa “libertà” che andava contro le regole del periodo. Esempio negativo di
“rovina alla gioventù”. Sessualmente libera, perché può parlare di amore e di adulterio, è
pericolosa e realistica, quindi si vede che la vicenda è in grado di attirare l’attenzione perché è
qualcosa di trasgressivo. Questa condanna va avanti; l’idea della donna che fa spettacolo,
ancora oggi, si collega a una certa facilità di costumi. Il teatro ha ancora quest’idea di
promiscuità, la questione del teatro itinerante; la donna può fingere nella scena quindi può dare
delle idee che magari poi sono le stesse nella vita privata. Questa è una condanna che trova
nell’inizio della donna sulla scena della commedia dell’arte una sua lontana radice. Capacità -> di essere delle grandissime cantanti. In questo periodo nasce proprio l’opera, non
soltanto intesa come la rappresentazione dei grandi melodrammi seri, ma anche l’opera buffa,
che mette in scena con cantanti per vicende di carattere legate al comico e vicende di
commedia. Le stesse prime cantanti degli intermezzi sono le Servette della commedia dell’arte
che, essendo così abili a cantare, creano quasi un genere parallelo che a volte si mischia
insieme nella vicenda; cioè, spesso i comici dell’arte interrompevano la vicenda per cantare
un’aria, a volte accompagnandosi con degli strumenti. Donne quindi in grado di recitare, di
cantare, di suonare. Grandissima capacità e maestria. Artiste complete. Alcune, infatti, nel corso
del ‘500, si staccano dal teatro parlato (commedia) e si dedicano in maniera costante e anche
esclusiva al teatro dell’opera, cioè musicale, non ai grandi melodrammi ma a quel genere
dell’opera buffa, in particole dell’intermezzo; atti unici molto brevi rappresentari all'interno dei
generi teatrali, questi intermezzi venivano interpretati dalla Servetta che solitamente era in
contrasto con il padrone o con il pantalone e in questi intermezzi riusciva sempre a gabbarlo. (Così Fan Tutte = Despina ; Don Giovanni = Zerlina ; Nozze di Figaro = Susanna). Sviluppi della Servetta
Questo ruolo permane nello spettacolo successivo, non soltanto in quello teatrale.
Serva Padrona (1733) 150 anni dopo le vicende della commedia dell’arte. Così fan Tutte (fine ‘700) La Locandiera, Mirandolina (Goldoni).
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VIAGGIO E RECITAZIONE
Cosa e come recitavano i comici dell’arte?
Le tecniche dei comici dell’arte erano codificate, ben precise, non succedeva nulla che non fosse
preordinato, e addirittura se un comico avesse fatto ciò che voleva o improvvisato (fatto cose non
concordate) sarebbe stato sicuramente ripreso e lo spettacolo un fallimento.
Improvvisazione = era uno spazio che ogni ruolo si prendeva all’interno di determinati momenti
ben precisi e che riempiva con la propria creatività.
In questo momento di improvvisazione vi erano regole ben precise, inoltre vi era poca libertà per
esercitare l’improvvisazione.
Quali erano gli strumenti pratici utilizzati dai comici dell’arte:
- Zibaldone = grande libro dove vi erano tanti “ingredienti”. Ogni ruolo ne aveva uno. In questo
libro ogni attore scriveva, appuntava, durante tutta la sua vita le cose che funzionavano in scena
(esempio: battute e situazioni condotte in un modo particolare per avere successo, varianti di
situazioni che potevano essere risolte in maniera differente; nei zibaldoni degli innamorati
c’erano pezzi di poesie, di sonetti,che servivano essere recitati in scena). Grandi libri che
contenevano tutta la vita dell’attore, solo di quel ruolo. La commedia dell’arte, infatti, era basata
su ruoli che venivano portati in scena dai propri attori per tutta la vita. Ognuno sapeva
esattamente cosa doveva fare, dire, e anche nei momenti più improvvisati le battute nascevano
dallo Zibaldone, che i comici conoscevano benissimo, e che nei casi si tramandavano di padre
in figlio. All’interno di questi Zibaldoni c’erano anche indicati i Lazzi.
- Lazzi = molto importanti, perché erano un momento fisico, quindi di grande abilità gestuale e
acrobatica, in cui il personaggio veniva chiamato a improvvisare un’esibizione fisica. Momenti in
cui l’attore aveva a disposizione il palcoscenico per esibizioni acrobatiche che conduceva nel
corso della vicenda. Esempi: nel momento in cui la signora si trova in difficoltà, sviene. Scena di
svenimento. Arlecchino Lazzo dell’acqua -> ogni arlecchino sapeva che in quel momento
doveva fare in modo di avvicinare la signora svenuta che diceva “ho bisogno di sali mi devo
riprendere” e allora arlecchino si metteva in quinta guardando il pubblico, faceva la pipì nel
cappello e poi diceva “ecco ecco acqua” e spruzzava sulla signora. I lazzi lasciavano spazio
all’improvvisazione. (Lazzo della lettera, lazzo della mosca, lazzo del budino).
- Canovaccio = fogli che venivano appiccicati nelle quinte dove sostanzialmente venivano scritte
le entrate e le uscite dei personaggi della vicenda e venivano scritti i momenti in cui i personaggi
si trovavano a dialogare insieme, oltre a un molto ridotto riassunto della vicenda.
- Catalogo delle robbe = catalogo degli attrezzi e dei costumi utilizzati per la rappresentazione.
Essendo la commedia dell’arte un genere in cui vi si travestiva molto.
Questi strumenti limitavano moltissimo l’improvvisazione. Era minimo lo spazio perché ogni uno
sapeva cosa fare e quando farlo.
Il pantalone veniva rappresentato da colui che era il “regista”, cioè coli che controllava la
funzionalità della scena e la presenza di canovacci rinnovati.
Che vicende mettevano in scena
Vicende molto semplici, anche perché la tecnica era combinatoria che doveva permettere ogni
sera di “combinare” i vari ruoli in un canovaccio molto semplice.
Sempre la stessa vicenda con delle piccole varianti che veniva riproposta.
La vicenda era molto semplice e allo stesso tempo aveva una capacità di interessare e piacere al
pubblico molto evidente.
C’era all’interno lo spazio destinato all’improvvisazione, molto limitata, che però rendeva lo
spettacolo differente ogni sera.
- Vi erano le abilità degli attori che all’interno della vicenda avevano spazio per esibirsi. Per
esempio gli attori erano cantanti o musicisti quindi avevano degli spazi per esibirsi all’interno
della vicenda. Momenti che molto spesso diventavano centrali nella vicenda, molti attori erano
famosi per la loro voce, e gli spettatori andavano a sentire i momenti vocali più che a seguire la
vicenda; stessa cosa accadeva in relazione alle capacità acrobatiche di alcuni attori, come gli
arlecchini.
- Vi erano delle vicende che facevano parte di quello che circolava in quel periodo; i comici
dell’arte molto spesso mettevano in scena dei fatti di cronaca, vicende che erano conosciute. I
comici dell’arte viaggiavano e quindi sapevano quello che succedeva nelle varie corti o nei
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omenti meno noti, funzionavano da veicoli di informazione. A volte negli spettacoli c’era
l’elemento di attualità satirico.
- Mettevano in scena anche dei testi classici, vicende conosciute e che venivano dai comici
dell’arte riproposte con le loro modalità; in maniera comica, divertente, per esempio la vicenda di
Don Giovanni = vicenda antica, che nasce in Spagna nel 1630 un autore spagnolo Tirso de
Molina pubblica questa storia, storia che comunque già circolava. I comici dell’arte la fanno
propria e la rappresentano. Vicenda abbastanza “licenziosa”. Vicenda del servo Leporello,
astuto, che di fianco al padrone licenzioso (Don Giovanni) da un lato fa di tutto per aiutarlo nel
fornirgli donne belle nobili servette e contadine, dall’altro lato si contrappone al padrone
cercando di burlarlo, di gabbarlo, di prenderlo in giro cercando di sottrargli cose alle quali tiene
più di tutto (donne, cibo e danaro). Per i comici Don Giovanni non è rappresentato come nobile,
fattore secondario, ma viene messo al centro il ruolo del servo. Alla fine della vicenda viene
“punito” = il servo seduto accanto al Don Giovanni, mentre quest’ultimo si distrae con delle
donne lui cerca di mangiare il suo cibo, arrivo una statua che si muove (statua del padre di una
delle tante nobildonne che Don Giovanni aveva ucciso). La statua arriva creando una situazione
di divertimento, parte comica in cui Leporello è spaventatissimo dalla statua di pietra che si
muove, e dall’altra la sfida delle leggi di Don Giovanni che alla fine viene punito e accoglie la
sfida e la statua lo trascina tra le fiamme dell’inferno.
I comici dell’arte non limitavano il loro lavoro alla rappresentazione continua dei ruoli e dei giochi
fra le maschere fisse. Molto spesso utilizzavano delle vicende politiche, culturali, d’attualità e storie
come quella del Don Giovanni. Proprio attraverso questa strada il Don Giovanni arriverà fino a noi,
quando i comici dell’arte si trasferiranno a Parigi, entrando in contatto con Moliere che deciderà di
fissare sulla pagina la vicenda e in modo tale che poi da Moliere in poi sarà ripresa da molti fino al
fortunato lavoro di Mozart.
I comici dell’arte sono quindi un tramite per la trasmissione di testi e spettacoli teatrali che grazie a
loro c’è stata la possibilità di essere conosciuti attraverso l’intera Europa.
Dove andavano e come viaggiavano per l’Europa nei loro viaggi itineranti?
Il viaggio dei comici dell’arte è importante; non avevano una sede stabile, la caratteristica del loro
lavoro era quella di muoversi da una città all’altra. Questa necessità di essere itineranti nasceva
dall’impossibilità di rimanere fermi, perché:
- non avevano una propria sede (recitavano prevalentemente nelle piazze, in stanzini affittati e
qualche volta erano invitati a teatri di corte)
- avevano la necessità di cambiare pubblico ad ogni spettacolo, che se no avrebbe dopo un po’
disertato gli attori comici dell’arte perché proponevano sempre le medesime vicende; i comici
dovevano andarsi a cercare il pubblico.
Era difficile per i comici dell’arte spostarsi da uno stato all’altro d’Italia, data la divisione governata
da leggi differenti. Lo spettacolo era accolto in maniera differente, la censura nei singoli stati era a
volte più aspra (tipo lo stato pontificio).
Per questo motivo i comici dell’arte si spostavano sempre all’interno di uno solo stato, quella oggi
definita regione. Nonostante ciò alcune compagnie erano caratterizzate da un nomadismo molto
più ampio, affrontando viaggi lunghi e difficili.
Le compagnie si muovevano su mezzi modestissimi, portando con se qualche scena dipinta,
costumi, bauli. Questo impediva agilità nello spostarsi.
Molto spesso questi viaggi erano ostacolati dalla richiesta di passaporti, permessi di circolazione
che venivano molto spesso negati ai comici dell’arte in quanto quest’ultimi erano visti come una
forma destabilizzante. Erano capaci di ironizzare, di fare satira, e quindi in situazioni politiche crear
scompigli o alimentare tensione.
I comici dell’arte avevano l’ostilità degli:
- organi di controllo
- organi ecclesiastici
- intellettuali, corti, accademie che non apprezzavano il lavoro dei comici dell'arte perché
quest’ultimi non facevano cultura, non facevano poesia, improvvisavano e mettevano in scena
testi preesistenti che nelle loro mani diventavano dei pretesti per azioni scurrili, divertenti, certo
non adatte alle accademie; di conseguenza la cultura ufficiale rifiutava i comici dell’arte, ben si
guardava dal favorire i loro spostamenti.
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I comici dell’arte a un certo punto cercano di superare queste difficoltà, cercando di spingersi
anche a Parigi dove vengono accolti in maniera non particolarmente calorosa dagli attori francesi,
però con il quale poi si crea un forte dialogo per la bravura dei comici dell’arte e addirittura aprono
una casa per ospitarli: la comedie italienne.
Nobilitazione della commedia dell’arte
Per essere accolti dall’accademia, queste compagnie sentono la necessità di nobilitare il loro
lavoro, e quindi lentamente iniziano a scrivere i testi che mettono in scena. Mentre prima
utilizzavano soltanto il canovaccio, nella seconda metà del ‘600 alcuni importanti comici dell’arte
(tipo famiglia Andreini) cominciano a scrivere. Chi legge quelle commedie, frutto della riflessione
successiva, non legge la commedia dell’arte com’era rappresentata ma quello che i comici dell’arte
sentono la necessità di fissare sulla carta. Diventa una commedia regolari, a versi, pubblicata,
come le opere degli altri autori. Per essere addirittura più controllata dagli organi governativi; dal
momento in cui esiste un testo scritto esiste la possibilità di “censurare” “seguire da vicino” gli attori
obbligabili ad eseguire quel testo, mentre con l’improvvisazione questo non era possibile.
Quindi alcuni dei comici dell’arte decidono di scrivere le proprie opere, per questo motivo oggi
abbiamo dei canovacci che ci propongono alcuni dei testi della commedia dell’arte scritti per
esteso.
Nella commedia dell’arte si parla di due drammaturgie:
- drammaturgia preventiva = drammaturgia dell’esecuzione teatrale, ciò che viene fatto dai
comici dell’arte non scritto. Viene continuamente variata e può essere casuale (per esempio i
lazzi).
- drammaturgia consultiva = termine che classifica i testi teatrali scritti e poi editi, pubblicati,
dagli attori a conclusione di una serie di spettacoli teatrali. Ciò che rimane della drammaturgia
consultiva è l’ombra di ciò che era realmente lo spettacolo teatrale dei comici dell’arte. E’
semplicemente una testimonianza.
Sistema teatrale italiano e il nomadismo
Il sistema teatrale italiano è particolare perché ancora oggi, a differenza di altre nazioni come la
Francia e la Germania, è basato sul nomadismo. Il teatro viene fatto per la maggior parte dei casi
da compagnie girovaghe, che non hanno una casa, vengono in una sala teatrale, rappresentano
uno spettacolo, e poi cominciano la tournée. Negli altri paesi le compagnie teatrali sono fisse.
Come mai in Italia la situazione è diversa? La ragione è la grande influenza dei comici dell’arte che
hanno avuto nel sistema del teatro italiano. Solo nel 1947 si comincia a pensare a un modo di far
teatro stabile; oggigiorno il 90% è nomade, il 10% fisso, stabile, con una sede.
Necessità di nobilitare la figura dell’attore
I comici quando cominciano a muoversi, ad affrontare lunghi viaggi per raggiungere le grandi corti
europee nasce la nobilità della propria figura; ci sono moltissime testimonianze e ritratti, sonetti
dedicati a questi attori, perché anche attraverso questa via artistica i comici dell’arte assumono
una propria importanza, un proprio ruolo sociale che li allontana dalle origini del mercato e
ciarlatanesimo. Questo succede con l’1% dei comici dell’arte dell’epoca. Qualche celebre attore o
attrice riesce a diventare un autore letterario, diventando una stella nell'ambito del reatro facendo
concorrenza tra cantanti dell’opera lirica.
ARLECCHINO
Giorgio Strehler
Primo esempio compiuto di regista italiano. Fine della seconda guerra mondiale, 1947 dopo due
anni nel fermento della ricostruzione del dopoguerra, insieme a un latro personaggio (Paolo
Grassi) fondano il Piccolo Teatro di Milano, uno dei teatri più conosciuti d’Italia.
Il Piccolo Teatro è teatro d’arte per tutti.
Arlecchino
Uno dei primi testi, primi spettacoli, con i quali Strehler si presente al proprio pubblico. arlecchino
servitore di due padroni, Carlo Goldoni, che nella prima edizione individua come autore dei
dialoghi. Primi testi scritti sono con Goldoni, che attua per gradi questa riforma mettendo per
iscritto solo alcune parti prima di arrivare a scrivere l’opera completa.
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Arlecchino servitore di due padroni appartiene ancora a una fase in cui Goldoni non pensa a
scrivere tutto il testo, ed è per questo che Strehler lo individua come “autore dei dialoghi”.
Marcello Moretti = storico arlecchino sul quale Strehler costruisce questo personaggio, che ancora
oggi è interpretato da Ferruccio Soleri.
Perché Strehler decide di mettere in scena quest’opera?
Per esplorare i diversi codici attoriali e teatrali in senso più ampio.
La messa in scena
Gestualità molto pronunciata nei personaggi, riprendendo quelli che erano i lazzi, i giochi, dei
comici dell’arte. Quindi sono personaggi tipizzati. Ambientato a Venezia, quindi è parlato in
veneziano. Scenografia molto semplice, con pochi elementi: fondale dipinto su una pedana in
legno.
I costumi di Elbe Colciaghi sono costumi apparentemente poveri, ma nascondono una ricerca
filologica attenta, molto vicini a come doveva essere nell’originale rappresentazione; questo
significai un recupero della tradizione e una qualità dei tessuti che ancora oggi caratterizzano i
costumi.
Temi:
- Tema dei diamanti
- Tema del doppio
- Tema del travestimento
- Tema della fame
- Tema del denaro
L’allestimento soffre dei cambiamenti durante il tempo. Obiettivo di raggiungere una semplicità e
linearità sempre maggiori.
Le edizioni considerate le più importanti tra le 10 ricordate:
- 1947 = Piccolo Teatro di Milano, la sala di via Rovello, dove si erano appena insediati. Marcello
Moretti, la cui capacità di movimento corporei sono uno dei motivi della creazione del
personaggio di arlecchino.
- 1956 = prima edizione che va oltre i confini italiani, rappresentata a Edinburgo, e l’inserimento
che Strehler fa sul testo di Goldoni è immaginare che ci sia una compagnia di guitti che sta
mettendo in scena lo spettacolo. Così facendo dimostriamo come l’approccio di Strehler nei
confronti del testo sia sempre aperto, diventando un gioco costante.
- 1963 = quando è scomparso Marcello Moretti, la prima edizione nella quale prende parte
Ferruccio Sideri,
- 1977 = teatro Odeon a Parigi
- 1987 = edizione dell’addio, perché S. aveva deciso di non rappresentare più quest’opera, la
rappresentazione diventa ancora più lineare.
- 1990 = S di ripensa e mette in scena l’arlecchino, Sideri nelle vesti di Arlecchino, ed
accompagnarlo ci sono allievi della scuola del Piccolo (presente Goldoni, con Brecht e Checov
vicini a S).
Figura femminile nel palcoscenico = caratterizzate da costumi che evidenziano la fisicità, punto
vita stretto, scollature.
CARLO GOLDONI
Con Goldoni non si conclude la commedia dell’arte.
Il fenomeno prosegue ma diventa sempre più sporadico, va a chiudersi, perché il pubblico era
stanco. Dopo centinaia di anni in cui il pubblico andava a teatro a vedere la commedia dell’arte
voleva qualcosa dì nuovo. Nel ‘700 per l'europa girava un’area culturale diversa, si iniziava a
parlare di libertà, di ragione, è il secolo dell’illuminismo. Si sente che è in contrasto con i lazzi degli
arlecchini e delle colombine.
La Riforma di Goldoni
Goldoni nasce in teatro, per vivere deve lavorare con una compagnia, vive il teatro in primissima
persona. Sta vicino agli attori.
Arriva il momento in cui la sala diventa sempre meno frequentata, il pubblico diminuisce. Goldoni si
rende conto che è necessario porre rimedio a questo fenomeno. Non poteva fare il poeta di
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compagnia, però comincia a lavorare vicino agli attori proponendo di sostituire all’improvvisazione
un testo scritto sempre uguale tutte le sere, ovviamente scritto da Goldoni.
All’inizio la proposta non piace e molti degli attori guardano con sospetto questo genere di
proposta, anzi Goldoni all’inizio scrive proprio dei canovacci.
Tuttavia alcuni attori più giovani e coraggiosi decidono di ascoltare questo giovane ragazze che
propone la propria capacità di scrivere e, al posto di utilizzare lo zibaldone, provano a recitare
quello che aveva scritto Goldoni e il successo è straordinario. Il pubblico risponde in maniera più
calorosa e via via cresce.
Inizia questa sostituzione, agli zibaldoni sono sostituite delle parti scritte.
Questa cosa ha successo perché scrivere una commedia per intero voleva dire renderla più
complessa e quindi più interessante, vicine al pubblico. Mettere in scena una cosa che le
maschere non potevano mettere in scena: la realtà, la vita.
Riesce attraverso una rappresentazione realistica a raccontare al pubblico delle vicende articolate
e psicologicamente più interessanti.
Goldoni dice: ho guardato il teatro e il mondo per creare la mia riforma.
I meccanismi della scrittura teatrale potevano essere più utili che non la vecchia straordinaria
abilità dell'improvvisazione utilizzata fino a quel punto.
Le vicende erano le vicende della realtà, che si potevano vedere aprendo la finestra delle calli di
Venezia; inoltre si tratta di un periodo di grand fermento politico e spirito di rivoluzione.
Goldoni e la Maschera
Non è vero il fatto che Goldoni abbia “tolto la maschera” ai personaggi, anche perché non sarebbe
stato possibile da un punto di vista proprio etico degli attori stessi.
Quello che è evidente nei lavori di Goldoni, spesso e non sempre, viene sostituita alla maschera
l’esaltazione della psicologia del personaggio.
Per esempio: la servetta della locandiera è la servita dell’arte, ci sono ancora i tratti ma l’ha
superata, ha progredito, è più vicina a noi.
Goldoni va incontro al pubblico, e quando è possibile toglie la maschera e sostituisce a quel
personaggio il carattere psicologico moderno.
Goldoni quindi lavora con le maschere ma facendo recitare ciò che ha scritto.
Goldoni uomo del suo tempo
Goldoni è attento a quanto succede intorno a lui, mette in scena cose che sono consone alla
intemperie culturale del periodo. Mette in scena particolari figure, modifica le vicende ascoltando
anche quanto arriva dalle riflessioni dai filosofi francesi, guardando ciò che succede in Germania.
Quindi riesce a fare proprie quelle vicende che accadevano intorno a lui. Questo piace al pubblico,
interessato a vedere la vita che succede intorno.
Goldoni a Parigi
Dal 1750 scrive sempre tutti i suoi testi, li pubblica, gli attori leggono e recitano così come sono,
alcuni attori recitano senza maschera. Poi per ragioni politico-sociali si sposta a Parigi (capitale del
teatro nel ‘700) e si ritrova a riscrivere i canovacci, perché in realtà quello era richiesto. Goldoni
essendo borghese, quindi lavora per vivere, e quindi scrive tantissimi canovacci per i comici della
commedia dell’arte che erano a Parigi.
La Locandiera
In questa commedia La Locandiera, che sarebbe la Servetta, rivendica il suo esser donna e il non
volere acquisire titoli di nobiltà attraverso un matrimonio di cui non le interessa nulla.
In questo caso la Servetta c’è ma è un superamento psicologico, va oltre la solita divertente
maschera. Questo superamento permette agli attori di dire qualcosa di più, di esprimere una
soggettività accentuata e psicologicamente più completa.
Mirandolina seduce il cavaliere misogino psicologicamente, senza usare come mezzo il proprio
fisico.
Programmazione degli spettacoli
Ogni giorno c’era uno spettacolo diverso, quindi gli attori dovevano non solo ricordarsi uno
spettacolo per dei giorni consecutivi, ma diversi spettacoli riproposti a distanze alternate.
Come facevano gli attori a ricordare tutte le sere un testo diverso?
Esisteva il suggeritore. Professione che nasce con Goldoni, infatti in una sua opera “Il Teatro
Comico” opera metateatrale abbastanza noiosa (goldoni mette in scena una compagnia di comici
dell’arte che deve andare in scena e prova il testo di un autore che scrive tutto e quindi ci sono
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delgli attori che sono molto contenti e altri che invece dicono che vogliono continuare a fare
l’improvvisazione e detestano dover studiare il testo). In quest’opera Goldoni va a teorizzare
l’importanza della figura del suggeritore.
Ancora oggi è una figura presente, soprattutto nel teatro d’opera perché ilcantante d'opera canta
qua là si sposta in varie città cantando diversi spettacoli.
Piccolo intermezzo: l’opera lirica e la figura dell’attore
Oltre ai comici dell’arte, esisteva un altro fenomeno molto diffuso e concorrenziale: l’opera lirica.
L’opera lirica era nel ‘6/700 lo spettacolo di maggior richiamo. Infatti le grandi sale dei teatri italiani
erano utilizzate per lo spettacolo del melodramma.
Genere di canto e interpretazione che coincide con la figura dei castrati, o evirati.
Vi è un anello di congiunzione che anche attraverso il teatro musicale ci riporta al teatro di prosa,
di interpretazione e al teatro dei nostri giorni.
EVIRATI o CASTRATI
Cantavano l’opera, interpretavano ruoli maschili e avevano una caratteristica vocale data dalla loro
mutilazione: poter raggiungere delle note molto molto alte e avere un colore della voce innaturale.
Per avere questa grande estensione vocale superava le tre ottave, potevano interpretare e
abbellire e impreziosire attraverso tutta una coloritura e particolare tecnica vocale i personaggi che
interpretavano. Questo li rendeva unici, straordinariamente bravi e amati dal pubblico, quindi
richiesti perché solo loro potevano interpretare certi ruoli scritti in maniera tecnicamente difficili dai
compositori.
La straordinaria perfezione vocale che veniva data agli interpreti che avevano subito questa
mutilazione li rendeva personaggi unici, a tal punto che il pubblico andava a vedere loro (Farinelli)
non tanto per quello che cantavano ma per le loro capacità canore.
Molto spesso, la castrazione, erano operazioni che avvenivano prima che si sviluppasse
completamente la sessualità e quindi molto spesso la voce non si sviluppava rimanendo quella che
adesso viene definita “Voce Bianca”.
Molto spesso i cantanti evirati gareggiavano con le prime donne, che erano comunque più
numerose; proponendo però ciò che volevano, arie e melodie che provenivano da altre opere
perché “li facevano fare più bella figura”.
Arrivare a una specializzazione vocale così particolare richiedeva una vita di fatiche, un imposto
vocale un’attenzione e un esercizio quotidiano che soltanto in alcuni casi rarissimi dava dei risultati
eccezionali; quando questi risultati venivano completati il trionfo dell’evirato non aveva confini.
Questi uomini erano delle divinità. Erano merce di scambio, nel senso che un grande re per avere
alla propria corte quell’evirato particolare poteva scambiarlo con la conclusione di una guerra o con
una contea. Personaggi, quindi, che iniziano con la loro modalità di rappresentazione a imporre nel
teatro italiano un certo disordine; un certo apprezzamento più che del lavoro comune ma della
straordinaria abilità del singolo.
Con la figura dell’evirato si crea, in Italia, una grande concorrenza con il teatro d’opera; tutte le
forze che la cultura dell’800 mette in campo vanno a rafforzare e sovvenzionare il teatro di musica,
perché quello di prosa è poco diffuso.
IL GRANDE ATTORE - MATTATORE
Non è un attore “bravo” ma che fa determinate cose; si inserisce in questa categoria storiografica,
che coincide con l’800, che è rimasta famosa per la capacità dei propri interpreti di variare e
modificare il testo (un po’ come gli evirati) secondo la propria capacità, sensibilità e bravure.
Accentuavano determinate parti, ruoli, andare a togliere magari delle battute e quindi, in alcuni
casi, riscrivere il testo per mettere al centro della rappresentazione la propria personalità.
Prendevano un testo e lo adattavano a se stessi.
I Grandi Attori importanti sono: Tommaso Salvini, Ernesto Rossi, Adelaide Ristori.
“Il Mattatore” è capace di incantare il pubblico con le proprie doti interpretative, prendendo il testo
come pretesto per fare uno spettacolo.
Esempio: Otello
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Sposa Desdemona, poi ingelosito da Iago crede che Desdemona lo abbia tradito con Cassio e la
uccide, poi scopre che Desdemona è innocente e si uccide.
Il Grande Attore, per esempio Rossi, riscrive il finale di Otello facendolo finire con lui che andava
da Desdemona, la stordiva, poi (innocente) si uccideva e alla fine dell’opera Desdemona
“risuscitava” riabbracciava etc. Faceva questo perché il suo modo di recitare era più lirico, più
portato a una drammaticità che andava meglio a raggiungere il pubblico in quella direzione; quindi
non esitava di cambiare il testo di Shakespeare. L’importante era il risultato, solo pochi erano così
straordinari da poter fare un’operazione del genere.
Esempio: Dama delle Camelie
Adelaide Ristori interpretava con molto successo e continuativamente la dama delle Camelie;
prostituta mantenuta da un ricco barone, si innamora di un giovane si ravvede e muore di tisi.
Era un’attrice molto rispettata, e sulla scena fare il primo atto dove la protagonista saluta gli
uomini, ha una certa promiscuità e vende il suo corpo, non è dignitoso. Quindi, rileggendo il
copione del primo Atto che riscrive, tutta la vicenda di prostituta viene cancellata: lei è una gentile
signora che abita a Parigi che riceve degli amici perché ha avuto del denaro in dote e tutto questo
appartiene a una classe borghese che poi la condurrà a dove rinunciare al suo amato promesso
sposo, perché non lo può sposare in quanto non appartiene a una classe sociale alta.
Esempio: Romeo e Giulietta
Finisce bene, non muoiono.
Tutta la rappresentazione ruota intorno al Grande Attore, che è indifferente alla rappresentazione
storica.
ELEONORA DUSE
Eleonora Duse, la quale ha avuto una grandissima notorietà ed è stata storicamente importante
perché ha auto un ruolo determinante in questa svolta.
Nasce nel 1858 e muore nel 1924. Attraversa dei periodi importanti, come il passaggio dall’800 al
900, quindi anche la grande guerra.
Nasce come attrice legata al Grande Attore e diventa qualche cos’altro.
Fa fatica ma si afferma come Grande Attrice, attrice vicina a quelle modalità del Mattatore, quindi
indifferente al testo teatrale e al tipo di rapporto che l’attore doveva avere con il testo. Mette in
scena molti spettacoli facendolo con le modalità appunto del Grande Attore. Emerge ed è
acclamata.
Si rende conto che i lodo di fare del Grande Attore ha ormai fatto il suo tempo; le rivoluzioni sociali
e culturali della fine dell’800 la mettono di fronte ad alcuni interrogativi. Il teatro deve forse avere
qualche fine e scopo diverso, oltre a quello di far emergere la personalità dell’attore.
La Duse si mette a lavorare sulla propria preparazione culturale; prima erano attori girovaghi che
avevano nella loro vita come priorità quella di recitare. Quindi la Duse anziché dedicarsi e godere
di quello che ha raggiunto attraverso il suo successo; dopo un paio di conoscenze fatte durante la
sua vita, con Boito e D’Annunzio, perfeziona la propria cultura e introduce un nuovo modo di fare
teatro.
Momento di svolta -> modo nuovo di fare teatro = la Duse, raccogliendo le osservazioni che
c’erano intorno a lei e facendo propria una modalità che stava facendo piede a teatro, dice basta
all’immagine dell’Attore fino a quel momento. L’attore deve mettersi a servizio dell’Arte, e quindi
soprattutto dell’”Autore”; deve essere attento al testo che recita. L’Attore deve leggere il testo,
capirlo e interpretarlo il più possibile vicino al pensiero dell’autore. Gli autori che interpreta sono
nuovi, problematici, come Ibsen (drammaturgo svedese/norvegese che ha avuto grande fortuna e
che ha rappresentato una svolta nel teatro perché ha messo in scena soprattutto dei personaggi
psicologicamente deboli). Questa donna all’appicco della fortuna dice “l’istinto non basta
nell’arte, occorre studiare”, vuol dire cambiare modo di fare teatro e quindi inaugura una
stagione che continua fino ai giorni nostri.
Fu una vera femminista, fondò una biblioteca per le attrici sapendo che l’istinto non basta;
sapevate le donne non potevano studiare e si impegnò per questo.
Esempio:
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Duse lavora con D’Annunzio, quest’ultimo era già un poeta affermato, conosciuto in tutta Europa,
che scrivo per teatro. Lavorano insieme, nella Francesca da Rimini. D’Annunzio va alle prove della
Duse e la Duse interpreta il testo di D’Annunzio recitando i suoi versi, quest’ultimo quando sente la
recitazione in alcuni casi modifica il testo. Sente che sulla scena il testo non suona bene come
sulla carta. Ecco che Eleonora Duse capisce l’importanza che deve attribuire all’intero copione, e
di conseguenza D’Annunzio crea un copione fatto appositamente per la scena. Inaugurano un
nuovo modo di fare teatro: attore attento al testo drammaturgico che deve rappresentare, e lontano
dalle modalità che erano state dei secoli precedenti.
Morì a Pittsburg, e in questo modo andò a chiudere una carriera straordinaria. Fu chiamata
“l’Attrice Divina” -> perché aveva un modo di recitare impalpabile, difficilmente raccontabile,
difficilmente paragonabile ad altri.
Grande Attrice Ottocentesca -> Prima Attrice Moderna
Il suo nome è universalmente noto, perché è legata a due mondi importanti del teatro. Mostra una
modernità nella recitazione che la rende la prima attrice del teatro moderno.
Film = Cenere, in cui la Duse recita.
Modalità dello spettacolo di Eleonora Duse
Era dimessa, aveva una recitazione molto interiorizzata. Diversa da quella declamatoria propria del
Grande Attore. Recitava con dei toni legati alle mezze voci; una vocalità sussurrata.
La Duse si calava nel personaggio, si immedesimava con un metodo di recitazione che arrivava
dalla Russia (che ancora adesso tutti gli attori utilizzano).
Leggendo le cronache sono messi in evidenzia dei particolari della recitazione della Duse; si parla
di come muovesse le mani, la sua recitazione era legata a dei piccoli gesti. Le mani, non le
braccia.
Dice: la cosa importante per un attore non è mostrare, è nascondere.
Quindi non mostrare il dolore con delle urla, delle grida, o la gioia con dei salti in aria, ma
nascondere. La Duse recita per sottrazione. Non va ad aggiungere ma a togliere, il contrario di
quello che veniva fatto nel teatro precedente. Se una parola è troppo carica la Duse la sottrae, la
rende meno evidente, la nasconde.
LA FIGURA DEL REGISTA
Regia alla base del teatro contemporaneo
La parola “regia” è alla base del teatro contemporaneo.
La parola regista nel teatro italiano compare tardi (per la prima volta nel 1932 in un dizionario
italiano), viene utilizzata nel teatro nel dopoguerra proprio nell’istituzione del Piccolo Teatro.
All’estero, invece, la figura del regista si era già affermata.
In Italia la regia arriva così tardi perché si era creata una figura di attore molto forte attorno alla
quale giravano tutti gli elementi dello spettacolo: l’idea del teatro d’ensemble in Italia è molto
osteggiata, perciò i registi degli spettacoli erano spesso gli stessi autori, il controllo lo esercitavano
loro.
A un certo punto diventa necessaria l’affermazione anche in Italia della figura del regista per
diverse ragioni:
- Ragione di carattere tecnico = il teatro diventa via via più difficile da fare, le nuove tecnologie
entrano anche sulla scena teatrale. Con la tecnologia, si possono organizzare maggiormente i
palcoscenici (con palchi mobili, ricostruendo determinate scene, con un’illuminazione più
raffinata, con effetti cinematografici…), quindi ci vuole qualcuno che sia in grado tecnicamente di
organizzare tutto anche in relazione al testo, sapendo però anche dirigere gli autori, leggere il
testo, pensare all’illuminazione, ecc. Per questa ragione tecnica, la figura del regista, che svolge
una funzione di coordinamento, è indispensabile.
- Anche in Italia c’è stato un grande svecchiamento della scena teatrale = il teatro non è più
il posto riservato alla borghesia. Con l’inizio del ‘900 e i nuovi fenomeni, chiamate avanguardie
storiche, tutto viene ribaltato, anche in Italia. Un esempio è il futurismo, che con Marinetti vede il
teatro come una provocazione: si avevano manifestazioni di provocazione, come le persone che
rimanevano incollate alle sedie in platea, oppure la sola visione delle gambe degli attori. Tutto
questo spacca veramente: si rompe l’idea di un teatro tranquillo, digestivo, che doveva piacere.
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È richiesto così qualcuno che sia preparato, intellettualmente forte, che vada incontro ai gusti di
un nuovo pubblico, che è stato scosso ed elettrizzato da una serie di eventi che hanno
modificato il suo gusto. Dalla necessità di affrontare una nuova civiltà dello spettacolo deriva la
necessità di avere anche un forte coordinamento storico che è quello del regista.
- L’attore era sostanzialmente figlio d’arte = Nella società 900esca si crea un metodo di
scuola, che comincia a formarsi soprattutto in Russia: iniziano a nascere dei metodi di
recitazione, cioè qualche cosa che ci dice come imparare a recitare.
L’Immedesimazione - Stanislavskij
All’inizio del ‘900 di diffonde un grande metodo di teatro, quello dell’immedesimazione, legato a un
personaggio russo, Stanislavskij, che nasce nell’800 ma opera sostanzialmente nel ‘900. È un
signore russo che teorizza il metodo dell’immedesimazione: è un metodo che si diffonde
straordinariamente in tutta Europa ed è il più conosciuto nelle scuole di recitazione. Per
Stanislavskij l’attore deve immedesimarsi e calarsi nel personaggio: la cosa importante non è
l’attore, ma il personaggio e il testo.
Come prima cosa per calarsi nel personaggio, dopo aver letto il testo, va utilizzata propria la:
- capacità mnemonica = quella che permette di ricordare dalla propria esperienza emotiva tutte
le situazioni simili a quelle che deve affrontare il personaggio da interpretare.
- pensare alle circostanze date, quelle scritte nel testo, ma anche a quelle che non sono
scritte = si va a immaginare, a ricostruire e a ricreare il personaggio psicologicamente, per
rivivere la sua storia.
- gli attori devono essere anche aiutati da tutto ciò che gli sta intorno = questa è la reale
necessità degli attori (ad esempio costumi, pitture, illuminazione…). Tutto sulla scena
dev’essere il più possibile vicino alla realtà, in maniera eccessiva.
Per questa ragione, nasce anche in Italia la necessità di un coordinatore, che aiuti l’attore a
immedesimarsi e ad applicare questo metodo per dare il meglio di sé.
VIDEO 1: è l’esempio del metodo Stanislavskij applicato in maniera macroscopica. C’è una
necessità di immedesimazione e una necessità della figura di un regista che interviene per far sì
che il personaggio sia il più possibile vicino all’idea della sceneggiatura (nel cinema) o dell’autore
(nel teatro).
VIDEO 2: dal “Gattopardo”
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MODULO 3
MILANO CITTA’ DELLO SPETTACOLO
Modulo contemporaneo, riguarda la conoscenza di quanto accade nello spettacolo teatrale della
Milano di oggi.
“Milano città dello spettacolo” all’ex-cuem
“Teatro dell’Elfo”
Inquadrano le sale teatrali milanesi, concentrandosi in particolare su tre sale che sono Teatro alla
Scala, il Piccolo teatro e l’Elfo Puccini.
Osservazione di carattere storico
Molte delle sale milanesi sono storiche, risalgono ad anni e secoli precedenti.
Il Teatro a Milano è semrpe stato presente dal ‘700 con delle sale stabili, il primo teator fu il Teatro
Teatro D’Opera
Ducale che è stato bruciato; seguito da due sale attive per tutto il ‘700 e tutto l’800:
- teatro alla scala = rappresentazioni d’opera
- teatro della canobiana = costruito da un famoso architetto e artista Pier Marini, sorgeva dove ora
sorge il teatro lirico. (chiuso da 20’anni, in Via Larga all’incrocio con Via Baracchini).
Queste sono le due sale che hanno ospitato il grande spettacolo musicale, tutt’ora una delle due è
attiva (la scala).
Teatro di Prosa
Esistevano varie sale destinate al teatro di prosa, che sorgevano all’incirca sul perimetro della
cerchia dei navigli, che sono:
- Teatro Carcano = non è come nell’800, ma è stato ristrutturate. Era una delle sale prestigiose
della Milanno del XIX secolo che ospitava Prosa e Opera.
Teatro della Manipolazione
Teatro delle marionette = elementi nobili del teatro della manipolazione, differente dal teatro dei
burattini. Aveva una sala:
- Teatro Gerolamo = adesso in piazza beccaria, era un genere diffuso.
Teatro Dialettale
Ora parte marginale dello spettacolo, in genere legato al teatro amatoriale. Ha compagnie di
grande successo (i legnanesi). Sia genere comico che drammatico.
- Teatro dei Filodrammatici = si trova affianco alla scala, non ha più nulla a che fare con il teatro
dialettali ma si occupa di sperimentazione; ora accademia.
Sviluppo - avvento del cinema
Avvento del cinema = tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 che cambia radicalmente il sistema
teatrale urbano milanese.
Ha bisogno di spazi, e in una prima fase vengono quasi condivisi con il teatro.
Il cinema prende sopravvento rispetto al teatro, e quindi le sale teatrali iniziano a chiudere e
vengono sostituite da delle sale cinematografiche. La differenza è notevole, perché ovviamente la
sala cinematografica non ha bisogno del palcoscenico, ma di un luogo per la proiezione e non
della profondità del palcoscenico.
Esempio: cinema teatro excelsior (l’odeon); era un teatro fino agli anni ’70; era difficile mantenere
l’attività del palcoscenico e il cinema ha preso sopravvento anche come diffusione e come
richiamo di pubblico ed è diventato una sala cinematografica.
Due sale della prosa che sono più interessanti.
PICCOLO TEATRO DI MILANO
Teatro stabile pubblico, che attualmente ha la capacità di ospitalità del pubblico maggiore. Lavora
su tre sale teatrali. (488 posti)
Prima sala: Sala Storica di via Rovello
Sala che si trova nel centro di Milano ed è stata la prima sala del Piccolo inaugurata nel 1947 e ne
ha ospitato la nascita. Ribattezzato Teatro Grassi.
Seconda sala: Teatro Studio
Particolare perché si può definire a pianta elisabettiana, nel senso che nel tempo i Shakespeare i
teatri avevano una rappresentazione che in genere avveniva in una parte della platea rialzata da
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una piattaforma e il pubblico prendeva posto in questi balconi che ospitavano il pubblico il quale
vedeva lo spettacolo affacciandosi.
Dedicato a una grande sttrige, a Miarangela Melato, che contiene 368 posti.
Viene aperto da Giorgio Strehler perché doveva essere il teatro della scuola di teatro riservato agli
studenti.
Terza sala: Strehler
Dedicata a Giorgio Strehler, sala di 968 posti.
Il Piccolo ha un’importanza istituzionale, il più sovvenzionato. Pubblico, quindi finanziato in quanto
servizio. Andare al Piccolo Teatro ha un costo accessibile.
TEATRO ELFO PUCCINI
Ha la stessa caratteristica del Piccolo Teatro ma più ridotta; ha tre sale che sono esattamente
come quelle del Piccolo. Quest’ultimo le ha dislocate per la città, mentre l’Elfo è racchiuso in un
unico edificio. Era un cinema (Cinema Puccini) e di recente è stato preso in gestione dal comune
al teatro dell’Elfo (diventando Elfo Puccini).
Tre sale di differente capienza.
La più piccola = dedicata alle sperimentazioni (100 posti), non ha i posti a sedere effettivi. Sala
dedicata a una grande danzatrice che ha fatto in parte la storia dell’Elfo: Pina Bausch.
Seconda sala = più ampia, dedicata a un autore drammaturgo proprio del percorso del teatro
dell’Elfo: Fasbinder.
Terza sala, la più grande = dedicata a uno degli autori più celebri e più amati dal teatro dell’Elfo:
Shakespeare.
Si definisce un Multisala perché si accede a tre sale differenti, e la sua caratteristica è quella di
produrre spettacoli in contemporanea.
Elfo = parola che indica delle creature un po’ scomode, birbanti.
E’ stato fondato nel 1973.
Storia del TEATRO ELFO PUCCINI
Tra i fondatori Gabriele Salvatores, Ferdinando Bruni.
Via via l’attività di questo gruppo di artisti prende sempre più spazio, sempre più importante
all’interno della città e nel 1979 ai soci della cooperativa viene riconosciuta una dignità ufficiale
dalla città di imano concedendo a loro una sala. Sala che prima non avevano, perché i primi anni
sono anni in cui gli attori del teatro dell’elfo recitano in luoghi non teatrali.
La sede ospita il primo grande successo “Sogno di una notte di mezza estate”; questo spettacolo
debutta nel 1981 raggiunge in breve i 200.000 spettatori. Il teatro dell’elfo con questo spettacolo
dalla regia di Salvatores richiama un numero di spettatori straordinario.
Intorno al teatro dell’elfo si crea anche un nucleo di artisti un po' particolari, lontani dal teatro come
noi lo intendiamo: Paolo Rossi, Claudio Bisio, Antonio Catania, Silvio Orlando etc.
Nel frattempo, come capita spesso, all’interno del gruppo del teatro dell’elfo alcune persone si
uniscono, altre si muovono e cercano altre strade. Salvatores si dedica soprattutto al cinema e alla
fine degli anni 80 conclude il suo rapporto di regista con il reato dell’elfo.
Ferdinando Bruni, Elio e Capitani continuano una felicissima attività tutt’ora in corso.
Dopo questi anni 80 molto ricchi e felici, nel 1992 è un anno importante perché il teatro dell’elfo si
unisce a un altro teatro milanese che era il teatro di porta romana che faceva una programmazione
abbastanza simile a quella dell’elfo diretto da Fiorenzo Grassi (non c’entra con Paolo Grassi) e
attraverso l’unione di queste due istituzioni si crea una società, una cooperativa, che viene
chiamata Teatri Di Thalia (che era una delle muse del teatro, come riferimento al teatro antico).
Unendosi le due realtà diventino molto più forti:
- hanno più pubblico, non si fanno più concorrenza
- hanno la forza, anche per richiedere più fondi al comune, per organizzare delle manifestazioni
che ancora adesso sono attive nella nostra città (per esempio la manifestazione che proprio
nasce in questo periodo “Milano Oltre”, un festival di teatro danza)
La vicenda del teatro dell’elfo ha poi vari momenti di riflessione, cambiamento:
- cambia la società che sta intorno
- cambiano le regole
- cambia il pubblico
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A Milano in questi anni il teatro deve in qualche modo fare fronte a questi cambiamenti.
L’Elfo ha cercato molte altre sedi per riuscire a soddisfare il pubblico, e infatti ci ha lavorato ma la
cosa diventava molto complicata.
Nel 2010 il teatro dell’elfo si sposta dopo molti anni di attesa, decisioni contrapposte, nell’attuale
sede “il teatro Puccini” un edificio molto grande e che viene a porsi come un’enorme sala teatrale,
la più grande dopo la Scala e dopo gli Arcimboldi.
Elfo Puccini perché si aggiunge il nome della sala del teatro Puccini; precedentemente era un
cinema, anche prima era un luogo dove si svolgevano vari spettacoli e oggigiorno è sede del teatro
dell’elfo.
L’anno successivo, il 2011, l’Elfo che era ormai una cooperativa modifica la sua ragione sociale e
da cooperativa diventa “impresa sociale”. Impresa sociale è una forma giuridica che racchiude un
po’ la stessa filosofia del teatro dell’elfo = il teatro ha dei fini di automantenimento, quindi fini di
lucro; ma attraverso l’impresa sociale reinveste quello guadagnato nell’oggetto sociale (fare arte),
ma rinnovando anche il rapporto con il pubblico dando grande spazio all’attività dei giovani per
esempio ospitando delle rassegne di teatro che presentano “nuove storie”, lavorando anche
socialmente con importanti iniziative e associazioni culturali. Idea di collaborare attraverso
un’attività di servizi sociali, che non sia soltanto il teatro. (rapporto con i giovani, con le istituzioni)
La programmazione diventa non solo di ottimo livello artistico ma con lo scopo di avere un senso,
di contenere un discorso da trasmettere alla città.
Ciò che succede sulla scena - lo spettacolo
Fasbinder = autore tedesco che ha avuto grande importanza nel teatro e nel cinema, politicamente
difficile da collocar; il suo teatro è stato portato in Italia dal teatro dell'elfo che lo ha rappresentato
in esclusiva per molto anni.
il teatro dell'elfo ha la caratteristica dì avere un gruppo di attori insieme da anni.
E’ anche un teatro con il dovere di mettere in scena la tradizione del teatro, anche dei testi che
sono proprio del patrimonio teatrale. (Il giardino dei ciliegi testo di Cechov, autore che lavorava nel
periodo di stranislavskij).
Storia del PICCOLO TEATRO
Inaugurazione nel 1947, fondato da Paolo Grassi e Giorgio Strehler.
Primo teatro stabile pubblico
Si chiama “Piccolo” perché la sala ha pochi posti; si fa una tradizione antica legata alla Russia,
dove Stanislavkij aveva messo in scene molte sue opere (Teatro Piccolo in Russia)
Prima volta che in Italia esiste un teatro con le caratteristiche di:
- essere stabile, quindi un edificio che lo ospita continuativamente (lo stesso gruppo di persone)
- pubblico, nel senso che è un teatro anzitutto sovvenzionato dal servizio pubblico, dalle
pubbliche istituzioni, e in questo caso dal comune. (Nasce grazie all’aiuto e alla collaborazione
del sindaco di Milano, Antonio Greppi, che ascolta l’esigenza di questi due ragazzi e da loro una
sala da utilizzare in Via Rovello concessa gratuitamente)
Milano era bombardata, c’erano solo macerie, la città era in una situazione terribile e si dovevano
ricostruire le case, le fabbriche, gli ospedali, delle priorità. Antonio Greppi rischia andando a
impegnare risorse su un teatro, perché?
Greppi è un politico socialista, come Grassi e Strehler che si erano impegnati, e credevano che il
teatro potesse diventare un’istituzione pubblica e quindi un servizio pubblico per tutti i cittadini. Il
teatro è importante perché è un servizio per i cittadini, ed è importante come la scuola. Il teatro è di
pubblica utilità.
Nel 1946, in un concerto diretto da Arturo Toscanini, La Scala, sempre grazie all’interesse di
Greppi, veniva ora riaperta e ridata alla città (dopo esser stata bombardata).
Dal 1947 ancora il Piccolo Teatro è un teatro stabile pubblico, finanziato in maniera differente ma
mantiene ancora oggi questo status, ed è l’unico teatro stabile pubblico di Milano.
Il Piccolo teatro si propone di fare un teatro internazionale, quindi mettere in scena molti autori
stranieri (prima proibito dal governo fascista) tra cui anche Brecht (per la prima volta messo in
scena in Italia).
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Victoria Tincati
Il Piccolo è un “teatro d’arte per tutti” (il motto).
Teatro d’arte significa che il Piccolo si propone di fare un teatro di alto livello artistico, cioè che
proponga degli spettacoli che abbiano uno spessore artistico, letterario, drammaturgico, quindi si
oppone a quello che è il teatro d’evasione (di varietà, dei grandi comici). Un teatro che abbia anche
un valore educativo.
Teatro per pochi, teatro per tutti = proposto con delle modalità che permetta il pubblico di capirlo,
un teatro che sia artistico e che sia proposto a tutti. E’ l’idea nazionale popolare, significato che
assumerà la televisione (una cultura per tutti).
Un teatro aperto alle classi che fino ad allora erano state escluse dal teatro.
Nel 1947 il teatro era inteso come luogo frequentato dalla borghesia, dalle signore, da un pubblico
che ancora adesso frequenta certe sale: questo non è il pubblico che interessa il Piccolo teatro.
Crea un nuovo pubblico, un pubblico popolare che non era mai stato a teatro, mettendo in moto
mille iniziative (anticipa l’inizio dello spettacolo, permette di organizzare degli abbonamenti, toglie
l’idea del posto numerato può o meno costoso facendo il posto unico).
Fidelizzazione = il Piccolo riesce a “fidelizzare” il pubblico, interessato a quello che avviene sul
palcoscenico.
Percorso cronologico del Piccolo
Il rapporto con Strehler procede fino al 1968. 20’anni in cui il Piccolo teatro ottiene grandissimi
successi attraverso diverse turni internazionali.
Nel 1968, periodo in cui la società si ribella in una rivoluzione, Grassi rimane al Piccolo mentre
Strehler va a Roma non riconoscendosi più nelle interperie del ’68 in un'istituzione pubblica come il
Piccolo Teatro. Grassi resta da solo alla guida del Piccolo per 4 anni, con diverse iniziative
importanti, e al ritorno di Strehler nel 1972 Grassi lascia il Piccolo teatro e va a lavorare alla Scala.
Giorgio Strehler rimane solo al Piccolo fino al 1997, anno della sua morte. Subentrano due nuovi
direttori: Sergio Escobar e Luca Ronconi (regista di teatro più importante in Italia).
Nuovo modo di fare teatro
Momento che coincide con l’arrivo di un nuovo modo di fare teatro al Piccolo.
Strehler considera e vive il Piccolo come fosse la sua casa; lo fonda nel 1947 e vi rimane
continuativamente fino all’anno della sua morte, nel 1997.
Nel 1972 Grassi molla e Strehler rimane come unico direttore.
Il Piccolo, che ha avuto per 50 anni una figura come Giorgio Strehler, si torva in grande difficoltà
quando nel 97 abbastanza improvvisamente mette il Piccolo Teatro in una situazione difficile.
Dopo un periodo di gestazione, il Piccolo indica nel ’98 una strada = la strada delle origini.
Si divide il ruolo artistico da quello amministrativo, organizzativo, e la scelta cade su due figure:
Sergio Escobar (operatore “culturale”) e Luca Ronconi (regista stabile).
I primi anni (che coincidono con l’arrivo dal 98 al 00) sono anni difficili, perché il modo di fare teatro
di Giorgio Strehler era un modo di fare molto preciso e identificabile; uno spettatore milanese
cresciuto con gli spettacoli di Strehler faceva coincidere il Piccolo Teatro con quel modo di fare
teatro. Nel momento in cui viene a mancare la figura di Strehler, anche Luca Ronconi, che pure
aveva una lunga carriera alle spalle di regista ed era già stato direttore di importanti Teatri stabili a
Roma e Torino, si trova a dover fare delle scelte differenti.
La prima scelta viene coordinata e organizzata in sintonia con Sergio Escobar.
Fare qualcosa di nuovo o mantenere gli spettacoli di Strehler?
Decidono di allontanarsi dal repertorio di Strehler, perché:
- gli spettacoli di Strehler sono legati al momento in cui vengono fatti, momento storico. Perché il
regista fa riferimenti alla situazione politica e culturale, vivendo nella Milano di quegli anni. Fare
questo teatro adesso sarebbe “un tradimento” nei confronti di Strehler.
- il teatro è fatto dagli attori; il lavoro che Strehler faceva con gli attori era straordinario, ma non
sono più adatti a quei ruoli.
- negli anni ’90, il pubblico cambia. Si frammenta, diventa diverso rispetto al pubblico che c’era
negli anni precedenti. Cambiando il pubblico, cose che funzionavano negli anni ’90, non avrebbe
avuto la stessa risposta positiva che aveva avuto in quegli anni. Il Teatro Stabile Pubblico è fatto
di rapporto continuativo con gli spettatori, quindi le riproposte sarebbero state perdenti in
partenza.
C’è un tipo di spettacolo che mantiene il teatro di Strehler mantendendolo vivo:
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Arlecchino Servitore di Due Padroni (interpretato da Ferruccio Soleri che è sempre stato
l'arlecchino di Strehler dopo Marcello Moretti). Soleri ha preso il posto anche di Strehler; è
diventato oltre che l’interprete anche il regista, la persona che avendo la memoria storica di
Strehler ha preso in carico lo spettacolo e lo ha insegnato agli altri attori.
Il rischio era mettere in scena spettacoli “vecchi” che avrebbero solo portato l’ombra di quello che
era il vero teatro di Strehler, e non avrebbero avuto lo stesso impatto.
Luca Ronconi ha un modo di fare teatro quasi opposto a quello di Strehler, ma in 15 anni il suo
modo di fare teatro si è imposto ottenendo il consenso del pubblico che in questi ultimi anni è
straordinariamente aumentato.
Un mondo diverso - nuova attenzione ai mezzi di comunicazione
Sergio Escobar si trova a lavorare in un mondo diverso.
Rapporto con il marketing e con le nuove forme di comunicazione; il Piccolo adotta e fa proprie
molte fra le nuove forma di comunicazione e via via cerca di utilizzarle non solo per acquisire un
nuovo pubblico, ma anche per fare die lavori e discorsi differenti quindi essere utile al suo oggetto
sociale (facebook, twitter, marketing diretto).
Queste nuove piattaforme non servono soltanto a fidelizzare il pubblico, ma per arricchire il
significato culturale di questa istituzione, per esempio esiste una webtv che ripropone gli spettacoli,
esiste un archivio tutto in rete che mantiene la memoria storica del Piccolo Teatro.
Un nuovo modo per promuovere gli spazi culturali, e quindi arricchire con una serie di materiali la
vicenda storica del Piccolo Teatro.
La proposta degli spettacoli - teatro internazionale e variegato
Il piccolo si è aperto a tutti i linguaggi del teatro; al Piccolo è possibile vedere dal circo alla danza
classica, contemporanea, all’opera lirica, alla drammaturgia classica, sperimentale.
Diventa un luogo di sperimentazione e di laboratori. Aperto ad attori di varia natura.
Tutto ciò mette il Piccolo sotto l’attenzione non solo nazionale ma anche internazionale, quindi
indicando un movimento di internazionalizzazione presentando spettacoli anche in lingua originale.
Proposta che rende possibile la presentazione di molti titoli, quindi grande apertura al teatro del
mondo.
I temi affrontati - temi sociali
Mentre il teatro era soprattutto legato alla figura artistica di un regista, drammaturgo o attore, in
questi ultimi anni attraverso il lavoro comune di Ronconi ed Escobar il Piccolo Teatro prende dei
temi che sono caratteristici di ogni stagione e li vanno a raccontare attraverso degli spettacoli.
Creano dei temi di discussione molto vicini alla società e li racconta attraverso diverse iniziative e
spettacoli; temi che sono analizzati a 360° (mostre, film, spettacoli teatrali, incontri, dibattiti) e
diventano dei momenti di riflessione che coinvolgono tutta la città.
Esempio: il tema di quest’anno “la legalità”.
Come funziona il Piccolo Teatro oggi
Piccolo Teatro - teatro d’Europa, ovvero uno tra i pochi teatri riconosciuti ufficialmente in un
insieme di teatri europei. Favorisce lo scambio di spettacoli.
L’appartenenza al teatro d’Europa è stata voluta e organizzata e fortemente sentita da Strehler,
che per primo sentì che l’Europa deve parlare di cultura.
Punto di vista economico
E’ una fondazione partecipata, perché il Piccolo viene finanziariamente aiutato dai grandi enti
pubblici della città di Milano (comune, dalla provincia e dalla regione).
Il contributo maggiore è quello del comune che partecipa al 50% delle spese del Piccolo Teatro.
La Regione partecipa al 33/35% e la provincia 5% e la camera di commercio.
Affianco c’è anche il ministero per i beni culturali che attraverso diverse modalità finanzia il Piccolo.
Persone aiutano il Piccolo diventando dei mecenati. Found Rising.
La nuova drammaturgia
Il piccolo si è sempre interessato alla drammaturgia contemporanea.
Ogni anno, il Piccolo, riserva delle forze produttive di autori contemporanei (giovani che sono attivi,
quindi il teatro di oggi).
C’è un lavoro di produzione di ospitalità = ospita altri spettacoli che non sono prodotti dal Piccolo
teatro di Milano, ma ospitati e molto spesso prodotti da altri teatri stabili italiani. Infatti la modalità
che attualmente sussiste nella maggior parte dei casi è lo scambio; uno spettacolo del Piccolo va
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al teatro stabile di Genova e in quello stesso periodo lo spettacolo prodotto dal teatro stabile di
Genova viene rappresentato a Milano. A volte anche scambi internazionali.
Le esperienze di Paolo Grassi e Giorgio Strehler soli al Piccolo
Esperienza di Paolo Grassi solo al Piccolo Teatro
Esperienza che coincide con un periodo storico che vede il solo Paolo Grassi alla guida del Piccolo
Teatro. Paolo Grassi deve fare fronte a un’emergenza; quella di condurre autonomamente tutto
quello che prima era stato fatto in condivisione con Strehler. E’ tra il 1968/1972 che si trova da solo
improvvisamente (Strehler si era sentito stretto nelle contestazioni del 68, era abolita la guida
autoritaria del regista e non gli stava bene, quindi se ne era andato a Roma).
Deve mettere in piedi una stagione, fare una programmazione e la deve fare senza contare sugli
spettacoli di Strehler, facendo delle scelte precise:
- Chiama nuovi registi che sono affini per cultura, sensibilità, a quanto sta succedendo in quel
periodo (si ricorda il ’68 parigino che ha come base il Teatro Odeon, teatro pubblico che viene
occupato). Anche a Milano il teatro risente di ciò che sta succedendo, quindi Grassi fa una
programmazione che da la possibilità a giovani registi di mettere in scena i propri spettacoli.
- Una nuova politica di prezzi, riducendoli e creando delle forme più economiche di
abbonamento per cerca di arginare l’emorragia di pubblico che lentamente stava abbandonando
il Piccolo (fase molto difficile di questo teatro; i giovani si disinteressano e sono più interessati al
teatro di protesta e sperimentale; il pubblico più tradizionale non ama le nuove proposte di Paolo
Grassi, i giovani registi, quindi il numero di spettatori cala notevolmente; la terza ragione era
l’assenza di Strehler, che fino a quel momento era il perno intorno alla quale ruotava il Piccolo).
Reazione di Grassi alla difficoltà - il decentramento teatrale (Teatro Quartiere)
Perché il pubblico non viene al Piccolo Teatro? “Se il pubblico non viene a teatro andiamo noi al
pubblico!” Inizia a mettere in pratica questa idea, facendolo nella sua prima stagione del ’69, con
un’iniziativa che viene in parte finanziata dal comune che si rende molto disponibile a quest’idea, e
investendo le energie del Piccolo.
Grassi va dalla famiglia Medini, una grande famiglia circense, e noleggia un tendone del circo e
all’interno del tendone propone gli spettacoli del Piccolo; il primo che propone è “l’arlecchino
servitore di due padroni” con Ferruccio Soleri. La cosa interessante è che questo tendone viene
utilizzato veramente come un tendone del circo, in maniera itinerante. Fa montare il tendone a
Gratosoglio, a Lorenteggio, a Baggio, a Corvetto, in piazzale Cuoco, via Padova, Comasina etc.
Quindi va a portare il teatro in quelli che erano i grandi quartieri dormitorio; negli anni ’70 l’edilizia
si era sviluppata velocemente creando quartieri che si erano trovati ad avere delle case in edifici
dignitosi ma in mezzo al nulla. Erano delle zone molto popolari. Il fatto di portare lo spettacolo
teatrale era veramente una sfida e aveva con se una grande incognita: il pubblico poteva da un
lato essere totalmente indifferente all’iniziativa e dall’altro avere un atteggiamento ostile. La
risposta è diversa, è molto positiva, questi luoghi vengono assediati dal pubblico che, pagando
pochissimo, potevano assistere a spettacoli di grande qualità.
Obiettivo = creare un pubblico in quelle zone che andasse a vedere gli spettacoli del Piccolo per
poi riuscire in qualche modo a fargli prendere il tram e farlo arrivare alla sede di Via Rovello,
facendogli capire che il teatro non era una cosa per ricchi, noiosa, inutile, fatta soltanto per
mostrare la propria ricchezza riservata all’alta borghesia.
L’importanza attribuita al Teatro Quartiere
Grassi fa in modo che in questo tendone che gira, teatro TQ (Teatro Quartiere), ci siano solo
esclusivamente gli stessi spettacoli di Via Rovello; non crea una stagione di “serie a” per chi
frequenta il centro città, ma presenta gli stessi identici spettacoli sia nel tendone che nella sede
principale. Anzi, a volte fa debuttare alcuni spettacoli proprio al Teatro Quartiere.
Procede fino al 1972; sono molti gli spettacoli che vengono fatti e portati nel tendone da circo con
grande successo.
Tutto ciò conduce a una situazione straordinaria; l’esperienza del teatro quartiere non soltanto ha
una risposta di pubblico incredibile (aumenta 10 volte tanto), ma gli spettatori del teatro quartiere
dai luoghi popolari limitrofi prendono il tram dedicando una parte del proprio tempo e vanno al
Piccolo Teatro centrale. L’emorragia di pubblico viene risanata.
La fatica di fare quest’esperienza era enorme per le persone che investivano le proprie energie nel
teatro quartiere, in assenza di infrastrutture.
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Il ritorno di Strehler e la fine del decentramento
L’esperienza del decentramento ha un’attività vivissima dal ’68 al ’72, poi quando Paolo Grassi
lascia il Piccolo Teatro per diventare sovrintendente della Scala, Strehler torna.
Fa esattamente il contrario di quanto fatto da Grassi chiudendo l’esperienza del decentramento,
riconoscendone l’importanza, argomentando che il Piccolo non ha più le forze per continuare
l’esperienza. I finanziamenti vanno diminuendo e non ci sono più le possibilità.
Ritiene che il Piccolo teatro non può farsi carico anche dell'alfabetizzazione del pubblico.
Era una cosa molto sentita da Grassi; quest’ultimo, quando sarà alla Scala, riproporrà il
decentramento con le stesse modalità che aveva utilizzato per il Piccolo. Chiaramente non porterà
le opere liriche nel tendone, ma l’orchestra della Scala si mobiliterà in luoghi dove l’orchestra non
era mai andata e a persone che non avevano mai sentito un’orchestra sinfonica. Per esempio nelle
Fabbriche di Sesto San Giovanni, con la stessa qualità. (POLLINI!)
Il Piccolo Teatro diventa Teatro d’Europa (già lo dicemmo)
Alla fine degli anni ’80, con la sua capacità di attrarre l’attenzione a livello internazionale, in
collaborazione con la Francia crea una struttura che viene chiamata Théatres de l’Europe,
invitando vari teatri nazionali.
Quest’apertura che Strehler codifica si caratterizza poi negli anni attraverso un grande festival, che
viene ospitato a turno nelle città rappresentate nell’unione, e porta in scena gli spettacoli principali
del panorama internazionale europeo. Spettacoli di grande livello tutti rappresentati in lingua
originale (25 lingue). C’è da dire che il festival ha dovuto aumentare le sue rappresentazioni,
perché i fondi destinati alla cultura a livello di unione europea sono crollati; quindi tutte le
manifestazioni che avevano avuto un buon finanziamento, adesso sono diventati più rari e molto
spesso non riescono a richiamare tutti i componenti del teatro d’Europa.
Questione del pubblico
E' sempre stato uno dei grandi temi del Piccolo, nel senso che fin dalle origini il pubblico è stato il
riferente primo sia della programmazione artistica sia del discorso culturale che il Piccolo ha
tentato di sviluppare. Al Piccolo nasce l’idea dell’abbonamento con il teatro di prosa; nascono delle
modalità di fidelizzazione del pubblico.
Tra Strehler e Ronconi
L’attività di Strehler coincide con la storia del Piccolo Teatro, quindi nasce e conclude la sua
esistenza lì.
Strehler “nasce” al Piccolo con l’inaugurazione del 1947, e nel 1997 muore mentre sta mettendo in
scena un’opera lirica (Così fan tutte). Sono molti anni in cui Strehler fa centinaia e centinaia di
regie che hanno lasciato il segno nella storia del teatro.
Nascita della regia con Strehler
A Strehler va riconosciuto il merito di aver fondato la riga in Italia. Con Strehler a Milano nasce
quindi la regia, intesa come il coordinamento artistico di tutti gli elementi dello spettacolo (il testo,
la recitazione, le luci, la musica, le scene etc) che trovano nella figura del regista la persona che
riesce a coordinare e a proporre una regia critica.
Pirmo regista in Italia che contribuisce alla formazione della regia nel nostro paese.
Dopo Strehler il teatro è diverso, non è più come era prima il suo arrivo. Diventa un punto
determinante. Ha lavorato quasi sempre a Milano, portando alcune volte gli spettacoli nel mondo.
L’opera lirica di Strehler
Si sentiva l’esigenza che qualcuno coordinasse gli elementi dello spettacolo. Oltre alla messa in
scena, l’opera ha anche la musica quindi delle regole proprie, molto diverso dalla prosa.
Prima di lavorare al Piccolo lavorava alla Scala come regista d’opera.
Le sue regie liriche non solo ottengono grande successo, ma dimostrano un nuovo modo di
mettere in scena l’opera lirica.
Quindi anche nel teatro musicale Strehler pone un punto fermo nella storia della regia; impone la
regia come elemento indispensabile all’allestimento anche di un’opera lirica.
Modifica la tradizione di rappresentazione
Strehler si dedica ad alcuni autori andando a modificare radicalmente la tradizione di
rappresentazione. Rilegge i testi e li mette in scena in un modo nuovo, cercando di mettere in
scena quello che a suo avviso è il vero testo scritto e non quello che era diventato dopo a seguito
della tradizione di messa in scena che ne aveva un po’ offuscato il significato originale.
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Gli autori sono tre: Goldoni, Shakespeare, Brecht.
• Goldoni = autore del ‘700, aveva una trazione di rappresentazione che lo metteva in scena
come un commediografo che deve divertire il pubblico con le maschere, ambientate in un ‘700
minuettistico, movimenti incipriati, leziosi, un ‘700 di maniera, folklorico. In realtà: incideva in maniera sostanziale sulla realtà, fotografava una classe borghese che stava
muovendosi, mette in scena un momento storico terribile e tragico che va a concludersi con la
rivoluzione francese. Una rappresentazione realistica e grottesca. Strehler: prende questo Goldoni incipriato e folklorico e lo mette in scena togliendo tutta questa
sedimentazione che si era creata nel corso delle rappresentazioni teatrali precedenti, tentando di
mettere in scena il vero testo di Goldoni; quindi rileggendo e sforzandosi di capre e di mettere in
scena quanto voleva l'autore non pensando a quanto era stato fatto sull’autore da tutti colori che
lo avevano preceduto. Scardina la tradizione di rappresentazione, e ci riesce. Attraverso un
modo di fare teatro basato sul grande lavoro riesce a “scrostare” ilt esto di Goldoni e a mettere in
scena un autore che è realmente il Carlo Goldoni della Venezia del ‘700 e non quello che era
diventato nei secoli successivi.
• Shakespeare = Strehler sentiva la necessità di tornare al testo originale.
• Brecht = a differenza dei due precedenti era vivo, col quale Strehler aveva un contatto diretto.
Non solo, ma Brecht è andato anche a vedere uno spettacolo (dalla Berlino Est). fa un lavoro
differente, perché su Brecht non c’era la tradizione, ma un modo di fare Brecht che era un modo
molto tedesco, legato a un discorso politico, che Strehler non sentiva adatto al pubblico italiano.
Strehler rilegge criticamente Brecht cercando di far emergere la verità del testo nella maniera più
consona al pubblico italiano che era diverso da quello tedesco. Attraverso Strehler il teatro di
Brecht arriva in Italia e allora diventa un punto di riferimento non soltanto per il Piccolo ma per
tutto il teatro italiano.
Realismo Poetico
Il teatro di Strehler era caratterizzato dal Realismo Poetico. Proprio nell’equilibrio fra queste due
cose (realismo e poesia) nasce un modo di fare teatro: mettere in scena la realtà, far recitare gli
tori nella maniera più realistica possibile e costruire delle scene che riproducano il luogo dove
l'azione si svolge realmente e quindi fare dei lavori sul testo che siano più possibile concreti, ma
attraverso il filtro della poesia. La poesia viene data da tutti quegli elementi tecnici che rendono
questa realtà meno dura, più “poetica”.
Esempio:
- L’illuminazione = Strehler era un grande maestro con le luci. Le luci sono il segreto dello
spettacolo. Faceva un lavoro con le luci tale che quella realtà dura e fastidiosa diventava più
morbida, meno sgradevole, più “poetica”.
- La musica = la musica influenza direttamente lo spettacolo. Soprattutto in Brecht. Un
accompagnamento musicale originale accompagna la realtà, rendendo lo spettacolo più poetico.
Quella realtà poteva diventa più dura o più vicina alla sensibilità del pubblico.
- La scena = dovevano essere realistiche, e il poetico veniva dalla realizzazione di piccole cose;
per esempio la “laguna di Venezia” non era il vero canale ma bastava una pozza sul
palcoscenico illuminata in un certo modo all’interno della quale veniva posta dell'acqua vera co
una neve di foglietti di carta che andava a rendere poetica la scena che era molto reale e pura,
attraverso un discorso attento e perfetto.
Il percorso artistico di Ronconi
Ronconi è il regista stabile del Piccolo Teatro che ricopre il ruolo che era prima di Strehler. Ha fatto
un tipo di percorso teatrale molto differente, ma in questo caso Ronconi ha condotto un modo di
fare teatro molto personale. Ha fatto per molti anni l’attore, ha fatto l’accademia, e in molte
compagnie. L’esperienza quindi di attore che a un certo punto riflette sul proprio lavoro e poi si
dedica alla regia.
Ronconi nasce in un ambito di avanguardia, ricerca, sperimentazione, che era molto lontano dal
realismo poetico di Strehler. Nasce mettendo in scena spettacoli duri, provocatori, che possono
essere considerati degli spettacoli sgradevoli. Quindi da una grande forza di intelligenza
provocatoria e quindi desiderio di sconquassare la tradizione del teatro. Si pone come alternativa
al teatro tradizionale, e fa spettacoli straordinari (l’orlando furioso di Ariosto).
Ronconi e lo spettacolo musicale
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Anche lui lavora nel teatro lirico e diventa moto importante nella scena dell’opera, andando a
incidere in maniera incisivi sul modo di fare regia nel teatro musicale. Lo fa continuando la strada
di Strehler.
Percorso differente da Strehler
Quindi Ronconi non nasce in una casa stabile come Strehler, non vive in nessuno spazio
particolare. Fa da prima l’attore poi il regista andando a dirigere varie compagnie e vari gruppi che
si dedicano al teatro sperimentale non legandosi a nessun teatro fisso. Incontra più persone
incontra più pubblici e fa spettacoli in luoghi insoliti.
Va anche alla biennale di Venezia.
Dalla fine degli anni 80 Ronconi si lega a due teatri stabili; prima al teatro stabile di Torino, poi a
quello di Roma. Infine si lega definitivamente a quello di Milano nel 1998.
Era necessario che qualcuno prendesse le redini con Escobar. Così Ronconi arriva al Piccolo dove
fa all’incirca 2 spettacoli all’anno.
Caratteristiche degli spettacoli di Ronconi e la recitazione analitica
Spettacoli caratterizzati dalla messa in scena di testi di tradizione (grandi autori) e dal teatro
contemporaneo.
Costruisce scene straordinarie che permettono l’attore di recitare da qualsiasi parte del
palcoscenico, attraverso una frammentazione.
Crea un modo di recitare che è caratteristico della sua sensibilità artistica, scandendo il testo
parola per parola. Un modo analitico.
Testo letto in maniera molto attenta, con una lentezza imposta all’attore in modo che passi il
significato di ogni singola parola.
IL RIPASSIONE
La prova sarà solo scritta.
Un foglio di quattro facciate. 2 domande a facciata. 3 facciate per 6 crediti, 4 per 9.
3/4 righe a risposta (premiata la sintesi).
(Medea è un personaggio di cui abbiamo parlato in che ambito?)
Non ci saranno domande coi numeri.
Gli appunti delle lezioni sono importanti.
I video sono da rivedere.
I libri sono da leggere in senso generale, più approfonditamente gli argomenti affrontati in aula.
Le pagine da studiare del manuale:
Teatro classico greco romano (da pagina 1 a 28 - senza le date)
Scena medievale (capitolo secondo, solo le cose dette in aula - il giullare in particolare facendo
riferimento a Dario Fo gran melot - fine pagina 46)
Teatro Elisabettiano, Teatro del Siglo de Oro e il Grand Siecle. (cap 6 da 101 a 130 / cap 7 da 131
a 152 / cap 8 da 153 a 183).
(si trovano informazioni sul luogo scenico - Sicuramente domanda sul teatro olimpico, sabbioneta,
teatro farnese di parma e quindi sulle sale dette in aula e che sono ricordate sia nel volume che nel
video “teatri d’Italia”
Volume “la tragedia greca” = serve se le cose dette in aula hanno bisogno di essere risistemate/ se
no gli appunti sono sufficienti
Volume “introduzione al teatro latino” = anche questo serve di sussidio e di aiuto.
Volume “la commedia dell’arte” = le cose dette in aula saranno quelle chieste nella prova, sono
tutte contenute anche nel volume di Siro Ferrone. Il volume serve per andare a rivedere le cose
dette. (arlecchino)
Volume “Il Teatro dell’Elfo” = letto parzialmente, da preparare l’incontro con Ferdinando Bruni e
Salvatores. Le pagine sono del primo capitolo scritto da Bentoglio. Altri due capitoli non verranno in
alcun modo chiesti all’esame. Chieste le cose dette in aula.
Volume “Milano città dello spettacolo” = solo la parte dedicata al Piccolo, no teatro alla Scala. La
premessa sulle sale teatrali milanesi è sufficiente quella detta in aula. (Le pagine sono dall’inizio
alla pagina 117, ma l’introduzione destinata alle sale teatrali è già stata detta in aula, non verrà
chiesta come nel volume perché è troppo dettagliata).
(Scrivete il tema della legalità all’interno della programmazione del Piccolo Teatro).
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Fare attenzione a scrivere con bella grafia.
[email protected] per informazioni
• Esami: 16 Gennaio, 30 Gennaio, 13 Febbraio
• Milano città dello spettacolo = non sono da fare le pagine del volume che riguardano il Teatro la
Scala
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