SO MM AR IO EDITORIALE 5 DAL MONDO NOVE “PREMI COPERTINA” PER I 70 ANNI DI SIPARIO 34 BUCAREST - FNT, NATIONAL di Mario Mattia Giorgetti Dossier – speciale lirica MILANO THEATER FESTIVAL DI BUCAREST GUARDA LONTANO di Mario Mattia Giorgetti 48 STOCCOLMA - 25esimo STOCKHOLM INTERNATIONAL FILM FESTIVAL di D.G. 6 TEATRO ALLA SCALA GLI SNODI APICALI DELLA NUOVA STAGIONE di Vito Lentini 10 TEATRO ALLA SCALA E L’EXPO CARTELLONI SCELTI 54 TEATRO STABILE DI CATANIA “LA FORZA DELLO STABILE? sfidare la CRISI” Parola di Giuseppe Dipasquale, Direttore 12 TEATRO ALLA SCALA MOVIMENTI NEL TEMPO IN un LIBRO PIENO DI MONDO di Vito Lentini GENOVA 16 TEATRO CARLO FELICE, FORTE RILANCIO PER LA STAGIONE LIRICA di Giorgio De Martino ROMA 21 Teatro dell’Opera di Roma DAL SETTECENTO AI GIORNI NOSTRI CREMONA 24 PER LA LIRICA, IL PONCHIELLI PUNTA SUL GRANDE REPERTORIO Entra in un mondo di benessere 26 DON GIOVANNI NOSTRO CONTEMPORANEO Documenti 58 1914: FRANCESCA DA RIMINI TRA D’ANNUNZIO E ZANDONAI di Gherardo Ghirardini 60 SANTUZZA, ANNA E IL SOGNO DI MILA Nel 90° anniversario della morte di Eleonora Duse di Claudio Marchese e Riccardo Di Salvo di Nicola Arrigoni Rubriche La Spa di Harbour Club è un rifugio accogliente e raffinato, dove rigenerare la mente e riequilibrare lo spirito. A pochi passi dal cuore di Milano, è un tempio del benessere dove provare nuove sensazioni nell'emozionante piscina idroterapica esterna, lasciarsi avvolgere dalle emozioni nelle rinvigorenti docce sensoriali, oppure concedersi trattamenti capaci di trasportarvi verso una dimensione di relax unica. 66 In Copertina: Claudio Abbado e Daniel Barenboim, 2012. Archivio del Museo Teatrale alla Scala e Biblioteca Livia Simoni. Archivio Fotografico Teatro alla Scala. Marco Brescia e Rudy Amisano. Hanno collaborato: Nicola Arrigoni, Giorgio De Martino, Riccardo Di Salvo, D.G., Gherardo Ghirardini, Mario Mattia Giorgetti, Myriam Mantegazza, Claudio Marchese, Vito Lentini, Alberto Pesce. Scoprite la Spa di Harbour Club: www.harbourclub.it | 02 45 28 688 Europe’s Finest Members Clubs 778/779 - 2014 778/779 - 2014 CINELIBRI a cura di Alberto Pesce 67 LIBRI DI TEATRO a cura di Myriam Mantegazza Test0 69 ROSSI DI SERA 28 NABUCCO OVVERO DELLA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA REGIA. Conversazione con Andrea Cigni a cura di Nicola Arrigoni 30 NABUCCO RINCHIUSO TRA MURA DI PASSIONI di Nicola Arrigoni BERLIN HANNOVER HAMBURG MIL AN BRUSSELS 02 56 FONDAZIONE TEATRO DI PISA RIVISITARE I CLASSICI IN CHIAVE CONTEMPORANEA di Augusto Bianchi Rizzi PREMIO CONCORSO AUTORI ITALIANI 2013 Sez. “Tre o più personaggi” LAUREN CUTHBERTSON | FEDERICO BONELLI ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE MUSICA JOBY TALBOT | DIRETTORE D’ORCHESTRA DAVID BRISKIN | SCENOGRAFIE BOB CROWLEY COREOGRAFIA CHRISTOPHER WHEELDON IN DIRETTA AL CINEMA IL 16 DICEMBRE editoriale UN IMPERDIBILE SPETTACOLO PER TUTTA LA FAMIGLIA. A NATALE. Photograph: clockwise from left, Steven McRae as The Mad Hatter, Zenaida Yanowsky as The Queen of Hearts, Edward Watson as The White Rabbit, Lauren Cuthbertson as Alice (©ROH/Johan Persson, 2011, 2013) SIPARIO NOVE “PREMI COPERTINA” PER I 70 ANNI DI SIPARIO Per l’anno 2015 la rivista Sipario, in vista del suo 70esimo anno di vita, in collaborazione con la Fondazione Teatro Carlo Terron e il Portale dello Spettacolo www.sipario.it, lancia un singolare premio la cui assegnazione sarà esclusivamente affidata ai lettori e a tutto il pubblico che ama e frequenta lo spettacolo dal vivo. Il premio consiste nel consegnare a nove artisti del mondo dello spettacolo dal vivo più votati la copertina dello storico mensile fondato nel 1945/46. L’assegnazione avverrà in due fasi distinte: - la prima: ogni votante potrà indicare l’artista preferito del mondo dello spettacolo, scrivendo a [email protected], e le segnalazioni andranno fatte entro il 30 di dicembre 2014. - la seconda: sul Portale dello Spettacolo www.sipario.it saranno pubblicati tutti i nominativi degli artisti segnalati. Tutti i lettori del Portale dello Spettacolo www.sipario.it potranno scegliere, a loro volta, a chi dovranno essere assegnate le nove copertine. La redazione, seguendo l’ordine delle preferenze, dedicherà non solo la copertina ma anche un nutrito redazionale sugli artisti premiati a cura di un giornalista di chiara fama e l’inserimento nella sezione Cyclopedia riservata ai professionisti dello spettacolo. Essere l’immagine delle copertine di Sipario nell’anno in cui si celebra il 70esimo anno di attività è un bel riconoscimento da parte del pubblico. I votati saranno invitati, inoltre, alla Festa di Sipario che si svolgerà in un importante festival europeo, il cui nome si tiene segreto per evitare condizionamenti di voto. www.rohalcinema.it 04 778/779 - 2014 778/779 - 2014 05 SIPARIO Speciale Lirica TEATRO ALLA SCALA GLI SNODI APICALI DELLA NUOVA STAGIONE di Vito Lentini Per la prima volta La Scala resterà aperta tutto l’anno 06 la Scala, è sempre la mia Scala!”: sono queste le parole che Arturo Toscanini pronunciò nel teatro milanese dopo i lavori di ricostruzione che interessarono il Piermarini a seguito dei terribili bombardamenti del 1943. Una breve esclamazione proferita dal Maestro Toscanini dopo aver provato l’acustica e scelta da Sua Santità il Papa emerito Benedetto XVI per il discorso tenuto alla Scala nel mese di giugno del 2012 — a conclusione del concerto in Suo onore e delle delega- zioni ufficiali dell’incontro mondiale delle famiglie — al fine di rintracciare “il senso di questo luogo, tempio dell’Opera, punto di riferimento musicale e culturale non solo per Milano e l’Italia, ma per tutto il mondo”. Fulcro della cultura musicale italiana e una delle “glorie più grandi” di Milano — continuava il Pontefice —, il Teatro alla Scala è uno dei luoghi in cui popoli di varie epoche hanno avuto modo di esprimere, incontrare e sviluppare la pregevole totalità di senso dell’arte. 778/779 - 2014 Questi sono i brevi riferimenti che testimoniano gli orientamenti precipui di un teatro che seguita ad aprirsi al mondo in vista, per di più, del contributo artistico e culturale che l’Italia metterà in scena durante la prossima Esposizione Universale. Una stagione, quella che si appresta ad iniziare, segnata da inconsueti percorsi, modulati anche in funzione del grandioso evento del prossimo anno, e frutto della collaborazione tra Stéphane Lissner e il nuovo Sovrintendente Alexander Pereira. “Sarà una prova considerevole per tutti noi” — annuncia Pereira — tratteggiata da plurimi appuntamenti che cadenzeranno lo sviluppo del cartellone a partire dalla serata inaugurale del 7 dicembre. Quest’anno il Fidelio di Beethoven strutturerà l’assetto cardinale di una Prima che, com’è noto, identifica uno degli eventi culturalmente più rilevanti d’Italia. Una serata che calamita iniziative di varia natura volte ad agevolare quella proficua fruizione 778/779 - 2014 che è l’obiettivo perseguito da alcuni anni grazie alla capillare diffusione sostenuta dai progressi tecnologici applicati al mondo dello spettacolo dal vivo. La Prima scaligera, infatti, anche quest’anno entrerà nelle case degli italiani e nei circuiti internazionali grazie alla preziosa presenza della Rai che riconferma la vicinanza alla Scala anche nel corso del 2015. Numerose e in via di definizione le molteplici attività che gravitano intorno all’evento e fra le quali si annovera anche la speciale programmazione che il canale Classica HD dedicherà al Teatro alla Scala fin dai primi giorni di dicembre. Una stagione lunga dodici mesi che ingloba numerose proposte coniugate con l’intento di rispondere vigorosamente alle preziose occasioni che l’attesa Esposizione Universale offre. La Scala, infatti, per la prima volta resterà aperta tutto l’anno programmando, nei soli mesi di Expo, oltre centoquaranta spettacoli: “l’apertura straordinaria per sei mesi è il più bel regalo che il Teatro alla Scala potesse fare alla città di Milano e ai milioni di persone che l’anno prossimo visiteranno l’Esposizione Universale” così dichiara Giuseppe Sala, Commissario Unico Delegato del Governo per Expo Milano 2015 e Amministratore Delegato di Expo 2015 S.p.A. Turandot — dopo Fidelio, Die Soldaten, L’incoronazione di Poppea, Aida, Lucio Silla e Carmen — sarà l’opera inaugurale dell’Expo 2015. Una nuova produzione, diretta da Riccardo Chailly — Direttore Principale da gennaio 2015 e Direttore Musicale dal 2017 — e con la regia di Nikolaus Lehnhoff, che è il preludio di una ricca successione di titoli che a prime mondiali — come CO2, commissionata a Giorgio sopra: La Bohème di Giacomo Puccini. Regia e scene Franco Zeffirelli, costumi Piero Tosi. Foto Teatro alla Scala. 07 SIPARIO Speciale Lirica Battistelli — affianca grandi riprese, considerevoli collaborazioni con l’Accademia Teatro alla Scala e coinvolgimento di formazioni musicali estere per un totale di tredici titoli d’opera in sei mesi. Per il balletto si riconferma l’acclamatissima e condivisibile scelta di Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala completano la seguitissima stagione di balletto che ancora una volta potrà contare su étoiles e ospiti internazionali capaci di infiammare le acute scelte dei più accaniti ballettomani italiani. Alla stagione sinfonica, ai recital di riproporre i grandi titoli del repertorio classico unita al desiderio di percorrere altri sentieri come nel caso del nuovo Schiaccianoci — titolo atteso da lungo tempo — firmato da Nacho Duato, la nuova Bella addormentata nel bosco con la coreografia di Alexei Ratmansky — balletto in coproduzione con l’American Ballet Theatre — e Cello Suites di Heinz Spoerli: tre novità assolute per le scene ballettistiche della Scala che quest’anno potranno annoverare anche il coinvolgimento di grandi direttori d’orchestra. Giselle, Excelsior, il Gala des étoiles — che in ottobre chiuderà Expo 2015 — L’histoire de Manon e lo Spettacolo della canto, al Ciclo Schubert e ai concerti straordinari si aggiunge il Festival delle Orchestre Internazionali che da maggio ad ottobre vedrà sul palco del Piermarini alcune delle più grandi orchestre del mondo impegnate in concerti segnati da molteplici programmi. L’intento della nuova sovrintendenza sarà quello, inoltre, di lavorare per i giovani e i bambini: “avere un pubblico di giovani è il più grande regalo — confida Alexander Pereira —. La Scala dedicherà particolare attenzione alle Opere per bambini, con un programma che prevede la rappresentazione di opere famose rivisitate 08 sopra: Svetlana Zakharova in Giselle di Adolphe Adam, ripresa coreografica Yvette Chauviré, scene e costumi Aleksandr Benois. Foto Brescia-Amisano Teatro alla Scala. 778/779 - 2014 per il pubblico dei piccoli la cui durata è di circa un’ora e mezza […]. Per la prossima stagione abbiamo scelto La Cenerentola di Rossini e speriamo di poter raggiungere circa 25.000 bambini tra la città di Milano e la Regione Lombardia”. Progetto ambizioso segnato da pregevole lungimiranza che ha già riscosso unanimi consensi nelle prime cinque repliche del mese di novembre. Il desiderio di individuare un nuovo pubblico per la Scala è lo sprone per ulteriori iniziative che verranno introdotte con altri efficaci programmi come la nuova formula de “La Scala Aperta”: “venti spettacoli di Opera e Ballo scelti tra quelli presenti nel calendario della prossima Stagione — spiega il Sovrintendente — saranno venduti presso la Biglietteria a metà prezzo, il mese precedente rispetto alla rappresentazione, per avvicinare al teatro coloro che, per condizionamenti anche economici, non hanno mai avuto la possibilità di farlo”. Novità, questa, che completa il ricco panorama che negli anni ha aperto le porte del teatro milanese a nuovi spettatori grazie, ad esempio, a “La Scala in famiglia” — programma che consente ad ogni adulto di accompagnare in teatro un minore acquistando un solo biglietto —, a “Invito alla Scala per giovani e over 65” e al collaudato progetto de “LaScalaUNDER30”. Dedicato ai giovani e costellato di vantaggi, sconti riservati, proposte di abbonamento, promozioni, ingressi alle prove, visite guidate, riduzioni sugli ingressi al Museo Teatrale alla Scala e una Community on-line che conta oltre 1.600 membri, il programma UNDER30 risponde al dilagante e fervido entusiasmo giovanile per il cartellone scaligero. Consolidata, inoltre, l’ormai tradizionale iniziativa delle anteprime delle inaugurazioni di stagione che consente ai giovani fino ai trent’anni di vivere, al costo di 10,00 euro, il fascino dell’opera e del balletto d’apertura della nuova stagione. 778/779 - 2014 Fra novità e conferme la lunga programmazione scaligera di quest’anno strutturerà, quindi, articolati e ricchi percorsi in grado di soddisfare desideri, esigenze e aspettative di vecchi e nuovi spettatori. Sipario continuerà a seguire gli appuntamenti che andranno in scena sul palco del Piermarini proseguendo la sua sessantennale vicinanza al teatro milanese con una testimonianza consapevole dell’esclusivo valore che possiede, nel plurimo universo dell’arte, il territorio della rappresentazione: ambito, questo, che si dischiude nel prolifico incontro con quello spettatore che, oltre il reale, scopre se stesso. sopra: Riccardo Chailly, Direttore Principale da gennaio 2015 e Direttore Musicale dal 2017. Foto Teatro alla Scala. sotto: Alexander Pereira, Sovrintendente del Teatro alla Scala. Foto Teatro alla Scala. 09 SIPARIO Speciale Lirica LA SCALA E L’EXPO 1 MAGGIO – 31 OTTOBRE 2015 LA SCALA E L’EXPO – OPERA CONCERTO STAGIONE SINFONICA Orquestra Sinfónica Nacional Infantil de Venezuela > MAGGIO Giacomo Puccini, Turandot > settembre London Philarmonic Orchestra Sinfónica Juvenil “Teresa Carreño” Giorgio Battistelli, CO2 RECITAL DI CANTO > MAGGIO/GIUGNO Gaetano Donizetti, Lucia di Lammermoor > giugno Georges Bizet, Camen Pietro Mascagni, Cavalleria rusticana Ruggero Leoncavallo, Pagliacci > giugno/luglio Giacomo Puccini, Tosca > luglio Daniela Barcellona, Alessandro Vitiello > settembre Ramón Vargas, Mzia Bachtouridze > luglio/agosto Gioacchino Rossini, Il barbiere di Siviglia > maggio Maurizio Pollini > agosto/settembre Giacomo Puccini, La bohème > giugno Leo Nucci, James Vaughan > settembre/ottobre Gaetano Donizetti, L’elisir d’amore > luglio José Carreras, Lorenzo Bavaj > ottobre/novembre Giuseppe Verdi, Falstaff > ottobre Thomas Hampson, Martin Grubinger e The New Percussive Planet Ensemble > luglio Orchestra e Coro del Teatro alla Scala LA SCALA E L’EXPO – BALLETTO > luglio Romualdo Marenco, Excelsior > settembre/ottobre Pëtr Il’ič Čajkovskij, La bella addormentata nel bosco > ottobre Gala des étoiles Spettacolo di balletto per la chiusura di Expo 2015 778/779 - 2014 Anja Harteros, Wolfram Rieger CONCERTI STRAORDINARI LA SCALA E L’EXPO - OPERA CONCERTO 10 René Pape, Camillo Radicke > luglio Gioacchino Rossini, Otello György Kurtág, Fin de partie Oltre 140 spettacoli alla Scala nei soli mesi di Expo > maggio Diana Damrau, Helmut Deutsch 778/779 - 2014 FESTIVAL DELLE ORCHESTRE INTERNAZIONALI > maggio Berliner Philharmoniker > giugno Wiener Philharmoniker, Singverein der Gesellschaft der Musikfreunde in Wien, Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala Sinfónica Juvenil de Caracas Orquestra Sinfónica Simón Bolivar > settembre Boston Symphony Orchestra Orquestra Sinfónica Simón Bolivar, Coro Nacional Juvenil Simón Bolivar Orchestre de Paris Israel Philharmonic Orchestra > ottobre Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Concentus Musicus Wien Cleveland Orchestra Concerto Finale di Expo 2015 GRANDI OPERE PER PICCOLI > maggio La Cenerentola per i bambini LA SCALA IN FAMIGLIA > giugno Georges Bizet Camen > luglio Percussionisti del Teatro alla Scala > ottobre Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala I Corni della Scala > luglio Filarmonica della Scala > agosto Budapest Festival Orchestra 11 SIPARIO Speciale Lirica TEATRO ALLA SCALA MOVIMENTI NEL TEMPO IN UN LIBRO PIENO DI MONDO ...nel libro si ripercorrono più di due secoli di storia del teatro... di Vito Lentini nella pag. a fianco: Maria Callas come Violetta ne La Traviata di Giuseppe Verdi, 1955-1956. Archivio del Museo Teatrale alla Scala e Biblioteca Livia Simoni. Archivio Fotografico Teatro alla Scala. I l quadro delle plurime mutazioni antropologiche che segnarono la diffusione della lingua scritta è annoverabile fra i grandi sviluppi dinamici sperimentati dall’umana articolazione del sapere. Nella meditativa tranquillità del silenzio le pagine del libro richiamano alla mente, infatti, i meravigliosi portati dell’apertura e della trasformazione dell’intimo pensiero nella parola stampata. Una conquista, questa, che arricchisce lo spazio di una sconfinata libertà in cui sono in azione parole, memorie, uomini. Romano Guardini, filosofo e teologo italo-tedesco che visse nel XX secolo, in un discorso pronunciato nel 1948 al Leibniz-Kolleg dell’Università di Tubinga (Elogio del libro, pubblicato in Italia da Morcelliana) non esitò ad affermare che “il libro costituisce un argomento inesauribile. In esso si ritrova assolutamente tutto ciò che l’uomo ha creato. In esso si esprime il suo proprio essere”. Con questa convinzione il nostro sguardo si approssima ad una delle ultime pubblicazioni riguardanti il corso storico di un luogo della cultura italiana in cui popoli di varie epoche vissero, sotto diversi rispetti, la vita dell’arte: il Teatro alla Scala. Scritto da Carlo Lanfossi ed editato da Skira Classica, Teatro alla Scala è un volume finemente rilegato che testimonia, come si diceva, il valore di un oggetto capace di riproporre brevemente l’evoluzione storica e artistica di uomini e popoli che gravitarono intorno al prestigiosissimo teatro milanese. sopra: Carla Fracci e Rudolf Nureyev ne La bella addormentata nel bosco, 1977-1978. Archivio del Museo Teatrale alla Scala e Biblioteca Livia Simoni. Archivio Fotografico Teatro alla Scala. 12 778/779 - 2014 778/779 - 2014 13 SIPARIO Speciale Lirica Grazie alla felice commistione di immagini e scrittura, nel libro si ripercorrono più di due secoli di storia del teatro cristallizzati in un’opera di pregevole fattura che concorre a preservare l’umana memoria di vite e creazioni segnate dalla preziosità dell’arte. Prendendo avvio dall’incendio che nel 1776 distrusse il Teatro Ducale — seguito dall’immediata ricostruzione che fu espressione della proverbiale operosità della città di Milano — il libro propone una ricchissima documentazione iconografica che agli studi, ai disegni e alle immagini della seconda metà del Settecento affianca bozzetti, frontespizi, locandine, ritratti e manifesti di un teatro che, come si legge nelle prime pagine del libro, si avviò “a primeggiare in Europa quan- 14 to a stile e qualità, non solo musicali”. Definita “una delle operazioni culturali di maggior rilievo della città lombarda”, la costruzione affidata a Giuseppe Piermarini consegnò alla storia uno dei maggiori teatri d’Europa e del mondo segnando gli albori del celebre “mito della Scala”. Un movimento nel tempo, quello tracciato in questo libro, in cui si rispolverano non unicamente le tappe fondamentali dello sviluppo storico del teatro ma perfino aneddoti, curiosità e retroscena come, ad esempio, i costumi dell’aristocrazia milanese che sul finire del Settecento frequentava assiduamente i palchi scaligeri, l’esecrabile condotta degli artisti in scena, gli incontri galanti e i frequentissimi giochi d’azzardo nei ridotti del tea- tro. Frammenti di storia, questi, che contribuiscono a restituire la multiforme immagine di un teatro che mai si disancorò dal ricco divenire storico dell’Ottocento ma, al contrario, vi concorse con la presenza di Stendhal, il passaggio di Gioacchino Rossini, il mito della “primadonna”, l’arrivo di sopra: Angelo Inganni, La facciata del Teatro alla Scala, 1852. Archivio del Museo Teatrale alla Scala e Biblioteca Livia Simoni. Archivio Fotografico Teatro alla Scala. nella pag a fianco: L’interno del Teatro alla Scala nella prima metà dell’Ottocento. Archivio del Museo Teatrale alla Scala e Biblioteca Livia Simoni. Archivio Fotografico Teatro alla Scala. 778/779 - 2014 Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini, i grandi fiaschi, i lavori di Alessandro Sanquirico, il “coreodramma” di Salvatore Viganò, la nascita della Scuola di Ballo (si veda Sipario n. 770-771), le prime interpreti del balletto e Casa Ricordi. Pregevole susseguirsi di avvenimenti, presenze, relazioni e racconto degli eventi che segnano anche i successivi sviluppi dell’accadere storico come il trionfo verdiano, le cinquantasette rappresentazioni consecutive di Nabucco, le infiammate discussioni dei “wagneriani” e dei “verdiani”, la nascita di Piazza della Scala e l’avvento dell’illuminazione elettrica in teatro. Episodi che precedettero l’ascesa scaligera di Arturo Toscanini, l’arrivo di Giacomo Puccini, la modernizzazione del teatro e l’arricchimento di quel repertorio che negli anni riempì 778/779 - 2014 il multiforme cartellone scaligero. Struggenti le pagine buie della storia scaligera che il volume ci propone con le immagini della distruzione causata dai bombardamenti del 1943 e suggestivo lo scorcio dello storico concerto di riapertura diretto da Arturo Toscanini: nuovo inizio aperto alla maestosità di Renata Tebaldi, Maria Callas, Luchino Visconti, Franco Zeffirelli, Victor de Sabata — direttore che fissò il 7 dicembre quale data dell’annuale Serata Inaugurale —, Herbert von Karajan fino ad arrivare a Paolo Grassi, Giorgio Strehler, Claudio Abbado, Rudolf Nureyev, Carla Fracci, Riccardo Muti e Carlo Fontana, per citare solo alcuni nomi di coloro che sul palco scaligero scrissero pagine di assoluto prestigio. Con i noti e recenti eventi che interessarono il Teatro alla Scala negli ultimi anni — il restauro, il trasferimento presso il Teatro degli Arcimboldi, la sovrintendenza di Stéphane Lissner, la direzione musicale di Daniel Barenboim, il bicentenario Verdi/Wagner — e con un’ampia cronologia, il libro completa il ricco panorama storico di un teatro che è eccellenza italiana e che continua a salvaguardare memorie, repertori, mestieri, arti. Un libro in grande formato che parla di storia e cultura italiana e in cui sono riproposti, in rapida successione, gli approdi emblematici di uno speciale incontro dell’umano con l’arte: dominio, quest’ultimo, che non di rado accoglie la totalità dell’esistenza e scenari carichi di mondo. 2014, Skira/Classica 196 colori e 47 b/n, cartonato ISBN 978-886544-036-0 € 80,00 15 SIPARIO Speciale Lirica TEATRO CARLO FELICE FORTE RILANCIO PER LA STAGIONE LIRICA di Giorgio De Martino Andrea Battistoni Fabio Luisi. Foto BALU Barbara Luisi. Il teatro riduce i prezzi e li dimezza per i giovani… Stefano Ranzani 16 Donato Renzetti 778/779 - 2014 sopra: Carmen di Georges Bizet, regia Davide Livermore, direttore Philippe Hugin. Foto Marcello Orselli. 778/779 - 2014 N el gergo pokeristico, potremmo definirlo un rilancio. Abbastanza potente da far sussultare il tavolo. Spettacoli sino a fine luglio, quarantaquattro serate di lirica, il ritorno di Britten (Billy Budd), della Fedora, ma anche dell’attenzione alla danza (è pur sempre la città che fu “dei Balletti di Nervi”), la ripresa del Premio Paganini... Il cartellone del teatro lirico genovese inizia prima e chiude dopo, moltiplica le proposte sinfoniche, incrementa sensibilmente gli spettacoli di balletto, torna ad ospitare anche produzioni coraggiose, non aumenta i prezzi ed anzi li abbatte, per i giovani, quasi fino a dimezzarli (sinfonica a 10 euro), chiama a raccolta forze locali famose nel mondo, come la bacchetta di Fabio Luisi, le voci di Fabio Armiliato, di Francesco Meli, convoca registi illuminati come Hugo De Ana e fide- lizza talenti quali Davide Livermore (quest’ultimo firma ben tre produzioni). Cerca infine un poco di – sano, se centellinato – palpito gossip perfino, con un anziano e celebre debuttante, Dario Argento, alle prese con la Lucia di Lammermoor: «Sarà inquietante», ha detto il maestro dello splatter. E non osiamo figurarci le soluzioni che saranno adottate, per la cruenta intimità della scena della follia. Rilancio, dicevamo. Eppure, come tanti (ma più di tanti altri) teatri lirici italiani, anche il Carlo Felice progetta e produce nel forzato equilibrismo del funambolo, in cronico bilico sul baratro del dissesto, tra lo Stato che restringe gli alimenti al punto da dar l’impressione di progettare un imminente abbandono, e un pubblico sfibrato – in anni recenti – da una serie di scioperi che, nei fatti, hanno via via disamorato i genovesi dal loro teatro. 17 SIPARIO Speciale Lirica Gli ultimi anni, a fronte della sempre più drastica riduzione delle disponibilità economiche, purtroppo è accaduto che Genova abbia risposto applicando una drastica spending review anche alle idee e alla creatività, con edizioni talvolta mediocri di titoli, sulla carta, fin troppo prudenti, di solida risposta al botteghino... Un approccio che, nei fatti, non ha ripagato. Questo settembre, dopo vicissitudini cui molto si è dedicata la cronaca politica locale, s’è insediato finalmente un nuovo sovrintendente, Maurizio Roi, nome noto e quotato della piazza teatrale, fra l’altro presidente della “Toscanini”. Oggi, la musica sembra essere cambiata, o quantomeno, sembra essere stato intrapreso un cambio di rotta. Il compito del teatro, in tempi di crisi, è d’altronde importante quanto un ospedale da campo quando infuria la battaglia: mezzo privilegiato per educare ad avere valori superiori a quelli che la realtà vorrebbe rivendicare. Perché – come qualcuno ha detto – ciò che si semina in una recita d’opera rappresenta sempre e comunque un patrimonio incalcolabile, che raramente procura dividendi monetari, che però offre interessi strategici, in un’ottica generazionale. Ma veniamo all’appello: nomi e date di quanto è accaduto e soprattutto di quanto accadrà. L’ultimo quarto del 2014 ha visto, quale titolo d’apertura, un Elisir d’amore in salsa casalinga, allestimento storico (assai gradevole ma già molto visto), con regia di Filippo Crivelli e scene Lele Luzzati. Entrée che ha coinvolto un cast giovane protagonista nel complesso di un buon prodotto, fisiologicamente non maturo ma con strumenti vocali interessanti e tanto brio. Dopo un’ampia parentesi dedicata al balletto (con il Balletto Accademico dell’Opera di Ekaterinburg e con il Ballet Nacional de Espana), il “main course”: in novembre, un titolo che a queste latitudini manca da oltre quarant’anni, la Luisa Miller verdiana nell’allestimento firmato da Leo Nucci (che è sulla ribalta nei panni di Miller), con Anna Pirozzi, Giuseppe Gipali e Carlo Colombara, ed una bacchetta che, più che promessa, è giovane e salda certezza (che a Genova è di casa), quella di Andrea Battistoni. Un salto di mezzo secolo, verso il giro di boa del ‘900, per l’allestimento più atteso: nella scorsa primavera aveva fatto discutere, per la sua Carmen cubana, ironica e imbottita d’idee, citazioni, trovate, qualche sciocchezza e guizzi geniali... Davide Livermore torna, con un nuovo allestimento di Tosca, dal 20 al 30 dicembre. Sul palcoscenico, una triade vocale che promette grandi soddisfazioni: Gregory Kunde, Aprile Millo, Carlos Alvarez. Ancora spazio alla danza, a cavallo delle festività natalizie, questa volta Spartacus di Khachaturian, coreografia di Yuri Grigorovich, Teatro dell’Opera di Astana, Kazakistan. sopra: Billy Bud di Benjamin Britten, regia Davide Livermore, direttore Andrea Battistoni. 18 778/779 - 2014 778/779 - 2014 19 SIPARIO Speciale Lirica con una proposta molto intrigante, Spartacus di Khachaturian, nella versione coreografica più nota (di Grigorovich) interpretato dal giovanissimo Teatro dell’Opera di Astana, direttamente dal Kazakistan. Dal 21 febbraio al 1° marzo, dal profondo rosso dei velluti del teatro genovese, sarà Dario Argento a reinventare il dramma tragico donizettiano d’un amore proibito, pieno di sospiri, orrore e sangue. Alle prese con la massima realizzazione in musica del romanzo storico ottocentesco d’Oltralpe, la Lucia di Lammermoor sarà diretta da Giampaolo Bisanti e vedrà protagonisti Stephen Costello e Orlin Anastassov e, nel ruolo di Lucia, pietra di paragone della sensibilità romantica dell’epoca, Desirée Rancatore. L’arrivo della primavera sarà festeggiato dalla Fedora di Umberto Giordano, titolo che – se non andiamo errati – manca da quando, quindici anni fa, lo applaudimmo dalla voce di Mirella Freni. In scena dal 21 al 29 marzo, dal podio di Valerio Galli e la regia di Pier Francesco Maestrini, sarà un nuovo allestimento ricavato dal riciclo virtuoso di materiale scenografico del teatro in disuso. Capolavoro d’eloquenza, incisività e torridi declamati, prototipo perfetto, esuberante e sanguigno della stagione d’oro del verismo (agli schizzinosi ricordiamo che fu amata da Mahler, Massenet, Saint-Saens, Ravel...), Fedora sarà riproposta dalla coppia lirica di ferro – di genovesi famosi nel mondo – composta da Daniela Dessì e Fabio Armiliato. Mentre De Siriex avrà la voce di Lucio Gallo. Quanto ad aprile, dopo una lunga assenza, torna in cartellone Benjamin Britten. Autore che a Genova aveva avuto, ad inizio millennio, una densità e qualità di proposte eccezionali, ed una altrettanto eccezionale risposta da parte del pubblico. Nell’allestimento del Teatro Regio torinese firmato Livermore, di scena Billy Budd, 20 dal 17 al 23 aprile, col podio di Battistoni (nel cast, Phillip Addis, Alan Oke, Graeme Broadbent e Christopher Robertson). A maggio (dall’8 al 17) torna la Carmen di Bizet secondo Livermore, nell’allestimento di cui abbiamo accennato. Lo scorso maggio fummo in pochi a poterla applaudire, perché funestata da scioperi e zuffe varie. Molti i motivi per non perderla questa volta, dall’allestimento alle voci: Sofia Ganassi (che dimostra quanto intelligenza e musicalità possano supplire ad una voce che non è esattamente la più adatta al ruolo), Francesco Meli, uno dei tenori migliori oggi in attività, anch’egli nato e cresciuto nella città della Lanterna, e sua moglie Serena Gamberoni nel ruolo di Micaela. Cinquina ballettistica ad inizio estate (con offerte variegate, fino all’atteso Gala del 5 luglio, illuminato da una stella del calibro di Sylvie Guillem). In zona Expò di Milano, evento per il quale Genova si augura d’essere la “porta a mare”, in chiusura di stagione, a luglio, il teatro Carlo Felice proporrà un’edizione coloratissima e moderna della Vedova allegra, per la regia di Hugo De Ana e la direzione di Felix Krieger. A questo piatto ricco si aggiunga il Premio Paganini, concorso un tempo molto rinomato, che dopo alcuni anni di dolorosa interruzione ci auguriamo torni a proporre – tra febbraio e marzo – l’eccellenza internazionale violinistica a Genova, grazie anche alla direzione artistica affidata a Fabio Luisi. Luisi che è direttore onorario del teatro e che sarà sul podio di alcune tra le ben diciannove proposte concertistiche del cartellone sinfonico. ...s’è insediato un nuovo sovrintendente, Maurizio Roi, nome noto e quotato della piazza teatrale... Teatro dell’Opera di Roma DAL SETTECENTO AI GIORNI NOSTRI Direttori, registi, coreografi, cantanti e danzatori: un cartellone ricco di nomi prestigiosi. N sopra: I was looking at the ceiling and then i saw the sky, regia Giorgio Barberio Corsetti, scene Giorgio Barberio Corsetti e Massimo Troncanetti, costumi Francesco Esposito. Foto Marie-Noëlle Robert. 778/779 - 2014 778/779 - 2014 ella stagione 2014-2015 del Teatro dell’Opera di Roma andranno in scena 15 spettacoli di opera e balletto, (rispetto ai 12 della passata stagione); ma soprattutto è il numero delle recite che cresce. Un rilancio, dunque, un new deal, di cui questa nuova stagione ne è chiara e precisa dimostrazione. “Si può reagire in due modi alla crisi. Tagliare spettacoli e recite permette certamente una riduzione dei costi, ma è una strada che porta all’agonia e all’asfissia di un teatro. È giusto, invece, scommettere sulla produttività, sulla qualità e sul pubblico aumentando e non riducendo l’attività. Il Teatro deve soprattutto guardare a sé stesso per trovare nuova forza culturale, musicale ed economica. la storia ci insegna che le crisi possono diventare opportunità di sviluppo”. 21 SIPARIO Speciale Lirica La stagione 2014-2015, inaugurata dalla bellissima favola lirica di Antonín Dvořák, Rusalka, vola sulla storia della musica dal Settecento al Novecento, un percorso affascinante da Wolfgang Amadeus Mozart a John Adams, uno stupendo, musicalmente avventuroso viaggio da Le nozze di Figaro (1786) a I was looking at the ceiling then I saw the sky (1995) e così per il balletto da Adam e Čajkovskij con Giselle e Lo schiaccianoci a Stravinskij e Duke Ellington con Le chant du rossignol e The River. La ripresa economica del Teatro dell’Opera – spiega il sovrintendente Carlo Fuortes – passa soprattutto dal botteghino, cioè dal pubblico con un aumento del numero degli spettacoli, senza perdere qualità ed eccellenza. La produzione, la qualità, il futuro del Teatro dell’Opera quindi, ma anche un richiamo alla memoria, alla storia di questa Fondazione che tra Otto- 22 cento e Novecento è stata al centro di debutti che hanno fatto la storia dell’opera, della musica, della cultura. Così nasce l’idea del sovrintendente Fuortes del recupero della memoria con la ripresa (almeno una produzione l’anno) di allestimenti storici. Uno sguardo filologico, affettuoso, culturale al passato. sopra: Werther, regia Willy Decker, scene e costumi Wolfgang Gussmann. Foto Javier Del Real. sotto: Alessandra Amato (Myrtha) in Giselle, coreografia Patrice Bart da Jean Coralli e Jules Perrot, scene e costumi Anna Anni. Foto Luciano Romano. 778/779 - 2014 Titoli di grande repertorio, ma anche opere che saranno una vera e propria scoperta. Quel percorso che un teatro d’opera ha il dovere di offrire al proprio pubblico così da accontentare ogni gusto e far conoscere nuove creazioni, i nuovi orizzonti della musica, del canto, della danza. Per attirare anche un pubblico eterogeneo che vada da chi ama l’opera ai turisti che af778/779 - 2014 follano la Capitale, dai melomani più esigenti ai giovani con tanta voglia di scoprire i diversi confini della musica. Un cartellone ricco – che ha pochi confronti in Italia e in Europa – di nomi prestigiosi, amati dal pubblico, di fama internazionale. Direttori, registi, coreografi, cantanti e danzatori che hanno fatto, e fanno, la storia dell’interpretazione e della messa in scena. La stagione 2014-15 prevede novità anche per quanto riguarda la comunicazione al pubblico. È stato introdotto un linguaggio grafico più moderno e immediato – dai manifesti, alla pubblicità sulla stampa, ai programmi di sala - espressione di un rinnovato rapporto di apertura del Teatro alla città e al pubblico dei giovani, ma al contempo rispettoso della tradizione e dell’autorevolezza dell’istituzione che rappresenta. Quest’anno è stato chiesto a Gianluigi Toccafondo di illustrare e percorrere con la sua visione personale, tutti i titoli della nuova stagione. Il risultato è nei disegni originali che coloreranno le strade della capitale. Artista di fama internazionale, Toccafondo con i suoi film di animazione ha dedicato gran parte della sua ricerca al tema dell’Opera. Le tavole realizzate per la stagione 2014-15 interpretano in chiave moderna i titoli in cartellone attraverso materia, forma e movimento. Espressività e colore propri della grande Opera che Toccafondo da sempre conosce e ama. sopra : Rigoletto, regia Leo Muscato, scene Federica Parolini, costumi Silvia Aymonino. Foto Corrado Maria Falsini. 23 SIPARIO Les Contes d’Hoffmann, regia Frédéric Roels. Un bozzetto di Bruno De Lavenere. Speciale Lirica CREMONA Les Contes d’Hoffmann, regia Frédéric Roels. Un bozzetto di Bruno De Lavenere. PER LA LIRICA, IL PONCHIELLI PUNTA SUL GRANDE REPERTORIO MADAMA BUTTERFLY NABUCCO musica di Giacomo Puccini direttore Giampaolo Bisanti regia Giulio Ciabatti Interpreti principali: Cellia Costea (Cio-Cio San), Giuseppe Varano (F.B. Pinkerton), Domenico Balzani (Sharpless), Giovanna Lanza (Suzuki) LES CONTES D’HOFFMANN musica di Giuseppe Verdi direttore Marcello Mottadelli regia Andrea Cigni Interpreti principali: Alberto Gazale (Nabucco), Tiziana Caruso (Abigaille), Enrico Iori (Zaccaria), Raffaella Lupinacci (Fenena), Gabriele Mangione (Ismaele) musica di Jacques Offenbach direttore Christian Capocaccia regia Frédéric Roels Interpreti principali: Michael Spadaccini (Hoffmann), Bianca Tognocchi* (Olympia), Larissa Alice Wissel* (Antonia), Maria Mudryak* (Giulietta) Abramo Rosalen (Lindorf/Coppélius/Dapertutto/Miracle) mercoledì 8 ottobre, ore 20.30 venerdì 10 ottobre, ore 20.30 domenica 12 ottobre, ore 15.30 P er la Stagione Lirica 2014, il Teatro Ponchielli ha scelto di proporre ben quattro titoli del grande repertorio operistico del nostro paese, completando il cartellone con un’opera francese che testimonia, una volta di più, l’attenzione posta dal Teatro al vasto mondo musicale straniero. Da ottobre a dicembre, verranno così allestiti cinque titoli, realizzati in coproduzione con il Circuito Lirico Lombardo e che copriranno un arco storico-musicale che va dal classicismo al verismo. Ad aprire la stagione Madama Butterfly di Giacomo Puccini, certamente 24 uno dei titoli più amati del compositore toscano e di cui verrà messa in scena la versione bresciana, di cui ricorrono i 110 anni. Seguirà Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart, seconda opera della straordinaria trilogia firmata con il librettista Lorenzo Da Ponte, qui alle prese con il “dissoluto punito”, divenuto emblema di uno specifico modello maschile. A novembre l’opera di cui il Teatro Ponchielli è stato capofila all’interno del Circuito: Nabucco di Giuseppe Verdi, melodramma che non smette mai di emozionare ed attrarre il pubblico e che manca al palcoscenico del Ponchielli da quasi dieci anni. Successi- vamente sarà il turno di Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, dramma musicale che consacrò il proprio autore nel panorama musicale post-verdiano come uno dei più interessanti compositori italiani dell’epoca. A chiudere la Stagione Lirica 2014, Les contes d’Hoffmann di Jacques Offenbach, seducente opera francese che il Teatro Ponchielli ha scelto per rappresentare quest’anno il grande repertorio d’oltralpe. sopra: Adriana Lecouvreur, regia Ivan Stefanutti. Foto Alessia Santambrogio. 778/779 - 2014 DON GIOVANNI ossia il dissoluto punito musica di Wolfgang Amadeus Mozart direttore José Luis Gomez-Rios regia Graham Vick Interpreti principali: Gezim Myshketa (Don Giovanni), Andrea Concetti (Leporello), Valentina Teresa Mastrangelo* (Donna Anna), Federica Lombardi*(Donna Elvira), Giovanni Sala* (Don Ottavio) * Vincitori Concorso As.Li.Co. 2014 venerdì 17 ottobre, ore 20.30 domenica 19 ottobre, ore 15.30 778/779 - 2014 venerdì 14 novembre, ore 20.30 domenica 16 novembre, ore 15.30 ADRIANA LECOUVREUR musica di Francesco Cilea direttore Carlo Goldstein regia Ivan Stefanutti Interpreti principali: Daria Masiero (Adriana Lecouvreur), Angelo Villari (Maurizio), Sanja Anastasia (Principessa di Bouillon), Francesco Paolo Vultaggio (Michonnet) * Vincitori Concorso As.Li.Co. 2014 ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI CORO DEL CIRCUITO LIRICO LOMBARDO Maestro del coro Antonio Greco www.teatroponchielli.it giovedì 20 novembre, ore 20.30 sabato 22 novembre, ore 20.30 IL PROGRAMMA 25 SIPARIO Speciale Lirica cremona DON GIOVANNI NOSTRO CONTEMPORANEO Il dramma giocoso di Da Ponte Mozart riletto da Graham Vick fra polemiche ed eccessi di Nicola Arrigoni D sopra: Don Giovanni, regia Graham Vick. 26 on Giovanni è l’emblema stesso della condizione del nostro presente: un desiderare senza fine, quale disperata fuga dalla morte. Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte e Wolfang Amadeus Mozart è il simbolo del vuoto che ci attanaglia, è bulimia sessuale, è scandalo per i melomani tradizionalisti da un lato e dall’altro è la riprova che la prassi lirica può aiutare a leggere il nostro presente, quando si affida ad una regia – quella di Graham Vick – coerente e non sterilmente provocatoria e a una direzione musicale – quella di José Luis Gomez-Rios – che dà plasticità, incisività alla partitura mozartiana grazie a interpreti, corpo orchestrale e coro amalgamanti e compartecipi nell’agire scenico. Sono queste alcune delle riflessioni che suggerisce la messinscena di Don Giovanni di Mozart, nata sotto l’egida del Circuito Lirico Lombardo che vede 778/779 - 2014 la partecipazione del Teatro Ponchielli di Cremona, Grande di Brescia, Sociale di Como e Fraschini di Pavia, Fondazione Pergolesi Spotini di Jesi, Teatro dell’Aquila di Fermo, Fondazione Teatro Comunale e Auditorium di Bolzano e Fondazione i Teatri di Reggio Emilia. Come spesso capita il confronto fra palcoscenico e platea si compie sotto il segno di un apparente tradimento della tradizione, immolata sull’altare della regia critica, dell’urgenza di attualizzare per forza. Così il Don Giovanni di Graham-Gomez Rios, come spesso accade, ha riproposto la difficoltà nel leggere la produzione lirica nell’ottica di una stringente e non pretestuosa contemporaneità. Si tratta di una crux interpretativa quanto mai scottante per il teatro lirico, ma non indolore neppure per quello drammatico che spesso vede contrapposto pubblico e registi, esigenza di interpretare grandi testi e autori e le attese degli spettatori. La stessa diatriba si è proposta nel Don Giovanni di Graham Vick, visto da chi scrive nelle repliche cremonesi al Ponchielli. La chiave di lettura del Don Giovanni di Graham Vick è tutta nelle corone funerarie con la scritta ‘Padre’ e ‘Papà’ che fanno bella mostra sull’ouverture dell’opera e che sono il segno della morte del padre/Commendatore e, come direbbe Jacques Lacan, dell’evaporazione del padre. Da qui parte il regista anglosassone per leggere in chiave contemporanea il mito di Don Giovanni, un ragazzone che si fa le pere (Gezim Myshketa, seduttore, sbruffone, ma anche inquieto nel suo accumular conquista su conquista), che si fa la figlia del Commendatore (Mariano Buccino), donna Anna (Valentina Mastrangelo), che non esita a impalmare la neosposa Zerlina (Alessia Nadin) davanti all’incredulo Masetto (Riccardo Frassi) su una Range Rover che poi diventa carro funebre per le esequie del Commendatore. Su una scena che sa di pista circense, i cui confini sono segnati da un sipa778/779 - 2014 rio degno degli spettacoli del Lido di Parigi, la vicenda di Don Giovanni si apre con la morte del Commendatore e ‘quella tentata’ di Don Giovanni. In mezzo a queste due morti violente – sottolineate dai nastri rossi e bianchi dei rilievi della polizia sulla scena del delitto - si muove un’umanità eccitata, dalla pistola facile, in un clima da mafia albanese, fra cantieri edili e container, fra luci da night e scene da riprese di film porno soft. Le conquiste di Don Giovanni sono un ammasso di manichini in una grande cassa da cantiere, una lista cadaverica di un desiderare senza fine, di un desiderare che in spregio della religio si attacca anche alla sottana talare di donna Elvira (Federica Lombardi). La festa che chiude la prima parte è un eccitato rave party ai piedi di un enorme manichino di donna in cui Don Giovanni viene smascherato e al tempo stesso il coro chiede la libertà, libertà di quei ragazzi senza padri, lasciati a loro stessi, storditi da sesso e droga per annegare il persistente senso di mancanza che induce Don Giovanni ad allungare la sua lista di impotente e affamato amante senza la possibilità d’essere appagato. Leporello, in tuta che stira la camicia del suo padrone, ne condanna l’azione, ma alla fine si ritrova ad assecondarlo fino a rischiare la vita nello scambio dei ruoli e dei panni. La tavola imbandita per la cena col Commendatore diviene squallido set porno soft con la telecamera mossa da Don Giovanni, davanti al quale passano Lolite che si procurano orgasmi strusciandosi le parti intime con la torta della festa, che si versano vino addosso, si sparano in bocca e si concedono a rapporti saffici. Tutto ciò è interrotto dall’ingresso del Commendatore che compare fra le gambe dell’enorme manichino di una donna nuda e legata. Tutto ciò racconta di un limite da varcare, sempre e comunque per sentirsi vivi, per dire di esistere, proprio come fa Don Giovanni che arriva a sfidare la morte. L’opera si chiude — o dovrebbe chiudersi — con la morte di Don Giovanni che invece fugge in platea fra il pubblico, mentre il coro si aggira in cerca del seduttore, indicando gli spettatori, come a dire che quel mito è nostro contemporaneo, o meglio ci rispecchia tutti. Il Don Giovanni prodotto dal Circuito Lirico Lombardo è un bell’esempio di allestimento lirico, un’osmosi intelligente, molto pensata e ben costruita in cui le esigenze registiche si sposano e si amalgamano bene con l’aspetto musicale e melico. Il cast di cantanti ha mostrato una buona predisposizione attoriale, testo e contesto, azione e musica, interpretazioni ed esigenze meliche hanno trovato una loro omogenea compattezza che ha regalato alla platea a tratti un po’ attonita un allestimento coerente, serrato che ha dimostrato con rigore e invenzione il punto di vista registico nei confronti dell’opera mozartiana e del mito dongiovanneo, confermando come la figura di Don Giovanni sia quanto mai metafora del nostro stare al mondo, o meglio della disperazione di una società senza padri e attanagliata dal vuoto a cui non rimane che stordirsi per non morire. Don Giovanni ossia il dissoluto punito, dramma giocoso in due atti, libretto di Lorenzo Da Ponte, musica di Wolfgang Amadeus Mozart, con Gezim Myshketa (Don Giovanni), Valentina Mastrangelo (Donna Anna), Giovanni Sebastiano Sala e Matteo Mezzaro (Don Ottavio), Mariano Buccino e Cristian Saitta (Commendatore), Federica Lomardi e Mariateresa Leva (Donna Elvira), Andrea Concetti (Leporello), Riccardo Frassi e Davide Giangregorio (Masetto), Alessia Nadin e Alessandra Contaldo (Zerlina), direttore José Luis Gomez-Rios, regia di Graham Vick, scene e costumi di Stuart Nunn, light designer, Giuseppe Di Iorio, coreografo Ron Howell, Coro Circuito Lirico Lombardo, Orchestra Pomeriggi Musicali. 27 SIPARIO Speciale Lirica cremona NABUCCO OVVERO DELLA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA REGIA Conversazione con Andrea Cigni a cura di Nicola Arrigoni I l melodramma diviso fra voglia di tradizione e paura dell’innovazione, fra chi vorrebbe ancora i fondali dipinti, quasi che la messinscena fosse un di più, e registi che impongono il loro punto di vista su tutto e su tutti: dal maestro Graham Vick con il suo recente Don Giovanni di Mozart ambientato fra scene porno soft e mafia albanese, a Damiano Michieletto corteggiato dai massimi teatri europei e fischiato in patria, dalla Societas Raffaello Sanzio che mette in scena il Parsifal, alla contestazione di Franco Zeffirelli perché la Scala cancella la sua Aida dal repertorio… Il mondo della lirica – e non solo quello – vive di queste battaglie a colpi di fischi e buu per allestimenti che innovano troppo, melomani che vorrebbero solo gorgheggi e allestimenti ‘tradizionali’, quando non polverosi e archeologici. Ma una via di mezzo è possibile? Forse sì. 28 A darne testimonianza è il Nabucco di Verdi che si avvale della regia di Andrea Cigni, prodotto dal teatro Ponchielli di Cremona per conto del Circuito Lirico Lombardo. Si tratta di un allestimento pulito, intelligente, raffinato, ma che soprattutto conferma la personalità di Andrea Cigni regista che al di là delle collaborazioni col Ponchielli, può vantare un curriculum di tutto rispetto e che si è recentemente fatto apprezzare per il Cappello di Paglia di Firenze di Nino Rota, prodotto dal Maggio Fiorentino, per un Don Pasquale di Donizetti che in Francia sta facendo sfracelli e che si vedrà in Italia solo il prossimo anno. Andrea Cigni per il Circuito Lirico Lombardo ha allestito un Orfeo di Claudio Monteverdi che il Ponchielli non ha più avuto né voglia né il coraggio di riallestire per dare respiro ad un Festival Monteverdi col fiato corto, Traviata, Ernani di Verdi, solo per fare qualche titolo. Cigni, toscano verace ‘momentaneamente’ trapiantato nella Bassa, rappresenta uno di quegli artisti, metteur en scène che sanno con abilità e rispetto mediare fra tradizione e innovazione, sanno leggere le opere – lo spartito – e costruire regie che partono dalla musica, si muovono nel recinto dell’opera e del libretto senza appiattirvisi, ma scavando nel linguaggio drammaturgico e musicale che diviene materia duttile e fertile per l’intuizione registica. Sembra dunque interessante parlare del Nabucco, in tour nei teatri del Circuito Lirico Lombardo, per allargare poi il discorso a una prassi registica rispettosa del testo operistico, così come della musica, senza però disattendere al pensiero registico. Non è un caso che Andrea Cigni definisca il suo Nabucco: «evocativo, simbolico e teatrale: queste credo possano essere le parole chiave che caratterizzano il mio lavoro e nello specifico la messinscena dell’opera verdiana». Un’opera da mettere in scena con cautela? «Come tutte le opere e tutte le volte che ci si vuole interrogare su ciò che accade in scena e su quello che suggerisce la musica. Nel caso di Nabucco una partitura musicale straordinaria che offre la possibilità di lavorare intensamente sulla caratterizzazione dei personaggi, ma impone anche un’azione di pulitura». Cosa intende dire? «Tutti nel Nabucco aspettano il Và pensiero, molti non sanno neppure a che punto stia dell’opera. E’ alla fine. Molto spesso le simbologie inventate o prese in prestito dalla storia recente appesantiscono e snaturano il Nabucco stesso. Gli ebrei oppressi dai babilonesi possono suggerire parallelismo novecenteschi legati alla shoah. Si è visto anche questo». E il suo Nabucco come si colloca? «Nabucco è un’opera di apparato. Ci si attende la magniloquenza dei cori, ma poi li si riduce a comparse e ci si accontenta dell’effetto massa. Non è così. Il coro è a suo modo un perso778/779 - 2014 naggio, ciò che accade in scena scaturisce dalle relazioni fra i vari protagonisti. Come sempre più spesso mi capita ho lavorato levando, cercando di puntare l’attenzione sulle relazioni che intercorrono fra i personaggi, sulle doti recitative dei cantanti, partendo dallo spazio scenico». In che senso? «Ho cancellato ogni simbologia. Tutto è molto essenziale, uno spazio chiuso fra alte mura e che muta a seconda dei casi. Il muro può ricordare il muro del pianto a Gerusalemme. C’è un trono per simboleggiare la sovranità babilonese. Il cavallo su cui arriva Nabucodonosor è una sorta di cavallo di Troia, è un idolo e un simbolo di una cultura che si innesta su un’altra. In palio c’è il potere, il dominio di un popolo sull’altro, la guerra fra civiltà, diremmo noi». Come ha lavorato sui personaggi? «Negli eroi e nelle eroine verdiane, specie quelli di opere come Nabucco, Attila o Aida io ritrovo una specie di seme di follia che spinge i personaggi nella loro linea drammatica. Una follia legata alla bramosia di potere, ma al tempo stesso utile ad affrontare con una vaga incoscienza le situazioni affettive o sociali che i personaggi si trovano a vivere. Per quanto riguarda i personaggi le dinamiche drammatiche apparentemente vaghe sono in realtà molto forti e caratterizzate: l’amore di Abigaille per Ismaele a sua volta innamorato di Fenena in procinto di convertirsi ad una nuova religione (vista come ‘amore’). Non meno importante è il legame di Nabucco con le figlie, una naturale l’altra adottata, e il proprio potere. Ma anche personaggi più piccoli hanno una loro valenza drammaturgica come il Sacerdote che desidera difendere ad ogni costo la propria religione e cultura arrivando quasi a manipolare Abigaille... Insomma, in quest’opera lo sviluppo multipolare del dramma tra i personaggi ha un valore significativo che caratterizza proprio tutta l’opera 778/779 - 2014 stessa. Tutto ciò è suggerito, evocato dalla musica, dalla recitazione dei cantanti. Come insegna il teatro ciò che accade in scena deve essere completato dallo sguardo e dalla immaginazione dello spettatore» Evocativo, simbolico due delle parole chiave di cui diceva all’inizio sembrano contenersi nel teatro? «Penso sempre all’idea di teatro povero di Grotowsky che non significa povertà di mezzi, ma di un lavoro su ciò che è il nucleo del teatro: il corpo dell’attore/cantante, il suo rapporto con lo spazio e la musica che nel nostro caso è un veicolo straordinario di pensiero e di emozioni. Corpo e musica: c’è tutto e di più, sono la materia con cui lavorare. Come non mai in Nabucco la musica prepara l’azione, a tratti la suggerisce. Alla base c’è il racconto di una storia. Questo vuole essere il mio Nabucco: una storia che si racconta davanti ad un pubblico, in cui la bramosia del potere, l’intreccio di culture e le relazioni fra i vari personaggi si offrono allo sguardo dello spettatore perché questi sappia e possa farlo proprio». La magia del teatro? «Il teatro che si compie nel qui ed ora della scena e chiede la partecipazione emotiva e intellettuale del pubblico». Un tener conto del pubblico che la lega alla tradizione? «Se per tradizione si intende opposizione a facili attualizzazioni per cui Don Giovanni si imbosca su una Mercedes direi di sì. Non credo che questa sia innovazione, è lo stesso meccanismo delle messinscena tradizionali, è semmai un’attualizzazione ma non altro. Il meccanismo è lo stesso: descrivo e spiego quello che succede, non costruisco un dialogo con lo spettatore, non chiedo allo sguardo del pubblico di partecipare a ciò che accade in scena, mi limito a dare la mia visione, magari provocando perché so che così se ne parlerà. Ciò che manca è il pensiero interpretativo, di analisi ed ermeneutico di ciò che la musica e la storia raccontata può suggerire in primis al regista che – in teatro- costruisce sempre un opera aperta che si completa con la partecipazione del pubblico. Ed anche quando si parla di tradizione si parla sempre e comunque di un’invenzione, di un passaggio da un tempo all’altro di codici e linguaggi che mutano nel momento in cui vengono assunti nel qui ed ora della messinscena». Il Nabucco con i tuniconi non è tradizionale? «La tradizione non è storicizzare, un’abitudine invalsa nella seconda metà dell’Ottocento. Difendo la voglia di vedere una messinscena che cerca di raccontare le caratteristiche di un tempo lontano come quello della cattività babilonese, ma non passatista e neppure archeologica». C’è una terza via fra attualizzazione forzata e messinscena dai fondali dipinti? «Credo di sì e credo passi attraverso la valorizzazione drammaturgica della varie componenti dell’opera dal libretto alla musica, dalla caratterizzazione dei personaggi, al ruolo dei cori per restare al Nabucco. Il mio atteggiamento è quello di mettermi al servizio dell’opera, della musica, sviluppando idee e intuizioni che possono essere mie, ma che nascono e si fortificano col confronto con i cantanti, con gli scenografi, i costumisti, tutti impegnati ad agire su un terreno comune: quello dell’opera che si sta mettendo in scena, il Nabucco nel nostro caso». L’esito? «Credo sia una sorpresa ogni volta, al di là che poi l’allestimento venga giudicato più o meno riuscito. L’esito che vado cercando è la possibilità di dar corpo a un teatro evocativo che chieda al pubblico di entrare in empatia con ciò che vede e farlo proprio». 29 SIPARIO Speciale Lirica cremona NABUCCO RINCHIUSO tRA MURA Di PASSIONI di Nicola Arrigoni U n Nabucco intimo, in cui emergono – sia musicalmente che registicamente – le singolarità, le relazioni e i conflitti fra i personaggi, piuttosto che il dramma di un popolo: questa la riflessione che suggerisce la messinscena dell’opera verdiana a cura del regista Andrea Cigni e del direttore Marcello Mottadelli. Tutto nel Nabucco, prodotto dal Teatro Amilcare Ponchielli in collaborazione con il Circuito Lirico Lombardo, contribuisce nello scavare l’intimità dei personaggi, l’aspetto corale rimane ma come dire si fa esso stesso personaggio, commento all’azione, un’azione che luci e scene delineano con precisione spaziale, quanto ben delineato è l’indirizzo registico. La scenografia di Emanuele Sinisi è fatta di segni delicati ed essenziali. Lo spazio è uno spazio claustrale, il palcoscenico è delimitato orizzontalmente e non offre vie di fuga. Le alte mura sono quelle di Babilonia, ma sono anche il muro del pianto, impediscono di guardare oltre, eppure non mancano spiragli da cui arrivano le luci di taglio a sx: Alberto Gazale in Nabucco, regia Andrea Cigni. Foto Albarosa Eleni. 30 778/779 - 2014 Andrea Cigni trasforma l’opera verdiana in un kammerspiel di Fiammetta Baldiserri, da cui entrano ed escono i personaggi provenienti da un altro luogo che non è dato vedere. Tutto – nell’idea registica elegante e pulita di Andrea Cigni – deve convergere in una intimità che a tratti appare soffocante, quasi che i personaggi di Nabucco siano prigionieri delle proprie passioni: quella di Fenena per Ismaele e parimenti quella di Abigaille per Ismaele, il contrasto con la sorellastra Fenene, ma anche la scoperta di non essere figlia di Nabucodonosor. Relazioni, legami infranti e svelati attraversano il Nabucco e si affiancano al confronto/scontro fra culture, diremmo oggi: quella ebraica e quella babilonese. Tutto questo è racchiuso da Andrea Cigni in una stanza, Cigni fa del Nabucco una sorta di kammerspiel ed anzi suggerisce che tutto parta da lì, dal chiuso di quelle segrete stanze in 778/779 - 2014 31 SIPARIO Speciale Lirica tica’, Andrea Cigni fornisce un motivo in più per credere ancora funzionale la lezione di grandi registi come Massimo Castri, che nel teatro drammatico hanno messo in evidenza come il testo contenga in sé tutte le novità che i registi provocatori van cercando… Si crede di poter affermare che il lavoro di Andrea Cigni si pone in questa direzione e non è cosa da poco... NABUCCO dramma lirico in quattro parti cui si giocano le relazioni fra il re e la regina, il re e il guerriero, il sacerdote e il sovrano, ma anche fra padre e figlia illegittima, donna e uomo. Da qui ha origine tutto: dalle relazioni intime di un mondo lontano ma che Andrea Cigni avvicina a noi senza sterili attualizzazioni, ma con la disposizione di chi si mette al servizio della drammaturgia, della vicenda, della musica. I costumi delicati di Simona Morresi sono eleganti, dai cromatismi tenui; spicca un’Abigaille che nel manto piumato ricorda la mozartiana Regina della Notte, ma anche la strega disneyana di Biancaneve, nella versione dark di Maleficent, mentre Nabucco è né più né meno che l’evocazione di certi altorilievi di dignitari e re babilonesi, il tutto giocato con estremo gusto, senza mai eccedere ma con una linearità che riflette l’intero allestimento. Così pure i movimenti del 32 coro sono fluidi, mai invasivi eppure ieratici e solenni. La stessa direzione di Marcello Mottadelli mantiene un equilibrio tonale e di interpretazione che mette al sicuro dalla retorica in note ed anche l’atteso “Và pensiero” si fa canto segreto, intimo, sussurrato. Buona la prova vocale dei cantanti e la presenza scenica. A giocarsi in questo Nabucco è una concezione teatrale del melodramma che sa tenersi in equilibrio fra le attese dei melomani e le esigenze di dar vita ad un allestimento che non sappia di polvere di palcoscenico. In questo senso Andrea Cigni si conferma un regista attento, scrupoloso le cui idee nascono dal conoscere e studiare il libretto e la musica, nella volontà di far emergere quanto si dice nel sottotesto, quanto è suggerito dal connubio musica e parole. In tempi di messa in discussione della ‘regia cri- libretto di Temistocle Solera musica di Giuseppe Verdi; interpreti principali: Paolo Gavanelli (Nabucco), Tiziana Caruso (Abigaille), Enrico Iori (Zaccaria), Gabriele Mangione (Ismaele), Raffaella Lupinacci (Fenena), Antonio Barbagallo (Il Gran Sacerdote di Belo), Giuseppe Distefano (Abdallo), Sharon Zhai (Anna); direttore, Marcello Mottadelli, regia di Andrea Cigni, scene di Emanuele Sinisi, costumi di Simona Morresi, luci di Fiammetta Baldiserri, Coro del Circuito Lirico Lombardi, diretto dal maestro del coro Antonio Greco e Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano, produzione Teatro Amilcare Ponchielli e del Circuito Lirico Lombardo. al teatro Ponchielli di Cremona, 14 novembre 2014, prima nazionale. sopra: Nabucco, regia Andrea Cigni. Foto Albarosa Eleni. 3 Buoni Motivi per Abbonarsi Subito! Grazie alla convenzione degli “Assegni Teatro”, che prosegue anche quest’anno, gli abbonati e i lettori di Sipario hanno diritto d’accesso in molti teatri italiani convenzionati. Leggi su www.sipario.it il regolamento e l’elenco dei teatri associati. Abbonandoti a Sipario hai la garanzia di ricevere tutti i numeri direttamente a casa via posta. L’ufficio cortesia abbonati sarà a tua disposizione per offrirti informazioni su arretrati e altri servizi riservati agli abbonati. Abbonandoti sostieni una delle riviste storiche del teatro italiano, che pubblica su ogni numero, articoli, approfondimenti su teatro, danza, lirica, inchieste e interviste sulla politica dello spettacolo, testi teatrali noti e meno noti, rubriche e informazioni dal mondo dello spettacolo. 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Il teatro li ha uniti, proprio in un momento in cui siamo tutti “succhiati” da diabolici strumenti tecnologici che isolano, dividono, quali televisione, computer, iPad, cellulari e via dicendo. Il teatro riporta in primo piano il piacere di vedersi, confrontarsi, partecipare, esserci, vivere in comunità. Il modello di questo festival, che potrebbe avere il sapore di una torta autarchica, in realtà è una vetrina che consente di vedere cosa si produce in ogni angolo della Romania: è un valido censimento teatrale per il pubblico di questa Bucarest che in ogni angolo mostra i segni della rinascita. Di un orgoglio ritrovato. In questo campionario di spettacoli, avvallati dalla direttrice Marina Constantinescu, osservatori internazionali curiosano, indagano, intrecciano relazioni per probabili progetti. Gravitano, infatti, non solo critici, giornalsti, ma anche direttori di teatri europei che vengono ospitati, coccolati, intervistati, coinvolti per un nuovo futuro del teatro romeno, che vanta formidabili attori, umili nella vita e grandi nella loro professione, registi esplosivi di idee e di creatività. Insomma, pur vivendo in una crisi che ci attanaglia tutti, qui si crede nel teatro, nel teatro che salva, di qualsiasi genere possa essere: dalla tragedia alla commedia, dalle performance di danza alla commedia musicale; dai monologhi al teatro-documento; dagli autori classici ai contemporanei. Registi consolidati e giovani emergenti, una moltitudine di attori sono attivi, si mettono in campo e la città pulsa, vibra, offrendo il piacere di alimentarsi di teatro: pane del nostro sapere. Il Festival: una macchina complessa ma funzionante C Locandina dello spettacolo Victor o i bambini al potere di Roger Vitrac, regia Silviu34Purcârete. i sembra utile segnalare ai nostri lettori come funziona questo importante Festival e a tal fine abbiamo voluto incontrare la direttrice, Marina Costantinus, perché ci spiegasse tutta la macchina organizzativa e, quindi, sapere cos’è questo Uniter, sapere esattamente il budget che hanno a disposizione quest’anno, come avviene il rito delle scelte degli spettacoli, se ancora esiste un premio e poi sapere se esiste una strategia per arrivare a creare rapporti con altri festival internazionali o teatri… ecco cosa ci ha detto: “Io ritorno dopo sei anni alla direzione del festival perché l’ho già diretto negli anni 2005, 2006 e 2007. Uniter raccoglie più soggetti, che formano una unione di organizzazioni per le creazioni teatrali, si tratta di una as778/779 - 2014 778/779 - 2014 sociazione non governativa di tipo ONLUS. È il Senato che sceglie il direttore di questo festival, insomma è un’unione di professionisti”. Ma come avviene la scelta degli spettacoli, qual è la metodologia? La scelta si basa su una stagione di un solo anno del calendario, io ho fatto la scelta dell’anno 2013/2014. Sì, ma non crediamo che lei abbia avuto la possibilità di vedere tutti gli spettacoli Sì, perché io sono critico del teatro, il mio obbligo sarebbe proprio quello di vedere tutti gli spettacoli. Faccio uno sforzo molto grande perché ho cercato di essere un po’ dappertutto, anche nei posti dove sapevo che non ci sarebbe stata alcuna scelta, non ho mai fatto una selezione guardando il DVD. Interessante questo, pensavamo ci fosse un rito diverso, che tutti i teatri della Romania mandassero una documentazione e poi una commissione, diciamo decide... No, per questo lo sforzo è molto grande. Sarà molto corteggiata, allora? No, no, ho un rapporto molto speciale dopo 25 anni nel campo teatrale. Allora, lo Stato dà i soldi all’UNITER? Sono tre organizzatori l’Uniter, il Comune di Bucarest e il ministero della cultura e poi anche gli sponsor. E il budget totale con quale criterio 35 SIPARIO Dal Mondo viene spartito? Alle compagnie vengono riconosciuti dei cachet? No, io pago il vitto, alloggio, trasporto, anche un per diem e soldi per gli interpreti. E gli incassi? Io sono in una sorta di partnership con tutti i teatri e gli incassi rimangono ai teatri. Questi ultimi sono i miei partner, io non pago un affitto, quindi tutti gli incassi ottenuti dalla vendita dei biglietti rimangono ai teatri, ciascuno dei quali stabilisce il prezzo dei biglietti, quindi c’è un guadagno anche per i teatri. Abbiamo chiesto quest’incontro proprio perché ci piace questa macchina dal momento che in Italia non è così. In Italia in genere si dà un cachet alle compagnie secondo gli attori - se sono di grande valore, se sono importanti o no - e a una piccola compagnia si dà quasi niente, e quindi non va bene. Il ministero quanto tempo prima dispone del budget? Perché a volte in Italia arriva la conferma del budget pochi mesi prima del festival e quindi diventa difficile programmare quando non sai di quanto disponi. Qui avviene un anno prima o pochi mesi prima? Ora siamo alla 24ª edizione del festival, è l’unico festival nazionale di teatro e il ministero della cultura ha la sue responsabilità, ma dal punto di vista politico le cose non stanno sempre bene, sono in cattive acque, ma nonostante la situazione probabilmente anche il mio nome ha avuto un certo peso perché non ho avuto alcun problema per quanto riguarda il finanziamento. Al ministero c’era un vuoto di potere e dopo le dimissioni del ministro della cultura sono andata da lui, ho presentato il progetto del festival e gli ho detto chiaramente che avevo bisogno di una certa somma e non di un’altra cosa. Nel budget del ministero questo festival e anche altri festival importanti non avevano somme perché un altro ministro 36 aveva deciso che andava bene così e allora l’ex ministro della cultura, che era anche vice premier del governo, ha preso una decisione proprio per stanziare dei finanziamenti per questo festival. Lui è un uomo di cultura aldilà delle cariche che ricopre, lui era già stato ministro della cultura e con lui le cose sono andate sempre bene. Questo è un festival nazionale, ma pensate sempre di dare visibilità alla drammaturgia romena, a quelle comunità di lingua tedesca, yiddish ecc, oppure pensate di aprirvi anche a spettacoli internazionali? Io penso solo al valore indifferentemente dall’origine dello spettacolo, quindi non importa se uno spettacolo viene recitato in ungherese o tedesco o yiddish, l’importante è che sia uno spettacolo di qualità e quindi viene inserito nel festival. Per quanto riguarda la partecipazione internazionale abbiamo già ospitato varie compagnie e autori dall’estero. Avete anche rapporti con altri festival per eventuali scambi? Abbiamo sempre avuto questi rapporti. Ci sono spettacoli che sono stati visti al nostro festival e poi hanno fatto tournée all’estero; faccio un esempio: il direttore del Festival di Edinburgo ha visto lo spettacolo Faust di Silviu Purcârete nel 2007 e poi l’ha voluto nel suo festival. Dovendo proporre uno spettacolo di questo festival all’Italia che titolo ci propone? Non so esattamente cosa succede in Italia in questo momento nel settore del teatro, prima ero più aggiornata, non so se si va più verso il teatro-danza o teatro di prosa. Noi abbiamo, tra gli altri, due grandi festival, uno in Roma “Europa festival” e poi c’è “Napoli Europa Festival” che è aperto internazionalmente e, quindi, sono due sedi dove si possono propor- re degli spettacoli. Sipario tiene rapporti con questi direttori e suggeriamo spesso spettacoli da invitare; per questo motivo mi sarebbe piaciuto sapere se abbiamo delle idee in comune. Voi quali compagnie invitereste, per quel poco che avete potuto vedere? Beh, noi abbiamo visto pochi spettacoli, ma proporremmo Victor perché in Italia è stato molto rappresentato anche da registi importanti e poi non ci dispiacerebbe Cabaret, questi sono i due che secondo noi potrebbero passare uno perché è un musical e l’altro perché è una rilettura. Sarebbero anche le mie scelte, due spettacoli molto diversi. La mia prima scelta sarebbe West Side Story, è molto costoso ma è uno spettacolo unico. Ci sono 21 attori. I migliori del paese scelti dopo un’audizione. Leonard Bernstein ha scritto West Side Story per attori non per cantanti e questa è stata la nostra linea, loro hanno studiato insieme dal 18 agosto. C’è la migliore orchestra di Romania e anche un giovane direttore d’orchestra che ha già diretto a Vienna. Abbiamo pensato che questo spettacolo – che ha avuto un successo immenso - fosse una manifestazione degli attori giovani al fine di sensibilizzare lo Stato di fronte a grossi problemi causati da una forte disoccupazione giovanile. Da un punto di vista pratico, a quanto ammonterebbe il costo dello spettacolo nel caso in cui volessimo proporlo? Saprò tutto la prossima settimana con precisione. Per questi aspetti tecnici ci risentiamo. nella foto: Victor o i bambini al potere di Roger Vitrac, regia Silviu Purcârete. Foto Biro Istvan. 778/779 - 2014 Il Festival Nazionale del Teatro romeno, alla sua 24esima edizione, ha trovato il suo punto di forza nel regista Silviu Purcârete, che già ammirammo nell’edizione passata in cui assistemmo allo spettacolo Un cappello di paglia di Firenze. Siamo tornati a indagarlo, a studiarlo, (si tratta di un regista che ama scardinare un’opera per riproporla con la sua visione provocatoria e fantastica, Trasferitosi a Parigi nel 1910, si appassionò ai testi poetici e teatrali di Lautreamont e Jarry, e fondò la rivista Aventure con gli amici Marcel Arland, François Baron, Georges Limbour e René Crevel. Incontrati André Breton e Louis Aragon nel 1921 si unì al gruppo della rivista La révolution surréaliste, per poi staccarsi e insieme ad Antonin Artaud fondare nel 1926 il Théatre Alfred-Jarry, dove rappresentò proprie opere. Il suo teatro, vicino a quello di Alfred Jarry, intreccia un’amara concezione dell’esistenza e una violenta critica dei valori borghe- prodotto altissimo di un surrealismo che doveva far nascere, in quei magnifici anni di prima metà del secolo, il teatro Alfred Jarry. La funzione demolitrice dell’ipotesi surrealista era di assoluta libertà da schemi sociali, e la collocazione dei personaggi in un universo geograficamente definito era parsa, per esempio in Jarry, un ghignante trucco. Non sono molte le opere di Vitrac rimaste in vita. Solo Victor ha trovato interesse grazie all’invenzione di affidare ad un bambino di nove anni, interpretato sempre da un adulto, con capacità di sapere tutto, giudicare che ama sorprendere con intelligenza) nello spettacolo Victor o i bambini al potere di Roger Vitrac, testo partorito nel 1928, in pieno clima e fervore surrealista del gruppo fondato da Breton e Lautreamont, di cui Vitrac fece parte e dal quale venne espulso. Roger Vitrac (Pinsac, 17 novembre 1899 – Parigi, 22 gennaio 1952) è stato un commediografo francese. Commediografo, ma anche poeta, giornalista e regista, Vitrac viene considerato un precursore del Théâtre Nouveau. si con audacie espressive di gusto surrealista. Raggiunse successo soprattutto postumo grazie ad alcune regie di Jean Anouilh negli anni ‘60 e viene considerato anche precursore del teatro dell’assurdo. Victor. O i bambini al potere è una delle costruzioni teatrali più sapienti e più pazze, più demolitrici e addirittura più poetiche, più corrosive e più blasfeme, dove il Dio da bestemmiare è il Dio della borghesia, oggi facilmente odiabile. In una parola è proprio il tutto e fustigare il proprio nucleo familiare dai comportamenti immorali. In Italia, è stato messo in scena da Giorgio de Lullo, da Mario Missiroli, Giancarlo Sepe e altri di cui non ricordiamo i nomi, negli anni in cui portarlo in scena era motivo di orgoglio per registi che volevano essere contestatori e innovativi. Ora, questo testo, a distanza di tanti anni dal suo debutto, avvenuto il 12 settembre del 1909, a Parigi, viene proposto in Romania dalla Compa- Il “Victor” di Silviu Purcârete affascina il pubblico romeno 778/779 - 2014 37 SIPARIO Dal Mondo “Mozart steps” oltre trenta attori che danzano. Successo. VICTOR OR POWER TO THE CHILDREN gnia Hungarian State Theatre, Cluj. Ci sorge spontanea la domanda se oggi ha veramente senso proporre un’opera che nella mente dell’autore, con la forza fantasiosa del surrealismo, della visione patafisica, voleva denunciare la decadenza morale e sociale della borghesia francese di allora. Siamo convinti, però, che il regista Purcârete l’abbia scelta non tanto per i suoi contenuti orientati al degrado borghese - validi oggi più che mai nel contesto della società romena, dopo essere uscita della dittatura - ma che l’abbia scelta anche perché consente di sprigionare una creatività dirompente, ricca di colpi di scena, di fare agire e modellare gli attori in uno spartito recitativo multiplo, per attori totali, da collocarsi in uno spazio carico di richiami simbolici. Infatti, il regista, per il suo Victor, ha messo insieme una compagine di attori eccezionali - disponibili, convinti nel fare tutto ciò che la regia richie- 38 desse, che meritano di essere menzionati Áron Dimény, Zsolt Bogdán, Emőke Kató, Csilla Varga, Csilla Albert, Ervin Szőcs, Andrea Vindis, József Biró, Enikő Györgyjakab, Levente Molnár - ed ha dimostrato le sue grandi qualità di scrivere scenicamente, di conoscere i meccanismi della teatralità. Insomma, il testo di Vitrac assurge a pretesto creativo, ad atto necessario, scardinante, da offrire ad un pubblico che si affascina alla libertà di espressioni in palcoscenico, che coglie gli aspetti grotteschi, ironici, surreali, appunto, che emergono in questa messa in scena, che è stata lungamente acclamata, applaudita, con amore liberatorio. by Roger Vitrac Translated by: József Vinkó Cast: Victor, aged nine: Áron Dimény Charles Paumelle, Victor’s Father: Zsolt Bogdán Émilie Paumelle, Victor’s Mother: Emőke Kató Lili, Servant girl: Csilla Varga Esther, aged six: Csilla Albert Antoine Magneau, Esther’s Father: Ervin Szűcs Thérèse Magneau, Esther’s Mother: Andrea Vindis Generalul Louségur: József Biró Ida Mortemart: Enikő Györgyjakab Physician, mute lady, Maria, the servant : Levente Molnár Directed by: Silviu Purcărete Set Design: Dragoș Buhagiar Original Score: Vasile Șirli Hungarian State Theatre, Cluj Bulandra Theatre, Toma Caragiu Hall 25-26 ottobre 2014 778/779 - 2014 Dopo circa 40 minuti di bus, si arriva al Centro Culturale Ion Manu per la sua inaugurazione: è stato inserito nel programma del festival con lo spettacolo Mozart steps, presentato come evento di teatro-danza moderna. La curiosità è stata tanta, poiché abbiamo appreso che la compagnia non era formata da danzatori ma da circa trenta attori, metà donne e altrettanti uomini, di tutte le taglie e stazze: alti e bassi, cicciotti e segaligni; attori che si sono consegnati al coreografo Gigi Căciuleanu ritenuto ottimo creativo e di qualità per impegno sociale nell’ambiente dei ballettomani, ma che stavolta, con grande disinvoltura, ha messo le mani, anzi i piedi, o meglio mani e piedi, in testa ai giovani interpreti che ce l’hanno messa tutta nel soddisfare le figurazioni coreografiche, molto ripetitive, finalizzate a continue camminate, simbolo della folla, poi corpi che corrono, si uniscono, si aggrovigliano, si sollevano, che richiamano una ritualità del nostro vivere. E poi un continuo gioco di oggetti coi quali ci rapportiamo e confrontiamo quotidianamente: camicie, lenzuoli, bastoni, sacchi a cui siamo legati da corde, tutti elementi materici che sono serviti a organizzare continue composizioni, a volte dinamiche, a volte statiche, immagini ed espressioni di volti con sguardi sbarrati nel vuoto, di bocche che mormorano: tutti segni da decodificare, non sempre facili. Insomma, un’ora e passa con attori i cui corpi si impegnano a soddisfare la fantasia del coreografo, agendo su una colonna sonora che non era altro che la somma di tanti motivi che spaziavano da riti liturgici a canti orientali, da musiche note di Mozart e altri autori a passaggi lirici: tanti spezzoni musicali che hanno accompagnato, e accompa778/779 - 2014 gneranno ancora il nostro vivere, il nostro crescere. Evento coraggioso, che ha fatto bene agli attori sicuramente per la loro formazione, ad altri del pubblico ha procurato un po’ di noia, ad altri ancora meraviglia. I partecipanti romeni, comunque, sempre numerosi e generosi, non hanno lesinato gli applausi ed hanno salutato con ammirazione gli attori volonterosi. Prima di uscire dal teatro, nel foyer, il pubblico è stato invitato a osservare la mostra di quadri, foto, lettere, cartoline, collages di Ion Manu, padre di Sanda Manu, professoressa di recitazione, nonché regista, introdotta dalla direttrice del festival Marina Constantinescu e da lunghe testimonianze. Coro di applausi alla conclusione del rito. MOZART STEPS (dance performance) by Gigi Căciuleanu Cast: Veronica Arizancu, Florin Coşuleţ, Ali Deac, Diana Fufezan, Raluca Iani, Adrian Matioc, Adrian Neacşu, Cătălin Pătru, Daniel Plier, Arina Ioana Trif, Vlad Robaş, Marius Turdeanu, Gabriela Pârlițeanu, Liviu Vlad, Anca Pitaru, Vlad Bacalu, Anton Balint, Cristina Blaga, Paul Bondane, Iulia Popa, Tudor Răileanu, Maria Soilică, Cristi Timbuş, Maria Tomoiagă, Alexandra Şerban, Iustinian Turcu Choreography: Gigi Căciuleanu Set Design: Gigi Căciuleanu “Radu Stanca” National Theatre, Sibiu “Ion Manu” Cultural Centre Otopeni 27 Ottobre 2014 sopra: Mozart Steps, di Gigi Căciuleanu. Foto TNRS Sebastian Marcovici. 39 SIPARIO Dal Mondo Negli spazi dell’Odeon è di scena la denuncia Typographic Capital LetterS di Gianina Cărbunariu Al teatro Odeon, nella sala preposta per un teatro innovativo, abbiamo assistito nel tardo pomeriggio a Typographic Capital Letters, di Gianina Cărbunariu, spettacolo di teatro-documento che narra le vicende drammatiche che subisce un ragazzo desideroso di denunciare gli abusi della dittatura e usa scrivere di nascosto sui muri la sua protesta contro il regime e strilli di “Libertade”. Atto perseguito dalla legge della dittatura con pene singolari, che la società romena conosce molto bene. E bene ha fatto l’autrice a costruire un’opera che spiegasse ai giovani di nuova generazione quanta sofferenza abbia accompagnato il popolo della Romania soggiogata da anni dal despota Ceauăescu. Lo spettacolo si snoda attraverso una serie di racconti supportati da un’abile struttura tecnologica di riprese televisive utili a mostrare amplificati documenti, dettagli e volti degli attori - cinque giovani agguerriti e motivati -, e da scene drammatiche riproducenti la storia del ragazzo, della di lui madre, e di altri personaggi coinvolti nei fatti. Uno spettacolo “lezione” potremmo definirlo, che il pubblico molto giovane ha veramente apprezzato, offrendo ai cinque attori - Cătălina Mustată, Alexandru Potocean, Gabriel Răuăt, Mihai Smarandache, Silvian Vâlcu calorose chiamate plaudenti. TYPOGRAPHIC CAPITAL LETTERS by Gianina Cărbunariu Cast: Cătălina Mustață, Alexandru Potocean, Gabriel Răuță, Mihai Smarandache, Silvian Vâlcu Directed by: Gianina Cărbunariu Set Design By: Andrei Dinu Choreography by: Florin Fieroiu Music by: Bobo Burlăcianu Light design: Andu Dumitrescu Odeon Theatre, Bucharest Odeon Theatre, Studio Hall 28-29 ottobre 2014 sopra: Typographic Capital Letters di Gianina Cărbunariu. 40 778/779 - 2014 “The Devil’s Casting” di Radu Afrim Di altra natura teatrale, di altro genere drammaturgico, ma sempre di denun- cia satirica, è stato lo spettacolo visto alla sera nella sala principale dell’Odeon, dal titolo significativo The Devil’s casting di Radu Afrim, dove ben sedici attori di grande bravura sono coinvolti a dar vita a scene grottesche di personaggi strambi, eclettici, chiamati a dimostrare le loro capacità perfomative, alla maniera di “X factor” o dei “talent show” televisivi, con tanto di giuria esigente, per far parte di una recita-festa di compleanno del piccolo figlio di un prestigioso uomo, ricco e potente, che vuole offrire alla prole come regalo, segno d’amore e grandezza di mezzi. Satira frizzante, sul binario della farsa, ricco d’invenzioni burlesche; oltre un’ora di divertimento per un pubblico numeroso e giovanissimo, assiepato sul palcoscenico, ai bordi dello spa778/779 - 2014 zio d’azione, chi su panche, chi per terra; e già questa immagine rendeva entusiasmante l’evento animato da un cast eccezionale, formato da questi bravissimi attori: Berekméri Katalin, B. Fülöp Erzsébet, Bokor Barna, Kiss Bora, Galló Ernõ, Gecse Ramóna, László Csaba, Ciugulitu Csaba, Moldováa Orsolya, Nagy Dorottya, Ördög Miklós Levente, Ruszuly Ervin, Lõrincz Ágnes, Somody Hajnal, Szabadi Nóra, Gergely Botond. 41 SIPARIO Dal Mondo “OIDIP” after Sofocle or after Purcârete? Stavolta il regista Silviu Purcârete ha peccato di presunzione. È rimasto vittima della sua sicurezza creativa; ha preso in prestito la vicenda di Edipo sia durante il periodo in cui regna in una Tebe invasa dalla peste, motivo come pure il commento musicale, facendo uso anche di filmati di edifici che esplodono, crollano, si annientano, per concludere che il mondo si sta distruggendo, in corrispondenza con la morte di Edipo. Ci sono certe opere che sono talmente inossidabili che le si possono prendere a pretesto, si usa farlo molto con William Shakespeare, per dimostrare la contemporaneità, l’attualità, ma permessa poiché l’opera è di pubblico dominio, non più tutelabile. Non basta scrivere sul programma ufficiale “Oidip de/by Sofocle” e scoprire sul sito del Festival scritto “after Sofocle”, non è corretto. Comunque, quello che rimane nella memoria è la grande capacità di Purcârete di proporre idee e creatività meritorie (ma a volte i conti non tornano), di impiegare attori intensi “Nel traffico” OIDIP after Sofocle Translated by: Constantin Georgescu, Simona Georgescu, Theodor Georgescu Original Script by: Silviu Purcărete Cast: Oidip, King of Thebes: Constantin Chiriac Jocasta, wife of Oedipus, Antigona, daughter of Oedipus: Mariana Mihu Ismena, daughter of Oedipus: Diana Fufezan Teiresias, Blind prophet, Old Shpeherd, Theseus, King of Athens: Diana Văcaru Lazăr Creon, Jocasta’s Brother: Cristian Stanca Polyneikes, Son of Oedipus: Ioan Paraschiv Messenger: Adrian Matioc Herald of Corinth: Pali Vecsei Choir: Veronica Arizancu, Emöke Boldizsár, Florin Coşuleţ, Diana Fufezan, Adrian Matioc, Ioan Paraschiv, Eduard Pătraşcu, Mariana Mihu, Cristina Ragos, Cristian Stanca, Cristina Stoleriu, Diana Văcaru Lazăr, Pali Vecsei. Directed By: Silviu Purcărete Set Design: Dragoș Buhagiar Original Score: Vasile Șirli “Radu Stanca” National Theatre, Sibiu Bulandra Theatre, Toma Caragiu Hall 29-30 ottobre 2014 del suo declino come re e inizio di una presa di coscienza del suo intimo privato, sia nel periodo del suo esilio a Colono accompagnato dalla figlia Antigone. Ha miscelato i due periodi, (o meglio le due opere di Sofocle), ambientandoli in una stanza senza epoca, claustrofobica all’inizio, e poi, per ingegno macchinoso, il locale si apre all’esterno, facendoci scoprire un giardino dove si banchetta, su uno sfondo boscoso con foglie in movimento, trasferendolo ai primi anni del Novecento, con attori in abiti consoni all’epoca, 42 sono operazioni rischiose poiché tali opere sono legate in maniera inscindibile con il periodo in cui sono state concepite, il cui linguaggio cozza con ambienti moderni anche se neutri, con personaggi di oggi. Insomma, non sopportano di essere utilizzate come materiale plastico, da modellare a piacimento, oltre a essere un “inganno” per il giovane che per la prima volta incontra l’Edipo di Sofocle. Viene a conoscenza di un’opera falsata. Oppure bisogna avere la sincerità di pubblicare a grandi lettere che si tratta di un rifacimento, operazione anche quando vengono chiamati a improvvisi cambi di scena. Il pubblico del teatro Bulandra sempre giovane e numeroso, che sicuramente ama e apprezza, come noi, Purcârete, ha applaudito con affetto e stima. di Alina Nelega un’attrice vincente. Ancora alla Sala Studio del teatro Odeon per assistere, insieme ad un pubblico quasi tutto femminile, al monologo, iper premiato qui in Romania, Nel traffico di Alina Nelega, regista di se stessa, nonché giornalista, e, ovviamente, drammaturga, quotata anche internazionalmente viste le traduzioni che annovera nel suo curriculum. Si è detto monologo, ma in realtà prevede anche dei “siparietti” (per consentire alla bravissima attrice Elena Purea di cambiarsi per entrare nei panni dei sei personaggi femminili che compongono le sequenze dello spettacolo), affidati a quattro baldi giovani attori e danzatori di break dance, che agiscono abilmente tra un numero e l’altro su una scena che rappresenta, con i tipici segni stradali, una rotonda dove appunto si dà appuntamento il traffico quotidiano. Nella scena alcuni manichini scheletriti fungono da servitori di scena per gli oggetti e elementi di costumi che entreranno in gioco alla bisogna, su uno sfondo laterale di una parete carica di murales colorati e appendici di corpo umano, come una gamba e un braccio che sbucano dal muro. Una scena tra realtà e allegoria. Lo spettacolo, tutto centrato su temi femminili, di denuncia, di violenze subite, su pregiudizi e via dicendo, con un linguaggio senza fronzoli, diretto, aggressivo, fino a rasentare il turpiloquio, si snoda in un’ora e trenta minuti con un’attrice che non perde un colpo nella sua affabulazione, che si cimenta anche in passi di danza, che si trasforma di volta in volta in personaggi diversi. Una grande prova d’attrice, drammatica, comica, sarcastica, energica, fragile, che il “parterre” delle presenti ha acclamato a lungo. Veramente meritevole. IN TRAFFIC by Alina Nelega Cast: 6 women: Elena Purea A lady dog: Elena Purea Dancers: Andrei Chiran, Claudiu Banciu, Mihai Bloj, Simon Kalman Attila Directed by: Alina Nelega Set Design: Tiberiu Toitan și Oana Micu Choreography: Claudiu Ştian Light design: Csaba Körössy National Theatre, Târgu-Mureș Odeon Theatre, Studio Hall 30-31 ottobre 2014 sopra: OIDIP after Sofocle di Silviu Purcărete. Foto TNRS Sebastian Marcovici. nella pag. a fianco: In traffic di Alina Nelega. Foto Cristina Ganj. 778/779 - 2014 778/779 - 2014 43 SIPARIO Dal Mondo Il rischio era grande. Mettere in scena Cabaret, un musical che nel mondo ha colpito l’immaginario collettivo con l’omonimo film interpretato da eccellenti attori (Liza Minelli e Michael York, una sapiente regia di Bob Fosse), poteva non solo essere un atto presuntuoso come sfida ma poteva trasformarsi anche in un boomerang negativo per il regista, gli attori coinvolti e per la produzione del Teatrul German de Stat Timişoara. Invece, quel genio di Răzvan Mazilu, perché di genialità poetica e trasgres- ci, eclettici, brillanti e drammatici e umanamente sinceri, facendoli agire in un contesto scenografico perfetto di Dragoş Buhagiar, che ha consentito di far vivere i momenti musicali diretti da Peter Oschanitzky con un complesso orchestrale in tenuta claunesca, le coreografie dello stesso regista e i quadri parlati, ma divenendo anche elemento vivo, segno drammaturgico sia durante lo svolgersi delle azioni, sia sul finale, quando tutti i personaggi, dopo averci mostrato la storia drammatica dell’evento del nazismo in una Berlino degli anni Trenta, su una società già dominata da forti problemi di sopravvivenza, sono invitati a spogliarsi del tutto per essere spinti dalla stessa pedana-palco- tutti noi una gamma di emozioni - e di riflessioni - che rimarranno nel cuore e nella mente per lungo tempo, per merito degli interpreti, tutti in parte nei molteplici ruoli che l’impresa produttiva imponeva, giusti nel seguire le indicazioni registiche, partecipi, motivati; ognuno ha raccolto gli applausi prolungati, da ovazione, del numeroso pubblico intervenuto nella sala Pictură del Teatro Nazionale I.L. Caragiale; insomma, uno spettacolo catartico per tutti, liberatorio perché denunciante, che è stato messo in scena da artisti tedeschi che fanno parte di quel grande ceppo comunitario che vive in terra di Romania, nello stato di Timişoara. Un atto di coraggio produttivo e d’im- siva ne ha da vendere - basta guardare il suo percorso artistico -, ha messo in scena uno spettacolo ricco di soluzioni creative personali, allontanandosi per fortuna dal modello cinematografico, grazie anche ad una compagnia di attori coinvolgenti, graffianti e dol- scenico che si trasforma in una porta infernale e, come un ponte levatoio, si solleva sui corpi nudi obbligandoli a entrare in una Ade di morte: nelle camere a gas. Il regista non solo ha evitato il rischio del confronto, ma ha consegnato a portante valore artistico: lo spettacolo dovrebbe essere accolto nei tanti festival internazionali sparsi nel mondo. “Cabaret” di Răzvan Mazilu trionfa a Bucarest 44 sopra: Cabaret di Joe Masteroff. Foto Ovidiu Ciba. 778/779 - 2014 CABARET by Joe Masteroff Music: John Kander Lyrics: Fred Ebb Cast: Conférencier: Georg Peetz Sally Bowles: Daniela Török Cliff Bradshaw: Konstantin Keidel Domnişoara Schneider: Ida JarcsekGaza Domnul Schultz: Christian Bormann Domnişoara Kost: Dana Borteanu / Tatiana Sessler Ernst Ludwig: Radu Vulpe Trupa de Kit-Kat Club: Texas: Olga Török Helga: Silvia Török Rosie: Anne-Marie Waldeck Frenchie: Cristina Romândaşu Lulu: Suzana Vrânceanu Bobby: Horia Săvescu Victor: Richard Hladik Max, club owner: Franz Kattesch Two Ladies: Anne-Marie Waldeck / Olga Török, Horia Săvescu Maimuţa: Suzana Vrânceanu Marinari: Horia Săvescu, Richard Hladik, Aljoscha Cobeţ Two nazis: Richard Hladik, Aljoscha Cobeţ Orchestra: Gianluca Vanzelli, Cosmin Hărşian, Călin Pop, Marius Roman, Cristian Ilie, Nicolae Bialiş, Dorin Tereu, Sergiu Cârstea, Emil Ionescu, Valentina Peetz, Ionuţ Dorobanţu, Szamtártó Zsolt, Sorina Savii, Valentin Tătaru Director and Choreographer: Răzvan Mazilu Scenery and Costumes: Dragoş Buhagiar Musical Director: Peter Oschanitzky Vorbirea scenică: Linda Moog German State Theater of Timişoara Foto: Ovidiu Ciba Parallel Spazio ai giovani attori, talentosi performers Domenica 2 novembre, ultimo giorno del Festival Nazionale del Teatro. Dopo aver seguito gli spettacoli dei registi affermati, abbiamo voluto dedicare il tempo di questa giornata ai giovani attori talentosi, a cui la direzione del festival ha giustamente ed abilmente riservato ampi spazi e molta visibilità. Al mattino, alle 11, nella Sala Studio del teatro Odeon, spazio dove è stata relegata l’innovazione teatrale, abbiamo assistito a una perfomance a due, dal titolo Parallel, che ci racconta la storia di due giovane donne, che si dedicano, nella prima parte, a fare insieme esercizi ginnici per modellare il corpo; e poi nella solitudine delle loro stanze, iniziano il rito della metamorfosi: una diventa un maschietto e l’altra lesbica che esalta il posteriore nudo, incorniciato da un costume fatto all’uopo. Nella seconda parte, una si posiziona davanti ad un microfono ad asta e per lungo tempo canta canzoni di tenore lesbico, trasgressive, erotiche; l’altra, il ragazzino, sempre impiantata davanti al microfono, racconta barzellette spinte. Le due attrici sono bravissime; e lo spettacolo replicato più volte ha avuto un buon seguito di pubblico bene impressionato e plaudente. PARALLEL Cast: Lucia Mărneanu bodoki-halmen kata Directed by: Sinkó Ferenc și Leta Popescu Concept by: Sinkó Ferenc Set Design: Sinkó Ferenc Costume Design: Bocskai Gyopár Choreography: Sinkó Ferenc Original Score: Dan Aga Songs by: bodoki-halmen kata Light design: Almási Attila GroundFloor Group, Cluj-Napoca Odeon Theatre, Studio Hall 1-2 novembre 2014 a sx: Parallel, regia Sinkó Ferenc e Leta Popescu. Foto Roland Váczi. 778/779 - 2014 45 SIPARIO SCANDIC GRAND CENTRAL Dal Mondo Hop Un galà per i giovani talenti Alla sera, al teatro Excelsior, esperienza del tutto diversa ma utile a capire le tendenze dei giovani attori romeni, esibitisi in una sorta di gala, titolato Hop; insomma, il teatro Excelsior si è trasformato per più di due ore in una passerella dove si sono succedute più esibizioni: la prima, di sei giovani attori che si dilettano a recitare in generi diversi, sotto la guida di un regista un po’ despota, due scene ben note, il duetto tra Giulietta e Romeo, e il duetto dei signori Martin della “Cantatrice Calva” di Ionesco. Gli attori, bravissimi, hanno mostrato le capacità di recitare le stesse scene in stili diversi, con momenti ilari per i contrattempi che accadono sempre durante le prove. Poi, sono seguiti due monologhi al femminile, un bel numero che vede un’attrice usare ginocchi, piedi, gambe e mani per creare, con l’ausilio di costumini e oggetti mignon, marionette divertenti e poetiche; la conclusione della serata è stata affidata a dieci attori, di cui cinque donne, che, con un naso a pomello argentato a simboleggiare una società di clown, si divertono a improvvisare danze sgangherate, grottesche tese a strappare qualche risata. La platea al completo ha festeggiato tutti i partecipanti a questo “Hop”. Experience the heartbeat of Stockholm HOP in NTF If you could place a stethoscope on the city of Stockholm, the strongest heartbeat would be where Scandic Grand Central is located – the hotel that feels like it’s always been there. The historic building, built by CO Lundberg in 1885 is formerly known as “The Lundberg Palace”. It now merges seamlessly into the life of the streets, with its art, design, theatre, film and music. The doors are open to hotel guests and locals who enjoys an international atmosphere, various djs, live concerts and a team of skilled bartenders that make cocktails into an art form. The Winners of The Young Actor’s Gala HOP, edition 2014... in action (a theater performance in Romanian) UNITER & NTF production A project coordinated by Radu Afrim Choreography by Andrea Gavriliu Cast: Ada Lupu, Ana-Maria Bercu, Andrei Ciopec, Irina Antonie, Andrei Cătălin, Iulia Ciochină, Octavian costing, Mădălina Craiu, Ștefan Huluba, Constantin Apostol, Cătălina Sanache, Andrea Bokor, Andrei Brădean, Răzvan Corneci, Flavia Giurgiu, Dana Marineci, Marian Olteanu, Anca Pascu, Iulia Verdeș. Excelsior Theatre 1-2 novembre 2014 Welcome! scandichotels.com/grandcentral For more info about djs and concerts grandacoustic.com | Facebook.com/scandicgrandcentral | @scandicgrandcentral on Instagram SCHO 3922 - Annons SGC.indd 1 2014-11-14 10:44 a dx: Radu Afrim, coordinatore del progetto HOP. Foto Iustin Surpanelu. 46 778/779 - 2014 778/779 - 2014 47 SIPARIO Dal Mondo STOCCOLMA 25esimo STOCKHOLM INTERNATIONAL FILM FESTIVAL di D.G. S toccolma per dieci giorni, dal 5 al 16 novembre, si offre a noi ospiti del Film Festival, già presenti per la seconda volta, come palcoscenico dalle molte sensazioni, emozioni, sorprese e conoscenze. Le sensazioni di teatralità le cogli per ciò che la città mostra quando passeggi sui larghi marciapiedi popolati, con vetrine super illuminate, super 48 moderne, super frequentate che fanno spettacolo; quando osservi nei parchi alberi secolari che s’impongono come sculture tanto sono variegati i loro fusti, nei giardini ben curati, nella presenza di giovani donne che spingono carrozzine capaci, non per un bimbo, bensì per cinque o sei bimbi da portare a passeggio, nonostante il freddo, che qua non scherza; 778/779 - 2014 oppure quando ti affacci ai bordi del mare e vedi gruppi di germani che escono dall’acqua come saette, starnazzando, per azzuffarsi sulle briciole di pane che qualcuno si diverte a lanciare, e a questa zuffa partecipano corvi invasori. Le emozioni le incontri quando sali sui bus e ti accorgi di quanta educazione trovi nei passeggeri, nel guidatore/ controllore che ti aiuta a comprendere le modalità di accesso, oppure quando entri in un piccolo ristorante e sei accolto con amore, attenzione, prontezza di servizio, come se tu fossi un familiare. Le sorprese le vivi quando scendi in metro e ti trovi difronte a una meraviglia di stazioni sotterranee, “scenografate” di colori, di personaggi, come se fossero dei set cinematografici, e non ti sembra più di essere nel quotidiano. Basta scendere a queste tre stazioni Rådhuset Station, Kungstradgarden Station, T-Centralen Station, per comprendere la sorpresa di cui parliamo e che desideriamo trasmettere. Ciò è quello che trovi gironzolando per Stoccolma, ma altrettante suggestioni le afferri nel seguire il programma del festival che in dieci giorni offre oltre 400 proiezioni, a partire dalle 9 del mattino fino a tarda sera, e assisti ad una fiumana di giovani che si sposta da una sala cinematografica all’altra con morbosa curiosità, agevolati anche da una politica di modicissimi prezzi, meno di 5 euro, e coinvolti dai dibattiti che seguono le proiezioni. Per noi, visto la linea culturale che segue, è più un festival di servizio pubblico che vetrina di mondanità. Infatti da 25 anni, tanta è l’età della manifestazione, si punta più sui contenuti sociali che sui carpet rossi di visibilità ostentata. 778/779 - 2014 Kungstradgarden Metro Station, Stoccolma Radhuset Metro Station, Stoccolma. 49 T-Centralen Metro Station, Stoccolma. SIPARIO Dal Mondo “Incompresa” di Asia Argento, al film festival di Stoccolma, piace ai giovani svedesi. Il film di Asia Argento, “Incompresa”, è l’unico film italiano inserito nel 25esimo Festival Internazionale di Stoccolma; e ciò ci dà la convinzione che il messaggio contenuto nell’opera, di cui Asia Argento è oltre che regista anche coautrice con Barbara Alberti, merita attenzione; e merita anche un’analisi più approfondita, superando gli aspetti di linguaggio estetico, di riferimenti autobiografici, di condizionamenti derivanti da altre opere filmiche o letterarie. Se lo troviamo inserito in questo festival di Stoccolma, il cui indirizzo è verso un cinema di impegno civile, è perché il film denuncia tanti aspetti della nostra società: l’individualismo sfrenato, il degrado dei costumi, l’indifferenza spietata, l’arrivismo, la decadenza sessuale, la comunicazione volgare, al limite del grottesco, dell’incredibile. Il personaggio di Aria, una bambina di nove anni, è come un grimaldello che entra in diversi contesti per scardinare comportamenti, modi di vivere, luoghi deputati di una struttura sociale: la famiglia mal combinata di una coppia già naufragata da precedenti esperienze dei coniugi, due artisti che hanno avuto molto dal loro lavoro; la scuola dove si annida un disagio giovanile di invidie e devianze, frutto di una inadeguatezza di chi dovrebbe istruire a capire, a tollerare, ad essere più umani; la chiesa con le sue morbosità nascoste; la strada, ring di violenza anche per il più stupido incidente, la comunità di soggetti che si escludono dal contesto sociale; le superstizioni che si annidano in molti di noi. La bimba Aria non è altro che l’alter ego di Asia, che ci parla per richiamarci ad una responsabilità civile, ad un amore che non c’è più; non fa del vittimismo, ma ci dà dei pugni nello 50 stomaco; ci fa provare vergogna di come abbiamo smarrito questo sentimento indispensabile, di nome amore, disponibilità, convivenza. Questo complesso messaggio, anche se affidato ad una scrittura scenica che a volte commuove, a volte irrita per eccesso di sottolineature, fino a divenire incredibile, grottesca, fuori dal reale. Il cast vede una eccellente interprete nella giovanissima Giulia Salerno, in un autoironico Gabriel Garko; in una nevrotica e ninfomane Charlotte Gainsbourg; in un caricaturale Gianmarco Tognazzi. Ambientazione colorata e decadente, giusta per una storia che deve staccarsi dai canoni reali per entrare nell’allegoria. Commenti musicali appropriati e ironici nei momenti da evidenziare. Insomma, un film da vedere che ci mostra una Asia Argento ricca di temi su cui riflettere. INCOMPRESA Cast Giulia Salerno, Charlotte Gainsbourg, Gabriel Garko Producer Lorenzo Mieli, Eric Heumann Script Asia Argento, Barbara Alberti sopra: Giulia Salerno e Gabriel Garko in Incompresa, regia Asia Argento. 778/779 - 2014 “Girlhood”, della regista Céline Sciamma farà riflettere il pubblico dei giovani e no. La giovane regista trentrentenne, francese, Céline Sciamma, già al suo terzo film, ha intelligenza e talento da vendere nonché vedute del mondo come sceneggiatrice, sopratutto verso quello dei più deboli, su cui riflettere; e i suoi film, tutti sottocosto, mostrano il forte desiderio di affermare il rifiuto, i “no”, alla violenza che si annida nei diversi gruppi di una società. Nel film Girlhood ospite del Festival, con un grande seguito di pubblico giovane, si racconta la storia di una giovane ragazza di colore, all’interno della comunità di neri, insediata nel corpo di una Parigi di oggi. Il personaggio di Marieme, alias Vic, protagonista di tre episodi scansionati in maniera autonoma, attraversa tre contesti che modificheranno la sua natura di essere umano, fino a distruggersi: i momenti ilari con le sue coetanee sportive, giocatrici di rugby; lo scontro con un altro gruppo di coetanee in concorrenza per il territorio; l’inserimento nel gruppo maschile di 778/779 - 2014 spacciatori di droga, di cui lei si rende attiva collaboratrice; il tentativo di sfruttare il proprio corpo, sia per rapporti lesbici, sia per quelli etero, sempre nel contesto di neri. Insomma, la Sciamma, ci snocciola la storia della metamorfosi di questa giovane, dimostrando come le dinamiche di gruppo modellino carattere, mentalità, comportamenti. E questo racconto, ricco di eccellenti e insistiti primi piani spiaccicati su pareti neutre di ambienti (soluzioni dettate sicuramente da un condizionamento economico che non permetteva prospettive di location), gene- roso di dettagli corporei, di sguardi, di silenzi, è stato mosso con grande abilità di inquadrature, in cui attori non professionisti sono stati guidati con grande cap2acità interpretative, sincerità di essere non attori che rappresentano un ruolo, un personaggio, bensì loro stessi. E il pubblico, al termine della proiezione di questo bel film, ha salutato la regista, resasi disponibile per un dibattito, con una ovazione di applausi. sotto: Karidja Touré, Assa Sylla, Lindsay Karamoh, Mariétou Touré in Girlhood, regia Céline Sciamma GIRLHOOD Cast Karidja Touré, Assa Sylla, Lindsay Karamoh, Mariétou Touré Producer Bénédicte Couvreur Script Céline Sciamma Music Para One 51 SIPARIO Dal Mondo “The humbling”, regia Barry Levinson Per troppa bravura ripetuta Al Pacino trasmette la noia. “Fishing without nets”, regia Cutter Hodierne Un’anima di nobili sentimenti può salvarsi? Altro film di grande interesse in questo festival che compie scelte di grande impegno sociale. Si tratta di Fishing without nets, regia Cutter Hodierne, che affronta la storia di un piccolo nucleo familiare somalo, composto da un padre, giovane pescatore poverissimo ma ricco di grande cuore, di forti sentimenti, tenero amore per la giovane e bella moglie. Una famiglia che vive in luogo di miseria e degrado sociale, dove manca tutto, dove però alligna la rabbia e la rivalsa sociale dei suoi abitanti. Un gruppo di disperati per sopravvivere si dedicano alla pirateria, assaltando imbarcazioni. Il giovane padre, disperato, pur di mantenere il figlio e la madre e pur andando contro natura, decide di entrare a far parte del gruppo dei pirati. Finalmente arriva il colpo che porterà soldi: sequestrare una grande nave di trasporto e chiederne il riscatto. L’avventura 52 pericolosa inizia, i pirati riescono nel sequestro, il giovane pescatore vive un conflitto con se stesso e dimostra umanità verso uno dei sequestrati, che gli costerà la segregazione nella stiva della nave. Intanto per tensioni interne al gruppo l’accordo sul riscatto va in fumo, per non aver dato al momento giusto il segnale convenuto all’aereo che avrebbe dovuto sganciare il bottino. Il gruppo decide di abbandonare la nave, portandosi appresso l’equipaggio dei sequestrati, sperando di ottenere un riscatto per la loro vita. Nel frattempo, il giovane pescatore riesce a forzare una botola e tornare in superficie, proprio mentre l’aereo sorvola ancora una volta in attesa del segnale, che il giovane pescatore, trovando la nave deserta, mette in atto. Dal cielo scende un cilindro sigillato, che dopo una estenuante lotta con le onde riesce a caricarlo sulla scialuppa. Ora lui è solo, in mezzo al mare con tanti tanti dollari. Il film si chiude con questo interrogativo: sopravviverà? Oppure no? Non è importante la risposta, poiché il motivo centrale del film (veramente ben fatto, con attori bravissimi, Abdikani Muktar, Eric Godon, Abdi Siad, Abduwhali Faarah) è quello di dimostrare che anche dentro un gruppo di arrabbiati delinquenti, nati dalla miseria, la presenza di un’anima di nobili sentimenti può salvarsi. Il film The humbling, presentato al Festival di Stoccolma, con Al Pacino protagonista assoluto, non ha convinto tutto il pubblico accorso per il prestigio del suo nome. Non è la bravura dell’attore, che è sempre eccellente, quanto il contenuto dell’opera che, si capisce, è stato scelto come abile pretesto per consentire ad un interprete come Al Pacino di cimentarsi in un personaggio bipolare, il quale, in seguito ad un infortunio, passa a vivere i suoi momenti dalla realtà quotidiana, banale, alla finzione teatrale drammatica, attingendo all’universo del teatro scespiriano, visto che il personaggio di professione nel film fa, appunto, l’attore. Questo gioco di “dentro e fuori” deve aver affascinato Al Pacino, possiamo capirlo, poiché il pentagramma delle interpretazioni consentiva di tirar fuori tutti i registri dello spettro dei sentimenti: ingenuità, stupore, rabbia, amore, solitudine, gioia, smarrimento, ecc. La costruzione drammaturgica del film si è dimostrata complessa; offusca quasi una trama chiara, logica, credibile, come si evince dal romanzo di Philip Roth, da cui è stato tratto il film; sembra che la sceneggiatura abbia creato un guazzabuglio di situazioni, alcune ilari, altre noiose, altre banali; e l’abbondanza del dialogato e l’insistenza continua dei primi piani di Al Pacino, hanno portato all’assuefazione dei buoni intenti che hanno animato l’attore. E quella che voleva essere una lezione di interpretazioni si è trasformata in una sentina di espressioni ripetitive, dominate da gigionismo; e quindi sul volto degli spettatori, dopo un lasso di tempo, è calata anche la noia. Peccato, perché questo “viaggio”, tra realtà e finzione, tra quotidiano e arte, nella psiche del nostro essere, era un bel tema di grande intrigo. THE HUMBLING Cast Al Pacino, Dianne Wiest, Greta Gerwig Producer Jason Sosnoff, Barry Levinson Script Buck Henry, Michal Zebede Music Marcelo Zarvos sotto: Al Pacino in The humbling, regia Barry Levinson. Fishing without nets Cast Abdikani Muktar, Eric Godon, Abdi Siad, Abduwhali Faarah Producer Ben Freedman Script Cutter Hodierne, John Hibey, David Burkman sopra: Fishing without nets, regia Cutter Hodierne. 778/779 - 2014 778/779 - 2014 53 SIPARIO Cartelloni scelti Catania LA FORZA DELLO STABILE? SFIDARE LA CRISI Parola di Giuseppe Dipasquale - Direttore sopra: Anna Teresa Rossini e Mariano Rigillo in Erano tutti miei figli di Arthur Miller, regia Giuseppe Dipasquale. Foto Antonio Parrinello. 54 778/779 - 2014 Undici nuove produzioni nei due cartelloni paralleli allestiti nelle storiche sale Verga e Musco con prestigiosi interpreti P rodurre nonostante la crisi. È la forza del Teatro Stabile di Catania». Parola del direttore Giuseppe Dipasquale, che così riassume lo sforzo produttivo e i sacrifici che hanno consentito di varare la nuova stagione 2014-2015, la settima impaginata dal regista catanese, dal 2008 alla guida dell’ente teatrale etneo. «In questa visione, lo Stabile programma due cartelloni – diversi e complementari – che si svolgono nelle storiche sale del Teatro Verga e del Teatro Musco. Si delinea così una programmazione ricca di titoli e artisti prestigiosi, a costi invariati e sostenibili, con duttili e modulate proposte di abbonamento, elaborate sulla scorta della crescita dello sbigliettamento, segnale tangibile della presenza di quel pubblico che si fa tutt’uno con il rito teatrale». Cominciamo dal Teatro Verga, che accanto agli spettacoli ospiti ospiterà tre produzioni del TSC e due coproduzioni. La terna dei nuovi allestimenti realizzati in proprio si apre con il titolo inaugurale, un classico come Il giardino dei ciliegi, con la regia di Giuseppe Dipasquale e un cast di vaglia che schiera, tra gli altri, Magda Mercatali, Pippo Pattavina, Gian Paolo Poddighe. Seguirà Foemina ridens, tragicomica analisi del rapporto uomo-donna, descritto dalla penna di un giornalista e drammaturgo di rara intelligenza e pari coraggio come Giuseppe Fava, legato allo Stabile catanese da un rapporto profondo; la regia è di Giovanni Anfuso, con Guia Jelo e Miko Magistro. Terza produzione in cantiere è il Socrate di Vincenzo Cerami, interlocutorio ritratto del più grande filosofo di tutti i tempi: la regia è di Ezio Donato, protagonista ancora Pippo Pattavina. 778/779 - 2014 Due le coproduzioni. Good people di David Lindsay-Abaire è propostoa per la prima volta in Italia nella traduzione di Roberto Andò e Marco Perisse, per la regia dello stesso Andò; il conflittuale passaggio da una classe sociale all’altra è incarnato in scena da Michela Cescon e Luca Lazzareschi (produzione Teatro Stabile Catania e Zachar). Novità assoluta è Clitemnestra Myllennium, testo e regia di Vincenzo Pirrotta, che ipotizza il risveglio ai giorni nostri della sfortunata regina di Micene; nel ruolo del titolo Anna Bonaiuto (produzione Teatro Stabile di Catania, Teatro Biondo Stabile di Palermo). Seconda stagione per “L’isola del teatro”, il cartellone proposto al Musco, la sala di via Umberto, fin dal 1958 culla dell’Ente Teatro di Sicilia poi Teatro Stabile di Catania. Oltre agli spettacoli ospiti, numerose anche qui le produzioni proprie, a partire dalle novità assolute firmate da tre giornalisti e drammaturghi di origini siciliane. Paolo Ciulla, storia fantastica di un falsario è la pièce che Filippo Arriva dedica al geniale incisore catanese, che con le sue perfette banconote ingannò perfino gli esperti della Banca d’Italia. La volata di Calò è la trasposizione scenica che Gaetano Savatteri ha tratto dal proprio romanzo, dedicato ad un’altra leggendaria personalità isolana, l’imprenditore Calogero Montante, creatore dell’omonima marca di biciclette. L’indecenza è la riduzione del più bel romanzo di Elvira Seminara, curata da Rosario Castelli. Un testo originale e visionario, definito da qualcuno un tropicalgothic. Il regista Gianpiero Borgia dirige un tris di interpreti che annovera David Coco, Valeria Contadino, Elena Cotugno. L’elenco delle produzioni targate TSC prevede un’altra terna di titoli. Il compleanno di Harold Pinter è affidato alla regia di Fulvio D’Angelo, La Centona di Nino Martoglio alla rielaborazione di Nellina Laganà e alla regia di Gianni Scuto, in scena la stessa Laganà e un folto cast. Da un racconto di Rainer Maria Rilke, il regista e drammaturgo Gioacchino Palumbo ha infine tratto il suo Nastienka e il cantore, con le musiche composte ed eseguite dal vivo da Juri Camisasca. Di rilievo altresì le tournée nazionali. I maggiori teatri italiani ospiteranno le pluripremiate produzioni del TSC. Quattro gli spettacoli che andranno in tour, preceduti dall’apprezzamento della stampa nazionale: Otello, testo e regia di Luigi Lo Cascio, con Vincenzo Pirrotta, Luigi Lo Cascio, Valentina Cenni, Giovanni Calcagno; Erano tutti miei figli di Arthur Miller, regia Giuseppe Dipasquale, con Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini, Ruben Rigillo, Silvia Siravo; Se’ nùmmari di Salvatore Rizzo, regia Vincenzo Pirrotta, con Filippo Luna e Valeria Contadino; Vento di tramontana di Carmelo Sardo, adattamento Gaetano Savatteri, regia Federico Magnano di San Lio, con Mimmo Mignemi, David Coco, Mario Incudine, Luca Iacono, Marina La Placa. 55 SIPARIO Cartelloni scelti pisa RIVISITARE I CLASSICI IN CHIAVE CONTEMPORANEA L sopra: Giselle, nella rilettura di Eugenio Scigliano per lo Junior BallettO di ToscanA. Foto Alessandro Botticelli. 56 a Rassegna di Danza 2015 della Fondazione Teatro di Pisa, ideata dal suo direttore artistico Silvano Patacca, si articola in ben dieci titoli, di cui due ospitati nella suggestiva cornice della Chiesa di Sant’Andrea, e ha come fil rouge prevalente la rivisitazione dei grandi classici del repertorio in chiave contemporanea. Come Lo Schiaccianoci del Balletto di Milano diretto da Carlo Pesta con la coreografia di Federico Veratti, Giselle nella rilettura di Eugenio Scigliano per lo Junior BallettO di ToscanA di- fascinante itinerario fra i brani più significativi della sua straordinaria carriera, e l’ungherese Ballet Gyor con Zorba, dove balletto, danza moderna e folclore greco si fondono armonicamente nelle originali e innovative coreografie di Gyula Harangozó Jr. sulle celebri musiche di Mikis Theodorakis. I due appuntamenti nella Chiesa di Sant’Andrea vertono invece su figure straordinarie di donne: il lavoro di Beatrice Paoleschi per il suo EmoX Balletto, Maria Stuarda, incentrato sullo scontro fra la regina di Scozia e Elisabetta I regina d’Inghilterra in una pièce di danza e prosa da Friedrich Schiller, e la recente produzione retto da Cristina Bozzolini e Il Lago dei cigni, nuova creazione di Fabrizio Monteverde per il Balletto di Roma. Il cartellone si arricchisce inoltre con performance più evocative come Romeo y Julieta tango della Compagnia Naturalis Labor, in esclusiva toscana, e Puzzle dei Kataklò Athletic Dance Theatre, la compagnia di physical theatre più famosa al mondo. Non mancano poi gli appuntamenti con compagnie internazionali come la Parsons Dance di una delle icone della Post Modern Dance americana, Davide Parsons, che proporrà un af778/779 - 2014 di Simona Bucci per la sua omonima compagnia ispirata alla Lady Macbeth della tragedia shakespeariana, Enter Lady Macbeth, un’indagine sul problema, ancora attualissimo, del potere e del suo esercizio. Chiude infine la prima nazionale del nuovo spettacolo di Walter Matteini e Ina Broeckx per Imperfect Dancers Company, compagnia in residenza al Teatro Verdi, Il cigno nero, un omaggio alla musica di Tchaikovsky e una rilettura originale del celebre balletto che da oltre un secolo appassiona le platee di tutto il mondo, analizzato nella contrapposizione fra il sublime Cigno Bianco e il misterioso Cigno Nero, fra la purezza di Odette e la carica passionale di Odìle. Completano il programma una serie di incontri di approfondimento condotti da Silvia Poletti, giornalista, critico e docente di Storia della Danza; la presentazione del libro sul Tango di Elisa Guzzo Vaccarino, critico e storico di danza; una milonga organizzata dopo lo spettacolo della Naturalis Labor in collaborazione con il Centro Nagual e altre iniziative ancora in fase di definizione. sopra: Compagnia Naturalis Labor in Romeo y Julieta tango. Foto Luigi Gasparroni. 778/779 - 2014 57 SIPARIO Documenti 1914: FRANCESCA DA RIMINI TRA D’ANNUNZIO E ZANDONAI di Gherardo Ghirardini N oi leggevamo un giorno per diletto di Lancillotto come amor lo strinse…". Dante, Inferno, canto V: il nucleo generatore della tragedia di Paolo e Francesca. La triste storia dei due infelici amanti romagnoli ha da sempre conquistato autori e pubblici di ogni dove, specie nel periodo romantico e postromantico-decadente, per lo slancio passionale ma anche per il ripiegarsi su se stesso di questo amore impossibile, un amore negato. Ed ecco in pieno Risorgimento italiano un Silvio Pellico, tra citazioni dantesche e toni infiammati, scatenare su Paolo Malatesta tutta la tensione amorosa con punte di forte patriottismo, facendo della propria tragedia una specie di melodramma. Anche il mondo musicale non rimarrà indifferente; basti pensare alla Fantasia sinfonica Francesca da Rimini di Petr Il’ic Cajkovskij e all’omonima opera di Sergej Rachmaninov, per non dire dell’attenzione da parte di compositori italiani quali Antonio Cagnoni, Luigi Mancinelli e Antonio Bazzini. Anche nel mondo della cultura non poteva mancare all’appello il poeta con la P maiuscola, il Vate, l’immaginifico Gabriele D’Annunzio, il quale darà vita ad una tragedia in cinque atti dal titolo Francesca da Rimini andata in scena a Roma nel 1901: protagonisti Eleonora Duse e Gustavo Salvini, con la regìa dello stesso D’Annunzio. Un’operazione di alta cultura posta in atto secondo criteri da “teatro totale” di ascendenza wagneriana, con il coinvolgimento in prima persona dell’autore, tutto assorbito dalla ricerca di arredi, stoffe, oggetti scenici e via dicendo. sopra: Paolo e Francesca Da Rimini dipinto di William Dyce (Scozia, 1806 – 1864). 58 778/779 - 2014 Una cosa come diciotto ore giornaliere di lavoro, col risultato finale di uno spettacolo della durata di sei ore, accolto con esito incerto: ovazioni 778/779 - 2014 ma anche qualche fischio. Applausi di stima nei confronti degli artisti e fischi forse provenienti da qualche frangia di pubblico annoiato dall’eccessiva lunghezza della recita. Maggior fortuna avrà Francesca da Rimini in anni successivi, assurgendo anche agli onori della musica grazie a Riccardo Zandonai (1883-1944), il quale, ancor giovane, si era accostato al V canto dell’Inferno dantesco, strumentandolo successivamente a Pesaro ove era allievo di Pietro Mascagni e progettando una Francesca su libretto del Pascoli. Il tutto, prima di affrontare in concreto e in via definitiva la tematica dantesca attraverso D’Annunzio. E ciò, anno più anno meno, mentre musicisti famosi o gio- La triste storia dei due infelici amanti romagnoli vani promesse intrecciavano rapporti con il grande poeta: rapporti realizzatisi compiutamente solo in qualche caso.Tra i principali, Le martyre de Saint Sebastien di Debussy, Parisina di Mascagni e Fedra di Pizzetti. Dicevamo di Riccardo Zandonai, compositore roveretano inquadrato nell’area postverista, allievo di Mascagni pur senza professarsi suo seguace e attivo nel rispetto della tradizione ma tutt’altro che conservatore. Zandonai, dunque, si accosta alla tragedia dannunziana richiedendo all’editore Tito Ricordi qualche sfrondatura, cosa di cui Ricordi stesso si incaricherà personalmente con il placet del Vate, disponibile ad effettuare di proprio pugno le modifiche del caso, giusto per accondiscendere alle esigenze del musicista nel quale aveva riposto la massima fiducia come successore di Giacomo Puccini. Progetto comunque irrealizzato, vista la diversa natura del Roveretano. Il quale, dopo una prima immersione dannunziana si tufferà nella non facile impresa andata in porto a Torino il 19 febbraio 1914 e accolta da un meritato successo. Dotato di un robusto senso del teatro, ricco di vigore realistico ma senza forzature e da un incedere melodico tutto personale, nonchè da un’orchestrazione duttile e all’occorrenza massiccia, memore del dettato wagneriano, Zandonai dà prova di notevole maturità rispetto alla precedente Conchita (1911), ponendo in risalto tanto l’ambientazione quanto i personaggi e il pathos drammatico. Per esempio, risulta suggestivo l’aprirsi dell’opera in tutta la sua cornice arcaica con le donne di Francesca pronte ad accogliere il giullare. Una scena mossa, brillante, ricca di chiaroscuri: tutta un chiamarsi, un rincorrersi come di chi gioca a moscacieca, un chiacchiericcio cui il povero giullare risponde con espressioni di cortesia entro un’atmosfera ridente e festosa. Il successivo incontro tra Francesca e Paolo il bello non avviene attraverso un tradizionale duetto d’amore, ma nel silenzio degli sguardi. Due creature si fissano negli occhi ed è già amore. Un amore vissuto come in un sogno e al tempo stesso immerso nei colori di un Medioevo reinventato con sensibilità decadente. Il “tema dello sguardo” chiamiamolo così wagnerianamente parlando, riapparirà nel duetto d’amore, flessuoso e sensuale. Un abbandono sentimentale che riflette il clima di estetismo dell’epoca. Tra il clima spensierato (gli interventi freschi e rugiadosi delle ancelle) e il carico di sentimento che incontriamo nel III atto, si colloca il divampare della guerra nel II, un quadro storico che mai scade nell’oleografia. 59 SIPARIO Documenti SANTUZZA, ANNA E IL SOGNO DI MILA Nel 90° anniversario della morte di Eleonora Duse di Claudio Marchese e Riccardo Di Salvo 9 0 anni fa Eleonora Duse tenne l’ultima recita a Pittsburg nel dramma di Marco Praga La porta chiusa. L’opera termina con le parole “Sola, sola!”. Il 1924 fu l’ultimo anno della vita di un’attrice entrata nella leggenda grazie al suo impareggiabile talento. I gossip dell’epoca frugarono tra le pieghe della sua vita, ricca di aneddoti mondani e di pettegolezzi crudeli. Primo fra tutti il quadro impietoso che D’Annunzio traccia nelle pagine sublimi del romanzo Il fuoco nel quale il poeta la mitizza nel personaggio della divina attrice, complice dei sogni di gloria del superuomo Stelio Effrena. “Ella era là, creatura di carne caduca, soggetta alle tristi leggi del tempo…” (da Il fuoco di G. D’Annunzio). Senza dubbio Eleonora Duse fu protagonista del teatro dannunziano. Molti suoi personaggi sono stati costruiti su di lei. Sul suo volto, per nulla conforme ai canoni neoclassici, più vicino al modello del moderno teatro espressionista. I grandi occhi alzati verso l’alto, alla ricerca dell’assoluto, la bocca sensuale e insieme mistica le mani nervose, mai ferme nella recitazione. La Duse appare ancora oggi così, nei programmi di Rai 5 dedicati al teatro novecentesco. Per pochi spettatori voyeur della TV notturna. Così resta immortalata nelle sue pose che fecero epoca. Dal teatro al cinema muto dove apparve una sola volta nel film “Cenere”. nella foto: Eleonora Duse 60 778/779 - 2014 778/779 - 2014 DA EROINA VERGHIANA A ICONA DEL POST – MODERNO Di umili origini, figlia di attori girovaghi, Eleonora Duse nacque a Vigevano (PV) nel 1858. Un’infanzia faticosa, impensabile per i giovani più fortunati di oggi. Lavorò a soli quattro anni nella parte di Cosetta nei Miserabili di Victor Hugo. Tempi duri dove il lavoro minorile non era rifiutato ma, al contrario, socialmente accettato. Tra disagi economico-esistenziali recitò con la madre per lungo tempo, finché rivelò le proprie immense capacità recitative, nella parte di Giulietta all’Arena di Verona, nel 1873. Nel 1881, la Duse sposò il collega Teobaldo Checchi. Nel 1884 diede la prova migliore di sé al Teatro Carignano Un’infanzia faticosa, impensabile per i giovani più fortunati di oggi. di Torino. Era il mese di gennaio e gli applausi del pubblico scaldarono il cuore di Giovanni Verga, al suo esordio teatrale con Cavalleria rusticana in cui Eleonora Duse interpretava il ruolo di Santuzza. Nella novella omonima di Vita dei campi (1880) il personaggio si chiama Santa, figlia del massaro Cola. Una popolana che fa perdere la testa al bersagliere Turiddu Macca, sposato con la bella del paese la gnà Lola che “La domenica si metteva sul ballatoio, colle mani sul ventre per far vedere tutti i grossi anelli d’oro che le aveva regalati suo marito”. Novella verista basata sul delitto d’onore, diventò dramma, dopo la stroncatura degli stessi amici milanesi di Verga: Boito, Treves, Gualdo. Il primo dei tre, insieme con Camerana e Giacosa, nel maggio del 1884, durante una gita a Superga, vide seduta al tavolo di un ristorante Eleonora Duse, allora nel fulgore dei suoi venticinque anni. Con lei Giovanni Verga e Teobaldo Checchi dopo il successo ottenuto in Cavalleria rusticana, era già una diva. Le cronache del tempo raccontano, sembra un gossip di fine secolo XIX, che Boito fu colpito dal fascino della giovane attrice. Si appartò in un angolo della sala e scrisse per lei alcuni versi stupefacenti in stile scapigliato milanese. Fu un maggio galeotto da cui esplose un amore fatale tra il poeta Bohèmien e la futura interprete del teatro dannunziano. LA POESIA: UN AMORE FOLLE L’incontro tra Eleonora Duse e il poeta Arrigo Boito non è scritto nel solco di una storia privata. Come sempre, gli amori delle dive sono lancette di un orologio collettivo. Segnano velocemente il tempo che va avanti e costruisce nuovi miti sulle ceneri di un edificio, quello della tradizione, fatto a pezzi dalla forza scatenata delle innovazioni. Sembra un segno del destino questo amour fou che lega la Duse alla poesia. Prima Arrigo Boito, poi Gabriele D’Annunzio. Entrambi la sedussero con il potere della parola. Soprattutto il Vate di Pescara seppe trascinarla nel vortice di una passione ardente che fece delirare entrambi nel corpo e nell’anima. Segnò una svolta innovativa, nel privato e nell’ambito professionale. La Duse vide in D’Annunzio il creatore di un nuovo teatro, dove i personaggi potevano staccarsi dall’obbligo di rappresentare la realtà quotidiana, per inventare un mondo sotterraneo, popolato da visioni scaturite dalla potenza del verso poetico. A sua volta, D’Annunzio trovò nell’attrice il gesto teatrale che inventava la discesa del personaggio negli abissi dell’inconscio, là dove si agitano sogni e desideri, fantasmi e allucinazioni. Il teatro italiano, scatola chiusa del morente Verismo di fine Ottocento, si rinnova, guardando al moderno teatro europeo, sull’onda di uno “Stil 61 SIPARIO Documenti Novo” fatto di oscuri simbolismi e di rarefatte analogie che rimandavano al maestro per eccellenza della poesia moderna: Charles Baudelaire. Solo per Eleonora, D’Annunzio accettò la sfida al vecchio teatro, ormai in sfacelo. E, soprattutto, quella con il pubblico borghese abituato alla recitazione tardoverista. D’Annunzio scrisse per lei, sua somma interprete, veri e propri poemi drammatici come La ville morte, ma gli interessi della fabbrica teatrale prevalsero sulle ambizioni dell’attrice e del suo pigmalione. In Francia la diva assoluta era Sarah Bernhardt che non aveva rivali in patria. La Duse si offese personalmente con il suo poeta e non gli perdonò mai di aver dato alla collega francese l’opportunità di soffiarle la parte. Ma le cose cambiarono nel 1901. Il 20 marzo il pubblico milanese del Teatro Lirico applaudì la prima interprete italiana della Ville morte. La tragedia moderna rivisitava il mito greco, in un’ottica post – moderna, sulla scia del dionisiaco Nietzsche. Nella parte di Anna, personaggio plasmato proprio sullo stile tragico e visionario del Vate, Eleonora Duse viene acclamata come “la divina”. In italiano l’opera prese il titolo La città morta, inaugurando una lunga serie di tragedie in versi, tra cui La Gioconda e La figlia di Iorio. Quest’ultima segna l’apice del teatro dannunziano. Rivisitazione in chiave onirica dell’Abruzzo contadino e folklorico, ha come protagonista Mila, la grande meretrice redenta dall’amore. La Duse sognava questa parte e voleva recitarla in vari teatri italiani, a Milano, Firenze e Roma. Ma il destino le fu avverso. Quando D’Annunzio concluse l’opera, la diva si ammalò e la parte fu data a Irma Gramatica. ANNA E IL SOGNO DI MILA Prima della consacrazione divistica che Eleonora Duse ebbe nella Città morta, D’Annunzio aveva scritto per 62 l’attrice Sogno di un mattino di primavera, atto unico che abolisce la rappresentazione verista, trasformandola in una visione di tipo onirico. Tema dell’atto unico la demenza della protagonista, Donna Isabella che resta attaccata tutta la notte al cadavere dell’amante, finché le gocce di sangue rimaste sul corpo si trasformano in rose rosse. Siamo nel regno del teatro di parola dove il personaggio si dissolve nella sinfonia del poema tragico. Tra voluttà carnali ed estasi paradisiache, Isabella incarna il prototipo della femme fatale, tutta lussuria e misticismo. Eleonora Duse mette la propria voce e l’inconfondibile gestualità al servizio del Vate. Consapevole Solo per Eleonora, D’Annunzio accettò la sfida al vecchio teatro… di essere strumento di un genio che le detta il verbo teatrale. Come ogni creativo che inventa e affida ad altri la propria materia espressiva. La prima assoluta dell’attrice e della sua compagnia avvenne a Parigi, al Théâtre de la Renaissance il 15 giugno 1897. Replica al teatro Valle di Roma, con la stessa compagnia, 11 gennaio 1898. È una forma di teatro antinaturalistico dove il personaggio si sdoppia, come se l’ego fosse la proiezione onirica, il sogno di un’altra vita dentro il bozzolo di un’identità chiusa in se stessa. Il teatro tenta l’avventura del sogno, tre estasi liberty e incursioni nel territorio buio dell’inconscio. La Duse traduce in gesto e sguardo il verbo del Vate, sconcertando un pubblico borghese abituato alla rappresentazione della vita quotidiana. Quella del salotto e della casa abitati da coppie infelici ma simili al vero. Un mondo di passioni azzittite dalle convenzioni borghesi che non accettano il verbo di un po- eta controcorrente come D’Annunzio. Scandaloso e inaccettabile, nella sua cifra espressiva che guarda oltre, alla ricerca di un’arte assoluta, fuori dalle regole morali. Eleonora Duse rischia di essere incompresa ma il prestigio del suo poeta la rassicura. Si lancia in un gioco sperimentale, con il coraggio dell’allieva che asseconda il maestro. La scena diventa un contenitore di immagini e parole surreali. Anticipa il moderno teatro – danza, con tutti i suoi attributi antirealistici. È IL D’ANNUNZIO POST – MODERNO. INVENTORE DEL NOVECENTO. Il primo dei due “Sogni” dannunziani si apre come un ventaglio che mostra tutte le sfumature della nuova drammaturgia europea. Dissolti gli stereotipi tardoveristi che mantenevano la rappresentazione teatrale legata all’obbligo di riprodurre il quotidiano borghese, D’annunzio si affaccia sull’orlo dell’abisso. Consapevole, come tutti gli innovatori, del rischio dell’avventura. L’audacia è una delle sue caratteristiche, da quando osò sfidare la tradizione letteraria postmanzoniana, sperimentando le sanguigne novelle verghiane con gli accenti ancora provinciali del moderno Simbolismo. Il gusto sperimentale lo predispone alle più efferate contaminazioni tra classico e moderno. Tanto che si può definire il Teatro dannunziano di fine Ottocento il primo tentativo di rivoluzionare una drammaturgia che in Italia restava ancorata alla tradizione di Praga e di Giacosa. Un teatro adatto alla borghesia conservatrice, riluttante a tutto ciò che infrange i tabù e i buoni sentimenti. D’Annunzio ridiscende nei sotterranei della vita. Esplora le zone d’ombra. Come ai tempi dei primi romanzi. Il piacere, L’innocente, Giovanni Episcopo, e, come allora, il viaggio non è solitario. C'è sempre una musa che lo guida. Questa volta è l’attrice europea del momento. Eleonora Duse 778/779 - 2014 che proprio nel Sogno di un mattino di primavera sconvolge il verbo verista con una recitazione surreale. Tra sonnambulismo e follia. Rovescia il personaggio e lo sdoppia. Un io diviso, metà vitalistico e metà mortuario. Demente, che non vuol dire altro che fuori dai confini dell’ego. D’Annunzio scrive e la Duse recita il prototipo della donna moderna: folle e trasgressiva, ossessa e sonnambula, angelo e demonio. Basta dire femme fatale. Ha varie maschere: Isabella, Gradeniga, Anna, Silvia Settàla, Francesca da Rimini, Mila, Gigliola de Sangro, Fedra, Basiliola. Tutte femmine di sovrumana potenza. Al di là del bene e del male, di cui esse volutamente ignorano i confini. Tra queste eccellenze solo la Duse poteva trovarsi a proprio agio. Il suo sguardo estasiato, gli occhi febbrili e un timbro vocale che fece scrivere di lei che era posseduta da un demone interiore. Lo scrisse il suo amico Hofmannsthal il quale, dopo aver visto, Sogno d’un mattino di primavera, restò estasiato dal gesto della diva italiana e si ispirò a lei per il dramma Die Frau in Fenster, in italiano La donna alla finestra. PROFUMI E VELENI. STORIE DI DUE PRIMEDONNE Fiumi di parole sono le cronache mondane di fine Ottocento. Gossip al limite del melodramma. Così la Duse e l’eterna rivale Bernhardt. La divina Sara era già una star, quando D’Annunzio scrisse La ville morte. I giornali dell’epoca la ritraevano in pose che fecero epoca. Corpo statuario, sguardo sognante, trucco da maschera. Diventò uno stile destinato a far parte dell’immaginario collettivo. Erano gli anni in cui l’attrice incarnava la sottile vendetta contro lo stereotipo cattolico-borghese della donna socialmente accettata. Come angelo del focolare domestico o serva del maschio padrone. Nei ruoli fatali della Dame aux camelias, di Théodora o di Cléopâtre, la 778/779 - 2014 diva fulminava il pubblico con sguardi medusei e look sontuosi. Una diva, prima ancora che un’attrice. Al contrario, la Duse veniva da un lungo apprendistato. Era nel suo DNA la recitazione. Ma l’abitudine di calca- imparò molto dalla Bernhardt ma la superò. re il palcoscenico l’aveva costretta a passare da una tipologia all’altra. Dalla Mirandolina di Goldoni alla Santuzza di Verga. Una versatilità espressiva superiore a quella della Bernhardt, tanto che il pubblico andava in delirio per lei. Per la sua recitazione istintiva, basata su gesti nervosi, fremiti di lineamenti e sguardi folgoranti, capaci di esprimere con il corpo i più viscerali cambiamenti d’umore. Già nel personaggio di Santuzza, la giovane talentuosa attrice usciva dagli stereotipi veristi con l’estrema duttilità della propria interpretazione. Andava controcorrente e il pubblico si accorse della sua originalità. La confrontò con la diva francese, ancora legata a uno stile ottocentesco, a metà tra il melodramma e la nascente icona della prima attrice in posa statuaria. La Duse imparò molto dalla Bernhardt ma la superò. Nella follia creativa con cui trasformava qualsiasi personaggio in simbolo vivente di emozioni estreme. Odio abissale o rapimento estatico. Quando le due primedonne recitarono D’Annunzio, la diva italiana si mostrò al pubblico più moderna, al limite della nascente sensibilità espressionista. Tanto che, dopo La città morta, le tragedie del Vate parevano costruite apposta per Eleonora Duse. Con una forte provocazione per la collega francese che le aveva rubato la prima della Ville Morte il 21 gennaio 1898. IL CAPOLAVORO LA FIGLIA DI IORIO A Eleonora Duse la scena dannunziana spalancava le porte della modernità. Senza spezzare i legami con le radici folkloriche del teatro. Sarà una coincidenza fortuita ma il Vate le dedicò la maschera ancora oggi più ricordata. Quella di Ermione, la ninfa inebriata di profumi silvestri nella più celebre lirica dell’Aicyone, capolavoro poetico assoluto del primo Novecento. D’Annunzio scrive in stato di grazia versi di una musicalità dionisiaca. Sfrenati fino al delirio, sublimi nella semplificazione metrica, tanto da sfiorare il misticismo della lauda francescana. È la sua stagione d’oro come l’estate versiliese cantata nell’Alcyone. Il canto si chiude con uno struggente addio alla stagione più calda e sensuale. All’ebbrezza subentra la malinconia “Settembre, andiamo/ è tempo di migrare/ Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori/ lascian gli stazzi/e vanno verso il mare”. È fatale questa Odissea che riporta Gabriele, alias moderno Ulisse, alla propria Itaca. Quell’Abruzzo arcaico e preindustriale da cui l’ambizioso poeta si staccò, per fare carriera nella Capitale. Ma le radici per un artista sono un cordone ombelicale da cui il figlio edipico mai si distacca. Ecco che l’onda emotiva lo trasporta. Complice la mater tellus che prende corpo nei personaggi femminili, metà domestici metà sacrileghi, del capolavoro teatrale La figlia di Iorio. Scritta apposta per la Duse, l’unica attrice capace di drammatizzare la passione tragica di una popolana. Mila, figlia del mago Iorio, da cui ha ereditato incantesimi e malefici. All’apice del successo, D’Annunzio ritorna idealmente alle proprie origini, come per ritrovare nel proprio canto il coro della propria gente. Così recita la dedica introduttiva alla Figlia di Iorio: Alla terra d’Abruzzi / alla mia madre alle mie sorelle / A mio fratello esule al mio padre sepolto / A tutti i miei morti 63 SIPARIO Documenti a tutta la mia gente / Fra la montagna e il mare / Questo canto / Dell’antico sangue / Consacro. Scritto in versi di una stupefacente musicalità, la tragedia narra la storia di Mila che, come possiamo vedere nel quadro Francesco Paolo Michetti, cammina tra i mietitori infoiati, avvolta in uno scialle rosso, come negli antichi riti di Carnevale. Mila è una meretrice campestre, oggetto del desiderio di tutti gli uomini del paese che, nei giorni torridi della mietitura, vogliono festeggiare con lei l’abbondanza del raccolto. Un rito folklorico che assegna al sesso un valore sacrale, come le generose bevute di vino che accompagnano il pasto collettivo dei contadini. Un giorno Mila, figlia del mago Iorio, si difende dai mietitori che la inseguono e trova rifugio nella casa del pastore Aligi, durante i preparativi delle nozze con Vienda. Il promesso sposo difende la meretrice, abbandona il paese fugge con lei sui monti. L’idillio sfocia in tragedia. Lazaro di Roio, padre del pastore, trova i due amanti nel loro rifugio. Sedotto dal fascino di Mila, tenta di violentarla. Ma Aligi si vendica e uccide il padre. Per questo delitto viene condannato al rogo, come parricida. Un giorno Mila, figlia del mago Iorio, si difende dai mietitori che la inseguono e trova rifugio nella casa del pastore Aligi, durante i preparativi delle nozze con Vienda. Il promesso sposo difende la meretrice, abbandona il paese fugge con lei sui monti. L’idillio sfocia in tragedia. Lazaro di Roio, padre del pastore, trova i due amanti nel loro rifugio. Sedotto dal fascino di Mila, tenta di violentarla. Ma Aligi si vendica e uccide il padre. Per questo delitto viene condannato al rogo, come parricida. Mila, sconvolta da un forte senso di colpa, medita di pentirsi della propria condizione di peccatrice. Prima orgogliosa di essere donna di tutti, ora si converte alla religione dell’amore e si autoaccusa 64 per aver provocato Aligi sulla via del Male. Perciò sceglie il martirio del rogo, sostituendosi all’amato nell’estremo sacrificio. Il rosso dello scialle esibito come segno di richiamo alla lussuria si trasformerà nella fiamma purificatrice. Il rogo cristiano che aspetta la peccatrice pubblica sarà un rito catartico per l’intera comunità contadina. Lussuria e ansia di salvezza connotano la tragedia pastorale. Un connubio che assegna al personaggio di Mila l’ambivalenza di angelo-demonio. È bastata l’immersione nell’Abruzzo arcaico, per fare di questa Figlia di Iorio il capolavoro assoluto del teatro dannunziano. Ma il destino volle che la Duse, vittima dello stress delle continue tournée tra Italia, Austria e Germania, accusasse segni profondi di un malessere psicofisico. I gossip delle giornate precedenti il debutto della Figlia di Iorio la misero molto a disagio. Si avvicinava la sera della prima milanese dell’opera che, dopo l’insuccesso della Gioconda e della Gloria, si annunciava come il capolavoro teatrale di D’Annunzio. La Duse aveva sofferto per le reazioni del pubblico italiano, abituato ancora al teatro psicologicoborghese di Praga e Giacosa. Le tragedie dannunziane erano macchine sceniche troppo complesse. L’attrice aveva dato del suo meglio nella parte di Anna, la cieca veggente, riedizione moderna della greca Cassandra. Altrettanto nella parte di Silvia Settàla nella Gioconda. In entrambe le tragedie suo partner fu Ermete Zacconi, grande attore drammatico. Nonostante gli insuccessi registrati a Palermo il 15 aprile 1899 con La Gioconda e a Napoli il 27 aprile 1899 con La Gloria, il Vate e la divina non si arresero. La Duse era l’attrice del momento e D’Annunzio il massimo poeta italiano. Invidiato per lo stile “immaginifico” che gli permetteva di creare personaggi superomistici e, contemporaneamente, figure folk- loriche di intenso temperamento. Da questo talento nacque La figlia di Iorio, tragedia pseudoverista ambientata nella culla del poeta di Pescara. Scritta sulla pelle della Duse, la figura della meretrice campestre aspettava l’ardente interpretazione della diva. Tutto era predisposto, nonostante la sua stanchezza accumulata nelle tournée all’estero. La compagnia Talli voleva mettere in scena La figlia di Iorio, fiutando il profumo del successo. Ma la Duse, anziché mediare con Talli, creò difficoltà insuperabili con la sua primadonna Irma Gramatica. Tutti volevano lei, la divina Duse. Fatale la decisione di non impersonare Mila. Si fecero mille ipotesi sulle sue condizioni di salute, alimentando le chiacchiere. Come scrive Marco Praga, la rinuncia della Duse rafforzò il gossip “La Duse è veramente ammalata? O sotto la malattia si nasconde qualche cosa?”. Chiusa in una stanza dell’Hotel Palace di Genova, la divina mandò al diavolo i giornalisti mondani. Accanto a lei, come racconta Praga, c’era la sua amica Matilde Serao. Amica sua e del Vate di cui fu benefattrice negli anni della “splendida miseria” napoletana. Per l’amica, Eleonora recitò, nonostante la malattia, la parte di Mila. La meretrice che accetta il fuoco sacrificale, al posto del pastore Aligi. I cronisti del tempo raccontano di una recita febbricitante, tra lamenti ed eroici furori. Eleonora Duse non si dava pace per quella parte che le era stata rubata da un’altra attrice. Naturalmente inferiore a lei. “Era mia, me l’hanno presa!”, delirava la diva. 778/779 - 2014 Bibliografia Andrea Bisicchia, D’Annunzio e il teatro, Mursia, 1991 Piero Chiara, Vita di Gabriele D’Annunzio, Mondadori, 1978 Mario Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Sansoni, 1966 Mario Praz, Poesia, Teatro, Prose di Gabriele D’Annunzio, Ricciardi, 1966 Enrico Falqui, D’Annunzio e noi, Feltrinelli, 1960 Giorgio Contini, Letteratura dell’Italia unita (1861-1968), Sansoni 1968 Ezio Raimondi, Il silenzio della Gorgone, Zanichelli, 1980 Pietro Puppa, La figlia di Iorio tra Michetti e D’Annunzio, per un’iconografia del teatro populista, in "Quaderni di teatro", n° 14, Vallecchi, 1981 Claudio Marchese, L’estasi metallica del divin poeta, in Sipario, n°423, 1984 Giorgio Favetto, D’Annunzio come specchio, in Sipario, n° 450-451, 1985 Claudio Marchese, Il sortilegio di Mila, teatro ed erotismo in Sipario n° 675, settembre 2005 Claudio Marchese-Riccardo Di Salvo, D’Annunzio controcorrente in Sipario n° 758 - 759, 2013 Claudio Marchese-Riccardo Di Salvo, D’Annunzio controcorrente, in Sipario n° 760 - 761, 2013 Hugo von Hofmannsthal, Gabriele D’Annunzio ed Eleonora Duse (a cura di A. Mazzarella), Edizioni Shakespeare and Company, 1983 Claudio Marchese, Teatri e filosofie, Zanichelli, 1981 John Stokes-Michael R. Booth-Susan Bassnett, Tre attrici e il loro tempo, Edizioni Costa e Nolan, 1991 778/779 - 2014 65 rubrica LIBRI a cura di Alberto Pesce David Bruni COMMEDIA DEGLI ANNI TRENTA Il Castoro, Milano, Euro 15.50, pp.165 Quentin Tarantino è La rivoluzione del sonoro alla fine degli anni 20, è la grande occasione per il nostro cinema di uscire da catalessi. Il fascismo appoggia subito la rinascita della Cines, facendosi astutamente imprestare dal ceto medio, per esaltarlo e distrarlo, ideologie, illusioni, sogni, lasciando che il cinema si tinga di rosa, arabeschi a vario modo attorno a quella formula ben definita dal Margadonna “storia d’amore, finale moralistico, canzone orecchiabile”. E per un decennio lo schermo si riempie di segretarie private, rubacuori, educande innamorate, in ambientazioni frou frou, con storielle immancabilmente comico-sentimentali, sorrette da abili teatranti della commedia rosa, in sintonia con ovattate dinamiche sociali dell’epoca. David Bruni ne mette a fuoco otto esemplari evidenziandone genesi, rapporti intertestuali, modalità prevalenti. Di Mario Camerini Gli uomini, che mascalzoni!... (1932) e Grandi magazzini (1939), di Nunzio Malasomma La telefonista (1932), di Mario Mattoli Tempo massimo (1934), di Mario Bonnard 30 secondi d’amore (1936), di Alessandro Blasetti Contessa di Parma (1937), di Max Neufeld Mille lire al mese (1938), e di Vittorio De Sica Teresa Venerdì (1941). Ma a darne preventivo chiarimento di struttura, tematiche, soluzioni tecnicolinguistiche Bruni premette quattro capitoli che vanno gradualmente evidenziando le costanti, un “universo diegetico familiare agli spettatori”, testi e interpreti di ascendenza teatrale, “dialoghi brillanti, situazioni ricche di equivoci e colpi di scena” ma sempre in accorto equilibrio tra valori di tradizione e suggestivi agganci di modernità, radici autartiche e aspirazioni cosmopolite, dentro filoni di sicurezza al botteghino, tra cui lo scolastico-collegiale, la commedia “gialla”, il verismo vernacolo, il “film per tenori”. 66 a cura di Myriam Mantegazza Claudio Carabba e Giovanni M. Rossi (a cura di) Maria Cristina Russo Edizioni Ets, Pisa, euro 13.00, pp. 124 Le Mani, Genova, euro 18.00, pp. 246 LA VOCE DI DENTRO. IL CINEMA DI TONI SERVILLO Da “La politique des acteurs” (di cui in premessa disquisisce Giovanni M.Rossi) sino alla “politica degli attori” con cui Luigi Nepi conclude l'analisi di Il gioiellino, un’infilata di saggi fa del napoletano Toni Servillo stigma esemplare di un attore-coautore. Dapprima, cinque capitoli ne chiariscono il metodo di recitazione, ovvero come egli sappia aggiustare “ricerca dell’intonazione giusta, nel muoversi e nel parlare” (Claudio Carabba), come rammemorare voce, pause, silenzi, allure e smorfie di Eduardo De Filippo (Gabriele Rizza), a seconda dei film accortamente usare “tecniche dell’immedesimazione e quelle dell’imitazione” (Marco Luceri), coi suoi personaggi interpretare “la nuova sociologia del crimine” (Massimo Tria), anche prestare voce a film altrui (Marco Vanelli). Poi, film dopo film, si allineano letture su singole interpretazioni di Servillo. Possono essere, nei film di Mario Martone la “fotogenìa del volto” (Chiara Tognoletti), con Paolo Sorrentino da L’uomo in più a Il divo ritratti di italiano “dove i difetti morali sono le uniche, fatali virtù” (Stefano Socci), in Le conseguenze dell’amore una triplice “immobilità” operativo-fisico-affettiva (Augusto Sainati), e in Luna rossa “il suo perlustrare liquido fra le pieghe dell’animo e le cicatrici della carne” (Rizza). Così, in La ragazza del lago un saper giocare “istrionicamente sotto le righe” e in Un balcon sur la mer insinuare “l’umanità e i dilemmi che animano anche un ‘cattivo’ cinematografico” (Federico Ferrone). E se in Gomorra luciferino con scaltrito ricorso a “mimica, costumi, voce” e in Gorbaciov irredimibile solitario con ripetitivo calco di segni esteriori (Luceri), in La vita tranquilla con “esattezza psicomotoria” sa anche correggere “passaggi non di rado un po’ angusti e meccanici della sceneggiatura” (Rossi). ATTACCO ALLA CASTA. LA CRITICA CINEMATOGRAFICA AL TEMPO DEI SOCIAL MEDIA Critica è arte del giudicare, e di fronte ad un film capacità di tradurre in termini logicodiscorsivi il senso espresso mediante procedimenti significanti che gli sono propri. Non è un’esperienza codificata, ma una “non-disciplina”, retta da dinamiche in evoluzione, tanto più oggi “investite dallo tsunami della Rete”. Lo preavverte Maria Cristina Russo che ne sviscera le problematiche su progressivi gradienti di studio. Così, dopo aver fissato rispetto ad altri ambiti “identità” strutturale della critica cinematografica, analogica o digitale che sia, ne delinea l’arcatura storica italiana lungo prime soggettive recensioni, fioritura di riviste, innesto di filtri semiologici, sociologici, psicanalitici, postmoderna “liquidità” di flussi, dilagante avvento di Internet, e ne indaga corrispettivi cambiamenti di funzione anche dal punto di vista teorico-metodologico, magari ai tempi della Nouvelle Vague con “ricerca delle intenzioni dell’autore” e oggi con una “videocritica” che passa “dalla visione del film come testo alla visione del film come performance”. Da queste premesse, incrociando triangolazione di studi di Claudio Bisoni e Alberto Pezzotta di rimbalzo dalle scepsi di David Bordwell, la Russo via via definisce il linguaggio della critica, a livello argomentazione distinguendone modi discorsivi (deliberativo, giudiziario, epidittico, anche pedagogico) e per l’interpretazione individuando quei “principi organizzatori e norme” che sono le routine e i format, donde trae spunto per avviare ampio e illustrativo discorso sulla critica web in tutte le sue varianti, blog personali o collettivi, portali con le loro homepage di immagini e news, webzine espressione delle “fan subcultures”, e social media vere fucine di “alterità della critica digitale”, da cui quella nuova “esperienza filmica” di cui per primo ha discettato Francesco Casetti. 778/779 - 2014 Fabrizio Cassanelli, Guido Castiglia IL TEATRO DEL FARE IL TEATRO COME WELFARE EDUCATIVO UNA PLAUSIBILE DIDATTICA DELLA COMICITÀ. APPUNTI E IDEE PER LA FORMAZIONE TEATRALE NELLA SCUOLA Titivillus, 2011, € 16,00, pp. 201 esercizi pratici di difficoltà progressiva, oltre ad una riflessione sul comico, un capitolo sul tema “Perché si ride?” ed una brevissima storia del clown. La terza parte “Fare teatro a scuola: modelli, stimoli, eserciziari” passa in rassegna i contenuti di un laboratorio teatrale prendendo in esame tanto l’aspetto dell’espressione corporea quanto quello della parola e della voce, senza tralasciare le regole di fonetica. Interessanti le tematiche del teatro di narrazione, visto come percorso di educazione all’ascolto, e dell’esperienza di una scuola per l’infanzia, con consigli pratici per gli educatori previsti anche nell’analisi di una fiaba attraverso la simbologia degli animali. Al magister il compito di applicarli. «Il percorso che stiamo compiendo – scrivono gli autori – prefigura l’uso della fantasia da parte del bambino come mezzo per creare e quindi educare. [...] Pertanto le diverse proposte devono essere concepite da ogni educatore o animatore per dare maggior energia alla creatività del bambino.» Sorgenti – Nascita del Teatro Corporeo Yves Lebreton Titivillus, 2012, € 23,00, pp. 374 Qual è il rapporto tra teatro e scuola di base? Grazie alla loro esperienza di lavoro a diretto contatto con l’infanzia e l’adolescenza i due autori non hanno difficoltà a trovare una risposta a questa domanda. Il teatro offre agli insegnanti ed agli operatori un’alternativa all’approccio tradizionale di trasmissione della sapienza, in quanto: «È un linguaggio interdisciplinare in grado di contenere in sé il gesto, il movimento, il suono, la parola, l’immagine, il segno [...] che tiene conto delle ragioni e delle emozioni e dei soggetti.» La proposta di Fabrizio Cassanelli e Guido Castiglia di un laboratorio rivolto ai ragazzi è supportata elementi sia didattici che metodologici ed offre uno strumento prezioso e mirato a chi opera in ambito scolastico. Alla prima parte teorica, intitolata “Il teatro e la scuola, una relazione costruttiva”, segue una seconda dedicata ad “Una plausibile didattica della comicità”, con tanto di eserciziario comico, con 778/779 - 2014 attività di Yves Lebreton possa raccogliere in un volume, per di più corredato da un ricco materiale fotografico che accompagna il suo percorso artistico dagli anni Sessanta all’inizio del nuovo millennio, l’autore propone una panoramica a tutto tondo delle “sorgenti” alle quali ha attinto per suo il lavoro, fino al suo ritiro dalle scene con la sua ultima creazione Nessuno del 2001. Idealmente parte di una trilogia, Sorgenti non che è il primo volume di un'opera di ampio respiro. Dedicato, come dice il titolo, alle origini dell'esperienza teatrale dell'autore, dovrebbe essere seguito da un secondo concentrato sull'insegnamento di Étienne Decroux, sotto la cui guida è avvenuta la formazione di Lebreton, e da un terzo imperniato sulla sua ricerca personale per la creazione del Teatro Corporeo. Cos'è dunque questo Teatro Corporeo? Il punto d'arrivo di un percorso lungo e complesso iniziato nella scuola parigina di Mimo Corporeo di Étienne Decroux, frequentata dal 1964 al 1968, base di partenza di diverse tecniche messe a punto successivamente dal suo discepolo. L'Esaltazione Corporea, il Corpo Energetico, il Corpo Vocale, il Mimo Astratto sono tappe significative che trovano il loro coronamento nel Teatro Corporeo. «Un teatro basato sulla creatività dell'attore, sul corpo e sulla magia del movimento», spiega Yves Lebreton che a buon diritto ne può essere considerato il maestro fondatore ed ha saputo valorizzare la sua creatura con una valenza ora drammatica che comica. Dopo la formazione con Decroux, Lebreton ha contatti con i grandi esponenti del teatro contemporaneo, tra cui Jerzy Grotowski ed Eugenio Barba, crea a Parigi la compagnia Théâtre de l'Arbre prima di stabilirsi in Toscana, dove fonda nel 1992 il Centro Internazionale di Formazione, Ricerca e Creazione teatrale. I suoi spettacoli sono stati proposti per oltre quarant'anni sulla scena internazionale riscuotendo vivo successo di pubblico e critica. In un testo che è al tempo stesso autobiografia, manifesto d’intenti, presentazione di un metodo e quant’altro un uomo di spettacolo dall’effervescente 67 rubrica CINELIBRI Sipario Testi AUGUSTO BIANCHI RIZZI SIPARIO PER INFORMAZIONI 68 T. + 39 02 653270 + 39 02 6595612 M. [email protected] www.sipario.it 778/779 - 2014 Augusto Bianchi Rizzi ROSSI DI SERA commedia in due atti PREMIO CONCORSO AUTORI ITALIANI 2013 Sez. "Tre o più personaggi" 69 SIPARIO Testi Rossi di sera commedia in due atti di Augusto Bianchi Rizzi I personaggi principali - quasi tutti ex-sessantottini - qui elencati non in ordine di apparizione né in scala gerarchica (perché tutti parimenti cari all’Autore) sono i seguenti: (1) FRANCESCO il leader, critico cinematografico (2) ANTONIO il n. 2, architetto (3) MAX il viale del tramonto, venditore di automobili usate (4) MICHELE il don giovanni, imprenditore (5) ERIKA la compagna, moglie di Antonio, ambientalista (6) MADDALENA l’autosufficiente, amica di Erika, pubblicitaria (7) GAETANO l’eterno reduce, giornalista in cronaca (8) STELLA la determinazione, convivente di Francesco, semiologa (9) IRMA la mammona, vicina di casa di Max (10) SUSAN l’avventura, fotoreporter inglese E inoltre molti altri personaggi di contorno, quasi tutti coetanei dei protagonisti. Note registiche preliminari La commedia è stata scritta dall’Autore senza risparmio di personaggi, scene e luoghi (interni ed esterni), pensando a una commistione di teatro e altri mezzi visivi (video, proiezioni digitali, cartellonistica, documentari, ecc.) aperta alle invenzioni registiche che mescolano per l’appunto tecniche teatrali e filmiche, documentaristiche, ecc. in una specie di caleidoscopio allegramente “schizofrenico”. Gli attori possono essere quindici o venti oppure ridotti al minimo, a solo due donne e a tre/quattro uomini che interpretano tutte le parti con cartelli identificativi (nomi, ruoli o simboli). Le scene collettive possono essere impostate con manichini o sagome e il cambio veloce, per l’appunto filmico, di quadri brevi può essere operato con inserti video preregistrati o anche in diretta o soltanto con elementi simbolico-didascalici che indicano le localizzazioni e descrivono le situazioni. Video e/o cartellonistica possono illustrare le indicazioni registiche annesse ai dialoghi. Come pure i costumi e i trucchi possono acquisire un carattere molto didascalico (barbe posticce, eschimo, maschere, ecc. che gli attori trovano già in scena e indossano e dismettono velocemente quasi parossisticamente). Anche gli arredamenti possono essere indicati con proiezioni pop sulle pareti di un ambiente neutro-base oppure solo accennati con simbologie elementari mutevoli (manifesti politici che diventano sul retro pubblicità, scaffali di libri che diventano contenitori di mercanzie, bandiere che diventano foulard, ecc.). Il montaggio sonoro può avere la stessa struttura (vagiti quando si parla di nascite, tamburi quando si parla di rivoluzione ecc) 70 PRIMO ATTO All’apertura del sipario appare una scritta proiettata in un cielo tempestato di stelle: “MOLTISSIMI ANNI FA IN UNA SPERDUTA GALASSIA” Quadro 1 Circolo K.Marx (In una stanza spoglia e male illuminata - tappezzata di manifesti stampati e scritti a mano, con i ritratti dei padri della rivoluzione, le bandiere rosse dalle aste particolarmente robuste, pile di ciclostilati, giornali, volantini - intorno a un grande tavolo sotto un’unica luce e davanti a un gigantesco poster di Karl Marx - solo occhi e barba a formato parete - siedono una dozzina di persone (manichini, sagome ?) che emanano fumo. Sono giovani sui venti/ventitre anni, qualcuno di più, qualcuno di meno. Seduto a un capo del tavolo, Francesco, il leader, cerca di dare anima a un testo farraginoso proclamato inizialmente in tono quasi intimidatorio. La barba non fatta, il colorito di chi non dorme da due giorni gli conferiscono un che di ascetico. Accanto a lui, Antonio, un tipo dall’aria mite e furba nascosta dietro una massa di peli, vestito con una camicia militare, ascolta attentissimo e approva. Di fianco ad Antonio, Erika, la sua ragazza, fa la maglia e dà palesi segni d’irritazione mentre Maddalena pare essere con la testa altrove. Michele, che fuma il toscano, le sorride senza riuscire ad attirare la sua attenzione. Un po’ in disparte un uomo alto e robusto, con un giaccone - Max - appare a disagio. Ha una decina d’anni più degli altri e l’atteggiamento di chi è lì senza capire bene il perché. Ha con sé una ragazza biondo-platino, col castorino, in pieno masticamento gomma. Infine, Gaetano, un meridionale nero nero, con addosso un eskimo, sta smontando la cornetta del telefono e controllandone l’interno). FRANCESCO: (Con un tono quasi declamatorio, libresco, un po’ trombonesco) Il sindacato, compagni, nella misura in cui ha accettato i criteri capitalisti di organizzazione del lavoro, nella misura in cui ha fatto propri gli strumenti di tortura padronali e ha avallato la gogna del lavoro alienato, è diventato il cavallo di Troia… Qualcuno dei presenti: Sì, sì, sì… troia … è la parola giusta FRANCESCO: …per insidiare e corrompere l’avanguardia operaia trasformandola in un servo compiacente e leccapiedi… Qualcuno dei presenti… leccaculo… leccaculo FRANCESCO: …e consegnarla - sottraendo alle masse lavoratrici ogni strumento di autodifesa, privandole della spina dorsale - nelle mani delle aspirazioni socialdemocratiche più… più… Qualcuno dei presenti… più stronze! FRANCESCO: …più subordinate e rinunciatarie. Noi non vogliamo esaltare il luddismo, compagni,… Qualcuno dei presenti… che cos’è che non vogliamo esaltare? FRANCESCO: (Occhiataccia) …sappiamo bene che la ribellione degli operai alle macchine in quanto tali è una forma rozza di lotta che rivolge contro il mezzo materiale di produzione preso in se stesso quella violenza d’attacco che dovrebbe essere indirizzata contro la forma sociale Rossi di sera del suo sfruttamento. Il problema, noi lo sappiamo bene, è più a monte… tuttavia io vi dico: è da questa violenza immediata sui mezzi di produzione che nasce il primo germe di coscienza rivoluzionaria. La violenza del generale Ludd… (Lancia un’occhiata severa alla platea per impedire osservazioni) è la risposta alla violenza simmetrica del capitale! Perché il capitale, compagni, è sempre violenza, sopraffazione, assoggettamento: che produca napalm, biciclette o pannolini… MAX:(Alla ragazza biondo-platino, sussurrando) Adesso andiamo, eh? FRANCESCO: (Riprendendo il tono oratorio) Noi oggi, con la diffusione massima dei sistemi d’automatizzazione, assistiamo alla distruzione del vecchio quadro operaio tradizionalmente comunista e cioè il tipografo, il battilastra, il ferraiolo, il calzolaio, il proto… ERIKA: (Sbatte il lavoro a maglia sul tavolo e si alza) Uffa! Quand’è che arriviamo al punto? Io devo andare a fare la spesa e preparare la cena… Io naturalmente, non voi maschietti… Voi la spesa, si sa, non la fate… ANTONIO: Erika, ma cosa dici? Non interrompere. Siediti e stai zittina. ERIKA: Zittina? Zittina a me non lo dici! Zittina lo dici a quella papessa di tua madre che ti domina con le sue smanie… e le sue manie… Lasciamo perdere. Tornando a noi: la domanda è semplice semplice: che cosa si fa domani all’Alfa? Eh? Cosa si fa? Si propone il blocco delle linee o no? Sono due ore che Francesco introduce, premette, illustra, spiega, ma ancora non ho sentito la domanda e soprattutto la risposta: Proponiamo il blocco o no? E poi insomma... va bene gli operai e il generale Ludd e le contraddizioni del sindacato ma… se proprio volete saperlo, io ho un groppo qui… sento la mancanza di Monica. Non riesco a non pensare a quella poveretta a Londra da sola, e non ce la faccio a seguire tutti i vostri discorsi… sto pensando a lei. Voi niente, invece eh? Non ve ne frega niente, non è affar vostro... FRANCESCO: Quello che è certo è che non è un problema tuo. MADDALENA: E bravo Francesco! Tu l’hai spedita a Londra ad abortire e non t’è neanche passato per la testa di starle vicino. Eh no, avevi da preparare la tua brava relazione. Dovevi darci la linea! MICHELE: Compagni, vi ricordo che domani mattina c’è l’assemblea all’Alfa e che qualche cosa dobbiamo pur dire di forte, di decisivo e… MAX: (Alla biondo-platino) Adesso andiamo, eh? FRANCESCO: (Cercando di controllarsi) Scusa Maddalena ma che cosa avrei dovuto fare di più con Monica? Le ho pagato il viaggio a Londra. Le ho trovato la clinica. L’ho accompagnata alla stazione… cosa dovevo fare di più? Non stiamo lottando tutti insieme per l’aborto? E allora perché ogni volta che ce n’è uno scoppia il ricatto sentimentale della sedotta e abbandonata da romanzetto rosa? E il “dovete viverlo in coppia e starvi vicino e sostenervi” e le solite menate da boyscout… Augusto Bianchi Rizzi ERIKA:Perché non provi ad abortire tu la prossima volta? MICHELE: Ma possibile che ogni discussione finisca sempre per trasformarci in un gruppo di autocoscienza? Torniamo al punto: facciamo bloccare le linee di produzione o no? (Nessuno risponde. Gelo nella sala) MAX: Scusate, ma Monica la conosciamo tutti... Io sono convinto che a Londra sta benissimo, tutta contenta di farsi il suo aborto parlando in inglese. Do you do di qui, do you do di là e fra un paio di giorni, two days after the abortion, esce dalla clinica se ne va ad ascoltare qualche concerto tipically english very very… dengdigadeng dengdigadondong (Finge di strimpellare una chitarra e poi batte sul tavolo con le dita a mo’ di bacchette di tamburo) very very strong and hard… (Pausa. Silenzio. Imbarazzo) ERIKA: (A Maddalena) Andiamo via, andiamo via, quando fa l’idiota proprio non lo sopporto. MAX: (Alzando la voce) Ma possibile che ogni volta che parlo io, tu te ne vuoi andare via? Sono anni che ce la meniamo con “la politica prima di tutto” e invece basta che… (fa un gesto allusivo… Allora c’avevo ragione io; al primo posto c’è sempre e solo la f… (Si rende conto di ciò che sta per dire e si blocca) GAETANO: (Interviene, concludendo la frase di Max) “…la fabbrica. Al primo posto c’è sempre e solo la fabbrica! MAX: Sì la fabbrica… (unisce gli indici e i pollici delle due mani e li alza sulla propria testa facendoli ruotare bene in vista) (Baraonda generale. Tutti insieme accavallandosi) MADDALENA: Maschilisti di merda! E tu sei un davvero un deficiente oltre che un vero idiota! MICHELE: Compagni! Siamo qui per parlare dell’Alfa! Non della nostra vita sessuale FRANCESCO: La mia vita privata son fatti miei! ANTONIO: Compagni, compagni per favore… MAX: Andate a cagare voi e il generale Ludd. MADDALENA: (Non è chiaro a chi) Se mi metto a raccontare come scopi, vedrai che ci facciamo quattro risate! ERIKA: Il privato è politico! (Voci varie: “Basta” “Compagni, compagni…” “Ma quali compagni…” “Gli operai non aspettano certamente noi…” “Alla faccia della solidarietà di classe!” “Merde, merde, merde! Siete tutti delle merde”) FRANCESCO: Okay, lasciamo perdere. Domattina all’Alfa non diciamo un cazzo. ERIKA: …e il bello è che nessuno se ne accorgerà… (Sono tutti un po’ avviliti. Si alzano e proseguono a mugugnare a gruppi di due o tre. Antonio, dispiaciuto, si avvicina a Francesco) FRANCESCO: (Ad Antonio) Belle stronze, eh? ANTONIO: Erika, in fondo, stava solo manifestando una solidarietà femminile, un sentimento di amicizia… FRANCESCO: E piantala di difenderla…! ANTONIO: Non voleva mica offenderti… FRANCESCO: Ma perché non te la sposi quella lì? ANTONIO: Che cazzo c’entra, adesso? (Francesco se ne va 71 SIPARIO Testi pieno di idee: una cosa rara di questi tempi senza salutare nessuno) Allora sei tu lo stronzo! (A Gaetano ANTONIO: (Incerto) Mi aspettano per cena a casa… che sta ancora frugando dietro le sedie) E tu si può sapere FRANCESCO: Uhhh il maritino perbene. Dai, vieni, fatti che cosa cerchi? GAETANO: I microfoni-spia. Vigilanza, compagni, vigilanza. desiderare, sgarra sgarra (Si allontanano insieme) Il capitale ci controlla, ci pedina, ci registra, ci scheda e *** ascolta tutto Quadro 3 All’uscita dal cinema MAX: (Tirandosi dietro la bionda-platino) Vi saluto tutti, FRANCESCO: (Pontificando come suo solito) Un film rivoluzionari dei miei coglioni. Tolgo il disturbo, io qui non povero di mezzi ma ricchissimo di suggestioni, eh? ci metto più piede! (Se ne va) Aggressivo, conturbante, poliedrico, coinvolgente, quasi MADDALENA: Se è per questo neanche noi. farneticante… Ci ho trovato in pieno la mia vecchia idea: ERIKA: Chiuso. Sepolto. Amen che i popoli devono essere governati dai poeti, dai filosofi, ANTONIO: (A Gaetano) Sbrigati, dai (a Erika) Se vuoi che dagli artisti, non da quelli che degradano la politica ad ti accompagni a fare la spesa… a proposito sono invitato amministrazione dell’esistente, a c-o-r-r-e-t-t-a g-e-s-t-i-oanch’io? … (Erika risponde con uno sberleffo) n-e, perché noi tutti abbiamo bisogno di prospettive vitali, di GAETANO: E domani allora? Che succede? utopie vivificanti… Basta con la concretezza, basta con il ANTONIO: Domani non succede niente. fare; ridateci gli endecasillabi, le notti stellate! Riprendiamo a *** disegnare mondi nascenti, inventiamo nuove parole, ridiamo Altra scritta proiettata nel cielo: “UNA SPORCA vita alle dispute dei sapienti. Abbasso il pensiero unico QUARANTINA DI ANNI DOPO, CIOÈ OGGI” gastronomico-finanziario! Hasta la licteratura, siempre! Quadro 2 Circolo K. Marx ANTONIO: La verità è che il cinema europeo continua (Un cantiere di demolizione occupa la strada. Un operaio a leccarsi le proprie ferite esistenziali… Dopo la morte con l’elmetto fa allontanare con un megafono i passanti) dell’ideologia non sa più cosa dire… GEOMETRA: Architetto, cominciamo? FRANCESCO: No, no, non sono d’accordo: i sentimenti sono ANTONIO: (È lui l’architetto. Il tempo non l’ha devastato.) più potenti dell’ideologia. Il cinema lavora sull’uomo. Non ci (Esitando) Siamo sicuri di avere allontanato tutti? sono parentele tra cinema e ideologia, l’uno è un linguaggio, GEOMETRA: Sì, architetto. Sicuri. l’altra un archetipo che tende all’assoluto. Il cinema può ANTONIO: E allora cominciate (Si allontana. Non vuole iniettare trasfusioni di realtà, ma l’unico strumento vero per assistere) lui resta l’emozione, la testimonianza che commuove. GEOMETRA: (Alza il braccio e dà il via) (Si ode un gran botto e si vede un gran polverone, al di là del ANTONIO: (Insofferente alla ennesima ‘lezione’ di Francesco) Adesso devo proprio andare. quale Antonio intravvede un uomo elegante, abbigliamento FRANCESCO: A proposito, Erika, la tua mogliettina, come sportivo, capelli brizzolati) sta? ANTONIO: Francesco… ANTONIO: Bene, bene. Sempre uguale. FRANCESCO: Antonio! Per forza ci dovevi essere… (Si FRANCESCO: Insegna ancora? abbracciano) ANTONIO: No, è in pensione. Adesso è diventata ANTONIO: Veramente io sono qui per lavoro. Chi l’avrebbe un’ambientalista. Si occupa, in particolare, di giardini detto, eh? Proprio io. Tu invece risorgi dalle polveri del pubblici. E tu? Ancora libero e selvaggio? tempo… FRANCESCO: Curiosità. Solo curiosità. Ho letto sul giornale FRANCESCO: (Sorvolando) Come si chiama tuo figlio? ANTONIO: Ernesto. che avrebbero abbattuto l’edificio dove aveva sede il nostro FRANCESCO: Come Che Guevara! leggendario circolo Karl Marx e sono venuto a vedere. Sai ANTONIO: No, come mio suocero. com’è… A una certa età si diventa nostalgici… e voyeur. FRANCESCO: E che cosa fa per guadagnarsi da vivere? Beh, sono proprio contento di averti rivisto. Ti trovo bene. ANTONIO: Dipinge. Dipinge paesaggi. Per avere…? FRANCESCO: Ah, quindi non si guadagna da vivere… …Lo ANTONIO: Sessantatre anni aiuti tu? FRANCESCO: …sei un fiore! Ciao. ANTONIO: Diciamo che gli do una mano. Sai com’è, ha ANTONIO: Dove vai? anche due figli. FRANCESCO: (Allargando le braccia) Al cinema. Il mio è FRANCESCO: Ah, sei diventato nonno! Congratulazioni! E un mestiere da voyeur, per l’appunto. com’è essere nonno? ANTONIO: Ma scusa, voi critici, i film non ve li vedete in ANTONIO: Non lo so. Ernesto vive negli Stati Uniti, ha proiezione riservata, soli e soletti nelle salette? FRANCESCO: Mai! A me piace vederli al cinema, con quelli sposato una ragazza di colore californiana. Lo vedo una/due che ridono, la coppietta che si bacia, il vecchietto che disturba volte all’anno. FRANCESCO: E i nipotini di che colore sono? scartando la caramella… Un film senza sala è insipido. Vuoi venire anche tu? Danno un film indiano sperimentale, un film ANTONIO: Uno bianco e uno nero. Come due tasti del 72 Rossi di sera pianoforte. FRANCESCO: Lo suoni ancora? ANTONIO: Solo quando vengono i nipotini: per insegnargli che il bianco e il nero uniti possono produrre grandi melodie e armonie… FRANCESCO: Sempre romantico… Peccato che tu abbia smesso di suonare. ANTONIO: Se la sinistra dovesse vincere le elezioni giuro che rifaccio un concerto! FRANCESCO: Se mia nonna avesse le ruote giuro che sarebbe una sedia a rotelle… Dai, vieni a cena a casa mia. *** Quadro 4 Casa di Antonio e Erika (Un posto è ancora apparecchiato a capo tavola, quello di Antonio. Erika e Maddalena stanno sparecchiando, ma il posto di Antonio non lo toccano.La televisione è accesa) MADDALENA: Pensa che per girare quello spot hanno speso cinquecentomila euro! Una famiglia operaia ci vive una vita intera. E tutto per reclamizzare una lacca per capelli. La modella si doveva vedere solo di schiena, ma si doveva capire che era sposata, che era madre di almeno due figli, che era finanziariamente autonoma, che era possibilmente laureata e sessualmente soddisfatta! Tutto dalla schiena: c’era scritto in contratto. La schiena doveva essere un manifesto, una mappa, un irresistibile richiamo… ERIKA: Sì, però, in effetti, è una schiena che te la raccomando… MADDALENA: La mia schiena regge abbastanza, è il resto che… Queste rughette qui agli angoli della bocca… non posso più ridere… (Alludendo al posto di Antonio) Sparecchio? ERIKA: Ma dove è andato? Non poteva darmi un colpo di telefono?(Pausa, prima dello sfogo) Ogni tanto mi sembra che il nostro rapporto assomigli a un leone incazzatissimo, immobilizzato da una lunga fune stretta intorno al collo, tenuta tesa alle opposte estremità da noi due. Nessuno dei due può fuggire o può avvicinarsi senza porre in pericolo se stesso o l’altro… MADDALENA: E se decideste di tirarla insieme, questa corda? Una volta strozzato il leone, ricomincereste a vivere… ERIKA: Sai cosa mi ha detto l’altro ieri? “Se perdessi te, sarebbe come perdere un dente anteriore; non potrei sopportarlo” Un dente anteriore, capisci? Molto …incisivo! Non ti pare? MADDALENA: Di solito, gli uomini quando inventano queste frasi poetiche è perché si sono innamorati di un’altra. ERIKA: Fosse vero! È sempre lì a guardare la televisione, immusonito, depresso. (Pausa) Salvo quando telefona l’ingegnere… Allora si elettrizza tutto ed esce. Una volta, due al mese. MADDALENA: Ma che ‘ingegnere’ vuoi che abbia? Tutt’al più si infila in un bar e con la prima poverina che gli capita di incontrare passa la sera a parlarle di te… Che altro vuoi che faccia? ERIKA: Hai una bella opinione di Antonio! (Il suono Augusto Bianchi Rizzi del cellulare segnala l’arrivo di un sms. Erika legge il messaggio) (A Maddalena) È di Antonio. Ha incontrato Francesco. Te lo ricordi Francesco? MADDALENA: Come no?! Leggo sempre le sue recensioni. Spocchiosette, ma con quel tanto che basta per sembrare intelligenti e idealiste. ERIKA: Antonio dice che farà tardi. MADDALENA: Mi sembra di vederli. Parlano, parlano, parlano. Di loro, naturalmente. Di loro e del loro glorioso passato… *** Quadro 5 Casa di Francesco (Francesco e Antonio hanno finito di mangiare. Il tavolo è ingombro di resti. Francesco prepara il caffè. Antonio fuma) ANTONIO: Il Golpe! Ti ricordi di quando si era sparsa la voce del colpo di Stato imminente? “ È per stanotte, è per stanotte!” FRANCESCO: E siamo finiti a casa di Michele perché suo padre era della Confindustria. ANTONIO: Sì, attentissimi a che nessuno ci pedinasse… Gaetano aveva addirittura attraversato l’atrio carponi per non farsi vedere dalla portinaia. Insomma, massima prudenza… FRANCESCO: “All’erta, compagni. Vigilanza, vigilanza” ANTONIO: (Cerca un portacenere e trova una carrozzina) E questa cos’è? FRANCESCO: Tu cosa cercavi? ANTONIO: Un portacenere. FRANCESCO: Non è un portacenere. Questo è un portacenere.(Porge il portacenere a Antonio e versa il caffè) E quel matto di Max? ANTONIO: Max Trombini, detto il Trombeur des femmes! (Pausa) Come dimenticare quel fantastico Primo Maggio… Manifestazione assolutamente tranquilla… Stiamo sfilando davanti alla Galleria e mi accorgo che Max punta qualcosa… Sai quei due carabinieri in divisa di gala messi lì per i turisti? Beh lui non resiste... gli va dietro piano piano e gli ruba le sciabole! A tutti e due! E via di corsa, gridando “Viva Max…” - mai che dicesse “Viva Marx!” - (Proseguendo) “Viva Max, viva Lenin, viva Mao Tse-tung” e quelli dietro coi mantelli e gli stivali… Ah il vecchio Max! Per lui la rivoluzione era fare casino. FRANCESCO: Con un’idea fissa però... FRANCESCO e ANTONIO:(In coro, imitando Max)”Io quella me la scopo” FRANCESCO: L’ho incontrato il mese scorso… Era un sacco che non lo vedevo. ANTONIO: Ah sì? E come sta? FRANCESCO: (Vago) Sta *** Quadro 6 Camera da letto di Max (Max - capelli bianchi, aria arruffata, sguardo fisso - è a letto con Irma. Sulle pareti quadri celebri di donne nude: il solito Modigliani, il solito Gauguin, il solito Goya) IRMA: Senti, Max, perché non mi fai andare a dormire a casa mia? Domattina devo alzarmi presto… Lo sai che devo finire 73 SIPARIO Testi il trasloco in negozio. MAX: Aspetta. Aspetta ancora cinque minuti. IRMA: Non è mica obbligatorio… Magari la colpa è mia: non ti piace il mio profumo nuovo? L’ho messo per te, è alla vaniglia. MAX: (Tace ingrugnito) IRMA: Ma la pillola l’hai presa? MAX: (Fa segno di sì con la testa) IRMA: Domani è anche meglio, che è sabato. Abbiamo più tempo. Mettiamo un po’ di musica… Eh? MAX: È solo un problema di concentrazione. Mi devo concentrare... ma non ci devo pensare. IRMA: È difficile, lo so… (Rimangono immobili a fissare il vuoto, finché squilla il telefono sul comodino) MAX: (Al telefono) Pronto. Chi? Francesco! Che cosa faccio? Nella vita o adesso? Nella vita vendo auto usate… se hai bisogno… adesso sono qui con una mia amica. Ma no, ma cosa pensi! Stavamo chiacchierando, te lo assicuro. Solo chiacchierando. (Pausa) A quest’ora? D’accordo. Va bene, va bene. Subito. Arrivo. (Riattacca). *** Quadro 8 Autostrada (Max è alla guida di una vettura sportiva di grossa cilindrata. Accanto a lui Francesco. Sul sedile posteriore Antonio. La radio canta a pieno volume “Guarda che luna” di Fred Buscaglione. Max guida sempre più veloce, mentre beve da una fiaschetta e canta a squarciagola insieme a Buscaglione). MAX: Guarda che luna tàn-tà-tà, guarda che mare… (Passa la fiaschetta a Francesco, che fingendo indifferenza, la controlla: non ne è rimasta neanche una goccia) Ce ne dev’essere un’altra nel cassetto. ANTONIO: (Fa segno a Max di rallentare e di tenere le mani sul volante) Non fare il pirla. MAX: (A Francesco) Ti ricordi di quando siamo usciti con quelle due di architettura e io ho usato quella crema che avevo comprato a Copenaghen? FRANCESCO: (Dopo aver bevuto dalla seconda fiaschetta) La mitica crema ritardante… MAX: Ho avuto una… (Mima una erezione) che mi è durata tre giorni. Come una stalattite… o stalagmite? FRANCESCO: Stalagmite. MAX: Come una stalagmite mi era diventato. ANTONIO: (Beve anche lui) Le famose erezioni politiche MAX: Sai cos’è successo a una di quelle due lì? Quella molto carina, ma completamente piatta? L’ho reincontrata poco tempo fa … (Molla le mani dal volante e mima con le braccia protese in avanti due enormi tette)… è così! ANTONIO: Avrà fatto una plastica. Con le protesi adesso MAX: No, ha avuto una paresi… alle braccia (sottinteso “… e le braccia le sono rimaste così”) (Risate) ANTONIO: Perché quando andavate a donne non mi invitavate mai? MAX: Perché tu stavi con l’Erika e facevi il fidanzatino di Genet. 74 ANTONIO: Di Peynet: Peynet! Ma si può sapere dove stiamo andando? FRANCESCO: Che cosa importa dove andiamo? Andiamo. MAX: Andiamo a Fiorenzuola. FRANCESCO e ANTONIO: Dove?! MAX: (Improvvisamente semiserio) Io quando sentivo la primavera prendevo la macchina e correvo fino a Fiorenzuola. All’Autogrill della Pavesi. Una volta era un posto bellissimo… Voi eravate troppo giovani, ma io ci andavo sempre appena presa la patente. Me ne stavo lì per ore a guardare le macchine dall’alto e a riconoscere le marche… e quelle passavano vroom, via una, vroom via un’altra tutte verso il mare. Mi sembrava di stare su un’astronave. L’Autogrill di Fiorenzuola era l’ultimo limite del mondo civile, le Colonne d’Ercole. Al di là delle quali, la costiera adriatica, le tedesche, l’avventura, l’ignoto… FRANCESCO: Chi era questo Ercole? ANTONIO: Un bagnino di Rimini, credo. MAX: Sì, sì, fate gli spiritosi… voglio vedervi quando arriveremo all’Autogrill… C’era una cassiera… una porcona planetaria… con un seno… - non con i seni - ma con un unico, compatto gigantesco seno, e quando ti sorrideva sembrava che avesse tre lingue. Un mi…(La musica è finita e Max prende a cantare) ‘… e guidare a fari spenti nella notte per vedere se poi è così difficile …trombare’. *** Quadro 9 Piazzale dell’Autogrill Pavesi (Il piazzale è deserto, l’insegna verde dell’Autogrill è 1’unica cosa viva. Francesco, Antonio e Max si guardano intorno delusi) MAX: È chiuso. ANTONIO: Le Colonne d’Ercole sono crollate, non sono più i templi di una volta… FRANCESCO: E la cassiera monotetta con tre lingue…? MAX: Lascia perdere (Va oltre il guard rail a fare pipì) (Antonio e Francesco lo raggiungono e fanno pipì tutti e tre insieme. Si sente il frinire dei grilli) MAX: (Tirandosi su la lampo) Sono sempre il migliore! FRANCESCO: Sssh! Ascoltate. Sembrano finti. ANTONIO: Cosa? FRANCESCO: I grilli. MAX: Una volta li ho mangiati. Devi buttarli vivi nell’acqua bollente, poi staccargli zampe, testa e ali e friggerli per tre minuti in due dita d’olio. Una squisitezza. ANTONIO: Dovresti aprire un ristorante, anzi un autogrill … solo grigliate di grilli, i grilli dell’autogrill I Grillini accorrerebbero in massa… FRANCESCO: No… la verità è che dovremmo fare qualcosa in memoria di quel che abbiamo sognato, reagire al presente… Basterebbe affittare un posto da qualche parte e farlo diventare un rifugio, una trincea. Per riprendere contatto con le nostre speranze. Riunirci tutti in una bella cantina, con una videoteca e una grande biblioteca piena di romanzi… di quelli che non hai mai avuto il tempo di leggere… che so, I Miserabili… La saga dei Forsyte… Alla ricerca del tempo Rossi di sera perduto… ANTONIO: È tutto pronto? MAX: Insomma una gran rottura di coglioni. No, a me ERIKA: Sì è tutto pronto… Sapessi come sono contenta di piacerebbe aprire un casino, con una maitresse imponente rivederli! Non me lo sarei mai immaginato. alla cassa… un bel puttanone… ANTONIO: Anche Francesco? ANTONIO: E se invece rilanciassimo l’idea di un miniERIKA: Perfino Max! Te l’ho detto che ho invitato anche…? soviet? Mai come adesso che il comunismo è morto c’è ANTONIO: Chi? bisogno di comunismo. ERIKA: Michele! FRANCESCO: Ma no, Antonio, basterebbe un posto *** qualsiasi. Un posto vuoto. Da riempire con le nostre fantasie Quadro 12 Casa di Antonio e Erika. e anche con le nostre nostalgie. Prima che sia troppo tardi. (Sala da pranzo. Sono presenti Antonio, Francesco e Quello che conta sono le teste, e di gente con la testa giusta Michele) ce n’è ancora, per fortuna. Un posto per le teste giuste. MICHELE: Così alla morte di mio padre mi sono ritrovato MAX: (Quasi gridando) In macchina, in macchina! proprietario della fabbrica. Io! Di colpo, dall’altra parte della ANTONIO: Oddio e adesso che ti prende? barricata! La situazione oltretutto era sull’orlo del fallimento. MAX: Vedrete, vedrete. Vedrete che posto! E io lì con la mia laurea in sociologia e il mio materialismo *** storico dialettico a chiedermi: com’è che si fa a ricavare Quadro 10 Negozio d’animali. plusvalore dai laterizi? Sicché ho radunato tutti gli operai (L’insegna recita “Qua la zampa”. Irma controlla il in sala-mensa. Sono salito su un tavolo, così… (Sale su un trasporto di alcune gabbie di uccellini da parte di due tavolino) li ho guardati ben bene in faccia tutti a uno a uno e facchini. Max, Francesco e Antonio sopraggiungono. È poi ho detto “Compagni, il bilancio è questo. Per quello che primo mattino) ne capisco, stiamo raschiando il fondo del barile. Se volete MAX: Irma, ciao. Posso presentarti… lui è Francesco… e lui la fabbrica… queste sono le chiavi!” (Fa il gesto di mollare è Antonio… Ti dispiace se diamo un’occhiata? (Irma segue le chiavi, poi scende dal tavolo e si risiede). Nessuno le ha i facchini, dopo aver fatto un cenno d’assenso e di saluto). raccolte. Quella è Irma, la mia vicina di casa. Una sagoma! FRANCESCO: E allora? (I tre si guardano intorno. Il negozio è enorme. Ovunque MICHELE: E allora sono diventato un imprenditore. gabbie, recinti, vetrinette, acquari, alberi. Una grande ANTONIO: Un padrone! voliera vuota troneggia in mezzo al locale. Una scala a FRANCESCO: Un capitalista! Uno sfruttatore! E adesso chiocciola porta ai sotterranei, un’altra al piano superiore. come va? In un acquario illuminato scodinzola un grande pesce esotico. MICHELE: Lasciamo perdere. Ho dovuto fare ricorso alla Il tutto è terribilmente sporco e in disordine. Francesco e cassa integrazione. Ma fin che posso non licenzio nessuno. Se Antonio perlustrano ogni angolo) non fosse per quello stronzetto di mio figlio che si ostina a MAX: E allora? Il posto c’è. È una vita che Irma cerca di non voler mettere piede in fabbrica… Suona la batteria e se affittarlo. Possiamo prenderlo in prova e se la cosa non ne infischia lui! E così mi tocca continuare ad alzarmi tutte le funziona glielo ridiamo. Lì ci mettiamo il bar, giù di sotto il mattine alle sette… E per di più ho anche il colesterolo alto e ping-pong… un flipper in quell’angolo, il calcio-balilla … un inizio di diabete. Fortuna che la prostata funziona ancora. Basta dare una bella ripulita… (Entrano dalla cucina Erika e Maddalena con due grandi ANTONIO: (Dopo una pausa da architetto) Sai cosa ti dico? vassoi di tartine) A me piace. Voglio dire così com’è o quasi. Pieno di anfratti, MADDALENA: Morire pur di non dare una mano, eh, di trabocchetti… è una specie di canyon… Ogni incontro è compagnucci? (Si alzano tutti e tre, facendo una gran possibile, ogni agguato è probabile, ogni silenzio… confusione) MAX: (ad Antonio) Non ti muovere! MICHELE: Il vittimismo no, Maddalena, ti prego. Stasera no. ANTONIO: Prego? ERIKA: In cucina, ragazzi! C’è altra roba in cucina. FRANCESCO: Fermo! (Suona il campanello. Mentre Maddalena, Michele, Antonio MAX: C’è un serpente a sonagli dietro di te e Francesco fanno la spola tra salotto e cucina con piatti (Antonio per un attimo si irrigidisce, poi scuote la testa e bicchieri, Erika va ad aprire la porta. Dopo un attimo ridendo) compare Max carico di bottiglie e di pacchi in modo FRANCESCO: E va bene proviamoci. (Ad Antonio) Com’è assolutamente esagerato) che hai detto? Ogni incontro è possibile, ogni agguato MAX: Scusa, Erika, mi sono dimenticato i fiori. probabile, ogni silenzio… *** ANTONIO: sospetto. Quadro 13 Casa di Antonio. *** (La festa è in corso da un paio d’ore. Antonio e Francesco Quadro 11 Casa di Antonio e Erika sono seduti per terra. Erika passa di lì con una bottiglia di (Antonio ha in mano una planimetria. Entra Erika, che vino in mano) sbircia la planimetria, con aria complice) FRANCESCO: (Ad Antonio) La verità è che bisogna vivere Augusto Bianchi Rizzi 75 SIPARIO Testi intensamente, se no ci si accorge di… esistere ERIKA: Volete un po’ di vino? ANTONIO: Smettila di andare su e giù… siediti. (Antonio prende Erika per un braccio e la tira giù accanto a sè) (A Francesco) Chi l’ha detto? Marx? Il presidente Mao? Lunga vita al presidente Mao… FRANCESCO: L’ha detto quel genio di Altan! (Antonio e Erika ridacchiano) FRANCESCO: (A Erika) Antonio mi ha detto che adesso ti occupi di giardini pubblici… ERIKA: Il giardino è la culla dell’umanità: “il Signore piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo...” Il giardino deve essere inteso come un luogo da custodire e da cui essere custoditi. (Antonio lentamente si alza e sgattaiola via). Una metafora. Un’etica e un’estetica contrapposte all’artificio urbano. D’altra parte, alla trasformazione innaturale dello spazio corrisponde sempre una trasformazione contro natura dell’uomo. E il recinto del giardino - specie quello dell’hortus conclusus… FRANCESCO: (Perplesso-affettuoso) Erika, che cosa stai cercando di dire? ERIKA: Che la felicità è sempre possibile, sia al di qua che al di là del recinto. Basta tracciare un segno. E che non bisogna mai rinunciare a cercarla. MAI. (Dall’altra parte della stanza Michele e Maddalena stanno chiacchierando) MICHELE: L’altruismo di San Martino che incontra il soldato romano infreddolito e gli dona metà del suo mantello è impraticabile nelle grandi società moderne. Occorre un’industria che produca mantelli in milioni di esemplari e a basso prezzo affinché anche i proletari salariati possano comprarli. Lo stesso è per le case. Io che produco mattoni posso dire che… MADDALENA: (Offrendo a Michele una sigaretta) Vuoi? MICHELE: Ho smesso. MADDALENA: Da molto? MICHELE: Da un anno. MADDALENA: Dura, eh? MICHELE: (Allusivo) Il problema è dove mettere le mani. MADDALENA: Cretino! Sei sempre lo stesso. Ma non ti eri sposato? MICHELE: Per pochissimo! Lei voleva dormire con le tapparelle alzate. MADDALENA: …e tu se non c’è il buio più completo… (Ridacchia) MICHELE: E tu, Maddalena, che lavoro fai? MADDALENA: Sono Account Supervisor… una specie di censore degli spot pubblicitari. MICHELE: Buono a sapersi. All’occorrenza… MADDALENA: Scordatelo. (Michele e Maddalena si avvicinano agli altri) MAX: Ragazzi, sembra proprio di essere tornati ai vecchi tempi! Ma adesso, Antonio, tira fuori il progetto! ANTONIO: E va bene (Spiana la planimetria sul tavolo) Ecco qui il progetto del grande Canyon! 76 FRANCESCO: (Togliendo la parola ad Antonio, con tono declamatorio) Contro l’oblio della Storia, contro la depressione del nuovo millennio, contro i predatori delle nostre speranze, in attesa della rinascita delle prossime generazioni, ecco il grande Canyon: un sogno senza topos, un topos senza sogno MAX: E speriamo senza topi. (Tutti si chinano sulla planimetria ed emettono, fra gli applausi, un grande OOOH di ammirazione). *** Quadro 14 Casa di Antonio e Erika (Tutti ancora intorno alla planimetria, ma le voci si sono fatte acute e ostili) MADDALENA: E io ripeto che una sauna, con docce e idromassaggio, in un posto così ci vuole. A costo di sacrificare il locale del biliardo, cari compagni. MICHELE: (Scandalizzato) Sacrificare il biliardo? ERIKA: Quest’altra sala poi dovremmo riservarla ai bambini. Allestire una stanza-giochi tutta per loro. Anche qualcun altro di voi avrà dei nipotini, no? Non solo io e Antonio. Perché non dovremmo poterli portare con noi nel Canyon? MICHELE, FRANCESCO e MAX (in coro) Vuoi allestire una stanza-giochi per i bambini?! FRANCESCO: Va bene, ho capito, abbiamo scherzato. MADDALENA: E riecco il solito maschilista di merda. Gratta, gratta… I bambini dobbiamo spupazzarceli noi, vero? Noi dobbiamo continuare a cucinare, rifare i letti, spolverare e tenere i nipotini, vero? Non è cambiato niente. Niente. FRANCESCO: Ma di che nipotini parli tu che non ne hai? ERIKA: Noi di nipotini ne abbiamo due. E mi risulta che anche Michele - anche se non vuol farlo sapere - sta per diventare nonno… Che cos’avete contro i bambini? FRANCESCO: Il nostro topos, il nostro sogno non prevede la presenza di bambini, tutto qui. MICHELE: (A Erika, irritato) Che cosa c’entrano i bambini con il topos?! (A Max) Dammi una sigaretta, va! MAX: Noi abbiamo da vivere molto meno dei bambini. E quindi abbiamo più diritti di loro. Anche e soprattutto il diritto di giocare a biliardo e a calcetto quanto ci pare e piace, senza mocciosi tra i piedi. FRANCESCO: Come non detto. Lasciamo perdere. MADDALENA:(Ad Antonio) E tu non dici niente? Ma che razza d’uomo sei? Ai tuoi nipotini non ci pensi? Ma non ti rendi conto che… ANTONIO: Io non mi rendo conto del perché continui a venire a casa mia a inzigare. È una vita che rivendichi, che denunci, che ti indigni, che stigmatizzi. Che rompi i coglioni! Altro che se non ora, quando? ERIKA: Se permetti questa è anche casa mia! E Maddalena potrà venire qui finché lo dirò io! Capito? MICHELE: A questo punto, è meglio aggiornare la seduta. ERIKA: Sì, ma tra altri quarant’anni e non qui! Al camposanto! (Tutti fanno scongiuri più o meno evidenti) *** Rossi di sera Quadro 15 Casa di Francesco (Sono presenti Francesco, Antonio, Michele e Max) ANTONIO: Non so che cosa dire. A me l’idea del Canyon piaceva. MICHELE: (Quasi fra sé) Chissà perché il femminismo dev’essere toccato in sorte alla nostra generazione. MAX: (Girellando per la stanza, scopre la carrozzina) Guardate che cosa ho trovato. ANTONIO: Non è un portacenere. FRANCESCO: Ebbene sì, Stella aspetta un bambino. MICHELE: E chi è Stella? FRANCESCO: Colei che, del tutto unilateralmente, ha deciso di rendermi padre. MICHELE: Padre? Alla tua età? Ma chi è? (Francesco fa segno a Michele di guardare alle sue spalle) MICHELE: (Scorrendo i libri dietro di lui) “Metafore del gotico” “Comunicazione non verbale” “Simboli e linguaggio” …ma è Stella Jaspers, la semiologa! Potevi dirlo subito! MAX: Eh sì, potevi dirlo subito! ANTONIO: Ma il bambino ... è tuo? FRANCESCO: Così mi è stato assicurato. ANTONIO: E adesso lei dov’è? FRANCESCO: In montagna, a ossigenare il nascituro. È anche salutista. (Francesco e Antonio, Michele e Max si accendono una sigaretta. Cala un silenzio pesante. Scatto della serratura d’ingresso) STELLA: (Fuori scena) Francesco, sono io. Vieni a darmi una mano? (Francesco molla la sigaretta in mano ad Antonio e corre verso la porta, ma Stella è già nella stanza) FRANCESCO: Stella! Come mai così all’improvviso… STELLA: Il corso preparto. È stato anticipato di una settimana, non te lo ricordi? Devi partecipare anche tu, mi raccomando. (Rivolta ad Antonio e Michele e Max) Buongiorno. FRANCESCO: Ah sì, certo… Questi sono dei miei vecchi amici… Max… Michele… Antonio… Stella. (Antonio ha due sigarette in mano e cerca di darsi un contegno) MAX, ANTONIO, MICHELE: Ciao, salve, piacere. STELLA: Il fumo fa male, ve l’hanno mai detto? *** Quadro 16 Fuori dalla casa di Francesco. MICHELE: Visto come ci ha guardato? ANTONIO: Dominam et magistram invenit! È dai tempi di Adamo che… MAX: La famosa Lilliputh! ANTONIO: Cosa? MAX: Ma sì… Adamo prima di Eva aveva un’altra donna che voleva comandare lei, una certa Lilliputh. ANTONIO: Lilith! Lilith! MAX: Ho capito, ho capito. È un po’ più corto. MICHELE: Allora me lo fate vedere questo famoso Canyon? ANTONIO: Ormai. Per quel che serve. Augusto Bianchi Rizzi MICHELE: E se facessimo un topos… solo maschile? Con un bel cartello sulla porta: “Vietato l’ingresso alle donne e ai bambini”? MAX: Molto inglese. ANTONIO: Certo che senza donne, senza bambini… mah… che cosa ne penserebbe Francesco adesso che sta per diventare padre? MICHELE: Chi l’avrebbe mai detto, eh? “Piuttosto che mettere al mondo un bambino mi sparo in un piede” Ve lo ricordate quando diceva così? “Un figlio è una palla al piede, un laccio al collo, è come il tentacolo di un polipo avvinghiato intorno alla caviglia”. E adesso deve partecipare anche al corso preparto… ANTONIO: Secondo me, Francesco aderirebbe di corsa a un Canyon solo maschile. Portaceneri dappertutto, ma ci pensi?! MAX: Sarebbe… sarebbe. MICHELE: Un sogno. L’ultima utopia. *** Quadro 17 Casa di Irma. (Irma sta preparando una cenetta al lume di candela. Entra Max) MAX: Irma, deciso! Abbiamo deciso. Affittiamo il “Qua la zampa”. Ne faremo un topos. IRMA: Eh? MAX: Un sogno. L’ultima utopia! (Pausa) Vieni qui (Si baciano. Lui la spoglia un po’, lei lo spoglia un po’) IRMA: Andiamo di là? Spengo il gas? MAX: (Dopo una pausa) Lascia stare. Buttiamo la pasta, che è meglio. *** Quadro 18 Casa di Antonio e Erika. (Antonio guarda la televisione, mentre Erika lavora a maglia) ERIKA: Stasera telefona Ernesto su Skype. Vedremo anche i bambini. Bello, eh? Sei contento? ANTONIO: (Non risponde) ERIKA:(Punzecchiandolo con un ferro) Oh, ci sei? ANTONIO: Come? Sto guardando il film. ERIKA:È un telefilm. L’hanno già dato tre volte. L’assassina è la moglie. ANTONIO: Ah sì? (Silenzio, Antonio continua a fissare lo schermo. Erika sospira e si rimette a lavorare a maglia. Squilla il cellulare di Antonio. Antonio balza dal divano e si allontana di qualche passo) ANTONIO: (Al telefono) Oh, ingegnere… finalmente… sì, certo, subito. D’accordo. Non dubiti. A presto, ingegnere. (Riappende. A Erika) Devo uscire. ERIKA:Un impegno imprevisto? ANTONIO: Sì, un impegno imprevisto. Succede, no? ERIKA:Certo. Succede. *** Quadro 19 In una strada, davanti all’insegna di un hotel. (Antonio corre incontro a una donna giovane e spigliata. Si abbracciano) *** 77 SIPARIO Testi Quadro 20 Negozio di abbigliamento. da scaricare? Un tavolo da poker, un biliardo, due flipper anni (La tendina di uno spogliatoio viene aperta bruscamente. 60, un tavolo da ping pong, un bersaglio per le freccette e… Appare Erika con un vestito ‘firmato’) MICHELE: E… ? ERIKA: Come sto? MAX: E un calciobalilla! MADDALENA: Bene, ma dovresti osare di più. *** ERIKA: Ti ricordo che i prossimi che compio sono sessanta. Quadro 23 Su una panchina al parco MADDALENA: Appunto! È ora che recuperi il tempo (Francesco sta consultando una vecchia agenda: in copertina perduto. Prova questo (Passa a Erika un altro modello, che c’è scritto 1974. Michele ha tra le mani un i-Pad) ha appena tolto dalla gruccia) FRANCESCO: Nanni. Nanni Bertelli… quello che ERIKA: (Richiude la tendina) balbettava… “Co… co… co… compagni…”. Adesso mi pare MADDALENA: (Cerca nell’appendiabiti qualcosa per sé. che faccia il giornalista sportivo. Lavora alla Gazzetta dello Si scruta allo specchio e intanto continua il suo discorso)… Sport, credo. Insomma ieri abbiamo bloccato altre due pubblicità. (Michele segna il nominativo sull’i-Pad) Intendiamoci, non che io sia contraria al nudo in sé per sé. MICHELE: Avrà un contratto da co co co co… Sì, teneva Però deve essere attinente al prodotto, che so?, …sali da all’Inter, me lo ricordo. Era un patito di Tarcisio Burgnich e bagno, saponette, creme, prodotti di bellezza, ma se uno di Sandro Mazzola. Ma soprattutto di Jair, il brasiliano re del vende acciughe… dribbling… Lo rintraccio io. (Erika riapre la tendina: è vestita con un abito attillato, e FRANCESCO: Sergio Cantoni. scollato. È evidente che non si sente a suo agio) MICHELE: Niente. È diventato berlusconiano. MADDALENA: Ci siamo quasi. Immaginalo con delle calze FRANCESCO: Sergio Cantoni? Ma non era lui che gridava a rete, un paio di scarpe con i tacchi alti e due orecchini di ogni momento: “Lo Stato borghese si abbatte, non si strass. Vistosi, molto vistosi. E naturalmente truccata. Molto cambia!”? E “La libertà nasce dalla canna del fucile. Guerra truccata civile, guerra civile!”? ERIKA: Io veramente… MICHELE: E sì. Strillava anche ogni momento: “Tutti i MADDALENA: (In direzione della commessa) OK, reazionari sono tigri di carta”. Me lo ricordo bene. Non so prendiamo questo. che dirti© Adesso urla a quattro polmoni “Per fortuna che *** Silvio c’è”… Quadro 21 Sala conferenza dell’ospedale FRANCESCO: Alberto Colucci. (Pausa) No, per carità! È un (Un film è proiettato su uno schermo di due metri per tre. Vi relitto ipocondriaco. L’ho incontrato un paio d’anni fa: parla si vedono dottori e infermiere che assistono una partoriente solo delle sue malattie, vere o presunte. Si è sposato con la distesa sul lettino. VOCE: “Il collo uterino ha ora raggiunto Zanolini, te la ricordi? una dilatazione di circa otto centimetri che aumenterà MICHELE: Miss Ciclostile 1973. (Con tono allusivo) gradatamente fino ad almeno dieci centimetri…”. Alcune Altroché se me la ricordo! coppie e donne sole assistono nel buio al film, fra esse vi FRANCESCO: Anche la Zanolini? Ugo Dini. sono anche Francesco - con occhiali neri - e Stella. VOCE MICHELE: Avanti. Già avvertito. DELLO SPEAKER: “Ha inizio il periodo espulsivo, durante FRANCESCO: Massimo Dossena. il quale il feto, spinto dalle contrazioni uterine e addominali, MICHELE: Morto in un incidente stradale sulla Napolifuoriesce…”. Un marito non ce la fa più e scivola a terra Salerno. Avanti. svenuto. Nessuno - neppure la moglie - se ne accorge… FRANCESCO: Renzo Faringhetti. VAGITI DEL NEONATO… Sollievo generale e applausi. MICHELE: Morto anche lui. Mi sembra di un tumore… Sì un Francesco e Stella si alzano e si avviano all’uscita) tumore al pancreas. È stato in coma per tre mesi. E ha subito FRANCESCO: (Con tono professionale) Una pellicola cinque interventi. Era diventato tutto pelle e ossa. Sembrava morbosa, inquietante… E poi non si gira così! È sbagliata uno zombi. E pensare che un tumore al pancreas può capitare la soggettiva. Tutta dal punto di vista del ginecologo… E a tutti. Dopo una certa età… nessuna suspence, fin dalla prima inquadratura si sapeva già FRANCESCO: Alberto Frignani. Se è morto, dimmi solo come sarebbe andato a finire. D’accordo l’intento didascalico, “Avanti”. ma bisogna saper coniugare l’arte con la didattica… Pensa a MICHELE: Credo sia fallito e finito in galera o giù di lì. Eisenstein! Lui sì che… (Escono) Deve essere scappato con la cassa. Meglio lasciarlo perdere. *** FRANCESCO: Sergio Gori. Quadro 22 Canyon MICHELE: Quello che aveva sempre le mani sudate? (Antonio e Michele stanno imbiancando le pareti. Si intuisce FRANCESCO: E che scoreggiava contro i fascisti. il disegno di un Canyon, larghi spazi, nuvole. In un angolo il MICHELE: (Verifica sull’i-Pad) Ingegner dottor Gori Sergio. pesce tropicale continua a sguazzare nel suo acquario. Entra Eccolo. Lavora all’Eni. Max) FRANCESCO: È lui. Alessio Gubini. MAX: Ragazzi, ho bisogno di aiuto. Indovinate cosa c’è fuori MICHELE: Il socialdemocratico? 78 Rossi di sera GAETANO: (Dopo avere abbracciato tutti, chiede silenzio. FRANCESCO: Quello era Paolo Gubini. No, questo è quello È commosso) Grazie… compagni. Io… io me lo sentivo per bene. Ha fatto il dentista, mi pare. Quello che cantava che prima o poi sarebbe giunto questo momento. La nostra sempre “La locomotiva” di Guccini. generazione esce ancora una volta allo scoperto e a testa alta MICHELE: (Dopo aver controllato) Trovato. Sì, fa ancora il grida: io sono! (Scroscia qualche incerto applauso) Quello dentista. Ha fondato anche un salotto odontoiatrico. che conta è il cuore, e noi l’abbiamo ancora saldo. Stanotte FRANCESCO: Lele Lotito. ho fatto un sogno… In tutto il mondo oggi si tenevano MICHELE: È andato a Parigi parecchi anni fa. assemblee come questa… da Santiago a Praga, da Pechino FRANCESCO: E non torna? a Madrid, da Berkley a Tokyo. E ovunque si dissotterrava MICHELE: (Allusivo) No, credo proprio di no. l’ascia di guerra… FRANCESCO: Gigi Manfredi. MICHELE: (A Francesco) Di recente hanno ridato in MICHELE: È diventato deputato della Lega Lombarda… televisione “Ombre rosse” *** GAETANO: E la lotta ripartiva… Ne sono certo, compagni: Quadro 24 Casa di Antonio e Erika noi non siamo soli (Vinto dall’emozione, si interrompe e (Erika è sola in casa, vestita di tutto punto, completa di calze Francesco ne approfitta per abbracciarlo. Tutti applaudono, a rete, tacchi e orecchini di strass; si guarda e si riguarda con ironia e affetto). allo specchio. Poi fa un numero con il cellulare) ANTONIO: (A Michele) L’astronave è partita, ma lui è ERIKA:(Al telefono) Maddalena? Maddalena, non me rimasto a terra: E. P. l’Extra Parlamentare. la sento. Davvero. Ascoltami. Sì, sì mi sono tutta vestita. (Francesco riprende il controllo della situazione) Sembro un’altra. Cioè: non sono più io. Hai ragione, ma cosa FRANCESCO: Ringrazio Gaetano per la sua testimonianza. ci posso fare se sono fatta così? L’idea di uscire tutta bardata Ma veniamo al punto: chi siamo noi? - travestita da trentenne… E poi a me di andare a ballare non MAX: Siamo i Watussi, siamo i Watussi… importa molto… Anzi, non ne ho proprio voglia. Ti dico: hai FRANCESCO: Noi siamo quelli che sono stati gli ultimi ragione, però… Magari un’altra sera. Scusa, eh? Scusa. Ciao. a fare gli esami in terza elementare, gli ultimi ad avere in (Chiude la conversazione) terza media il latino obbligatorio, gli ultimi a fare la maturità *** con tutte le materie del triennio. Gli ultimi a fare il servizio Quadro 25 Canyon militare senza l’obiezione di coscienza. Gli ultimi a credere (Sono presenti una ventina di ex, seduti, in piedi, stravaccati che leggere fosse meglio che guardare la televisione, che per terra. C’è qualche patetico tentativo di modernità con andare a una manifestazione fosse meglio che andare allo jeans, occhiali colorati e capelli tirati su con il gommino, ma stadio, che… sono decisamente più numerosi gli incanutiti e i calvi, dotati VOCI DALLA SALA: Abbiamo fame. Stringi. Taglia. di pance robuste. C’è anche qualcuno in giacca e cravatta. L’aria è da rimpatriata (pacche sulle spalle, abbracci, risate). Concludi. FRANCESCO: Insomma, abbiamo in comune una storia Dentro la voliera, ripulita e ornata di festoni e zeppa di anche se forse non siamo la Storia. cibarie varie, tipo pane, salame, grana, vino, liquori, torte, MICHELE: (Ad Antonio, mentre dà il via all’applauso) Bel dolci, ecc., c’è Max che tra un assaggio e l’altro lancia cenni di saluto a questo e a quello. Antonio e Michele stanno seduti concetto. VOCE: Dai che si mangia e si beve. dietro un tavolo coperto da un panno rosso; in mezzo a loro (Max si avvicina al tavolo della presidenza e dicendo…) Francesco, in piedi, ha la parola. Dietro di loro si íntravvede MAX: E adesso finalmente (Canticchiando) diverti-mento! il disegno di un Canyon, con accanto uno scaffale ricolmo Diverti-mento! Diverti-mento di libri, tra cui le opere di Marx in bella vista. In un angolo (…lo scoperchia, togliendo il panno e il ripiano compensato: scodinzola il pesce tropicale nel suo acquario). sotto si cela il calcio-balilla. Due si avventano a giocare, FRANCESCO: (Sorridente-ironico) In conclusione: noi altri tagliano pane e salame nella voliera). oggi siamo giunti alla Terra Promessa. Questa nostra oasi fortificata, al riparo dallo scontro ideologico e dalla dialettica …OVAZIONI - CHIASSO… MUSICA… mentre il pesce continua a nuotare per i fatti suoi assolutamente indifferente) tra i sessi ci offre l’occasione… l’opportunità… storica per FINE PRIMO ATTO ciascuno di noi… di essere artefici di una nuova frontiera, SECONDO ATTO di uscire dalle discariche della cultura contemporanea, di Quadro 26 Casa di Francesco riprendere le redini del nostro destino e di riappropriarci (Stella è sdraiata sul divano, circondata da pile di libri dell’idea del futuro. (Pausa) Non credo ci sia bisogno di che riguardano tutti la gravidanza, tipo “I1 parto fra aggiungere altro. gli Ittiti” “Gravidanza e Potere” “La dea della fertilità” (UNA VOCE DAL FONDO: “Chiedo la parola!”) “Essere genitori oggi” “Per una nascita senza violenza” (Dal fondo della sala si fa largo Gaetano, che si ripresenta “Cento modi di partorire” “Gravida è bello” “II parto con lo stesso eskimo di un tempo. L’intero “ufficio di mediterraneo”. Stella sta leggendo un grosso volume e si presidenza” si alza in piedi e scroscia un applauso) rivolge a Francesco, che sta per uscire e ha fretta) (CORO DI TUTTI: “GAETANO, GAETANO”) Augusto Bianchi Rizzi 79 SIPARIO Testi STELLA: In Nuova Zelanda al bambino appena nato mettono in bocca una pallina di zucchero “perché la sua vita sia dolce”. Bello, eh? FRANCESCO: Sì. STELLA: Le tribù del Sahara seppelliscono la placenta in terra umida... FRANCESCO: Però! STELLA: …e ricavano dal cordone ombelicale una collana per il padre. FRANCESCO: Affascinante. STELLA: Presso i pigmei della Nuova Guinea la donna che partorisce deve appartarsi da sola e guai se il marito l’assiste, pena il malocchio. FRANCESCO: Devo proprio andare. STELLA: Tu invece ci sarai, vero? FRANCESCO: Certo! Non ti ho mica sposato, io. *** Quadro 27 Negozio d’auto usate (Max, appoggiato a un’automobile in vendita, parla con una bella donna di una certa età - una cliente - che l’ascolta rapita) MAX: (Intenso, infervorato) Una macchina la devi sentire come se fosse una parte di te… Devi sentirla fremere e devi saperla domare… Se no ti prende la mano, si imbizzarrisce e scappa via… ti si rivolta contro. Ma perché non la prova? Ci salga almeno (La cliente, dopo qualche esitazione, si siede al posto di guida e Max le si siede vicino) Bella, eh? Ma non abbia paura. Tocchi, tocchi tutto. Provi il cambio. Ecco così (Afferra la mano della cliente e la guida sul cambio in tutte le posizioni di marcia. È un giochino che ha fatto molte volte) E qui c’è la radio (Max accende la radio. Parte una canzone… UNA ROTONDA SUL MARE di Fred Bongusto. Max si china verso la cliente e fa per baciarla, ma improvvisamente si immobilizza visibilmente turbato). Mi scusi, mi scusi un momento (Max scappa dall’auto, con le lacrime agli occhi e le mani tremanti) *** Quadro 28 Canyon (Due giocano a scacchi. Antonio e Francesco confabulano). ANTONIO: (A Francesco, alludendo al pesce) È sicuramente un maschio. Appartiene a una razza in via di estinzione. Non ti pare un po’ smorto? A me sembra molto pallido. (Pausa). Vorrei parlarti. (Dall’altra parte della sala) GAETANO: (A Michele) Sarebbe come arrendersi, no? Te l’immagini? Io che accetto di scrivere per un quotidiano di destra? (Disgustato) Bhé! No, no, meglio continuare a stringere la cinghia, ma poter continuare a guardarmi allo specchio senza la voglia di sputarmi in faccia. MICHELE: Se hai bisogno di soldi… GAETANO: Grazie, io ho solo bisogno di un posto di lavoro. Tutto qui. Ci pensi che bello se il capitalismo crepasse di colpo per una malattia psicosomatica? (Dall’altra parte della sala ancora Antonio e Francesco) ANTONIO: Sto pensando di separarmi da Erika. 80 FRANCESCO: (Stupito) Ripeti. ANTONIO: Faccio male? FRANCESCO: Dipende. Se la lasci per un’altra, sì. Non bisogna mai lasciare una donna per un’altra. Le donne dio le ha fatte con lo stampino, si assomigliano tutte. 1^ Voce: Qual è la capitale del Vietnam del Nord? 2^ Voce: Hanoi. 3^Voce: Saigon. MICHELE: (Al telefono) Sì, certo che si deve vedere. Il culo, sì il culo! Se no perché c’ho messo una donna svestita? Quand’è che va in onda? Benissimo. 4^ Voce: Cedo Il Fatto Quotidiano e Repubblica in cambio della Gazzetta. FRANCESCO: (Ad Antonio) Ma perché non vai avanti così, a doppio regime? Separarsi alla tua età è un azzardo. Chi ti accudisce poi? Oltretutto, a quanto dici, il tuo ingegnere è quasi sempre all’estero. Meglio di così… un adulterio a lunghi intervalli …L’adulterio è una delle poche istituzioni borghesi che merita di essere conservata. ANTONIO: Mi sento a disagio. Devo inventare continuamente bugie, e sai che io non ho una gran fantasia. Mi devo nascondere, ho sempre paura che qualcuno mi veda… FRANCESCO: E il fascino del vivere clandestino, dove lo metti? …Cancellare le tracce di profumo dalla camicia e le macchie di rossetto… Porta sempre con te uno spray antimacchia, dammi retta, ma attento ai capelli: li perdono dappertutto… (Canta imitando la voce nasale di Edoardo Vianello) Non è un capello ma un crine di cavallo uscito dal paltò… Sono diaboliche nel lasciare tracce. Sospetta niente, Erika? ANTONIO: Non credo FRANCESCO: E allora?! Goditi la tua inglesina-ingegnere e all’occorrenza, nega, nega sempre, nega anche l’evidenza. L’importante è non confessare. MAI. *** Quadro 29 In una strada (Max è fermo davanti alla vetrina di una farmacia, in cui è reclamizzato un farmaco pubblicizzato dal disegno di un uomo di mezza età che tiene in braccio una giovane donna. Il magico nome del farmaco è “Sexual Viril Magnum”. Lo slogan assicura: ‘È possibile riconquistare la potenza della luna di miele”. Max, dopo avere sostato a lungo, entra in farmacia) *** Quadro 30 Casa di Maddalena (Maddalena è sdraiata sul divano, al telefono con Erika, mentre parla manovra il telecomando, cambiando canale su un televisore di fronte) MADDALENA:(Al telefono) Ragione, hai ragione. Però… D’accordo, Erika. Figurati! Certo che ti capisco. Mi sembra solo una decisione a scoppio ritardato, come dire, che nasce con la muffa… E quando pensi di dirglielo? (Continua ad ascoltare, ma blocca il telecomando e resta come ipnotizzata a guardare uno spot televisivo) Scusa se ti interrompo, ma la Mattoni Egotex non è la fabbrica di Michele? È appena Rossi di sera passato uno spot dove una ragazzetta seminuda, con il sedere culi, la televisione è piena di culi, il mondo intero è pieno di tutto fuori, costruisce una parete di mattoni murando la porta culi e tu proprio con il mio dovevi prendertela?! di casa. Posato l’ultimo mattone, raggiunge il suo uomo MADDALENA: Puoi fare ricorso. sdraiato comodamente a letto e, prima di spegnere la luce, MICHELE: Il vecchio Marcuse! Te lo ricordi, il vecchio ammicca agli spettatori e dice: “Mattoni Egotex… roba da Marcuse? “È più oscena una donna nuda o un generale con le murarsi vivi”. Io lo denuncio! medaglie?” Quadro 31 Canyon *** (I soliti due giocano a scacchi, uno suona con la chitarra Quadro 33 Ristorante ONLY YOU dei Platters, un altro sfoglia l’Internazionale, (Antonio e Erika sono seduti uno di fronte all’altro a un mentre un altro legge una pubblicazione sull’AIDS. Nella tavolo di un ristorantino, tipo zona naviglio) voliera si sta svolgendo una partita a poker fra Max, ANTONIO: (Alludendo al cibo) Buono, eh? Gaetano, Michele e Francesco) ERIKA:Sì, buono. MICHELE: Parol. ANTONIO: Vuoi ancora un po’ di vino? GAETANO: E chi parla più di rivoluzione? Non gliene ERIKA:Perché no? frega più niente a nessuno di ribaltare il mondo anche se il ANTONIO: Bevi stasera… capitalismo è sempre più in crisi e fa sempre più danni. A chi ERIKA: Sì, stasera bevo. tocca? ANTONIO: Allora… si può sapere… il perché di questa MAX: (Esasperato) A te tocca! convocazione? GAETANO: Altri venti. Ieri - l’altro ieri, diciamo- eravamo ERIKA: Ti ho semplicemente invitato a cena. l’avanguardia del movimento, oggi siamo rintanati nel ANTONIO: Sì, però… cimitero degli elefanti. C’era una specie di patto non scritto ERIKA:Hai qualcosa da dirmi? che ci legava tutti e che diceva: ci salveremo tutti insieme ANTONIO: Io? Io no. Credevo che tu… oppure tutti insieme falliremo… Non è stato proprio così. ERIKA: Sono settimane che non ci parliamo, che non ci FRANCESCO: Passo. vediamo… settimane in cui ho avuto tempo di riflettere… Di GAETANO: Quando Edipo si accorge di avere ucciso suo capire. padre e di essere sul punto di andare a letto con sua madre… ANTONIO: Capire cosa? MAX: Vedo. ERIKA:Che hai un’altra, ad esempio. GAETANO: …e che la città soffre terribili sciagure per le sue ANTONIO: Ma cosa dici? Non è assolutamente… nefandezze… ERIKA: Ti prego, non negare. Non è comunque MICHELE: Passo. dell’ingegnere che voglio parlare. GAETANO: …si cava gli occhi e si punisce… ANTONIO: Erika, non è come pensi… MAX: (A Gaetano) Cos’hai? ERIKA: Non è come pensi tu! Hai presente quelle piccole GAETANO:(Abbassando le carte) I nostri governanti schegge di legno che ti si infiggono in un dito? Quasi non te invece… Una scala buca. ne accorgi finché il punto non si arrossa e comincia a farti MAX:(Incamerando il piatto) Gaetano, mi devi trecento euro male. Un po’, appena un po’. E tu non ci badi, fai finta di più tre puglie sulla parola: in tutto milleduecentocinquanta niente, ma il male cresce finché arriva il momento in cui euro. bisogna risolversi a prendere l’ago, rimuovere la pelle e GAETANO: La prossima volta mi rifaccio. togliersele. Ecco, ora è venuto il momento di estrarle, tutte MAX: (Scuotendo la testa) Chi perde paga… subito! insieme. MICHELE: (A Max) E dai… lascia perdere. Lo sai che non ANTONIO: Erika, sono infelice se ti ho reso infelice. ha neanche i soldi per pagarsi l’affitto. ERIKA: Che bella frase… Non ti amo più, Antonio. Il mio MAX: Se non ha i soldi, non giochi. cuore ha smesso di battere per te. Ho voglia di riprendere in GAETANO: Ha ragione Max: i debiti di gioco vanno pagati. mano le redini della mia vita… Mi hanno invitato a tenere un *** ciclo di conferenze negli Stati Uniti: ho accettato. Rimarrò là Quadro 32 Strada davanti all’ufficio di Maddalena per sei mesi. (Michele va avanti e indietro molto nervoso. Quando ANTONIO: Ma cosa dici? finalmente esce Maddalena, le si precipita incontro ERIKA: Dico che non sei più l’implacabile fascinoso aggressivo) principe che tiene la mia vita tra le sue mani. Me la sono MICHELE: Come sarebbe: “offende la donna?” ripresa la mia vita. MADDALENA: Non parlo mai di questioni di lavoro ANTONIO: E io? Che cosa farò io senza di te? terminato l’orario. E tanto meno per la strada. ERIKA: Eh, lo so, è brutto vivere senza un dente anteriore, MICHELE: (Sempre più aggressivo). Da quando in qua un dovrai accontentarti di una protesi. “Dovevamo saperlo che culo senza cellulite offende la donna? l’amore brucia la vita e fa volare il tempo”. Ricordi? MADDALENA: (Si allontana) ANTONIO: Ricordo sì. Montale. MICHELE: (Seguendola e gridando) I giornali sono pieni di (Erika si alza, raccoglie la borsa e riaccosta la sedia al Augusto Bianchi Rizzi 81 SIPARIO Testi tavolo. Poi si abbassa verso Antonio, rimasto impietrito al non dovere rendere più conto di me a nessuno… Settimana suo posto, e gli dà un bacio leggero sulla guancia). prossima mi tingo i capelli. Ho deciso. ERIKA: (Mentre si allontana) Cardarelli! Cardarelli, non MADDALENA: Wow! Questa sì che è una notizia! Di che Montale! colore? *** ERIKA: Li faccio biondi, come una volta. (Pausa) ‘Sono Quadro 34 Canyon infelice se ti ho reso infelice’, così mi ha detto Antonio! (I soliti due giocano a scacchi. Francesco e Michele giocano MADDALENA: Il topolino del rimorso comincia a a freccette mentre nella voliera infuria il poker con Max, rosicchiargli la coscienza. Gaetano e altri due) ERIKA: E la vuoi sapere l’ultima? Ieri sera, a letto, ha tentato MICHELE: (Lanciando con foga le freccette) Hai capito la solita riconciliazione per le vie brevi… la stronza? E io che c’ho gli operai in cassa integrazione MADDALENA: Il maschio rifiutato si ringalluzzisce… (Lancia altre due freccette) “Puoi fare ricorso”: solo questo è ERIKA: Ti assicuro: era solo patetico. stata capace di dirmi (Altra scarica) E pensare che è un culo *** di primissimo ordine. Quadro 36 Casa di Max FRANCESCO: (Quasi serio) Io preferisco quelli un po’ più (Max è a letto. Irma gli gironzola intorno) piccoli e muscolosi. IRMA: E dai Max! Capita a tutti. MICHELE: Allora l’hai visto il mio spot! MAX: (Non risponde). FRANCESCO: Più volte. IRMA: Io una volta conoscevo uno, un ragazzo giovanissimo, MICHELE: E cosa ne pensi? eppure ogni tanto anche lui… FRANCESCO: Geniale. Una trovata che resterà nella storia (Lo sguardo di Max la convince che è meglio non proseguire) delle comunicazioni di massa: culo e mattoni… come culo e IRMA: Aspetta. Ho una sorpresa! camicia… Lo slogan poi… (Guardandosi intorno) Mi sbaglio (Esce dalla stanza, mentre Max rimane a fissare il vuoto. o c’è aria di disarmo? Quando rientra, Irma ha una grande torta fra le mani con MICHELE: Sai com’è… senza politica, senza donne, senza una candela accesa su cui si legge “70”. Irma prende a televisione… cantare con un filo di voce) (Francesco versa da bere da una bottiglia semivuota) IRMA: Tanti auguri a te, tanti auguri a te, mille giorni fel… FRANCESCO: Poco alcol…Niente droghe… Ti ricordi? Una MAX: Oh cristosanto! canna tirerebbe su… IRMA: …ici… Buon compleanno, Max. MICHELE: Una canna da pesca… Perfino Antonio non si (Max si stringe un cuscino sulla faccia e rimane immobile. vede. Dopo un’eternità si toglie il cuscino dalla faccia) (Francesco assume l’espressione di chi la sa lunga e strizza MAX: Ne ho solo sessantanove di anni. un occhio) *** MICHELE: Antonio?! Quadro 37 Strada (Sono interrotti da un grande clamore che sopraggiunge (Antonio e Francesco camminano) dalla voliera) ANTONIO: Ho tentato di negare, ma, cosa vuoi, è anche una MAX: (A Gaetano) Ne ho pieni i coglioni delle tue puntate questione di dignità… sulla parola! (Alzandosi in piedi e gettando le carte sul FRANCESCO: Almeno non avrai sensi di colpa. Volevi tavolo) E poi quando si gioca, si gioca! Non si parla. separarti, no? FRANCESCO: (Sopraggiungendo) Max! Che succede? ANTONIO: Il fatto è che io e Erika siamo legati… Che cosa MAX: Io so solo che nessuno è obbligato a giocare, ma che farà, se ci lasciamo? Senza di me… se si gioca e si perde, si paga! È una vecchia regola. FRANCESCO: La gente si sposa… per separarsi. FRANCESCO: Sì, però… ANTONIO: Sì, ma fra me e Erika è diverso… Stiamo insieme MAX: Però cosa? (Se ne va, senza salutare) da tanto di quel tempo, non possiamo fare a meno l’uno *** dell’altra. Quadro 35 Casa di Antonio e Erika FRANCESCO: Lei sembra pensarla diversamente. E anche tu ERIKA:Poi mi sono alzata e sono venuta via. se ci fosse qui… MADDALENA: Bravissima. Ma adesso? ANTONIO: Susan… ERIKA: Antonio si troverà un’altra casa o andrà a vivere FRANCESCO: Susanna. Ho conosciuto una sola Susanna con lei… non so. Fatti suoi. E io… via col vento! (Sorride) nella mia vita. Aveva quasi sempre le mestruazioni… Pensa che questa mattina - questa mattina, al supermarket! ANTONIO: Francesco, Susan sta per tornare e io non so che - ho reincontrato un mio vecchio compagno di liceo, un cosa fare e dire. mio ammiratore: non lo vedevo da allora… Mi ha fatto FRANCESCO: Un marito abbandonato fa sempre tenerezza. un sacco di complimenti. E mi ha chiesto di prendere un ANTONIO: Ma io non voglio essere un marito abbandonato! aperitivo insieme per raccontarci che cosa ci è successo in FRANCESCO: Un marito abbandonato è un atteggiamento questi quarant’anni… (Pausa) Non sai che sollievo provo a interiore… come Jessica Rabbit, te la ricordi?, la donna di 82 Rossi di sera carta animata, che denuncia con dolore la sua condizione di prigioniera della fantasia maschile: “sono buona, ma mi disegnano così”. ANTONIO: Allora? FRANCESCO: Trovati un appartamento grazioso - fai l’architetto o no? - e una governante che ti accudisca. E poi goditi la tua inglesina. Stasera però vieni al Canyon: Gaetano si è dimesso. *** Quadro 38Canyon (I membri del Canyon - tra i quali Francesco, Antonio, Michele - sono tutti con gli occhi fissi sulla voliera, nella quale è appena entrato Max a ritirare la busta che Gaetano ha lasciato per lui, al suo posto di gioco. Max apre la busta e ne sbucano vari biglietti da cento euro. Max si ficca la busta in tasca, esce dalla voliera e fa per andarsene) MICHELE: (A Max) Ci sono tutti? MAX: (Aggressivo) Sì, tutti. MICHELE: Non vuoi sapere come Gaetano se li è procurati? (Max non risponde e guarda Michele e gli altri come un orso ferito attaccato dai cani) MICHELE: Ha dovuto abdicare, rinunciare ai suoi principi. Ha dovuto accettare di farsi assumere a Libero, l’unico quotidiano che gli ha offerto un posto di lavoro. Grazie a te, adesso lavora al servizio del giornale di Berlusconi. Lui, un noto cronista giudiziario di sinistra, che lavora per Berlusconi! Ne avrà di notizie giudiziarie da NON scrivere! MAX: (Facendo il verso a Michele) “Grazie a te, adesso lavora al servizio del giornale di Berlusconi”. Ringrazi il cielo di avere trovato un posto di lavoro! Io gli sono servito come alibi! Ma non capite che gli ho fatto un favore? ANTONIO: Quelli che fanno i favori a chi non glieli chiede... MAX: Insomma che cosa volete da me? Devo sentirmi in colpa per aver vinto a poker? O volete sostenere che il poker è di destra, mentre il calciobalilla è di sinistra?! Chi perde, paga: tutto qui. MICHELE: Sì, però “spennare” i compagni… MAX: Sentilo lui, che vive “sfruttando” i compagni. MICHELE: Nello zaino di ogni mio operaio c’è una verga da maresciallo! MAX: Ma non dire stronzate! (Max dà uno spintone a Michele che finisce contro l’albero secco che, verniciato di rosso, svetta in un angolo. Michele reagisce d’impulso, staccando un pezzo di ramo e avanzando contro Max) MAX: Ti ci vuole sempre la spranga, eh? (Max e Michele si fanno sotto l’uno all’altro) FRANCESCO: Fermi, perdio! (I due si bloccano, pur conservando un atteggiamento minaccioso) ANTONIO: In fondo, si tratta solo di una contraddizione in seno al popolo. MAX: Ma vai a cagare… FRANCESCO: Max, ti prego… Non sarà per una questione di soldi fra di noi che… Augusto Bianchi Rizzi MAX: Parli bene tu! Credi che non me lo ricordi di quando te ne sei andato a cena con i soldi della colletta per i profughi cileni? Me ne vado, me ne vado… Lascio questo mortorio. (Max si avvia verso l’uscita, poi torna sui suoi passi, estrae dalla tasca la busta con i soldi di Gaetano e la lancia a Francesco). FRANCESCO: (Davvero accorato) Che cosa ti succede, Max? MAX: (Tenta ancora di trattenersi, poi sbotta) Max Trombini non tromba più. Ecco cosa mi succede. Vi assicuro che il crollo dell’ideologia è niente a confronto con il crollo del… pappafico! Vi saluto, compagni! *** Quadro 39 Casa di Max (Max rientra a casa ubriaco e profondamente infelice. Sopraggiunge Irma) MAX: Un ghepardo - prima di scegliere la sua femmina - ne scarta venti. Venti! (Rivolto a Irma) Sai perché non mi ammazzo? Perché se no tu ne soffriresti e allora prima di uccidermi dovrei uccidere anche te, ma se uccidessi te tua sorella ne soffrirebbe e allora dovrei uccidere anche tua sorella, ma se uccidessi tua sorella i suoi quattro figli ne soffrirebbero e allora dovrei uccidere anche loro, ma se uccidessi loro le loro care mogli e i loro figliolini ne soffrirebbero e allora… Ho calcolato che per potermi suicidare dovrei prima ammazzare 314 persone sparse su quattro continenti… IRMA: Ma Max, cosa dici?! Io ne soffrirei molto. Moltissimo. MAX: Non ti preoccupare. Io sono immortale, come Elvis Presley e Fred Buscaglione! (Canta) “Guarda che luna, guarda che mare…” (Va verso l’uscita). IRMA: Ma dove vai? MAX: Oltre le colonne d’Ercole: fra la vita e la morte io scelgo l’America. (Esce) *** Quadro 40 Canyon (Aria di smobilitazione. Dei due che giocavano a scacchi ne è rimasto soltanto uno, che continua a giocare da solo. Al tavolo del poker non c’è nessuno. Uno tira le freccette. Un altro legge. Un paio giocano con l’i-PAD. Antonio e Francesco sono seduti vicini) 1^ Voce: Chi cazzo si è dimenticato di tirare la corda del bagno? (Suona un cellulare) 2^ Voce: Abbassa la suoneria, cristo! ANTONIO: (A Francesco). Niente cessa di scorrere, capisci? Né il fiume né il sangue né il tempo interiore. Eppure tutto si è fermato. (Pausa) ‘Voglio leccarti l’anima’ mi ha detto Susan l’ultima volta che l’ho vista. FRANCESCO: Una ragazza affettuosa e prudente. Molto prudente. (Entra Irma che si guarda intorno, incerta) IRMA: (A quello che gioca a scacchi) Sai dove sono Francesco e Antonio? FRANCESCO: Irma, che ci fai tu qua? 83 SIPARIO Testi IRMA: Max… Max… (Scoppia in singhiozzi) invece... è Susan che entra trafelata. Antonio e Susan si FRANCESCO: Cos’è successo? abbracciano e si baciano a lungo). IRMA: (Fra le lacrime) È finito fuori strada. È in fin di vita. ANTONIO: Ho detto tutto a Erika. Abbiamo deciso di All’ospedale. separarci… Forse. *** (Susan guarda Antonio incerta se essere contenta o Quadro 41 Ospedale / Stanza di Max dispiaciuta. Max alza gli occhi su di loro, poi - dopo un (Max è sotto una tenda a ossigeno. Ha un braccio ingessato e ennesimo tentativo di raggiungere la bottiglia dell’acqua la testa tutta fasciata, bocca compresa. Intorno a lui ci sono minerale - li richiude, vinto) quasi tutti, tesi e preoccupati: Francesco, Antonio, Michele, *** Erika, Maddalena, Irma. Manca solo Gaetano. Finalmente Quadro 43 Ospedale / Stanza di Max Max apre gli occhi e li guarda, confuso. Tutti accennano (Michele sta fumando una sigaretta elettrica, seduto sul letto un saluto, chi con la mano, chi lanciandogli un bacio. Max a fianco di Max, che ha gli occhi chiusi e i soliti tubicini nel indica il cuore e fa tremolare la mano, come a dire che non naso. Anche Michele parla, parla) reggerà a lungo) MICHELE: E pensare che tra noi c’è stata una storia di quelle, IRMA: (Tesissima) Ma va… il medico ha detto che te la di quelle… Una passione, un vero grande amore. Un diluvio caverai. A condizione che non apri bocca. La mascella è rotta di baci ci siamo dati. Nei portoni, in ascensore, in macchina, in due punti. Deve assolutamente riposare. al cinema, nei motel di periferia… Per ore ci baciavamo. ANTONIO: Fortuna che c’era lo sciopero della Nettezza Dappertutto. DAPPERTUTTO (Max tenta ancora una volta Urbana: sei finito sui sacchi dell’immondizia. di raggiungere la bottiglia dell’acqua minerale, ma senza MICHELE: Salvato dai rifiuti. riuscirci e senza che Michele, naturalmente, se ne accorga) Voce di GAETANO: No! Dai compagni in sciopero! MICHELE: Ma ti par possibile che proprio lei… Maddy la (È arrivato Gaetano. Si fa largo fra gli altri e va a salutare chiamavo, la mia dolce Maddy, mi abbia messo nei guai per l’infermo, tamburellando il tendone con le dita. Vertici di una giovane, elastica, levigata, rotondissima, innocente natica commozione, mani sulle spalle, sguardi che si incrociano, femminile? Una natica da concorso, ti assicuro. Da esibizione nasi che si soffiano e lacrime che si asciugano) (Afferra il cellulare e forma un numero) (Al telefono) Sono FRANCESCO: È meglio stabilire dei turni. io, Michele. Un attimo, un attimo solo. No, no, Max sta ANTONIO: Stanotte rimango io. bene. È qui davanti a me; è tutta la notte che non lo perdo di *** vista. Un armistizio. Quello che voglio proporti, Maddy, è un Quadro 42 Ospedale / Stanza di Max armistizio… Ti piacciono sempre le ostriche? (Max dormicchia con un paio di tubicini nel naso. La tenda *** a ossigeno è stata tolta. Antonio gli parla come se fosse Quadro 44 Ospedale / Stanza di Max sveglio) (Francesco passeggia avanti e indietro intorno al letto di ANTONIO: Gli uomini sembrano tutti uguali. Eppure ognuno Max - che non ha più i tubicini nel naso - e anche lui parla, ha un suo segreto e quel segreto è la sua energia vitale… o parla) mortale, a seconda. Tu avevi il tuo, io avevo il mio. Il mio si FRANCESCO: Te li ricordi gli espressionisti, eh, Max? chiamava… si chiama Susan; un’inglesina timida ma ardita Le emozioni loro le facevano scaturire non da un quadro come una gazzella. Fa la fotoreporter e gira il mondo. Abita ben fatto, non da un bel disegno col colore giusto, ma da qui ma va sempre via. Ogni tanto arriva per un servizio. un tuffo nella distruzione, nella fragilità, nella decadenza, Un giorno, due giorni e poi via di nuovo… (Sempre più nella diversità, nella crudeltà… Con loro il teatro conosceva appassionato) A te posso dirlo, Max: lei lusinga il mio corpo, solo l’urlo e il bisbiglio; il cinema solo il fantasmagorico lo vezzeggia, lo carica di avventure fin nei minimi recessi… e l’onirico. Erano ribelli, anarchici, votati al pessimismo e distribuisce il piacere in mille brividi periferici, prima di all’apocalissi. Io ero uno di loro, un radicalista umanitario o inabissarmi nel vortice dell’estasi erotica… un umanista radicale - come preferisci - da cui scaturiva una (Max apre un occhio. Cerca di raggiungere la bottiglia rabbia feroce contro la volgarità del materialismo capitalista e d’acqua minerale sul comodino, ma non ci riesce. Antonio le istituzioni borghesi. Ma ormai il marxismo è una pura idea non se ne accorge e continua a parlare) nostalgica, come l’isola che non c’è… La si costeggia, se ne ANTONIO: Erika ha scoperto il mio segreto, così ha spento immagina il perimetro, la si intuisce per contrasto, come il la mia energia. Ma forse posso ancora riattivarla: con lei il concavo fa con il suo convesso, ma non se ne sa più niente. sesso è sempre stato una cosa scontata; come un pomeriggio (Max tenta disperatamente di liberarsi delle bende che gli di sole o una nuotata salutare in un golfo ben protetto. Con impediscono di parlare) Susan invece… ogni volta è una cascata di fuochi artificiali… FRANCESCO: (Sempre più trombonesco) Eppure la Mai. Mai l’avrei immaginato. Alla mia età. (Pausa) Ma Erika conoscenza è per me, ancora oggi, un’emozione forte, da chi è stata invitata negli Stati Uniti? E con chi ci va? esaltante, estremamente virile… Dopo anni in cui, eccitato (Max rinnova il tentativo di bere, ma senza esito. Poi sente dalla mia prepotenza intellettuale, guidato dalla mia aprire la porta e gira la testa sperando che sia un’infermiera, intuizione, divertito dalle disfide nel privato e nel sociale, 84 Rossi di sera ho vagabondato per il mondo della letteratura e dell’arte ringiovanito) nel vano tentativo di soddisfare la mia incessante curiosità, FRANCESCO: Hai fatto colpo, a quanto pare: “sfacciato oggi - dopo tanti sforzi per volare, novello Icaro, sempre quanto lungo”’ più in alto, imprigionato nell’umano troppo umano, stupito FRANCESCO e MAX: (In coro, sussurrando) Io questa me di saper ancora resistere all’assedio del Male, perfettamente la scopo (Scoppiano a ridere) consapevole che i Valori Eterni di ieri stanno precipitando *** nella Mediocrità e nel Nulla - oggi io dico: “il cuore vuole Quadro 48 Canyon ancora cercare ma i piedi chiedono ‘dove’?” (Gaetano e un altro in cima a due scale opposte stanno (Max è riuscito finalmente a liberarsi dalle bende e fa segno fissando su un muro un grande striscione con scritto “Max è a Francesco di avvicinarsi) vivo e lotta insieme a noi”. Francesco con Antonio appoggia MAX: (Sussurrando) Per favore, non venite più! un lungo tavolo da buffet sotto il murale del Canyon. Poi FRANCESCO: Allegro Max! Sei fuori pericolo. La prognosi Antonio tira su le cicche dall’acquario con una retina. è stata sciolta. Presto tornerai forte come un toro. Michele sta attaccando due cartelli con scritto ‘toilettes’: su (Francesco si accorge dello sguardo di Max di non avere uno è disegnata la figuretta di un uomo, sull’altro quella di scelto l’espressione più felice) una donna. Al centro c’è uno spazio vuoto per ballare) FRANCESCO: Insomma, magari come un toro no, ma starai MICHELE: (A Francesco) E così anche l’ultima utopia bene, ecco. tramonta. *** FRANCESCO: Altre ne nasceranno. D’altra parte, le utopie Quadro 45 Ospedale / Corridoio ‘realizzate’ sono una contraddizione in termini… (Francesco fuma appoggiato al muro. Quando l’infermiera ANTONIO: (Sopraggiungendo e tentando di scherzare) Ciak! - giovane e belloccia - esce dalla stanza di Max, Francesco Buona la prima! nota la sua andatura ancheggiante. E ha un’intuizione) FRANCESCO: Hai invitato… ? FRANCESCO: (All’infermiera) Scusi, posso chiederle un ANTONIO: Susan? favore? FRANCESCO: Susanna… Te l’ho già detto che l’unica *** Susanna che ho conosciuto… Quadro 46 Per la strada ANTONIO: L’ho invitata sì. È tornata ieri. Viene anche Erika, ANTONIO: (Al telefono) Hai visto la foto che ti ho forse. Lo sai che si è fatta bionda? Sembra avere quindici mandato? Non appartiene a una razza in via di estinzione? anni di meno… (Pausa) Speriamo che fra lei e Susan non Ne sei sicura? Non ci posso credere. Un banalissimo Zeus scoppi una lite. Aureolato? Riparti? Per dove? Un servizio fotografico sul FRANCESCO: (Guardando Antonio con uno sguardo mostro di Loch Ness? Sarebbe bellissimo. Sì, Susan, ma non rassicurante) Non ti preoccupare. Le donne non sono come posso venire con te. Devo... in questo momento mi sembra noi: a loro piace conoscere ‘l’altra’. di essere diviso in due, tagliato per il lungo. Devo decidere… (Michele sta facendo scaricare un enorme juke-box anni Quando torni? L’Amore schernirà l’Inferno e il Cielo. O no? sessanta. Passando dice a Francesco e Antonio) Ti aspetto (Chiude il cellulare) MICHELE: A Max farà piacere. *** *** Quadro 47 Ospedale / Stanza di Max Quadro 49 Canyon (Max è ormai sbendato e in via di completa guarigione. Entra (Gli amici ci sono tutti, uomini e donne. Accompagnato da l’infermiera giovane e belloccia) Irma, Max fa il suo trionfale ingresso nel Canyon. Commosso, INFERMIERA: Come va? Dormito bene? Aspetti che le saluta con il braccio ingessato, teso verso l’altro) sistemo il cuscino, si tiri su… GAETANO: Qui ci facciamo la figura dei fascisti. (Max vede su di sé le tette dell’infermiera, un bendidio che (Il juke-box spara musica a tutto spiano. Molti ballano. ondeggia senza reggiseno, mentre gli gira e rigira intorno, Michele e Maddalena continuano a guardarsi in cagnesco. sfiorandolo in continuazione. Il volto di Max si illumina via Michele però accenna a un brindisi, da lontano. Antonio si via, beato e incredulo: il miracolo è in corso. L’infermiera è guarda intorno in cerca di Susan. Arriva invece un fattorino chinata su Max quando la sua mano pare avvertire qualcosa) con un pesce tropicale della stessa razza di quello che INFERMIERA: Stiamo buonini, eh? Che se no la febbre sguazza nell’acquario. L’ha mandato Susan. Lei è ripartita torna… per un servizio. Antonio deposita il pesce - una femmina (Entra nella stanza Francesco) nell’acquario e rimane a guardare i due pesci che nuotano INFERMIERA: (A Francesco) Un gran bel tipo questo vicini. Chissà se e quando Susan tornerà) suo amico… sfacciato quanto lungo… (Esce, lasciando (Francesco riceve una telefonata e parla al cellulare coperto un’occhiata d’intesa a Francesco) Poi torno. Lasci fare a me. dal suono del juke-box: sul suo volto si leggono stupore, Me ne occupo io di lui. paura, emozione, ecc.) (Francesco si avvicina a Max, comodamente appoggiato *** sui cuscini. Ha uno sguardo furbo e allegro. Sembra Quadro 50 Ospedale/Corridoio maternità Augusto Bianchi Rizzi 85 SIPARIO (Francesco arriva di corsa, con gli occhiali scuri. Il corridoio è deserto, salvo un altro padre in attesa. Il vetro in fondo segnala “Sala parto”. Da lì esce un’infermiera) FRANCESCO: Sono il… Sono il padre del nascituro di Stella Jaspers. INFERMIERA: Bene. Si accomodi. C’è tempo. (L’infermiera si allontana. Francesco si siede sulla panca e accende la classica sigaretta, poi subito la spegne, mentre l’altro padre in attesa prende a passeggiare frenetico. Dopo un bel po’ Francesco dice) FRANCESCO: Nervoso, eh? L’altro: Altroché! Ho lasciato a casa i miei due doberman… Da soli! *** Quadro 51 Canyon (La musica si è fatta lenta. Si è buttato anche Max con Irma. Il braccio ingessato semina il panico sulla pista) *** Quadro 52 Ospedale/Corridoio maternità (Francesco è sempre seduto, nascosto dietro gli occhiali scuri. L’altro continua passeggiare frenetico. Una infermiera risale. Francesco le va incontro) FRANCESCO: Senta, mia… Stella… la madre del figlio che sta per nascere vorrebbe che assistessi al parto. INFERMIERA: E lei se la sente? Va bèh, venga. *** Quadro 53 Ospedale / Saletta spogliatoio (Francesco entra nello spogliatoio, accompagnato dall’infermiera. Si toglie la giacca e fa per indossare un camice verde, ma l’infermiera lo blocca) INFERMIERA: No, si tolga tutto. Lei deve mettere quella là (Indicando una specie di muta di plastica semitrasparente appesa a un chiodo) FRANCESCO: Nudo? INFERMIERA: (Mettendogli in mano una cuffia e un costume da bagno) Sua moglie… FRANCESCO: Non è mia moglie. INFERMIERA: La madre del nascituro che presumibilmente è suo figlio - va bene così? - ha scelto di partorire in piscina. Non gliel’ha detto? *** Quadro 54 Canyon (Canzone: je t’aime, moi non plus di Serge Gainsbourg e Jane Birkin. Le luci sono abbassate e le coppie ballano strette. Antonio è ancora lì che guarda i pesci nell’acquario. Erika e Gaetano sono in pista. Anche Michele e Maddalena. Michele appoggia le mani sul culo di lei e le sussurra all’orecchio) MICHELE: Anche il tuo è ancora di primissimo ordine. *** Quadro 55 Ospedale / Piscina (Luci bassissime, azzurrate. Tramestio. Rumore d’acqua) FRANCESCO: Questo non me lo dovevi fare, Stella. STELLA: Vieni qui, qui vicino. Non fare quella faccia! I bimbi che nascono nell’acqua sono più allegri. (Pausa). Credo che ci siamo… 86 Voce: Sù, spingiamo tutti insieme. STELLA: OOOHHHH… OOOHHHH Voce: È un maschio! Altra Voce: È proprio un bel maschietto. Complimenti! (Strilli del neonato) STELLA: Sei contento, Francesco? Francesco… Francesco… Dove sei Francesco… ? Voce: Non si preoccupi, signora, l’ho ripescato io. *** Quadro 56 Canyon (Francesco è portato in trionfo dagli amici… CHIASSO… EVVIVA… Finalmente viene deposto sul divano, accanto a Max, che gli dà una gran manata sulle spalle con il braccio ingessato) MAX: Complimenti! Complimenti. Una bella soddisfazione, eh? IRMA: E poi essere stato presente… deve essere stato emozionante, eh? FRANCESCO: Insomma… MAX: Sei felice? FRANCESCO: (Confuso) La temperatura di un sentimento si può misurare solo con la solitudine che lo precede. MAX: (Affettuoso) Ma va’ a cagare… GAETANO e MICHELE (Rivolti a Francesco): DISCORSO, DISCORSO Si associano tutti: DISCORSO, DISCORSO FRANCESCO: Trent’anni fa mi sarei entusiasmato nel dire: ‘oggi è nato un piccolo rivoluzionario’. Oggi, tra le rovine dei sogni politici, il collasso della morale, il dissesto dei progetti per il futuro, dico:è proprio un bel bambino, pesa tre chili e mezzo, anche la mamma sta bene. Io… speriamo che se la cavi (Applausi - Lacrime) GAETANO: Partita è la gialla cicogna/chissà dove è andata? FRANCESCO: Il cuore vuole continuare a cercare, ma i piedi chiedono ‘dove?’… E se fosse lui la risposta? (Applausi) PARTE IL RITORNELLO di Je n’ai regret rien (Rien de rien) di Edith Piaf. FINE BIO Testi Augusto Bianchi Rizzi Augusto Bianchi Rizzi è scomparso il 24 ottobre 2014 per un incurabile male. Ecco quanto ci lascia come drammaturgo, scrittore e saggista Monologo razzista, 2003, scritto quale appartenente al Gruppo Scrittori per la Pace, interpretato da Paolo Bessegato. Testi radiofonici Veronica ha bruciato la torta (2003), rappresentato al Festival del Teatro italiano di Glasgow in lingua inglese; segnalato al Premio Sipario 2012 Monologo a due, 1984, radiocommedia a due personaggi (andato in onda con l’interpretazione di Umberto Ceriani) Testi teatrali L’ultimo dei Mohicani, 1985, testo a due personaggi,rappresentato in quattro successivi allestimenti per la regia di Massimo Navone, per le scene e costumi di Alberto Chiesa e con l’interpretazione di Flavio Bonacci; Corrado Tedeschi; Mario Zucca; Franco Oppini, oltre che dello stesso autore; Rossi di sera (2012), premiato al Premio Sipario 2013 CORTI TEATRALI • Birmania (2012) • La famiglia (2012) • Scambio di idee (2012) • Il megafono della libertà (2013) ROMANZI Figlio unico di madre vedova, romanzo, 1993, Giovanni Tranchida Editore, finalista del Premio Italo Calvino; La vita è un canyon, 1992, testo a cinque personaggi, andato in scena in tre successivi allestimenti per la regia e le scene di Andrée Ruth Shammah e con l’interpretazione di Anna Galiena, Sergio Bini (Bustric), Michele De Marchi, Gabriella Franchini, Corrado Tedeschi, Diego Parassole, Carlina Torta (Premio IDI ‘94 alla protagonista Anna Galiena); AlbaNaia, con prefazione di Giorgio Galli, romanzo, 2007, Mursia (quattro edizioni) Ombre Rosse, 1992, segnalato al Premio Vallecorsi di Pistoia nel 1993; Le padrone del vapore (1997), ediz. Tropea La guerra di Nene, romanzo, 2009, Mursia. SAGGI 1980. Archeologia politica, 1995; Un uomo solo al comando, 1996, testo a cinque personaggi, vincitore del Premio Vallecorsi di Pistoia nel 1997, andato in scena nel 2001 per la regia di Marco Rampoldi, con l’interpretazione di Corrado Tedeschi, Silli Togni, Narcisa Bonati, Giancarlo Gobbi, Gianluca Machelli; Rossi di sera Augusto Bianchi Rizzi 87 FONDAZIONE TEATRO CARLO TERRON ASSEGNI TEATRO SIPARIO Elenco teatri aderenti CAMPANIA Napoli, Teatro Elicantropo, tel. 081.296640 Napoli, Teatro Le Nuvole, tel. 081.2395653 EMILIA ROMAGNA Via G. Rosales, 3 – 20124 Milano Tel. +39 02 65.32.70 – 02 29.00.55.57 – Fax 02 29.06.00.05 www.sipario.it- [email protected] Rivista riconosciuta dal Ministero dei Beni Culturali Divisione editoria per l’alto valore culturale Direttore responsabile/Chief editor: Mario Mattia Giorgetti Coordinamento editoriale/Editorial coordination: Mattia Sebastiano Giorgetti Ufficio Promozione e Sviluppo Promotion and Development Office: Annamaria Bellini Ufficio Comunicazione/ Communications Office: Vito Lentini [email protected] Archivio e ricerche/Archives: Ambrogio Paolinelli Fotografi/Photographers: Tommaso Le Pera Grafica/ Graphics Luca Giunta [email protected] Pubblicità/Advertising: Sipario Rivista Via G. Rosales 3 – 20124 Milano tel. 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Hrovat, Prisavlje 3/IV, 10000 Zagreb (Croatia). Servizio cortesia abbonati: Tel. +39 02 65.32.70 – fax +39 02 29.06.00.05 Dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 dalle 15 alle 17 e-mail: [email protected] Abbonamento/Subscription Italia € 65,00 – Europa € 95,00 Altri continenti € 115,00 Modalità di pagamento: c/c postale 28570208 intestato a Centro Attori, carta di credito circuito VISA. Arretrati: il doppio del prezzo di copertina. I fascicoli non pervenuti agli abbonati vanno reclamati entro 45 giorni dall’uscita, altrimenti verranno consegnati previo pagamento. Se entro due mesi dalla scadenza dell’abbonamento non viene disdetto, si considera automaticamente rinnovato. Bologna, Arena del Sole – Nuova Scena, tel. 051.2910910 Cesena, Teatro Comunale Bonci – Ert, tel. 0547.355723 Modena, Teatro Storchi e Teatro delle Passioni – Ert, tel. 059.2136041 PROGETTO PROMOZIONE "VIVERE E CONOSCERE IL TEATRO" Con 6 Assegni Sipario in ogni numero 6 Ingressi gratuiti nei teatri convenzionati Ritaglia l'assegno, compilalo in ogni parte, prenota il posto presso il teatro prescelto LAZIO Roma, Teatro La Comunità, tel. 06.5817413 Roma, Teatro di Documenti, tel e fax. 06.5744034 Roma, Teatro Tordinona, tel. 06.68805890 LIGURIA PROGETTO “VIVERE E CONOSCERE IL TEATRO” Genova, Teatro dell’Archivolto, tel. 010.65921 ASSEGNO TEATRO PROGETTO “VIVERE E CONOSCERE IL TEATRO” ASSEGNO TEATRO LOMBARDIA Milano, CRT Teatro dell’Arte, tel. 02.89011644 Milano, Teatro Verdi, tel. 02.6071695-27002476 Milano, Teatro Sala Fontana, tel. 02.69015733 Milano, Teatro Out Off, tel.02.39262282 Milano, Teatro delle Cooperativa, tel. 02.6420761 Milano, Teatro del Barrio’s, tel. 02.89159255 Valido pertutti i Teatri italiani convenzionati PROGETTO “VIVERE E CONOSCERE IL TEATRO” PIEMONTE Torino, Alpha Teatro, tel. 011.8193529 Torino, Teatro Baretti, tel. 011.655187 Torino, Istituzione Musica Teatro Moncalieri, tel. 011.6055045 Moncalieri, Teatro Matteotti, tel. 011.6403700 REGGIO CALABRIA Cosenza, Teatro dell’Acquario, tel. 0984.73125 SICILIA Agrigento, Teatro della Posta Vecchia, tel. 0922.26737 Catania, Piccolo Teatro, tel. 095.447603 ASSEGNO TEATRO Valido pertutti i Teatri italiani convenzionati PROGETTO “VIVERE E CONOSCERE IL TEATRO” Valido pertutti i Teatri italiani convenzionati PROGETTO “VIVERE E CONOSCERE IL TEATRO” ASSEGNO TEATRO ASSEGNO TEATRO Valido pertutti i Teatri italiani convenzionati PROGETTO “VIVERE E CONOSCERE IL TEATRO” ASSEGNO TEATRO SARDEGNA I dati trasmessici, che ai sensi della legge 675/96 siamo autorizzati a trattare e comunicare, saranno utilizzati per la gestione degli abbonamenti, per la eventuale partecipazione a concorsi a premio nonché per finalità promozionali della nostra attività. 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L’Assegno Teatro Sipario, da presentare al botteghino, previa prenotazione obbligatoria, è valido per la stagione 2014/2015 L’Assegno Teatro Sipario, da presentare al botteghino, previa prenotazione obbligatoria, è valido per la stagione 2014/2015 Teatro .................................... Città ............................. Teatro .................................... Città ............................. L’assegno è stato utilizzato in data ............................. L’assegno è stato utilizzato in data ............................. dal Sig. ......................................................................... dal Sig. ......................................................................... Via ......................................... Città ............................. Via ......................................... Città ............................. Firma .......................................... Firma .......................................... 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