assegno teatro

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EDITORIALE
5
DAL MONDO
NOVE “PREMI COPERTINA”
PER I 70 ANNI DI SIPARIO
34 BUCAREST - FNT, NATIONAL
di Mario Mattia Giorgetti
Dossier – speciale lirica
MILANO
THEATER FESTIVAL DI BUCAREST
GUARDA LONTANO
di Mario Mattia Giorgetti
48 STOCCOLMA - 25esimo STOCKHOLM INTERNATIONAL FILM FESTIVAL
di D.G.
6
TEATRO ALLA SCALA
GLI SNODI APICALI DELLA NUOVA
STAGIONE
di Vito Lentini
10 TEATRO ALLA SCALA E L’EXPO
CARTELLONI SCELTI
54 TEATRO STABILE DI CATANIA
“LA FORZA DELLO STABILE? sfidare la CRISI”
Parola di Giuseppe Dipasquale, Direttore
12 TEATRO ALLA SCALA
MOVIMENTI NEL TEMPO
IN un LIBRO PIENO DI MONDO
di Vito Lentini
GENOVA
16 TEATRO CARLO FELICE,
FORTE RILANCIO
PER LA STAGIONE LIRICA
di Giorgio De Martino
ROMA
21
Teatro dell’Opera di Roma
DAL SETTECENTO AI GIORNI NOSTRI
CREMONA
24 PER LA LIRICA, IL PONCHIELLI PUNTA SUL GRANDE REPERTORIO
Entra in un mondo di benessere
26 DON GIOVANNI
NOSTRO CONTEMPORANEO
Documenti
58 1914: FRANCESCA DA RIMINI TRA D’ANNUNZIO E ZANDONAI
di Gherardo Ghirardini
60 SANTUZZA, ANNA E IL SOGNO DI MILA
Nel 90° anniversario della morte di Eleonora Duse
di Claudio Marchese e Riccardo Di Salvo
di Nicola Arrigoni
Rubriche
La Spa di Harbour Club è un rifugio accogliente e raffinato, dove rigenerare la mente e riequilibrare lo spirito.
A pochi passi dal cuore di Milano, è un tempio del benessere dove provare nuove sensazioni
nell'emozionante piscina idroterapica esterna, lasciarsi avvolgere dalle emozioni nelle rinvigorenti docce
sensoriali, oppure concedersi trattamenti capaci di trasportarvi verso una dimensione di relax unica.
66
In Copertina:
Claudio Abbado e Daniel Barenboim,
2012. Archivio del Museo Teatrale alla
Scala e Biblioteca Livia Simoni. Archivio
Fotografico Teatro alla Scala. Marco
Brescia e Rudy Amisano.
Hanno collaborato:
Nicola Arrigoni, Giorgio De Martino,
Riccardo Di Salvo, D.G., Gherardo
Ghirardini, Mario Mattia Giorgetti,
Myriam Mantegazza, Claudio Marchese,
Vito Lentini, Alberto Pesce.
Scoprite la Spa di Harbour Club: www.harbourclub.it | 02 45 28 688
Europe’s Finest Members Clubs
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CINELIBRI
a cura di Alberto Pesce
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LIBRI DI TEATRO
a cura di Myriam Mantegazza
Test0
69 ROSSI DI SERA
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NABUCCO OVVERO DELLA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA REGIA.
Conversazione con Andrea Cigni
a cura di Nicola Arrigoni
30
NABUCCO RINCHIUSO TRA MURA
DI PASSIONI
di Nicola Arrigoni
BERLIN HANNOVER HAMBURG MIL AN BRUSSELS
02
56 FONDAZIONE TEATRO DI PISA RIVISITARE I CLASSICI IN CHIAVE CONTEMPORANEA
di Augusto Bianchi Rizzi
PREMIO CONCORSO AUTORI ITALIANI 2013
Sez. “Tre o più personaggi”
LAUREN CUTHBERTSON | FEDERICO BONELLI
ALICE NEL
PAESE DELLE
MERAVIGLIE
MUSICA
JOBY TALBOT | DIRETTORE D’ORCHESTRA DAVID BRISKIN | SCENOGRAFIE BOB CROWLEY
COREOGRAFIA
CHRISTOPHER WHEELDON
IN DIRETTA AL CINEMA IL 16 DICEMBRE
editoriale
UN IMPERDIBILE SPETTACOLO PER TUTTA LA FAMIGLIA. A NATALE.
Photograph: clockwise from left, Steven McRae as The Mad Hatter, Zenaida Yanowsky as The Queen of Hearts,
Edward Watson as The White Rabbit, Lauren Cuthbertson as Alice (©ROH/Johan Persson, 2011, 2013)
SIPARIO
NOVE “PREMI
COPERTINA”
PER I 70 ANNI
DI SIPARIO
Per l’anno 2015 la rivista Sipario, in vista del suo 70esimo anno
di vita, in collaborazione con la Fondazione Teatro Carlo Terron
e il Portale dello Spettacolo www.sipario.it, lancia un singolare premio la cui assegnazione sarà esclusivamente affidata ai
lettori e a tutto il pubblico che ama e frequenta lo spettacolo
dal vivo.
Il premio consiste nel consegnare a nove artisti del mondo
dello spettacolo dal vivo più votati la copertina dello storico
mensile fondato nel 1945/46.
L’assegnazione avverrà in due fasi distinte:
- la prima: ogni votante potrà indicare l’artista preferito del
mondo dello spettacolo, scrivendo a [email protected], e le segnalazioni andranno fatte entro il 30 di dicembre 2014.
- la seconda: sul Portale dello Spettacolo www.sipario.it saranno pubblicati tutti i nominativi degli artisti segnalati.
Tutti i lettori del Portale dello Spettacolo www.sipario.it potranno scegliere, a loro volta, a chi dovranno essere assegnate
le nove copertine.
La redazione, seguendo l’ordine delle preferenze, dedicherà
non solo la copertina ma anche un nutrito redazionale sugli
artisti premiati a cura di un giornalista di chiara fama e l’inserimento nella sezione Cyclopedia riservata ai professionisti
dello spettacolo.
Essere l’immagine delle copertine di Sipario nell’anno in cui si
celebra il 70esimo anno di attività è un bel riconoscimento da
parte del pubblico.
I votati saranno invitati, inoltre, alla Festa di Sipario che si svolgerà in un importante festival europeo, il cui nome si tiene segreto per evitare condizionamenti di voto.
www.rohalcinema.it
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SIPARIO
Speciale Lirica
TEATRO ALLA SCALA
GLI SNODI APICALI DELLA
NUOVA STAGIONE
di Vito Lentini
Per la prima
volta La Scala
resterà aperta
tutto l’anno
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la Scala, è sempre la mia
Scala!”: sono queste le parole che Arturo Toscanini
pronunciò nel teatro milanese dopo i
lavori di ricostruzione che interessarono il Piermarini a seguito dei terribili bombardamenti del 1943.
Una breve esclamazione proferita dal
Maestro Toscanini dopo aver provato l’acustica e scelta da Sua Santità
il Papa emerito Benedetto XVI per il
discorso tenuto alla Scala nel mese di
giugno del 2012 — a conclusione del
concerto in Suo onore e delle delega-
zioni ufficiali dell’incontro mondiale
delle famiglie — al fine di rintracciare “il senso di questo luogo, tempio
dell’Opera, punto di riferimento musicale e culturale non solo per Milano e
l’Italia, ma per tutto il mondo”. Fulcro
della cultura musicale italiana e una
delle “glorie più grandi” di Milano
— continuava il Pontefice —, il Teatro alla Scala è uno dei luoghi in cui
popoli di varie epoche hanno avuto
modo di esprimere, incontrare e sviluppare la pregevole totalità di senso
dell’arte.
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Questi sono i brevi riferimenti che testimoniano gli orientamenti precipui
di un teatro che seguita ad aprirsi al
mondo in vista, per di più, del contributo artistico e culturale che l’Italia
metterà in scena durante la prossima
Esposizione Universale.
Una stagione, quella che si appresta
ad iniziare, segnata da inconsueti
percorsi, modulati anche in funzione
del grandioso evento del prossimo
anno, e frutto della collaborazione tra
Stéphane Lissner e il nuovo Sovrintendente Alexander Pereira. “Sarà
una prova considerevole per tutti noi”
— annuncia Pereira — tratteggiata
da plurimi appuntamenti che cadenzeranno lo sviluppo del cartellone a
partire dalla serata inaugurale del 7
dicembre.
Quest’anno il Fidelio di Beethoven
strutturerà l’assetto cardinale di una
Prima che, com’è noto, identifica uno
degli eventi culturalmente più rilevanti d’Italia. Una serata che calamita iniziative di varia natura volte ad
agevolare quella proficua fruizione
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che è l’obiettivo perseguito da alcuni
anni grazie alla capillare diffusione
sostenuta dai progressi tecnologici
applicati al mondo dello spettacolo
dal vivo. La Prima scaligera, infatti,
anche quest’anno entrerà nelle case
degli italiani e nei circuiti internazionali grazie alla preziosa presenza
della Rai che riconferma la vicinanza
alla Scala anche nel corso del 2015.
Numerose e in via di definizione le
molteplici attività che gravitano intorno all’evento e fra le quali si annovera
anche la speciale programmazione
che il canale Classica HD dedicherà
al Teatro alla Scala fin dai primi giorni
di dicembre.
Una stagione lunga dodici mesi che
ingloba numerose proposte coniugate con l’intento di rispondere vigorosamente alle preziose occasioni che
l’attesa Esposizione Universale offre.
La Scala, infatti, per la prima volta
resterà aperta tutto l’anno programmando, nei soli mesi di Expo, oltre
centoquaranta spettacoli: “l’apertura
straordinaria per sei mesi è il più bel
regalo che il Teatro alla Scala potesse
fare alla città di Milano e ai milioni di
persone che l’anno prossimo visiteranno l’Esposizione Universale” così
dichiara Giuseppe Sala, Commissario
Unico Delegato del Governo per Expo
Milano 2015 e Amministratore Delegato di Expo 2015 S.p.A.
Turandot — dopo Fidelio, Die Soldaten, L’incoronazione di Poppea, Aida,
Lucio Silla e Carmen — sarà l’opera
inaugurale dell’Expo 2015. Una nuova
produzione, diretta da Riccardo Chailly — Direttore Principale da gennaio
2015 e Direttore Musicale dal 2017 —
e con la regia di Nikolaus Lehnhoff,
che è il preludio di una ricca successione di titoli che a prime mondiali —
come CO2, commissionata a Giorgio
sopra: La Bohème di Giacomo Puccini.
Regia e scene Franco Zeffirelli, costumi
Piero Tosi. Foto Teatro alla Scala.
07
SIPARIO
Speciale Lirica
Battistelli — affianca grandi riprese,
considerevoli collaborazioni con l’Accademia Teatro alla Scala e coinvolgimento di formazioni musicali estere
per un totale di tredici titoli d’opera in
sei mesi.
Per il balletto si riconferma l’acclamatissima e condivisibile scelta di
Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro
alla Scala completano la seguitissima
stagione di balletto che ancora una
volta potrà contare su étoiles e ospiti
internazionali capaci di infiammare le
acute scelte dei più accaniti ballettomani italiani.
Alla stagione sinfonica, ai recital di
riproporre i grandi titoli del repertorio
classico unita al desiderio di percorrere altri sentieri come nel caso del
nuovo Schiaccianoci — titolo atteso
da lungo tempo — firmato da Nacho
Duato, la nuova Bella addormentata
nel bosco con la coreografia di Alexei
Ratmansky — balletto in coproduzione con l’American Ballet Theatre — e
Cello Suites di Heinz Spoerli: tre novità assolute per le scene ballettistiche
della Scala che quest’anno potranno
annoverare anche il coinvolgimento
di grandi direttori d’orchestra. Giselle,
Excelsior, il Gala des étoiles — che in
ottobre chiuderà Expo 2015 — L’histoire de Manon e lo Spettacolo della
canto, al Ciclo Schubert e ai concerti straordinari si aggiunge il Festival
delle Orchestre Internazionali che da
maggio ad ottobre vedrà sul palco
del Piermarini alcune delle più grandi orchestre del mondo impegnate
in concerti segnati da molteplici programmi.
L’intento della nuova sovrintendenza
sarà quello, inoltre, di lavorare per i
giovani e i bambini: “avere un pubblico di giovani è il più grande regalo — confida Alexander Pereira —.
La Scala dedicherà particolare attenzione alle Opere per bambini, con un
programma che prevede la rappresentazione di opere famose rivisitate
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sopra: Svetlana Zakharova in
Giselle di Adolphe Adam, ripresa
coreografica Yvette Chauviré, scene
e costumi Aleksandr Benois. Foto
Brescia-Amisano Teatro alla Scala.
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per il pubblico dei piccoli la cui durata
è di circa un’ora e mezza […]. Per la
prossima stagione abbiamo scelto La
Cenerentola di Rossini e speriamo di
poter raggiungere circa 25.000 bambini tra la città di Milano e la Regione Lombardia”. Progetto ambizioso
segnato da pregevole lungimiranza
che ha già riscosso unanimi consensi
nelle prime cinque repliche del mese
di novembre.
Il desiderio di individuare un nuovo
pubblico per la Scala è lo sprone per
ulteriori iniziative che verranno introdotte con altri efficaci programmi
come la nuova formula de “La Scala
Aperta”: “venti spettacoli di Opera e
Ballo scelti tra quelli presenti nel calendario della prossima Stagione —
spiega il Sovrintendente — saranno
venduti presso la Biglietteria a metà
prezzo, il mese precedente rispetto
alla rappresentazione, per avvicinare
al teatro coloro che, per condizionamenti anche economici, non hanno
mai avuto la possibilità di farlo”. Novità, questa, che completa il ricco panorama che negli anni ha aperto le porte
del teatro milanese a nuovi spettatori grazie, ad esempio, a “La Scala in
famiglia” — programma che consente ad ogni adulto di accompagnare
in teatro un minore acquistando un
solo biglietto —, a “Invito alla Scala
per giovani e over 65” e al collaudato
progetto de “LaScalaUNDER30”. Dedicato ai giovani e costellato di vantaggi, sconti riservati, proposte di abbonamento, promozioni, ingressi alle
prove, visite guidate, riduzioni sugli
ingressi al Museo Teatrale alla Scala
e una Community on-line che conta
oltre 1.600 membri, il programma UNDER30 risponde al dilagante e fervido
entusiasmo giovanile per il cartellone
scaligero. Consolidata, inoltre, l’ormai
tradizionale iniziativa delle anteprime
delle inaugurazioni di stagione che
consente ai giovani fino ai trent’anni
di vivere, al costo di 10,00 euro, il fascino dell’opera e del balletto d’apertura della nuova stagione.
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Fra novità e conferme la lunga programmazione scaligera di quest’anno
strutturerà, quindi, articolati e ricchi
percorsi in grado di soddisfare desideri, esigenze e aspettative di vecchi
e nuovi spettatori. Sipario continuerà
a seguire gli appuntamenti che andranno in scena sul palco del Piermarini proseguendo la sua sessantennale vicinanza al teatro milanese
con una testimonianza consapevole
dell’esclusivo valore che possiede,
nel plurimo universo dell’arte, il territorio della rappresentazione: ambito,
questo, che si dischiude nel prolifico
incontro con quello spettatore che, oltre il reale, scopre se stesso.
sopra: Riccardo Chailly, Direttore
Principale da gennaio 2015 e Direttore
Musicale dal 2017.
Foto Teatro alla Scala.
sotto: Alexander Pereira,
Sovrintendente del Teatro alla Scala.
Foto Teatro alla Scala.
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SIPARIO
Speciale Lirica
LA SCALA E L’EXPO
1 MAGGIO – 31 OTTOBRE 2015
LA SCALA E L’EXPO – OPERA
CONCERTO STAGIONE SINFONICA
Orquestra Sinfónica Nacional Infantil de
Venezuela
> MAGGIO
Giacomo Puccini, Turandot
> settembre
London Philarmonic Orchestra
Sinfónica Juvenil “Teresa Carreño”
Giorgio Battistelli, CO2
RECITAL DI CANTO
> MAGGIO/GIUGNO
Gaetano Donizetti,
Lucia di Lammermoor
> giugno
Georges Bizet, Camen
Pietro Mascagni, Cavalleria rusticana
Ruggero Leoncavallo, Pagliacci
> giugno/luglio
Giacomo Puccini, Tosca
> luglio
Daniela Barcellona, Alessandro Vitiello
> settembre
Ramón Vargas, Mzia Bachtouridze
> luglio/agosto
Gioacchino Rossini, Il barbiere di Siviglia
> maggio
Maurizio Pollini
> agosto/settembre
Giacomo Puccini, La bohème
> giugno
Leo Nucci, James Vaughan
> settembre/ottobre
Gaetano Donizetti, L’elisir d’amore
> luglio
José Carreras, Lorenzo Bavaj
> ottobre/novembre
Giuseppe Verdi, Falstaff
> ottobre
Thomas Hampson, Martin Grubinger e
The New Percussive Planet Ensemble
> luglio
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
LA SCALA E L’EXPO – BALLETTO
> luglio
Romualdo Marenco, Excelsior
> settembre/ottobre
Pëtr Il’ič Čajkovskij, La bella addormentata
nel bosco
> ottobre
Gala des étoiles Spettacolo di balletto per
la chiusura di Expo 2015
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Anja Harteros, Wolfram Rieger
CONCERTI STRAORDINARI
LA SCALA E L’EXPO - OPERA CONCERTO
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René Pape, Camillo Radicke
> luglio
Gioacchino Rossini, Otello
György Kurtág, Fin de partie
Oltre 140 spettacoli
alla Scala nei soli mesi
di Expo
> maggio
Diana Damrau, Helmut Deutsch
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FESTIVAL DELLE ORCHESTRE
INTERNAZIONALI
> maggio
Berliner Philharmoniker
> giugno
Wiener Philharmoniker, Singverein der
Gesellschaft der Musikfreunde in Wien,
Coro di Voci Bianche dell’Accademia
Teatro alla Scala
Sinfónica Juvenil de Caracas
Orquestra Sinfónica Simón Bolivar
> settembre
Boston Symphony Orchestra
Orquestra Sinfónica Simón Bolivar, Coro
Nacional Juvenil Simón Bolivar
Orchestre de Paris
Israel Philharmonic Orchestra
> ottobre
Orchestra dell’Accademia Nazionale di
Santa Cecilia
Concentus Musicus Wien
Cleveland Orchestra
Concerto Finale di Expo 2015
GRANDI OPERE PER PICCOLI
> maggio
La Cenerentola per i bambini
LA SCALA IN FAMIGLIA
> giugno
Georges Bizet Camen
> luglio
Percussionisti del Teatro alla Scala
> ottobre
Coro di Voci Bianche dell’Accademia
Teatro alla Scala
I Corni della Scala
> luglio
Filarmonica della Scala
> agosto
Budapest Festival Orchestra
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SIPARIO
Speciale Lirica
TEATRO ALLA SCALA
MOVIMENTI NEL TEMPO
IN UN LIBRO PIENO DI MONDO
...nel libro si
ripercorrono
più di due
secoli di storia
del teatro...
di Vito Lentini
nella pag. a fianco: Maria Callas come
Violetta ne La Traviata di Giuseppe
Verdi, 1955-1956. Archivio del Museo
Teatrale alla Scala e Biblioteca Livia
Simoni. Archivio Fotografico Teatro
alla Scala.
I
l quadro delle plurime mutazioni
antropologiche che segnarono
la diffusione della lingua scritta
è annoverabile fra i grandi sviluppi
dinamici sperimentati dall’umana articolazione del sapere. Nella meditativa tranquillità del silenzio le pagine
del libro richiamano alla mente, infatti, i meravigliosi portati dell’apertura e della trasformazione dell’intimo
pensiero nella parola stampata. Una
conquista, questa, che arricchisce lo
spazio di una sconfinata libertà in cui
sono in azione parole, memorie, uomini.
Romano Guardini, filosofo e teologo
italo-tedesco che visse nel XX secolo,
in un discorso pronunciato nel 1948
al Leibniz-Kolleg dell’Università di
Tubinga (Elogio del libro, pubblicato in Italia da Morcelliana) non esitò
ad affermare che “il libro costituisce
un argomento inesauribile. In esso si
ritrova assolutamente tutto ciò che
l’uomo ha creato. In esso si esprime il
suo proprio essere”.
Con questa convinzione il nostro
sguardo si approssima ad una delle
ultime pubblicazioni riguardanti il
corso storico di un luogo della cultura
italiana in cui popoli di varie epoche
vissero, sotto diversi rispetti, la vita
dell’arte: il Teatro alla Scala.
Scritto da Carlo Lanfossi ed editato
da Skira Classica, Teatro alla Scala è
un volume finemente rilegato che testimonia, come si diceva, il valore di
un oggetto capace di riproporre brevemente l’evoluzione storica e artistica di uomini e popoli che gravitarono
intorno al prestigiosissimo teatro milanese.
sopra: Carla Fracci e Rudolf Nureyev ne
La bella addormentata nel bosco, 1977-1978.
Archivio del Museo Teatrale alla Scala e
Biblioteca Livia Simoni. Archivio Fotografico
Teatro alla Scala.
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SIPARIO
Speciale Lirica
Grazie alla felice commistione di immagini e scrittura, nel libro si ripercorrono più di due secoli di storia del teatro cristallizzati in un’opera di pregevole fattura che concorre a preservare l’umana memoria di vite e creazioni
segnate dalla preziosità dell’arte.
Prendendo avvio dall’incendio che
nel 1776 distrusse il Teatro Ducale —
seguito dall’immediata ricostruzione
che fu espressione della proverbiale
operosità della città di Milano — il
libro propone una ricchissima documentazione iconografica che agli
studi, ai disegni e alle immagini della
seconda metà del Settecento affianca
bozzetti, frontespizi, locandine, ritratti e manifesti di un teatro che, come si
legge nelle prime pagine del libro, si
avviò “a primeggiare in Europa quan-
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to a stile e qualità, non solo musicali”.
Definita “una delle operazioni culturali di maggior rilievo della città lombarda”, la costruzione affidata a Giuseppe Piermarini consegnò alla storia
uno dei maggiori teatri d’Europa e del
mondo segnando gli albori del celebre “mito della Scala”.
Un movimento nel tempo, quello tracciato in questo libro, in cui si rispolverano non unicamente le tappe fondamentali dello sviluppo storico del
teatro ma perfino aneddoti, curiosità
e retroscena come, ad esempio, i costumi dell’aristocrazia milanese che
sul finire del Settecento frequentava
assiduamente i palchi scaligeri, l’esecrabile condotta degli artisti in scena,
gli incontri galanti e i frequentissimi
giochi d’azzardo nei ridotti del tea-
tro. Frammenti di storia, questi, che
contribuiscono a restituire la multiforme immagine di un teatro che mai
si disancorò dal ricco divenire storico
dell’Ottocento ma, al contrario, vi concorse con la presenza di Stendhal, il
passaggio di Gioacchino Rossini, il
mito della “primadonna”, l’arrivo di
sopra: Angelo Inganni, La facciata del
Teatro alla Scala, 1852. Archivio del
Museo Teatrale alla Scala e Biblioteca
Livia Simoni. Archivio Fotografico
Teatro alla Scala.
nella pag a fianco: L’interno del
Teatro alla Scala nella prima metà
dell’Ottocento. Archivio del Museo
Teatrale alla Scala e Biblioteca Livia
Simoni. Archivio Fotografico
Teatro alla Scala.
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Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini,
i grandi fiaschi, i lavori di Alessandro
Sanquirico, il “coreodramma” di Salvatore Viganò, la nascita della Scuola
di Ballo (si veda Sipario n. 770-771),
le prime interpreti del balletto e Casa
Ricordi.
Pregevole susseguirsi di avvenimenti, presenze, relazioni e racconto degli
eventi che segnano anche i successivi sviluppi dell’accadere storico come
il trionfo verdiano, le cinquantasette
rappresentazioni consecutive di Nabucco, le infiammate discussioni dei
“wagneriani” e dei “verdiani”, la nascita di Piazza della Scala e l’avvento
dell’illuminazione elettrica in teatro.
Episodi che precedettero l’ascesa
scaligera di Arturo Toscanini, l’arrivo
di Giacomo Puccini, la modernizzazione del teatro e l’arricchimento di
quel repertorio che negli anni riempì
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il multiforme cartellone scaligero.
Struggenti le pagine buie della storia
scaligera che il volume ci propone con
le immagini della distruzione causata
dai bombardamenti del 1943 e suggestivo lo scorcio dello storico concerto
di riapertura diretto da Arturo Toscanini: nuovo inizio aperto alla maestosità di Renata Tebaldi, Maria Callas,
Luchino Visconti, Franco Zeffirelli,
Victor de Sabata — direttore che fissò
il 7 dicembre quale data dell’annuale
Serata Inaugurale —, Herbert von Karajan fino ad arrivare a Paolo Grassi,
Giorgio Strehler, Claudio Abbado, Rudolf Nureyev, Carla Fracci, Riccardo
Muti e Carlo Fontana, per citare solo
alcuni nomi di coloro che sul palco
scaligero scrissero pagine di assoluto
prestigio.
Con i noti e recenti eventi che interessarono il Teatro alla Scala negli ultimi
anni — il restauro, il trasferimento
presso il Teatro degli Arcimboldi, la
sovrintendenza di Stéphane Lissner,
la direzione musicale di Daniel Barenboim, il bicentenario Verdi/Wagner
— e con un’ampia cronologia, il libro
completa il ricco panorama storico di
un teatro che è eccellenza italiana e
che continua a salvaguardare memorie, repertori, mestieri, arti.
Un libro in grande formato che parla di storia e cultura italiana e in cui
sono riproposti, in rapida successione, gli approdi emblematici di uno
speciale incontro dell’umano con l’arte: dominio, quest’ultimo, che non di
rado accoglie la totalità dell’esistenza
e scenari carichi di mondo.
2014, Skira/Classica
196 colori e 47 b/n, cartonato
ISBN 978-886544-036-0
€ 80,00
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SIPARIO
Speciale Lirica
TEATRO CARLO FELICE
FORTE RILANCIO
PER LA STAGIONE LIRICA
di Giorgio De Martino
Andrea Battistoni
Fabio Luisi.
Foto BALU Barbara Luisi.
Il teatro
riduce i
prezzi e li
dimezza per i
giovani…
Stefano Ranzani
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Donato Renzetti
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sopra: Carmen di Georges Bizet, regia
Davide Livermore, direttore Philippe
Hugin. Foto Marcello Orselli.
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N
el gergo pokeristico, potremmo definirlo un rilancio.
Abbastanza potente da far
sussultare il tavolo. Spettacoli sino a
fine luglio, quarantaquattro serate di
lirica, il ritorno di Britten (Billy Budd),
della Fedora, ma anche dell’attenzione alla danza (è pur sempre la città
che fu “dei Balletti di Nervi”), la ripresa del Premio Paganini...
Il cartellone del teatro lirico genovese
inizia prima e chiude dopo, moltiplica le proposte sinfoniche, incrementa
sensibilmente gli spettacoli di balletto, torna ad ospitare anche produzioni
coraggiose, non aumenta i prezzi ed
anzi li abbatte, per i giovani, quasi
fino a dimezzarli (sinfonica a 10 euro),
chiama a raccolta forze locali famose
nel mondo, come la bacchetta di Fabio Luisi, le voci di Fabio Armiliato,
di Francesco Meli, convoca registi
illuminati come Hugo De Ana e fide-
lizza talenti quali Davide Livermore
(quest’ultimo firma ben tre produzioni). Cerca infine un poco di – sano, se
centellinato – palpito gossip perfino,
con un anziano e celebre debuttante,
Dario Argento, alle prese con la Lucia
di Lammermoor: «Sarà inquietante»,
ha detto il maestro dello splatter. E
non osiamo figurarci le soluzioni che
saranno adottate, per la cruenta intimità della scena della follia.
Rilancio, dicevamo. Eppure, come
tanti (ma più di tanti altri) teatri lirici
italiani, anche il Carlo Felice progetta e produce nel forzato equilibrismo
del funambolo, in cronico bilico sul
baratro del dissesto, tra lo Stato che
restringe gli alimenti al punto da dar
l’impressione di progettare un imminente abbandono, e un pubblico sfibrato – in anni recenti – da una serie
di scioperi che, nei fatti, hanno via via
disamorato i genovesi dal loro teatro.
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SIPARIO
Speciale Lirica
Gli ultimi anni, a fronte della sempre
più drastica riduzione delle disponibilità economiche, purtroppo è accaduto che Genova abbia risposto applicando una drastica spending review
anche alle idee e alla creatività, con
edizioni talvolta mediocri di titoli, sulla carta, fin troppo prudenti, di solida
risposta al botteghino... Un approccio
che, nei fatti, non ha ripagato.
Questo settembre, dopo vicissitudini
cui molto si è dedicata la cronaca politica locale, s’è insediato finalmente
un nuovo sovrintendente, Maurizio
Roi, nome noto e quotato della piazza teatrale, fra l’altro presidente della
“Toscanini”.
Oggi, la musica sembra essere cambiata, o quantomeno, sembra essere
stato intrapreso un cambio di rotta.
Il compito del teatro, in tempi di crisi, è d’altronde importante quanto un
ospedale da campo quando infuria la
battaglia: mezzo privilegiato per educare ad avere valori superiori a quelli
che la realtà vorrebbe rivendicare.
Perché – come qualcuno ha detto –
ciò che si semina in una recita d’opera rappresenta sempre e comunque
un patrimonio incalcolabile, che raramente procura dividendi monetari,
che però offre interessi strategici, in
un’ottica generazionale.
Ma veniamo all’appello: nomi e date
di quanto è accaduto e soprattutto di
quanto accadrà. L’ultimo quarto del
2014 ha visto, quale titolo d’apertura,
un Elisir d’amore in salsa casalinga,
allestimento storico (assai gradevole ma già molto visto), con regia di
Filippo Crivelli e scene Lele Luzzati.
Entrée che ha coinvolto un cast giovane protagonista nel complesso di
un buon prodotto, fisiologicamente
non maturo ma con strumenti vocali
interessanti e tanto brio.
Dopo un’ampia parentesi dedicata al
balletto (con il Balletto Accademico
dell’Opera di Ekaterinburg e con il
Ballet Nacional de Espana), il “main
course”: in novembre, un titolo che
a queste latitudini manca da oltre
quarant’anni, la Luisa Miller verdiana nell’allestimento firmato da Leo
Nucci (che è sulla ribalta nei panni
di Miller), con Anna Pirozzi, Giuseppe Gipali e Carlo Colombara, ed una
bacchetta che, più che promessa, è
giovane e salda certezza (che a Genova è di casa), quella di Andrea Battistoni.
Un salto di mezzo secolo, verso il giro
di boa del ‘900, per l’allestimento più
atteso: nella scorsa primavera aveva
fatto discutere, per la sua Carmen
cubana, ironica e imbottita d’idee, citazioni, trovate, qualche sciocchezza
e guizzi geniali... Davide Livermore
torna, con un nuovo allestimento di
Tosca, dal 20 al 30 dicembre. Sul palcoscenico, una triade vocale che promette grandi soddisfazioni: Gregory
Kunde, Aprile Millo, Carlos Alvarez.
Ancora spazio alla danza, a cavallo
delle festività natalizie, questa volta
Spartacus di Khachaturian, coreografia di Yuri Grigorovich,
Teatro dell’Opera di Astana, Kazakistan.
sopra: Billy Bud di Benjamin Britten,
regia Davide Livermore, direttore
Andrea Battistoni.
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SIPARIO
Speciale Lirica
con una proposta molto intrigante,
Spartacus di Khachaturian, nella versione coreografica più nota (di Grigorovich) interpretato dal giovanissimo
Teatro dell’Opera di Astana, direttamente dal Kazakistan.
Dal 21 febbraio al 1° marzo, dal profondo rosso dei velluti del teatro genovese, sarà Dario Argento a reinventare il dramma tragico donizettiano
d’un amore proibito, pieno di sospiri,
orrore e sangue.
Alle prese con la massima realizzazione in musica del romanzo storico ottocentesco d’Oltralpe, la Lucia di Lammermoor sarà diretta da Giampaolo
Bisanti e vedrà protagonisti Stephen
Costello e Orlin Anastassov e, nel
ruolo di Lucia, pietra di paragone della sensibilità romantica dell’epoca,
Desirée Rancatore.
L’arrivo della primavera sarà festeggiato dalla Fedora di Umberto Giordano, titolo che – se non andiamo errati
– manca da quando, quindici anni fa,
lo applaudimmo dalla voce di Mirella
Freni. In scena dal 21 al 29 marzo, dal
podio di Valerio Galli e la regia di Pier
Francesco Maestrini, sarà un nuovo
allestimento ricavato dal riciclo virtuoso di materiale scenografico del
teatro in disuso.
Capolavoro d’eloquenza, incisività e
torridi declamati, prototipo perfetto,
esuberante e sanguigno della stagione d’oro del verismo (agli schizzinosi
ricordiamo che fu amata da Mahler,
Massenet, Saint-Saens, Ravel...), Fedora sarà riproposta dalla coppia lirica di ferro – di genovesi famosi nel
mondo – composta da Daniela Dessì
e Fabio Armiliato. Mentre De Siriex
avrà la voce di Lucio Gallo.
Quanto ad aprile, dopo una lunga assenza, torna in cartellone Benjamin
Britten. Autore che a Genova aveva
avuto, ad inizio millennio, una densità
e qualità di proposte eccezionali, ed
una altrettanto eccezionale risposta
da parte del pubblico. Nell’allestimento del Teatro Regio torinese firmato Livermore, di scena Billy Budd,
20
dal 17 al 23 aprile, col podio di Battistoni (nel cast, Phillip Addis, Alan
Oke, Graeme Broadbent e Christopher Robertson).
A maggio (dall’8 al 17) torna la Carmen di Bizet secondo Livermore,
nell’allestimento di cui abbiamo accennato. Lo scorso maggio fummo
in pochi a poterla applaudire, perché
funestata da scioperi e zuffe varie.
Molti i motivi per non perderla questa
volta, dall’allestimento alle voci: Sofia
Ganassi (che dimostra quanto intelligenza e musicalità possano supplire
ad una voce che non è esattamente
la più adatta al ruolo), Francesco Meli,
uno dei tenori migliori oggi in attività,
anch’egli nato e cresciuto nella città
della Lanterna, e sua moglie Serena
Gamberoni nel ruolo di Micaela.
Cinquina ballettistica ad inizio estate
(con offerte variegate, fino all’atteso
Gala del 5 luglio, illuminato da una
stella del calibro di Sylvie Guillem).
In zona Expò di Milano, evento per
il quale Genova si augura d’essere
la “porta a mare”, in chiusura di stagione, a luglio, il teatro Carlo Felice
proporrà un’edizione coloratissima e
moderna della Vedova allegra, per la
regia di Hugo De Ana e la direzione di
Felix Krieger.
A questo piatto ricco si aggiunga il
Premio Paganini, concorso un tempo
molto rinomato, che dopo alcuni anni
di dolorosa interruzione ci auguriamo
torni a proporre – tra febbraio e marzo
– l’eccellenza internazionale violinistica a Genova, grazie anche alla direzione artistica affidata a Fabio Luisi.
Luisi che è direttore onorario del teatro e che sarà sul podio di alcune tra
le ben diciannove proposte concertistiche del cartellone sinfonico.
...s’è insediato
un nuovo
sovrintendente,
Maurizio
Roi, nome noto
e quotato
della piazza
teatrale...
Teatro dell’Opera di Roma
DAL SETTECENTO
AI GIORNI NOSTRI
Direttori, registi, coreografi, cantanti e danzatori:
un cartellone ricco di nomi prestigiosi.
N
sopra: I was looking at the ceiling
and then i saw the sky, regia
Giorgio Barberio Corsetti, scene
Giorgio Barberio Corsetti e Massimo
Troncanetti, costumi Francesco
Esposito. Foto Marie-Noëlle Robert.
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778/779 - 2014
ella stagione 2014-2015 del
Teatro dell’Opera di Roma
andranno in scena 15 spettacoli di opera e balletto, (rispetto ai
12 della passata stagione); ma soprattutto è il numero delle recite che
cresce. Un rilancio, dunque, un new
deal, di cui questa nuova stagione
ne è chiara e precisa dimostrazione.
“Si può reagire in due modi alla crisi.
Tagliare spettacoli e recite permette
certamente una riduzione dei costi,
ma è una strada che porta all’agonia
e all’asfissia di un teatro. È giusto,
invece, scommettere sulla produttività, sulla qualità e sul pubblico aumentando e non riducendo l’attività.
Il Teatro deve soprattutto guardare
a sé stesso per trovare nuova forza
culturale, musicale ed economica. la
storia ci insegna che le crisi possono
diventare opportunità di sviluppo”.
21
SIPARIO
Speciale Lirica
La stagione 2014-2015, inaugurata
dalla bellissima favola lirica di Antonín Dvořák, Rusalka, vola sulla storia della musica dal Settecento al Novecento, un percorso affascinante da
Wolfgang Amadeus Mozart a John
Adams, uno stupendo, musicalmente avventuroso viaggio da Le nozze
di Figaro (1786) a I was looking at the
ceiling then I saw the sky (1995) e così
per il balletto da Adam e Čajkovskij
con Giselle e Lo schiaccianoci a Stravinskij e Duke Ellington con Le chant
du rossignol e The River.
La ripresa economica del Teatro
dell’Opera – spiega il sovrintendente
Carlo Fuortes – passa soprattutto dal
botteghino, cioè dal pubblico con un
aumento del numero degli spettacoli,
senza perdere qualità ed eccellenza.
La produzione, la qualità, il futuro del
Teatro dell’Opera quindi, ma anche
un richiamo alla memoria, alla storia
di questa Fondazione che tra Otto-
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cento e Novecento è stata al centro
di debutti che hanno fatto la storia
dell’opera, della musica, della cultura.
Così nasce l’idea del sovrintendente
Fuortes del recupero della memoria
con la ripresa (almeno una produzione l’anno) di allestimenti storici. Uno
sguardo filologico, affettuoso, culturale al passato.
sopra: Werther, regia Willy Decker,
scene e costumi Wolfgang Gussmann.
Foto Javier Del Real.
sotto: Alessandra Amato (Myrtha) in
Giselle, coreografia Patrice Bart da
Jean Coralli e Jules Perrot, scene e
costumi Anna Anni.
Foto Luciano Romano.
778/779 - 2014
Titoli di grande repertorio, ma anche
opere che saranno una vera e propria
scoperta. Quel percorso che un teatro
d’opera ha il dovere di offrire al proprio pubblico così da accontentare
ogni gusto e far conoscere nuove creazioni, i nuovi orizzonti della musica,
del canto, della danza. Per attirare anche un pubblico eterogeneo che vada
da chi ama l’opera ai turisti che af778/779 - 2014
follano la Capitale, dai melomani più
esigenti ai giovani con tanta voglia di
scoprire i diversi confini della musica.
Un cartellone ricco – che ha pochi
confronti in Italia e in Europa – di
nomi prestigiosi, amati dal pubblico,
di fama internazionale. Direttori, registi, coreografi, cantanti e danzatori che hanno fatto, e fanno, la storia
dell’interpretazione e della messa in
scena.
La stagione 2014-15 prevede novità
anche per quanto riguarda la comunicazione al pubblico. È stato introdotto
un linguaggio grafico più moderno e
immediato – dai manifesti, alla pubblicità sulla stampa, ai programmi
di sala - espressione di un rinnovato
rapporto di apertura del Teatro alla
città e al pubblico dei giovani, ma al
contempo rispettoso della tradizione
e dell’autorevolezza dell’istituzione
che rappresenta.
Quest’anno è stato chiesto a Gianluigi Toccafondo di illustrare e percorrere con la sua visione personale, tutti i
titoli della nuova stagione. Il risultato
è nei disegni originali che coloreranno le strade della capitale. Artista di
fama internazionale, Toccafondo con
i suoi film di animazione ha dedicato
gran parte della sua ricerca al tema
dell’Opera. Le tavole realizzate per
la stagione 2014-15 interpretano in
chiave moderna i titoli in cartellone
attraverso materia, forma e movimento. Espressività e colore propri della grande Opera che Toccafondo da
sempre conosce e ama.
sopra : Rigoletto, regia Leo Muscato,
scene Federica Parolini, costumi Silvia
Aymonino. Foto Corrado Maria Falsini.
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SIPARIO
Les Contes d’Hoffmann, regia Frédéric Roels.
Un bozzetto di Bruno De Lavenere.
Speciale Lirica
CREMONA
Les Contes d’Hoffmann, regia Frédéric Roels. Un bozzetto di Bruno De Lavenere.
PER LA LIRICA, IL PONCHIELLI
PUNTA SUL GRANDE REPERTORIO
MADAMA BUTTERFLY
NABUCCO
musica di Giacomo Puccini
direttore Giampaolo Bisanti
regia Giulio Ciabatti
Interpreti principali: Cellia Costea
(Cio-Cio San), Giuseppe Varano (F.B.
Pinkerton), Domenico Balzani (Sharpless), Giovanna Lanza (Suzuki)
LES CONTES D’HOFFMANN
musica di Giuseppe Verdi
direttore Marcello Mottadelli
regia Andrea Cigni
Interpreti principali: Alberto Gazale
(Nabucco), Tiziana Caruso (Abigaille),
Enrico Iori (Zaccaria), Raffaella Lupinacci (Fenena), Gabriele Mangione
(Ismaele)
musica di Jacques Offenbach
direttore Christian Capocaccia
regia Frédéric Roels
Interpreti principali: Michael Spadaccini (Hoffmann), Bianca Tognocchi*
(Olympia), Larissa Alice Wissel* (Antonia), Maria Mudryak* (Giulietta) Abramo
Rosalen (Lindorf/Coppélius/Dapertutto/Miracle)
mercoledì 8 ottobre, ore 20.30
venerdì 10 ottobre, ore 20.30
domenica 12 ottobre, ore 15.30
P
er la Stagione Lirica 2014, il
Teatro Ponchielli ha scelto di
proporre ben quattro titoli del
grande repertorio operistico del nostro paese, completando il cartellone
con un’opera francese che testimonia,
una volta di più, l’attenzione posta
dal Teatro al vasto mondo musicale
straniero. Da ottobre a dicembre, verranno così
allestiti cinque titoli, realizzati in coproduzione con il Circuito Lirico Lombardo e che copriranno un arco storico-musicale che va dal classicismo al
verismo.
Ad aprire la stagione Madama Butterfly di Giacomo Puccini, certamente
24
uno dei titoli più amati del compositore toscano e di cui verrà messa in
scena la versione bresciana, di cui
ricorrono i 110 anni. Seguirà Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart,
seconda opera della straordinaria trilogia firmata con il librettista Lorenzo
Da Ponte, qui alle prese con il “dissoluto punito”, divenuto emblema
di uno specifico modello maschile. A
novembre l’opera di cui il Teatro Ponchielli è stato capofila all’interno del
Circuito: Nabucco di Giuseppe Verdi,
melodramma che non smette mai di
emozionare ed attrarre il pubblico e
che manca al palcoscenico del Ponchielli da quasi dieci anni. Successi-
vamente sarà il turno di Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, dramma
musicale che consacrò il proprio autore nel panorama musicale post-verdiano come uno dei più interessanti
compositori italiani dell’epoca.
A chiudere la Stagione Lirica
2014, Les contes d’Hoffmann di Jacques Offenbach, seducente opera
francese che il Teatro Ponchielli ha
scelto per rappresentare quest’anno
il grande repertorio d’oltralpe. sopra: Adriana Lecouvreur, regia Ivan
Stefanutti. Foto Alessia Santambrogio.
778/779 - 2014
DON GIOVANNI
ossia il dissoluto punito
musica di Wolfgang Amadeus Mozart
direttore José Luis Gomez-Rios
regia Graham Vick
Interpreti principali: Gezim Myshketa (Don Giovanni), Andrea Concetti
(Leporello), Valentina Teresa Mastrangelo* (Donna Anna), Federica
Lombardi*(Donna Elvira), Giovanni
Sala* (Don Ottavio)
* Vincitori Concorso As.Li.Co. 2014
venerdì 17 ottobre, ore 20.30
domenica 19 ottobre, ore 15.30
778/779 - 2014
venerdì 14 novembre, ore 20.30
domenica 16 novembre, ore 15.30
ADRIANA LECOUVREUR
musica di Francesco Cilea
direttore Carlo Goldstein
regia Ivan Stefanutti
Interpreti principali: Daria Masiero
(Adriana Lecouvreur), Angelo Villari
(Maurizio), Sanja Anastasia (Principessa di Bouillon), Francesco Paolo
Vultaggio (Michonnet)
* Vincitori Concorso As.Li.Co. 2014
ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI
CORO DEL CIRCUITO LIRICO LOMBARDO
Maestro del coro Antonio Greco
www.teatroponchielli.it
giovedì 20 novembre, ore 20.30
sabato 22 novembre, ore 20.30
IL PROGRAMMA
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SIPARIO
Speciale Lirica
cremona
DON GIOVANNI
NOSTRO CONTEMPORANEO
Il dramma giocoso di Da Ponte Mozart riletto
da Graham Vick fra polemiche ed eccessi
di Nicola Arrigoni
D
sopra: Don Giovanni,
regia Graham Vick.
26
on Giovanni è l’emblema
stesso della condizione del
nostro presente: un desiderare senza fine, quale disperata fuga
dalla morte. Don Giovanni di Lorenzo
Da Ponte e Wolfang Amadeus Mozart
è il simbolo del vuoto che ci attanaglia, è bulimia sessuale, è scandalo per i melomani tradizionalisti da
un lato e dall’altro è la riprova che la
prassi lirica può aiutare a leggere il
nostro presente, quando si affida ad
una regia – quella di Graham Vick
– coerente e non sterilmente provocatoria e a una direzione musicale –
quella di José Luis Gomez-Rios – che
dà plasticità, incisività alla partitura
mozartiana grazie a interpreti, corpo orchestrale e coro amalgamanti e
compartecipi nell’agire scenico. Sono
queste alcune delle riflessioni che
suggerisce la messinscena di Don
Giovanni di Mozart, nata sotto l’egida
del Circuito Lirico Lombardo che vede
778/779 - 2014
la partecipazione del Teatro Ponchielli
di Cremona, Grande di Brescia, Sociale di Como e Fraschini di Pavia, Fondazione Pergolesi Spotini di Jesi, Teatro
dell’Aquila di Fermo, Fondazione Teatro Comunale e Auditorium di Bolzano
e Fondazione i Teatri di Reggio Emilia.
Come spesso capita il confronto fra
palcoscenico e platea si compie sotto
il segno di un apparente tradimento
della tradizione, immolata sull’altare
della regia critica, dell’urgenza di attualizzare per forza. Così il Don Giovanni di Graham-Gomez Rios, come
spesso accade, ha riproposto la difficoltà nel leggere la produzione lirica
nell’ottica di una stringente e non pretestuosa contemporaneità. Si tratta di
una crux interpretativa quanto mai
scottante per il teatro lirico, ma non
indolore neppure per quello drammatico che spesso vede contrapposto
pubblico e registi, esigenza di interpretare grandi testi e autori e le attese
degli spettatori. La stessa diatriba si è
proposta nel Don Giovanni di Graham
Vick, visto da chi scrive nelle repliche
cremonesi al Ponchielli.
La chiave di lettura del Don Giovanni
di Graham Vick è tutta nelle corone
funerarie con la scritta ‘Padre’ e ‘Papà’
che fanno bella mostra sull’ouverture
dell’opera e che sono il segno della
morte del padre/Commendatore e,
come direbbe Jacques Lacan, dell’evaporazione del padre. Da qui parte
il regista anglosassone per leggere
in chiave contemporanea il mito di
Don Giovanni, un ragazzone che si fa
le pere (Gezim Myshketa, seduttore,
sbruffone, ma anche inquieto nel suo
accumular conquista su conquista),
che si fa la figlia del Commendatore
(Mariano Buccino), donna Anna (Valentina Mastrangelo), che non esita a
impalmare la neosposa Zerlina (Alessia Nadin) davanti all’incredulo Masetto (Riccardo Frassi) su una Range
Rover che poi diventa carro funebre
per le esequie del Commendatore. Su
una scena che sa di pista circense, i
cui confini sono segnati da un sipa778/779 - 2014
rio degno degli spettacoli del Lido di
Parigi, la vicenda di Don Giovanni si
apre con la morte del Commendatore
e ‘quella tentata’ di Don Giovanni. In
mezzo a queste due morti violente –
sottolineate dai nastri rossi e bianchi
dei rilievi della polizia sulla scena del
delitto - si muove un’umanità eccitata, dalla pistola facile, in un clima da
mafia albanese, fra cantieri edili e
container, fra luci da night e scene da
riprese di film porno soft. Le conquiste di Don Giovanni sono un ammasso di manichini in una grande cassa
da cantiere, una lista cadaverica di un
desiderare senza fine, di un desiderare che in spregio della religio si attacca anche alla sottana talare di donna
Elvira (Federica Lombardi). La festa
che chiude la prima parte è un eccitato rave party ai piedi di un enorme
manichino di donna in cui Don Giovanni viene smascherato e al tempo
stesso il coro chiede la libertà, libertà
di quei ragazzi senza padri, lasciati a
loro stessi, storditi da sesso e droga
per annegare il persistente senso di
mancanza che induce Don Giovanni
ad allungare la sua lista di impotente
e affamato amante senza la possibilità d’essere appagato. Leporello, in
tuta che stira la camicia del suo padrone, ne condanna l’azione, ma alla
fine si ritrova ad assecondarlo fino a
rischiare la vita nello scambio dei ruoli e dei panni. La tavola imbandita per
la cena col Commendatore diviene
squallido set porno soft con la telecamera mossa da Don Giovanni, davanti al quale passano Lolite che si procurano orgasmi strusciandosi le parti
intime con la torta della festa, che si
versano vino addosso, si sparano in
bocca e si concedono a rapporti saffici. Tutto ciò è interrotto dall’ingresso del Commendatore che compare
fra le gambe dell’enorme manichino
di una donna nuda e legata. Tutto
ciò racconta di un limite da varcare,
sempre e comunque per sentirsi vivi,
per dire di esistere, proprio come fa
Don Giovanni che arriva a sfidare la
morte. L’opera si chiude — o dovrebbe chiudersi — con la morte di Don
Giovanni che invece fugge in platea
fra il pubblico, mentre il coro si aggira
in cerca del seduttore, indicando gli
spettatori, come a dire che quel mito
è nostro contemporaneo, o meglio ci
rispecchia tutti.
Il Don Giovanni prodotto dal Circuito
Lirico Lombardo è un bell’esempio
di allestimento lirico, un’osmosi intelligente, molto pensata e ben costruita in cui le esigenze registiche si
sposano e si amalgamano bene con
l’aspetto musicale e melico. Il cast di
cantanti ha mostrato una buona predisposizione attoriale, testo e contesto, azione e musica, interpretazioni
ed esigenze meliche hanno trovato
una loro omogenea compattezza che
ha regalato alla platea a tratti un po’
attonita un allestimento coerente,
serrato che ha dimostrato con rigore
e invenzione il punto di vista registico
nei confronti dell’opera mozartiana e
del mito dongiovanneo, confermando
come la figura di Don Giovanni sia
quanto mai metafora del nostro stare
al mondo, o meglio della disperazione
di una società senza padri e attanagliata dal vuoto a cui non rimane che
stordirsi per non morire.
Don Giovanni ossia il dissoluto punito, dramma giocoso in due atti, libretto di Lorenzo Da Ponte, musica
di Wolfgang Amadeus Mozart, con
Gezim Myshketa (Don Giovanni), Valentina Mastrangelo (Donna Anna),
Giovanni Sebastiano Sala e Matteo
Mezzaro (Don Ottavio), Mariano Buccino e Cristian Saitta (Commendatore), Federica Lomardi e Mariateresa
Leva (Donna Elvira), Andrea Concetti
(Leporello), Riccardo Frassi e Davide
Giangregorio (Masetto), Alessia Nadin e Alessandra Contaldo (Zerlina),
direttore José Luis Gomez-Rios, regia
di Graham Vick, scene e costumi di
Stuart Nunn, light designer, Giuseppe Di Iorio, coreografo Ron Howell,
Coro Circuito Lirico Lombardo, Orchestra Pomeriggi Musicali.
27
SIPARIO
Speciale Lirica
cremona
NABUCCO OVVERO DELLA SOSTENIBILE
LEGGEREZZA DELLA REGIA
Conversazione con Andrea Cigni
a cura di Nicola Arrigoni
I
l melodramma diviso fra voglia di
tradizione e paura dell’innovazione, fra chi vorrebbe ancora i fondali dipinti, quasi che la messinscena
fosse un di più, e registi che impongono il loro punto di vista su tutto e su
tutti: dal maestro Graham Vick con il
suo recente Don Giovanni di Mozart
ambientato fra scene porno soft e mafia albanese, a Damiano Michieletto
corteggiato dai massimi teatri europei e fischiato in patria, dalla Societas
Raffaello Sanzio che mette in scena il
Parsifal, alla contestazione di Franco
Zeffirelli perché la Scala cancella la
sua Aida dal repertorio… Il mondo
della lirica – e non solo quello – vive di
queste battaglie a colpi di fischi e buu
per allestimenti che innovano troppo,
melomani che vorrebbero solo gorgheggi e allestimenti ‘tradizionali’,
quando non polverosi e archeologici.
Ma una via di mezzo è possibile? Forse sì.
28
A darne testimonianza è il Nabucco di Verdi che si avvale della regia
di Andrea Cigni, prodotto dal teatro
Ponchielli di Cremona per conto del
Circuito Lirico Lombardo. Si tratta di
un allestimento pulito, intelligente,
raffinato, ma che soprattutto conferma la personalità di Andrea Cigni
regista che al di là delle collaborazioni col Ponchielli, può vantare un
curriculum di tutto rispetto e che si è
recentemente fatto apprezzare per il
Cappello di Paglia di Firenze di Nino
Rota, prodotto dal Maggio Fiorentino, per un Don Pasquale di Donizetti
che in Francia sta facendo sfracelli e
che si vedrà in Italia solo il prossimo
anno. Andrea Cigni per il Circuito Lirico Lombardo ha allestito un Orfeo di
Claudio Monteverdi che il Ponchielli
non ha più avuto né voglia né il coraggio di riallestire per dare respiro
ad un Festival Monteverdi col fiato
corto, Traviata, Ernani di Verdi, solo
per fare qualche titolo. Cigni, toscano
verace ‘momentaneamente’ trapiantato nella Bassa, rappresenta uno di
quegli artisti, metteur en scène che
sanno con abilità e rispetto mediare
fra tradizione e innovazione, sanno
leggere le opere – lo spartito – e costruire regie che partono dalla musica, si muovono nel recinto dell’opera
e del libretto senza appiattirvisi, ma
scavando nel linguaggio drammaturgico e musicale che diviene materia
duttile e fertile per l’intuizione registica. Sembra dunque interessante parlare del Nabucco, in tour nei teatri del
Circuito Lirico Lombardo, per allargare poi il discorso a una prassi registica rispettosa del testo operistico, così
come della musica, senza però disattendere al pensiero registico. Non è
un caso che Andrea Cigni definisca il
suo Nabucco: «evocativo, simbolico e
teatrale: queste credo possano essere
le parole chiave che caratterizzano il
mio lavoro e nello specifico la messinscena dell’opera verdiana».
Un’opera da mettere in scena con cautela?
«Come tutte le opere e tutte le volte
che ci si vuole interrogare su ciò che
accade in scena e su quello che suggerisce la musica. Nel caso di Nabucco una partitura musicale straordinaria che offre la possibilità di lavorare
intensamente sulla caratterizzazione
dei personaggi, ma impone anche
un’azione di pulitura».
Cosa intende dire?
«Tutti nel Nabucco aspettano il Và
pensiero, molti non sanno neppure a
che punto stia dell’opera. E’ alla fine.
Molto spesso le simbologie inventate
o prese in prestito dalla storia recente
appesantiscono e snaturano il Nabucco stesso. Gli ebrei oppressi dai babilonesi possono suggerire parallelismo
novecenteschi legati alla shoah. Si è
visto anche questo».
E il suo Nabucco come si colloca?
«Nabucco è un’opera di apparato. Ci
si attende la magniloquenza dei cori,
ma poi li si riduce a comparse e ci si
accontenta dell’effetto massa. Non è
così. Il coro è a suo modo un perso778/779 - 2014
naggio, ciò che accade in scena scaturisce dalle relazioni fra i vari protagonisti. Come sempre più spesso mi
capita ho lavorato levando, cercando
di puntare l’attenzione sulle relazioni
che intercorrono fra i personaggi, sulle doti recitative dei cantanti, partendo dallo spazio scenico».
In che senso?
«Ho cancellato ogni simbologia. Tutto
è molto essenziale, uno spazio chiuso
fra alte mura e che muta a seconda
dei casi. Il muro può ricordare il muro
del pianto a Gerusalemme. C’è un
trono per simboleggiare la sovranità babilonese. Il cavallo su cui arriva
Nabucodonosor è una sorta di cavallo di Troia, è un idolo e un simbolo di
una cultura che si innesta su un’altra.
In palio c’è il potere, il dominio di un
popolo sull’altro, la guerra fra civiltà,
diremmo noi».
Come ha lavorato sui personaggi?
«Negli eroi e nelle eroine verdiane,
specie quelli di opere come Nabucco,
Attila o Aida io ritrovo una specie di
seme di follia che spinge i personaggi
nella loro linea drammatica. Una follia
legata alla bramosia di potere, ma al
tempo stesso utile ad affrontare con
una vaga incoscienza le situazioni
affettive o sociali che i personaggi si
trovano a vivere. Per quanto riguarda
i personaggi le dinamiche drammatiche apparentemente vaghe sono
in realtà molto forti e caratterizzate: l’amore di Abigaille per Ismaele
a sua volta innamorato di Fenena in
procinto di convertirsi ad una nuova
religione (vista come ‘amore’). Non
meno importante è il legame di Nabucco con le figlie, una naturale l’altra
adottata, e il proprio potere. Ma anche personaggi più piccoli hanno una
loro valenza drammaturgica come il
Sacerdote che desidera difendere ad
ogni costo la propria religione e cultura arrivando quasi a manipolare Abigaille... Insomma, in quest’opera lo
sviluppo multipolare del dramma tra i
personaggi ha un valore significativo
che caratterizza proprio tutta l’opera
778/779 - 2014
stessa. Tutto ciò è suggerito, evocato dalla musica, dalla recitazione
dei cantanti. Come insegna il teatro
ciò che accade in scena deve essere
completato dallo sguardo e dalla immaginazione dello spettatore»
Evocativo, simbolico due delle parole
chiave di cui diceva all’inizio sembrano contenersi nel teatro?
«Penso sempre all’idea di teatro povero di Grotowsky che non significa
povertà di mezzi, ma di un lavoro su
ciò che è il nucleo del teatro: il corpo
dell’attore/cantante, il suo rapporto
con lo spazio e la musica che nel nostro caso è un veicolo straordinario di
pensiero e di emozioni. Corpo e musica: c’è tutto e di più, sono la materia con cui lavorare. Come non mai in
Nabucco la musica prepara l’azione,
a tratti la suggerisce. Alla base c’è il
racconto di una storia. Questo vuole
essere il mio Nabucco: una storia che
si racconta davanti ad un pubblico, in
cui la bramosia del potere, l’intreccio
di culture e le relazioni fra i vari personaggi si offrono allo sguardo dello
spettatore perché questi sappia e
possa farlo proprio».
La magia del teatro?
«Il teatro che si compie nel qui ed ora
della scena e chiede la partecipazione emotiva e intellettuale del pubblico».
Un tener conto del pubblico che la
lega alla tradizione?
«Se per tradizione si intende opposizione a facili attualizzazioni per cui
Don Giovanni si imbosca su una Mercedes direi di sì. Non credo che questa sia innovazione, è lo stesso meccanismo delle messinscena tradizionali, è semmai un’attualizzazione ma
non altro. Il meccanismo è lo stesso:
descrivo e spiego quello che succede,
non costruisco un dialogo con lo spettatore, non chiedo allo sguardo del
pubblico di partecipare a ciò che accade in scena, mi limito a dare la mia
visione, magari provocando perché so
che così se ne parlerà. Ciò che manca
è il pensiero interpretativo, di analisi
ed ermeneutico di ciò che la musica
e la storia raccontata può suggerire
in primis al regista che – in teatro- costruisce sempre un opera aperta che
si completa con la partecipazione del
pubblico. Ed anche quando si parla di
tradizione si parla sempre e comunque di un’invenzione, di un passaggio da un tempo all’altro di codici e
linguaggi che mutano nel momento
in cui vengono assunti nel qui ed ora
della messinscena».
Il Nabucco con i tuniconi non è tradizionale?
«La tradizione non è storicizzare,
un’abitudine invalsa nella seconda
metà dell’Ottocento. Difendo la voglia
di vedere una messinscena che cerca
di raccontare le caratteristiche di un
tempo lontano come quello della cattività babilonese, ma non passatista e
neppure archeologica».
C’è una terza via fra attualizzazione
forzata e messinscena dai fondali dipinti?
«Credo di sì e credo passi attraverso la valorizzazione drammaturgica
della varie componenti dell’opera dal
libretto alla musica, dalla caratterizzazione dei personaggi, al ruolo dei
cori per restare al Nabucco. Il mio atteggiamento è quello di mettermi al
servizio dell’opera, della musica, sviluppando idee e intuizioni che possono essere mie, ma che nascono e
si fortificano col confronto con i cantanti, con gli scenografi, i costumisti,
tutti impegnati ad agire su un terreno
comune: quello dell’opera che si sta
mettendo in scena, il Nabucco nel nostro caso».
L’esito?
«Credo sia una sorpresa ogni volta, al
di là che poi l’allestimento venga giudicato più o meno riuscito. L’esito che
vado cercando è la possibilità di dar
corpo a un teatro evocativo che chieda al pubblico di entrare in empatia
con ciò che vede e farlo proprio».
29
SIPARIO
Speciale Lirica
cremona
NABUCCO RINCHIUSO
tRA MURA Di PASSIONI
di Nicola Arrigoni
U
n Nabucco intimo, in cui
emergono – sia musicalmente che registicamente – le
singolarità, le relazioni e i conflitti fra
i personaggi, piuttosto che il dramma
di un popolo: questa la riflessione che
suggerisce la messinscena dell’opera
verdiana a cura del regista Andrea
Cigni e del direttore Marcello Mottadelli. Tutto nel Nabucco, prodotto dal
Teatro Amilcare Ponchielli in collaborazione con il Circuito Lirico Lombardo, contribuisce nello scavare l’intimità dei personaggi, l’aspetto corale
rimane ma come dire si fa esso stesso
personaggio, commento all’azione,
un’azione che luci e scene delineano
con precisione spaziale, quanto ben
delineato è l’indirizzo registico. La
scenografia di Emanuele Sinisi è fatta
di segni delicati ed essenziali. Lo spazio è uno spazio claustrale, il palcoscenico è delimitato orizzontalmente
e non offre vie di fuga. Le alte mura
sono quelle di Babilonia, ma sono anche il muro del pianto, impediscono di
guardare oltre, eppure non mancano
spiragli da cui arrivano le luci di taglio
a sx: Alberto Gazale in Nabucco,
regia Andrea Cigni. Foto Albarosa Eleni.
30
778/779 - 2014
Andrea Cigni trasforma l’opera
verdiana in un kammerspiel
di Fiammetta Baldiserri, da cui entrano ed escono i personaggi provenienti da un altro luogo che non è dato
vedere. Tutto – nell’idea registica elegante e pulita di Andrea Cigni – deve
convergere in una intimità che a tratti
appare soffocante, quasi che i personaggi di Nabucco siano prigionieri
delle proprie passioni: quella di Fenena per Ismaele e parimenti quella
di Abigaille per Ismaele, il contrasto
con la sorellastra Fenene, ma anche la
scoperta di non essere figlia di Nabucodonosor. Relazioni, legami infranti
e svelati attraversano il Nabucco e
si affiancano al confronto/scontro fra
culture, diremmo oggi: quella ebraica
e quella babilonese.
Tutto questo è racchiuso da Andrea
Cigni in una stanza, Cigni fa del Nabucco una sorta di kammerspiel ed
anzi suggerisce che tutto parta da lì,
dal chiuso di quelle segrete stanze in
778/779 - 2014
31
SIPARIO
Speciale Lirica
tica’, Andrea Cigni fornisce un motivo
in più per credere ancora funzionale
la lezione di grandi registi come Massimo Castri, che nel teatro drammatico hanno messo in evidenza come
il testo contenga in sé tutte le novità
che i registi provocatori van cercando… Si crede di poter affermare che il
lavoro di Andrea Cigni si pone in questa direzione e non è cosa da poco...
NABUCCO
dramma lirico in quattro
parti
cui si giocano le relazioni fra il re e la
regina, il re e il guerriero, il sacerdote
e il sovrano, ma anche fra padre e figlia illegittima, donna e uomo. Da qui
ha origine tutto: dalle relazioni intime
di un mondo lontano ma che Andrea
Cigni avvicina a noi senza sterili attualizzazioni, ma con la disposizione
di chi si mette al servizio della drammaturgia, della vicenda, della musica.
I costumi delicati di Simona Morresi
sono eleganti, dai cromatismi tenui;
spicca un’Abigaille che nel manto
piumato ricorda la mozartiana Regina
della Notte, ma anche la strega disneyana di Biancaneve, nella versione dark di Maleficent, mentre Nabucco è né più né meno che l’evocazione
di certi altorilievi di dignitari e re babilonesi, il tutto giocato con estremo
gusto, senza mai eccedere ma con
una linearità che riflette l’intero allestimento. Così pure i movimenti del
32
coro sono fluidi, mai invasivi eppure
ieratici e solenni. La stessa direzione
di Marcello Mottadelli mantiene un
equilibrio tonale e di interpretazione
che mette al sicuro dalla retorica in
note ed anche l’atteso “Và pensiero”
si fa canto segreto, intimo, sussurrato. Buona la prova vocale dei cantanti
e la presenza scenica. A giocarsi in
questo Nabucco è una concezione teatrale del melodramma che sa tenersi
in equilibrio fra le attese dei melomani e le esigenze di dar vita ad un allestimento che non sappia di polvere di
palcoscenico.
In questo senso Andrea Cigni si conferma un regista attento, scrupoloso
le cui idee nascono dal conoscere e
studiare il libretto e la musica, nella
volontà di far emergere quanto si dice
nel sottotesto, quanto è suggerito dal
connubio musica e parole. In tempi di
messa in discussione della ‘regia cri-
libretto di Temistocle Solera
musica di Giuseppe Verdi;
interpreti principali: Paolo Gavanelli (Nabucco), Tiziana Caruso
(Abigaille), Enrico Iori (Zaccaria),
Gabriele Mangione (Ismaele), Raffaella Lupinacci (Fenena), Antonio
Barbagallo (Il Gran Sacerdote di
Belo), Giuseppe Distefano (Abdallo), Sharon Zhai (Anna);
direttore, Marcello Mottadelli,
regia di Andrea Cigni,
scene di Emanuele Sinisi,
costumi di Simona Morresi,
luci di Fiammetta Baldiserri,
Coro del Circuito Lirico Lombardi,
diretto dal maestro del coro Antonio
Greco e Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano,
produzione Teatro Amilcare Ponchielli e del Circuito Lirico Lombardo.
al teatro Ponchielli di Cremona, 14
novembre 2014, prima nazionale.
sopra: Nabucco, regia Andrea Cigni.
Foto Albarosa Eleni.
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33
SIPARIO
Dal Mondo
BUCAREST
FNT, NATIONAL THEATER
FESTIVAL DI BUCAREST
GUARDA LONTANO
24a Edizione dal 24 ottobre al 2 novembre 2014
di Mario Mattia Giorgetti
Bucarest,
una città che pulsa di teatro
D
al 24 ottobre al 2 novembre,
nella città di Bucarest regna
il teatro grazie al Festival
Nazionale del Teatro alla sua 24esima edizione, che ogni anno raccoglie il meglio delle proposte creative
più innovative del proprio Paese e le
distribuisce in molti spazi teatrali,
dal centro all’estrema periferia; e, incredibile a dirsi, tutte le sante sere,
e anche i pomeriggi, un esercito di
giovani, meno giovani e anche attempate signore, si muovono per entrare
in rapporto con gli spettacoli; comuni cittadini che nell’arco del periodo,
s’incontrano, si conoscono, dialogano, vivono una libertà da molto tempo
agognata.
Il teatro li ha uniti, proprio in un momento in cui siamo tutti “succhiati”
da diabolici strumenti tecnologici che
isolano, dividono, quali televisione,
computer, iPad, cellulari e via dicendo. Il teatro riporta in primo piano il
piacere di vedersi, confrontarsi, partecipare, esserci, vivere in comunità.
Il modello di questo festival, che potrebbe avere il sapore di una torta
autarchica, in realtà è una vetrina che
consente di vedere cosa si produce in
ogni angolo della Romania: è un valido censimento teatrale per il pubblico
di questa Bucarest che in ogni angolo
mostra i segni della rinascita. Di un
orgoglio ritrovato.
In questo campionario di spettacoli,
avvallati dalla direttrice Marina Constantinescu, osservatori internazionali curiosano, indagano, intrecciano
relazioni per probabili progetti. Gravitano, infatti, non solo critici, giornalsti,
ma anche direttori di teatri europei
che vengono ospitati, coccolati, intervistati, coinvolti per un nuovo futuro
del teatro romeno, che vanta formidabili attori, umili nella vita e grandi nella loro professione, registi esplosivi
di idee e di creatività. Insomma, pur
vivendo in una crisi che ci attanaglia
tutti, qui si crede nel teatro, nel teatro
che salva, di qualsiasi genere possa
essere: dalla tragedia alla commedia,
dalle performance di danza alla commedia musicale; dai monologhi al teatro-documento; dagli autori classici ai
contemporanei. Registi consolidati e
giovani emergenti, una moltitudine di
attori sono attivi, si mettono in campo
e la città pulsa, vibra, offrendo il piacere di alimentarsi di teatro: pane del
nostro sapere.
Il Festival:
una macchina complessa ma funzionante
C
Locandina dello spettacolo Victor o i
bambini al potere di Roger Vitrac, regia
Silviu34Purcârete.
i sembra utile segnalare ai
nostri lettori come funziona
questo importante Festival
e a tal fine abbiamo voluto incontrare la direttrice, Marina Costantinus,
perché ci spiegasse tutta la macchina
organizzativa e, quindi, sapere cos’è
questo Uniter, sapere esattamente
il budget che hanno a disposizione
quest’anno, come avviene il rito delle
scelte degli spettacoli, se ancora esiste un premio e poi sapere se esiste
una strategia per arrivare a creare
rapporti con altri festival internazionali o teatri… ecco cosa ci ha detto:
“Io ritorno dopo sei anni alla direzione del festival perché l’ho già diretto
negli anni 2005, 2006 e 2007. Uniter
raccoglie più soggetti, che formano
una unione di organizzazioni per le
creazioni teatrali, si tratta di una as778/779 - 2014
778/779 - 2014
sociazione non governativa di tipo
ONLUS. È il Senato che sceglie il direttore di questo festival, insomma è
un’unione di professionisti”.
Ma come avviene la scelta degli spettacoli, qual è la metodologia?
La scelta si basa su una stagione di
un solo anno del calendario, io ho fatto la scelta dell’anno 2013/2014.
Sì, ma non crediamo che lei abbia
avuto la possibilità di vedere tutti gli
spettacoli
Sì, perché io sono critico del teatro, il
mio obbligo sarebbe proprio quello
di vedere tutti gli spettacoli. Faccio
uno sforzo molto grande perché ho
cercato di essere un po’ dappertutto,
anche nei posti dove sapevo che non
ci sarebbe stata alcuna scelta, non ho
mai fatto una selezione guardando il
DVD.
Interessante questo, pensavamo ci
fosse un rito diverso, che tutti i teatri
della Romania mandassero una documentazione e poi una commissione,
diciamo decide...
No, per questo lo sforzo è molto grande.
Sarà molto corteggiata, allora?
No, no, ho un rapporto molto speciale
dopo 25 anni nel campo teatrale.
Allora, lo Stato dà i soldi all’UNITER?
Sono tre organizzatori l’Uniter, il Comune di Bucarest e il ministero della
cultura e poi anche gli sponsor.
E il budget totale con quale criterio
35
SIPARIO
Dal Mondo
viene spartito? Alle compagnie vengono riconosciuti dei cachet?
No, io pago il vitto, alloggio, trasporto, anche un per diem e soldi per gli
interpreti.
E gli incassi?
Io sono in una sorta di partnership
con tutti i teatri e gli incassi rimangono ai teatri. Questi ultimi sono i miei
partner, io non pago un affitto, quindi
tutti gli incassi ottenuti dalla vendita
dei biglietti rimangono ai teatri, ciascuno dei quali stabilisce il prezzo dei
biglietti, quindi c’è un guadagno anche per i teatri.
Abbiamo chiesto quest’incontro proprio perché ci piace questa macchina
dal momento che in Italia non è così. In
Italia in genere si dà un cachet alle
compagnie secondo gli attori - se sono
di grande valore, se sono importanti o
no - e a una piccola compagnia si dà
quasi niente, e quindi non va bene.
Il ministero quanto tempo prima dispone del budget? Perché a volte in
Italia arriva la conferma del budget
pochi mesi prima del festival e quindi
diventa difficile programmare quando
non sai di quanto disponi. Qui avviene
un anno prima o pochi mesi prima?
Ora siamo alla 24ª edizione del festival, è l’unico festival nazionale di
teatro e il ministero della cultura ha
la sue responsabilità, ma dal punto
di vista politico le cose non stanno
sempre bene, sono in cattive acque,
ma nonostante la situazione probabilmente anche il mio nome ha avuto
un certo peso perché non ho avuto alcun problema per quanto riguarda il
finanziamento. Al ministero c’era un
vuoto di potere e dopo le dimissioni
del ministro della cultura sono andata da lui, ho presentato il progetto del
festival e gli ho detto chiaramente
che avevo bisogno di una certa somma e non di un’altra cosa. Nel budget
del ministero questo festival e anche
altri festival importanti non avevano somme perché un altro ministro
36
aveva deciso che andava bene così e
allora l’ex ministro della cultura, che
era anche vice premier del governo,
ha preso una decisione proprio per
stanziare dei finanziamenti per questo festival. Lui è un uomo di cultura
aldilà delle cariche che ricopre, lui era
già stato ministro della cultura e con
lui le cose sono andate sempre bene.
Questo è un festival nazionale, ma
pensate sempre di dare visibilità alla
drammaturgia romena, a quelle comunità di lingua tedesca, yiddish ecc,
oppure pensate di aprirvi anche a
spettacoli internazionali?
Io penso solo al valore indifferentemente dall’origine dello spettacolo,
quindi non importa se uno spettacolo
viene recitato in ungherese o tedesco
o yiddish, l’importante è che sia uno
spettacolo di qualità e quindi viene
inserito nel festival. Per quanto riguarda la partecipazione internazionale abbiamo già ospitato varie compagnie e autori dall’estero.
Avete anche rapporti con altri festival
per eventuali scambi?
Abbiamo sempre avuto questi rapporti. Ci sono spettacoli che sono
stati visti al nostro festival e poi
hanno fatto tournée all’estero; faccio
un esempio: il direttore del Festival
di Edinburgo ha visto lo spettacolo
Faust di Silviu Purcârete nel 2007 e
poi l’ha voluto nel suo festival.
Dovendo proporre uno spettacolo di
questo festival all’Italia che titolo ci
propone?
Non so esattamente cosa succede in
Italia in questo momento nel settore
del teatro, prima ero più aggiornata,
non so se si va più verso il teatro-danza o teatro di prosa.
Noi abbiamo, tra gli altri, due grandi
festival, uno in Roma “Europa festival”
e poi c’è “Napoli Europa Festival” che
è aperto internazionalmente e, quindi,
sono due sedi dove si possono propor-
re degli spettacoli. Sipario tiene rapporti con questi direttori e suggeriamo
spesso spettacoli da invitare; per questo motivo mi sarebbe piaciuto sapere
se abbiamo delle idee in comune.
Voi quali compagnie invitereste, per
quel poco che avete potuto vedere?
Beh, noi abbiamo visto pochi spettacoli, ma proporremmo Victor perché
in Italia è stato molto rappresentato
anche da registi importanti e poi non
ci dispiacerebbe Cabaret, questi sono
i due che secondo noi potrebbero passare uno perché è un musical e l’altro
perché è una rilettura.
Sarebbero anche le mie scelte, due
spettacoli molto diversi. La mia prima
scelta sarebbe West Side Story, è molto costoso ma è uno spettacolo unico. Ci sono 21 attori. I migliori del paese scelti dopo un’audizione. Leonard
Bernstein ha scritto West Side Story per attori non per cantanti e questa è stata la nostra linea, loro hanno
studiato insieme dal 18 agosto. C’è la
migliore orchestra di Romania e anche un giovane direttore d’orchestra
che ha già diretto a Vienna. Abbiamo
pensato che questo spettacolo – che
ha avuto un successo immenso - fosse una manifestazione degli attori
giovani al fine di sensibilizzare lo Stato di fronte a grossi problemi causati
da una forte disoccupazione giovanile.
Da un punto di vista pratico, a quanto
ammonterebbe il costo dello spettacolo nel caso in cui volessimo proporlo?
Saprò tutto la prossima settimana con
precisione.
Per questi aspetti tecnici ci risentiamo.
nella foto: Victor o i bambini al
potere di Roger Vitrac, regia Silviu
Purcârete. Foto Biro Istvan.
778/779 - 2014
Il Festival Nazionale del Teatro romeno, alla sua 24esima edizione, ha trovato il suo punto di forza nel regista
Silviu Purcârete, che già ammirammo
nell’edizione passata in cui assistemmo allo spettacolo Un cappello di paglia di Firenze.
Siamo tornati a indagarlo, a studiarlo,
(si tratta di un regista che ama scardinare un’opera per riproporla con la
sua visione provocatoria e fantastica,
Trasferitosi a Parigi nel 1910, si appassionò ai testi poetici e teatrali di
Lautreamont e Jarry, e fondò la rivista
Aventure con gli amici Marcel Arland,
François Baron, Georges Limbour e
René Crevel. Incontrati André Breton e Louis Aragon nel 1921 si unì al
gruppo della rivista La révolution surréaliste, per poi staccarsi e insieme
ad Antonin Artaud fondare nel 1926
il Théatre Alfred-Jarry, dove rappresentò proprie opere. Il suo teatro, vicino a quello di Alfred Jarry, intreccia
un’amara concezione dell’esistenza e
una violenta critica dei valori borghe-
prodotto altissimo di un surrealismo
che doveva far nascere, in quei magnifici anni di prima metà del secolo,
il teatro Alfred Jarry. La funzione demolitrice dell’ipotesi surrealista era di
assoluta libertà da schemi sociali, e
la collocazione dei personaggi in un
universo geograficamente definito
era parsa, per esempio in Jarry, un
ghignante trucco.
Non sono molte le opere di Vitrac rimaste in vita. Solo Victor ha trovato
interesse grazie all’invenzione di affidare ad un bambino di nove anni,
interpretato sempre da un adulto, con
capacità di sapere tutto, giudicare
che ama sorprendere con intelligenza) nello spettacolo Victor o i bambini
al potere di Roger Vitrac, testo partorito nel 1928, in pieno clima e fervore surrealista del gruppo fondato da
Breton e Lautreamont, di cui Vitrac
fece parte e dal quale venne espulso.
Roger Vitrac (Pinsac, 17 novembre
1899 – Parigi, 22 gennaio 1952) è stato
un commediografo francese. Commediografo, ma anche poeta, giornalista
e regista, Vitrac viene considerato un
precursore del Théâtre Nouveau.
si con audacie espressive di gusto
surrealista. Raggiunse successo soprattutto postumo grazie ad alcune
regie di Jean Anouilh negli anni ‘60
e viene considerato anche precursore
del teatro dell’assurdo.
Victor. O i bambini al potere è una
delle costruzioni teatrali più sapienti
e più pazze, più demolitrici e addirittura più poetiche, più corrosive e più
blasfeme, dove il Dio da bestemmiare
è il Dio della borghesia, oggi facilmente odiabile. In una parola è proprio il
tutto e fustigare il proprio nucleo familiare dai comportamenti immorali.
In Italia, è stato messo in scena da
Giorgio de Lullo, da Mario Missiroli,
Giancarlo Sepe e altri di cui non ricordiamo i nomi, negli anni in cui portarlo in scena era motivo di orgoglio per
registi che volevano essere contestatori e innovativi.
Ora, questo testo, a distanza di tanti
anni dal suo debutto, avvenuto il 12
settembre del 1909, a Parigi, viene
proposto in Romania dalla Compa-
Il “Victor”
di Silviu Purcârete
affascina il pubblico romeno
778/779 - 2014
37
SIPARIO
Dal Mondo
“Mozart steps”
oltre trenta attori che
danzano. Successo.
VICTOR OR POWER TO THE CHILDREN
gnia Hungarian State Theatre, Cluj.
Ci sorge spontanea la domanda se
oggi ha veramente senso proporre
un’opera che nella mente dell’autore,
con la forza fantasiosa del surrealismo, della visione patafisica, voleva
denunciare la decadenza morale e sociale della borghesia francese di allora. Siamo convinti, però, che il regista
Purcârete l’abbia scelta non tanto per
i suoi contenuti orientati al degrado
borghese - validi oggi più che mai nel
contesto della società romena, dopo
essere uscita della dittatura - ma che
l’abbia scelta anche perché consente
di sprigionare una creatività dirompente, ricca di colpi di scena, di fare
agire e modellare gli attori in uno
spartito recitativo multiplo, per attori
totali, da collocarsi in uno spazio carico di richiami simbolici.
Infatti, il regista, per il suo Victor, ha
messo insieme una compagine di attori eccezionali - disponibili, convinti
nel fare tutto ciò che la regia richie-
38
desse, che meritano di essere menzionati Áron Dimény, Zsolt Bogdán,
Emőke Kató, Csilla Varga, Csilla Albert, Ervin Szőcs, Andrea Vindis,
József Biró, Enikő Györgyjakab, Levente Molnár - ed ha dimostrato le
sue grandi qualità di scrivere scenicamente, di conoscere i meccanismi
della teatralità. Insomma, il testo di
Vitrac assurge a pretesto creativo, ad
atto necessario, scardinante, da offrire ad un pubblico che si affascina alla
libertà di espressioni in palcoscenico,
che coglie gli aspetti grotteschi, ironici, surreali, appunto, che emergono
in questa messa in scena, che è stata
lungamente acclamata, applaudita,
con amore liberatorio.
by Roger Vitrac
Translated by: József Vinkó
Cast:
Victor, aged nine: Áron Dimény
Charles Paumelle, Victor’s Father:
Zsolt Bogdán
Émilie Paumelle, Victor’s Mother:
Emőke Kató
Lili, Servant girl: Csilla Varga
Esther, aged six: Csilla Albert
Antoine Magneau, Esther’s Father:
Ervin Szűcs
Thérèse Magneau, Esther’s
Mother: Andrea Vindis
Generalul Louségur: József Biró
Ida Mortemart: Enikő Györgyjakab
Physician, mute lady, Maria, the
servant : Levente Molnár
Directed by: Silviu Purcărete
Set Design: Dragoș Buhagiar
Original Score: Vasile Șirli
Hungarian State Theatre, Cluj
Bulandra Theatre, Toma Caragiu
Hall 25-26 ottobre 2014
778/779 - 2014
Dopo circa 40 minuti di bus, si arriva al Centro Culturale Ion Manu per
la sua inaugurazione: è stato inserito nel programma del festival con lo
spettacolo Mozart steps, presentato
come evento di teatro-danza moderna. La curiosità è stata tanta, poiché
abbiamo appreso che la compagnia
non era formata da danzatori ma da
circa trenta attori, metà donne e altrettanti uomini, di tutte le taglie e
stazze: alti e bassi, cicciotti e segaligni; attori che si sono consegnati al
coreografo Gigi Căciuleanu ritenuto
ottimo creativo e di qualità per impegno sociale nell’ambiente dei ballettomani, ma che stavolta, con grande
disinvoltura, ha messo le mani, anzi i
piedi, o meglio mani e piedi, in testa
ai giovani interpreti che ce l’hanno
messa tutta nel soddisfare le figurazioni coreografiche, molto ripetitive,
finalizzate a continue camminate,
simbolo della folla, poi corpi che corrono, si uniscono, si aggrovigliano, si
sollevano, che richiamano una ritualità del nostro vivere. E poi un continuo
gioco di oggetti coi quali ci rapportiamo e confrontiamo quotidianamente:
camicie, lenzuoli, bastoni, sacchi a cui
siamo legati da corde, tutti elementi
materici che sono serviti a organizzare continue composizioni, a volte
dinamiche, a volte statiche, immagini ed espressioni di volti con sguardi
sbarrati nel vuoto, di bocche che mormorano: tutti segni da decodificare,
non sempre facili. Insomma, un’ora
e passa con attori i cui corpi si impegnano a soddisfare la fantasia del coreografo, agendo su una colonna sonora che non era altro che la somma
di tanti motivi che spaziavano da riti
liturgici a canti orientali, da musiche
note di Mozart e altri autori a passaggi lirici: tanti spezzoni musicali che
hanno accompagnato, e accompa778/779 - 2014
gneranno ancora il nostro vivere, il
nostro crescere.
Evento coraggioso, che ha fatto bene
agli attori sicuramente per la loro formazione, ad altri del pubblico ha procurato un po’ di noia, ad altri ancora
meraviglia. I partecipanti romeni, comunque, sempre numerosi e generosi, non hanno lesinato gli applausi ed
hanno salutato con ammirazione gli
attori volonterosi.
Prima di uscire dal teatro, nel foyer, il
pubblico è stato invitato a osservare
la mostra di quadri, foto, lettere, cartoline, collages di Ion Manu, padre di
Sanda Manu, professoressa di recitazione, nonché regista, introdotta dalla direttrice del festival Marina Constantinescu e da lunghe testimonianze. Coro di applausi alla conclusione
del rito.
MOZART STEPS
(dance performance)
by Gigi Căciuleanu
Cast: Veronica Arizancu, Florin
Coşuleţ, Ali Deac, Diana Fufezan,
Raluca Iani, Adrian Matioc, Adrian
Neacşu, Cătălin Pătru, Daniel Plier,
Arina Ioana Trif, Vlad Robaş, Marius
Turdeanu, Gabriela Pârlițeanu, Liviu
Vlad, Anca Pitaru, Vlad Bacalu, Anton Balint, Cristina Blaga, Paul Bondane, Iulia Popa, Tudor Răileanu,
Maria Soilică, Cristi Timbuş, Maria
Tomoiagă, Alexandra Şerban, Iustinian Turcu
Choreography: Gigi Căciuleanu
Set Design: Gigi Căciuleanu
“Radu Stanca” National Theatre,
Sibiu
“Ion Manu” Cultural Centre Otopeni
27 Ottobre 2014
sopra: Mozart Steps, di Gigi Căciuleanu.
Foto TNRS Sebastian Marcovici.
39
SIPARIO
Dal Mondo
Negli spazi dell’Odeon
è di scena la denuncia
Typographic Capital LetterS
di Gianina Cărbunariu
Al teatro Odeon, nella sala preposta
per un teatro innovativo, abbiamo
assistito nel tardo pomeriggio a Typographic Capital Letters, di Gianina
Cărbunariu, spettacolo di teatro-documento che narra le vicende drammatiche che subisce un ragazzo desideroso di denunciare gli abusi della
dittatura e usa scrivere di nascosto
sui muri la sua protesta contro il regime e strilli di “Libertade”.
Atto perseguito dalla legge della
dittatura con pene singolari, che la
società romena conosce molto bene.
E bene ha fatto l’autrice a costruire
un’opera che spiegasse ai giovani di
nuova generazione quanta sofferenza
abbia accompagnato il popolo della
Romania soggiogata da anni dal despota Ceauăescu.
Lo spettacolo si snoda attraverso una
serie di racconti supportati da un’abile struttura tecnologica di riprese
televisive utili a mostrare amplificati
documenti, dettagli e volti degli attori
- cinque giovani agguerriti e motivati
-, e da scene drammatiche riproducenti la storia del ragazzo, della di lui
madre, e di altri personaggi coinvolti
nei fatti.
Uno spettacolo “lezione” potremmo
definirlo, che il pubblico molto giovane ha veramente apprezzato, offrendo ai cinque attori - Cătălina Mustată,
Alexandru Potocean, Gabriel Răuăt,
Mihai Smarandache, Silvian Vâlcu calorose chiamate plaudenti.
TYPOGRAPHIC CAPITAL LETTERS
by Gianina Cărbunariu
Cast: Cătălina Mustață, Alexandru
Potocean, Gabriel Răuță, Mihai
Smarandache, Silvian Vâlcu
Directed by: Gianina Cărbunariu
Set Design By: Andrei Dinu
Choreography by: Florin Fieroiu
Music by: Bobo Burlăcianu
Light design: Andu Dumitrescu
Odeon Theatre, Bucharest
Odeon Theatre, Studio Hall 28-29
ottobre 2014
sopra: Typographic Capital Letters
di Gianina Cărbunariu.
40
778/779 - 2014
“The Devil’s Casting”
di Radu Afrim
Di altra natura teatrale, di altro genere
drammaturgico, ma sempre di denun-
cia satirica, è stato lo spettacolo visto
alla sera nella sala principale dell’Odeon, dal titolo significativo The Devil’s casting di Radu Afrim, dove ben
sedici attori di grande bravura sono
coinvolti a dar vita a scene grottesche
di personaggi strambi, eclettici, chiamati a dimostrare le loro capacità perfomative, alla maniera di “X factor” o
dei “talent show” televisivi, con tanto
di giuria esigente, per far parte di una
recita-festa di compleanno del piccolo figlio di un prestigioso uomo, ricco
e potente, che vuole offrire alla prole
come regalo, segno d’amore e grandezza di mezzi.
Satira frizzante, sul binario della farsa, ricco d’invenzioni burlesche; oltre
un’ora di divertimento per un pubblico numeroso e giovanissimo, assiepato sul palcoscenico, ai bordi dello spa778/779 - 2014
zio d’azione, chi su panche, chi per
terra; e già questa immagine rendeva
entusiasmante l’evento animato da
un cast eccezionale, formato da questi bravissimi attori: Berekméri Katalin, B. Fülöp Erzsébet, Bokor Barna,
Kiss Bora, Galló Ernõ, Gecse Ramóna,
László Csaba, Ciugulitu Csaba,
Moldováa Orsolya, Nagy Dorottya,
Ördög Miklós Levente, Ruszuly Ervin,
Lõrincz Ágnes, Somody Hajnal, Szabadi Nóra, Gergely Botond.
41
SIPARIO
Dal Mondo
“OIDIP”
after Sofocle
or after Purcârete?
Stavolta il regista Silviu Purcârete ha
peccato di presunzione. È rimasto vittima della sua sicurezza creativa; ha
preso in prestito la vicenda di Edipo
sia durante il periodo in cui regna in
una Tebe invasa dalla peste, motivo
come pure il commento musicale, facendo uso anche di filmati di edifici
che esplodono, crollano, si annientano, per concludere che il mondo si sta
distruggendo, in corrispondenza con
la morte di Edipo.
Ci sono certe opere che sono talmente inossidabili che le si possono prendere a pretesto, si usa farlo molto con
William Shakespeare, per dimostrare
la contemporaneità, l’attualità, ma
permessa poiché l’opera è di pubblico dominio, non più tutelabile. Non
basta scrivere sul programma ufficiale “Oidip de/by Sofocle” e scoprire
sul sito del Festival scritto “after Sofocle”, non è corretto.
Comunque, quello che rimane nella memoria è la grande capacità di
Purcârete di proporre idee e creatività meritorie (ma a volte i conti non
tornano), di impiegare attori intensi
“Nel traffico”
OIDIP
after Sofocle
Translated by: Constantin
Georgescu, Simona Georgescu,
Theodor Georgescu
Original Script by: Silviu Purcărete
Cast:
Oidip, King of Thebes: Constantin
Chiriac
Jocasta, wife of Oedipus, Antigona,
daughter of Oedipus: Mariana Mihu
Ismena, daughter of Oedipus: Diana
Fufezan
Teiresias, Blind prophet, Old
Shpeherd, Theseus, King of Athens:
Diana Văcaru Lazăr
Creon, Jocasta’s Brother: Cristian
Stanca
Polyneikes, Son of Oedipus: Ioan
Paraschiv
Messenger: Adrian Matioc
Herald of Corinth: Pali Vecsei
Choir: Veronica Arizancu, Emöke
Boldizsár, Florin Coşuleţ, Diana
Fufezan, Adrian Matioc, Ioan
Paraschiv, Eduard Pătraşcu, Mariana
Mihu, Cristina Ragos, Cristian Stanca,
Cristina Stoleriu, Diana Văcaru Lazăr,
Pali Vecsei.
Directed By: Silviu Purcărete
Set Design: Dragoș Buhagiar
Original Score: Vasile Șirli
“Radu Stanca” National Theatre, Sibiu
Bulandra Theatre, Toma Caragiu Hall
29-30 ottobre 2014
del suo declino come re e inizio di una
presa di coscienza del suo intimo privato, sia nel periodo del suo esilio a
Colono accompagnato dalla figlia Antigone.
Ha miscelato i due periodi, (o meglio
le due opere di Sofocle), ambientandoli in una stanza senza epoca, claustrofobica all’inizio, e poi, per ingegno
macchinoso, il locale si apre all’esterno, facendoci scoprire un giardino
dove si banchetta, su uno sfondo boscoso con foglie in movimento, trasferendolo ai primi anni del Novecento,
con attori in abiti consoni all’epoca,
42
sono operazioni rischiose poiché tali
opere sono legate in maniera inscindibile con il periodo in cui sono state
concepite, il cui linguaggio cozza con
ambienti moderni anche se neutri,
con personaggi di oggi. Insomma,
non sopportano di essere utilizzate
come materiale plastico, da modellare a piacimento, oltre a essere un “inganno” per il giovane che per la prima volta incontra l’Edipo di Sofocle.
Viene a conoscenza di un’opera falsata. Oppure bisogna avere la sincerità
di pubblicare a grandi lettere che si
tratta di un rifacimento, operazione
anche quando vengono chiamati a
improvvisi cambi di scena.
Il pubblico del teatro Bulandra sempre giovane e numeroso, che sicuramente ama e apprezza, come noi,
Purcârete, ha applaudito con affetto
e stima.
di Alina Nelega
un’attrice vincente.
Ancora alla Sala Studio del teatro
Odeon per assistere, insieme ad un
pubblico quasi tutto femminile, al monologo, iper premiato qui in Romania,
Nel traffico di Alina Nelega, regista
di se stessa, nonché giornalista, e,
ovviamente, drammaturga, quotata
anche internazionalmente viste le
traduzioni che annovera nel suo curriculum.
Si è detto monologo, ma in realtà prevede anche dei “siparietti” (per consentire alla bravissima attrice Elena
Purea di cambiarsi per entrare nei
panni dei sei personaggi femminili
che compongono le sequenze dello
spettacolo), affidati a quattro baldi
giovani attori e danzatori di break
dance, che agiscono abilmente tra un
numero e l’altro su una scena che rappresenta, con i tipici segni stradali,
una rotonda dove appunto si dà appuntamento il traffico quotidiano.
Nella scena alcuni manichini scheletriti fungono da servitori di scena per
gli oggetti e elementi di costumi che
entreranno in gioco alla bisogna, su
uno sfondo laterale di una parete carica di murales colorati e appendici di
corpo umano, come una gamba e un
braccio che sbucano dal muro. Una
scena tra realtà e allegoria.
Lo spettacolo, tutto centrato su temi
femminili, di denuncia, di violenze subite, su pregiudizi e via dicendo, con
un linguaggio senza fronzoli, diretto,
aggressivo, fino a rasentare il turpiloquio, si snoda in un’ora e trenta minuti con un’attrice che non perde un
colpo nella sua affabulazione, che si
cimenta anche in passi di danza, che
si trasforma di volta in volta in personaggi diversi. Una grande prova d’attrice, drammatica, comica, sarcastica, energica, fragile, che il “parterre”
delle presenti ha acclamato a lungo.
Veramente meritevole.
IN TRAFFIC
by Alina Nelega
Cast: 6 women: Elena Purea
A lady dog: Elena Purea
Dancers: Andrei Chiran, Claudiu
Banciu, Mihai Bloj, Simon Kalman
Attila
Directed by: Alina Nelega
Set Design: Tiberiu Toitan și Oana
Micu
Choreography: Claudiu Ştian
Light design: Csaba Körössy
National Theatre, Târgu-Mureș
Odeon Theatre, Studio Hall 30-31
ottobre 2014
sopra: OIDIP after Sofocle di Silviu
Purcărete. Foto TNRS Sebastian
Marcovici.
nella pag. a fianco: In traffic
di Alina Nelega. Foto Cristina Ganj.
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SIPARIO
Dal Mondo
Il rischio era grande. Mettere in scena Cabaret, un musical che nel mondo ha colpito l’immaginario collettivo
con l’omonimo film interpretato da
eccellenti attori (Liza Minelli e Michael York, una sapiente regia di Bob
Fosse), poteva non solo essere un atto
presuntuoso come sfida ma poteva
trasformarsi anche in un boomerang
negativo per il regista, gli attori coinvolti e per la produzione del Teatrul
German de Stat Timişoara.
Invece, quel genio di Răzvan Mazilu,
perché di genialità poetica e trasgres-
ci, eclettici, brillanti e drammatici e
umanamente sinceri, facendoli agire
in un contesto scenografico perfetto
di Dragoş Buhagiar, che ha consentito di far vivere i momenti musicali
diretti da Peter Oschanitzky con un
complesso orchestrale in tenuta claunesca, le coreografie dello stesso regista e i quadri parlati, ma divenendo
anche elemento vivo, segno drammaturgico sia durante lo svolgersi delle
azioni, sia sul finale, quando tutti i
personaggi, dopo averci mostrato la
storia drammatica dell’evento del nazismo in una Berlino degli anni Trenta, su una società già dominata da
forti problemi di sopravvivenza, sono
invitati a spogliarsi del tutto per essere spinti dalla stessa pedana-palco-
tutti noi una gamma di emozioni - e di
riflessioni - che rimarranno nel cuore
e nella mente per lungo tempo, per
merito degli interpreti, tutti in parte
nei molteplici ruoli che l’impresa produttiva imponeva, giusti nel seguire
le indicazioni registiche, partecipi,
motivati; ognuno ha raccolto gli applausi prolungati, da ovazione, del
numeroso pubblico intervenuto nella
sala Pictură del Teatro Nazionale I.L.
Caragiale; insomma, uno spettacolo
catartico per tutti, liberatorio perché
denunciante, che è stato messo in
scena da artisti tedeschi che fanno
parte di quel grande ceppo comunitario che vive in terra di Romania, nello
stato di Timişoara.
Un atto di coraggio produttivo e d’im-
siva ne ha da vendere - basta guardare
il suo percorso artistico -, ha messo in
scena uno spettacolo ricco di soluzioni creative personali, allontanandosi
per fortuna dal modello cinematografico, grazie anche ad una compagnia
di attori coinvolgenti, graffianti e dol-
scenico che si trasforma in una porta
infernale e, come un ponte levatoio,
si solleva sui corpi nudi obbligandoli
a entrare in una Ade di morte: nelle
camere a gas.
Il regista non solo ha evitato il rischio
del confronto, ma ha consegnato a
portante valore artistico: lo spettacolo
dovrebbe essere accolto nei tanti festival internazionali sparsi nel mondo.
“Cabaret”
di Răzvan Mazilu
trionfa a Bucarest
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sopra: Cabaret di Joe Masteroff.
Foto Ovidiu Ciba.
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CABARET
by Joe Masteroff
Music: John Kander
Lyrics: Fred Ebb
Cast:
Conférencier: Georg Peetz
Sally Bowles: Daniela Török
Cliff Bradshaw: Konstantin Keidel
Domnişoara Schneider: Ida JarcsekGaza
Domnul Schultz: Christian Bormann
Domnişoara Kost: Dana Borteanu /
Tatiana Sessler
Ernst Ludwig: Radu Vulpe
Trupa de Kit-Kat Club:
Texas: Olga Török
Helga: Silvia Török
Rosie: Anne-Marie Waldeck
Frenchie: Cristina Romândaşu
Lulu: Suzana Vrânceanu
Bobby: Horia Săvescu
Victor: Richard Hladik
Max, club owner: Franz Kattesch
Two Ladies: Anne-Marie Waldeck /
Olga Török, Horia Săvescu
Maimuţa: Suzana Vrânceanu
Marinari: Horia Săvescu, Richard
Hladik, Aljoscha Cobeţ
Two nazis: Richard Hladik, Aljoscha
Cobeţ
Orchestra: Gianluca Vanzelli, Cosmin
Hărşian, Călin Pop, Marius Roman,
Cristian Ilie, Nicolae Bialiş, Dorin
Tereu, Sergiu Cârstea, Emil Ionescu,
Valentina Peetz, Ionuţ Dorobanţu,
Szamtártó Zsolt, Sorina Savii, Valentin
Tătaru
Director and
Choreographer: Răzvan Mazilu
Scenery and Costumes: Dragoş
Buhagiar
Musical Director: Peter Oschanitzky
Vorbirea scenică: Linda Moog
German State Theater of Timişoara
Foto: Ovidiu Ciba
Parallel
Spazio ai giovani attori, talentosi
performers
Domenica 2 novembre, ultimo giorno del Festival Nazionale del Teatro.
Dopo aver seguito gli spettacoli dei
registi affermati, abbiamo voluto dedicare il tempo di questa giornata ai
giovani attori talentosi, a cui la direzione del festival ha giustamente ed
abilmente riservato ampi spazi e molta visibilità.
Al mattino, alle 11, nella Sala Studio
del teatro Odeon, spazio dove è stata
relegata l’innovazione teatrale, abbiamo assistito a una perfomance a
due, dal titolo Parallel, che ci racconta
la storia di due giovane donne, che
si dedicano, nella prima parte, a fare
insieme esercizi ginnici per modellare il corpo; e poi nella solitudine delle
loro stanze, iniziano il rito della metamorfosi: una diventa un maschietto e
l’altra lesbica che esalta il posteriore
nudo, incorniciato da un costume fatto all’uopo. Nella seconda parte, una
si posiziona davanti ad un microfono
ad asta e per lungo tempo canta canzoni di tenore lesbico, trasgressive,
erotiche; l’altra, il ragazzino, sempre
impiantata davanti al microfono, racconta barzellette spinte. Le due attrici sono bravissime; e lo spettacolo
replicato più volte ha avuto un buon
seguito di pubblico bene impressionato e plaudente.
PARALLEL
Cast:
Lucia Mărneanu
bodoki-halmen kata
Directed by: Sinkó Ferenc și Leta
Popescu
Concept by: Sinkó Ferenc
Set Design: Sinkó Ferenc
Costume Design: Bocskai Gyopár
Choreography: Sinkó Ferenc
Original Score: Dan Aga
Songs by: bodoki-halmen kata
Light design: Almási Attila
GroundFloor Group, Cluj-Napoca
Odeon Theatre, Studio Hall 1-2
novembre 2014
a sx: Parallel, regia Sinkó Ferenc e
Leta Popescu. Foto Roland Váczi.
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SIPARIO
SCANDIC GRAND CENTRAL
Dal Mondo
Hop
Un galà per i giovani talenti
Alla sera, al teatro Excelsior, esperienza del tutto diversa ma utile a
capire le tendenze dei giovani attori
romeni, esibitisi in una sorta di gala,
titolato Hop; insomma, il teatro Excelsior si è trasformato per più di due
ore in una passerella dove si sono
succedute più esibizioni: la prima, di
sei giovani attori che si dilettano a recitare in generi diversi, sotto la guida
di un regista un po’ despota, due scene ben note, il duetto tra Giulietta e
Romeo, e il duetto dei signori Martin
della “Cantatrice Calva” di Ionesco.
Gli attori, bravissimi, hanno mostrato
le capacità di recitare le stesse scene
in stili diversi, con momenti ilari per
i contrattempi che accadono sempre
durante le prove. Poi, sono seguiti due
monologhi al femminile, un bel numero che vede un’attrice usare ginocchi,
piedi, gambe e mani per creare, con
l’ausilio di costumini e oggetti mignon, marionette divertenti e poetiche; la conclusione della serata è stata affidata a dieci attori, di cui cinque
donne, che, con un naso a pomello argentato a simboleggiare una società
di clown, si divertono a improvvisare
danze sgangherate, grottesche tese a
strappare qualche risata.
La platea al completo ha festeggiato
tutti i partecipanti a questo “Hop”.
Experience the heartbeat of Stockholm
HOP in NTF
If you could place a stethoscope on the city of Stockholm,
the strongest heartbeat would be where Scandic Grand
Central is located – the hotel that feels like it’s always
been there. The historic building, built by CO Lundberg
in 1885 is formerly known as “The Lundberg Palace”.
It now merges seamlessly into the life of the streets,
with its art, design, theatre, film and music. The doors
are open to hotel guests and locals who enjoys an
international atmosphere, various djs, live concerts and
a team of skilled bartenders that make cocktails into
an art form.
The Winners of The Young Actor’s
Gala HOP, edition 2014... in action (a
theater performance in Romanian)
UNITER & NTF production
A project coordinated by Radu Afrim
Choreography by Andrea Gavriliu
Cast: Ada Lupu, Ana-Maria Bercu,
Andrei Ciopec, Irina Antonie, Andrei
Cătălin, Iulia Ciochină, Octavian
costing, Mădălina Craiu, Ștefan
Huluba, Constantin Apostol, Cătălina
Sanache, Andrea Bokor, Andrei
Brădean, Răzvan Corneci, Flavia
Giurgiu, Dana Marineci, Marian
Olteanu, Anca Pascu, Iulia Verdeș.
Excelsior Theatre 1-2 novembre 2014
Welcome!
scandichotels.com/grandcentral
For more info about djs and concerts grandacoustic.com | Facebook.com/scandicgrandcentral | @scandicgrandcentral on Instagram
SCHO 3922 - Annons SGC.indd 1
2014-11-14 10:44
a dx: Radu Afrim, coordinatore del
progetto HOP. Foto Iustin Surpanelu.
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47
SIPARIO
Dal Mondo
STOCCOLMA
25esimo STOCKHOLM
INTERNATIONAL FILM
FESTIVAL
di D.G.
S
toccolma per dieci giorni, dal
5 al 16 novembre, si offre a
noi ospiti del Film Festival, già
presenti per la seconda volta, come
palcoscenico dalle molte sensazioni,
emozioni, sorprese e conoscenze. Le sensazioni di teatralità le cogli per
ciò che la città mostra quando passeggi sui larghi marciapiedi popolati,
con vetrine super illuminate, super
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moderne, super frequentate che fanno spettacolo; quando osservi nei
parchi alberi secolari che s’impongono come sculture tanto sono variegati i loro fusti, nei giardini ben curati,
nella presenza di giovani donne che
spingono carrozzine capaci, non per
un bimbo, bensì per cinque o sei
bimbi da portare a passeggio, nonostante il freddo, che qua non scherza;
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oppure quando ti affacci ai bordi del
mare e vedi gruppi di germani che
escono dall’acqua come saette, starnazzando, per azzuffarsi sulle briciole di pane che qualcuno si diverte a
lanciare, e a questa zuffa partecipano
corvi invasori.
Le emozioni le incontri quando sali sui
bus e ti accorgi di quanta educazione
trovi nei passeggeri, nel guidatore/
controllore che ti aiuta a comprendere
le modalità di accesso,
oppure quando entri in un piccolo ristorante e sei accolto con amore, attenzione, prontezza di servizio, come
se tu fossi un familiare.
Le sorprese le vivi quando scendi in
metro e ti trovi difronte a una meraviglia di stazioni sotterranee, “scenografate” di colori, di personaggi,
come se fossero dei set cinematografici, e non ti sembra più di essere nel quotidiano. Basta scendere a
queste tre stazioni Rådhuset Station,
Kungstradgarden Station, T-Centralen Station, per comprendere la sorpresa di cui parliamo e che desideriamo trasmettere.
Ciò è quello che trovi gironzolando
per Stoccolma, ma altrettante suggestioni le afferri nel seguire il programma del festival che in dieci giorni offre
oltre 400 proiezioni, a partire dalle 9
del mattino fino a tarda sera, e assisti
ad una fiumana di giovani che si sposta da una sala cinematografica all’altra con morbosa curiosità, agevolati
anche da una politica di modicissimi
prezzi, meno di 5 euro, e coinvolti dai
dibattiti che seguono le proiezioni.
Per noi, visto la linea culturale che segue, è più un festival di servizio pubblico che vetrina di mondanità. Infatti
da 25 anni, tanta è l’età della manifestazione, si punta più sui contenuti
sociali che sui carpet rossi di visibilità
ostentata. 778/779 - 2014
Kungstradgarden Metro Station, Stoccolma
Radhuset Metro Station, Stoccolma.
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T-Centralen Metro Station, Stoccolma.
SIPARIO
Dal Mondo
“Incompresa”
di Asia Argento,
al film festival di Stoccolma,
piace ai giovani svedesi.
Il film di Asia Argento, “Incompresa”, è l’unico film italiano inserito nel
25esimo Festival Internazionale di
Stoccolma; e ciò ci dà la convinzione
che il messaggio contenuto nell’opera, di cui Asia Argento è oltre che
regista anche coautrice con Barbara
Alberti, merita attenzione; e merita
anche un’analisi più approfondita,
superando gli aspetti di linguaggio
estetico, di riferimenti autobiografici, di condizionamenti derivanti da
altre opere filmiche o letterarie. Se lo
troviamo inserito in questo festival di
Stoccolma, il cui indirizzo è verso un
cinema di impegno civile, è perché il
film denuncia tanti aspetti della nostra società: l’individualismo sfrenato, il degrado dei costumi, l’indifferenza spietata, l’arrivismo, la decadenza
sessuale, la comunicazione volgare,
al limite del grottesco, dell’incredibile.
Il personaggio di Aria, una bambina
di nove anni, è come un grimaldello
che entra in diversi contesti per scardinare comportamenti, modi di vivere, luoghi deputati di una struttura
sociale: la famiglia mal combinata di
una coppia già naufragata da precedenti esperienze dei coniugi, due
artisti che hanno avuto molto dal loro
lavoro; la scuola dove si annida un disagio giovanile di invidie e devianze,
frutto di una inadeguatezza di chi dovrebbe istruire a capire, a tollerare, ad
essere più umani; la chiesa con le sue
morbosità nascoste; la strada, ring di
violenza anche per il più stupido incidente, la comunità di soggetti che si
escludono dal contesto sociale; le superstizioni che si annidano in molti di
noi. La bimba Aria non è altro che l’alter ego di Asia, che ci parla per richiamarci ad una responsabilità civile, ad
un amore che non c’è più; non fa del
vittimismo, ma ci dà dei pugni nello
50
stomaco; ci fa provare vergogna di
come abbiamo smarrito questo sentimento indispensabile, di nome amore, disponibilità, convivenza. Questo
complesso messaggio, anche se affidato ad una scrittura scenica che a
volte commuove, a volte irrita per eccesso di sottolineature, fino a divenire
incredibile, grottesca, fuori dal reale.
Il cast vede una eccellente interprete nella giovanissima Giulia Salerno,
in un autoironico Gabriel Garko; in
una nevrotica e ninfomane Charlotte
Gainsbourg; in un caricaturale Gianmarco Tognazzi.
Ambientazione colorata e decadente, giusta per una storia che deve
staccarsi dai canoni reali per entrare
nell’allegoria. Commenti musicali appropriati e ironici nei momenti da evidenziare. Insomma, un film da vedere
che ci mostra una Asia Argento ricca
di temi su cui riflettere.
INCOMPRESA
Cast Giulia Salerno, Charlotte
Gainsbourg, Gabriel Garko
Producer Lorenzo Mieli, Eric
Heumann
Script Asia Argento, Barbara Alberti
sopra: Giulia Salerno e Gabriel Garko
in Incompresa, regia Asia Argento.
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“Girlhood”,
della regista Céline Sciamma
farà riflettere il pubblico dei giovani e no.
La giovane regista trentrentenne,
francese, Céline Sciamma, già al suo
terzo film, ha intelligenza e talento da
vendere nonché vedute del mondo
come sceneggiatrice, sopratutto verso quello dei più deboli, su cui riflettere; e i suoi film, tutti sottocosto, mostrano il forte desiderio di affermare il
rifiuto, i “no”, alla violenza che si annida nei diversi gruppi di una società.
Nel film Girlhood ospite del Festival,
con un grande seguito di pubblico
giovane, si racconta la storia di una
giovane ragazza di colore, all’interno
della comunità di neri, insediata nel
corpo di una Parigi di oggi.
Il personaggio di Marieme, alias Vic,
protagonista di tre episodi scansionati in maniera autonoma, attraversa tre contesti che modificheranno la
sua natura di essere umano, fino a distruggersi: i momenti ilari con le sue
coetanee sportive, giocatrici di rugby;
lo scontro con un altro gruppo di coetanee in concorrenza per il territorio;
l’inserimento nel gruppo maschile di
778/779 - 2014
spacciatori di droga, di cui lei si rende attiva collaboratrice; il tentativo di
sfruttare il proprio corpo, sia per rapporti lesbici, sia per quelli etero, sempre nel contesto di neri.
Insomma, la Sciamma, ci snocciola
la storia della metamorfosi di questa
giovane, dimostrando come le dinamiche di gruppo modellino carattere,
mentalità, comportamenti.
E questo racconto, ricco di eccellenti e insistiti primi piani spiaccicati su
pareti neutre di ambienti (soluzioni
dettate sicuramente da un condizionamento economico che non permetteva prospettive di location), gene-
roso di dettagli corporei, di sguardi,
di silenzi, è stato mosso con grande
abilità di inquadrature, in cui attori
non professionisti sono stati guidati
con grande cap2acità interpretative, sincerità di essere non attori che
rappresentano un ruolo, un personaggio, bensì loro stessi. E il pubblico, al
termine della proiezione di questo
bel film, ha salutato la regista, resasi
disponibile per un dibattito, con una
ovazione di applausi.
sotto: Karidja Touré, Assa Sylla,
Lindsay Karamoh, Mariétou Touré in
Girlhood, regia Céline Sciamma
GIRLHOOD
Cast Karidja Touré, Assa Sylla,
Lindsay Karamoh, Mariétou Touré
Producer Bénédicte Couvreur
Script Céline Sciamma
Music Para One
51
SIPARIO
Dal Mondo
“The humbling”,
regia Barry Levinson
Per troppa bravura ripetuta
Al Pacino trasmette la noia.
“Fishing without nets”,
regia Cutter Hodierne
Un’anima di nobili sentimenti può salvarsi?
Altro film di grande interesse in questo festival che compie scelte di grande impegno sociale.
Si tratta di Fishing without nets, regia
Cutter Hodierne, che affronta la storia
di un piccolo nucleo familiare somalo,
composto da un padre, giovane pescatore poverissimo ma ricco di grande cuore, di forti sentimenti, tenero
amore per la giovane e bella moglie.
Una famiglia che vive in luogo di miseria e degrado sociale, dove manca
tutto, dove però alligna la rabbia e la
rivalsa sociale dei suoi abitanti.
Un gruppo di disperati per sopravvivere si dedicano alla pirateria, assaltando imbarcazioni. Il giovane padre,
disperato, pur di mantenere il figlio
e la madre e pur andando contro
natura, decide di entrare a far parte
del gruppo dei pirati. Finalmente arriva il colpo che porterà soldi: sequestrare una grande nave di trasporto
e chiederne il riscatto. L’avventura
52
pericolosa inizia, i pirati riescono nel
sequestro, il giovane pescatore vive
un conflitto con se stesso e dimostra
umanità verso uno dei sequestrati,
che gli costerà la segregazione nella
stiva della nave. Intanto per tensioni
interne al gruppo l’accordo sul riscatto va in fumo, per non aver dato al
momento giusto il segnale convenuto
all’aereo che avrebbe dovuto sganciare il bottino.
Il gruppo decide di abbandonare la
nave, portandosi appresso l’equipaggio dei sequestrati, sperando di
ottenere un riscatto per la loro vita.
Nel frattempo, il giovane pescatore
riesce a forzare una botola e tornare
in superficie, proprio mentre l’aereo
sorvola ancora una volta in attesa del
segnale, che il giovane pescatore, trovando la nave deserta, mette in atto.
Dal cielo scende un cilindro sigillato,
che dopo una estenuante lotta con le
onde riesce a caricarlo sulla scialuppa. Ora lui è solo, in mezzo al mare
con tanti tanti dollari.
Il film si chiude con questo interrogativo: sopravviverà? Oppure no?
Non è importante la risposta, poiché
il motivo centrale del film (veramente
ben fatto, con attori bravissimi, Abdikani Muktar, Eric Godon, Abdi Siad,
Abduwhali Faarah) è quello di dimostrare che anche dentro un gruppo di
arrabbiati delinquenti, nati dalla miseria, la presenza di un’anima di nobili sentimenti può salvarsi.
Il film The humbling, presentato al
Festival di Stoccolma, con Al Pacino
protagonista assoluto, non ha convinto tutto il pubblico accorso per il prestigio del suo nome. Non è la bravura
dell’attore, che è sempre eccellente,
quanto il contenuto dell’opera che,
si capisce, è stato scelto come abile
pretesto per consentire ad un interprete come Al Pacino di cimentarsi in
un personaggio bipolare, il quale, in
seguito ad un infortunio, passa a vivere i suoi momenti dalla realtà quotidiana, banale, alla finzione teatrale
drammatica, attingendo all’universo
del teatro scespiriano, visto che il
personaggio di professione nel film
fa, appunto, l’attore. Questo gioco di
“dentro e fuori” deve aver affascinato
Al Pacino, possiamo capirlo, poiché
il pentagramma delle interpretazioni
consentiva di tirar fuori tutti i registri
dello spettro dei sentimenti: ingenuità, stupore, rabbia, amore, solitudine,
gioia, smarrimento, ecc.
La costruzione drammaturgica del
film si è dimostrata complessa; offusca quasi una trama chiara, logica,
credibile, come si evince dal romanzo
di Philip Roth, da cui è stato tratto il
film; sembra che la sceneggiatura abbia creato un guazzabuglio di situazioni, alcune ilari, altre noiose, altre
banali; e l’abbondanza del dialogato
e l’insistenza continua dei primi piani
di Al Pacino, hanno portato all’assuefazione dei buoni intenti che hanno
animato l’attore.
E quella che voleva essere una lezione di interpretazioni si è trasformata
in una sentina di espressioni ripetitive, dominate da gigionismo; e quindi sul volto degli spettatori, dopo un
lasso di tempo, è calata anche la noia.
Peccato, perché questo “viaggio”, tra
realtà e finzione, tra quotidiano e arte,
nella psiche del nostro essere, era un
bel tema di grande intrigo.
THE HUMBLING
Cast Al Pacino, Dianne Wiest, Greta
Gerwig
Producer Jason Sosnoff, Barry Levinson
Script Buck Henry, Michal Zebede
Music Marcelo Zarvos
sotto: Al Pacino in The humbling,
regia Barry Levinson.
Fishing without nets
Cast Abdikani Muktar, Eric Godon,
Abdi Siad, Abduwhali Faarah
Producer Ben Freedman
Script Cutter Hodierne, John Hibey,
David Burkman
sopra: Fishing without nets,
regia Cutter Hodierne.
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SIPARIO
Cartelloni scelti
Catania
LA FORZA DELLO STABILE?
SFIDARE LA CRISI
Parola di Giuseppe Dipasquale - Direttore
sopra: Anna Teresa Rossini e Mariano
Rigillo in Erano tutti miei figli di Arthur
Miller, regia Giuseppe Dipasquale. Foto
Antonio Parrinello.
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Undici nuove produzioni nei due cartelloni paralleli
allestiti nelle storiche sale Verga e Musco con
prestigiosi interpreti
P
rodurre nonostante la crisi.
È la forza del Teatro Stabile
di Catania». Parola del direttore Giuseppe Dipasquale, che così
riassume lo sforzo produttivo e i sacrifici che hanno consentito di varare la
nuova stagione 2014-2015, la settima impaginata dal regista catanese,
dal 2008 alla guida dell’ente teatrale
etneo. «In questa visione, lo Stabile
programma due cartelloni – diversi e
complementari – che si svolgono nelle storiche sale del Teatro Verga e del
Teatro Musco. Si delinea così una programmazione ricca di titoli e artisti
prestigiosi, a costi invariati e sostenibili, con duttili e modulate proposte di
abbonamento, elaborate sulla scorta
della crescita dello sbigliettamento,
segnale tangibile della presenza di
quel pubblico che si fa tutt’uno con il
rito teatrale».
Cominciamo dal Teatro Verga, che
accanto agli spettacoli ospiti ospiterà
tre produzioni del TSC e due coproduzioni. La terna dei nuovi allestimenti realizzati in proprio si apre con
il titolo inaugurale, un classico come
Il giardino dei ciliegi, con la regia di
Giuseppe Dipasquale e un cast di
vaglia che schiera, tra gli altri, Magda Mercatali, Pippo Pattavina, Gian
Paolo Poddighe. Seguirà Foemina ridens, tragicomica analisi del rapporto
uomo-donna, descritto dalla penna di
un giornalista e drammaturgo di rara
intelligenza e pari coraggio come
Giuseppe Fava, legato allo Stabile
catanese da un rapporto profondo; la
regia è di Giovanni Anfuso, con Guia
Jelo e Miko Magistro. Terza produzione in cantiere è il Socrate di Vincenzo
Cerami, interlocutorio ritratto del più
grande filosofo di tutti i tempi: la regia
è di Ezio Donato, protagonista ancora
Pippo Pattavina. 778/779 - 2014
Due le coproduzioni. Good people di
David Lindsay-Abaire è propostoa
per la prima volta in Italia nella traduzione di Roberto Andò e Marco Perisse, per la regia dello stesso Andò; il
conflittuale passaggio da una classe
sociale all’altra è incarnato in scena da Michela Cescon e Luca Lazzareschi (produzione Teatro Stabile
Catania e Zachar). Novità assoluta è
Clitemnestra Myllennium, testo e regia di Vincenzo Pirrotta, che ipotizza
il risveglio ai giorni nostri della sfortunata regina di Micene; nel ruolo del
titolo Anna Bonaiuto (produzione Teatro Stabile di Catania, Teatro Biondo
Stabile di Palermo).
Seconda stagione per “L’isola del teatro”, il cartellone proposto al Musco,
la sala di via Umberto, fin dal 1958
culla dell’Ente Teatro di Sicilia poi
Teatro Stabile di Catania. Oltre agli
spettacoli ospiti, numerose anche qui
le produzioni proprie, a partire dalle
novità assolute firmate da tre giornalisti e drammaturghi di origini siciliane. Paolo Ciulla, storia fantastica di un
falsario è la pièce che Filippo Arriva
dedica al geniale incisore catanese,
che con le sue perfette banconote ingannò perfino gli esperti della Banca
d’Italia. La volata di Calò è la trasposizione scenica che Gaetano Savatteri
ha tratto dal proprio romanzo, dedicato ad un’altra leggendaria personalità isolana, l’imprenditore Calogero Montante, creatore dell’omonima
marca di biciclette. L’indecenza è
la riduzione del più bel romanzo di
Elvira Seminara, curata da Rosario
Castelli. Un testo originale e visionario, definito da qualcuno un tropicalgothic. Il regista Gianpiero Borgia dirige un tris di interpreti che annovera
David Coco, Valeria Contadino, Elena
Cotugno.
L’elenco delle produzioni targate TSC
prevede un’altra terna di titoli. Il compleanno di Harold Pinter è affidato alla
regia di Fulvio D’Angelo, La Centona
di Nino Martoglio alla rielaborazione
di Nellina Laganà e alla regia di Gianni Scuto, in scena la stessa Laganà e
un folto cast. Da un racconto di Rainer
Maria Rilke, il regista e drammaturgo
Gioacchino Palumbo ha infine tratto il
suo Nastienka e il cantore, con le musiche composte ed eseguite dal vivo
da Juri Camisasca.
Di rilievo altresì le tournée nazionali.
I maggiori teatri italiani ospiteranno
le pluripremiate produzioni del TSC.
Quattro gli spettacoli che andranno
in tour, preceduti dall’apprezzamento
della stampa nazionale: Otello, testo
e regia di Luigi Lo Cascio, con Vincenzo Pirrotta, Luigi Lo Cascio, Valentina Cenni, Giovanni Calcagno; Erano
tutti miei figli di Arthur Miller, regia
Giuseppe Dipasquale, con Mariano
Rigillo, Anna Teresa Rossini, Ruben
Rigillo, Silvia Siravo; Se’ nùmmari di
Salvatore Rizzo, regia Vincenzo Pirrotta, con Filippo Luna e Valeria Contadino; Vento di tramontana di Carmelo
Sardo, adattamento Gaetano Savatteri, regia Federico Magnano di San Lio,
con Mimmo Mignemi, David Coco,
Mario Incudine, Luca Iacono, Marina
La Placa.
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SIPARIO
Cartelloni scelti
pisa
RIVISITARE I CLASSICI
IN CHIAVE CONTEMPORANEA
L
sopra: Giselle, nella rilettura di
Eugenio Scigliano per lo Junior BallettO
di ToscanA. Foto Alessandro Botticelli.
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a Rassegna di Danza 2015
della Fondazione Teatro di
Pisa, ideata dal suo direttore
artistico Silvano Patacca, si articola
in ben dieci titoli, di cui due ospitati
nella suggestiva cornice della Chiesa
di Sant’Andrea, e ha come fil rouge
prevalente la rivisitazione dei grandi
classici del repertorio in chiave contemporanea.
Come Lo Schiaccianoci del Balletto di
Milano diretto da Carlo Pesta con la
coreografia di Federico Veratti, Giselle nella rilettura di Eugenio Scigliano
per lo Junior BallettO di ToscanA di-
fascinante itinerario fra i brani più significativi della sua straordinaria carriera, e l’ungherese Ballet Gyor con
Zorba, dove balletto, danza moderna
e folclore greco si fondono armonicamente nelle originali e innovative coreografie di Gyula Harangozó Jr. sulle
celebri musiche di Mikis Theodorakis.
I due appuntamenti nella Chiesa di
Sant’Andrea vertono invece su figure straordinarie di donne: il lavoro di
Beatrice Paoleschi per il suo EmoX
Balletto, Maria Stuarda, incentrato
sullo scontro fra la regina di Scozia
e Elisabetta I regina d’Inghilterra in
una pièce di danza e prosa da Friedrich Schiller, e la recente produzione
retto da Cristina Bozzolini e Il Lago
dei cigni, nuova creazione di Fabrizio
Monteverde per il Balletto di Roma.
Il cartellone si arricchisce inoltre con
performance più evocative come Romeo y Julieta tango della Compagnia
Naturalis Labor, in esclusiva toscana,
e Puzzle dei Kataklò Athletic Dance
Theatre, la compagnia di physical
theatre più famosa al mondo.
Non mancano poi gli appuntamenti
con compagnie internazionali come
la Parsons Dance di una delle icone
della Post Modern Dance americana,
Davide Parsons, che proporrà un af778/779 - 2014
di Simona Bucci per la sua omonima
compagnia ispirata alla Lady Macbeth della tragedia shakespeariana,
Enter Lady Macbeth, un’indagine sul
problema, ancora attualissimo, del
potere e del suo esercizio.
Chiude infine la prima nazionale del
nuovo spettacolo di Walter Matteini
e Ina Broeckx per Imperfect Dancers
Company, compagnia in residenza al
Teatro Verdi, Il cigno nero, un omaggio alla musica di Tchaikovsky e una
rilettura originale del celebre balletto
che da oltre un secolo appassiona le
platee di tutto il mondo, analizzato
nella contrapposizione fra il sublime
Cigno Bianco e il misterioso Cigno
Nero, fra la purezza di Odette e la carica passionale di Odìle.
Completano il programma una serie
di incontri di approfondimento condotti da Silvia Poletti, giornalista, critico e docente di Storia della Danza;
la presentazione del libro sul Tango di
Elisa Guzzo Vaccarino, critico e storico di danza; una milonga organizzata dopo lo spettacolo della Naturalis
Labor in collaborazione con il Centro
Nagual e altre iniziative ancora in
fase di definizione.
sopra: Compagnia Naturalis Labor
in Romeo y Julieta tango. Foto Luigi
Gasparroni.
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SIPARIO
Documenti
1914: FRANCESCA DA RIMINI
TRA D’ANNUNZIO E ZANDONAI
di Gherardo Ghirardini
N
oi leggevamo un giorno
per diletto di Lancillotto
come amor lo strinse…".
Dante, Inferno, canto V: il nucleo generatore della tragedia di Paolo e
Francesca.
La triste storia dei due infelici amanti
romagnoli ha da sempre conquistato
autori e pubblici di ogni dove, specie
nel periodo romantico e postromantico-decadente, per lo slancio passionale ma anche per il ripiegarsi su se
stesso di questo amore impossibile,
un amore negato. Ed ecco in pieno Risorgimento italiano un Silvio Pellico,
tra citazioni dantesche e toni infiammati, scatenare su Paolo Malatesta
tutta la tensione amorosa con punte
di forte patriottismo, facendo della
propria tragedia una specie di melodramma. Anche il mondo musicale
non rimarrà indifferente; basti pensare alla Fantasia sinfonica Francesca da Rimini di Petr Il’ic Cajkovskij e
all’omonima opera di Sergej Rachmaninov, per non dire dell’attenzione
da parte di compositori italiani quali
Antonio Cagnoni, Luigi Mancinelli e
Antonio Bazzini. Anche nel mondo
della cultura non poteva mancare
all’appello il poeta con la P maiuscola,
il Vate, l’immaginifico Gabriele D’Annunzio, il quale darà vita ad una tragedia in cinque atti dal titolo Francesca da Rimini andata in scena a Roma
nel 1901: protagonisti Eleonora Duse
e Gustavo Salvini, con la regìa dello
stesso D’Annunzio.
Un’operazione di alta cultura posta
in atto secondo criteri da “teatro totale” di ascendenza wagneriana, con
il coinvolgimento in prima persona
dell’autore, tutto assorbito dalla ricerca di arredi, stoffe, oggetti scenici e
via dicendo.
sopra: Paolo e Francesca Da Rimini
dipinto di William Dyce (Scozia, 1806 – 1864).
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Una cosa come diciotto ore giornaliere di lavoro, col risultato finale di
uno spettacolo della durata di sei ore,
accolto con esito incerto: ovazioni
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ma anche qualche fischio. Applausi
di stima nei confronti degli artisti e
fischi forse provenienti da qualche
frangia di pubblico annoiato dall’eccessiva lunghezza della recita.
Maggior fortuna avrà Francesca da
Rimini in anni successivi, assurgendo
anche agli onori della musica grazie
a Riccardo Zandonai (1883-1944), il
quale, ancor giovane, si era accostato al V canto dell’Inferno dantesco,
strumentandolo successivamente a
Pesaro ove era allievo di Pietro Mascagni e progettando una Francesca
su libretto del Pascoli. Il tutto, prima
di affrontare in concreto e in via definitiva la tematica dantesca attraverso D’Annunzio. E ciò, anno più anno
meno, mentre musicisti famosi o gio-
La triste storia dei
due infelici amanti
romagnoli
vani promesse intrecciavano rapporti
con il grande poeta: rapporti realizzatisi compiutamente solo in qualche
caso.Tra i principali, Le martyre de
Saint Sebastien di Debussy, Parisina
di Mascagni e Fedra di Pizzetti.
Dicevamo di Riccardo Zandonai, compositore roveretano inquadrato nell’area postverista, allievo di Mascagni
pur senza professarsi suo seguace e
attivo nel rispetto della tradizione ma
tutt’altro che conservatore.
Zandonai, dunque, si accosta alla
tragedia dannunziana richiedendo
all’editore Tito Ricordi qualche sfrondatura, cosa di cui Ricordi stesso
si incaricherà personalmente con il
placet del Vate, disponibile ad effettuare di proprio pugno le modifiche
del caso, giusto per accondiscendere
alle esigenze del musicista nel quale aveva riposto la massima fiducia
come successore di Giacomo Puccini.
Progetto comunque irrealizzato, vista
la diversa natura del Roveretano. Il
quale, dopo una prima immersione
dannunziana si tufferà nella non facile impresa andata in porto a Torino il
19 febbraio 1914 e accolta da un meritato successo.
Dotato di un robusto senso del teatro,
ricco di vigore realistico ma senza forzature e da un incedere melodico tutto personale, nonchè da un’orchestrazione duttile e all’occorrenza massiccia, memore del dettato wagneriano,
Zandonai dà prova di notevole maturità rispetto alla precedente Conchita (1911), ponendo in risalto tanto
l’ambientazione quanto i personaggi
e il pathos drammatico. Per esempio,
risulta suggestivo l’aprirsi dell’opera
in tutta la sua cornice arcaica con le
donne di Francesca pronte ad accogliere il giullare. Una scena mossa,
brillante, ricca di chiaroscuri: tutta un
chiamarsi, un rincorrersi come di chi
gioca a moscacieca, un chiacchiericcio cui il povero giullare risponde con
espressioni di cortesia entro un’atmosfera ridente e festosa.
Il successivo incontro tra Francesca e
Paolo il bello non avviene attraverso
un tradizionale duetto d’amore, ma
nel silenzio degli sguardi. Due creature si fissano negli occhi ed è già
amore. Un amore vissuto come in un
sogno e al tempo stesso immerso nei
colori di un Medioevo reinventato con
sensibilità decadente. Il “tema dello
sguardo” chiamiamolo così wagnerianamente parlando, riapparirà nel
duetto d’amore, flessuoso e sensuale.
Un abbandono sentimentale che riflette il clima di estetismo dell’epoca.
Tra il clima spensierato (gli interventi
freschi e rugiadosi delle ancelle) e il
carico di sentimento che incontriamo
nel III atto, si colloca il divampare della guerra nel II, un quadro storico che
mai scade nell’oleografia.
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SIPARIO
Documenti
SANTUZZA, ANNA E IL SOGNO
DI MILA
Nel 90° anniversario della morte di Eleonora Duse
di Claudio Marchese e Riccardo Di Salvo
9
0 anni fa Eleonora Duse tenne
l’ultima recita a Pittsburg nel
dramma di Marco Praga La
porta chiusa. L’opera termina con le
parole “Sola, sola!”. Il 1924 fu l’ultimo
anno della vita di un’attrice entrata
nella leggenda grazie al suo impareggiabile talento. I gossip dell’epoca
frugarono tra le pieghe della sua vita,
ricca di aneddoti mondani e di pettegolezzi crudeli. Primo fra tutti il quadro impietoso che D’Annunzio traccia
nelle pagine sublimi del romanzo Il
fuoco nel quale il poeta la mitizza nel
personaggio della divina attrice, complice dei sogni di gloria del superuomo Stelio Effrena.
“Ella era là, creatura di carne caduca,
soggetta alle tristi leggi del tempo…”
(da Il fuoco di G. D’Annunzio).
Senza dubbio Eleonora Duse fu protagonista del teatro dannunziano. Molti
suoi personaggi sono stati costruiti
su di lei. Sul suo volto, per nulla conforme ai canoni neoclassici, più vicino
al modello del moderno teatro espressionista.
I grandi occhi alzati verso l’alto, alla
ricerca dell’assoluto, la bocca sensuale e insieme mistica le mani nervose, mai ferme nella recitazione. La
Duse appare ancora oggi così, nei
programmi di Rai 5 dedicati al teatro
novecentesco. Per pochi spettatori
voyeur della TV notturna. Così resta
immortalata nelle sue pose che fecero epoca. Dal teatro al cinema muto
dove apparve una sola volta nel film
“Cenere”.
nella foto: Eleonora Duse
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DA EROINA VERGHIANA A ICONA
DEL POST – MODERNO
Di umili origini, figlia di attori girovaghi, Eleonora Duse nacque a Vigevano (PV) nel 1858.
Un’infanzia faticosa, impensabile per
i giovani più fortunati di oggi. Lavorò
a soli quattro anni nella parte di Cosetta nei Miserabili di Victor Hugo.
Tempi duri dove il lavoro minorile non
era rifiutato ma, al contrario, socialmente accettato. Tra disagi economico-esistenziali recitò con la madre per
lungo tempo, finché rivelò le proprie
immense capacità recitative, nella
parte di Giulietta all’Arena di Verona,
nel 1873.
Nel 1881, la Duse sposò il collega Teobaldo Checchi. Nel 1884 diede la prova migliore di sé al Teatro Carignano
Un’infanzia faticosa,
impensabile per
i giovani più
fortunati di oggi.
di Torino. Era il mese di gennaio e gli
applausi del pubblico scaldarono il
cuore di Giovanni Verga, al suo esordio teatrale con Cavalleria rusticana
in cui Eleonora Duse interpretava il
ruolo di Santuzza. Nella novella omonima di Vita dei campi (1880) il personaggio si chiama Santa, figlia del
massaro Cola. Una popolana che fa
perdere la testa al bersagliere Turiddu Macca, sposato con la bella del
paese la gnà Lola che “La domenica
si metteva sul ballatoio, colle mani
sul ventre per far vedere tutti i grossi
anelli d’oro che le aveva regalati suo
marito”.
Novella verista basata sul delitto d’onore, diventò dramma, dopo la stroncatura degli stessi amici milanesi di
Verga: Boito, Treves, Gualdo. Il primo
dei tre, insieme con Camerana e Giacosa, nel maggio del 1884, durante
una gita a Superga, vide seduta al
tavolo di un ristorante Eleonora Duse,
allora nel fulgore dei suoi venticinque
anni. Con lei Giovanni Verga e Teobaldo Checchi dopo il successo ottenuto
in Cavalleria rusticana, era già una
diva. Le cronache del tempo raccontano, sembra un gossip di fine secolo
XIX, che Boito fu colpito dal fascino
della giovane attrice. Si appartò in un
angolo della sala e scrisse per lei alcuni versi stupefacenti in stile scapigliato milanese. Fu un maggio galeotto da cui esplose un amore fatale tra il
poeta Bohèmien e la futura interprete
del teatro dannunziano.
LA POESIA: UN AMORE FOLLE
L’incontro tra Eleonora Duse e il poeta
Arrigo Boito non è scritto nel solco di
una storia privata. Come sempre, gli
amori delle dive sono lancette di un
orologio collettivo. Segnano velocemente il tempo che va avanti e costruisce nuovi miti sulle ceneri di un
edificio, quello della tradizione, fatto a
pezzi dalla forza scatenata delle innovazioni. Sembra un segno del destino
questo amour fou che lega la Duse
alla poesia. Prima Arrigo Boito, poi
Gabriele D’Annunzio. Entrambi la sedussero con il potere della parola. Soprattutto il Vate di Pescara seppe trascinarla nel vortice di una passione
ardente che fece delirare entrambi nel
corpo e nell’anima. Segnò una svolta
innovativa, nel privato e nell’ambito
professionale. La Duse vide in D’Annunzio il creatore di un nuovo teatro,
dove i personaggi potevano staccarsi
dall’obbligo di rappresentare la realtà
quotidiana, per inventare un mondo
sotterraneo, popolato da visioni scaturite dalla potenza del verso poetico.
A sua volta, D’Annunzio trovò nell’attrice il gesto teatrale che inventava la
discesa del personaggio negli abissi
dell’inconscio, là dove si agitano sogni e desideri, fantasmi e allucinazioni. Il teatro italiano, scatola chiusa del
morente Verismo di fine Ottocento,
si rinnova, guardando al moderno
teatro europeo, sull’onda di uno “Stil
61
SIPARIO
Documenti
Novo” fatto di oscuri simbolismi e di
rarefatte analogie che rimandavano
al maestro per eccellenza della poesia
moderna: Charles Baudelaire.
Solo per Eleonora, D’Annunzio accettò la sfida al vecchio teatro, ormai in
sfacelo. E, soprattutto, quella con il
pubblico borghese abituato alla recitazione tardoverista.
D’Annunzio scrisse per lei, sua somma interprete, veri e propri poemi
drammatici come La ville morte, ma
gli interessi della fabbrica teatrale
prevalsero sulle ambizioni dell’attrice e del suo pigmalione. In Francia
la diva assoluta era Sarah Bernhardt
che non aveva rivali in patria. La Duse
si offese personalmente con il suo poeta e non gli perdonò mai di aver dato
alla collega francese l’opportunità di
soffiarle la parte. Ma le cose cambiarono nel 1901. Il 20 marzo il pubblico
milanese del Teatro Lirico applaudì
la prima interprete italiana della Ville morte. La tragedia moderna rivisitava il mito greco, in un’ottica post
– moderna, sulla scia del dionisiaco
Nietzsche.
Nella parte di Anna, personaggio
plasmato proprio sullo stile tragico
e visionario del Vate, Eleonora Duse
viene acclamata come “la divina”. In
italiano l’opera prese il titolo La città
morta, inaugurando una lunga serie
di tragedie in versi, tra cui La Gioconda e La figlia di Iorio. Quest’ultima segna l’apice del teatro dannunziano. Rivisitazione in chiave onirica
dell’Abruzzo contadino e folklorico,
ha come protagonista Mila, la grande meretrice redenta dall’amore. La
Duse sognava questa parte e voleva
recitarla in vari teatri italiani, a Milano, Firenze e Roma. Ma il destino le fu
avverso. Quando D’Annunzio concluse l’opera, la diva si ammalò e la parte
fu data a Irma Gramatica.
ANNA E IL SOGNO DI MILA
Prima della consacrazione divistica
che Eleonora Duse ebbe nella Città
morta, D’Annunzio aveva scritto per
62
l’attrice Sogno di un mattino di primavera, atto unico che abolisce la rappresentazione verista, trasformandola in una visione di tipo onirico. Tema
dell’atto unico la demenza della protagonista, Donna Isabella che resta
attaccata tutta la notte al cadavere
dell’amante, finché le gocce di sangue rimaste sul corpo si trasformano
in rose rosse. Siamo nel regno del teatro di parola dove il personaggio si
dissolve nella sinfonia del poema tragico. Tra voluttà carnali ed estasi paradisiache, Isabella incarna il prototipo della femme fatale, tutta lussuria
e misticismo. Eleonora Duse mette la
propria voce e l’inconfondibile gestualità al servizio del Vate. Consapevole
Solo per Eleonora,
D’Annunzio accettò
la sfida al vecchio
teatro…
di essere strumento di un genio che
le detta il verbo teatrale. Come ogni
creativo che inventa e affida ad altri la
propria materia espressiva. La prima
assoluta dell’attrice e della sua compagnia avvenne a Parigi, al Théâtre
de la Renaissance il 15 giugno 1897.
Replica al teatro Valle di Roma, con la
stessa compagnia, 11 gennaio 1898.
È una forma di teatro antinaturalistico
dove il personaggio si sdoppia, come
se l’ego fosse la proiezione onirica, il
sogno di un’altra vita dentro il bozzolo di un’identità chiusa in se stessa. Il
teatro tenta l’avventura del sogno, tre
estasi liberty e incursioni nel territorio
buio dell’inconscio. La Duse traduce
in gesto e sguardo il verbo del Vate,
sconcertando un pubblico borghese
abituato alla rappresentazione della
vita quotidiana. Quella del salotto e
della casa abitati da coppie infelici
ma simili al vero. Un mondo di passioni azzittite dalle convenzioni borghesi
che non accettano il verbo di un po-
eta controcorrente come D’Annunzio.
Scandaloso e inaccettabile, nella sua
cifra espressiva che guarda oltre, alla
ricerca di un’arte assoluta, fuori dalle
regole morali. Eleonora Duse rischia
di essere incompresa ma il prestigio
del suo poeta la rassicura. Si lancia in
un gioco sperimentale, con il coraggio
dell’allieva che asseconda il maestro.
La scena diventa un contenitore di
immagini e parole surreali. Anticipa
il moderno teatro – danza, con tutti i
suoi attributi antirealistici.
È IL D’ANNUNZIO POST –
MODERNO. INVENTORE DEL
NOVECENTO.
Il primo dei due “Sogni” dannunziani
si apre come un ventaglio che mostra
tutte le sfumature della nuova drammaturgia europea. Dissolti gli stereotipi tardoveristi che mantenevano
la rappresentazione teatrale legata
all’obbligo di riprodurre il quotidiano borghese, D’annunzio si affaccia
sull’orlo dell’abisso. Consapevole,
come tutti gli innovatori, del rischio
dell’avventura. L’audacia è una delle
sue caratteristiche, da quando osò
sfidare la tradizione letteraria postmanzoniana, sperimentando le sanguigne novelle verghiane con gli accenti ancora provinciali del moderno
Simbolismo. Il gusto sperimentale lo
predispone alle più efferate contaminazioni tra classico e moderno. Tanto
che si può definire il Teatro dannunziano di fine Ottocento il primo tentativo di rivoluzionare una drammaturgia che in Italia restava ancorata
alla tradizione di Praga e di Giacosa.
Un teatro adatto alla borghesia conservatrice, riluttante a tutto ciò che
infrange i tabù e i buoni sentimenti.
D’Annunzio ridiscende nei sotterranei della vita. Esplora le zone d’ombra. Come ai tempi dei primi romanzi. Il piacere, L’innocente, Giovanni
Episcopo, e, come allora, il viaggio
non è solitario. C'è sempre una musa
che lo guida. Questa volta è l’attrice
europea del momento. Eleonora Duse
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che proprio nel Sogno di un mattino
di primavera sconvolge il verbo verista con una recitazione surreale. Tra
sonnambulismo e follia. Rovescia il
personaggio e lo sdoppia. Un io diviso, metà vitalistico e metà mortuario.
Demente, che non vuol dire altro che
fuori dai confini dell’ego.
D’Annunzio scrive e la Duse recita il
prototipo della donna moderna: folle e
trasgressiva, ossessa e sonnambula,
angelo e demonio. Basta dire femme
fatale. Ha varie maschere: Isabella, Gradeniga, Anna, Silvia Settàla,
Francesca da Rimini, Mila, Gigliola de
Sangro, Fedra, Basiliola.
Tutte femmine di sovrumana potenza. Al di là del bene e del male, di cui
esse volutamente ignorano i confini.
Tra queste eccellenze solo la Duse
poteva trovarsi a proprio agio. Il suo
sguardo estasiato, gli occhi febbrili
e un timbro vocale che fece scrivere
di lei che era posseduta da un demone interiore. Lo scrisse il suo amico
Hofmannsthal il quale, dopo aver visto, Sogno d’un mattino di primavera,
restò estasiato dal gesto della diva
italiana e si ispirò a lei per il dramma
Die Frau in Fenster, in italiano La donna alla finestra.
PROFUMI E VELENI.
STORIE DI DUE PRIMEDONNE
Fiumi di parole sono le cronache
mondane di fine Ottocento. Gossip al
limite del melodramma. Così la Duse
e l’eterna rivale Bernhardt. La divina
Sara era già una star, quando D’Annunzio scrisse La ville morte. I giornali dell’epoca la ritraevano in pose che
fecero epoca. Corpo statuario, sguardo sognante, trucco da maschera. Diventò uno stile destinato a far parte
dell’immaginario collettivo. Erano gli
anni in cui l’attrice incarnava la sottile
vendetta contro lo stereotipo cattolico-borghese della donna socialmente
accettata. Come angelo del focolare
domestico o serva del maschio padrone. Nei ruoli fatali della Dame aux camelias, di Théodora o di Cléopâtre, la
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diva fulminava il pubblico con sguardi medusei e look sontuosi. Una diva,
prima ancora che un’attrice.
Al contrario, la Duse veniva da un lungo apprendistato. Era nel suo DNA la
recitazione. Ma l’abitudine di calca-
imparò molto
dalla Bernhardt
ma la superò.
re il palcoscenico l’aveva costretta a
passare da una tipologia all’altra. Dalla Mirandolina di Goldoni alla Santuzza di Verga.
Una versatilità espressiva superiore
a quella della Bernhardt, tanto che il
pubblico andava in delirio per lei. Per
la sua recitazione istintiva, basata su
gesti nervosi, fremiti di lineamenti e
sguardi folgoranti, capaci di esprimere con il corpo i più viscerali cambiamenti d’umore. Già nel personaggio
di Santuzza, la giovane talentuosa
attrice usciva dagli stereotipi veristi
con l’estrema duttilità della propria
interpretazione. Andava controcorrente e il pubblico si accorse della
sua originalità. La confrontò con la
diva francese, ancora legata a uno
stile ottocentesco, a metà tra il melodramma e la nascente icona della prima attrice in posa statuaria. La Duse
imparò molto dalla Bernhardt ma la
superò. Nella follia creativa con cui
trasformava qualsiasi personaggio in
simbolo vivente di emozioni estreme.
Odio abissale o rapimento estatico.
Quando le due primedonne recitarono D’Annunzio, la diva italiana si mostrò al pubblico più moderna, al limite
della nascente sensibilità espressionista. Tanto che, dopo La città morta,
le tragedie del Vate parevano costruite apposta per Eleonora Duse. Con
una forte provocazione per la collega
francese che le aveva rubato la prima
della Ville Morte il 21 gennaio 1898.
IL CAPOLAVORO
LA FIGLIA DI IORIO
A Eleonora Duse la scena dannunziana spalancava le porte della modernità. Senza spezzare i legami con
le radici folkloriche del teatro. Sarà
una coincidenza fortuita ma il Vate
le dedicò la maschera ancora oggi
più ricordata. Quella di Ermione, la
ninfa inebriata di profumi silvestri
nella più celebre lirica dell’Aicyone,
capolavoro poetico assoluto del primo Novecento. D’Annunzio scrive in
stato di grazia versi di una musicalità
dionisiaca. Sfrenati fino al delirio, sublimi nella semplificazione metrica,
tanto da sfiorare il misticismo della
lauda francescana. È la sua stagione
d’oro come l’estate versiliese cantata
nell’Alcyone. Il canto si chiude con
uno struggente addio alla stagione
più calda e sensuale. All’ebbrezza
subentra la malinconia “Settembre,
andiamo/ è tempo di migrare/ Ora in
terra d’Abruzzi i miei pastori/ lascian
gli stazzi/e vanno verso il mare”.
È fatale questa Odissea che riporta
Gabriele, alias moderno Ulisse, alla
propria Itaca. Quell’Abruzzo arcaico e
preindustriale da cui l’ambizioso poeta si staccò, per fare carriera nella Capitale. Ma le radici per un artista sono
un cordone ombelicale da cui il figlio
edipico mai si distacca. Ecco che l’onda emotiva lo trasporta. Complice
la mater tellus che prende corpo nei
personaggi femminili, metà domestici metà sacrileghi, del capolavoro teatrale La figlia di Iorio. Scritta apposta
per la Duse, l’unica attrice capace di
drammatizzare la passione tragica di
una popolana. Mila, figlia del mago
Iorio, da cui ha ereditato incantesimi
e malefici.
All’apice del successo, D’Annunzio ritorna idealmente alle proprie origini,
come per ritrovare nel proprio canto il
coro della propria gente. Così recita la
dedica introduttiva alla Figlia di Iorio:
Alla terra d’Abruzzi / alla mia madre
alle mie sorelle / A mio fratello esule al
mio padre sepolto / A tutti i miei morti
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SIPARIO
Documenti
a tutta la mia gente / Fra la montagna
e il mare / Questo canto / Dell’antico
sangue / Consacro.
Scritto in versi di una stupefacente
musicalità, la tragedia narra la storia
di Mila che, come possiamo vedere
nel quadro Francesco Paolo Michetti,
cammina tra i mietitori infoiati, avvolta in uno scialle rosso, come negli
antichi riti di Carnevale. Mila è una
meretrice campestre, oggetto del desiderio di tutti gli uomini del paese
che, nei giorni torridi della mietitura,
vogliono festeggiare con lei l’abbondanza del raccolto. Un rito folklorico
che assegna al sesso un valore sacrale, come le generose bevute di vino
che accompagnano il pasto collettivo
dei contadini.
Un giorno Mila, figlia del mago Iorio,
si difende dai mietitori che la inseguono e trova rifugio nella casa del
pastore Aligi, durante i preparativi
delle nozze con Vienda. Il promesso
sposo difende la meretrice, abbandona il paese fugge con lei sui monti.
L’idillio sfocia in tragedia. Lazaro di
Roio, padre del pastore, trova i due
amanti nel loro rifugio. Sedotto dal fascino di Mila, tenta di violentarla. Ma
Aligi si vendica e uccide il padre. Per
questo delitto viene condannato al
rogo, come parricida.
Un giorno Mila, figlia del mago Iorio,
si difende dai mietitori che la inseguono e trova rifugio nella casa del
pastore Aligi, durante i preparativi
delle nozze con Vienda. Il promesso
sposo difende la meretrice, abbandona il paese fugge con lei sui monti.
L’idillio sfocia in tragedia. Lazaro di
Roio, padre del pastore, trova i due
amanti nel loro rifugio. Sedotto dal fascino di Mila, tenta di violentarla. Ma
Aligi si vendica e uccide il padre. Per
questo delitto viene condannato al
rogo, come parricida. Mila, sconvolta
da un forte senso di colpa, medita di
pentirsi della propria condizione di
peccatrice. Prima orgogliosa di essere donna di tutti, ora si converte alla
religione dell’amore e si autoaccusa
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per aver provocato Aligi sulla via del
Male. Perciò sceglie il martirio del
rogo, sostituendosi all’amato nell’estremo sacrificio. Il rosso dello scialle
esibito come segno di richiamo alla
lussuria si trasformerà nella fiamma purificatrice. Il rogo cristiano che
aspetta la peccatrice pubblica sarà
un rito catartico per l’intera comunità
contadina.
Lussuria e ansia di salvezza connotano la tragedia pastorale. Un connubio
che assegna al personaggio di Mila
l’ambivalenza di angelo-demonio. È
bastata l’immersione nell’Abruzzo
arcaico, per fare di questa Figlia di
Iorio il capolavoro assoluto del teatro dannunziano. Ma il destino volle
che la Duse, vittima dello stress delle
continue tournée tra Italia, Austria e
Germania, accusasse segni profondi
di un malessere psicofisico. I gossip
delle giornate precedenti il debutto
della Figlia di Iorio la misero molto a
disagio.
Si avvicinava la sera della prima milanese dell’opera che, dopo l’insuccesso della Gioconda e della Gloria, si annunciava come il capolavoro teatrale
di D’Annunzio. La Duse aveva sofferto per le reazioni del pubblico italiano,
abituato ancora al teatro psicologicoborghese di Praga e Giacosa. Le tragedie dannunziane erano macchine
sceniche troppo complesse. L’attrice
aveva dato del suo meglio nella parte di Anna, la cieca veggente, riedizione moderna della greca Cassandra. Altrettanto nella parte di Silvia
Settàla nella Gioconda. In entrambe
le tragedie suo partner fu Ermete
Zacconi, grande attore drammatico.
Nonostante gli insuccessi registrati a Palermo il 15 aprile 1899 con La
Gioconda e a Napoli il 27 aprile 1899
con La Gloria, il Vate e la divina non
si arresero. La Duse era l’attrice del
momento e D’Annunzio il massimo
poeta italiano. Invidiato per lo stile
“immaginifico” che gli permetteva
di creare personaggi superomistici
e, contemporaneamente, figure folk-
loriche di intenso temperamento. Da
questo talento nacque La figlia di Iorio, tragedia pseudoverista ambientata nella culla del poeta di Pescara.
Scritta sulla pelle della Duse, la figura
della meretrice campestre aspettava
l’ardente interpretazione della diva.
Tutto era predisposto, nonostante
la sua stanchezza accumulata nelle
tournée all’estero.
La compagnia Talli voleva mettere in
scena La figlia di Iorio, fiutando il profumo del successo. Ma la Duse, anziché mediare con Talli, creò difficoltà
insuperabili con la sua primadonna
Irma Gramatica. Tutti volevano lei,
la divina Duse. Fatale la decisione di
non impersonare Mila. Si fecero mille
ipotesi sulle sue condizioni di salute,
alimentando le chiacchiere. Come
scrive Marco Praga, la rinuncia della
Duse rafforzò il gossip “La Duse è veramente ammalata? O sotto la malattia si nasconde qualche cosa?”.
Chiusa in una stanza dell’Hotel Palace di Genova, la divina mandò al diavolo i giornalisti mondani. Accanto a
lei, come racconta Praga, c’era la sua
amica Matilde Serao. Amica sua e del
Vate di cui fu benefattrice negli anni
della “splendida miseria” napoletana. Per l’amica, Eleonora recitò, nonostante la malattia, la parte di Mila.
La meretrice che accetta il fuoco sacrificale, al posto del pastore Aligi. I
cronisti del tempo raccontano di una
recita febbricitante, tra lamenti ed
eroici furori. Eleonora Duse non si
dava pace per quella parte che le era
stata rubata da un’altra attrice. Naturalmente inferiore a lei.
“Era mia, me l’hanno presa!”, delirava la diva.
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Bibliografia
Andrea Bisicchia, D’Annunzio e il teatro, Mursia, 1991
Piero Chiara, Vita di Gabriele D’Annunzio, Mondadori, 1978
Mario Praz, La carne, la morte e il
diavolo nella letteratura romantica, Sansoni, 1966
Mario Praz, Poesia, Teatro, Prose di
Gabriele D’Annunzio, Ricciardi, 1966
Enrico Falqui, D’Annunzio e noi, Feltrinelli, 1960
Giorgio Contini, Letteratura dell’Italia
unita (1861-1968), Sansoni 1968
Ezio Raimondi, Il silenzio della Gorgone, Zanichelli, 1980
Pietro Puppa, La figlia di Iorio tra Michetti e D’Annunzio, per un’iconografia
del teatro populista, in "Quaderni di
teatro", n° 14, Vallecchi, 1981
Claudio Marchese, L’estasi metallica
del divin poeta, in Sipario, n°423, 1984
Giorgio Favetto, D’Annunzio come
specchio, in Sipario, n° 450-451, 1985
Claudio Marchese, Il sortilegio di Mila,
teatro ed erotismo in Sipario n° 675,
settembre 2005
Claudio Marchese-Riccardo Di Salvo,
D’Annunzio controcorrente in Sipario n°
758 - 759, 2013
Claudio Marchese-Riccardo Di Salvo,
D’Annunzio controcorrente, in Sipario
n° 760 - 761, 2013
Hugo von Hofmannsthal, Gabriele
D’Annunzio ed Eleonora Duse (a cura
di A. Mazzarella), Edizioni
Shakespeare and Company, 1983
Claudio Marchese, Teatri e filosofie,
Zanichelli, 1981
John Stokes-Michael R. Booth-Susan
Bassnett, Tre attrici e il loro tempo,
Edizioni Costa e Nolan, 1991
778/779 - 2014
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rubrica
LIBRI
a cura di Alberto Pesce
David Bruni
COMMEDIA DEGLI ANNI TRENTA
Il Castoro, Milano, Euro 15.50, pp.165
Quentin
Tarantino è La rivoluzione del sonoro alla
fine degli anni 20,
è la grande occasione per il nostro
cinema di uscire
da catalessi. Il fascismo appoggia
subito la rinascita
della Cines, facendosi astutamente
imprestare dal ceto
medio, per esaltarlo e distrarlo, ideologie,
illusioni, sogni, lasciando che il cinema
si tinga di rosa, arabeschi a vario modo
attorno a quella formula ben definita dal
Margadonna “storia d’amore, finale moralistico, canzone orecchiabile”. E per un decennio lo schermo si riempie di segretarie
private, rubacuori, educande innamorate,
in ambientazioni frou frou, con storielle
immancabilmente comico-sentimentali,
sorrette da abili teatranti della commedia
rosa, in sintonia con ovattate dinamiche
sociali dell’epoca.
David Bruni ne mette a fuoco otto
esemplari evidenziandone genesi, rapporti
intertestuali, modalità prevalenti. Di Mario
Camerini Gli uomini, che mascalzoni!...
(1932) e Grandi magazzini (1939), di Nunzio
Malasomma La telefonista (1932), di Mario
Mattoli Tempo massimo (1934), di Mario
Bonnard 30 secondi d’amore (1936), di
Alessandro Blasetti Contessa di Parma
(1937), di Max Neufeld Mille lire al mese
(1938), e di Vittorio De Sica Teresa Venerdì
(1941).
Ma a darne preventivo chiarimento di
struttura, tematiche, soluzioni tecnicolinguistiche Bruni premette quattro capitoli
che vanno gradualmente evidenziando le
costanti, un “universo diegetico familiare
agli spettatori”, testi e interpreti di
ascendenza teatrale, “dialoghi brillanti,
situazioni ricche di equivoci e colpi di
scena” ma sempre in accorto equilibrio tra
valori di tradizione e suggestivi agganci di
modernità, radici autartiche e aspirazioni
cosmopolite, dentro filoni di sicurezza al
botteghino, tra cui lo scolastico-collegiale,
la commedia “gialla”, il verismo vernacolo,
il “film per tenori”.
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a cura di Myriam Mantegazza
Claudio Carabba e Giovanni M. Rossi
(a cura di)
Maria Cristina Russo
Edizioni Ets, Pisa, euro 13.00, pp. 124
Le Mani, Genova, euro 18.00, pp. 246
LA VOCE DI DENTRO.
IL CINEMA DI TONI SERVILLO
Da “La politique
des acteurs” (di
cui in premessa
disquisisce Giovanni
M.Rossi)
sino alla “politica
degli attori” con
cui Luigi Nepi conclude l'analisi di Il
gioiellino, un’infilata di saggi fa del
napoletano Toni
Servillo
stigma
esemplare di un attore-coautore.
Dapprima, cinque capitoli ne chiariscono
il metodo di recitazione, ovvero come egli
sappia aggiustare “ricerca dell’intonazione
giusta, nel muoversi e nel parlare”
(Claudio Carabba), come rammemorare
voce, pause, silenzi, allure e smorfie di
Eduardo De Filippo (Gabriele Rizza), a
seconda dei film accortamente usare
“tecniche
dell’immedesimazione
e
quelle dell’imitazione” (Marco Luceri), coi
suoi personaggi interpretare “la nuova
sociologia del crimine” (Massimo Tria),
anche prestare voce a film altrui (Marco
Vanelli).
Poi, film dopo film, si allineano letture su
singole interpretazioni di Servillo. Possono
essere, nei film di Mario Martone la
“fotogenìa del volto” (Chiara Tognoletti),
con Paolo Sorrentino da L’uomo in più a Il
divo ritratti di italiano “dove i difetti morali
sono le uniche, fatali virtù” (Stefano Socci),
in Le conseguenze dell’amore una triplice
“immobilità”
operativo-fisico-affettiva
(Augusto Sainati), e in Luna rossa “il suo
perlustrare liquido fra le pieghe dell’animo
e le cicatrici della carne” (Rizza). Così,
in La ragazza del lago un saper giocare
“istrionicamente sotto le righe” e in Un
balcon sur la mer insinuare “l’umanità e i
dilemmi che animano anche un ‘cattivo’
cinematografico” (Federico Ferrone). E se
in Gomorra luciferino con scaltrito ricorso
a “mimica, costumi, voce” e in Gorbaciov
irredimibile solitario con ripetitivo calco di
segni esteriori (Luceri), in La vita tranquilla
con “esattezza psicomotoria” sa anche
correggere “passaggi non di rado un po’
angusti e meccanici della sceneggiatura”
(Rossi).
ATTACCO ALLA CASTA. LA CRITICA
CINEMATOGRAFICA AL TEMPO DEI SOCIAL MEDIA
Critica è arte del
giudicare, e di
fronte ad un film
capacità di tradurre
in termini logicodiscorsivi il senso
espresso mediante
procedimenti
significanti che gli
sono propri. Non
è
un’esperienza
codificata, ma una
“non-disciplina”,
retta da dinamiche in evoluzione, tanto più
oggi “investite dallo tsunami della Rete”.
Lo preavverte Maria Cristina Russo che ne
sviscera le problematiche su progressivi
gradienti di studio. Così, dopo aver fissato
rispetto ad altri ambiti “identità” strutturale
della critica cinematografica, analogica
o digitale che sia, ne delinea l’arcatura
storica italiana lungo prime soggettive
recensioni, fioritura di riviste, innesto di
filtri semiologici, sociologici, psicanalitici,
postmoderna “liquidità” di flussi, dilagante
avvento di Internet, e ne indaga corrispettivi
cambiamenti di funzione anche dal punto
di vista teorico-metodologico, magari ai
tempi della Nouvelle Vague con “ricerca
delle intenzioni dell’autore” e oggi con una
“videocritica” che passa “dalla visione del
film come testo alla visione del film come
performance”.
Da queste premesse, incrociando
triangolazione di studi di Claudio Bisoni
e Alberto Pezzotta di rimbalzo dalle
scepsi di David Bordwell, la Russo via
via definisce il linguaggio della critica, a
livello argomentazione distinguendone
modi discorsivi (deliberativo, giudiziario,
epidittico, anche pedagogico) e per
l’interpretazione
individuando
quei
“principi organizzatori e norme” che sono
le routine e i format, donde trae spunto per
avviare ampio e illustrativo discorso sulla
critica web in tutte le sue varianti, blog
personali o collettivi, portali con le loro
homepage di immagini e news, webzine
espressione delle “fan subcultures”, e
social media vere fucine di “alterità della
critica digitale”, da cui quella nuova
“esperienza filmica” di cui per primo ha
discettato Francesco Casetti.
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Fabrizio Cassanelli, Guido Castiglia
IL TEATRO DEL FARE
IL TEATRO COME WELFARE EDUCATIVO
UNA PLAUSIBILE DIDATTICA DELLA COMICITÀ. APPUNTI E IDEE PER LA FORMAZIONE TEATRALE NELLA SCUOLA
Titivillus, 2011, € 16,00, pp. 201
esercizi pratici di difficoltà progressiva,
oltre ad una riflessione sul comico, un
capitolo sul tema “Perché si ride?” ed una
brevissima storia del clown. La terza parte
“Fare teatro a scuola: modelli, stimoli,
eserciziari” passa in rassegna i contenuti
di un laboratorio teatrale prendendo in
esame tanto l’aspetto dell’espressione
corporea quanto quello della parola e
della voce, senza tralasciare le regole
di fonetica. Interessanti le tematiche del
teatro di narrazione, visto come percorso
di educazione all’ascolto, e dell’esperienza
di una scuola per l’infanzia, con consigli
pratici per gli educatori previsti anche
nell’analisi di una fiaba attraverso la
simbologia degli animali. Al magister il
compito di applicarli. «Il percorso che
stiamo compiendo – scrivono gli autori –
prefigura l’uso della fantasia da parte del
bambino come mezzo per creare e quindi
educare. [...] Pertanto le diverse proposte
devono essere concepite da ogni
educatore o animatore per dare maggior
energia alla creatività del bambino.»
Sorgenti – Nascita del Teatro
Corporeo
Yves Lebreton
Titivillus, 2012, € 23,00, pp. 374
Qual è il rapporto tra teatro e scuola
di base? Grazie alla loro esperienza di
lavoro a diretto contatto con l’infanzia
e l’adolescenza i due autori non hanno
difficoltà a trovare una risposta a questa
domanda. Il teatro offre agli insegnanti ed
agli operatori un’alternativa all’approccio
tradizionale
di
trasmissione
della
sapienza, in quanto: «È un linguaggio
interdisciplinare in grado di contenere
in sé il gesto, il movimento, il suono, la
parola, l’immagine, il segno [...] che tiene
conto delle ragioni e delle emozioni e
dei soggetti.» La proposta di Fabrizio
Cassanelli e Guido Castiglia di un
laboratorio rivolto ai ragazzi è supportata
elementi sia didattici che metodologici ed
offre uno strumento prezioso e mirato a
chi opera in ambito scolastico.
Alla prima parte teorica, intitolata “Il teatro
e la scuola, una relazione costruttiva”,
segue una seconda dedicata ad “Una
plausibile didattica della comicità”,
con tanto di eserciziario comico, con
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attività di Yves Lebreton possa raccogliere
in un volume, per di più corredato
da un ricco materiale fotografico che
accompagna il suo percorso artistico
dagli anni Sessanta all’inizio del
nuovo millennio, l’autore propone una
panoramica a tutto tondo delle “sorgenti”
alle quali ha attinto per suo il lavoro, fino
al suo ritiro dalle scene con la sua ultima
creazione Nessuno del 2001. Idealmente
parte di una trilogia, Sorgenti non che
è il primo volume di un'opera di ampio
respiro. Dedicato, come dice il titolo, alle
origini dell'esperienza teatrale dell'autore,
dovrebbe essere seguito da un secondo
concentrato sull'insegnamento di Étienne
Decroux, sotto la cui guida è avvenuta
la formazione di Lebreton, e da un terzo
imperniato sulla sua ricerca personale per
la creazione del Teatro Corporeo.
Cos'è dunque questo Teatro Corporeo?
Il punto d'arrivo di un percorso lungo e
complesso iniziato nella scuola parigina
di Mimo Corporeo di Étienne Decroux,
frequentata dal 1964 al 1968, base di
partenza di diverse tecniche messe
a punto successivamente dal suo
discepolo. L'Esaltazione Corporea, il
Corpo Energetico, il Corpo Vocale, il
Mimo Astratto sono tappe significative
che trovano il loro coronamento nel
Teatro Corporeo. «Un teatro basato
sulla creatività dell'attore, sul corpo e
sulla magia del movimento», spiega
Yves Lebreton che a buon diritto ne può
essere considerato il maestro fondatore
ed ha saputo valorizzare la sua creatura
con una valenza ora drammatica che
comica. Dopo la formazione con Decroux,
Lebreton ha contatti con i grandi esponenti
del teatro contemporaneo, tra cui Jerzy
Grotowski ed Eugenio Barba, crea a Parigi
la compagnia Théâtre de l'Arbre prima di
stabilirsi in Toscana, dove fonda nel 1992
il Centro Internazionale di Formazione,
Ricerca e Creazione teatrale. I suoi
spettacoli sono stati proposti per oltre
quarant'anni sulla scena internazionale
riscuotendo vivo successo di pubblico e
critica.
In un testo che è al tempo stesso
autobiografia,
manifesto
d’intenti,
presentazione di un metodo e quant’altro
un uomo di spettacolo dall’effervescente
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rubrica
CINELIBRI
Sipario Testi
AUGUSTO BIANCHI RIZZI
SIPARIO
PER INFORMAZIONI
68
T. + 39 02 653270 + 39 02 6595612 M. [email protected]
www.sipario.it
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Augusto Bianchi Rizzi
ROSSI DI SERA
commedia in due atti
PREMIO CONCORSO AUTORI ITALIANI 2013
Sez. "Tre o più personaggi"
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SIPARIO
Testi
Rossi di sera
commedia in due atti
di
Augusto Bianchi Rizzi
I personaggi principali - quasi tutti ex-sessantottini - qui
elencati non in ordine di apparizione né in scala gerarchica
(perché tutti parimenti cari all’Autore) sono i seguenti:
(1) FRANCESCO il leader, critico cinematografico
(2) ANTONIO il n. 2, architetto
(3) MAX il viale del tramonto, venditore di automobili usate
(4) MICHELE il don giovanni, imprenditore
(5) ERIKA la compagna, moglie di Antonio, ambientalista
(6) MADDALENA l’autosufficiente, amica di Erika,
pubblicitaria
(7) GAETANO l’eterno reduce, giornalista in cronaca
(8) STELLA la determinazione, convivente di Francesco,
semiologa
(9) IRMA la mammona, vicina di casa di Max
(10) SUSAN l’avventura, fotoreporter inglese
E inoltre molti altri personaggi di contorno, quasi tutti
coetanei dei protagonisti.
Note registiche preliminari
La commedia è stata scritta dall’Autore senza risparmio di
personaggi, scene e luoghi (interni ed esterni), pensando
a una commistione di teatro e altri mezzi visivi (video,
proiezioni digitali, cartellonistica, documentari, ecc.) aperta
alle invenzioni registiche che mescolano per l’appunto
tecniche teatrali e filmiche, documentaristiche, ecc. in
una specie di caleidoscopio allegramente “schizofrenico”.
Gli attori possono essere quindici o venti oppure ridotti
al minimo, a solo due donne e a tre/quattro uomini che
interpretano tutte le parti con cartelli identificativi (nomi,
ruoli o simboli). Le scene collettive possono essere impostate
con manichini o sagome e il cambio veloce, per l’appunto
filmico, di quadri brevi può essere operato con inserti video
preregistrati o anche in diretta o soltanto con elementi
simbolico-didascalici che indicano le localizzazioni e
descrivono le situazioni. Video e/o cartellonistica possono
illustrare le indicazioni registiche annesse ai dialoghi. Come
pure i costumi e i trucchi possono acquisire un carattere
molto didascalico (barbe posticce, eschimo, maschere, ecc.
che gli attori trovano già in scena e indossano e dismettono
velocemente quasi parossisticamente). Anche gli arredamenti
possono essere indicati con proiezioni pop sulle pareti di un
ambiente neutro-base oppure solo accennati con simbologie
elementari mutevoli (manifesti politici che diventano sul
retro pubblicità, scaffali di libri che diventano contenitori
di mercanzie, bandiere che diventano foulard, ecc.). Il
montaggio sonoro può avere la stessa struttura (vagiti quando
si parla di nascite, tamburi quando si parla di rivoluzione ecc)
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PRIMO ATTO
All’apertura del sipario appare una scritta proiettata in un
cielo tempestato di stelle: “MOLTISSIMI ANNI FA IN UNA
SPERDUTA GALASSIA”
Quadro 1 Circolo K.Marx
(In una stanza spoglia e male illuminata - tappezzata di
manifesti stampati e scritti a mano, con i ritratti dei padri
della rivoluzione, le bandiere rosse dalle aste particolarmente
robuste, pile di ciclostilati, giornali, volantini - intorno
a un grande tavolo sotto un’unica luce e davanti a un
gigantesco poster di Karl Marx - solo occhi e barba a
formato parete - siedono una dozzina di persone (manichini,
sagome ?) che emanano fumo. Sono giovani sui venti/ventitre
anni, qualcuno di più, qualcuno di meno. Seduto a un capo
del tavolo, Francesco, il leader, cerca di dare anima a un
testo farraginoso proclamato inizialmente in tono quasi
intimidatorio. La barba non fatta, il colorito di chi non dorme
da due giorni gli conferiscono un che di ascetico. Accanto
a lui, Antonio, un tipo dall’aria mite e furba nascosta dietro
una massa di peli, vestito con una camicia militare, ascolta
attentissimo e approva. Di fianco ad Antonio, Erika, la sua
ragazza, fa la maglia e dà palesi segni d’irritazione mentre
Maddalena pare essere con la testa altrove. Michele, che
fuma il toscano, le sorride senza riuscire ad attirare la sua
attenzione. Un po’ in disparte un uomo alto e robusto, con
un giaccone - Max - appare a disagio. Ha una decina d’anni
più degli altri e l’atteggiamento di chi è lì senza capire
bene il perché. Ha con sé una ragazza biondo-platino, col
castorino, in pieno masticamento gomma. Infine, Gaetano,
un meridionale nero nero, con addosso un eskimo, sta
smontando la cornetta del telefono e controllandone
l’interno).
FRANCESCO: (Con un tono quasi declamatorio, libresco,
un po’ trombonesco) Il sindacato, compagni, nella misura
in cui ha accettato i criteri capitalisti di organizzazione del
lavoro, nella misura in cui ha fatto propri gli strumenti di
tortura padronali e ha avallato la gogna del lavoro alienato, è
diventato il cavallo di Troia… Qualcuno dei presenti: Sì, sì,
sì… troia … è la parola giusta
FRANCESCO: …per insidiare e corrompere l’avanguardia
operaia trasformandola in un servo compiacente e
leccapiedi… Qualcuno dei presenti… leccaculo… leccaculo
FRANCESCO: …e consegnarla - sottraendo alle masse
lavoratrici ogni strumento di autodifesa, privandole
della spina dorsale - nelle mani delle aspirazioni
socialdemocratiche più… più… Qualcuno dei presenti… più
stronze!
FRANCESCO: …più subordinate e rinunciatarie. Noi non
vogliamo esaltare il luddismo, compagni,… Qualcuno dei
presenti… che cos’è che non vogliamo esaltare?
FRANCESCO: (Occhiataccia) …sappiamo bene che la
ribellione degli operai alle macchine in quanto tali è una
forma rozza di lotta che rivolge contro il mezzo materiale
di produzione preso in se stesso quella violenza d’attacco
che dovrebbe essere indirizzata contro la forma sociale
Rossi di sera
del suo sfruttamento. Il problema, noi lo sappiamo bene,
è più a monte… tuttavia io vi dico: è da questa violenza
immediata sui mezzi di produzione che nasce il primo
germe di coscienza rivoluzionaria. La violenza del generale
Ludd… (Lancia un’occhiata severa alla platea per impedire
osservazioni) è la risposta alla violenza simmetrica del
capitale! Perché il capitale, compagni, è sempre violenza,
sopraffazione, assoggettamento: che produca napalm,
biciclette o pannolini…
MAX:(Alla ragazza biondo-platino, sussurrando) Adesso
andiamo, eh?
FRANCESCO: (Riprendendo il tono oratorio) Noi oggi,
con la diffusione massima dei sistemi d’automatizzazione,
assistiamo alla distruzione del vecchio quadro operaio
tradizionalmente comunista e cioè il tipografo, il battilastra, il
ferraiolo, il calzolaio, il proto…
ERIKA: (Sbatte il lavoro a maglia sul tavolo e si alza)
Uffa! Quand’è che arriviamo al punto? Io devo andare a
fare la spesa e preparare la cena… Io naturalmente, non voi
maschietti… Voi la spesa, si sa, non la fate…
ANTONIO: Erika, ma cosa dici? Non interrompere. Siediti e
stai zittina.
ERIKA: Zittina? Zittina a me non lo dici! Zittina lo dici a
quella papessa di tua madre che ti domina con le sue smanie…
e le sue manie… Lasciamo perdere. Tornando a noi: la
domanda è semplice semplice: che cosa si fa domani all’Alfa?
Eh? Cosa si fa? Si propone il blocco delle linee o no? Sono
due ore che Francesco introduce, premette, illustra, spiega,
ma ancora non ho sentito la domanda e soprattutto la risposta:
Proponiamo il blocco o no? E poi insomma... va bene gli
operai e il generale Ludd e le contraddizioni del sindacato
ma… se proprio volete saperlo, io ho un groppo qui… sento
la mancanza di Monica. Non riesco a non pensare a quella
poveretta a Londra da sola, e non ce la faccio a seguire tutti
i vostri discorsi… sto pensando a lei. Voi niente, invece eh?
Non ve ne frega niente, non è affar vostro...
FRANCESCO: Quello che è certo è che non è un problema
tuo.
MADDALENA: E bravo Francesco! Tu l’hai spedita a
Londra ad abortire e non t’è neanche passato per la testa di
starle vicino. Eh no, avevi da preparare la tua brava relazione.
Dovevi darci la linea!
MICHELE: Compagni, vi ricordo che domani mattina c’è
l’assemblea all’Alfa e che qualche cosa dobbiamo pur dire di
forte, di decisivo e…
MAX: (Alla biondo-platino) Adesso andiamo, eh?
FRANCESCO: (Cercando di controllarsi) Scusa Maddalena
ma che cosa avrei dovuto fare di più con Monica? Le ho
pagato il viaggio a Londra. Le ho trovato la clinica. L’ho
accompagnata alla stazione… cosa dovevo fare di più? Non
stiamo lottando tutti insieme per l’aborto? E allora perché
ogni volta che ce n’è uno scoppia il ricatto sentimentale
della sedotta e abbandonata da romanzetto rosa? E il “dovete
viverlo in coppia e starvi vicino e sostenervi” e le solite
menate da boyscout…
Augusto Bianchi Rizzi
ERIKA:Perché non provi ad abortire tu la prossima volta?
MICHELE: Ma possibile che ogni discussione finisca sempre
per trasformarci in un gruppo di autocoscienza? Torniamo al
punto: facciamo bloccare le linee di produzione o no?
(Nessuno risponde. Gelo nella sala)
MAX: Scusate, ma Monica la conosciamo tutti... Io sono
convinto che a Londra sta benissimo, tutta contenta di farsi il
suo aborto parlando in inglese. Do you do di qui, do you do
di là e fra un paio di giorni, two days after the abortion, esce
dalla clinica se ne va ad ascoltare qualche concerto tipically
english very very… dengdigadeng dengdigadondong (Finge
di strimpellare una chitarra e poi batte sul tavolo con le dita
a mo’ di bacchette di tamburo) very very strong and hard…
(Pausa. Silenzio. Imbarazzo)
ERIKA: (A Maddalena) Andiamo via, andiamo via, quando
fa l’idiota proprio non lo sopporto.
MAX: (Alzando la voce) Ma possibile che ogni volta che
parlo io, tu te ne vuoi andare via? Sono anni che ce la
meniamo con “la politica prima di tutto” e invece basta che…
(fa un gesto allusivo… Allora c’avevo ragione io; al primo
posto c’è sempre e solo la f… (Si rende conto di ciò che sta
per dire e si blocca)
GAETANO: (Interviene, concludendo la frase di Max) “…la
fabbrica. Al primo posto c’è sempre e solo la fabbrica!
MAX: Sì la fabbrica… (unisce gli indici e i pollici delle due
mani e li alza sulla propria testa facendoli ruotare bene in
vista)
(Baraonda generale. Tutti insieme accavallandosi)
MADDALENA: Maschilisti di merda! E tu sei un davvero un
deficiente oltre che un vero idiota!
MICHELE: Compagni! Siamo qui per parlare dell’Alfa! Non
della nostra vita sessuale
FRANCESCO: La mia vita privata son fatti miei!
ANTONIO: Compagni, compagni per favore…
MAX: Andate a cagare voi e il generale Ludd.
MADDALENA: (Non è chiaro a chi) Se mi metto a
raccontare come scopi, vedrai che ci facciamo quattro risate!
ERIKA: Il privato è politico!
(Voci varie: “Basta” “Compagni, compagni…” “Ma quali
compagni…” “Gli operai non aspettano certamente noi…”
“Alla faccia della solidarietà di classe!” “Merde, merde,
merde! Siete tutti delle merde”)
FRANCESCO: Okay, lasciamo perdere. Domattina all’Alfa
non diciamo un cazzo.
ERIKA: …e il bello è che nessuno se ne accorgerà…
(Sono tutti un po’ avviliti. Si alzano e proseguono a
mugugnare a gruppi di due o tre. Antonio, dispiaciuto, si
avvicina a Francesco)
FRANCESCO: (Ad Antonio) Belle stronze, eh?
ANTONIO: Erika, in fondo, stava solo manifestando una
solidarietà femminile, un sentimento di amicizia…
FRANCESCO: E piantala di difenderla…!
ANTONIO: Non voleva mica offenderti…
FRANCESCO: Ma perché non te la sposi quella lì?
ANTONIO: Che cazzo c’entra, adesso? (Francesco se ne va
71
SIPARIO
Testi
pieno di idee: una cosa rara di questi tempi
senza salutare nessuno) Allora sei tu lo stronzo! (A Gaetano
ANTONIO: (Incerto) Mi aspettano per cena a casa…
che sta ancora frugando dietro le sedie) E tu si può sapere
FRANCESCO: Uhhh il maritino perbene. Dai, vieni, fatti
che cosa cerchi?
GAETANO: I microfoni-spia. Vigilanza, compagni, vigilanza. desiderare, sgarra sgarra
(Si allontanano insieme)
Il capitale ci controlla, ci pedina, ci registra, ci scheda e
***
ascolta tutto
Quadro 3 All’uscita dal cinema
MAX: (Tirandosi dietro la bionda-platino) Vi saluto tutti,
FRANCESCO: (Pontificando come suo solito) Un film
rivoluzionari dei miei coglioni. Tolgo il disturbo, io qui non
povero di mezzi ma ricchissimo di suggestioni, eh?
ci metto più piede! (Se ne va)
Aggressivo, conturbante, poliedrico, coinvolgente, quasi
MADDALENA: Se è per questo neanche noi.
farneticante… Ci ho trovato in pieno la mia vecchia idea:
ERIKA: Chiuso. Sepolto. Amen
che i popoli devono essere governati dai poeti, dai filosofi,
ANTONIO: (A Gaetano) Sbrigati, dai (a Erika) Se vuoi che
dagli artisti, non da quelli che degradano la politica ad
ti accompagni a fare la spesa… a proposito sono invitato
amministrazione dell’esistente, a c-o-r-r-e-t-t-a g-e-s-t-i-oanch’io? … (Erika risponde con uno sberleffo)
n-e, perché noi tutti abbiamo bisogno di prospettive vitali, di
GAETANO: E domani allora? Che succede?
utopie vivificanti… Basta con la concretezza, basta con il
ANTONIO: Domani non succede niente.
fare; ridateci gli endecasillabi, le notti stellate! Riprendiamo a
***
disegnare mondi nascenti, inventiamo nuove parole, ridiamo
Altra scritta proiettata nel cielo: “UNA SPORCA
vita alle dispute dei sapienti. Abbasso il pensiero unico
QUARANTINA DI ANNI DOPO, CIOÈ OGGI”
gastronomico-finanziario! Hasta la licteratura, siempre!
Quadro 2 Circolo K. Marx
ANTONIO: La verità è che il cinema europeo continua
(Un cantiere di demolizione occupa la strada. Un operaio
a leccarsi le proprie ferite esistenziali… Dopo la morte
con l’elmetto fa allontanare con un megafono i passanti)
dell’ideologia non sa più cosa dire…
GEOMETRA: Architetto, cominciamo?
FRANCESCO: No, no, non sono d’accordo: i sentimenti sono
ANTONIO: (È lui l’architetto. Il tempo non l’ha devastato.)
più potenti dell’ideologia. Il cinema lavora sull’uomo. Non ci
(Esitando) Siamo sicuri di avere allontanato tutti?
sono parentele tra cinema e ideologia, l’uno è un linguaggio,
GEOMETRA: Sì, architetto. Sicuri.
l’altra un archetipo che tende all’assoluto. Il cinema può
ANTONIO: E allora cominciate (Si allontana. Non vuole
iniettare trasfusioni di realtà, ma l’unico strumento vero per
assistere)
lui
resta l’emozione, la testimonianza che commuove.
GEOMETRA: (Alza il braccio e dà il via)
(Si ode un gran botto e si vede un gran polverone, al di là del ANTONIO: (Insofferente alla ennesima ‘lezione’ di
Francesco) Adesso devo proprio andare.
quale Antonio intravvede un uomo elegante, abbigliamento
FRANCESCO: A proposito, Erika, la tua mogliettina, come
sportivo, capelli brizzolati)
sta?
ANTONIO: Francesco…
ANTONIO: Bene, bene. Sempre uguale.
FRANCESCO: Antonio! Per forza ci dovevi essere… (Si
FRANCESCO: Insegna ancora?
abbracciano)
ANTONIO: No, è in pensione. Adesso è diventata
ANTONIO: Veramente io sono qui per lavoro. Chi l’avrebbe
un’ambientalista. Si occupa, in particolare, di giardini
detto, eh? Proprio io. Tu invece risorgi dalle polveri del
pubblici. E tu? Ancora libero e selvaggio?
tempo…
FRANCESCO: Curiosità. Solo curiosità. Ho letto sul giornale FRANCESCO: (Sorvolando) Come si chiama tuo figlio?
ANTONIO: Ernesto.
che avrebbero abbattuto l’edificio dove aveva sede il nostro
FRANCESCO: Come Che Guevara!
leggendario circolo Karl Marx e sono venuto a vedere. Sai
ANTONIO: No, come mio suocero.
com’è… A una certa età si diventa nostalgici… e voyeur.
FRANCESCO: E che cosa fa per guadagnarsi da vivere?
Beh, sono proprio contento di averti rivisto. Ti trovo bene.
ANTONIO: Dipinge. Dipinge paesaggi.
Per avere…?
FRANCESCO: Ah, quindi non si guadagna da vivere… …Lo
ANTONIO: Sessantatre anni
aiuti tu?
FRANCESCO: …sei un fiore! Ciao.
ANTONIO: Diciamo che gli do una mano. Sai com’è, ha
ANTONIO: Dove vai?
anche due figli.
FRANCESCO: (Allargando le braccia) Al cinema. Il mio è
FRANCESCO: Ah, sei diventato nonno! Congratulazioni! E
un mestiere da voyeur, per l’appunto.
com’è essere nonno?
ANTONIO: Ma scusa, voi critici, i film non ve li vedete in
ANTONIO: Non lo so. Ernesto vive negli Stati Uniti, ha
proiezione riservata, soli e soletti nelle salette?
FRANCESCO: Mai! A me piace vederli al cinema, con quelli sposato una ragazza di colore californiana. Lo vedo una/due
che ridono, la coppietta che si bacia, il vecchietto che disturba volte all’anno.
FRANCESCO: E i nipotini di che colore sono?
scartando la caramella… Un film senza sala è insipido. Vuoi
venire anche tu? Danno un film indiano sperimentale, un film ANTONIO: Uno bianco e uno nero. Come due tasti del
72
Rossi di sera
pianoforte.
FRANCESCO: Lo suoni ancora?
ANTONIO: Solo quando vengono i nipotini: per insegnargli
che il bianco e il nero uniti possono produrre grandi melodie
e armonie…
FRANCESCO: Sempre romantico… Peccato che tu abbia
smesso di suonare.
ANTONIO: Se la sinistra dovesse vincere le elezioni giuro
che rifaccio un concerto!
FRANCESCO: Se mia nonna avesse le ruote giuro che
sarebbe una sedia a rotelle… Dai, vieni a cena a casa mia.
***
Quadro 4 Casa di Antonio e Erika
(Un posto è ancora apparecchiato a capo tavola, quello di
Antonio. Erika e Maddalena stanno sparecchiando, ma il
posto di Antonio non lo toccano.La televisione è accesa)
MADDALENA: Pensa che per girare quello spot hanno
speso cinquecentomila euro! Una famiglia operaia ci vive
una vita intera. E tutto per reclamizzare una lacca per capelli.
La modella si doveva vedere solo di schiena, ma si doveva
capire che era sposata, che era madre di almeno due figli,
che era finanziariamente autonoma, che era possibilmente
laureata e sessualmente soddisfatta! Tutto dalla schiena: c’era
scritto in contratto. La schiena doveva essere un manifesto,
una mappa, un irresistibile richiamo…
ERIKA: Sì, però, in effetti, è una schiena che te la
raccomando…
MADDALENA: La mia schiena regge abbastanza, è il
resto che… Queste rughette qui agli angoli della bocca…
non posso più ridere… (Alludendo al posto di Antonio)
Sparecchio?
ERIKA: Ma dove è andato? Non poteva darmi un colpo di
telefono?(Pausa, prima dello sfogo) Ogni tanto mi sembra
che il nostro rapporto assomigli a un leone incazzatissimo,
immobilizzato da una lunga fune stretta intorno al collo,
tenuta tesa alle opposte estremità da noi due. Nessuno dei
due può fuggire o può avvicinarsi senza porre in pericolo se
stesso o l’altro…
MADDALENA: E se decideste di tirarla insieme, questa
corda? Una volta strozzato il leone, ricomincereste a vivere…
ERIKA: Sai cosa mi ha detto l’altro ieri? “Se perdessi
te, sarebbe come perdere un dente anteriore; non potrei
sopportarlo” Un dente anteriore, capisci? Molto …incisivo!
Non ti pare?
MADDALENA: Di solito, gli uomini quando inventano
queste frasi poetiche è perché si sono innamorati di un’altra.
ERIKA: Fosse vero! È sempre lì a guardare la televisione,
immusonito, depresso. (Pausa) Salvo quando telefona
l’ingegnere… Allora si elettrizza tutto ed esce. Una volta, due
al mese.
MADDALENA: Ma che ‘ingegnere’ vuoi che abbia? Tutt’al
più si infila in un bar e con la prima poverina che gli capita di
incontrare passa la sera a parlarle di te… Che altro vuoi che
faccia?
ERIKA: Hai una bella opinione di Antonio! (Il suono
Augusto Bianchi Rizzi
del cellulare segnala l’arrivo di un sms. Erika legge il
messaggio) (A Maddalena) È di Antonio. Ha incontrato
Francesco. Te lo ricordi Francesco?
MADDALENA: Come no?! Leggo sempre le sue recensioni.
Spocchiosette, ma con quel tanto che basta per sembrare
intelligenti e idealiste.
ERIKA: Antonio dice che farà tardi.
MADDALENA: Mi sembra di vederli. Parlano, parlano,
parlano. Di loro, naturalmente. Di loro e del loro glorioso
passato…
***
Quadro 5 Casa di Francesco
(Francesco e Antonio hanno finito di mangiare. Il tavolo è
ingombro di resti. Francesco prepara il caffè. Antonio fuma)
ANTONIO: Il Golpe! Ti ricordi di quando si era sparsa la
voce del colpo di Stato imminente? “ È per stanotte, è per
stanotte!”
FRANCESCO: E siamo finiti a casa di Michele perché suo
padre era della Confindustria.
ANTONIO: Sì, attentissimi a che nessuno ci pedinasse…
Gaetano aveva addirittura attraversato l’atrio carponi per non
farsi vedere dalla portinaia. Insomma, massima prudenza…
FRANCESCO: “All’erta, compagni. Vigilanza, vigilanza”
ANTONIO: (Cerca un portacenere e trova una carrozzina) E
questa cos’è?
FRANCESCO: Tu cosa cercavi?
ANTONIO: Un portacenere.
FRANCESCO: Non è un portacenere. Questo è un
portacenere.(Porge il portacenere a Antonio e versa il caffè)
E quel matto di Max?
ANTONIO: Max Trombini, detto il Trombeur des femmes!
(Pausa) Come dimenticare quel fantastico Primo Maggio…
Manifestazione assolutamente tranquilla… Stiamo sfilando
davanti alla Galleria e mi accorgo che Max punta qualcosa…
Sai quei due carabinieri in divisa di gala messi lì per i turisti?
Beh lui non resiste... gli va dietro piano piano e gli ruba le
sciabole! A tutti e due! E via di corsa, gridando “Viva Max…”
- mai che dicesse “Viva Marx!” - (Proseguendo) “Viva Max,
viva Lenin, viva Mao Tse-tung” e quelli dietro coi mantelli e
gli stivali… Ah il vecchio Max! Per lui la rivoluzione era fare
casino.
FRANCESCO: Con un’idea fissa però...
FRANCESCO e ANTONIO:(In coro, imitando Max)”Io
quella me la scopo”
FRANCESCO: L’ho incontrato il mese scorso… Era un sacco
che non lo vedevo.
ANTONIO: Ah sì? E come sta?
FRANCESCO: (Vago) Sta
***
Quadro 6 Camera da letto di Max
(Max - capelli bianchi, aria arruffata, sguardo fisso - è a letto
con Irma. Sulle pareti quadri celebri di donne nude: il solito
Modigliani, il solito Gauguin, il solito Goya)
IRMA: Senti, Max, perché non mi fai andare a dormire a casa
mia? Domattina devo alzarmi presto… Lo sai che devo finire
73
SIPARIO
Testi
il trasloco in negozio.
MAX: Aspetta. Aspetta ancora cinque minuti.
IRMA: Non è mica obbligatorio… Magari la colpa è mia:
non ti piace il mio profumo nuovo? L’ho messo per te, è alla
vaniglia.
MAX: (Tace ingrugnito)
IRMA: Ma la pillola l’hai presa?
MAX: (Fa segno di sì con la testa)
IRMA: Domani è anche meglio, che è sabato. Abbiamo più
tempo. Mettiamo un po’ di musica… Eh?
MAX: È solo un problema di concentrazione. Mi devo
concentrare... ma non ci devo pensare.
IRMA: È difficile, lo so…
(Rimangono immobili a fissare il vuoto, finché squilla il
telefono sul comodino)
MAX: (Al telefono) Pronto. Chi? Francesco! Che cosa faccio?
Nella vita o adesso? Nella vita vendo auto usate… se hai
bisogno… adesso sono qui con una mia amica. Ma no, ma
cosa pensi! Stavamo chiacchierando, te lo assicuro. Solo
chiacchierando. (Pausa) A quest’ora? D’accordo. Va bene, va
bene. Subito. Arrivo. (Riattacca).
***
Quadro 8 Autostrada
(Max è alla guida di una vettura sportiva di grossa cilindrata.
Accanto a lui Francesco. Sul sedile posteriore Antonio. La
radio canta a pieno volume “Guarda che luna” di Fred
Buscaglione. Max guida sempre più veloce, mentre beve da
una fiaschetta e canta a squarciagola insieme a Buscaglione).
MAX: Guarda che luna tàn-tà-tà, guarda che mare… (Passa
la fiaschetta a Francesco, che fingendo indifferenza, la
controlla: non ne è rimasta neanche una goccia) Ce ne
dev’essere un’altra nel cassetto.
ANTONIO: (Fa segno a Max di rallentare e di tenere le
mani sul volante) Non fare il pirla.
MAX: (A Francesco) Ti ricordi di quando siamo usciti con
quelle due di architettura e io ho usato quella crema che
avevo comprato a Copenaghen?
FRANCESCO: (Dopo aver bevuto dalla seconda fiaschetta)
La mitica crema ritardante…
MAX: Ho avuto una… (Mima una erezione) che mi è durata
tre giorni. Come una stalattite… o stalagmite?
FRANCESCO: Stalagmite.
MAX: Come una stalagmite mi era diventato.
ANTONIO: (Beve anche lui) Le famose erezioni politiche
MAX: Sai cos’è successo a una di quelle due lì? Quella molto
carina, ma completamente piatta? L’ho reincontrata poco
tempo fa … (Molla le mani dal volante e mima con le braccia
protese in avanti due enormi tette)… è così!
ANTONIO: Avrà fatto una plastica. Con le protesi adesso
MAX: No, ha avuto una paresi… alle braccia (sottinteso “…
e le braccia le sono rimaste così”) (Risate)
ANTONIO: Perché quando andavate a donne non mi
invitavate mai?
MAX: Perché tu stavi con l’Erika e facevi il fidanzatino di
Genet.
74
ANTONIO: Di Peynet: Peynet! Ma si può sapere dove stiamo
andando?
FRANCESCO: Che cosa importa dove andiamo? Andiamo.
MAX: Andiamo a Fiorenzuola.
FRANCESCO e ANTONIO: Dove?!
MAX: (Improvvisamente semiserio) Io quando sentivo la
primavera prendevo la macchina e correvo fino a Fiorenzuola.
All’Autogrill della Pavesi. Una volta era un posto bellissimo…
Voi eravate troppo giovani, ma io ci andavo sempre appena
presa la patente. Me ne stavo lì per ore a guardare le
macchine dall’alto e a riconoscere le marche… e quelle
passavano vroom, via una, vroom via un’altra tutte verso il
mare. Mi sembrava di stare su un’astronave. L’Autogrill di
Fiorenzuola era l’ultimo limite del mondo civile, le Colonne
d’Ercole. Al di là delle quali, la costiera adriatica, le tedesche,
l’avventura, l’ignoto…
FRANCESCO: Chi era questo Ercole?
ANTONIO: Un bagnino di Rimini, credo.
MAX: Sì, sì, fate gli spiritosi… voglio vedervi quando
arriveremo all’Autogrill… C’era una cassiera… una porcona
planetaria… con un seno… - non con i seni - ma con un
unico, compatto gigantesco seno, e quando ti sorrideva
sembrava che avesse tre lingue. Un mi…(La musica è finita e
Max prende a cantare) ‘… e guidare a fari spenti nella notte
per vedere se poi è così difficile …trombare’.
***
Quadro 9 Piazzale dell’Autogrill Pavesi
(Il piazzale è deserto, l’insegna verde dell’Autogrill è 1’unica
cosa viva. Francesco, Antonio e Max si guardano intorno
delusi)
MAX: È chiuso.
ANTONIO: Le Colonne d’Ercole sono crollate, non sono più
i templi di una volta…
FRANCESCO: E la cassiera monotetta con tre lingue…?
MAX: Lascia perdere (Va oltre il guard rail a fare pipì)
(Antonio e Francesco lo raggiungono e fanno pipì tutti e tre
insieme. Si sente il frinire dei grilli)
MAX: (Tirandosi su la lampo) Sono sempre il migliore!
FRANCESCO: Sssh! Ascoltate. Sembrano finti.
ANTONIO: Cosa?
FRANCESCO: I grilli.
MAX: Una volta li ho mangiati. Devi buttarli vivi nell’acqua
bollente, poi staccargli zampe, testa e ali e friggerli per tre
minuti in due dita d’olio. Una squisitezza.
ANTONIO: Dovresti aprire un ristorante, anzi un autogrill …
solo grigliate di grilli, i grilli dell’autogrill
I Grillini accorrerebbero in massa…
FRANCESCO: No… la verità è che dovremmo fare
qualcosa in memoria di quel che abbiamo sognato, reagire al
presente… Basterebbe affittare un posto da qualche parte e
farlo diventare un rifugio, una trincea. Per riprendere contatto
con le nostre speranze. Riunirci tutti in una bella cantina, con
una videoteca e una grande biblioteca piena di romanzi… di
quelli che non hai mai avuto il tempo di leggere… che so, I
Miserabili… La saga dei Forsyte… Alla ricerca del tempo
Rossi di sera
perduto…
ANTONIO: È tutto pronto?
MAX: Insomma una gran rottura di coglioni. No, a me
ERIKA: Sì è tutto pronto… Sapessi come sono contenta di
piacerebbe aprire un casino, con una maitresse imponente
rivederli! Non me lo sarei mai immaginato.
alla cassa… un bel puttanone…
ANTONIO: Anche Francesco?
ANTONIO: E se invece rilanciassimo l’idea di un miniERIKA: Perfino Max! Te l’ho detto che ho invitato anche…?
soviet? Mai come adesso che il comunismo è morto c’è
ANTONIO: Chi?
bisogno di comunismo.
ERIKA: Michele!
FRANCESCO: Ma no, Antonio, basterebbe un posto
***
qualsiasi. Un posto vuoto. Da riempire con le nostre fantasie
Quadro 12 Casa di Antonio e Erika.
e anche con le nostre nostalgie. Prima che sia troppo tardi.
(Sala da pranzo. Sono presenti Antonio, Francesco e
Quello che conta sono le teste, e di gente con la testa giusta
Michele)
ce n’è ancora, per fortuna. Un posto per le teste giuste.
MICHELE: Così alla morte di mio padre mi sono ritrovato
MAX: (Quasi gridando) In macchina, in macchina!
proprietario della fabbrica. Io! Di colpo, dall’altra parte della
ANTONIO: Oddio e adesso che ti prende?
barricata! La situazione oltretutto era sull’orlo del fallimento.
MAX: Vedrete, vedrete. Vedrete che posto!
E io lì con la mia laurea in sociologia e il mio materialismo
***
storico dialettico a chiedermi: com’è che si fa a ricavare
Quadro 10 Negozio d’animali.
plusvalore dai laterizi? Sicché ho radunato tutti gli operai
(L’insegna recita “Qua la zampa”. Irma controlla il
in sala-mensa. Sono salito su un tavolo, così… (Sale su un
trasporto di alcune gabbie di uccellini da parte di due
tavolino) li ho guardati ben bene in faccia tutti a uno a uno e
facchini. Max, Francesco e Antonio sopraggiungono. È
poi ho detto “Compagni, il bilancio è questo. Per quello che
primo mattino)
ne capisco, stiamo raschiando il fondo del barile. Se volete
MAX: Irma, ciao. Posso presentarti… lui è Francesco… e lui
la fabbrica… queste sono le chiavi!” (Fa il gesto di mollare
è Antonio… Ti dispiace se diamo un’occhiata? (Irma segue
le chiavi, poi scende dal tavolo e si risiede). Nessuno le ha
i facchini, dopo aver fatto un cenno d’assenso e di saluto).
raccolte.
Quella è Irma, la mia vicina di casa. Una sagoma!
FRANCESCO: E allora?
(I tre si guardano intorno. Il negozio è enorme. Ovunque
MICHELE: E allora sono diventato un imprenditore.
gabbie, recinti, vetrinette, acquari, alberi. Una grande
ANTONIO: Un padrone!
voliera vuota troneggia in mezzo al locale. Una scala a
FRANCESCO: Un capitalista! Uno sfruttatore! E adesso
chiocciola porta ai sotterranei, un’altra al piano superiore.
come va?
In un acquario illuminato scodinzola un grande pesce esotico. MICHELE: Lasciamo perdere. Ho dovuto fare ricorso alla
Il tutto è terribilmente sporco e in disordine. Francesco e
cassa integrazione. Ma fin che posso non licenzio nessuno. Se
Antonio perlustrano ogni angolo)
non fosse per quello stronzetto di mio figlio che si ostina a
MAX: E allora? Il posto c’è. È una vita che Irma cerca di
non voler mettere piede in fabbrica… Suona la batteria e se
affittarlo. Possiamo prenderlo in prova e se la cosa non
ne infischia lui! E così mi tocca continuare ad alzarmi tutte le
funziona glielo ridiamo. Lì ci mettiamo il bar, giù di sotto il
mattine alle sette… E per di più ho anche il colesterolo alto e
ping-pong… un flipper in quell’angolo, il calcio-balilla …
un inizio di diabete. Fortuna che la prostata funziona ancora.
Basta dare una bella ripulita…
(Entrano dalla cucina Erika e Maddalena con due grandi
ANTONIO: (Dopo una pausa da architetto) Sai cosa ti dico?
vassoi di tartine)
A me piace. Voglio dire così com’è o quasi. Pieno di anfratti,
MADDALENA: Morire pur di non dare una mano, eh,
di trabocchetti… è una specie di canyon… Ogni incontro è
compagnucci? (Si alzano tutti e tre, facendo una gran
possibile, ogni agguato è probabile, ogni silenzio…
confusione)
MAX: (ad Antonio) Non ti muovere!
MICHELE: Il vittimismo no, Maddalena, ti prego. Stasera no.
ANTONIO: Prego?
ERIKA: In cucina, ragazzi! C’è altra roba in cucina.
FRANCESCO: Fermo!
(Suona il campanello. Mentre Maddalena, Michele, Antonio
MAX: C’è un serpente a sonagli dietro di te
e Francesco fanno la spola tra salotto e cucina con piatti
(Antonio per un attimo si irrigidisce, poi scuote la testa
e bicchieri, Erika va ad aprire la porta. Dopo un attimo
ridendo)
compare Max carico di bottiglie e di pacchi in modo
FRANCESCO: E va bene proviamoci. (Ad Antonio) Com’è
assolutamente esagerato)
che hai detto? Ogni incontro è possibile, ogni agguato
MAX: Scusa, Erika, mi sono dimenticato i fiori.
probabile, ogni silenzio…
***
ANTONIO: sospetto.
Quadro 13 Casa di Antonio.
***
(La festa è in corso da un paio d’ore. Antonio e Francesco
Quadro 11 Casa di Antonio e Erika
sono seduti per terra. Erika passa di lì con una bottiglia di
(Antonio ha in mano una planimetria. Entra Erika, che
vino in mano)
sbircia la planimetria, con aria complice)
FRANCESCO: (Ad Antonio) La verità è che bisogna vivere
Augusto Bianchi Rizzi
75
SIPARIO
Testi
intensamente, se no ci si accorge di… esistere
ERIKA: Volete un po’ di vino?
ANTONIO: Smettila di andare su e giù… siediti. (Antonio
prende Erika per un braccio e la tira giù accanto a sè) (A
Francesco) Chi l’ha detto? Marx? Il presidente Mao? Lunga
vita al presidente Mao…
FRANCESCO: L’ha detto quel genio di Altan!
(Antonio e Erika ridacchiano)
FRANCESCO: (A Erika) Antonio mi ha detto che adesso ti
occupi di giardini pubblici…
ERIKA: Il giardino è la culla dell’umanità: “il Signore
piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo...”
Il giardino deve essere inteso come un luogo da custodire
e da cui essere custoditi. (Antonio lentamente si alza e
sgattaiola via). Una metafora. Un’etica e un’estetica
contrapposte all’artificio urbano. D’altra parte, alla
trasformazione innaturale dello spazio corrisponde sempre
una trasformazione contro natura dell’uomo. E il recinto del
giardino - specie quello dell’hortus conclusus…
FRANCESCO: (Perplesso-affettuoso) Erika, che cosa stai
cercando di dire?
ERIKA: Che la felicità è sempre possibile, sia al di qua che al
di là del recinto. Basta tracciare un segno. E che non bisogna
mai rinunciare a cercarla. MAI.
(Dall’altra parte della stanza Michele e Maddalena stanno
chiacchierando)
MICHELE: L’altruismo di San Martino che incontra il
soldato romano infreddolito e gli dona metà del suo mantello
è impraticabile nelle grandi società moderne. Occorre
un’industria che produca mantelli in milioni di esemplari e
a basso prezzo affinché anche i proletari salariati possano
comprarli. Lo stesso è per le case. Io che produco mattoni
posso dire che…
MADDALENA: (Offrendo a Michele una sigaretta) Vuoi?
MICHELE: Ho smesso.
MADDALENA: Da molto?
MICHELE: Da un anno.
MADDALENA: Dura, eh?
MICHELE: (Allusivo) Il problema è dove mettere le mani.
MADDALENA: Cretino! Sei sempre lo stesso. Ma non ti eri
sposato?
MICHELE: Per pochissimo! Lei voleva dormire con le
tapparelle alzate.
MADDALENA: …e tu se non c’è il buio più completo…
(Ridacchia)
MICHELE: E tu, Maddalena, che lavoro fai?
MADDALENA: Sono Account Supervisor… una specie di
censore degli spot pubblicitari.
MICHELE: Buono a sapersi. All’occorrenza…
MADDALENA: Scordatelo.
(Michele e Maddalena si avvicinano agli altri)
MAX: Ragazzi, sembra proprio di essere tornati ai vecchi
tempi! Ma adesso, Antonio, tira fuori il progetto!
ANTONIO: E va bene (Spiana la planimetria sul tavolo)
Ecco qui il progetto del grande Canyon!
76
FRANCESCO: (Togliendo la parola ad Antonio, con
tono declamatorio) Contro l’oblio della Storia, contro la
depressione del nuovo millennio, contro i predatori delle
nostre speranze, in attesa della rinascita delle prossime
generazioni, ecco il grande Canyon: un sogno senza topos, un
topos senza sogno
MAX: E speriamo senza topi.
(Tutti si chinano sulla planimetria ed emettono, fra gli
applausi, un grande OOOH di ammirazione).
***
Quadro 14 Casa di Antonio e Erika
(Tutti ancora intorno alla planimetria, ma le voci si sono fatte
acute e ostili)
MADDALENA: E io ripeto che una sauna, con docce
e idromassaggio, in un posto così ci vuole. A costo di
sacrificare il locale del biliardo, cari compagni.
MICHELE: (Scandalizzato) Sacrificare il biliardo?
ERIKA: Quest’altra sala poi dovremmo riservarla ai bambini.
Allestire una stanza-giochi tutta per loro. Anche qualcun altro
di voi avrà dei nipotini, no? Non solo io e Antonio. Perché
non dovremmo poterli portare con noi nel Canyon?
MICHELE, FRANCESCO e MAX (in coro) Vuoi allestire
una stanza-giochi per i bambini?!
FRANCESCO: Va bene, ho capito, abbiamo scherzato.
MADDALENA: E riecco il solito maschilista di merda.
Gratta, gratta… I bambini dobbiamo spupazzarceli noi, vero?
Noi dobbiamo continuare a cucinare, rifare i letti, spolverare
e tenere i nipotini, vero? Non è cambiato niente. Niente.
FRANCESCO: Ma di che nipotini parli tu che non ne hai?
ERIKA: Noi di nipotini ne abbiamo due. E mi risulta che
anche Michele - anche se non vuol farlo sapere - sta per
diventare nonno… Che cos’avete contro i bambini?
FRANCESCO: Il nostro topos, il nostro sogno non prevede la
presenza di bambini, tutto qui.
MICHELE: (A Erika, irritato) Che cosa c’entrano i bambini
con il topos?! (A Max) Dammi una sigaretta, va!
MAX: Noi abbiamo da vivere molto meno dei bambini. E
quindi abbiamo più diritti di loro. Anche e soprattutto il
diritto di giocare a biliardo e a calcetto quanto ci pare e piace,
senza mocciosi tra i piedi.
FRANCESCO: Come non detto. Lasciamo perdere.
MADDALENA:(Ad Antonio) E tu non dici niente? Ma che
razza d’uomo sei? Ai tuoi nipotini non ci pensi? Ma non ti
rendi conto che…
ANTONIO: Io non mi rendo conto del perché continui a
venire a casa mia a inzigare. È una vita che rivendichi, che
denunci, che ti indigni, che stigmatizzi. Che rompi i coglioni!
Altro che se non ora, quando?
ERIKA: Se permetti questa è anche casa mia! E Maddalena
potrà venire qui finché lo dirò io! Capito?
MICHELE: A questo punto, è meglio aggiornare la seduta.
ERIKA: Sì, ma tra altri quarant’anni e non qui! Al
camposanto!
(Tutti fanno scongiuri più o meno evidenti)
***
Rossi di sera
Quadro 15 Casa di Francesco
(Sono presenti Francesco, Antonio, Michele e Max)
ANTONIO: Non so che cosa dire. A me l’idea del Canyon
piaceva.
MICHELE: (Quasi fra sé) Chissà perché il femminismo
dev’essere toccato in sorte alla nostra generazione.
MAX: (Girellando per la stanza, scopre la carrozzina)
Guardate che cosa ho trovato.
ANTONIO: Non è un portacenere.
FRANCESCO: Ebbene sì, Stella aspetta un bambino.
MICHELE: E chi è Stella?
FRANCESCO: Colei che, del tutto unilateralmente, ha deciso
di rendermi padre.
MICHELE: Padre? Alla tua età? Ma chi è?
(Francesco fa segno a Michele di guardare alle sue spalle)
MICHELE: (Scorrendo i libri dietro di lui) “Metafore del
gotico” “Comunicazione non verbale” “Simboli e linguaggio”
…ma è Stella Jaspers, la semiologa! Potevi dirlo subito!
MAX: Eh sì, potevi dirlo subito!
ANTONIO: Ma il bambino ... è tuo?
FRANCESCO: Così mi è stato assicurato.
ANTONIO: E adesso lei dov’è?
FRANCESCO: In montagna, a ossigenare il nascituro. È
anche salutista.
(Francesco e Antonio, Michele e Max si accendono una
sigaretta. Cala un silenzio pesante. Scatto della serratura
d’ingresso)
STELLA: (Fuori scena) Francesco, sono io. Vieni a darmi
una mano?
(Francesco molla la sigaretta in mano ad Antonio e corre
verso la porta, ma Stella è già nella stanza)
FRANCESCO: Stella! Come mai così all’improvviso…
STELLA: Il corso preparto. È stato anticipato di una
settimana, non te lo ricordi? Devi partecipare anche tu,
mi raccomando. (Rivolta ad Antonio e Michele e Max)
Buongiorno.
FRANCESCO: Ah sì, certo… Questi sono dei miei vecchi
amici… Max… Michele… Antonio… Stella.
(Antonio ha due sigarette in mano e cerca di darsi un
contegno)
MAX, ANTONIO, MICHELE: Ciao, salve, piacere.
STELLA: Il fumo fa male, ve l’hanno mai detto?
***
Quadro 16 Fuori dalla casa di Francesco.
MICHELE: Visto come ci ha guardato?
ANTONIO: Dominam et magistram invenit! È dai tempi di
Adamo che…
MAX: La famosa Lilliputh!
ANTONIO: Cosa?
MAX: Ma sì… Adamo prima di Eva aveva un’altra donna
che voleva comandare lei, una certa Lilliputh.
ANTONIO: Lilith! Lilith!
MAX: Ho capito, ho capito. È un po’ più corto.
MICHELE: Allora me lo fate vedere questo famoso Canyon?
ANTONIO: Ormai. Per quel che serve.
Augusto Bianchi Rizzi
MICHELE: E se facessimo un topos… solo maschile? Con
un bel cartello sulla porta: “Vietato l’ingresso alle donne e ai
bambini”?
MAX: Molto inglese.
ANTONIO: Certo che senza donne, senza bambini… mah…
che cosa ne penserebbe Francesco adesso che sta per
diventare padre?
MICHELE: Chi l’avrebbe mai detto, eh? “Piuttosto che
mettere al mondo un bambino mi sparo in un piede” Ve
lo ricordate quando diceva così? “Un figlio è una palla al
piede, un laccio al collo, è come il tentacolo di un polipo
avvinghiato intorno alla caviglia”. E adesso deve partecipare
anche al corso preparto…
ANTONIO: Secondo me, Francesco aderirebbe di corsa a un
Canyon solo maschile. Portaceneri dappertutto, ma ci pensi?!
MAX: Sarebbe… sarebbe.
MICHELE: Un sogno. L’ultima utopia.
***
Quadro 17 Casa di Irma.
(Irma sta preparando una cenetta al lume di candela. Entra
Max)
MAX: Irma, deciso! Abbiamo deciso. Affittiamo il “Qua la
zampa”. Ne faremo un topos.
IRMA: Eh?
MAX: Un sogno. L’ultima utopia! (Pausa) Vieni qui
(Si baciano. Lui la spoglia un po’, lei lo spoglia un po’)
IRMA: Andiamo di là? Spengo il gas?
MAX: (Dopo una pausa) Lascia stare. Buttiamo la pasta, che
è meglio.
***
Quadro 18 Casa di Antonio e Erika.
(Antonio guarda la televisione, mentre Erika lavora a maglia)
ERIKA: Stasera telefona Ernesto su Skype. Vedremo anche i
bambini. Bello, eh? Sei contento?
ANTONIO: (Non risponde)
ERIKA:(Punzecchiandolo con un ferro) Oh, ci sei?
ANTONIO: Come? Sto guardando il film.
ERIKA:È un telefilm. L’hanno già dato tre volte. L’assassina
è la moglie.
ANTONIO: Ah sì?
(Silenzio, Antonio continua a fissare lo schermo. Erika
sospira e si rimette a lavorare a maglia. Squilla il cellulare di
Antonio. Antonio balza dal divano e si allontana di qualche
passo)
ANTONIO: (Al telefono) Oh, ingegnere… finalmente… sì,
certo, subito. D’accordo. Non dubiti. A presto, ingegnere.
(Riappende. A Erika) Devo uscire.
ERIKA:Un impegno imprevisto?
ANTONIO: Sì, un impegno imprevisto. Succede, no?
ERIKA:Certo. Succede.
***
Quadro 19 In una strada, davanti all’insegna di un hotel.
(Antonio corre incontro a una donna giovane e spigliata. Si
abbracciano)
***
77
SIPARIO
Testi
Quadro 20 Negozio di abbigliamento.
da scaricare? Un tavolo da poker, un biliardo, due flipper anni
(La tendina di uno spogliatoio viene aperta bruscamente.
60, un tavolo da ping pong, un bersaglio per le freccette e…
Appare Erika con un vestito ‘firmato’)
MICHELE: E… ?
ERIKA: Come sto?
MAX: E un calciobalilla!
MADDALENA: Bene, ma dovresti osare di più.
***
ERIKA: Ti ricordo che i prossimi che compio sono sessanta.
Quadro 23 Su una panchina al parco
MADDALENA: Appunto! È ora che recuperi il tempo
(Francesco sta consultando una vecchia agenda: in copertina
perduto. Prova questo (Passa a Erika un altro modello, che
c’è scritto 1974. Michele ha tra le mani un i-Pad)
ha appena tolto dalla gruccia)
FRANCESCO: Nanni. Nanni Bertelli… quello che
ERIKA: (Richiude la tendina)
balbettava… “Co… co… co… compagni…”. Adesso mi pare
MADDALENA: (Cerca nell’appendiabiti qualcosa per sé.
che faccia il giornalista sportivo. Lavora alla Gazzetta dello
Si scruta allo specchio e intanto continua il suo discorso)…
Sport, credo.
Insomma ieri abbiamo bloccato altre due pubblicità.
(Michele segna il nominativo sull’i-Pad)
Intendiamoci, non che io sia contraria al nudo in sé per sé.
MICHELE: Avrà un contratto da co co co co… Sì, teneva
Però deve essere attinente al prodotto, che so?, …sali da
all’Inter, me lo ricordo. Era un patito di Tarcisio Burgnich e
bagno, saponette, creme, prodotti di bellezza, ma se uno
di Sandro Mazzola. Ma soprattutto di Jair, il brasiliano re del
vende acciughe…
dribbling… Lo rintraccio io.
(Erika riapre la tendina: è vestita con un abito attillato, e
FRANCESCO: Sergio Cantoni.
scollato. È evidente che non si sente a suo agio)
MICHELE: Niente. È diventato berlusconiano.
MADDALENA: Ci siamo quasi. Immaginalo con delle calze
FRANCESCO: Sergio Cantoni? Ma non era lui che gridava
a rete, un paio di scarpe con i tacchi alti e due orecchini di
ogni momento: “Lo Stato borghese si abbatte, non si
strass. Vistosi, molto vistosi. E naturalmente truccata. Molto
cambia!”? E “La libertà nasce dalla canna del fucile. Guerra
truccata
civile, guerra civile!”?
ERIKA: Io veramente…
MICHELE: E sì. Strillava anche ogni momento: “Tutti i
MADDALENA: (In direzione della commessa) OK,
reazionari sono tigri di carta”. Me lo ricordo bene. Non so
prendiamo questo.
che dirti© Adesso urla a quattro polmoni “Per fortuna che
***
Silvio c’è”…
Quadro 21 Sala conferenza dell’ospedale
FRANCESCO: Alberto Colucci. (Pausa) No, per carità! È un
(Un film è proiettato su uno schermo di due metri per tre. Vi
relitto ipocondriaco. L’ho incontrato un paio d’anni fa: parla
si vedono dottori e infermiere che assistono una partoriente
solo delle sue malattie, vere o presunte. Si è sposato con la
distesa sul lettino. VOCE: “Il collo uterino ha ora raggiunto
Zanolini, te la ricordi?
una dilatazione di circa otto centimetri che aumenterà
MICHELE: Miss Ciclostile 1973. (Con tono allusivo)
gradatamente fino ad almeno dieci centimetri…”. Alcune
Altroché se me la ricordo!
coppie e donne sole assistono nel buio al film, fra esse vi
FRANCESCO: Anche la Zanolini? Ugo Dini.
sono anche Francesco - con occhiali neri - e Stella. VOCE
MICHELE: Avanti. Già avvertito.
DELLO SPEAKER: “Ha inizio il periodo espulsivo, durante
FRANCESCO: Massimo Dossena.
il quale il feto, spinto dalle contrazioni uterine e addominali,
MICHELE: Morto in un incidente stradale sulla Napolifuoriesce…”. Un marito non ce la fa più e scivola a terra
Salerno. Avanti.
svenuto. Nessuno - neppure la moglie - se ne accorge…
FRANCESCO: Renzo Faringhetti.
VAGITI DEL NEONATO… Sollievo generale e applausi.
MICHELE: Morto anche lui. Mi sembra di un tumore… Sì un
Francesco e Stella si alzano e si avviano all’uscita)
tumore al pancreas. È stato in coma per tre mesi. E ha subito
FRANCESCO: (Con tono professionale) Una pellicola
cinque interventi. Era diventato tutto pelle e ossa. Sembrava
morbosa, inquietante… E poi non si gira così! È sbagliata
uno zombi. E pensare che un tumore al pancreas può capitare
la soggettiva. Tutta dal punto di vista del ginecologo… E
a tutti. Dopo una certa età…
nessuna suspence, fin dalla prima inquadratura si sapeva già
FRANCESCO: Alberto Frignani. Se è morto, dimmi solo
come sarebbe andato a finire. D’accordo l’intento didascalico, “Avanti”.
ma bisogna saper coniugare l’arte con la didattica… Pensa a
MICHELE: Credo sia fallito e finito in galera o giù di lì.
Eisenstein! Lui sì che… (Escono)
Deve essere scappato con la cassa. Meglio lasciarlo perdere.
***
FRANCESCO: Sergio Gori.
Quadro 22 Canyon
MICHELE: Quello che aveva sempre le mani sudate?
(Antonio e Michele stanno imbiancando le pareti. Si intuisce
FRANCESCO: E che scoreggiava contro i fascisti.
il disegno di un Canyon, larghi spazi, nuvole. In un angolo il
MICHELE: (Verifica sull’i-Pad) Ingegner dottor Gori Sergio.
pesce tropicale continua a sguazzare nel suo acquario. Entra
Eccolo. Lavora all’Eni.
Max)
FRANCESCO: È lui. Alessio Gubini.
MAX: Ragazzi, ho bisogno di aiuto. Indovinate cosa c’è fuori MICHELE: Il socialdemocratico?
78
Rossi di sera
GAETANO: (Dopo avere abbracciato tutti, chiede silenzio.
FRANCESCO: Quello era Paolo Gubini. No, questo è quello
È commosso) Grazie… compagni. Io… io me lo sentivo
per bene. Ha fatto il dentista, mi pare. Quello che cantava
che prima o poi sarebbe giunto questo momento. La nostra
sempre “La locomotiva” di Guccini.
generazione esce ancora una volta allo scoperto e a testa alta
MICHELE: (Dopo aver controllato) Trovato. Sì, fa ancora il
grida: io sono! (Scroscia qualche incerto applauso) Quello
dentista. Ha fondato anche un salotto odontoiatrico.
che conta è il cuore, e noi l’abbiamo ancora saldo. Stanotte
FRANCESCO: Lele Lotito.
ho fatto un sogno… In tutto il mondo oggi si tenevano
MICHELE: È andato a Parigi parecchi anni fa.
assemblee come questa… da Santiago a Praga, da Pechino
FRANCESCO: E non torna?
a Madrid, da Berkley a Tokyo. E ovunque si dissotterrava
MICHELE: (Allusivo) No, credo proprio di no.
l’ascia
di guerra…
FRANCESCO: Gigi Manfredi.
MICHELE:
(A Francesco) Di recente hanno ridato in
MICHELE: È diventato deputato della Lega Lombarda…
televisione “Ombre rosse”
***
GAETANO: E la lotta ripartiva… Ne sono certo, compagni:
Quadro 24 Casa di Antonio e Erika
noi non siamo soli (Vinto dall’emozione, si interrompe e
(Erika è sola in casa, vestita di tutto punto, completa di calze
Francesco ne approfitta per abbracciarlo. Tutti applaudono,
a rete, tacchi e orecchini di strass; si guarda e si riguarda
con ironia e affetto).
allo specchio. Poi fa un numero con il cellulare)
ANTONIO: (A Michele) L’astronave è partita, ma lui è
ERIKA:(Al telefono) Maddalena? Maddalena, non me
rimasto a terra: E. P. l’Extra Parlamentare.
la sento. Davvero. Ascoltami. Sì, sì mi sono tutta vestita.
(Francesco riprende il controllo della situazione)
Sembro un’altra. Cioè: non sono più io. Hai ragione, ma cosa
FRANCESCO: Ringrazio Gaetano per la sua testimonianza.
ci posso fare se sono fatta così? L’idea di uscire tutta bardata
Ma veniamo al punto: chi siamo noi?
- travestita da trentenne… E poi a me di andare a ballare non
MAX: Siamo i Watussi, siamo i Watussi…
importa molto… Anzi, non ne ho proprio voglia. Ti dico: hai
FRANCESCO: Noi siamo quelli che sono stati gli ultimi
ragione, però… Magari un’altra sera. Scusa, eh? Scusa. Ciao.
a fare gli esami in terza elementare, gli ultimi ad avere in
(Chiude la conversazione)
terza media il latino obbligatorio, gli ultimi a fare la maturità
***
con
tutte le materie del triennio. Gli ultimi a fare il servizio
Quadro 25 Canyon
militare
senza l’obiezione di coscienza. Gli ultimi a credere
(Sono presenti una ventina di ex, seduti, in piedi, stravaccati
che leggere fosse meglio che guardare la televisione, che
per terra. C’è qualche patetico tentativo di modernità con
andare a una manifestazione fosse meglio che andare allo
jeans, occhiali colorati e capelli tirati su con il gommino, ma
stadio, che…
sono decisamente più numerosi gli incanutiti e i calvi, dotati
VOCI DALLA SALA: Abbiamo fame. Stringi. Taglia.
di pance robuste. C’è anche qualcuno in giacca e cravatta.
L’aria è da rimpatriata (pacche sulle spalle, abbracci, risate). Concludi.
FRANCESCO: Insomma, abbiamo in comune una storia
Dentro la voliera, ripulita e ornata di festoni e zeppa di
anche se forse non siamo la Storia.
cibarie varie, tipo pane, salame, grana, vino, liquori, torte,
MICHELE: (Ad Antonio, mentre dà il via all’applauso) Bel
dolci, ecc., c’è Max che tra un assaggio e l’altro lancia cenni
di saluto a questo e a quello. Antonio e Michele stanno seduti concetto.
VOCE: Dai che si mangia e si beve.
dietro un tavolo coperto da un panno rosso; in mezzo a loro
(Max si avvicina al tavolo della presidenza e dicendo…)
Francesco, in piedi, ha la parola. Dietro di loro si íntravvede
MAX: E adesso finalmente (Canticchiando) diverti-mento!
il disegno di un Canyon, con accanto uno scaffale ricolmo
Diverti-mento! Diverti-mento
di libri, tra cui le opere di Marx in bella vista. In un angolo
(…lo scoperchia, togliendo il panno e il ripiano compensato:
scodinzola il pesce tropicale nel suo acquario).
sotto si cela il calcio-balilla. Due si avventano a giocare,
FRANCESCO: (Sorridente-ironico) In conclusione: noi
altri
tagliano pane e salame nella voliera).
oggi siamo giunti alla Terra Promessa. Questa nostra oasi
fortificata, al riparo dallo scontro ideologico e dalla dialettica …OVAZIONI - CHIASSO… MUSICA… mentre il pesce
continua a nuotare per i fatti suoi assolutamente indifferente)
tra i sessi ci offre l’occasione… l’opportunità… storica per
FINE PRIMO ATTO
ciascuno di noi… di essere artefici di una nuova frontiera,
SECONDO ATTO
di uscire dalle discariche della cultura contemporanea, di
Quadro 26 Casa di Francesco
riprendere le redini del nostro destino e di riappropriarci
(Stella è sdraiata sul divano, circondata da pile di libri
dell’idea del futuro. (Pausa) Non credo ci sia bisogno di
che riguardano tutti la gravidanza, tipo “I1 parto fra
aggiungere altro.
gli Ittiti” “Gravidanza e Potere” “La dea della fertilità”
(UNA VOCE DAL FONDO: “Chiedo la parola!”)
“Essere genitori oggi” “Per una nascita senza violenza”
(Dal fondo della sala si fa largo Gaetano, che si ripresenta
“Cento modi di partorire” “Gravida è bello” “II parto
con lo stesso eskimo di un tempo. L’intero “ufficio di
mediterraneo”. Stella sta leggendo un grosso volume e si
presidenza” si alza in piedi e scroscia un applauso)
rivolge a Francesco, che sta per uscire e ha fretta)
(CORO DI TUTTI: “GAETANO, GAETANO”)
Augusto Bianchi Rizzi
79
SIPARIO
Testi
STELLA: In Nuova Zelanda al bambino appena nato mettono
in bocca una pallina di zucchero “perché la sua vita sia dolce”.
Bello, eh?
FRANCESCO: Sì.
STELLA: Le tribù del Sahara seppelliscono la placenta in
terra umida...
FRANCESCO: Però!
STELLA: …e ricavano dal cordone ombelicale una collana
per il padre.
FRANCESCO: Affascinante.
STELLA: Presso i pigmei della Nuova Guinea la donna che
partorisce deve appartarsi da sola e guai se il marito l’assiste,
pena il malocchio.
FRANCESCO: Devo proprio andare.
STELLA: Tu invece ci sarai, vero?
FRANCESCO: Certo! Non ti ho mica sposato, io.
***
Quadro 27 Negozio d’auto usate
(Max, appoggiato a un’automobile in vendita, parla con
una bella donna di una certa età - una cliente - che l’ascolta
rapita)
MAX: (Intenso, infervorato) Una macchina la devi sentire
come se fosse una parte di te… Devi sentirla fremere e devi
saperla domare… Se no ti prende la mano, si imbizzarrisce e
scappa via… ti si rivolta contro. Ma perché non la prova? Ci
salga almeno (La cliente, dopo qualche esitazione, si siede
al posto di guida e Max le si siede vicino) Bella, eh? Ma non
abbia paura. Tocchi, tocchi tutto. Provi il cambio. Ecco così
(Afferra la mano della cliente e la guida sul cambio in tutte le
posizioni di marcia. È un giochino che ha fatto molte volte) E
qui c’è la radio (Max accende la radio. Parte una canzone…
UNA ROTONDA SUL MARE di Fred Bongusto. Max si
china verso la cliente e fa per baciarla, ma improvvisamente
si immobilizza visibilmente turbato). Mi scusi, mi scusi un
momento (Max scappa dall’auto, con le lacrime agli occhi e
le mani tremanti)
***
Quadro 28 Canyon
(Due giocano a scacchi. Antonio e Francesco confabulano).
ANTONIO: (A Francesco, alludendo al pesce) È sicuramente
un maschio. Appartiene a una razza in via di estinzione. Non
ti pare un po’ smorto? A me sembra molto pallido. (Pausa).
Vorrei parlarti.
(Dall’altra parte della sala)
GAETANO: (A Michele) Sarebbe come arrendersi, no? Te
l’immagini? Io che accetto di scrivere per un quotidiano
di destra? (Disgustato) Bhé! No, no, meglio continuare a
stringere la cinghia, ma poter continuare a guardarmi allo
specchio senza la voglia di sputarmi in faccia.
MICHELE: Se hai bisogno di soldi…
GAETANO: Grazie, io ho solo bisogno di un posto di lavoro.
Tutto qui. Ci pensi che bello se il capitalismo crepasse di
colpo per una malattia psicosomatica?
(Dall’altra parte della sala ancora Antonio e Francesco)
ANTONIO: Sto pensando di separarmi da Erika.
80
FRANCESCO: (Stupito) Ripeti.
ANTONIO: Faccio male?
FRANCESCO: Dipende. Se la lasci per un’altra, sì. Non
bisogna mai lasciare una donna per un’altra. Le donne dio le
ha fatte con lo stampino, si assomigliano tutte.
1^ Voce: Qual è la capitale del Vietnam del Nord?
2^ Voce: Hanoi.
3^Voce: Saigon.
MICHELE: (Al telefono) Sì, certo che si deve vedere. Il
culo, sì il culo! Se no perché c’ho messo una donna svestita?
Quand’è che va in onda? Benissimo.
4^ Voce: Cedo Il Fatto Quotidiano e Repubblica in cambio
della Gazzetta.
FRANCESCO: (Ad Antonio) Ma perché non vai avanti così,
a doppio regime? Separarsi alla tua età è un azzardo. Chi
ti accudisce poi? Oltretutto, a quanto dici, il tuo ingegnere
è quasi sempre all’estero. Meglio di così… un adulterio a
lunghi intervalli …L’adulterio è una delle poche istituzioni
borghesi che merita di essere conservata.
ANTONIO: Mi sento a disagio. Devo inventare
continuamente bugie, e sai che io non ho una gran fantasia.
Mi devo nascondere, ho sempre paura che qualcuno mi veda…
FRANCESCO: E il fascino del vivere clandestino, dove
lo metti? …Cancellare le tracce di profumo dalla camicia
e le macchie di rossetto… Porta sempre con te uno spray
antimacchia, dammi retta, ma attento ai capelli: li perdono
dappertutto… (Canta imitando la voce nasale di Edoardo
Vianello) Non è un capello ma un crine di cavallo uscito dal
paltò… Sono diaboliche nel lasciare tracce. Sospetta niente,
Erika?
ANTONIO: Non credo
FRANCESCO: E allora?! Goditi la tua inglesina-ingegnere
e all’occorrenza, nega, nega sempre, nega anche l’evidenza.
L’importante è non confessare. MAI.
***
Quadro 29 In una strada
(Max è fermo davanti alla vetrina di una farmacia, in cui
è reclamizzato un farmaco pubblicizzato dal disegno di un
uomo di mezza età che tiene in braccio una giovane donna.
Il magico nome del farmaco è “Sexual Viril Magnum”. Lo
slogan assicura: ‘È possibile riconquistare la potenza della
luna di miele”. Max, dopo avere sostato a lungo, entra in
farmacia)
***
Quadro 30 Casa di Maddalena
(Maddalena è sdraiata sul divano, al telefono con Erika,
mentre parla manovra il telecomando, cambiando canale su
un televisore di fronte)
MADDALENA:(Al telefono) Ragione, hai ragione. Però…
D’accordo, Erika. Figurati! Certo che ti capisco. Mi sembra
solo una decisione a scoppio ritardato, come dire, che nasce
con la muffa… E quando pensi di dirglielo? (Continua ad
ascoltare, ma blocca il telecomando e resta come ipnotizzata
a guardare uno spot televisivo) Scusa se ti interrompo, ma
la Mattoni Egotex non è la fabbrica di Michele? È appena
Rossi di sera
passato uno spot dove una ragazzetta seminuda, con il sedere
culi, la televisione è piena di culi, il mondo intero è pieno di
tutto fuori, costruisce una parete di mattoni murando la porta
culi e tu proprio con il mio dovevi prendertela?!
di casa. Posato l’ultimo mattone, raggiunge il suo uomo
MADDALENA: Puoi fare ricorso.
sdraiato comodamente a letto e, prima di spegnere la luce,
MICHELE: Il vecchio Marcuse! Te lo ricordi, il vecchio
ammicca agli spettatori e dice: “Mattoni Egotex… roba da
Marcuse? “È più oscena una donna nuda o un generale con le
murarsi vivi”. Io lo denuncio!
medaglie?”
Quadro 31 Canyon
***
(I soliti due giocano a scacchi, uno suona con la chitarra
Quadro 33 Ristorante
ONLY YOU dei Platters, un altro sfoglia l’Internazionale,
(Antonio e Erika sono seduti uno di fronte all’altro a un
mentre un altro legge una pubblicazione sull’AIDS. Nella
tavolo di un ristorantino, tipo zona naviglio)
voliera si sta svolgendo una partita a poker fra Max,
ANTONIO: (Alludendo al cibo) Buono, eh?
Gaetano, Michele e Francesco)
ERIKA:Sì, buono.
MICHELE: Parol.
ANTONIO: Vuoi ancora un po’ di vino?
GAETANO: E chi parla più di rivoluzione? Non gliene
ERIKA:Perché no?
frega più niente a nessuno di ribaltare il mondo anche se il
ANTONIO: Bevi stasera…
capitalismo è sempre più in crisi e fa sempre più danni. A chi
ERIKA: Sì, stasera bevo.
tocca?
ANTONIO: Allora… si può sapere… il perché di questa
MAX: (Esasperato) A te tocca!
convocazione?
GAETANO: Altri venti. Ieri - l’altro ieri, diciamo- eravamo
ERIKA: Ti ho semplicemente invitato a cena.
l’avanguardia del movimento, oggi siamo rintanati nel
ANTONIO: Sì, però…
cimitero degli elefanti. C’era una specie di patto non scritto
ERIKA:Hai qualcosa da dirmi?
che ci legava tutti e che diceva: ci salveremo tutti insieme
ANTONIO: Io? Io no. Credevo che tu…
oppure tutti insieme falliremo… Non è stato proprio così.
ERIKA: Sono settimane che non ci parliamo, che non ci
FRANCESCO: Passo.
vediamo… settimane in cui ho avuto tempo di riflettere… Di
GAETANO: Quando Edipo si accorge di avere ucciso suo
capire.
padre e di essere sul punto di andare a letto con sua madre…
ANTONIO: Capire cosa?
MAX: Vedo.
ERIKA:Che hai un’altra, ad esempio.
GAETANO: …e che la città soffre terribili sciagure per le sue ANTONIO: Ma cosa dici? Non è assolutamente…
nefandezze…
ERIKA: Ti prego, non negare. Non è comunque
MICHELE: Passo.
dell’ingegnere che voglio parlare.
GAETANO: …si cava gli occhi e si punisce…
ANTONIO: Erika, non è come pensi…
MAX: (A Gaetano) Cos’hai?
ERIKA: Non è come pensi tu! Hai presente quelle piccole
GAETANO:(Abbassando le carte) I nostri governanti
schegge di legno che ti si infiggono in un dito? Quasi non te
invece… Una scala buca.
ne accorgi finché il punto non si arrossa e comincia a farti
MAX:(Incamerando il piatto) Gaetano, mi devi trecento euro
male. Un po’, appena un po’. E tu non ci badi, fai finta di
più tre puglie sulla parola: in tutto milleduecentocinquanta
niente, ma il male cresce finché arriva il momento in cui
euro.
bisogna risolversi a prendere l’ago, rimuovere la pelle e
GAETANO: La prossima volta mi rifaccio.
togliersele. Ecco, ora è venuto il momento di estrarle, tutte
MAX: (Scuotendo la testa) Chi perde paga… subito!
insieme.
MICHELE: (A Max) E dai… lascia perdere. Lo sai che non
ANTONIO: Erika, sono infelice se ti ho reso infelice.
ha neanche i soldi per pagarsi l’affitto.
ERIKA: Che bella frase… Non ti amo più, Antonio. Il mio
MAX: Se non ha i soldi, non giochi.
cuore ha smesso di battere per te. Ho voglia di riprendere in
GAETANO: Ha ragione Max: i debiti di gioco vanno pagati.
mano le redini della mia vita… Mi hanno invitato a tenere un
***
ciclo di conferenze negli Stati Uniti: ho accettato. Rimarrò là
Quadro 32 Strada davanti all’ufficio di Maddalena
per sei mesi.
(Michele va avanti e indietro molto nervoso. Quando
ANTONIO: Ma cosa dici?
finalmente esce Maddalena, le si precipita incontro
ERIKA: Dico che non sei più l’implacabile fascinoso
aggressivo)
principe che tiene la mia vita tra le sue mani. Me la sono
MICHELE: Come sarebbe: “offende la donna?”
ripresa la mia vita.
MADDALENA: Non parlo mai di questioni di lavoro
ANTONIO: E io? Che cosa farò io senza di te?
terminato l’orario. E tanto meno per la strada.
ERIKA: Eh, lo so, è brutto vivere senza un dente anteriore,
MICHELE: (Sempre più aggressivo). Da quando in qua un
dovrai accontentarti di una protesi. “Dovevamo saperlo che
culo senza cellulite offende la donna?
l’amore brucia la vita e fa volare il tempo”. Ricordi?
MADDALENA: (Si allontana)
ANTONIO: Ricordo sì. Montale.
MICHELE: (Seguendola e gridando) I giornali sono pieni di
(Erika si alza, raccoglie la borsa e riaccosta la sedia al
Augusto Bianchi Rizzi
81
SIPARIO
Testi
tavolo. Poi si abbassa verso Antonio, rimasto impietrito al
non dovere rendere più conto di me a nessuno… Settimana
suo posto, e gli dà un bacio leggero sulla guancia).
prossima mi tingo i capelli. Ho deciso.
ERIKA: (Mentre si allontana) Cardarelli! Cardarelli, non
MADDALENA: Wow! Questa sì che è una notizia! Di che
Montale!
colore?
***
ERIKA: Li faccio biondi, come una volta. (Pausa) ‘Sono
Quadro 34 Canyon
infelice se ti ho reso infelice’, così mi ha detto Antonio!
(I soliti due giocano a scacchi. Francesco e Michele giocano
MADDALENA: Il topolino del rimorso comincia a
a freccette mentre nella voliera infuria il poker con Max,
rosicchiargli la coscienza.
Gaetano e altri due)
ERIKA: E la vuoi sapere l’ultima? Ieri sera, a letto, ha tentato
MICHELE: (Lanciando con foga le freccette) Hai capito
la solita riconciliazione per le vie brevi…
la stronza? E io che c’ho gli operai in cassa integrazione
MADDALENA: Il maschio rifiutato si ringalluzzisce…
(Lancia altre due freccette) “Puoi fare ricorso”: solo questo è ERIKA: Ti assicuro: era solo patetico.
stata capace di dirmi (Altra scarica) E pensare che è un culo
***
di primissimo ordine.
Quadro 36 Casa di Max
FRANCESCO: (Quasi serio) Io preferisco quelli un po’ più
(Max è a letto. Irma gli gironzola intorno)
piccoli e muscolosi.
IRMA: E dai Max! Capita a tutti.
MICHELE: Allora l’hai visto il mio spot!
MAX: (Non risponde).
FRANCESCO: Più volte.
IRMA: Io una volta conoscevo uno, un ragazzo giovanissimo,
MICHELE: E cosa ne pensi?
eppure ogni tanto anche lui…
FRANCESCO: Geniale. Una trovata che resterà nella storia
(Lo sguardo di Max la convince che è meglio non proseguire)
delle comunicazioni di massa: culo e mattoni… come culo e
IRMA: Aspetta. Ho una sorpresa!
camicia… Lo slogan poi… (Guardandosi intorno) Mi sbaglio (Esce dalla stanza, mentre Max rimane a fissare il vuoto.
o c’è aria di disarmo?
Quando rientra, Irma ha una grande torta fra le mani con
MICHELE: Sai com’è… senza politica, senza donne, senza
una candela accesa su cui si legge “70”. Irma prende a
televisione…
cantare con un filo di voce)
(Francesco versa da bere da una bottiglia semivuota)
IRMA: Tanti auguri a te, tanti auguri a te, mille giorni fel…
FRANCESCO: Poco alcol…Niente droghe… Ti ricordi? Una MAX: Oh cristosanto!
canna tirerebbe su…
IRMA: …ici… Buon compleanno, Max.
MICHELE: Una canna da pesca… Perfino Antonio non si
(Max si stringe un cuscino sulla faccia e rimane immobile.
vede.
Dopo un’eternità si toglie il cuscino dalla faccia)
(Francesco assume l’espressione di chi la sa lunga e strizza
MAX: Ne ho solo sessantanove di anni.
un occhio)
***
MICHELE: Antonio?!
Quadro 37 Strada
(Sono interrotti da un grande clamore che sopraggiunge
(Antonio e Francesco camminano)
dalla voliera)
ANTONIO: Ho tentato di negare, ma, cosa vuoi, è anche una
MAX: (A Gaetano) Ne ho pieni i coglioni delle tue puntate
questione di dignità…
sulla parola! (Alzandosi in piedi e gettando le carte sul
FRANCESCO: Almeno non avrai sensi di colpa. Volevi
tavolo) E poi quando si gioca, si gioca! Non si parla.
separarti, no?
FRANCESCO: (Sopraggiungendo) Max! Che succede?
ANTONIO: Il fatto è che io e Erika siamo legati… Che cosa
MAX: Io so solo che nessuno è obbligato a giocare, ma che
farà, se ci lasciamo? Senza di me…
se si gioca e si perde, si paga! È una vecchia regola.
FRANCESCO: La gente si sposa… per separarsi.
FRANCESCO: Sì, però…
ANTONIO: Sì, ma fra me e Erika è diverso… Stiamo insieme
MAX: Però cosa? (Se ne va, senza salutare)
da tanto di quel tempo, non possiamo fare a meno l’uno
***
dell’altra.
Quadro 35 Casa di Antonio e Erika
FRANCESCO: Lei sembra pensarla diversamente. E anche tu
ERIKA:Poi mi sono alzata e sono venuta via.
se ci fosse qui…
MADDALENA: Bravissima. Ma adesso?
ANTONIO: Susan…
ERIKA: Antonio si troverà un’altra casa o andrà a vivere
FRANCESCO: Susanna. Ho conosciuto una sola Susanna
con lei… non so. Fatti suoi. E io… via col vento! (Sorride)
nella mia vita. Aveva quasi sempre le mestruazioni…
Pensa che questa mattina - questa mattina, al supermarket!
ANTONIO: Francesco, Susan sta per tornare e io non so che
- ho reincontrato un mio vecchio compagno di liceo, un
cosa fare e dire.
mio ammiratore: non lo vedevo da allora… Mi ha fatto
FRANCESCO: Un marito abbandonato fa sempre tenerezza.
un sacco di complimenti. E mi ha chiesto di prendere un
ANTONIO: Ma io non voglio essere un marito abbandonato!
aperitivo insieme per raccontarci che cosa ci è successo in
FRANCESCO: Un marito abbandonato è un atteggiamento
questi quarant’anni… (Pausa) Non sai che sollievo provo a
interiore… come Jessica Rabbit, te la ricordi?, la donna di
82
Rossi di sera
carta animata, che denuncia con dolore la sua condizione
di prigioniera della fantasia maschile: “sono buona, ma mi
disegnano così”.
ANTONIO: Allora?
FRANCESCO: Trovati un appartamento grazioso - fai
l’architetto o no? - e una governante che ti accudisca. E poi
goditi la tua inglesina. Stasera però vieni al Canyon: Gaetano
si è dimesso.
***
Quadro 38Canyon
(I membri del Canyon - tra i quali Francesco, Antonio,
Michele - sono tutti con gli occhi fissi sulla voliera, nella
quale è appena entrato Max a ritirare la busta che Gaetano
ha lasciato per lui, al suo posto di gioco. Max apre la busta e
ne sbucano vari biglietti da cento euro. Max si ficca la busta
in tasca, esce dalla voliera e fa per andarsene)
MICHELE: (A Max) Ci sono tutti?
MAX: (Aggressivo) Sì, tutti.
MICHELE: Non vuoi sapere come Gaetano se li è procurati?
(Max non risponde e guarda Michele e gli altri come un orso
ferito attaccato dai cani)
MICHELE: Ha dovuto abdicare, rinunciare ai suoi principi.
Ha dovuto accettare di farsi assumere a Libero, l’unico
quotidiano che gli ha offerto un posto di lavoro. Grazie
a te, adesso lavora al servizio del giornale di Berlusconi.
Lui, un noto cronista giudiziario di sinistra, che lavora per
Berlusconi! Ne avrà di notizie giudiziarie da NON scrivere!
MAX: (Facendo il verso a Michele) “Grazie a te, adesso
lavora al servizio del giornale di Berlusconi”. Ringrazi il
cielo di avere trovato un posto di lavoro! Io gli sono servito
come alibi! Ma non capite che gli ho fatto un favore?
ANTONIO: Quelli che fanno i favori a chi non glieli chiede...
MAX: Insomma che cosa volete da me? Devo sentirmi in
colpa per aver vinto a poker? O volete sostenere che il poker
è di destra, mentre il calciobalilla è di sinistra?! Chi perde,
paga: tutto qui.
MICHELE: Sì, però “spennare” i compagni…
MAX: Sentilo lui, che vive “sfruttando” i compagni.
MICHELE: Nello zaino di ogni mio operaio c’è una verga da
maresciallo!
MAX: Ma non dire stronzate!
(Max dà uno spintone a Michele che finisce contro l’albero
secco che, verniciato di rosso, svetta in un angolo. Michele
reagisce d’impulso, staccando un pezzo di ramo e avanzando
contro Max)
MAX: Ti ci vuole sempre la spranga, eh?
(Max e Michele si fanno sotto l’uno all’altro)
FRANCESCO: Fermi, perdio!
(I due si bloccano, pur conservando un atteggiamento
minaccioso)
ANTONIO: In fondo, si tratta solo di una contraddizione in
seno al popolo.
MAX: Ma vai a cagare…
FRANCESCO: Max, ti prego… Non sarà per una questione
di soldi fra di noi che…
Augusto Bianchi Rizzi
MAX: Parli bene tu! Credi che non me lo ricordi di quando
te ne sei andato a cena con i soldi della colletta per i profughi
cileni? Me ne vado, me ne vado… Lascio questo mortorio.
(Max si avvia verso l’uscita, poi torna sui suoi passi, estrae
dalla tasca la busta con i soldi di Gaetano e la lancia a
Francesco).
FRANCESCO: (Davvero accorato) Che cosa ti succede,
Max?
MAX: (Tenta ancora di trattenersi, poi sbotta) Max Trombini
non tromba più. Ecco cosa mi succede. Vi assicuro che il
crollo dell’ideologia è niente a confronto con il crollo del…
pappafico! Vi saluto, compagni!
***
Quadro 39 Casa di Max
(Max rientra a casa ubriaco e profondamente infelice.
Sopraggiunge Irma)
MAX: Un ghepardo - prima di scegliere la sua femmina
- ne scarta venti. Venti! (Rivolto a Irma) Sai perché non
mi ammazzo? Perché se no tu ne soffriresti e allora prima
di uccidermi dovrei uccidere anche te, ma se uccidessi te
tua sorella ne soffrirebbe e allora dovrei uccidere anche
tua sorella, ma se uccidessi tua sorella i suoi quattro figli
ne soffrirebbero e allora dovrei uccidere anche loro, ma
se uccidessi loro le loro care mogli e i loro figliolini ne
soffrirebbero e allora… Ho calcolato che per potermi
suicidare dovrei prima ammazzare 314 persone sparse su
quattro continenti…
IRMA: Ma Max, cosa dici?! Io ne soffrirei molto. Moltissimo.
MAX: Non ti preoccupare. Io sono immortale, come Elvis
Presley e Fred Buscaglione!
(Canta) “Guarda che luna, guarda che mare…” (Va verso
l’uscita).
IRMA: Ma dove vai?
MAX: Oltre le colonne d’Ercole: fra la vita e la morte io
scelgo l’America. (Esce)
***
Quadro 40 Canyon
(Aria di smobilitazione. Dei due che giocavano a scacchi
ne è rimasto soltanto uno, che continua a giocare da solo.
Al tavolo del poker non c’è nessuno. Uno tira le freccette.
Un altro legge. Un paio giocano con l’i-PAD. Antonio e
Francesco sono seduti vicini)
1^ Voce: Chi cazzo si è dimenticato di tirare la corda del
bagno?
(Suona un cellulare)
2^ Voce: Abbassa la suoneria, cristo!
ANTONIO: (A Francesco). Niente cessa di scorrere, capisci?
Né il fiume né il sangue né il tempo interiore. Eppure tutto
si è fermato. (Pausa) ‘Voglio leccarti l’anima’ mi ha detto
Susan l’ultima volta che l’ho vista.
FRANCESCO: Una ragazza affettuosa e prudente. Molto
prudente. (Entra Irma che si guarda intorno, incerta)
IRMA: (A quello che gioca a scacchi) Sai dove sono
Francesco e Antonio?
FRANCESCO: Irma, che ci fai tu qua?
83
SIPARIO
Testi
IRMA: Max… Max… (Scoppia in singhiozzi)
invece... è Susan che entra trafelata. Antonio e Susan si
FRANCESCO: Cos’è successo?
abbracciano e si baciano a lungo).
IRMA: (Fra le lacrime) È finito fuori strada. È in fin di vita. ANTONIO: Ho detto tutto a Erika. Abbiamo deciso di
All’ospedale.
separarci… Forse.
***
(Susan guarda Antonio incerta se essere contenta o
Quadro 41 Ospedale / Stanza di Max
dispiaciuta. Max alza gli occhi su di loro, poi - dopo un
(Max è sotto una tenda a ossigeno. Ha un braccio ingessato e ennesimo tentativo di raggiungere la bottiglia dell’acqua
la testa tutta fasciata, bocca compresa. Intorno a lui ci sono
minerale - li richiude, vinto)
quasi tutti, tesi e preoccupati: Francesco, Antonio, Michele,
***
Erika, Maddalena, Irma. Manca solo Gaetano. Finalmente
Quadro 43 Ospedale / Stanza di Max
Max apre gli occhi e li guarda, confuso. Tutti accennano
(Michele sta fumando una sigaretta elettrica, seduto sul letto
un saluto, chi con la mano, chi lanciandogli un bacio. Max
a fianco di Max, che ha gli occhi chiusi e i soliti tubicini nel
indica il cuore e fa tremolare la mano, come a dire che non
naso. Anche Michele parla, parla)
reggerà a lungo)
MICHELE: E pensare che tra noi c’è stata una storia di quelle,
IRMA: (Tesissima) Ma va… il medico ha detto che te la
di quelle… Una passione, un vero grande amore. Un diluvio
caverai. A condizione che non apri bocca. La mascella è rotta
di baci ci siamo dati. Nei portoni, in ascensore, in macchina,
in due punti. Deve assolutamente riposare.
al cinema, nei motel di periferia… Per ore ci baciavamo.
ANTONIO: Fortuna che c’era lo sciopero della Nettezza
Dappertutto. DAPPERTUTTO (Max tenta ancora una volta
Urbana: sei finito sui sacchi dell’immondizia.
di raggiungere la bottiglia dell’acqua minerale, ma senza
MICHELE: Salvato dai rifiuti.
riuscirci e senza che Michele, naturalmente, se ne accorga)
Voce di GAETANO: No! Dai compagni in sciopero!
MICHELE: Ma ti par possibile che proprio lei… Maddy la
(È arrivato Gaetano. Si fa largo fra gli altri e va a salutare
chiamavo, la mia dolce Maddy, mi abbia messo nei guai per
l’infermo, tamburellando il tendone con le dita. Vertici di
una giovane, elastica, levigata, rotondissima, innocente natica
commozione, mani sulle spalle, sguardi che si incrociano,
femminile? Una natica da concorso, ti assicuro. Da esibizione
nasi che si soffiano e lacrime che si asciugano)
(Afferra il cellulare e forma un numero) (Al telefono) Sono
FRANCESCO: È meglio stabilire dei turni.
io, Michele. Un attimo, un attimo solo. No, no, Max sta
ANTONIO: Stanotte rimango io.
bene. È qui davanti a me; è tutta la notte che non lo perdo di
***
vista. Un armistizio. Quello che voglio proporti, Maddy, è un
Quadro 42 Ospedale / Stanza di Max
armistizio… Ti piacciono sempre le ostriche?
(Max dormicchia con un paio di tubicini nel naso. La tenda
***
a ossigeno è stata tolta. Antonio gli parla come se fosse
Quadro 44 Ospedale / Stanza di Max
sveglio)
(Francesco passeggia avanti e indietro intorno al letto di
ANTONIO: Gli uomini sembrano tutti uguali. Eppure ognuno Max - che non ha più i tubicini nel naso - e anche lui parla,
ha un suo segreto e quel segreto è la sua energia vitale… o
parla)
mortale, a seconda. Tu avevi il tuo, io avevo il mio. Il mio si
FRANCESCO: Te li ricordi gli espressionisti, eh, Max?
chiamava… si chiama Susan; un’inglesina timida ma ardita
Le emozioni loro le facevano scaturire non da un quadro
come una gazzella. Fa la fotoreporter e gira il mondo. Abita
ben fatto, non da un bel disegno col colore giusto, ma da
qui ma va sempre via. Ogni tanto arriva per un servizio.
un tuffo nella distruzione, nella fragilità, nella decadenza,
Un giorno, due giorni e poi via di nuovo… (Sempre più
nella diversità, nella crudeltà… Con loro il teatro conosceva
appassionato) A te posso dirlo, Max: lei lusinga il mio corpo,
solo l’urlo e il bisbiglio; il cinema solo il fantasmagorico
lo vezzeggia, lo carica di avventure fin nei minimi recessi…
e l’onirico. Erano ribelli, anarchici, votati al pessimismo e
distribuisce il piacere in mille brividi periferici, prima di
all’apocalissi. Io ero uno di loro, un radicalista umanitario o
inabissarmi nel vortice dell’estasi erotica…
un umanista radicale - come preferisci - da cui scaturiva una
(Max apre un occhio. Cerca di raggiungere la bottiglia
rabbia feroce contro la volgarità del materialismo capitalista e
d’acqua minerale sul comodino, ma non ci riesce. Antonio
le istituzioni borghesi. Ma ormai il marxismo è una pura idea
non se ne accorge e continua a parlare)
nostalgica, come l’isola che non c’è… La si costeggia, se ne
ANTONIO: Erika ha scoperto il mio segreto, così ha spento
immagina il perimetro, la si intuisce per contrasto, come il
la mia energia. Ma forse posso ancora riattivarla: con lei il
concavo fa con il suo convesso, ma non se ne sa più niente.
sesso è sempre stato una cosa scontata; come un pomeriggio
(Max tenta disperatamente di liberarsi delle bende che gli
di sole o una nuotata salutare in un golfo ben protetto. Con
impediscono di parlare)
Susan invece… ogni volta è una cascata di fuochi artificiali… FRANCESCO: (Sempre più trombonesco) Eppure la
Mai. Mai l’avrei immaginato. Alla mia età. (Pausa) Ma Erika
conoscenza è per me, ancora oggi, un’emozione forte,
da chi è stata invitata negli Stati Uniti? E con chi ci va?
esaltante, estremamente virile… Dopo anni in cui, eccitato
(Max rinnova il tentativo di bere, ma senza esito. Poi sente
dalla mia prepotenza intellettuale, guidato dalla mia
aprire la porta e gira la testa sperando che sia un’infermiera, intuizione, divertito dalle disfide nel privato e nel sociale,
84
Rossi di sera
ho vagabondato per il mondo della letteratura e dell’arte
ringiovanito)
nel vano tentativo di soddisfare la mia incessante curiosità,
FRANCESCO: Hai fatto colpo, a quanto pare: “sfacciato
oggi - dopo tanti sforzi per volare, novello Icaro, sempre
quanto lungo”’
più in alto, imprigionato nell’umano troppo umano, stupito
FRANCESCO e MAX: (In coro, sussurrando) Io questa me
di saper ancora resistere all’assedio del Male, perfettamente
la scopo (Scoppiano a ridere)
consapevole che i Valori Eterni di ieri stanno precipitando
***
nella Mediocrità e nel Nulla - oggi io dico: “il cuore vuole
Quadro 48 Canyon
ancora cercare ma i piedi chiedono ‘dove’?”
(Gaetano e un altro in cima a due scale opposte stanno
(Max è riuscito finalmente a liberarsi dalle bende e fa segno
fissando su un muro un grande striscione con scritto “Max è
a Francesco di avvicinarsi)
vivo e lotta insieme a noi”. Francesco con Antonio appoggia
MAX: (Sussurrando) Per favore, non venite più!
un lungo tavolo da buffet sotto il murale del Canyon. Poi
FRANCESCO: Allegro Max! Sei fuori pericolo. La prognosi
Antonio tira su le cicche dall’acquario con una retina.
è stata sciolta. Presto tornerai forte come un toro.
Michele sta attaccando due cartelli con scritto ‘toilettes’: su
(Francesco si accorge dello sguardo di Max di non avere
uno è disegnata la figuretta di un uomo, sull’altro quella di
scelto l’espressione più felice)
una donna. Al centro c’è uno spazio vuoto per ballare)
FRANCESCO: Insomma, magari come un toro no, ma starai
MICHELE: (A Francesco) E così anche l’ultima utopia
bene, ecco.
tramonta.
***
FRANCESCO: Altre ne nasceranno. D’altra parte, le utopie
Quadro 45 Ospedale / Corridoio
‘realizzate’ sono una contraddizione in termini…
(Francesco fuma appoggiato al muro. Quando l’infermiera
ANTONIO: (Sopraggiungendo e tentando di scherzare) Ciak!
- giovane e belloccia - esce dalla stanza di Max, Francesco
Buona la prima!
nota la sua andatura ancheggiante. E ha un’intuizione)
FRANCESCO: Hai invitato… ?
FRANCESCO: (All’infermiera) Scusi, posso chiederle un
ANTONIO: Susan?
favore?
FRANCESCO: Susanna… Te l’ho già detto che l’unica
***
Susanna che ho conosciuto…
Quadro 46 Per la strada
ANTONIO: L’ho invitata sì. È tornata ieri. Viene anche Erika,
ANTONIO: (Al telefono) Hai visto la foto che ti ho
forse. Lo sai che si è fatta bionda? Sembra avere quindici
mandato? Non appartiene a una razza in via di estinzione?
anni di meno… (Pausa) Speriamo che fra lei e Susan non
Ne sei sicura? Non ci posso credere. Un banalissimo Zeus
scoppi una lite.
Aureolato? Riparti? Per dove? Un servizio fotografico sul
FRANCESCO: (Guardando Antonio con uno sguardo
mostro di Loch Ness? Sarebbe bellissimo. Sì, Susan, ma non
rassicurante) Non ti preoccupare. Le donne non sono come
posso venire con te. Devo... in questo momento mi sembra
noi: a loro piace conoscere ‘l’altra’.
di essere diviso in due, tagliato per il lungo. Devo decidere…
(Michele sta facendo scaricare un enorme juke-box anni
Quando torni? L’Amore schernirà l’Inferno e il Cielo. O no?
sessanta. Passando dice a Francesco e Antonio)
Ti aspetto (Chiude il cellulare)
MICHELE: A Max farà piacere.
***
***
Quadro 47 Ospedale / Stanza di Max
Quadro 49 Canyon
(Max è ormai sbendato e in via di completa guarigione. Entra (Gli amici ci sono tutti, uomini e donne. Accompagnato da
l’infermiera giovane e belloccia)
Irma, Max fa il suo trionfale ingresso nel Canyon. Commosso,
INFERMIERA: Come va? Dormito bene? Aspetti che le
saluta con il braccio ingessato, teso verso l’altro)
sistemo il cuscino, si tiri su…
GAETANO: Qui ci facciamo la figura dei fascisti.
(Max vede su di sé le tette dell’infermiera, un bendidio che
(Il juke-box spara musica a tutto spiano. Molti ballano.
ondeggia senza reggiseno, mentre gli gira e rigira intorno,
Michele e Maddalena continuano a guardarsi in cagnesco.
sfiorandolo in continuazione. Il volto di Max si illumina via
Michele però accenna a un brindisi, da lontano. Antonio si
via, beato e incredulo: il miracolo è in corso. L’infermiera è
guarda intorno in cerca di Susan. Arriva invece un fattorino
chinata su Max quando la sua mano pare avvertire qualcosa) con un pesce tropicale della stessa razza di quello che
INFERMIERA: Stiamo buonini, eh? Che se no la febbre
sguazza nell’acquario. L’ha mandato Susan. Lei è ripartita
torna…
per un servizio. Antonio deposita il pesce - una femmina (Entra nella stanza Francesco)
nell’acquario e rimane a guardare i due pesci che nuotano
INFERMIERA: (A Francesco) Un gran bel tipo questo
vicini. Chissà se e quando Susan tornerà)
suo amico… sfacciato quanto lungo… (Esce, lasciando
(Francesco riceve una telefonata e parla al cellulare coperto
un’occhiata d’intesa a Francesco) Poi torno. Lasci fare a me. dal suono del juke-box: sul suo volto si leggono stupore,
Me ne occupo io di lui.
paura, emozione, ecc.)
(Francesco si avvicina a Max, comodamente appoggiato
***
sui cuscini. Ha uno sguardo furbo e allegro. Sembra
Quadro 50 Ospedale/Corridoio maternità
Augusto Bianchi Rizzi
85
SIPARIO
(Francesco arriva di corsa, con gli occhiali scuri. Il
corridoio è deserto, salvo un altro padre in attesa. Il vetro in
fondo segnala “Sala parto”. Da lì esce un’infermiera)
FRANCESCO: Sono il… Sono il padre del nascituro di
Stella Jaspers.
INFERMIERA: Bene. Si accomodi. C’è tempo.
(L’infermiera si allontana. Francesco si siede sulla panca e
accende la classica sigaretta, poi subito la spegne, mentre
l’altro padre in attesa prende a passeggiare frenetico. Dopo
un bel po’ Francesco dice)
FRANCESCO: Nervoso, eh?
L’altro: Altroché! Ho lasciato a casa i miei due doberman…
Da soli!
***
Quadro 51 Canyon
(La musica si è fatta lenta. Si è buttato anche Max con Irma.
Il braccio ingessato semina il panico sulla pista)
***
Quadro 52 Ospedale/Corridoio maternità
(Francesco è sempre seduto, nascosto dietro gli occhiali scuri.
L’altro continua passeggiare frenetico. Una infermiera risale.
Francesco le va incontro)
FRANCESCO: Senta, mia… Stella… la madre del figlio che
sta per nascere vorrebbe che assistessi al parto.
INFERMIERA: E lei se la sente? Va bèh, venga.
***
Quadro 53 Ospedale / Saletta spogliatoio
(Francesco entra nello spogliatoio, accompagnato
dall’infermiera. Si toglie la giacca e fa per indossare un
camice verde, ma l’infermiera lo blocca)
INFERMIERA: No, si tolga tutto. Lei deve mettere quella
là (Indicando una specie di muta di plastica semitrasparente
appesa a un chiodo)
FRANCESCO: Nudo?
INFERMIERA: (Mettendogli in mano una cuffia e un
costume da bagno) Sua moglie…
FRANCESCO: Non è mia moglie.
INFERMIERA: La madre del nascituro che presumibilmente
è suo figlio - va bene così? - ha scelto di partorire in piscina.
Non gliel’ha detto?
***
Quadro 54 Canyon
(Canzone: je t’aime, moi non plus di Serge Gainsbourg e
Jane Birkin. Le luci sono abbassate e le coppie ballano strette.
Antonio è ancora lì che guarda i pesci nell’acquario. Erika e
Gaetano sono in pista. Anche Michele e Maddalena. Michele
appoggia le mani sul culo di lei e le sussurra all’orecchio)
MICHELE: Anche il tuo è ancora di primissimo ordine.
***
Quadro 55 Ospedale / Piscina
(Luci bassissime, azzurrate. Tramestio. Rumore d’acqua)
FRANCESCO: Questo non me lo dovevi fare, Stella.
STELLA: Vieni qui, qui vicino. Non fare quella faccia! I
bimbi che nascono nell’acqua sono più allegri. (Pausa).
Credo che ci siamo…
86
Voce: Sù, spingiamo tutti insieme.
STELLA: OOOHHHH… OOOHHHH
Voce: È un maschio!
Altra Voce: È proprio un bel maschietto. Complimenti!
(Strilli del neonato)
STELLA: Sei contento, Francesco? Francesco… Francesco…
Dove sei Francesco… ?
Voce: Non si preoccupi, signora, l’ho ripescato io.
***
Quadro 56 Canyon
(Francesco è portato in trionfo dagli amici… CHIASSO…
EVVIVA… Finalmente viene deposto sul divano, accanto a
Max, che gli dà una gran manata sulle spalle con il braccio
ingessato)
MAX: Complimenti! Complimenti. Una bella soddisfazione,
eh?
IRMA: E poi essere stato presente… deve essere stato
emozionante, eh?
FRANCESCO: Insomma…
MAX: Sei felice?
FRANCESCO: (Confuso) La temperatura di un sentimento si
può misurare solo con la solitudine che lo precede.
MAX: (Affettuoso) Ma va’ a cagare…
GAETANO e MICHELE (Rivolti a Francesco): DISCORSO,
DISCORSO
Si associano tutti: DISCORSO, DISCORSO
FRANCESCO: Trent’anni fa mi sarei entusiasmato nel dire:
‘oggi è nato un piccolo rivoluzionario’. Oggi, tra le rovine dei
sogni politici, il collasso della morale, il dissesto dei progetti
per il futuro, dico:è proprio un bel bambino, pesa tre chili e
mezzo, anche la mamma sta bene. Io… speriamo che se la
cavi
(Applausi - Lacrime)
GAETANO: Partita è la gialla cicogna/chissà dove è andata?
FRANCESCO: Il cuore vuole continuare a cercare, ma i piedi
chiedono ‘dove?’… E se fosse lui la risposta?
(Applausi)
PARTE IL RITORNELLO di Je n’ai regret rien (Rien de rien)
di Edith Piaf.
FINE
BIO
Testi
Augusto Bianchi Rizzi
Augusto Bianchi Rizzi è scomparso il 24 ottobre 2014
per un incurabile male. Ecco quanto ci lascia come
drammaturgo, scrittore e saggista
Monologo razzista, 2003, scritto quale appartenente
al Gruppo Scrittori per la Pace, interpretato da Paolo
Bessegato.
Testi radiofonici
Veronica ha bruciato la torta (2003), rappresentato
al Festival del Teatro italiano di Glasgow in lingua
inglese; segnalato al Premio Sipario 2012
Monologo a due, 1984, radiocommedia a due
personaggi
(andato in onda con l’interpretazione di Umberto
Ceriani)
Testi teatrali
L’ultimo dei Mohicani, 1985, testo a due
personaggi,rappresentato in quattro successivi
allestimenti per la regia di Massimo Navone,
per le scene e costumi di Alberto Chiesa e con
l’interpretazione di Flavio Bonacci; Corrado Tedeschi;
Mario Zucca; Franco Oppini, oltre che dello stesso
autore;
Rossi di sera (2012), premiato al Premio Sipario 2013
CORTI TEATRALI
•
Birmania (2012)
•
La famiglia (2012)
•
Scambio di idee (2012)
•
Il megafono della libertà (2013)
ROMANZI
Figlio unico di madre vedova, romanzo, 1993, Giovanni
Tranchida Editore, finalista del Premio Italo Calvino;
La vita è un canyon, 1992, testo a cinque personaggi,
andato in scena in tre successivi allestimenti per
la regia e le scene di Andrée Ruth Shammah e con
l’interpretazione di Anna Galiena, Sergio Bini (Bustric),
Michele De Marchi, Gabriella Franchini, Corrado
Tedeschi, Diego Parassole, Carlina Torta (Premio IDI ‘94
alla protagonista Anna Galiena);
AlbaNaia, con prefazione di Giorgio Galli, romanzo,
2007,
Mursia (quattro edizioni)
Ombre Rosse, 1992, segnalato al Premio Vallecorsi di
Pistoia nel 1993;
Le padrone del vapore (1997), ediz. Tropea
La guerra di Nene, romanzo, 2009, Mursia.
SAGGI
1980. Archeologia politica, 1995;
Un uomo solo al comando, 1996, testo a cinque
personaggi, vincitore del Premio Vallecorsi di Pistoia nel
1997, andato in scena nel 2001 per la regia di Marco
Rampoldi, con l’interpretazione di Corrado Tedeschi,
Silli Togni, Narcisa Bonati, Giancarlo Gobbi, Gianluca
Machelli;
Rossi di sera
Augusto Bianchi Rizzi
87
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ASSEGNI TEATRO SIPARIO
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