L`età Napoleonica

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L’età Napoleonica
Napoleone Bonaparte (Ajaccio 1769, † isola di Sant’Elena, Oceano Atlantico, 1821).
Generale e uomo politico francese. Imperatore dei francesi dal 1804 al 1814 (e nei “Cento Giorni” del
1815) e re d’Italia dal 1805 al 1814.
Nato in una famiglia di piccola nobiltà corsa fedele alla Francia (secondo figlio di Carlo Maria
Bonaparte e di Letizia Ramolino), frequentò il collegio di Autun (1778) e la scuola militare di
Brienne (1779), dalla quale passò nel 1784 a quella di Parigi. Della cultura francese assimilò i classici e
le idee illuministe, soprattutto quelle rousseauiane. Ufficiale d’artiglieria nel 1785, si entusiasmò per la
causa della democrazia corsa patrocinata dal patriota P. Paoli, ritornato nell’isola dall’esilio nel 1789.
Aderì quindi alla Rivoluzione francese arruolandosi nella Guardia nazionale di Ajaccio.
Nel 1793 si staccò dal movimento indipendentista di Paoli per rimanere fedele alla Francia rivoluzionaria e fu
costretto con la famiglia a rifugiarsi a Tolone, dove, da poco nominato capitano partecipò, a capo
delle artiglierie, alla difesa della città contro gli inglesi, ottenendo, la promozione a generale di
brigata, con l’appoggio del fratello di Robespierre.
Arrestato alla caduta di Robespierre (1794), fu presto rimesso in libertà e, dopo un periodo di
emarginazione, fu ammesso nella cerchia dell’uomo forte del Direttorio, P. Barras.
Represse militarmente, su incarico di Barras, l’insurrezione monarchica parigina del 13 vendemmiaio
(5 ottobre 1795). Sposò Giuseppina Beauharnais (vedova creola dell’omonimo visconte e amica di
Barras).
Il governo del Direttorio decise di riprendere la guerra contro l’impero asburgico, con l’obiettivo di
annettere il Belgio e la riva sinistra del Reno. Nel 1796 Napoleone
ottenne il comando dell’esercito destinato alla campagna d’Italia.
Mentre i generali Jourdan e Moreau incontrarono forte resistenza,
Bonaparte svolse l'azione decisiva.
Penetrato in Piemonte da Nizza, sconfisse l’esercito di Vittorio
Amedeo III, costringendolo all’armistizio di Cherasco (28 aprile). In
poche settimane sbaragliò gli austriaci, occupando Milano il 15 maggio.
Nella seconda metà del 1796 Napoleone respinse i contrattacchi
austriaci nel Veneto e nel febbraio del 1797 fece capitolare la fortezza
di Mantova. Parallelamente caddero gli stati italiani circostanti,
Modena, Parma e, dopo la pace di Tolentino (febbraio 1797), lo stato
pontificio rinunciò ai possedimenti romagnoli.
Invasa l’Austria la costrinse a firmare il Trattato di Campoformio (18 ottobre 1797) che prevedeva:
l’annessione del Belgio e della riva a occidente del Reno alla Francia; la nascita della Repubblica
Cisalpina (Lombardia ed Emilia-Romagna) e della Republica ligure alleate della Francia; la Repubblica
Veneta venne invece ceduta all' Austria. In Italia gli intellettuali, la borghesia e i nobili progressisti
accolsero i Francesi come liberatori, ma spesso ne furono delusi. Nel novembre 1797 Napoleone
rientrò in Francia da trionfatore, dopo avervi fatto pervenire ricchezze e tesori d’arte prelevati
dall’Italia. I Francesi realizzarono alcune riforme: abolizione vincoli proprietari nobiliari
(fidecommesso=obbligo dell'erede di trasmettere l'eredità al successivo erede; maggiorascato=eredità
esclusiva primogenito). Per sanare bilancio statale francese e finanziare la guerra contro Inghilterra
ricorsero però a sequestri di terre e alle tasse.
L'influenza francese in Italia si estese nel corso del 1798 con la proclamazione della Repubblica
Romana, che abbatté il potere temporale del Papa. All'inizio del 1799, il generale Championnet si
impadronì di Napoli e proclamò la Repubblica partenopea (Napoli-Partenope), infine sorsero
ovunque partiti "filofrancesi".
Nel 1798 il Direttorio assegnò a Napoleone il comando di una spedizione in Egitto, finalizzata a
danneggiare l'economia della Gran Bretagna, l’avversario militarmente ed economicamente più
forte, e a controllare il commercio con l'Oceano indiano.
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La campagna iniziò con le vittorie contro i mamelucchi alle Piramidi (luglio 1798) e nel maggio 1799
Napoleone conquistò l'Egitto. Dalla spedizione trasse profitto anche la scienza, con la fondazione
dell’egittologia da parte di J.F. Champollion. Ma la flotta francese fu distrutta dagli Inglesi nel porto
di Abukir (1° agosto) e Napoleone fu bloccato in Egitto.
Intanto, Inghilterra, Russia e Austria si coalizzarono contro la Francia e le truppe austro-russe
occuparono l'Italia restaurando i vecchi governi. In Meridione cadde la Repubblica partenopea,
riconquistata dai Borbone (grazie anche alle bande contadine filopapali).
La Francia stessa fu minacciata di invasione e il governo del direttorio si trovò in crisi. Napoleone
allora, lasciata l’armata in Egitto, sfidò il blocco navale britannico raggiungendo fortunosamente la
Francia nell’ottobre del 1799. In novembre fece un colpo di Stato (9 novembre 1799 = 18 brumaio
dell'anno VIII repubblicano).
Nacque il Consolato di cui Napoleone fu primo console. Il 7 febbraio 1800 un plebiscito approvò la
nuova costituzione e aprì l’epoca dell’irresistibile ascesa di Napoleone al potere in Francia e in
Europa.
Tale processo poté concretizzarsi in primo luogo grazie alle fulminanti vittorie nelle guerre contro le
coalizioni ripetutamente create dalla Gran Bretagna. In politica interna Napoleone creò un regime
autoritario e accentratore, introducendo tuttavia importanti riforme sul piano sociale, istituzionale e
giuridico, recepite nel Codice di commercio e nel Codice civile (“Codice napoleonico”). Egli godette
del consenso dell'alta e media borghesia, che voleva uno Stato forte ed ordinato.
Tra i provvedimenti adottati vi furono:
• la soppressione della libertà di stampa;
• l’abolizione delle assemblee locali elettive, sostituite dai prefetti di nomina governativa;
• la riforma del sistema giudiziario, con la nomina dei magistrati da parte del governo;
• la riforma del sistema scolastico: l’istruzione elementare fu affidata nuovamente al clero,
mentre lo Stato si occupava delle scuole superiori (creazione dei Licei);
Il Codice civile consentì alla Francia e agli altri paesi sotto influenza francese di avere una
legislazione sicura e chiara, valida su tutto il territorio nazionale. Esso tutelava l'uguaglianza dei
cittadini di fronte alla legge, il carattere assoluto e inviolabile della proprietà privata, la libera
iniziativa economica.
Nel 1801 Napoleone firmò un concordato con la chiesa cattolica che gli
assicurò un periodo di pace religiosa e il Papa Pio VII torna in possesso
dello Stato della Chiesa.
Sul piano economico fu stimolato lo sviluppo dell'industria e furono
imposte elevate tariffe doganali per scoraggiare l'importazione di
manufatti (specialmente dall'Inghilterra).
Sul piano militare, Napoleone fronteggiò la seconda coalizione
sconfiggendo gli austro-russi a Marengo (giugno 1800) e costringendoli
alla pace di Lunéville (1801). Riconquistò così l’Italia, dove nel 1802 nacque
la Repubblica Italiana, di cui lo stesso Napoleone divenne presidente.
Anche la Gran Bretagna fu indotta dalla supremazia militare napoleonica
a desistere e ad accettare la pace di Amiens (1802).
La fondazione dell’impero (1804) segnò l’apice del successo di Napoleone,
anche se l’anno successivo ricominciò la guerra contro la terza coalizione, costituita dai britannici con
la Prussia, l’impero russo e quello asburgico. La flotta inglese guidata da Nelson prevalse a Trafalgar
(1805), riaffermando la sua superiorità sui mari, ma la Gran Bretagna non poté impedire nello stesso
anno la resa austriaca prima a Ulm, poi la sconfitta definitiva degli eserciti coalizzati ad Austerlitz.
La pace di Presburgo (26 dicembre 1805) allargò i confini dell’impero francese secondo tre linee:
1) nuove annessioni (Liguria, Toscana, Parma, Lazio);
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2) costituzione di monarchie satelliti della Francia (fratelli di Napoleone: Luigi-re d'Olanda;
Giuseppe re di Napoli; Gerolamo-regno tedesco di Westfalia);
3) intervento negli affari della Germania: creazione della Confederazione del Reno sotto protettorato
francese e alleanza con il re di Sassonia (che ottenne il Granducato di Varsavia).
Nel 1806 Napoleone decretò il blocco continentale, che prevedeva il blocco totale delle relazioni
commerciali fra l'Inghilterra e l'Europa sotto egemonia francese, con lo scopo di mandare in rovina
l'economia inglese per costringere la Gran Bretagna ad accettare le sue condizioni di pace. Tuttavia
il blocco continentale non ebbe il successo sperato, a causa della potenza economica inglese, che
deteneva il monopolio dei commerci di molti prodotti provenienti dalle sue colonie. Il fallimento del
blocco fu dovuto al fatto che molti paesi europei non vi aderirono completamente, continuando ad
avere scambi col nemico: per tale motivo Napoleone, per colpire il Portogallo che aveva aperto i suoi
porti, invase la Spagna, mentre più tardi l'uscita dal blocco della Russia indusse Napoleone ad
imbarcarsi in una campagna militare catastrofica.
La pace di Tilsit (1807) divise l’Europa in due parti, segnando così il limite tra il dominio francese e
l’impero russo. Le guerre della quinta coalizione si conclusero col trattato di Schönbrunn (1809),
mediante il quale l’Austria di Metternich tentò una politica di avvicinamento.
Napoleone, dopo aver divorziato da Giuseppina Beauharnais, nel 1810 sposò la figlia di Francesco I
d’Austria, Maria Luisa d’Asburgo, che gli diede l’anno successivo l’erede tanto atteso (Napoleone II).
Così, anche l’Austria, fino ad allora acerrima nemica dell’imperatore, entrò nell’orbita dell’influenza
francese.
L’impero napoleonico raggiunse la sua massima estensione nel 1812, quando l’intera Europa
continentale dipendeva direttamente o indirettamente dalla Francia. Oltre al Portogallo, che
Napoleone riuscì a occupare per un solo anno (1807), restavano indipendenti dal potere imperiale
l’Inghilterra, l’impero russo e quello ottomano: mentre quest’ultimo sembrava ormai destinato a
un’inarrestabile decadenza, Russia e Inghilterra avrebbero invece giocato un ruolo decisivo nella
caduta dell’impero.
Il disaccordo strategico con l’impero russo convinse Napoleone della necessità di una soluzione
radicale. La campagna di Russia, avviata nel giugno 1812 con enorme dispendio di uomini e di mezzi,
finì con la sua sconfitta totale nell’ottobre e diede il segnale della rinascita di rinnovate coalizioni
antinapoleoniche. Tra il 1813 e il 1814 il duca di Wellington completò la liberazione della Spagna e
nella regione mitteleuropea prese a manifestarsi un sentimento patriottico tedesco che condusse
nell’ottobre 1813 gli eserciti austro-prussiani alla grande vittoria di Lipsia (“battaglia delle nazioni”).
Uno a uno caddero tutti i domini napoleonici. Lo stesso Gioacchino Murat abbandonò il cognato per
allearsi con i coalizzati. L’invasione della Francia nella primavera del 1814 costrinse Napoleone ad
abdicare e ad accettare di ritirarsi nell’isola d’Elba (4 maggio).
Dopo meno di un anno, pensando che le prime difficoltà suscitate dalla restaurazione borbonica in
Francia potessero favorire il suo tentativo, sbarcò nel marzo 1815 a Cannes, sollevando la popolazione
e riprendendosi il trono in quella che fu definita l’avventura dei “Cento Giorni”.
Una nuova coalizione guidata da Wellington e dal generale prussiano G.L. Blücher sconfisse
l’ultimo esercito di Napoleone a Waterloo il 18 giugno 1815. Dopo aver abdicato il 22 giugno a favore
del figlio, preso prigioniero, il 26 ottobre Napoleone fu definitivamente esiliato nella sperduta isola
atlantica di Sant’Elena, al largo delle coste africane, dove rimase fino alla morte (5 maggio 1821)
componendo una vastissima raccolta di Memorie.
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La Campagna di Russia
La Grande Armée
Il 24 giugno 1812, la Grande Armata di 691.501 uomini, la più grande concentrazione di uomini mai costituita in Europa
prima di allora, attraversò il fiume Neman ed avanzò verso Mosca.
La Grande Armée era costituita nel modo seguente:
• Una forza d'urto centrale di 250.000 uomini al comando diretto dell'Imperatore;
• Due altre linee frontali al comando di Eugène de Beauharnais (80.000 uomini) e Gerolamo Bonaparte (70.000
uomini);
• Due corpi distaccati sotto il comando di Jacques MacDonald (32.500 uomini) e Karl Schwarzenberg (34.000 truppe
austriache).
• Una riserva di 225.000 uomini.
In aggiunta 80.000 uomini della Guardia Nazionale erano stati chiamati alle armi per difendere le frontiere con il
Granducato di Varsavia. Comprese queste, il totale di soldati dell'armata francese ai confini e sul territorio russo era di
circa 800.000 uomini. Questo enorme impegno di uomini debilitò seriamente l'Impero - specialmente considerando che
c'erano ulteriori 300.000 soldati francesi che lottavano in Spagna e più di 200.000 in Germania ed in Italia.
450.000 soldati francesi erano la maggioranza mentre il resto delle truppe apparteneva agli alleati di Napoleone. Inoltre
era presente un distaccamento di truppe austriache di 34.000 uomini sotto il comando di Schwarzenberg, 95.000 polacchi,
90.000 uomini della Confederazione del Reno, 24.000 bavaresi, 20.000 sassoni, 20.000 prussiani, 17.000 uomini del Regno di
Westfalia, diverse migliaia dei piccoli Stati tedeschi, 30.000 italiani, 25.000 napoletani, 12.000 svizzeri, 4.800 spagnoli
bonapartisti, 3.500 croati e 2.000 portoghesi simpatizzanti di Napoleone. Vi erano anche uomini provenienti dall'Olanda e
dal Belgio. In sintesi, era rappresentata ogni nazionalità del vastissimo impero napoleonico (Contingenti stranieri nella
"Grande Armée").
L'esercito russo
Secondo molti storici, l'esercito russo, all'inizio della campagna, era inferiore per numero a quello napoleonico. Circa
280.000 uomini erano dislocati lungo le frontiere della Polonia (pronti ad invadere il Granducato di Varsavia facente parte
dell'Impero francese). Il complesso dell'esercito russo poteva contare su circa 500.000 uomini, (alcuni parlano di 350.000
soldati mentre altri propendono per 710.000, ma il numero di circa 400.000 è il più probabile) all'epoca della guerra. Questi
erano divisi in tre principali contingenti - la Prima Armata dell'est, comandata dal generale Mikhail Barclay de Tolly) di
circa 160.000 uomini, la Seconda Armata dell'ovest (comandata dal generale Pyotr Bagration) di circa 62.000, e la Terza
Armata (comandata dal generale Alexander Tormasov composta da circa 58.000 soldati). Due forze di riserva, una di
65.000 e l'altra di 47.000 erano a supporto delle tre forze in prima linea. In seguito a questi numeri la forza russa che
fronteggiava l'esercito napoleonico era costituita da circa 392.000 effettivi. Inoltre la pace aveva assicurato la presenza
degli svedesi a San Pietroburgo e dell'esercito dell'Impero ottomano, che apportarono più di 100.000 uomini. Vennero
compiuti sforzi per incrementare gli effettivi dell'esercito russo ed in settembre le truppe dello Zar potevano contare su
circa 900.000 uomini, escluse le truppe irregolari cosacche che probabilmente contavano fra 70.000 e 80.000 uomini
La marcia su Mosca
L'invasione ebbe inizio il 23 giugno 1812. Napoleone inviò un'offerta di pace definitiva a San Pietroburgo prima di dare
inizio alle operazioni. Non ricevendo risposta, diede inizio all'invasione del territorio polacco sotto l'influenza russa. Agli
inizi incontrò poca resistenza e andò avanti velocemente. Barclay, il comandante in capo delle forze russe, si rifiutò di
combattere nonostante la richiesta fatta da Bragation. Egli attese molto prima di predisporre una forte linea difensiva ed
in questo frattempo i francesi avanzavano prima che le sue difese fossero a posto, obbligandolo conseguentemente ad un
ulteriore ripiegamento. Quando gli eserciti si addentrarono ulteriormente, divennero sempre più difficili gli
approvvigionamenti a causa della tattica di terra bruciata messa in atto dai russi.
Pressioni politiche su Barclay per dare battaglia e le sue continue resistenze (viste con intransigenza dalla popolazione)
portarono alla sua rimozione da comandante in capo dell'esercito russo. Al suo posto venne nominato il generale Mikhail
Illarionovich Kutuzov. Nonostante la sua retorica, egli continuò a comportarsi sulla falsariga di Barclay, notando
immediatamente che uno scontro frontale con l'armata napoleonica avrebbe comportato enormi perdite. Finalmente
iniziò a costruire una linea di difesa a Borodino subito dopo uno scontro senza conseguenze alla Battaglia di Smolensk tra
il 16 ed il 18 agosto. La Battaglia di Borodino del 7 settembre fu il più sanguinoso giorno di guerra fra tutte le battaglie
della campagna napoleonica. L'armata russa poté radunare soltanto metà dei suoi effettivi il giorno successivo e fu
costretta a ritirarsi, lasciando la strada per Mosca libera davanti all'esercito francese. Kutùzov ordinò inoltre l'evacuazione
della città. Da questo momento i russi iniziarono l'arruolamento di un grande numero di rinforzi, radunando tutte le forze
dell'intero territorio nazionale e raggiungendo così un totale di 904.000 uomini, di cui circa 100.000 nelle immediate
vicinanze di Mosca.
La conquista di Mosca
Napoleone entrò nella città il 14 settembre. Bonaparte si aspettava la capitolazione da parte dello Zar Alessandro I, ma il
comando russo non pensò affatto ad arrendersi.
Il governatore Fyodor Rostopchin aveva fatto evacuare la città dalla popolazione facendola svuotare anche di ogni cosa, in
particolare cibo, che potesse essere utile alle truppe francesi.
Quando Napoleone si preparò a entrare a Mosca fu sorpreso di non aver ricevuto delegazione alcuna da parte delle
governo cittadino. All'arrivo di un comandante vittorioso, generalmente, le autorità civili si presentavano alle porte della
città con le chiavi per scongiurare danni alla popolazione civile ed alle loro proprietà. Ma i suoi ufficiali mandati in
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avanscoperta per cercare sistemazioni per le truppe non trovarono alcuno ad accoglierli. A questo punto divenne chiaro
che i russi avevano lasciato incondizionatamente la città. In una resa normale, gli ufficiali della città avrebbero dovuto
trovare l'alloggio e il vitto per le truppe d'occupazione, ma la situazione costrinse ogni uomo a cercarsi per proprio conto
la sua sistemazione e il suo cibo.
Prima dell'ordine di evacuazione, Mosca aveva una popolazione di circa 270.000 abitanti. Le poche persone rimaste in
città stavano appiccando il fuoco alle abitazioni ed alle ultime riserve di cibo rimaste. Quando Napolene entrò nel
Cremlino, trovò ancora un terzo della popolazione originale, costituita principalmente da commercianti stranieri,
servitori e persone che erano incapaci o semplicemente non disposte a fuggire. Questi cercarono, per quanto possibile, di
evitare le truppe, compresa la folta rappresentanza di francesi residenti in città.
L'incendio di Mosca
Appena il grosso delle truppe entrò in città, iniziò fra i soldati napoleonici una lotta
serrata per la ricerca di cibo. Questo portò alla perdita di contatto fra ufficiali e
subalterni precipitando tutto nel più grande caos, situazione questa che contribuì
all'espandersi degli incendi anche se non ne fu la causa diretta. Già prima di essere
informato da Kutuzov infatti, il governatore Fyodor Rostopchin aveva fatto i
preparativi per eliminare tutto ciò che poteva essere utile all'esercito francese negozi di cibo, granai, empori e negozi di stoffe - e prima di lasciare egli stesso la
città ordinò al Sovrintendente di polizia Voronenko di appiccare il fuoco non solo
alle provviste ma ad ogni cosa che potesse venire utilizzata dal nemico.
Mosca, a quel tempo, era costituita per due terzi da case in legno che bruciarono
quasi completamente (si stima che circa quattro quinti della città fossero andati distrutti), privando così di riparo le
truppe napoleoniche. Ed i roghi furono anche in parte accesi dalla popolazione russa. Prima di lasciare Mosca, Napoleone
diede ordine di bruciare il Cremlino e tutti gli altri edifici pubblici della città. La Grande Armée, sfiduciata per le
condizioni degli uomini e senza alcun segno di vittoria, cominciò a saccheggiare quel poco che era rimasto prima di
ritirarsi, ma molte cose dovettero essere abbandonate durante la ritirata.
Napoleone più tardi dichiarò di essersi mosso da Mosca due settimane prima di quanto avrebbe dovuto, perdendo così la
possibilità di distruggere l'esercito di Kutuzov accampato nelle vicinanze di Tarutino, fatto che pur non lasciando la
Russia del tutto indifesa, l'avrebbe però privata del suo unico esercito concentrato in grado di sfidare i francesi.
La ritirata
Seduto sulle rovine della città senza aver ottenuto la capitolazione del nemico e fronteggiando le manovre dell'esercito
russo che lo costringevano ad uscire dalla stessa, Napoleone, il 18 ottobre diede inizio alla lunga ritirata. Alla Battaglia di
Maloyaroslavets Kutuzov fu abile nell'obbligare i francesi a prendere la stessa
strada per Smolensk che era stata precedentemente spogliata di ogni tipo di
rifornimento da entrambi gli eserciti. Questo viene presentato come un
ulteriore esempio della tattica della terra bruciata. Continuando a bloccare il
fianco sud per prevenire il cambiamento di direzione all'esercito francese,
Kutuzov schierò di nuovo i partigiani per far spostare la ritirata francese sulle
strade peggiori possibili. La cavalleria leggera russa, fra cui i cosacchi a cavallo,
assaltava a più riprese le esauste ed isolate unità francesi. Rifornire l'esercito
era ormai impossibile - la mancanza di foraggio indeboliva i pochi cavalli
rimasti, che morirono di stenti o vennero uccisi per sfamare i soldati. La
cavalleria francese cessò così di esistere ed i cavalieri furono obbligati a
marciare con la fanteria. Inoltre la mancanza di cavalli da traino significò
l'abbandono di cannoni e carri, privando l'esercito di artiglieria e supporto logistico. Fame e malattie fecero aumentare la
diserzione delle truppe in modo vertiginoso. Molti dei disertori vennero fatti prigionieri o uccisi dai contadini russi. In
questa situazione la notevolmente indebolita Grande Armée venne battuta in battaglie di movimento a Vyazma ed a
Krasnoi, mentre isolati corpi dell'esercito francese furono sconfitti a Polotsk, Czasniki e Smoliani. Nell'attraversamento
del fiume Berezina vi fu la catastrofe finale dell'esercito francese nella campagna di Russia, anche se, nelle condizioni
disperate in cui avvenne, l'evento fu considerato un eccellente movimento tattico da parte di Napoleone.
Ai primi di dicembre del 1812 Napoleone fu informato che il Generale Claude de Malet aveva tentato un colpo di stato.
Egli abbandonò l'armata e tornò in Francia, lasciando il cognato, il Maresciallo dell'Impero Gioacchino Murat, al
comando di ciò che era rimasto dell'esercito francese. Murat lasciò poco dopo, a sua volta, il comando delle truppe ad
Eugene de Beauharnais, figlio adottivo dell'Imperatore, e rientrò in Italia nel tentativo di salvare il suo Regno di Napoli.
Nelle settimane seguenti ciò che rimaneva della Grande Armée si ridusse ulteriormente ed il 14 dicembre 1812 i soldati
francesi lasciarono definitivamente il territorio russo. Soltanto circa 22.000 uomini sopravvissero alla Campagna di
Russia. Le perdite russe, nelle poche battaglie combattute in campo aperto, furono paragonabili a quelle francesi, ma i
civili morti lungo le strade devastate dalla guerra furono molti di più dei militari. In totale, nonostante le prime stime
dessero notizia di diversi milioni di morti, sembra di poter essere molto vicini al vero indicando circa un milione di morti,
più o meno equamente divisi fra francesi e russi. Le perdite di militari ammontarono a 300.000 francesi, 70.000 polacchi,
50.000 italiani, 80.000 tedeschi e circa 450.000 russi. Oltre alle vite umane, i francesi perdettero circa 200.000 cavalli e più
di 1.000 pezzi di artiglieria.
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Cronologia
1796
1797
1798
1799
1801
1802
1803
1804
1805
1806
1807
1809
1810
1812
1813
1814
1815
Marzo
Maggio
Inizio dell'offensiva Francese contro l'Austria - Campagna d'Italia di Napoleone
Sconfitta degli Austriaci a Lodi da parte di Napoleone
Trattato di Campoformio: l'Austria cede la Lombardia alla Francia e ottiene il
17 Ottobre
Veneto
Febbraio
I Francesi occupano Roma
Luglio
Campagna d’Egitto
Agosto
II Coalizione anti-Francese
Febbraio
I Francesi occupano il Piemonte
Marzo
I Francesi occupano la Toscana
Austriaci e Russi contrattaccano in Italia e i Francesi sono sconfitti a Cassano
Aprile
d'Adda
9 Novembre Colpo di Stato Militare in Francia - Inizia il potere personale di Napoleone
Dicembre
Napoleone diviene Primo Console
Febbraio
Trattato di Louneville tra Francia e Austria - Piemonte annesso alla Francia
Luglio
Concordato di Napoleone con la Santa Sede
Gennaio
Napoleone assume la Presidenza della neo-Repubblica Italiana
Marzo
Pace di Amiens tra Francia ed Inghilterra
Luglio
Napoleone proclamato Console a vita
Marzo
Si riaccende il conflitto Francia-Inghilterra
Marzo
Viene promulgato in Francia il Codice Civile Napoleonico
Maggio
Trasformazione in Impero della Repubblica Francese
Marzo
Napoleone cinge la Corona Ferrea
Agosto
Formazione della III Coalizione anti-Francese
Ottobre
A Trafalgar H. Nelson distrugge la flotta Franco-Spagnola
FebbraioI Francesi occupano il Regno di Napoli
Marzo
Luglio
Trattato di Tilsit tra Francia, Russia e Prussia
Aprile
Si riaccende il conflitto con l'Austria
Luglio
Pio VII viene condotto prigioniero in Francia
Ottobre
Pace di Schönbrunn tra Francia e Austria
Aprile
Matrimonio tra Napoleone Bonaparte e Maria Luisa d'Asburgo
FebbraioPrussia ed Austria stipulano Trattati di Alleanza con la Francia
Marzo
Giugno
Campagna di Russia di Napoleone
Giugno
Definitivo ritiro dei Francesi dalla Spagna
16-18 Ottobre Gli Eserciti Alleati sconfiggono Napoleone a Lipsia
Crolla il Sistema Napoleonico in Europa - Gli eserciti della Coalizione attaccano la
Ottobre-Dic.
Francia
GennaioNapoleone contrasta inutilmente gli eserciti invasori
Marzo
31 Marzo
Prussiani e Russi entrano a Parigi
6 Aprile
Abdicazione di Napoleone
Maggio
Restaurata la Monarchia in Francia con Luigi XVIII - Pio VII torna a Roma
Novembre Si apre il Congresso di Vienna
Napoleone fuggito dall'Isola d'Elba viaggia verso Cannes ed entra trionfante in
Marzo
Parigi
18 Giugno
Definitiva sconfitta di Napoleone a Waterloo
21 Giugno
Napoleone abdica per la seconda volta
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Emilia Romagna: Napoleone e gli anni francesi
CRONOLOGIA
1796
Napoleone arriva in Emilia Romagna
1797
Fondazione della Repubblica cispadana; fondazione con la Repubblica cisalpina
1799
Ritorno degli austro-russi e provvisoria sconfitta dei francesi
1800
Battaglia di Marengo. I francesi di nuovo padroni della valle padana
1801
Seconda Repubblica cisalpina
1802
La Cisalpina si trasforma in Repubblica italiana
1805
Napoleone fonda il Regno d’Italia
1814
Il potere napoleonico si dissolve sotto l’incalzare della coalizione antifrancese
Nell’età napoleonica l’Emilia Romagna ha avuto un ruolo da protagonista: è qui che Napoleone sperimentò un
modello di conquista, poi esteso a tutta l’Europa, basato non solo sulle sue indubbie abilità militari ma anche e
soprattutto sulla modernità delle soluzioni istituzionali ed amministrative di cui si fece portatore. Con Napoleone
giunse la Rivoluzione dell’89, una rivoluzione ormai alla ricerca di uno stabile equilibrio tra innovazione e ordine,
garantito dalla tutela rigorosa della proprietà privata borghese. Lo Stato napoleonico fu uno Stato laico, fondato
sull’uguaglianza di fronte alla legge, su un “contratto sociale” che ha il suo presupposto nell’idea di nazione, in cui i
cittadini esprimono la propria volontà attraverso forme di rappresentanza elettiva. Uno Stato che, per garantire il
progresso civile e materiale, si dota di una fitta rete di strutture burocratiche e di funzionari, nei settori
dell’economia, dell’istruzione, dell’ordine pubblico, del fisco ecc.
Quando le truppe francesi varcarono i confini emiliani a Castel San Giovanni ed entrarono a Piacenza, all’inizio di
maggio del 1796, fu subito chiaro che il ruolo della regione nel conflitto in corso sarebbe stato rilevante. Dopo la
breve fase della Repubblica cispadana, nel maggio del 1797 Napoleone poneva fine all’operazione statale in Emilia,
con la fusione con la Repubblica cisalpina, che avrebbe avuto per capitale Milano, in uno Stato esteso dalle Alpi
all’Adriatico. A novembre la regione sarebbe stata suddivisa in sette dipartimenti: Crostolo, con capoluogo a
Reggio; Panaro, con Modena; Reno, con Bologna; Alta Padusa, con Cento; Lamone, con Faenza; Rubicone, con
Rimini; Basso Po, con Ferrara.
Anche la Romagna, estranea fino ai primi mesi del ’97 all’avventura <<francese>>, vi era stata inserita di forza.
Unita Imola fin dal 1° febbraio alla Repubblica bolognese, le truppe francesi prevalsero rapidamente sull’esercito
pontificio nella battaglia sul Senio. Faenza, Forlì, Cesena, Rimini, Ravenna furono occupate tra il 3 e il 4 febbraio
senza opporre alcuna resistenza, mentre gran parte della popolazione delle campagne abbandonava terrorizzata i
propri borghi, cercando rifugio sui monti. Il 19 febbraio, con le truppe francesi scese fino alle Marche e all’Umbria, a
Tolentino venne firmato il trattato di pace con Pio VI.
Il territorio romagnolo venne rapidamente organizzato sotto la direzione di un’amministrazione centrale
dell’Emilia, alla quale dovevano fare capo tutte le municipalità. Aboliti i titoli nobiliari, le livree, gli stemmi
gentilizi, soppressi i feudi, ridotti di numero i conventi, eliminata qualsiasi giurisdizione privilegiata degli
ecclesiastici ed ogni loro esenzione fiscale, liberalizzati gli scambi commerciali: anche per la Romagna la nuova
dimensione di una società moderna stava prendendo forma. Ciò avvenne però insieme alle consuete requisizioni di
guerra e all’imposizione sulle rendite e sui patrimoni dei cittadini, di contributi in denaro e vettovaglie, che
danneggiarono l’economia ed alimentarono il malcontento, terreno di coltura dell’insorgenza popolare antifrancese,
fomentata dalla propaganda ecclesiastica. Si costituirono vere e proprie bande, soprattutto nelle montagne del
Cesenate e del Riminese, come pure a Lugo e a Massalombarda. In tutti i casi la repressione fu durissima.
Non pochi furono i motivi di insoddisfazione, particolarmente dopo la partenza di Napoleone per la campagna
d’Egitto, nel 1798, a causa delle vessazioni ed imposizioni determinate dall’alleanza con la Francia. Numerose
furono le esplosioni di malessere sociale, causate, in particolare, dal pesante fiscalismo. Certo importanti erano state
conquiste come l’eliminazione dei privilegi, l’uguaglianza di fronte alla legge, la libertà di pensiero e di stampa,
contraddette però da provvedimenti che limitavano la libera vita associativa.
La vendita dei beni ecclesiastici andò quasi esclusivamente a vantaggio della ex nobiltà e della ricca borghesia,
anche grazie ai legami sociali con gli uomini di governo, che spesso permettevano l’acquisto delle terre a basso
prezzo e forti dilazioni nei pagamenti. Non venne realizzata alcuna riforma agraria, invece, che andasse a vantaggio
della piccola proprietà.
Nella primavera del 1799, le truppe austro-russe, affiancate dalle bande di <<insorgenti>>, dilagarono vittoriose in
regione: il vecchio regime tornò ovunque e le reggenze imperiali tentarono di restaurare l’assetto economico-sociale
sconvolto dall’avvento dei francesi. Tuttavia ormai alcuni cambiamenti, come la vendita delle terre, non vennero
toccati, per non inimicarsi i ceti sociali più ricchi. Al ritorno di Napoleone, dopo la travolgente campagna del
giugno 1800, culminata con la vittoria di Marengo, l’accoglienza fu entusiastica, significando esso il riaffermarsi di
valori ormai collettivamente condivisi (autogoverno, uguaglianza, libertà, democrazia, indipendenza nazionale)
anche se nei fatti scarsamente applicati. Gli austriaci, invece, rappresentavano un puro ritorno al passato.
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Il 26 gennaio del 1802, a Lione, un’assemblea di rappresentanti italiani votò una nuova costituzione ed approvò la
nascita della Repubblica italiana, presieduta dallo stesso Napoleone.
Fu avviato in seguito un significativo sforzo per uniformare ed omogeneizzare dal punto di vista legislativo ed
amministrativo del vasto territorio compreso tra le Alpi e gli Appennini, attraverso un insieme compatto di
apparati amministrativi (codice civile, penale, di commercio, ecc.), estesi a tutta la società. Il nuovo Stato si avvalse
di un esercito nazionale, di una precisa macchina giudiziaria, di un apparato fiscale ordinato e metodico, in grado di
garantire il flusso di ricchezza.
La costituzione accentuava ruolo e poteri dell’esecutivo, affidando l’espressione della sovranità nazionale a tre
collegi di 700 persone, divise tra possidenti, commercianti e dotti, che esemplificavano la nuova gerarchia di valori
fondata sulla ricchezza e sui <<lumi>>. Figura amministrativa fondamentale divenne quella del prefetto, espressione
diretta del potere centrale, con poteri di polizia, di controllo sull’autorità dipartimentale e comunale, di supervisione
delle spese e di preparazione dei bilanci. Il nostro territorio regionale fu suddiviso nei dipartimenti del Crostolo,
Panaro, Reno, Basso Po e Rubicone, con capoluogo rispettivamente Reggio, Modena, Bologna, Ferrara e Cesena. Si
aprì un periodo meno denso di drammatici avvenimenti, che permise lo svilupparsi di una società rinnovata.
Il passaggio dalla Repubblica al Regno d’Italia, nel maggio del 1805, con Napoleone imperatore, non mutò nella
sostanza simili linee di sviluppo. Gli aspetti qualificanti dello Stato moderno, di cui si era intrapresa la costruzione,
restarono tutti, salvo accentuare i caratteri di rigidità centralizzatrice, di autoritarismo amministrativo, di immobile
fissità delle gerarchie sociali fondate sulla ricchezza, formalmente riconosciute da Napoleone con l’istituzione di
nuovi ordini nobiliari legati al suo trono. La macchina amministrativa del Regno richiese un apparato vasto di
funzionari ed impiegati competenti. Essa però apparve spesso come una cappa soffocante per i singoli e per le
comunità locali. Il blocco continentale e le continue guerre, che significavano nuove tasse, campi di armamenti
dislocati lungo l’Emilia, incursioni di nemici, bisogno incessante di soldati, alimentarono il malcontento, la
renitenza alla leva, il brigantaggio e l’insorgenza.
Alla fine del 1813, dopo il disastro russo e la sconfitta di Lipsia, riapparvero gli austriaci nel dipartimento del Basso
Po e sulle coste romagnole sbarcarono truppe della coalizione antifrancese. Gioacchino Murat, cognato di
Napoleone, tentò vanamente di inserirsi nel gioco diplomatico, occupando temporaneamente le maggiori città della
regione. Vi tornò nel 1815, nel periodo dei “cento giorni”, tentando una “lotta di liberazione” dell’Italia dallo
straniero. Le appassionate parole del proclama di Rimini (“L’ora è venuta che debbono compiersi gli alti destini
d’Italia. La provvidenza vi chiama infine ad essere una nazione indipendente. Dall’Alpi allo stretto di Scilla odasi
un grido solo: l’indipendenza d’Italia””) erano premature di fronte all’elaborazione di una coscienza nazionale.
Tuttavia, l’esperienza napoleonica non era passata invano: il ritorno al vecchio regime era ormai un vestito stretto.
SCHEDA: LA FAMIGLIA NEL CODICE CIVILE NAPOLEONICO
1) Chi esercitava le funzioni dello stato civile prima della Rivoluzione francese e cosa prevedeva la legge sul
matrimonio?
o la Chiesa, che stabiliva l'età minima per il matrimonio a 14 e 12 anni; * i decreti regi vietavano matrimoni
contro il consenso dei genitori almeno fino all'età di 30 e 25 anni;
2) Quali novità introdusse la Rivoluzione con il decreto del 20 settembre 1792?
o L'eliminazione di molti impedimenti di parentela previsti dalle norme ecclesiastiche, limitandoli alle
parentele dirette;
o il consenso dei genitori necessario fino a 21 anni; (Napoleone lo riportò a 25 per gli uomini;
o introduzione del divorzio (1792) che nel 1794 venne concesso su semplice richiesta di uno dei due coniugi;
(Napoleone pose forti limitazioni);
3) Quali misure previde il Codice per quanto riguarda l'autorità paterna?
o * Con l'intento di fare della famiglia un pilastro della società Napoleone restaurò l'autorità paterna:
maggior potere penale sul figlio (fino a 16/a 20 a. con il magistr.)
4) La donna aveva uguali diritti nella famiglia secondo il Codice?
o * assolutamente no: > l'adulterio del marito giusta causa di divorzio solo se pubblico scandalo (in casa
l'amante) e con solo ammenda mentre per la donna casa di correzione; * la donna considerata debole e
bisognosa di protezione quindi sotto tutela del marito; * per il Codice: famiglia come monarchia: il padre
un re e la donna priva di diritti civili (seguire il marito, che amministra beni anche della moglie (la quale
non può venderli); ecc.
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La strategia napoleonica
Nel Seicento i comandanti applicano una strategia di attrito, il cui fine è
quello di logorare le forze del nemico senza compromettere le proprie.
Una svolta viene imposta da Gustavo Adolfo re di Svezia, una delle più
complete menti militari di tutti i tempi, con il passaggio alla strategia di
esaurimento, poi realizzata nella sua massima espressione nel Settecento
da Federico II di Prussia: ciò che deve essere eroso sono la volontà e la
capacità del nemico a resistere. Era nata la strategia di annientamento
che, sistematizzata dagli studi di von Clausewitz e da quelli dello
svizzero de Jomini, esercitò un'influenza enorme sul modo di fare la
guerra fino quasi ai giorni nostri.
In realtà, Napoleone era un istinto pratico e non teorico: egli non si
occupò mai di elaborare un sistema, ma anzi fondava tutte le proprie
azioni sull'imprevedibilità. Cruciale per lui, che combattè sempre contro forze
superiori che spesso lo pressavano da più lati, era arrivare sul campo di battaglia con un vantaggio sugli avversari.
La strategia napoleonica si può ricondurre a due schemi: in attacco operò con le manoeuvre sur les derriéres, in difesa
con la posizione centrale.
Il primo era il sistema che fruttò a Napoleone vittorie come quelle di
Mondovì, Lodi, Arcore, Marengo, Jena, ma che vide il suo apice ad Ulm.
Questa manovra consiste in una minaccia diretta alle retrovie nemiche
attuata sfruttando la copertura fornita dagli ostacoli naturali dello
scenario geografico nel quale si svolgeva di volta in volta la campagna:
in Italia il Po, ad Ulm i monti del Giura e la Selva Nera.
Mentre il nemico viene tenuto occupato da una azione dimostrativa
frontale, operata da una quota minima di tutta l'armata, il grosso si
muove al riparo dello schermo strategico e attacca il nemico alle spalle.
Esso è così costretto a combattere in condizioni di inferiorità, perché i
rifornimenti sono tagliati e non ha via di ritirata: la battaglia che ne
consegue è già pesantemente condizionata.
Con la posizione centrale, Napoleone inserisce la sua armata tra quelle nemiche, impedendo così che si riuniscano e
permettendo a lui di sconfiggerle in sequenza: mentre un contingente secondario trattiene un esercito nemico,
Napoleone affronta e vince il proprio diretto avversario, e quindi attacca
immediatamente l'altro prima che abbia la meglio sulla sua forza di
contenimento.
A Montenotte l'espediente funzionò egregiamente, a Waterloo un po'
meno. Per confondere e ingannare i nemici, e anche per permettere
movimenti rapidi e un efficiente foraggiamento, Napoleone disperde le
sue forze su un fronte molto ampio e le riunisce solo all'ultimo
momento, concentrando rapidamente una forza decisiva in un punto
critico dello schieramento nemico: la cosiddetta "concentrazione sul
campo di battaglia". Questo era possibile solo mediante quel miracolo
logistico che consentì all'esercito francese di compiere 800 chilometri
senza cadere a pezzi come fecero nella parte iniziale della campagna di
Austerlitz: 200.000 uomini tennero per 5 settimane un'incredibile media
giornaliera di marcia variante tra i 20 e i 25 chilometri.
Esercizi
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
Quando e con quali obiettivi fu intrapresa la campagna d’Italia?
Che cosa prevedeva il Trattato di Campoformio?
Quale politica realizzarono i Francesi in Italia e in genere nei paesi conquistati?
Quando, con quali obiettivi e con quale esito fu intrapresa la Campagna d'Egitto?
Che cosa accadde in Francia il 18 brumaio del 1799?
Che cosa fu il Codice civile e perché assunse grande importanza?
In quale modo Napoleone realizzò il proprio dominio in Europa?
Quando, con quali obiettivi e con quali conseguenze Napoleone decretò il blocco continentale?
Che cosa fu la campagna di Russia e perché fallì?
Ripercorri brevemente le tappe della vita di Napoleone, evidenziando come egli fu «due volte nella polvere
[Lipsia e l’Elba; Waterloo e Sant’Elena] due volte sull’altar [imperatore; i cento giorni]».
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