Persinsala Teatro
Daniele Rizzo
gennaio 14, 2017
Torna in scena a otto anni di distanza «uno dei primi spettacoli della
Compagnia La Cattiva Strada», all’interno di un progetto di «riesumazione
teatrale» e «ammodernamento e studio su dei testi da molti considerati
anacronistici e obsoleti, ma che rappresentano un punto di partenza per
tirarne fuori spunti creativi vivi e ancora interessanti».
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È una domanda di estremo fascino quella che, nel teatro come nell’arte in
generale, interroga su cosa sia classico o contemporaneo.
Non ci addentreremo nei meandri di un dibattito oggi più vivo che mai e
che agita gli entusiasmi delle maestranze di settore e degli intellettuali
tout court, ma che non ci appassiona nel suo incatenarsi e arenarsi nella
disputa, spesso personale, di chi elemosina e ricerca risibili rendite di
potere o visibilità.
Della questione, che potremmo traslare nel senso del rapporto tra
tradizione e attualità, invece, ci entusiasma la radicalità. Ossia constatare
come la sua più potente suggestione sia determinata non tanto dall’essere
sempre e strutturalmente aperta, quanto dal suo promuovere sempre e
nonostante tutto – anche a dispetto delle follie legislative degli ultimi anni
– una perpetua apertura, stimolando alterità nel pensiero di chi dell’arte è,
a vario titolo, esecutore o inteprete ed eludendo, in tal modo, la pericolosa
stasi di chi la cristallizza all’interno di definizioni unilaterali, dicotomiche
ed esclusive (il riscontro del pubblico, l’arte per l’arte, l’impegno civile,
ecc).
È proprio il porsi all’interno della virtuosa condizione di chi si interroga
continuamente a caratterizzare la statura artistica della direzione del
Teatro Studio Uno di Tor Pignattara (Eleonora Turco e Alessandro Di
Somma), struttura di cui ci sorprende solo fino a un certo punto il
perdurante collocarsi ai margini della scena nazionale, visto il privilegiare
senza se e senza ma una anacronistica prospettiva ermeneutica
d’autentico – perché culturale e non mediatico – incontro non solo con il
pubblico, ma anche e soprattutto con la critica. Ed è proprio questa
volontà, nobile e audace, seppur di complicatissima attuazione, a colorare
l’ennesimo progetto dal basso di questa che, a nostro parere, è oggi una
delle ultime testimonianze della prestigiosa eredità delle cantine romane.
Nello specifico, a essere recuperato è stato il «famigerato repertorio del
Theatre du Grand Guignol», un «teatro di intrattenimento e magia, che
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attraverso gli occhi del contemporaneo, riscopre il suo indiscutibile
fascino». Tre i testi della riesumazione, tre le regie, unica la compagnia,
pur variabile nel numero a seconda dell’allestimento: Sotto la luce
rossa, diretto da Alessandro Di Somma e intepretato da Giulia Fiume,
Diego Migeni, Alessandra Casale, Emiliano Morana e Giovanni Deanna;
Mammina, regia di Diego Migeni, con Alessandra Casale, Giovanni
Deanna e Giulia Fiume; Le notti all’Hampton Club, con la direzione del
cast al completo (Alessandra Casale, Giovanni Deanna, Alessandro Di
Somma, Giulia Fiume, Diego Migeni, Emiliano Morana) affidata a Leonardo
Buttaroni.
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Ad accomunare le rappresentazioni, un’indubbia preferenza per l‘impianto
del teatro di parola, dal significativo e minimale realismo delle scene
curate da Paolo Carbone alla ipotetica potenza del testo affidata
all’auspicata efficacia delle impostazioni attoriali, il tutto – nelle intenzioni
– finalizzato alla creazione di un’atmosfera densa, palpabile e di costante
tensione. Se nella scelta dei racconti, i primi due – in particolare il secondo
– hanno mostrato tutti i segni del tempo, patendo prevedibilità nella
cadenza recitativa e assenza di suspense (indispensabile per le
generazioni di un’epoca dai frenetici ritmi sociali e multimediali), a lasciare
il retrogusto amaro della non credibilità drammaturgica è stata l’incerta e
poco strutturata resa caratteriale dei personaggi e delle interpretazioni e,
di conseguenza, l’incapacità di plasmare le desiderate condizioni
ambientali di un «genere teatrale precursore dello splatter anni 80, tra
ammazzamenti, sangue, thriller e donne poco vestite».
Se a salvarsi, ma solo in parte, è stato solamente il terzo quadro, nel quale
le stereotipie del Presidente e l’ammiccante sigaretta sempre accesa di
Rivers (rispettivamente un convincente, ma incostante, Alessandro Di
Somma e una suadente Giulia Fiume, decisamente più credibile dopo la
faticosa prova da protagonista del secondo episodio) hanno dato forma e
sostanza a un magico naturalismo misto di caricaturale e grottesco, al
netto di tecnicismi audiovideo di mero accompagnamento, che poco
hanno aggiunto o tolto all’impressione generale sullo spettacolo e che,
probabilmente, necessiterebbero di un semplice lavoro di affinamento
nella scelta delle musiche e nei tagli e nei colori delle luci, sono stati due
gli elementi critici rispetto alla sostanziale inconsistenza emozionale
riscontrata in scena.
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Da un lato, la già citata presenza di personaggi affettatti e monocordi che,
impacciati nel gestire le dinamiche tra pari e la relazione con lo spazio,
hanno riversato sulla rappresentazione una sensazione di artificiosità
complessiva. Dall’altro, l’edulcorare, dunque il tradire, quelle che sono le
peculiarità che hanno reso unico e, forse, irripetibile il meccanismo
granguignolesco, ossia il depotenziamento della percezione orrorifica,
della sofferenza e della perversione (anche sessuale), dunque della
valenza cruenta e macabra di un teatro che, senza timore, vedeva nel
tremore del pubblico il senso intimo del proprio modus operandi.
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Un «primo esperimento di riesumazione teatrale», dunque, allo stato
dell’arte ancora incerto nell’articolarsi coerente rispetto alla costruzione di
un’atmosfera scenica di tensione e, di conseguenza, nel promuovere
condivisione ed empatia, ma di estrema curiosità e al quale, viste le
intenzioni ambiziose e di lungo respiro, nonché per la non strutturalità
delle sue sfumature di grigio, sarebbe un peccato non dare il giusto tempo
per crescere e maturare.
Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Studio Uno
via Carlo Della Rocca, 6
dal 4 all’8 gennaio
dal giovedì al sabato 21:00, domenica 18:00
Grand Guignol
primo esperimento di riesumazione teatrale
regia Alessandro Di Somma (Sotto la luce rossa), Diego Migeni (Mammina), Leonardo Buttaroni (Le
notti all’Hampton Club)
con Alessandra Casale, Giovanni Deanna, Alessandro Di Somma, Giulia Fiume, Diego Migeni, Emiliano
Morana
scene Paolo Carbone
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