S T A G I O N E
D ’ O P E R A
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Il turco in Italia
Il turco in Italia
Dramma buffo in due atti
Libretto di Felice Romani
Musica di Gioachino Rossini
Edizione critica della Fondazione Rossini di Pesaro a cura di Margaret Bent. Editore Casa Ricordi, Milano
Personaggi
Selim, principe turco che viaggia, un tempo
amante di Zaida, e poi invaghito di Fiorilla basso
Donna Fiorilla, donna capricciosa, ma onesta,
moglie di don Geronio soprano
Don Geronio, uomo debole, e pauroso baritono
Don Narciso, cavaliere servente di donna Fiorilla,
uomo geloso, e sentimentale tenore
Prosdocimo, poeta, e conoscente
di don Geronio baritono
Zaida, un tempo schiava, e promessa sposa di Selim, poi
zingara; donna di cuor tenero ed amante mezzosoprano
Albazar, prima confidente di Selim,
poi zingaro seguace ed amico di Zaida tenore
Maestro al fortepiano
Direttore d’orchestra
Regia
ripresa da
Scene
Costumi
Luci
riprese da
Assistente alla regia e ai movimenti coreografici
Direttore dell’allestimento
Maestro del coro
Interpreti
Carlo Lepore
Marco Vinco*
Nino Machaidze
Barbara Bargnesi*
Paolo Bordogna / Marco Filippo Romano*
Antonino Siragusa
Edgardo Rocha*
Simone Del Savio
Vincenzo Taormina*
Samantha Korbey
Enrico Iviglia
Luca Brancaleon
Daniele Rustioni
Christopher Alden
Karolina Sofulak
Andrew Liebermann
Kaye Voyce
Adam Silverman
Cecile Giovansili
Anna Maria Bruzzese
Saverio Santoliquido
Claudio Fenoglio
Orchestra e Coro del Teatro Regio
NUOVO ALLESTIMENTO
in coproduzione con Festival d’Aix-en-Provence, Opéra de Dijon, Teatr Wielki - Polish National Opera (Varsavia)
Marzo 2015: Giovedì 12 ore 20, Sabato 14* ore 20, Domenica 15 ore 15, Martedì 17* ore 15,
Mercoledì 18 ore 20, Giovedì 19* ore 20, Venerdì 20 ore 20, Sabato 21* ore 20, Domenica 22 ore 15
Il turco in Italia
Argomento
Atto I
Su una spiaggia presso Napoli, il poeta Prosdocimo osserva un gruppo di zingari festanti; ha trovato il soggetto
per un’opera buffa ispirandosi ai casi di Fiorilla e Geronio, e l’arrivo degli zingari gli offrirà spunti per vivacizzare la trita situazione: la vicenda del marito sciocco e della moglie esuberante, infatti, è già stata trattata da
innumerevoli poeti. Tra gli zingari c’è l’ex schiava turca Zaida: destinata a sposare il suo padrone – il principe
Selim – è stata vittima delle calunnie delle altre donne dell’harem, perciò, con l’aiuto di Albazar, è dovuta fuggire e rifugiarsi tra gli zingari. Il poeta le suggerisce di rivolgersi al principe turco di cui si attende l’arrivo perché
interceda per lei presso Selim. Più tardi entra Fiorilla: osserva l’arrivo di un battello dal quale sbarca proprio
Selim, giunto a visitare l’Italia. Incuriosita, gli si avvicina, e il principe immediatamente se ne invaghisce: i due
si allontanano a braccetto. Sopraggiungono Narciso – il cavalier servente di Fiorilla – e Geronio, inquieto per
aver visto la moglie in compagnia del turco: il poeta si compiace perché la situazione sta prendendo, dal suo
punto di vista, una piega promettente.
Fiorilla riceve Selim in casa di Geronio. Il principe la corteggia e la donna si schermisce con civetteria. Quando
arriva Geronio, Fiorilla lo persuade a rendere omaggio all’ospite baciandogli la veste; Narciso è disgustato da
tanta remissività.
Più tardi Selim si reca sulla spiaggia, pronto a fuggire con Fiorilla. Ma il poeta fa in modo che incontri Zaida:
la ragazza scopre così che il principe altri non è che il suo antico padrone il quale, a sua volta, riconoscendola,
le rivolge attenzioni affettuose. Giunge quindi Fiorilla, seguita da Geronio. Fiorilla accusa Selim di slealtà e si
accapiglia con Zaida; Narciso e Geronio sono perplessi: solo il poeta è entusiasta della situazione che si è creata.
Atto II
In una locanda, Selim incontra Geronio per proporgli di comprare Fiorilla, secondo l’uso turco. La discussione tra i due in breve degenera. Più tardi entra Fiorilla – che ha fatto in modo di essere raggiunta
da Zaida – e impone a Selim di scegliere tra lei e la schiava. Di fronte alla sua esitazione, Zaida, offesa, si
allontana. Usciti anche Selim e Fiorilla, ritorna il poeta: fa sapere a Geronio che Selim intende rapire Fiorilla
durante una festa in maschera, ma per sventare il piano basterà che lui stesso e Zaida si presentino alla festa
mascherati da Selim e Fiorilla. Anche Narciso, avendoli ascoltati, partecipa alla festa: Fiorilla lo prende per
Selim, Selim pensa che Zaida sia Fiorilla, Geronio – in cerca della moglie – è disorientato dalle due coppie
in maschera.
Più tardi, nella locanda, Albazar si rallegra perché Zaida ha riconquistato Selim, e prepara i bagagli.
Il poeta suggerisce a Geronio di scacciare la moglie per costringerla a ravvedersi. Così, tornando a casa dalla
festa, Fiorilla trova la porta sprangata. E non solo apprende che Selim si è allontanato con Zaida, ma si vede
recapitare un fardello con le sue cose e un messaggio con il quale Geronio le impone di tornare dai genitori.
Sulla spiaggia, Fiorilla attende il battello per partire. Il poeta e Geronio la raggiungono: la donna, chiaramente pentita, riceve il perdono del marito. Quindi, accompagnato da zingari e turchi festanti, giunge Selim
per imbarcarsi con Zaida. Il principe saluta magnanimamente l’Italia, e porge le proprie scuse a Geronio e
Fiorilla. L’intreccio è dunque sciolto, e il poeta si compiace del lieto fine.
Prima rappresentazione assoluta: Milano, Teatro alla Scala, 14 agosto 1814.
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Sei personaggi in cerca di regista
Intervista a Christopher Alden
A cura di Anne Le Nabour
Christopher Alden, regista di questa edizione de Il turco in Italia: qual è il suo percorso professionale?
Non ho avuto, in senso stretto, una formazione teatrale, ma sono cresciuto nel mondo dello spettacolo, a
New York: mio padre curava allestimenti scenici per teatro, cinema e televisione, mia madre era una danzatrice – aveva partecipato, tra le altre, alle produzioni originali di On the Town di Leonard Bernstein e di
Annie Get Your Gun di Irving Berlin, che debuttarono a Broadway. Dalla più tenera età, quindi, sono stato
immerso in questo universo che mi ha subito appassionato.
In generale, qual è il suo rapporto con l’opera?
Ho amato il teatro d’opera ancor prima di diventare regista. Me ne innamorai quando nel 1966, liceale,
assistetti per la prima volta a una rappresentazione: era l’ultima stagione dell’antico Metropolitan Opera di
New York, che si spostò poi al Lincoln Center. In seguito sono diventato assistente di Jean-Pierre Ponnelle
in parecchie produzioni, all’Opéra di Parigi, alla Houston Grand Opera e al Festival di Salisburgo in particolare. Poi ho iniziato la mia carriera di regista. Dopo quarant’anni di mestiere, quando considero il numero
di opere e di compositori affrontati, da Mozart a Verdi, passando per Wagner e Britten, credo davvero di
poter dire che l’opera rappresenta una parte importante della mia vita.
Come definirebbe il ruolo del regista d’opera?
Un regista d’opera deve ricreare le emozioni provate dal pubblico al debutto dell’opera – l’entusiasmo, la
sorpresa e, perché no, anche l’indignazione – così da rendere la rappresentazione la più intensa e vivida
possibile. Personalmente, cerco anche di suscitare l’impressione che ho provato io quando ho ascoltato per
la prima volta questo o quel titolo del repertorio.
Quali sono i suoi punti di riferimento nella regia del teatro d’opera?
Ho iniziato questo mestiere in un tempo in cui la pratica tradizionale della regia era oggetto di una profonda
riconsiderazione: la sperimentazione era non solo ammessa, ma anche incoraggiata. I miei modelli, perciò,
sono artisti come Ruth Berghaus, Peter Stein, Patrice Chéreau, Jean-Pierre Ponnelle. Questi registi hanno
saputo creare prospettive nuove, inventando una teatralità svincolata dalle convenzioni e collegata con il
clima politico, sociale e artistico del loro tempo.
Prima del Turco in Italia, in passato lei ha affrontato altre opere di Rossini, soprattutto negli Stati Uniti:
Il barbiere di Siviglia, Le Comte Ory, L’italiana in Algeri, La Cenerentola. Il Cigno di Pesaro sembra occupare un posto significativo nella sua carriera...
In effetti è così, anche se non ho ancora messo in scena nessuna delle sue “opere serie”. Constato che queste
ultime, come l’Otello o Semiramide, stanno tornando in auge, dopo essere state trascurate per quasi cinquant’anni. Il mondo musicale incomincia a rendersi conto che si tratta di autentici capolavori.
Il turco in Italia è solo un’opera buffa?
Il libretto è più profondo di quanto possa sembrare di primo acchito, poiché mette in scena personaggi che
cercano di superare i propri limiti e osano avventurarsi in zone spesso inesplorate. Per quanto provenienti
da culture radicalmente opposte, i personaggi di Selim e Fiorilla, l’uno turco, l’altra italiana, si attraggono in
modo irresistibile, affascinati l’uno dall’altro. Più che una semplice opera buffa, Il turco in Italia è un’opera
sulla differenza, di culture da un lato, di genere, uomo/donna, dall’altro.
A suo parere, in che cosa Il turco in Italia si distingue dal resto della produzione rossiniana?
La considero una delle opere più coinvolgenti di Rossini. Si distingue in primo luogo per una certa perversità, incarnata dalla figura del poeta Prosdocimo: costui, in cerca di un argomento valido per il suo libretto
d’opera, s’ispira alle persone che ha intorno. In modo più o meno insidioso, le incita ad adottare comportamenti che dovranno servire all’intreccio. In fondo, cerca di manipolarle.
Quali difficoltà presenta la messa in scena di quest’opera?
È un’opera fantastica, stimolante, alla quale mi dedico oggi per la seconda volta, dopo averla messa in scena
vent’anni fa in California con la compagnia della Long Beach Opera. Fu un’esperienza bellissima. Riscoprire
molto tempo dopo un’opera come questa, che è anche un capolavoro, è una delle grandi opportunità offerte
dal mio lavoro: affrontare l’opera ogni volta in modo diverso, tenendo conto dei cambiamenti intercorsi sia
nella società, sia nel mio stesso vissuto.
Che approccio interpretativo ha scelto per la messa in scena di questo Turco in Italia?
Più onirico che realistico. Mi ha ispirato molto la figura del Poeta, che nella mia versione riveste i tratti di
un regista d’opera, sotto la direzione del quale gli altri personaggi fanno le prove. Il Poeta è una figura che
mi è familiare: in fondo faccio un lavoro come il suo, quando, seduto alla scrivania, preparo una produzione.
Raccolgo le idee, ascolto dischi, studio il carattere dei personaggi e mi addentro nei recessi più nascosti
dell’opera: un’esperienza di lavoro, dai contorni quasi ossessivi, che viviamo entrambi!
L’accostamento con il dramma di Pirandello Sei personaggi in cerca d’autore le sembra pertinente?
Sì. Come in Pirandello, c’è una tensione tra realtà e finzione. S’innesca un conflitto tra il Poeta che sta scrivendo, l’equivalente del Direttore-Capocomico nei Sei personaggi in cerca d’autore, e gli interpreti del dramma.
Il personaggio di Prosdocimo può essere paragonato a quello di Don Alfonso in Così fan tutte?
Senz’altro. Le due figure s’inscrivono in una tradizione teatrale specifica, quella dell’uomo saggio e anziano
che guarda da una certa distanza i tormenti e le lotte degli altri e che, come un giudice onnipotente, si diverte
a manipolare. Eppure, sia Prosdocimo sia Don Alfonso faticano a restare passivi di fronte agli avvenimenti
di cui sono testimoni. Spinti all’azione loro malgrado, finiscono entrambi per perdere quel controllo che in
quanto uomini d’esperienza avevano mantenuto fino ad allora.
Lo studioso di Rossini Damien Colas ritiene che «il vero protagonista del Turco in Italia non sia Selim,
ma Fiorilla».
La parte di Fiorilla, una proto-femminista che si muove all’interno di una società patriarcale, è piuttosto inusuale nell’opera del XIX secolo. Fiorilla si rifiuta di incarnare il ruolo di brava moglie che le viene assegnato
e di accettare il matrimonio piccolo-borghese che ha contratto. Per sottrarsi a questa situazione, respinge i
limiti del proprio sesso, facendo suo un ruolo quasi mascolino. È interessante notare che all’inizio dell’opera
è presente un coro femminile, che poi scompare per lasciare posto alla sola Fiorilla. Lo spettatore in seguito
è testimone dei sentimenti contraddittori che la giovane donna scatena negli uomini con cui ha a che fare:
costoro l’amano, la desiderano e al contempo la spaventano, la detestano e ne sono gelosi. Vicina a Lulu e
a Carmen, Fiorilla è una di quelle donne forti che gli uomini vogliono a tutti i costi sottomettere. Come
Caterina nella Bisbetica domata di Shakespeare, Fiorilla, nonostante le sue buone intenzioni, alla fine sarà
vinta e sceglierà il conforto rassicurante del matrimonio.
Cosa pensare dell’happy end di quest’opera che, come in Così fan tutte, sembra entrare in contrasto con
la situazione reale?
In effetti, si tratta di un happy end di convenzione; la fine dell’opera, semmai, è piuttosto triste. Se il finale del
Turco in Italia sembra più netto e chiaro di quello di Così fan tutte, presenta anch’esso comunque personaggi
distrutti, privati della gioia di vivere e persino della loro sessualità, come se si fossero bruciati le ali a contatto
con il desiderio, finendo per rinunciare ai loro ideali. Così, né Fiorilla né Selim hanno il coraggio di sovvertire
la loro condizione ed entrambi si ripiegano sulla propria cultura.
Quest’opera può parlare ancora a un pubblico contemporaneo?
Sì, nella misura in cui affronta la questione universale delle relazioni umane e, più in particolare, delle
relazioni tra uomini e donne, tema di grande attualità. Il turco in Italia mostra il peso delle norme sociali: i
personaggi avvertono la difficoltà della battaglia per conquistare la libertà di esprimersi in quanto individui.
Questo aspetto riguarda ciascuno di noi.
Le prove con i cantanti che ruolo occupano nello svolgimento del suo lavoro?
Si tratta di una fase che costituisce il cuore del mio lavoro e, al contempo, il mio più grande godimento.
In generale, le prove rappresentano il compimento di due anni d’intenso lavoro per la preparazione dello
spettacolo, al fianco di tutto il team creativo del teatro. Arrivo alla prima prova con idee molto precise, ma
l’incontro con i cantanti provoca in me ogni volta cambiamenti importanti: la loro personalità, i corpi e le voci
m’ispirano e mi portano a cambiare la visione dell’opera che avevo all’inizio. La libertà più grande consiste
nell’essere capaci di sbarazzarsi delle idee di partenza, nutrendosi delle proposte che provengono dall’esterno.
Probabilmente è questo l’aspetto più efficace del processo creativo.
Che cosa si aspetta da un direttore d’orchestra?
È sempre stimolante per me sentire che il direttore d’orchestra è coinvolto nel lavoro scenico. Quando siamo
sulla stessa lunghezza d’onda e il rapporto si rivela perciò fruttuoso sia sul piano creativo sia su quello personale, si crea un clima di serenità e fiducia che rassicura i cantanti, consentendo loro di uscire da se stessi:
liberano allora aspetti inediti, sorprendenti, talora al limite del rischio.
Traduzione di Antonella Palumbo
Per gentile concessione del Festival di Aix-en-Provence
Teatro Regio
Walter Vergnano, Sovrintendente
Gastón Fournier-Facio, Direttore artistico
Gianandrea Noseda, Direttore musicale
Orchestra
Coro
Violini primi Sergey Galaktionov*, Paolo Manzionna,
Angelica Faccani, Ekaterina Gulyagina, Elio Lercara,
Carmen Lupoli, Alessio Murgia, Ivana Nicoletta,
Laura Quaglia, Valentina Rauseo, Marta Tortia,
Roberto Zoppi
Soprani
Eugenia Degregori, Laura Lanfranchi,
Paola Isabella Lopopolo, Giovanna Zerilli
Violini secondi Marco Polidori*, Bartolomeo Angelillo,
Elena Abbati, Paola Bettella, Giacomo Bianchi,
Maurizio Dore, Anna Rita Ercolini, Fation Hoxholli,
Alessia Pallaoro
Viole Armando Barilli*, Alessandro Cipolletta,
Maria Elena Eusebietti, Alma Mandolesi,
Franco Mori, Roberto Musso, Claudio Vignetta
Violoncelli Augusto Gasbarri*, Davide Eusebietti,
Alfredo Giarbella, Armando Matacena,
Luisa Miroglio, Marco Mosca
Contrabbassi Davide Botto*, Atos Canestrelli,
Fulvio Caccialupi, Stefano Schiavolin
Mezzosoprani / Contralti
Angelica Buzzolan, Roberta Garelli,
Antonella Martin, Marina Sandberg
Tenori
Pierangelo Aimé, Gian Luigi Cara, Antonio Coretti,
Diego Cossu, Luis Odilon Dos Santos,
Alejandro Escobar, Giancarlo Fabbri, Sabino Gaita,
Roberto Guenno, Vito Martino, Matteo Pavlica,
Dario Prola, Sandro Tonino, Franco Traverso
Baritoni / Bassi
Mauro Barra, Lorenzo Battagion, Umberto Ginanni,
Desaret Lika, Riccardo Mattiotto, Davide Motta Fré,
Franco Rizzo, Vincenzo Vigo
Flauti Alessandra Russo*, Maria Siracusa
Oboi Hernán Garreffa*, Alessandro Cammilli
Clarinetti Alessandro Dorella*, Edmondo Tedesco
Fagotti Andrea Azzi*, Orazio Lodin
Corni Ugo Favaro*, Eros Tondella
Trombe Ivano Buat*, Paolo Paravagna
Timpani Ranieri Paluselli*
Percussioni Lavinio Carminati, Massimiliano Francese
* prime parti
Direttori di scena Vittorio Borrelli, Riccardo Fracchia • Maestri collaboratori di sala Luca Brancaleon, Jeong
Un Kim • Maestro rammentatore Andrea Mauri • Maestro alle luci Paolo Chimienti • Maestri collaboratori di
palcoscenico Giannandrea Agnoletto, Jeong Un Kim • Assistente del maestro del coro Paolo Grosa • Archivio
musicale Enrico Maria Ferrando • Sopratitoli a cura di Sergio Bestente • Servizi tecnici di palcoscenico Antonio
Martellotto • Realizzazione allestimenti Claudia Boasso • Servizi di vestizione Laura Viglione • Luci di scena e
fonica Andrea Anfossi • Coordinatore di progetto Enzo Busco
Scene, costumi, attrezzeria e calzature Festival d’Aix-en-Provence • Altri costumi Nicolao Atelier, Cannaregio
(Venezia) • Parrucche e trucco Mario Audello, Torino
Si ringrazia la Fondazione Pro Canale di Milano per aver messo i propri strumenti a disposizione dei professori Sergey
Galaktionov (violino Giovanni Battista Guadagnini, Torino 1772) e Marco Polidori (violino Alessandro Gagliano,
Napoli 1725 ca.).
Si ringrazia The Opera Foundation per la borsa di studio attribuita al mezzosoprano Samantha Korbey.
© Teatro Regio Torino
Prezzo: € 0,50 (IVA inclusa)