Anno 11 n.2/2008 Speciale PROTEZIONE SOLARE Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1 DCB Milano Antonino Di Pietro Riccarda Serri Adele Sparavigna Maria Concetta Romano Paolo Pigatto Maurizio Cavallini Carlo Alfaro Luigi Tarallo Fabio Rinaldi Mauro Barbareschi Elisabetta Sorbellini Paola Bezzola Volume 11, n. 2, 2008 Indice Esposizione solare e ruolo del medico. Antonino Di Pietro I perché di una monografia sulla protezione solare. Direttore Responsabile Pietro Cazzola Adele Sparavigna, Riccarda Serri, Maria Concetta Romano Direttore Generale Armando Mazzù L’esposizione solare: corretta informazione. Direttore Marketing Coordinatore della pubblicazione Antonio Di Maio Redazione e Amministrazione Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano Tel. 0270608091 - 0270608060 Fax 0270606917 E-mail: [email protected] Consulenza Amministrativa Cristina Brambilla Paolo Pigatto Chirurgia: l’esposizione solare. Maurizio Cavallini Capelli: l’esposizione solare. pag. 53 pag. 61 pag. 91 Mauro Barbareschi pag. 97 Valutazione dei danni al follicolo pilifero in seguito ad irradiazione con UV: quantificazione del danno apoptotico e modificazioni morfologiche. pag. 97 Fabio Massimo Rinaldi L’esposizione solare: come prevenire i danni. Consulenza Grafica Piero Merlini Antonino Di Pietro, Adele Sparavigna, Riccarda Serri, Impaginazione Clementina Pasina Maria Concetta Romano, Paolo Pigatto, Maurizio Cavallini Registrazione Tribunale di Milano n. 383 del 28/05/1998 Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa n.10.000 Gli adolescenti e l’abbronzatura. Stampa Parole Nuove s.r.l. Brugherio (MI) È vietata la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni e fotografie pubblicati su Scripta MEDICA senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore non risponde dell’opinione espressa dagli Autori degli articoli. Carlo Alfaro, Luigi Tarallo Gli effetti della radiazione ultravioletta sui capelli e sul cuoio capelluto. Fabio Rinaldi Edizioni Scripta Manent pubblica inoltre: ARCHIVIO ITALIANO DI UROLOGIA E ANDROLOGIA RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA DELL’ADOLESCENZA JOURNAL OF PLASTIC DERMATOLOGY INFORMED, CADUCEUM, IATROS, EUREKA Gli effetti della radiazione infrarossa e del caldo sui capelli e sul cuoio capelluto. pag. 103 Possibilità terapeutiche e di prevenzione: dai fattori di crescita ai radical scavengers, dai filtri solari pag. a specifici tessuti a protezione solare. 106 Elisabetta Sorbellini Paola Bezzola Diffusione gratuita. Ai sensi della legge 675/96 è possibile, in qualsiasi momento , opporsi all’invio della rivista comunicando per iscritto la propria decisione a: Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano c’era una volta... Collezione privata Scripta M E D I C A Volume 11, n. 2, 2008 51 EDITORIALE La vita mi ha insegnato che il motto “chi si esalta sarà umiliato.....” non è solo un ammonimento evangelico, ma è piuttosto la conseguenza di una millenaria esperienza sugli esiti delle eccessive autocelebrazioni. Ritengo che le capacità, il comportamento e le opere di ognuno siano talmente visibili agli occhi di tutti che non sia necessario ricordarli in ogni occasione, a meno che..., a meno che ciò non sia espressamente richiesto dagli altri, come è capitato a me. Scripta Medica ha da poco compiuto 10 anni e alcune osservazioni mi inducono a pensare di avere bene operato. Badate bene, per giungere a questa conclusione, più che sulle dirette testimonianze di stima, facilmente oggetto di millanteria, mi sono basato sulle quotidiane richieste dei colleghi di ricevere la rivista ad un nuovo indirizzo, segno che il nostro lavoro è stato apprezzato a tal punto che dei professionisti indaffarati hanno deciso di perdere tempo prezioso per scrivere una lettera, comprare un francobollo e cercare una cassetta postale. Ciò vale anche per quelli che utilizzano la posta elettronica in quanto prima è necessario trovare l’indirizzo e-mail, poi scannerizzare la fascetta coi propri dati allegata alla rivista, e infine eseguire l’attachment... Insomma diciamocelo chiaramente: una rottura..., a cui ci si sottopone solo se si ritiene valga la pena! Altro indizio: in 10 anni abbiamo trattato quasi tutti (sottolineo quasi) i temi della medicina con articoli, rassegne, puntualizzazioni, ecc. e ciò avrebbe potuto far sorgere gelosie tra gli esperti non coinvolti (sempre alla ricerca del minimo errore, inesattezza o omissione per denigrare il lavoro altrui) e la stizza delle aziende dei farmaci per qualche prodotto non citato o di cui sono stati troppo evidenziati gli effetti collaterali. In tutto questo periodo ciò non è accaduto e ritengo che questo dato sia per noi un certificato della nostra attenzione, del nostro equilibrio, e perchè no, della nostra competenza. Scripta Medica celebra il suo primo decennio con questo numero speciale dedicato alla protezione solare. L'iniziativa è sorta partendo dalla constatazione che la protezione nei confronti di un danno alla salute, che può raggiungere gradi di gravità estremi, è lasciata ai consigli di categorie di persone le cui competenze sono risibili. Ma a questo punto sé sorta una domanda: quali sono le conoscenze dei medici in termini di protezione solare? La risposta è stata: poco o nulla! Da ciò la necessità di chiedere ad autorevoli specialisti in Dermatologia di rendere note ai colleghi le più recenti nozioni su questo non comune argomento. Unitamente al mio compagno di avventura, Armando Mazzù, ringrazio calorosamente tutti coloro che con entusiasmo hanno aderito a questo progetto, sono riconoscente alle aziende che con il loro supporto pubblicitario l’hanno reso possibile e mi congratulo con una forte stretta di mano con il mio più stretto collaboratore, Antonio Di Maio, che ha magistralmente coordinato ogni aspetto di questa impresa. Pietro Cazzola L’esposizione solare: come prevenire i danni. 53 ESPOSIZIONE SOLARE E RUOLO DEL MEDICO. Antonino Di Pietro Presidente ISPLAD (International Society of Plastic-Aesthetic and Oncologic Dermatology) L’immagine del sole nell’opinione pubblica si identifica con la vita, con la vacanza e con la felicità, ma per il dermatologo il sole ha un altro significato: esso infatti rappresenta un importante fattore eziopatogenetico per lo sviluppo di tumori cutanei e per l’invecchiamento della pelle. Da anni sono impegnato in un’opera di prevenzione e di cura dei danni dovuti all’esposizione alla luce solare, ma mi rendo conto che nel comune pensare è ancora ben radicata l’idea che l’abbronzatura corrisponda ad un aspetto salutare della pelle. Per tale assioma erroneo e fuorviante è possibile scusare tutti quelli che non hanno competenze specifiche, ma è imperdonabile che esso non venga messo in discussione e corretto da coloro che hanno la responsabilità della salute pubblica (medici di famiglia, e anche specialisti in Dermatologia). Con questa pubblicazione si è inteso informare, con rigore scientifico, tutti i colleghi sulle modalità e gli strumenti a disposizione per proteggere in modo efficace la cute e i suoi annessi dagli effetti dannosi di una eccessiva fotoesposizione. Lo scopo principale è quello di fare in modo che i consigli alla popolazione non siano lasciati a esperti improvvisati, ma provengano direttamente dalla classe medica. Vi assicuro che si può (e si deve) fare…. I PERCHÈ DI UNA MONOGRAFIA SULLA PROTEZIONE SOLARE. Adele Sparavigna, Riccarda Serri, Maria Concetta Romano SKINECO (International Association of Environmental Dermatology) Un’adeguata protezione solare deve essere sempre raccomandata dal dermatologo, in modo da prevenire danni a breve e lungo termine derivanti da incaute esposizioni. La materia è però complessa a vari livelli: fisico (natura delle radiazioni ed interazioni con l’ambiente), chimico (sostanze protettive naturali della pelle e formulazioni cosmetiche), biologico (meccanismi cellulari di danno e di protezione), dermatologico (individuazione dei danni da foto-esposizione e quantificazione dei meccanismi di causa-effetto), ecologico (buco nell’ozono con conseguente alterazione quali-quantitativa delle radiazioni a livello della superficie terrestre, inquinanti ambientali in grado di interagire con la luce). Paradossalmente, alcu- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 54 ni addetti ai lavori ritengono che l’uso di filtri solari , essendo in grado di prevenire l’eritema, possa incoraggiare esposizioni eccessive e prolungate al sole, promuovendo più che prevenire i danni fotoindotti. È lecito quindi porsi delle domande. La protezione solare è davvero utile? Come va applicata? In Australia, dove è presente la maggiore incidenza del melanoma nel mondo, da diversi anni sono in corso campagne di pubblica educazione sanitaria. È stato, tra l’altro, coniato lo slogan “slip, slop, slap, wrap” che si riferisce alle raccomandazioni relative all’uso di indumenti protettivi, filtri solari, cappelli ed occhiali da sole (“slip” into protective clothing, “slop” on sunscreens, “slap” on a protective hat, “wrap” on a pair of sunglasses). È un dato di fatto che oggi in Australia si comincia ad osservare una tendenza alla riduzione dell’incidenza del melanoma. Inoltre, studi condotti su animali di laboratorio e sull’uomo dimostrano l’efficacia preventiva dei filtri solari nei confronti dell’epitelioma spinocellulare, basocellulare e delle lesioni precancerose cutanee. Per quanto riguarda il nostro paese, anche se le campagne di educazione sanitaria cominciano ad avere una loro visibilità (non siamo a livello statunitense né tantomeno australiano) l’abbronzatura riveste ancora un “valore” estetico e sociale troppo grande: ci si abbronza a tutti i costi ed in tutte le stagioni. Inoltre, un errato atteggiamento comportamentale, favorito anche dalla scarsa informazione, può certamente determinare un uso scorretto dei prodotti protettivi solari: si applicano i filtri per permettersi esposizioni prolungate intense (e quindi a scopo “abbronzante”) a fronte di un ridotto rischio di insorgenza di eritema; il prodotto non viene distribuito bene sulla superficie corporea ed alcune aree rimangono non protette; esso non viene riapplicato adeguatamente, ad esempio dopo il bagno in mare e spesso le dosi applicate non sono sufficienti. Questa monografia è stata realizzata per incoraggiare il flusso corretto di informazioni tra dermatologo e paziente, basato su spiegazioni semplici da comprendere ma al tempo stesso accurate sul perché e come ci si debba fotoproteggere. L’ESPOSIZIONE SOLARE: CORRETTA INFORMAZIONE. Paolo Pigatto IRCCS Ospedale Galeazzi di Milano, Università degli Studi Milano Fino a qualche tempo fa l’applicazione delle creme solari avveniva solo per proteggersi dalle ustioni solari e in alcune patologie dermatologiche associate a fotosensibilità. Purtroppo il ruolo delle radiazioni ultraviolette sulla cute umana non si limita a questi fenomeni ma si esplica anche nell’ambito del foto invecchiamento e della genesi dei tumori. Si è pertanto chiesto al filtro solare di avere un ruolo estremamente importante non solo nella semplice abbronzatura ma anche nella prevenzione della carcinogenesi. L’informazione medica non è però riuscita a seguire in modo altrettanto rapido il cambiamento non riuscendo a correlare le necessità cliniche e la comprensione generale del problema. A questo punto mentre è necessario per il paziente la comprensione che un insulto ripe- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 55 tuto ultravioletto possa indurre la trasformazione cellulare in senso neoplastico è altresì fondamentale che il dermatologo acquisica della comprensioni foto biologiche e chimiche tali da portesi districare nella scelta del filtro appropriato. In ogni caso una corretta informazione potrà servire per comprendere meglio le modalità d’uso, e per eliminare quella forte frustrazione che avvertiva ogni paziente al quale veniva consigliato un filtro a alta protezione. I pazienti erano abituati a pensare ai filtri solari con fattori di protezione valutati secondo le metodiche proposte dall’Ente di controllo Americano che poneva un massimo a 20 mentre il professionista dermatologo ragionava con valutazioni europee (Colipa) che raggiungevano valori maggiori di 50. Nell’immaginario collettivo il paziente pensava di recarsi al mare e di esporsi al sole sotto una cappa impenetrabile tornando a casa “bianco come se non fosse stato in vacanza”. Questo colloquio tra sordi deve finire perche la divulgazione delle nozioni presenti in questo breve lavoro farà chiarezza in quella zona grigia della conoscenza che tratta i problemi della fotobiologia. CHIRURGIA: L’ESPOSIZIONE SOLARE. Maurizio Cavallini Vice Presidente ASSECE (European Association of Aesthetic Surgery) Nell’ambito della chirurgia plastica il risultato finale è influenzato non solo dalla tecnica adottata ma anche dall’assestamento dei tessuti, ivi compresi quelli dove è presente la cicatrice residua. Infatti una volta rimossi i punti di sutura (e quindi ad avvenuta cicatrizzazione) inizia la fase detta di maturazione della cicatrice che prevede: inizialmente un processo infiammatorio che può durare per un periodo variabile fra uno e sei mesi durante il quale la cicatrice appare rossa, rilevata,con presenza di una fitta rete di neocapillari; successivamente l’infiammazione decresce progressivamente passando alla fase di stabilizzazione, durante la quale la cicatrice diventa sempre più chiara, piana e sottile. Tale fase può durare da uno a sei mesi a seconda del distretto corporeo coinvolto (nel viso le cicatrici si stabilizzazione prima, sul corpo più lentamente). Durante tutta la fase di evoluzione ma in particolare durante la fase infiammatoria è molto importante provvedere alla protezione solare della cicatrice. Ciò è fondamentale perchè il sole (o le lampade artificiali) provocando da una parte vasodilatazione che porta ad un aumento dei fenomeni infiammatori con conseguente maggior arrossamento e prolungamneto dei tempi di stabilizzazione, dall’altra iperpigmentazioni cicatriziali, cioè cicatrici più scure (in genere rosso scure o violacee) in modo definitivo. Per tali motivi in chirurgia plastica si evita di eseguire interventi estetici nel periodo estivo, si riporta sempre nell’elenco delle istruzioni postoperatorie il divieto di esporsi al sole almeno per i due mesi successivi all'intervento e si consiglia comunque di indossare abiti protettivi (nel caso del corpo) e/o occhiali da sole e cappelli (per interventi al viso). Infine fondamentale l’uso e l’applicazione sulla cicatrice almeno due volte al giorno per diversi mesi di creme a fattore molto alto di protezione. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 56 L’IMPORTANZA DELLA CORRETTA INFORMAZIONE AGLI ADOLESCENTI Carlo Alfaro UOC di Pediatria, Ospedali Riuniti Stabiesi, P.O. S. Leonardo, ASL NA 5, Castellamare di Stabia (Napoli) L’adolescente deve appropriarsi di una nuova immagine di sé e si tratta di un compito della crescita non semplice: il suo noto senso di onnipotenza lo rende refrattario alle raccomandazioni prudenziali. Le insidie dei raggi ultravioletti sono particolarmente pesanti nei primi anni di vita! Fino all’80% dei danni da radiazione ultravioletta si verifica prima dei 18 anni. Particolarmente rischiosa la pratica dell’abbronzatura attraverso fonti artificiali di luce ultravioletta, sempre più perpretata dagli adolescenti. È necessario un serio e forte impegno di tutti per scoraggiare comportamenti inappropriati al sole attraverso incisive campagne di informazione e implementazione delle misure di fotoprotezione. CAPELLI: L’ESPOSIZIONE SOLARE. Fabio Massimo Rinaldi Presidente IHRF (International Hair Research Foundation) Le indagini per meglio comprendere le interazioni fra radiazioni solari e capelli non hanno avuto negli anni scorsi uno sviluppo paragonabile agli studi su epidermide e derma, anche se vi sono fatti clinicamente percepibili, come lo schiarimento dei capelli durante la fotoesposizione e la loro caduta nella stagione autunnale (quindi dopo un periodo di intensa esposizione volontaria o involontaria alla luce solare), che avrebbero dovuto avere maggiore attenzione. A partire da una nostra segnalazione, nel corso dell’American Academy of Dermatology del 1995, sul defluvium telegenico indotto da esposizione ai raggi solari, il nostro gruppo ha studiato i segni biochimici e istologici del danno provocato dagli UV al bulbo dei capelli. Recentemente mediante l’impiego del microscopio confocale abbiamo dimostrato che i bulbi irradiati con UVB mostrano una netta modificazione del diametro cellulare dei cheratinociti della matrice, una modificazione della struttura della guaina epiteliale interna e un forte aumento della rifrazione dei melanociti. Attualmente il nostro interesse è rivolto allo studio del processo apoptotico che si svolge a livello della struttura del bulbo (mediante valutazione della caspasi 3 e della caspasi 8) e i primi dati strumentali confermano l’aumento dell’incidenza del catagen e del telogen della zona irradiata con UVB. Se è ormai noto il danno provocato dalle radiazioni ultraviolette ed i meccanismi che lo inducono, meno diffusa è la conoscenza sulla necessità di adottare un’adeguata fotoprotezione esattamente come si fa per la pelle. Negli articoli che seguono abbiamo voluto colmare questa lacuna. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 61 L’esposizione solare: come prevenire i danni. Antonino Di Pietro, Adele Sparavigna, Riccarda Serri, Maria Concetta Romano, Paolo Pigatto, Maurizio Cavallini Gli effetti del sole sulla pelle maggiore consapevolezza, l’accresciuta attenzione da parte del paziente ed i progressi nelle tecniche diagnostiche, sono elementi in grado quanto meno di frenare questo allarmante fenomeno. Il principale fattore determinante l’aumento di incidenza dei tumori cutanei è probabilmente l’aumento dell’esposizione ai raggi UVA. Un tempo ritenuti relativamente innocui, i raggi UVA sono oggi noti per il loro significativo contributo all’invecchiamento cutaneo fotoindotto, alla cancerogenesi ed alla soppressione immunitaria. I raggi UVA penetrano più in profondità nella pelle e, a differenza dei raggi UVB, che sono causa di iniziale eritema e ustione, creano un danno che non è immediatamente individuabile. L’irraggiamento da parte degli UVA rimane costante nell’intero arco dell’anno e durante Ogni anno a circa 250.000 italiani viene diagnosticato un tumore maligno cutaneo, mentre a molti di più viene diagnosticata una condizione pre-cancerosa. Queste cifre sono in continuo aumento non soltanto in Italia ma in tutto il mondo. Nonostante l’allarmante aumento dei tumori cutanei, specialmente tra gli adolescenti e i giovani adulti, l’esposizione al sole e l’abbronzatura continuano ad essere associate ad un aspetto salutare della pelle. Inoltre, prevale l’opinione ingannevole che l’uso dei prodotti protettivi solari sia una necessità occasionale e riservata ai mesi estivi. I fattori responsabili dell’allarmante aumento dei tumori cutanei sono numerosi. La continua erosione dello strato d’ozono nell’atmosfera terrestre dovuta all’inquinamento am-bientale ha portato ad una diminuzione della protezione dalle radiazioni ultraviolette (RUV) rispetto al passato. In più oggi, a differenza di quanto avveniva per le generazioni precedenti, esistono Gli UVB (290-320 nm) più di quattrocento farcausano eritema maci in grado di determie danno epidermico nare nei pazienti un’auGli UVA (320-400 nm) mentata sensibilità all’ircausano danno dermico raggiamento solare e di profondo, (rughe, incrementare il rischio di invecchiamento precoce e tumori cutanei) danno solare. L’allungamento dell’aspettativa media di vita è un Strato sottocutaneo ulteriore fattore che contribuisce all’aumento dell’incidenza dei tumori Figura 1. Gli UVB e l’epidermide. cutanei. Per contro, la L’esposizione solare: come prevenire i danni. 62 tutto il giorno, pertanto le persone sono esposte in modo continuo a questo tipo di radiazioni, tanto a mezzogiorno in una giornata di luglio, quanto alle quattro del pomeriggio di una giornata invernale con il cielo nuvoloso. Per quanto riguarda l’aspetto estetico della pelle, le rughe e l’assottigliamento cutaneo piuttosto che rappresentare un naturale processo di invecchiamento, spesso sono prevalentemente il risultato di una esposizione cronica alla luce del sole. L’esposizione continuativa e costante al sole danneggia sia l’epidermide sia il derma. In particolare, l’epidermide in toto si assottiglia, mentre lo spessore relativo dello strato corneo aumenta; nel derma le fibre collagene vanno incontro a degradazione e le fibre elastiche appaiono ispessite e distorte. Come conseguenza della degradazione delle fibre collagene, le fibre reticolari, costituite da nuovo collagene, vengono depositate È a tutto spessore nel derma invece di rimanere confinate all’area della giunzione dermo-epidermica. Il danno cutaneo fotoindotto può essere ridotto al minimo, e persino riparato, grazie all’adozione di alcune semplici precauzioni. Di cruciale importanza è la consapevolezza che la protezione solare deve essere quotidiana e per tutto l’anno. I bambini in particolar modo hanno bisogno dell’applicazione di schermi solari. L’esposizione solare frequente e le scottature devono assolutamente essere evitate in età pediatrica, in quanto costituiscono una premessa per una maggiore incidenza di melanoma in età successiva. Un programma completo di protezione solare comprende l’uso di schermi solari, di un abbigliamento adeguato e di occhiali da sole, evitando comunque l’esposizione tra le 10 del mattino e le 4 del pomeriggio. DIMOSTRATO CHE: Il danno cutaneo da irraggiamento solare è cumulativo. Non tutte le pelli sono uguali di fronte al sole. Occorre conoscere il fototipo di un soggetto per stabilirne le condizioni di esposizione più adatte. L’abbronzatura può apportare più danni che benefici. L’imbrunimento della cute, infatti, è già un segno di danno cutaneo. Qualsiasi grado di abbronzatura indica un danno che predispone alla comparsa di rughe, invecchiamento cutaneo e tumore cutaneo. La cute di ciascun individuo conserva memoria di tutti i danni dovuti all’esposizione solare a cui è stata esposta nel corso della vita. Un elevato effetto cumulativo è causa di una maggiore probabilità di insorgenza del tumore cutaneo. Oltre il 90 per cento dei tumori della cute non melanomatosi insorgono nelle persone con la pelle chiara e tendenza a scottarsi. Tuttavia, anche se l’incidenza di tumore cutaneo è più bassa nei soggetti con pelle scura, questi soggetti sono comunque suscettibili agli effetti dannosi delle radiazioni UVB, oltre a risentire degli effetti del sole sugli occhi e sul sistema immunitario. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 63 IL SOLE OFFRE ANCHE BENEFICI Uno degli effetti della luce del sole sulla cute è la conversione del colecalciferolo in 1,5-diidrossi-colecalciferolo, cioè la forma attiva della vitamina D, indispensabile per le ossa. Attualmente la dose giornaliera consigliata di vitamina D (colecalciferolo) è di 200 UI dalla nascita fino a 50 anni, di 400 UI tra i 51 e i 70 anni e di 600 UI dopo i 71 anni. Secondo studi recenti, 1.000 UI al giorno sono in grado di ridurre l’incidenza di alcuni tipi di carcinoma, come quello ovarico, al seno ed al colon, di una percentuale pari al 50%. Questo perché la vitamina D rafforza il sistema immunitario ed aiuta la crescita cellulare. Il fabbisogno di vitamina D può essere soddisfatto sia attraverso la dieta (una porzione di pesce grasso contiene tra 250 e 360 UI ed un cucchiaio di olio di fegato di merluzzo apporta 1.360 UI di vitamina D) sia attraverso l’uso di integratori alimentari (da soli o in combinazione con il calcio). Il fattore di protezione solare (FPS) Il numero di FPS rappresenta il fattore in base al quale si può calcolare il tempo di esposizione al sole senza sviluppare l’eritema. Ad esempio, un soggetto che sviluppi normalmente l’eritema in seguito ad un’ esposizione non protetta di 10 minuti, in seguito all’applicazione di un prodotto fotoprotettivo con SPF 10 svilupperà l’eritema dopo 10 x 10 = 100 minuti di esposizione. È importante a questo proposito sottolineare che l’FPS non rappresenta da solo il grado di protezione da tutti gli effetti nocivi delle radiazioni solari. L’FPS è soltanto la determinazione di una protezione da una specifica lunghezza d’onda di radiazioni ultraviolette, le UVB (290-320 nm). Altrettanto importante è la determinazione del fattore di protezione UVA (320-400 nm). Attualmente in Europa il fattore di protezione PPD (Persistent Pigment Darken-ing), basato non sulla determinazione dell’eritema (come per gli UVB) bensì sulla reazione pigmentata persistente da UVA, deve essere, come fattore numerico, pari ad almeno un terzo dell’FPS dichiarato. Infatti, quella degli UVA è la lunghezza d’onda che penetra più in profondità, più spesso associata ai segni di foto invecchiamento, come le rughe, le modificazioni della pigmentazione e la secchezza. L’esposizione alle radiazioni UVB causa dolorosi arrossamenti ed irritazioni che si manifestano durante l’inizio dell’esposizione al sole, ma quella degli UVB non è la sola lunghezza onda ultravioletta che danneggia la pelle. In realtà, gli UVB hanno solo un minimo effetto sugli strati più profondi della pelle. Il danno causato dagli UVA, invece, penetra molto più in profondità, pertanto le radiazioni UVB e UVA sono entrambe riconosciute come responsabili dei tumori cutanei. Un FPS pari a 30 non è sufficiente per affrontare gli effetti completi della luce ultravioletta sulla pelle, ma serve solo a schermare i raggi UVB. La spiegazione tecnica dei benefici di un prodotto solare, ad esempio FPS 30, è complicata. Infatti, un prodotto con FPS 15 blocca il 93% della luce UVB incidente, mentre un FPS 34 blocca il 97% degli UVB incidenti, una differenza apparentemente insignificante. Kaidbey ha dimostrato che quando la pelle viene esposta a una quantità di radiazione solare simulata sufficiente a determina- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 64 re un minimo eritema (MED, minima dose eritemigena), la pelle protetta con uno schermo solare FSP 30 presenta 2,5 volte meno cellule “ustionate” (sunburn cells) rispetto alla È pelle protetta con uno schermo solare FPS 15. Da questo deriva un concetto di valore biologico dell’FPS che è senz’altro qualcosa di più che un semplice valore matematico. DIMOSTRATO CHE: L’uso di uno schermo solare con FPS elevato aiuta a superare gli errori dell’utilizzatore. Infatti, in molti casi l’uso del filtro solare è sporadico, la ripetizione dell’applicazione non è abbastanza frequente e/o non viene usata una sufficiente quantità di prodotto. L’accuratezza con cui il numero di FPS indica il reale fattore di protezione è discutibile. Durante le fasi di test, infatti, viene applicata una quantità di filtro solare maggiore rispetto a quella applicata nell’uso normale. Da questo deriva che in realtà il vero numero di FPS è circa la metà o un terzo rispetto al numero dichiarato. Utilizzando il biossido di titanio o l’ossido di zinco, maggiore è l’FPS, maggiore è la copertura dai raggi UVA. L’ FPS riguarda unicamente le radiazioni UVB ma non le UVA, UVC, né le lunghezza d’onde visibili o infrarosse. Il danno cutaneo da UVA è più difficile da rilevare a causa della sua cronicità. Effetti quali l’invecchiamento cutaneo o la mutazione cellulare sono di natura cumulativa e possono impiegare decenni per manifestarsi. L’USTIONE SOLARE IN SINTESI L’ustione è un’infiammazione della pelle dovuta a sovraesposizione ai raggi ultravioletti (UV). I raggi UV delle lampade abbronzanti sono da considerarsi almeno altrettanto nocivi rispetto a quelli della luce naturale del sole. I danni causati alla pelle dai raggi ultravioletti B sono noti da tempo. Le ustioni solari danneggiano la pelle; il danno può essere permanente. La principale causa ambientale di tumore cutaneo è il sole. Chi ha subito gravi ustioni deve evitare di fare il bagno in acqua fredda. Molti farmaci, soggetti o meno a prescrizione, ed altri prodotti aumentano la sensibilità della pelle al sole. È bene indossare un cappello a tesa larga ed occhiali da sole certificati (per i quali è specificato un assorbimento delle radiazioni ultraviolette (UVR) ≥ 95%). Indossare, inoltre, indumenti protettivi a trama fitta. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 65 L’USTIONE SOLARE IN SINTESI Ripetere frequentemente l’applicazione del filtro solare, specialmente se il tempo è soleggiato o se si sta sudando copiosamente. Usare sempre un prodotto solare ad ampio spettro con copertura dalle radiazioni sia UVA che UVB ed un alto FPS su tutta la superficie cutanea esposta, comprese le labbra, anche nelle giornate nuvolose. Se si viene a contatto con l’acqua, sia per il bagno che per eccessiva sudorazione, utilizzare uno schermo solare resistente all’acqua. EFFICACIA Grado di FPS 2 4 6 8 10 15 25 30 35 40 50 60 100 DEL FATTORE DI PROTEZIONE SOLARE Protezione UVB % di raggi UV assorbiti o riflessi 50% 75% 83,33% 87,5% 90% 93,33% 96% 96,78% 97,14% 97,5% 98% 98,4% 99% LO % di raggi UV trasmessi (1/grado FPS) 50% 25% 16,7% 12,5% 10% 6,7% 4% 3,3% 2,8% 2,5% 2% 1,6% 1% SPETTRO DELLA LUCE 800 nm 760 nm Luce infrarossa 700 nm 600 nm Luce visibile 500 nm 400 nm 320 nm Luce ultravioletta 290 nm 200 nm L’esposizione solare: come prevenire i danni. 66 La nocività della luce solare La cute è l’organo più esteso del corpo e fa parte integrante del sistema immunitario. È quindi fondamentale proteggere la pelle da qualsiasi lesione, in particolare dai danni prodotti dagli agenti ambientali, perché se la pelle subisce dei danni il sistema immunitario ne risulta indebolito. Mentre la pelle costituisce un’efficace barriera contro molti agenti ambientali, la sua naturale capacità protettiva contro le radiazioni solari dipende dal fototipo. Inoltre i RUV hanno un potente effetto immunosoppressivo e sono una causa riconosciuta di cancro cutaneo. La luce del sole è composta da cinque tipi di radiazioni. Questi tipi di radiazioni provengo- LE no dal sole sotto forma di onde. La radiazione che fluisce attraverso queste onde si muove in lunghezze d’onda che vanno da 100 nanometri (nm, 10–9 m) ad un milione di nm. Queste lunghezze d’onda delle radiazioni sono la causa di eccessive modificazioni della pigmentazione, delle lesioni pre-cancerose e cancerose, delle rughe e dell’invecchiamento cutaneo. Le radiazioni in queste lunghezze d’onda innescano anche varie reazioni di fotosensibilità. Inoltre ci sono due forme simili di radiazioni emesse da fonti artificiali, le lampade a vapori di mercurio e i saldatori ad arco, che a loro volta sono in grado di danneggiare la pelle. CINQUE FASCE DEI RUV I. Ultravioletti C (UVC): 100-290 nm Gli UVC sono i raggi ultravioletti di lunghezza d’onda più ridotta, da 100 a 290 nm. Sono quelli con maggior potere cancerogeno. Il sole genera le onde UVC, ma l’ozono presente nell’atmosfera è teoricamente in grado di schermarle totalmente. Tuttavia gli UVC potrebbero sempre più costituire un problema per chi vive in luoghi ad alta quota Se la deplezione dello strato di ozono dell’atmosfera dovuto all’inquinamento continuerà ai ritmi attuali, le conseguenze saranno danni di entità tale da minacciare la vita su larga scala. Gli UCV sono causa di gravi danni alla pelle. La pelle esposta a queste radiazioni può ustionarsi gravemente. Le fonti artificiali, come i saldatori ad arco al mercurio e le lampade germicide, emettono raggi ultravioletti C. Queste onde prodotte artificialmente hanno un’elevata efficacia nell’uccidere i germi, infatti sono definite “onde germicide”. II. Ultravioletti B (UVB): 290-320 nm L’attuale sistema di classificazione del FPS si riferisce soltanto a questa specifica lunghezza d’onda. Quella degli UVB è la lunghezza d’onda intermedia dei raggi ultravioletti e causa la comparsa iniziale di eritema a seguito dell’esposizione solare, comunemente detto ustione solare. Gli UVB causano una dolorosa irritazione, danneggiano principalmente l’epidermide, provocando eritema ed ispessimento dello strato corneo (un tentativo dell’organismo di ridurre l’impatto degli UVB sull’epidermide). Un’esposizione eccessiva ai raggi UVB è la causa principale dell’invecchiamento precoce della pelle. Questo tipo di danno è cumulativo ed è in grado di causare la formazione di epiteliomi basocellulari oppure spinocellulari. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 67 LE CINQUE FASCE DEI RUV III. Ultravioletti A (UVA): 320-400 nm Le onde UVA sono quelle con lunghezza d’onda maggiore ed un tempo si pensava fossero sostanzialmente innocue. Si pensava che queste onde fossero responsabili di una “sana abbronzatura”. Attualmente, invece, ci sono prove scientifiche del contrario. I raggi UVA causano un danno cutaneo i cui effetti osservati più frequentemente sono secchezza, pigmentazione irregolare, infiammazione, abbronzatura, comparsa di piccole rughe ed anche tumori. Dato che anche una piccola dose di UVA può penetrare nel sottostante derma, il danno causato a questo livello può provocare comparsa di rughe e perdita del tono cutaneo. Inoltre gli UVA hanno effetti negativi sugli strati più profondi del derma e sotto certi aspetti persino peggiori delle scottature superficiali causate dai raggi UVB. Gli UVA, di fatto, causano perdita di collagene che ha funzione di sostegno della pelle, determinando un invecchiamento precoce. A differenza degli UVB, che hanno lunghezze d’onda inferiori (290-320 nm), gli UVA penetrano facilmente attraverso i vetri delle finestre. È interessante notare che la quantità di raggi UVA che raggiungono la Terra, a differenza degli UVB, rimane essenzialmente allo stesso livello energetico tutti i giorni dell’anno, non importa se al mattino, a mezzogiorno o nel pomeriggio. I raggi UVA che penetrano in profondità causano alla pelle gli stessi effetti nocivi non importa se alle 9 del mattino in un giorno di metà dicembre o alle 4 del pomeriggio in una giornata di metà giugno. Pertanto gli individui che presentano sensibilità alla luce, la cui causa può essere genetica, associata a una patologia (come il lupus o la rosacea), all’uso di farmaci (come certi antibiotici e diuretici) o a una terapia fotodinamica (PDT), richiedono una protezione da tutte le forme di luce nell’intero arco dell’anno, in ogni stagione, ogni giorno e per tutto il giorno. Si stima che a livello del mare i raggi UVA siano presenti in dosi da 10 a 12 volte maggiori rispetto agli UVB. L’aspetto più importante delle radiazioni UVA è il danno tissutale cumulativo conseguente all’azione di questi raggi UV che penetrano in profondità. Gli studi oggi disponibili sostengono la relazione tra l’esposizione a questi raggi e lo sviluppo di epiteliomi, oltre alle lesioni pre-cancerose. Recentemente è stato riferito che la deplezione di vitamina A causata nella cute dall’esposizione ai raggi UVA può contribuire sia al fotoinvecchiamento sia alla cancerogenesi. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 68 LE CINQUE FASCE DEI RUV IV. Luce visibile (400-760 nm) Al livello del mare circa il 50% delle radiazioni solari che ci raggiungono appartengono allo spettro del visibile. Come suggerisce il nome, queste sono le lunghezze d’onda visibili dall’uomo (violetto, indaco, blu, verde, giallo, arancio, rosso) e sono distribuite nel range 400-760 nm. Il livello energetico della luce visibile è più basso rispetto a quello dei raggi ultravioletti. Alcune prestigiose riviste scientifiche quali “Journal of Investigative Dermatology”, “Cancer Research” e “British Journal of Dermatology” hanno pubblicato studi nei quali si dimostra che la luce visibile è in grado di causare reazioni fototossiche, di innescare il cross-linking del DNA e di accelerare la crescita dei tumori. Questi raggi a bassa lunghezza d’onda hanno la capacità di penetrare nella cute ancora più in profondità degli UVA, raggiungendo il derma a tutto spessore. Nondimeno, la luce visibile può essere causa di reazioni cutanee avverse. È quindi un errore pensare che la luce visibile sia del tutto innocua per la pelle. Un’indicazione dell’efficacia della luce visibile come lunghezza d’onda attiva è l’utilizzo che attualmente se ne fa nella terapia fotodinamica (PDT). Questo tipo di terapia sfrutta la luce visibile per il trattamento, ad esempio, del cancro esofageo, di certe forme di cancro al polmone e delle lesioni cancerose e precancerose cutanee. V. Infrarossi: “IR” (oltre 760 nm) La luce infrarossa comprende le onde luminose con lunghezza d’onda comprese tra 760 nm e l’infinito. La maggior parte di esse si trova tuttavia nel range 760-1.800 nm. Questi raggi comprendono oltre il 40% dei raggi solari che raggiungono la Terra a livello del mare. Sono le onde che ci scaldano quando stiamo al sole (percepite come un calore che penetra profondamente) e vengono emesse da stufe, fornaci, lampadine, lampade ad incandescenza, forni e sistemi di riscaldamento per ambienti. Numerosi studi indicano gli infrarossi come responsabili di danno cutaneo. I raggi infrarossi sono noti come causa di alcune forme di cancro (Kang in Cina, Kangri nel Kashmir, Kairo in Giappone e Pit Fire in Irlanda). L’esposizione cronica alla luce ad infrarossi provoca disturbi della pigmentazione, elastosi, fotoinvecchiamento (comparsa di rughe, cedimento, aspetto coriaceo della pelle). L’esposizione solare: come prevenire i danni. 69 È DIMOSTRATO CHE: Altezza del sole: Più alto è il sole nel cielo, più elevato sarà il livello di radiazioni UV. Latitudine: Più ci si avvicina alle regioni equatoriali, più elevati sono i livelli delle radiazioni UV. Grado di nuvolosità: I livelli di radiazioni UV sono maggiori quando il cielo è sereno, ma possono essere alti anche a cielo coperto. Altitudine: Alle maggiori altitudini c’è solo un sottile strato di atmosfera ad assorbire le radiazioni UV. Ozono: L’ozono assorbe alcune le radiazioni UV più dannose, che altrimenti raggiungerebbero la superficie terrestre. Riflessi al suolo: L’erba, il terreno e l’acqua riflettono meno del 10% delle radiazioni UV; la neve fresca riflette circa l’80%; la sabbia asciutta delle spiagge circa il 15%; la schiuma del mare circa il 25%. Le radiazioni UVA possono penetrare attraverso i vetri. Anche le esposizioni casuali al sole mentre si guida, si va a piedi a fare la spesa o a fare una passeggiata si sommano in un effetto cumulativo contribuendo al tempo totale di esposizione cui è sottoposto un individuo nell’arco dell’intera vita e determinando il danno cutaneo. L’ indice UV è una previsione sulla quantità di luce ultravioletta che si pensa possa colpire la superficie terrestre quando il sole è più alto nel cielo. Più alto è l’indice, meno tempo occorrerà alle radiazioni UV per danneggiare la cute e gli occhi. È DIMOSTRATO CHE: Un soggetto su 5 è destinato a sviluppare un tumore cutaneo nel corso della sua vita come conseguenza diretta dell’esposizione al sole. L’estate non è la sola stagione nella quale occorre fare attenzione agli effetti del sole. Il sole può causare danni significativi anche durante i mesi invernali. La neve riflette fino all’80% dei raggi solari, causando scottature e danni alla pelle non protetta. In alta quota il rischio di scottature aumenta in quanto lo strato atmosferico in grado di bloccare i raggi solari è più sottile. Dato che la pelle assorbe le radiazioni UV dal sole, i melanociti, aumentano in dimensioni e numero e vengono trasportati verso gli strati più superficiali della pelle. Questo conferisce alla pelle danneggiata dal sole un aspetto simile al cuoio. Tra i danni causati dalle radiazioni ultraviolette del sole c’è la distruzione permanente della struttura che sostiene la pelle, la comparsa prematura di rughe, le lesioni pre-cancerose, le reazioni indesiderate ai farmaci, i danni oculari, la vasodilatazione, le ustioni ed i tumori cutanei. Le radiazioni ultraviolette sono una fonte significativa di patologie oculari. I raggi invisibili del sole passano attraverso le nubi. Questo rende la pelle esposta alle ustioni solari sia nelle giornate nuvolose che nelle giornate di sereno. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 70 Chi è fotosensibile dal punto di vista medico? Tutti gli individui, in una certa misura e per una determinata durata di tempo, sono sottoposti alle radiazioni solari, ma alcuni individui sono più sensibili di altri. Definizioni: Fotosensibile: Sensibile o sensibilizzato all’azione dell’energia radiante. Fototossico: Sostanza che subisce delle variazioni chimiche in seguito all’interazione con la luce solare, in particolare in seguito all’esposizione ai RUV, causando danni (come ustioni e vescicole) quando a contatto con la pelle. Danno fototossico. Danno indotto da una sostanza fototossica, che non comporta l’attivazione del sistema immunitario. Dermatite fotoallergica. La sostanza chimica si trasforma in allergene in seguito all’interazione con la luce solare, in particolare RUV, causando dermatite fotoallergica a contatto con la cute. La dermatite fotoallergica è mediata dal sistema immunitario ed è legata alla predisposizione individuale del soggetto. A causa delle modificazioni che stanno avvenendo all’ambiente e della deplezione dello strato di ozono, il numero di persone fotoallergiche è in aumento. Fotosensibilità Tutte le seguenti condizioni cutanee richiedono una protezione solare elevata (FPS = 50+) (Colipa) e ad ampio spettro (UVB + UVA): 1. Anamnesi personale e/o familiare positiva per melanoma, tumori cutanei non melanoma e condizioni premaligne. È stata appurata una relazione diretta di causa ed effetto con la luce ultravioletta. 2. Lupus. Il lupus è una malattia cronica infiammatoria che può colpire un singo- lo organo o un sistema. Le manifestazioni cutanee sono molto frequenti. L’ esposizione al sole può causare o accelerare i rash cutanei e, cosa più importante, può esasperare la progressione del lupus, persino determinando un peggioramento delle lesioni di organi interni. 3. Chemioterapia e terapia radiante postoperatoria. I pazienti sottoposti a tali terapie richiedono una protezione solare adeguata, che contribuisce a ridurre al minimo le specifiche reazioni di fotosensibilità farmaco-indotte legate alle chemioterapia ed il danno tissutale conseguente alla terapia radiante. 4. Terapia immunosoppressiva per trapianto. I pazienti che ricevono queste terapie richiedono elevata protezione da tutti i raggi solari nocivi. L’ immunosoppressione dopo trapianto d’organo espone spesso il paziente al rischio di sviluppare un tumore cutaneo. Un paziente trapiantato può sviluppare numerosi piccoli tumori cutanei che pongono seri rischi per la sua salute e, se trascurati, possono persino causarne la morte. 5. “Resurfacing” della pelle, peeling chimico, microdermoabrasione. Queste procedure sono causa di esagerata sensibilità cutanea alle radiazioni solari. Gli individui che si sono sottoposti a queste procedure richiedono una protezione solare costante ed appropriata. 6. Chirurgia estetica del viso e traumi facciali. I pazienti richiedono una protezione totale ad ampio spettro. 7. Vitiligine. Un singolo evento, come un’ustione solare, è in grado di innescare l’esordio della malattia. Le terapie per il trattamento della vitiligine richiedono che i pazienti facciano uso di una protezione ad ampio spettro. 8. Rosacea. Condizione cronica aggravata dall’esposizione al sole. Di solito inizia con un eritema delle guance e lentamen- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 71 te peggiora fino a interessare in maniera persistente una o più zone. 9. Eruzione polimorfa alla luce (EPL). Questa dermatosi acquisita è la più comune tra le fotodermatosi idiopatiche. La EPL è caratterizzata da reazioni anomale ricorrenti alla luce del sole, che comprendono papule eritematose, vescicole e placche, oltre a lesioni eritematose di tipo multiforme sulle superfici esposte al sole. durante il secondo anno di vita e sono annunciati da eruzioni eritemato-squamose nelle aree cutanee esposte al sole, che di solito si risolvono lasciando delle zone di iperpigmentazione o delle cicatrici. 3. Sindrome di Chediak-Higashi: disordine ereditario del sistema immunitario che causa infezioni croniche, deficit della pigmentazione della pelle e degli occhi, sintomi neurologici e morte prematura. 10. Orticaria solare. Reazione anomala alla luce del sole naturale o a quella artificiale. Quando sono esposte al sole, le cellule della pelle di un individuo che soffre di orticaria solare rilasciano potenti mediatori chimici (compresa l’istamina), che determinano a livello dermico vasodilatazione ed edema. Questi pazienti avvertono prurito e sviluppano pomfi e/o vescicole. Tali lesioni possono comparire fino a un’ora dopo l’esposizione al sole e scomparire rapidamente nello stesso arco di tempo. 4. Sindrome di Darier: nota anche come cheratosi follicolare, è un raro disordine genetico che si manifesta prevalentemente attraverso modificazioni cutanee. L’esordio delle modificazioni cutanee avviene di solito nell’adolescenza e la malattia è generalmente cronica. 11. Dermatite atopica. Le aree eczematose sono caratterizzate da eritema, desquamazione, vescicolazione, erosioni ed escoriazioni da grattamento. A livello delle lesioni cronicizzate, è presente lichenificazione (ispessimento cutaneo ed accentuazione della trama cutanea). 6. Albinismo oculocutaneo: disordine ereditario caratterizzato da un deficit di melanina negli occhi, nella pelle e nei capelli. La mancanza di pigmenti negli occhi causa fotofobia (sensibilità alla luce), nistagmo e diminuzione dell’acuità visiva. Malattie genetiche e congenite come causa di fotosensibilità 1. Sindrome di Bloom: raro disordine autosomico recessivo caratterizzato da teleangectasie e fotosensibilità, deficit della crescita ad esordio prenatale, vari gradi di immunodeficienza, aumentata suscettibilità a varie neoplasie in diversi siti. 2. Sindrome di Cockayne: raro disordine ereditario caratterizzato da ritardo nella crescita, fotosensibilità, invecchiamento precoce e morte prematura. L’estensione e la gravità dei sintomi clinici sono variabili da paziente a paziente. I sintomi hanno inizio 5. Dermatomiosite: disordine infiammatorio cronico della pelle e dei muscoli associata a macchie dovute a rash rossastri e piuttosto rilevati o squamosi. 7. Fenilchetonuria: comunemente conosciuta come PKU, è un disordine metabolico ereditario. In questa patologia l’amminoacido fenilalanina nel sangue aumenta fino a livelli allarmanti. Se la PKU non viene curata, l’eccesso di fenilalanina può causare ritardo mentale ed altri gravi problemi di salute. I bambini affetti da PKU classica tendono ad avere pelle e capelli più chiari rispetto ai familiari sani, in quanto la fenilalanina ha un ruolo importante nella pigmentazione della pelle. I bambini affetti da questa patologia sono soggetti a malattie della pelle come l’eczema. 8. Porfiria è un gruppo di varie patologie in cui la produzione di eme è interrotta. Porfiria deriva dal greco “porphyra”, che significa porpora. Quando la produzione L’esposizione solare: come prevenire i danni. 72 di eme è deficitaria avviene una sovrapproduzione di porfirina che conferisce una colorazione rosso-porpora alle urine. Tutte le forme di porfiria sono ereditarie. Le caratteristiche cliniche chiave sono sensibilità cutanea alla luce e/o attacchi acuti intermittenti di dolori addominali e nervosi. 9. Sindrome di Rothmund-Thomson: malattia ereditaria caratterizzata da degenerazione progressiva (atrofia), cicatrici e pigmentazione anomala della cute, oltre a È ritardo nella crescita, calvizie prematura, cataratta giovanile, naso a sella e malformazioni dei denti, dei capelli e delle ossa. 10. Xeroderma pigmentoso (XP): malattia genetica caratterizzata da una sensibilità alla luce così accentuata da sfociare nello sviluppo di tumori cutanei in età molto precoce. I bambini con XP possono giocare in sicurezza all’aperto soltanto di notte. Sono stati per questo chiamati “bambini di mezzanotte” o “bambini dell’oscurità”. DIMOSTRATO CHE: La luce UVA ha effetti immunosoppressivi. Inoltre è stato provato un rapporto diretto tra questi effetti e la carcinogenesi cutanea. I fototipi scuri sono meno soggetti al melanoma rispetto a quelli chiari, mentre le persone con la pelle scura perché abbronzate o perché fanno uso di autoabbronzanti non godono della stessa protezione. Il sistema immunitario è sensibile agli agenti esterni come le radiazioni UV. Le radiazioni UV diminuiscono l’efficacia del sistema immunitario modificando l’attività e la distribuzione delle cellule di Langerhans, che hanno la funzione di innescare la risposta immune. La probabilità di sviluppare un tumore della pelle nel corso della vita è di uno a cinque. Quasi il 50% dei soggetti di età ≥ 65 anni svilupperà un tumore cutaneo almeno una volta nel corso della propria vita. Tra tutti i tipi di tumore, quello della pelle è quello a maggiore prevalenza. Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 250.000 casi. La cute diventa più vulnerabile ai danni del sole dopo un intervento chirurgico e trattamenti come il peeling chimico. Farmaci soggetti a prescrizione e fotosensibilità Sono 400 i farmaci noti come causa di reazioni di fotosensibilità e foto-allergia. La fotosensibilità può essere provocata da farmaci comunemente usati, come certi antibiotici, la pillola anticoncezionale, i diuretici, gli antistaminici, gli antidepressivi e molti retinoidi (come la vitamina A). Farmaci fotosensibilizzanti Antiretrovirali per AIDS Ritonavir Saquinavir Somatropin Antiaritmici Amiodarone Anticonvulsivanti Divalproato Valproato Acido valproico Antibiotici/antimicrobiali/antivirali Acyclovir L’esposizione solare: come prevenire i danni. 73 Azitromicina Cidofovir Ciprofloxacina Clindamicina Demeclociclina Doxiciclina Griseofulvina Norfloxacina Pentosan Sulfametossazolo-trimethoprim Sulfisoxazolo-eritromicina Trovafloxacina mesilato Valaciclovir Antiartritici/analgesici Celecoxib Diclofenac Etodolac Ibuprofene Ketoprofene Meloxicam Naprossene Nabumetone Naprossene sodico Oxycodone Sulindac Sumatriptan Antidepressivi Amitriptilina Desipramina Protriptilina Trimipramina Antiepilettici Oxacarbazepina Antifungini Flucitosina Antistaminici Cetrizina idrocloride Ciproeptadina Difeniramina Antipertensivi Atenololo-clortalidone Benazepril Bisoprololo-idroclorotiazide Clonidina-clortalidone Diltiazem Enalapril Enalapril-felodipina Enalapril-idroclorotiazide Fosinopril Idroclorotiazide Losartan Losartan-idroclorotiazide Moexpril Moexpril-idroclorotiazide Valsartan Antileucemici Pentostatin Antimalarici Idrossiclorochina Antineoplastici Capecitabina Flutamide Levamisolo Porfimer sodico Antiparkinsoniani Selegilina Atipsicotici Carbamazepina Clozapina Perfenazina Proclorperazina Risperidane Thiotixene Ziprasidone Soppressori dell’appetito Sibutramina Antisporiasici Acitretina Tazarotene Antiasmatici/anti-infiammatori Triamcinolone Cardiovascolari Anagrelide idrocloride Atrovastatina Captopril Carvedilolo Fenofibrato Gemfibrozil Lisinopril Ramipril Chemioterapici 5-fluorouracile Interferon alfa-2b Interferon alfa-n3 Trattamento dell’endometriosi Leuprolide Disfunzione erettile Sildenafil citrato L’esposizione solare: come prevenire i danni. 74 Diuretici Clorotiazide Furosemide Idroclorotiazide Idroflumetiazide Metolazone Politiazide Politiazide-prazosina Triamterene Gastrointestinali Mesalamina Rabeprazolo Trattamento della sclerosi multipla Interferon beta-1 a Profilassi del rigetto d’organo Sirolimus Tacrolimus Agenti fotosensibilizzanti Acido aminolevulinico Verteporfin Retinoidi Isotretinoina Tazarotene Agenti salivari Cevimelina Sedativi/ipnotici Zaleplon Miorilassanti Dantrolene Oftalmologici Norfloxacina Metazolamide Pilocarpina Trimethoprim-Polymyxina Le informazioni riportate in questa lista sono tratte da: Physicians’ Desk Reference Companion Guide, Side Effects Index, Photosensitivity, 2002; 1357-1358. Questa lista non comprende i farmaci fotosensibilizzanti con un’incidenza descritta come “rara”, “meno frequente”, “meno comune”, “infrequente”, “occasionale”, “estremamente rara”, o che si verifica in “alcuni individui”, “in un caso”, “almeno in un paziente” o “in casi isolati”. Questa lista non comprende tutti i farmaci in grado di provocare fotosensibilità. La chimica degli schermi solari Definizione di protettivo solare: agente chimico o fisico che protegge la pelle dall’ustione solare e dall’eritema assorbendo o bloccando le radiazioni ultraviolette. Una preparazione, spesso sotto forma di crema o lozione, usata per proteggere la pelle dai raggi ultravioletti del sole. I protettivi solari contengono filtri chimici e/o bloccanti fisici formulati per proteggere la pelle. Questa sezione fornisce brevi descrizioni tecniche su come funzionano i protettivi solari. Schermi fisici Gli schermi fisici rientrano in tre categorie: Bloccanti fisici diretti; Bloccanti indiretti che esplicano un’azione coadiuvante aumentando la distribuzione dei bloccanti diretti; Polimeri, spesso derivati degli amidi, che incrementano in modo sostanziale la lunghezza effettiva del percorso che i raggi solari devono coprire per raggiungere la pelle. Schermi fisici diretti La maggior parte dei fotobloccanti fisici sono composti di metalli che si trovano allo stato naturale, come ferro, cromo, zinco, titanio, ecc. Altri invece, come il bismuto, sono prodotti dall’uomo. Oltre alle loro proprietà fotoprotettive, queste sostanze sono di aiuto per prevenire le irritazioni causate dal vento e i danni conseguenti dalle micro particelle di polvere e sporco trasportate dal vento. Un’ulteriore proprietà significativa di questi bloccanti fisici è la loro capacità di offrire una difesa contro i raggi infrarossi (calore) in due modi diversi: Le particelle grandi abbastanza da essere visibili (cioè di riflettere la luce visibile) riflettono e rifraggono anche le onde infrarosse più dannose per la pelle (760-1.800 nm). Indipendentemente dalla grandezza delle particelle, queste sostanze a base di metalli hanno una funzione di “abbattimento del calore” e pertanto riducono gli effetti nocivi del calore sulla pelle. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 75 Biossido di titanio Il biossido di titanio è ampiamente utilizzato nella cosmesi come pigmento bianco in polvere. Lo scopo di inserire una certa quantità di particelle di titanio è di conferire opacità ai prodotti che lo contengono e di dare luce (o rendere bianco) al loro colore. Il biossido di titanio opaco riflette e disperde in gran misura tutti i raggi UV e la luce visibile. Riflette anche la luce infrarossa. La sua azione è astringente, calmante, rinfrescante e di prevenzione dell’invecchiamento cutaneo. Per essere foto-stabilizzato, il biossido di titanio deve essere rivestito a livello microscopico di sostanze protettive come il silicio o l’ossido di alluminio. Dato che il biossido di titanio si distribuisce scarsamente sulla pelle, è necessario modificarlo in modo da assicurare che il suo strato protettivo sia distribuito in modo uniforme sulla superficie della pelle. Per ottenere accettabilità ed utilità cosmetica, oltre a rivestire il biossido di titanio, lo si inserisce in una formulazione in grado di assicurarne un’applicazione buona ed uniforme. I prodotti contenenti grandi quantità di particelle di biossido di titanio con l’applicazione formano una patina bianca ed opaca sulla pelle. Per renderla invisibile, è possibile sub-micronizzare la polvere di biossido di titanio. Il processo di submicronizzazione forma minuscole particelle che creano efficacemente una più ampia superficie con maggiore capacità di assorbire la luce visibile. Questo permette al prodotto risultante di offrire una protezione solare altamente efficiente che aiuta a proteggere la pelle in larga misura dalle radiazioni UVB e UVA, ma rimanendo invisibile sulla pelle. Il biossido di titanio trasparente (sub-micronizzato) agisce assorbendo, riflettendo e disperdendo la maggior parte dei raggi UVB ed alcuni raggi UVA. Tuttavia, la protezione contro i raggi UV, visibili e infrarossi è limitata in modo significativo quando il biossido di titanio è l’elemento protettivo primario. Ossido di zinco L’ossido di zinco è conosciuto e utilizzato da secoli a livello topico come protettivo della pelle e coadiuvante nella guarigione delle ferite. È riconosciuto come moderato agente antimicrobico. Da oltre 50 anni l’ossido di zinco viene utilizzato come bloccante della luce ultravioletta (UVB e UVA). Come il biossido di titanio, questa sostanza riflette la luce infrarossa sulla pelle, ma ha una maggiore capacità di protezione dagli UVA rispetto al biossido di titanio. L’ossido di zinco assorbe più che disperdere la maggior parte delle radiazioni UVA, mentre il biossido di titanio ha un’azione principale di dispersione di queste lunghezze d’onda. Pertanto, formulato in combinazione con biossido di titanio, l’ossido di zinco ultrafine “chiude la finestra” alla gamma dei raggi UVA. L’ossido di zinco ha sia un’azione complementare alla protezione fornita dal biossido di zinco, sia di estensione della fotoprotezione della pelle nei casi in cui il biossido di titanio è insufficiente. La dimensione ottimale delle particelle dell’ossido di zinco per un’azione bloccante dei raggi ultravioletti (ma non della luce visibile) è di circa 80-150 nanometri (1.000 nanometri = 1 micron). Ossidi di ferro Di solito si considera l’ossido di ferro in due forme: come ruggine che si forma sul ferro esposto agli agenti atmosferici oppure nelle formulazioni cosmetiche, in cui è impiegato per dare il colore desiderato ad uno strato coprente. Anche se non hanno l’approvazione di alcune Autorità Regolatorie (Food and Drug Administration) come ingredienti attivi dei filtri solari, molte aziende utilizzano gli ossidi di ferro per i loro filtri solari. Gli ossidi di ferro per uso cosmetico sono prodotti artificialmente per ottenere livelli molto alti di purezza, nonché il colore e la dimensione delle particelle desiderati. I pigmenti di ossido di ferro per uso cosmetico sono polveri micronizzate. Grazie al controllo della purezza, delle dimensioni delle particelle, della temperatura e della velocità di essiccazione durante la produzione, essi sono attualmente disponibili in molte sfumature e toni di rosso, giallo, nero e marrone (e composti di questi colori). Questi pigmenti cosmetici, se aggiunti a concentrazioni adeguate e dispersi appropriatamente, non solo aggiungono colore alla lozione (o crema, polvere, ecc.), ma contribuiscono in modo significativo alla protezione nei confronti di molte radiazioni luminose. Gli ossidi di ferro ultra-submicronizzati non solo proteggono dalle onde luminose visibili ma aggiungono anche un po’ di colore al prodotto L’esposizione solare: come prevenire i danni. 76 finito. Questo consente il raggiungimento di livelli più elevati di protezione dalle onde infrarosse contribuendo anche a migliorare l’aspetto della preparazione finale. Gli ossidi di ferro submicronizzati hanno dimostrato anche un considerevole effetto di blocco dei raggi ultravioletti, ad ulteriore complemento degli agenti con funzione principale di blocco dei raggi UV. Schermi fisici indiretti adiuvanti Esempi di queste particelle sono il talco o la mica allo stato naturale. Questi minerali sono costituiti solitamente da particelle di forma piatta e ovale, di dimensioni molto piccole ma comunque molto più grandi rispetto a quelle dei bloccanti fisici diretti. Una porzione molto piccola di particelle di bloccanti fisici diretti ricopre il più grande e piatto talco (mica, ecc.). Essendo piatte e lisce, le particelle di talco ricoperte scivolano facilmente le une sulle altre, sovrapponendosi ed aumentando efficacemente la copertura protettiva sulla pelle. Polimeri I polimeri possono essere sostanze naturali estratte dalle piante, sostanze seminaturali modificate o derivate da prodotti animali (ad esempio la chitina modificata, estratta dai gusci dei gamberetti), oppure sostanze sintetiche come il nylon micronizzato. Certi polimeri, se inseriti sapientemente in una preparazione fotoprotettiva, creano una struttura a gabbia che costringe i raggi ultravioletti e quelli della luce visibile (100-760 nm) a passare attraverso un “labirinto” invece di raggiungere direttamente la pelle. Questo percorso allungato aiuta a proteggere la pelle da questi raggi impedendo al alcuni raggi di raggiungere la pelle, facendo sì che altri raggi raggiungano la pelle dopo che parte della loro energia si è dissipata ed aumentando il tempo di contatto tra i raggi e i filtri organici o bloccanti fisici. Questi polimeri (che, per inciso, migliorano anche la sensazione sulla pelle del prodotto cosmetico finito) forniscono di per sé una modesta fotoprotezione. Aiutano a difendere la pelle dal vento e dalla polvere e dall’inquinamento. Nondimeno, in presenza di agenti fotoprotettori attivi, questi polimeri sono in grado di aumentare da 3 a 5 volte il fattore di protezione solare (FPS). Assorbenti chimici/filtri organici I filtri solari chimici (noti anche come filtri organici) sono di solito solubili in olio o in acqua e filtrano le radiazioni UVB o UVA con gradi di efficienza variabili. Nessun filtro organico blocca completamente i raggi UVB o UVA. Inoltre, l’effettiva protezione offerta da qualsiasi prodotto per la protezione solare è legata direttamente al loro livello di concentrazione, allo spessore dello strato applicato sulla pelle e all’accurata, totale copertura delle zone di cute fotoesposta. Gli assorbenti chimici maggiormente impiegati nei filtri solari comprendono: Salicilato di ottile I salicilati sono la più vecchia classe di filtri solari e tra questo il salicilato di ottile è il più ampiamente usato. Sebbene assorba esclusivamente e in misura limitata i raggi UVB, il suo utilizzo nelle formule offre diversi vantaggi, tra cui: è virtualmente privo di effetti irritanti e sensibilizzanti sulla pelle; dal punto di vista cosmetico, è un “olio” emolliente di facile gestione che funge da buon solvente (solubilizzatore) per altri filtri solari organici solidi come i benzofenoni. Dimetile di ottile PABA (Padimato O) Questo assorbente oleoso di UVB è il più efficiente per la copertura che offre nei confronti di questo tipo di raggi ultravioletti. Ha la massima efficacia di assorbimento sulle massime frequenze, quelle cioè che hanno effetto ustionante (310-312 nm). È stato il filtro solare più diffuso fino a quando sono stati riportati degli effetti avversi di fotosensibilizzazione che ne hanno ridotto l’uso. Il Padimato O è un derivato dell’acido 4-aminobenzoico (PABA), da cui però si differenzia. Il materiale purificato attualmente utilizzato è essenzialmente privo di PABA. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 77 Metossicinnamato di ottile Attualmente questo liquido oleoso è l’assorbente di raggi UVB organico più ampiamente utilizzato al mondo. È secondo per efficienza al Padimato O, ma offre una protezione più ampia (300-315 nm) nel range degli UVB eritematogeni. Ha un buon livello si sicurezza documentato ed è relativamente facile da formulare. Inoltre ha un’azione emolliente e non è solubile in acqua. Aderisce tenacemente alla pelle. Metil-antranilato Un assorbente collaudato e sicuro, ma nel complesso debole. Il metil-antranilato assorbe le onde che vanno dai raggi UVB di lunghezza d’onda di 300 nm fino agli UVA (fino a circa 340 nm). Può in qualche modo migliorare l’assorbimento dei raggi UVB e di quelli UVA con lunghezza d’onda più bassa (320-340 nm) da parte di agenti assorbenti più efficaci. Ossibenzone (benzofenone-3) e Sulisobenzone (benzofenone-4) Queste due sostanze sono strettamente legate agli assorbenti solidi (in polvere). L’ossibenzone non è solubile in acqua, ma la sua forma acida, il sulisobenzone, può essere resa solubile in acqua se neutralizzata. Anche se questi composti sono classificati come assorbenti UVA, assorbono anche gli UVB. Nel complesso offrono solo una modesta protezione dai raggi UVB e da parte dei raggi UVA (320-360 nm). Sono piuttosto stabili e possono accrescere l’efficacia di assorbenti UVB più forti. Avobenzone (Parsol® 1789) Questo agente solido (in polvere) presenta un assorbimento marginale dei raggi UVB e dei raggi UVA a più bassa frequenza (320-360 nm). Fornisce un buon assorbimento dagli UVA di lunghezza d’onda compresa tra 330 e 340 nm ed un ottimo assorbimento del range di UVA da circa 370 nm. A quel livello perde rapidamente di efficacia. A causa della sua potenziale azione irritativa, il suo uso è permesso soltanto a basse concentrazioni. Di conseguenza questo limita l’effettivo livello di protezione ottenibile. Inoltre l’avobenzone, in presenza della luce solare, può trasformarsi facilmente nella sua forma inattiva e perdere abbastanza rapidamente più di un terzo della sua forma attiva. Pertanto l’avobenzone (Parsol® 1789) offre un’utile ma limitata protezione dai raggi UVA. La sua utilità può essere incrementata combinandolo con assorbenti dei raggi UVB e con degli agenti fisici di protezione, come l’ossido di zinco. Ottocrilene È un assorbente dei raggi UVB e UVA con azione emolliente e resistente all’acqua. L’ottocrilene è uno schermo solare relativamente debole, ma offre protezione da alcuni raggi UVB e dagli UVA a più bassa frequenza (320-350 nm). Cosa più importante, l’ ottocrilene è un assorbente molto stabile ed esercita un’azione sia di protezione sia di aumento dell’efficacia di altri assorbenti dei raggi UVB; inoltre migliora la loro capacità di fornire una copertura uniforme della pelle. Ingredienti attivi per i filtri solari approvati dalla FDA Ingredienti attivi dei filtri solari con codice Sec. 352.10 Acido aminobenzoico (PABA) fino al 15% Avobenzone fino al 3% Cinoxato fino al 3% Dioxibenzone fino al 3% Omolasato fino al 15% Metil antranilato fino al 5% Ottocrilene fino al 10% Metossicinnamato di ottile fino al 7,5% Salicilato di ottile fino al 5% Ossibenzone fino al 6% Padimato O fino all’8% Acido solfonico fenilbenzimidazolo fino al 4% Sulisobenzone fino al 10% Biossido di titanio fino al 25% Trolamina salicilato fino al 12% Ossido di zinco fino al 25% Ecamsule (Mexoryl) L’esposizione solare: come prevenire i danni. 78 Protettori cellulari I filtri solari contengono anche sostanze che aiutano a proteggere la pelle dai danni non visibili causati dal sole. Le radiazioni UVA penetrano in profondità nella pelle e danno inizio ai processi ossidativi a livello cellulare. L’esposizione agli UVA determina modificazioni della pigmentazione, come l’abbronzatura, ma anche le macchie iperpigmentate. Varie forme dell’ossigeno rappresentano i radicali liberi che danneggiano le cellule, compresi l’anione superossido O2 e i radicali ossidrili OH, sono rilasciati direttamente per induzione dagli UVA. Questo produce il danno cellulare, in particolare mediante la perossidazione dei lipidi di membrana. La formazione di perossido di idrogeno, causa un ulteriore danno cellulare. L’azione principale degli UVA consiste nel conferire energia alle molecole della pelle, compreso l’ubichinone (Coenzima Q10). Queste molecole interagiscono con l’ossigeno causando la produzione delle sopracitate forme altamente reattive dell’ossigeno degradando il DNA cellulare. Segno evidente del danno causato dagli UVA sono inizialmente le ustioni (in questo caso si aggiungono all’azione ustionante degli UVB), poi compaiono infiammazioni ed imbrunimento inscurimento della cute. In seguito contribuiscono all’invecchiamento della pelle (photoaging) ed alla comparsa di tumori cutanei. La Skin Cancer Foundation ha dimostrato che la deplezione della vitamina E nella pelle causata dall’esposizione ai raggi UVA è in grado di contribuire sia al photoaging che alla formazione di tumori cutanei. Protezione cellulare attiva e di sostegno La prima linea difensiva consiste nel proteggere la pelle dagli effetti avversi degli UVB e degli UVA. Per gli UVB (290-320 nm) concentrazioni adeguate di filtri solari ottengono un fattore di protezione (FPS) pari a 30 o più. Diversi assorbenti chimici daranno una protezione moderata (non adeguata) contro la metà più bassa dello spettro UVA (320350/360 nm). L’elemento chimico in grado di assorbire gli UVA più utilizzato, il Parsol® 1789 (avobenzone), offre una buona protezione da una più ampia porzione della regione UVA (fino a circa 370-374 nm), ma è ancora incompleto ed è ritenuto foto-instabile, cioè va incontro ad una rapida degradazione conseguentemente all’esposizione alle radiazioni UV. Cosa ancora più preoccupante, è che i filtri solari contro gli UVB possono essere degradati da un meccanismo di fotosensibilizzazione dell’avobenzone. In altre parole l’avobenzone sembra non soltanto perdere rapidamente la capacità fotoprotettiva dagli UVA, ma può in pratica diminuire il livello di protezione dei filtri solari UVB. Queste notizie devono spingere a formulare molto accuratamente i prodotti ed a testarli adeguatamente. In particolare devono essere aggiunte molecole stabilizzanti quando si inserisce l’avobenzone in un prodotto di protezione dai raggi UV. Per aumentare la protezione contro il danno cellulare causato dai raggi UVB ed UVA, occorre introdurre dei bloccanti fisici, come gli ossidi di ferro, il biossido di titanio e l’ossido di zinco, oltre agli estensori (particelle che estendono l’efficacia delle particelle più piccole dell’ossido di ferro, del biossido di titanio e dell’ossido di zinco) come la mica ed il talco. È essenziale che questi protettori fisici siano inseriti a concentrazioni adeguate per ottenere una protezione completa per periodi prolungati. I protettori cellulari supplementari non hanno la funzione dei principali assorbenti UV (anche se alcuni possono dimostrare una certa capacità di assorbimento nello spettro UVBUVA). Essi agiscono invece direttamente e indirettamente nel prevenire i danni cellulari. Qui di seguito viene riportata una lista parziale di esempi di protettori cellulari comunemente utilizzati nei filtri solari. Non si tratta di una lista completa, ma piuttosto una rassegna di protettori cellulari con diverse modalità o siti di protezione attiva. Vitamina E Nel suo stato attivo puro “naturale”, come il tocoferolo, la vitamina E protegge i prodotti dall’ossidazione, ma è troppo reattiva per mantenere un’attività adeguata nella pelle se applicata a livello topico. Fortunatamente la cute è in grado di metabolizzare L’esposizione solare: come prevenire i danni. 79 forme più stabili della vitamina E dalle quali è possibile rilasciare il tocoferolo i caso di necessità. Il tocoferil-acetato ed il tocoferillinoleato sono le forme più diffuse tra quelle usate nei filtri solari. Come antiossidante solubile in olio, il tocoferolo offre alle cellule cutanee una considerevole protezione. La vitamina E “rompe” la catena reattiva dei radicali liberi prima che questi possano causare la distruzione delle membrane cellulari indotta dalla perossidazione. Tuttavia richiede la presenza di un agente rigeneratore, una sostanza che prevenga la sua rapida deplezione. La vitamina C, (vedi sotto) è uno di questi agenti rigeneratori. Vitamina C La vitamina C (acido ascorbico) è uno degli antiossidanti più efficaci disponibili ed è usata nei filtri solari per rigenerare la vitamina E liposolubile in modo tale che mantenga la sua attività di protezione della membrana cellulare. La vitamina C è disponibile in molte forme, alcune delle quali sono idrosolubili (per esempio l’acido ascorbilfosfato), mentre altre sono lipo-solubili, come l’ascorbil palmitato. L’ascorbil palmitato applicato localmente ha anche dimostrato un’azione di protezione contro le ustioni da raggi UVB ed ha un’attività antinfiammatoria. Le combinazioni dei composti con vitamina C e vitamina E sembrano offrire una maggiore protezione contro l’insulto cellulare conseguente all’esposizione ai raggi UVB e/o UVA rispetto ad uno solo dei due agenti ossidanti. Inoltre la vitamina C protegge moderatamente dal danno da UVB ed anche contro la fototossicità indotta dagli UVA. Beta-carotene Questo precursore della vitamina A è un pigmento giallo-arancio/arancio-rosso lipo-solubile e si trova nella maggior parte delle verdure. Il beta-carotene è un eccellente estinguente dell’ossigeno singoletto (radicale libero) e dei radicali liberi che partecipano alla perossidazione dei lipidi. Secondo quanto riportato, il beta-carotene è valido nel trattamento della protoporfiria eritropoietica (EPP), una malattia che causa fotosensibilità alle frequenze più elevate degli UVA ed al range di luce visibile (380560 nm). Inoltre esiste la prova che il betacarotene inibisce la carcinogenesi favorita dai raggi ultravioletti. Antocianidi/Protoantocianidi Questi antiossidanti similbioflavonoidi si trovano nei vegetali come la corteccia di pino (il pino marittimo produce un proantocianide, venduto sotto il marchio commerciale Picnogenolo) e nell’uva. Questi composti sono i più attivi estinguenti dei radicali liberi tra quelli conosciuti. Gli antocianidi accrescono l’azione degli ascorbati (vitamina C) e integrano le qualità protettive del tocoferolo (vitamina E). Numerosi lavori pubblicati in letteratura descrivono la capacità di questi bioflavonoidi antiossidanti altamente specializzati non solo nel potenziare la vitamina C e nel proteggere le cellule e il tessuto collageno, ma anche nel rafforzare i vasi sanguigni e nel mantenere sani i capillari. Selenio Numerose pubblicazioni mediche, farmaceutiche e nutrizionali descrivono la capacità del selenio, in dosi molto basse, di contribuire alla prevenzione dei tumori, compresi quelli della pelle, di agire come antinfiammatorio e di fungere da adiuvante nella riparazione del DNA cellulare. Le pubblicazioni riferiscono anche che il selenio riduce la reattività delle cellule cutanee all’esposizione ai raggi UV. I composti complessi del selenio applicati localmente a concentrazioni inferiori allo 0,05% favoriscono una riduzione significativa del danno cutaneo da UV (osservabile grazie a una riduzione delle infiammazioni, una minore pigmentazione ed un ritardo nella comparsa dei tumori cutanei). Chelanti I chelanti sono composti che legano i metalli, in particolare il ferro, e ne impediscono l’interazione con altri materiali. Alcuni chelanti si formano naturalmente, altri sono sintetizzati. I chelanti del ferro proteggono contro il danno cellulare dei radicali liberi dell’ossigeno. Esempi di composti chelanti sono l’orto- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 80 fenantrolina, l’acido edetico (e i suoi sali/derivati) e la dipiridilamina. È stato riferito che l’applicazione topica dei chelanti precedente all’esposizione ai raggi UV riduce e/o ritarda la comparsa di rughe visibili causate dall’esposizione agli UV e la formazione di tumori. Fotoprotettori ed adiuvanti cellulari vari Alcune sostanze proteggono le cellule cutanee per via indiretta dai danni causati È dalle onde luminose trattenendo gli assorbenti dei raggi UV sulla superficie cutanea, come l’octildodecil neopentanoato, oppure formando una pellicola con struttura a “labirinto” (matrice) che si lega tenacemente alla superficie cutanea. Queste sostanze, come gli acrilati/copolimeri ottilpropenamide e l’amido ottenilsuccinato di alluminio allungano significativamente il percorso della luce verso le pelle, riducendo così la capacità della luce di danneggiare le cellule cutanee. DIMOSTRATO CHE: I filtri solari hanno una provata capacità di prevenire i carcinomi squamocellulari. Per alcune aree specifiche occorre considerare prodotti specifici (per esempio viso e decolleté sono esposti significativamente di più rispetto alla schiena ed all’addome). Protezione solare ad ampio spettro anche che assicurino un fattore di protezione solare elevato. Tale caratteristica è importante, non solo per i pazienti affetti da condizioni di fotosensibilità ma anche per chiunque voglia mantenere efficiente il proprio sistema immunitario e contribuire alla prevenzione dei tumori cutaFPS 60 e FPS 65 nei. In particolare, “ampio spettro” significa che la protezione si Riflessione Riflessione estende dallo spettro dei raggi UVB (290-320 nm) allo spettro degli UVA (320-400 nm). FPS 60 e FPS 65 Alcuni prodotti ad ampio spetGli UVB (290-320 nm) tro offrono una protezione solo provocano eritema e danni epidermici parziale dai raggi UVA nel range dei 340-400 nm. Gli UVA (320-400 nm) provocano un danno dermico profondo, I prodotti con elevato FPS con(formazione di rughe, tenenti degli assorbenti degli invecchiamento precoce e tumori cutanei) UVB e ossido di zinco o biossido di titanio, avobenzone o altri Strato sottocutaneo benzofenoni forniscono una buona protezione contro le lunghezze d’onda comprese nel range 290-400 nm. Figura ? La pelle, il sole e le formulazioni Fallene con FPS 60 e 65. Molti filtri solari offrono una protezione dagli UVA/UVB “ad ampio spettro”, ma è importante L’esposizione solare: come prevenire i danni. 81 È FALSO DIMOSTRATO CHE: VERO L’abbronzatura è salutare L’abbronzatura deriva da un meccanismo di difesa dell’organismo contro ulteriori danni provocati dalle radiazioni UV L’abbronzatura protegge dal sole Un colorito scuro su una pelle chiara offre solo un FPS pari a 4 Non è possibile scottarsi con il cielo nuvoloso Fino all’80% delle radiazioni solari UV possono penetrare attraverso uno strato leggero di nubi. La foschia nell’atmosfera può persino aumentare l’esposizione alle radiazioni UV. Le radiazioni UV durante l’inverno non sono pericolose Le radiazioni UVB sono generalmente più basse nei mesi invernali, ma l’effetto riflettente della neve può raddoppiare l’esposizione totale, specialmente ad alta quota. I filtri solari forniscono una protezione che consente di stare in acqua molto più a lungo I filtri solari non sono fatti per aumentare il tempo di esposizione al sole ma per aumentare la protezione durante l’inevitabile esposizione. La protezione che garantiscono dipende in modo essenzialmente dalla corretta applicazione. Se si fanno regolari pause durante i bagni di sole si evitano le scottature Durante il giorno le radiazioni UV sono cumulative. Se non si sente il calore dei raggi solari non ci si scotta Le scottature sono provocate dalle radiazioni UVB, che non possono essere avvertite. La maggior parte del calore è prodotto dalle radiazioni visibili e infrarosse e non dalle radiazioni UV. In acqua non ci si scotta L’acqua offre solo una protezione minima dalle radiazioni UV e l’azione di riflettente dell’acqua può aumentare l’esposizione alle radiazioni UV. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 82 DOMANDE FREQUENTI Che cos’è un’ustione solare L’ustione solare è un’infiammazione della pelle causata da sovraesposizione alle radiazioni ultraviolette UVB) del sole. Un’ustione simile può essere conseguente alla sovraesposizione a una lampada solare abbronzante. La radiazione UV può danneggiare anche gli occhi, anche se esternamente non è visibile alcuna ustione. L’ustione solare può provocare danni permanenti? Sì, le ustioni in età precoce aumentano il rischio di sviluppare un tumore cutaneo in età successiva. La sovraesposizione ripetuta ai raggi ultravioletti può anche essere causa di comparsa di cicatrici, lentiggini, secchezza e rughe. Inoltre la sovraesposizione frequente ai raggi ultravioletti può aumentare il rischio di cataratta e degenerazione maculare, una delle principali cause di cecità. Quali sono i sintomi dell’ustione solare? Per prima cosa la pelle diventa eritematosa, edematosa e calda. Toccare o sfregare la pelle causa dolore. Siccome il calore provoca perdita di liquidi, la vittima di un’ustione solare può anche subire disidratazione. Per diversi giorni dopo l’esposizione la pelle può essere edematosa, presentare delle vescicole ed andare incontro alla formazione di erosioni. Alcuni soggetti sviluppano rash cutanei. I sintomi dell’ustione solare possono essere lievi, moderati o gravi, principalmente secondo i seguenti parametri: 1. Il fototipo della persona affetta. 2. Il momento, la durata, il luogo e l’altitudine dell’esposizione. 3. I farmaci assunti dal soggetto. 4. I prodotti che il soggetto ha utilizzato. Nei casi di ustione grave il paziente può presentare febbre, nausea, brividi, debolezza, tachicardia, respiro frequente, shock e perdita di conoscenza. Ovviamente questi sintomi richiedono un trattamento di emergenza. Chi è più suscettibile alle ustioni solari? I soggetti con particolari anomalie della pigmentazione (come l’albinismo) e le persone con pelle chiara sono a più alto rischio di ustioni solari. La classificazione dei fototipi secondo Fitzpatrick, universalmente accettata, suddivide i tipi di pelle in sei categorie (in termini di suscettibilità) con colori della pelle da chiaro a scuro. Questi tipi di pelle sono i seguenti: Tipi 1 e 2: Elevata suscettibilità alle ustioni solari Tipi 3 e 4: Suscettibilità moderata alle ustioni solari Tipi 5 e 6: Suscettibilità minima o nulla alle ustioni solari L’esposizione solare: come prevenire i danni. 83 CLASSIFICAZIONE DI FITZPATRICK Tipo di pelle Colore DEI TIPI DI PELLE FOTOREATTIVI Reazione agli UVA Reazione al sole Tipo I Caucasico; capelli Molto sensibile biondi o rossi, lentiggini, pelle chiara, occhi azzurri Si ustiona sempre facilmente, non si abbronza mai; tono della pelle molto chiaro Tipo II Caucasico; capelli Molto sensibile biondi o rossi, lentiggini, pelle chiara, occhi azzurri o grigi Di solito si ustiona facilmente, si abbronza con difficoltà: tono della pelle chiaro Tipo III Caucasico più scuro, asiatico chiaro Sensibile Si ustiona leggermente, si abbronza gradualmente; tono della pelle da chiaro a medio Tipo IV Mediterraneo, asiatico, ispanico Poco sensibile Si ustiona raramente, si abbronza sempre bene; tono della pelle medio Tipo V Medio-orientale, latino, nero con la pelle chiara, indiano Sensibilità minima Si ustiona molto raramente, si abbronza molto facilmente; tono della pelle olivastro o scuro Tipo VI Nero con la pelle scura Nessuna sensibilità Non si ustiona mai, pigmentazione profonda, tono della pelle molto scuro L’esposizione solare: come prevenire i danni. 84 Che cos’è la luce ultravioletta (UV)? La luce UV è una radiazione energetica sotto forma di onde luminose invisibili. La luce UV è emessa sia dal sole sia dalle lampade abbronzanti. Il sole emette tre tipi di radiazioni ultraviolette: le ultraviolette A (UVA) le ultraviolette B (UVB) e le ultraviolette C (UVC) Solo le UVA e UVB raggiungono la terra (le UVC non attraversano la parte superiore dell’atmosfera). Sebbene la ricerca abbia a lungo indicato gli UVB come la forma più probabile di UV in grado di danneggiare la pelle e di provocare tumori cutanei, studi recenti suggeriscono che anche gli UVA sono dannosi. Le lampade abbronzanti producono radiazioni UVA e/o UVB. Questi raggi artificiali colpiscono la pelle tanto quanto gli UVA e gli UVB provenienti dal sole. Quando e dove le radiazioni UV sono più intense? Le radiazioni UVB sono più intense a mezzogiorno e nelle ore immediatamente prima e dopo (tra le 10 del mattino e le 3 del pomeriggio), in particolar modo a tarda primavera, in estate e nella prima parte dell’autunno. Anche se sono meno concentrati in altri periodi del giorno e dell’anno, gli UVB e UVA possono comunque danneggiare la pelle e gli occhi, anche a inverno inoltrato. I raggi UVA sono sempre gli stessi, tutto il giorno, tutti i giorni, per tutto l’anno. Anche i raggi UVB crescono in intensità con l’altitudine e la latitudine. Maggiore è l’altitudine, più grande è la concentrazione di raggi UVB. Allo stesso modo, i raggi sono più potenti man mano che ci si avvicina all’equatore. I raggi UV “rimbalzano” sulle superfici riflettenti come l’acqua la sabbia e la neve. Pertanto uno sciatore, un nuotatore, un pescatore o una persona che frequenta la spiaggia possono essere colpiti dai raggi UV dall’alto e dal basso. Quale è il significato dell’abbronzatura? La pelle contiene un pigmento detto melanina, che ne determina il colore conferendo la varietà di toni che conosciamo. La melanina impedisce che almeno alcuni dei raggi UV penetrino nella pelle. Dopo ripetute o prolungate esposizioni ai raggi UV la pelle produce più melanina. Di conseguenza la pelle si scurisce, o si abbronza. Le malattie possono aumentare la sensibilità ai raggi UV? Alcune malattie possono aumentare il rischio di danni cutanei conseguenti alle radiazioni UV. Di seguito sono elencate alcune anomalie che aumentano la sensibilità della pelle alle radiazioni UV: Albinismo: Le persone con classico albinismo oculocutaneo sono privi di melanina nella pelle e negli occhi. Senza la protezione di questo pigmento la pelle e gli occhi sono entrambi sensibili agli UV e altamente esposti ai danni da radiazioni. Porfiria: Le porfirie sono dei disordini degli enzimi specifici necessari per il metabolismo dell’eme. I pazienti affetti da questo disordine producono quantità patologicamente grandi di sostanze dette porfirine. La stimolazione delle porfi- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 85 rine nella pelle provocato dai raggi UV causa danni e formazioni di cicatrici cutanee. Questo danno cutaneo è una caratteristica di rilievo di diverse forme di porfiria, come la porfiria cutanea tarda, la coproporfiria ereditaria, la porfiria variegata e, in particolare, la porfiria eritropoietica congenita. Vitiligine: La vitiligine è un disordine relativamente comune che causa la formazione di macchie bianche depigmentate. Queste macchie mancano di melanina e sono estremamente sensibili ai raggi UV. Xeroderma pigmentoso: Questo disordine sembra essere conseguente a un’ipersensibilità ereditaria agli effetti cancerosi della luce ultravioletta. La luce del sole causa un danno al DNA che normalmente viene riparato. Le persone affettee da questa condizione hanno un’incapacità di riparare il DNA dopo un danno da radiazioni UV. Gli individui affetti da xeroderma pigmentoso sono cento volte più a rischio di sviluppare tumori cutanei rispetto alla popolazione generale. La loro estrema fotosensibilità li predispone a un marcato danno cutaneo e alle cicatrici, ma anche all’esordio precoce di tumori cutanei (carcinoma a cellule basali ed a cellule squamose, melanoma maligno). Che cos’è il bloccante fisico? Il bloccante, o schermo, fisico è un ingrediente che riflette porzioni dello spettro luminoso, in particolare i raggi UVB e UVA, formando una barriera sulla superficie della pelle. Che cos’è un filtro chimico? Un filtro chimico è un ingrediente che, restando sulla superficie della pelle, assorbe porzioni dello spettro luminoso. La maggior parte dei filtri chimici offre una protezione molto modesta, se non nulla, dalle radiazioni UVA; tipicamente offrono protezione dagli UVB. Qual è la differenza tra i bloccanti fisici ed i filtri chimici? I bloccanti fisici, che offrono una protezione dal sole ad ampio spettro, sono visibili sulla pelle, anche se si trovano allo stato micronizzato. I filtri solari sono migliori dal punto di vista estetico ma non offrono una protezione dagli UV paragonabile a quella dei bloccanti fisici. Quali tipi di tumori possono causare i raggi UV? La sovraesposizione ai raggi UV può provocare tre varietà di tumore cutaneo: il melanoma maligno, il carcinoma a cellule basali ed il carcinoma a cellule squamose. Il melanoma maligno è di gran lunga la forma più pericolosa di tumore cutaneo. Questa forma di cancro generalmente ha inizio da una lesione simile ad un nevo. I bordi del nevo assumono una forma irregolare. Il nevo è nero o marrone e qualche volta rosso, bianco o blu oppure un misto di questi colori. Il melanoma può metastatizzare rapidamente. Con una diagnosi precoce il melanoma è curabile. Se la diagnosi è tardiva, il melanoma è potenzialmente letale. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 86 I tumori a cellule basali e squamose sono a crescita lenta e hanno una probabilità moto più bassa di metastatizzare rispetto al melanoma. In particolare, il carcinoma a cellule basali non metastatizza quasi mai anche se è caratterizzato da invasività locale, mentre quello a cellule squamose può metastatizzare e mettere a rischio la vita del paziente se non diagnosticato precocemente. Il carcinoma a cellule basali (basalioma) è costituito da macchie piatte di colore perlaceo con bordi traslucidi e con una rientranza al centro. Può sanguinare. Di solito compare sulla testa, sul collo, nella parte superiore del tronco e sulle mani. Se ignorati, questi tumori possono provocare considerevoli danni a livello locale. Il carcinoma a cellule squamose (spinalioma) è costituito da macchie ruvide o da aree squamo-crostose sulla pelle che non si staccano e non rispondono alle comuni creme per la pelle. Possono sanguinare leggermente. Tendono a comparire principalmente sui bordi delle orecchie, in faccia, sul labbro inferiore e sulle mani. Se ignorati, possono diffondersi ad altre parti del corpo. Come si possono prevenire le ustioni solari ed i tumori cutanei? I metodi ideali per prevenire le ustioni solari, e possibilmente i tumori cutanei, comprendono: 1. Limitare il tempo di esposizione al sole ed evitare le ore peggiori che vanno dalla tarda mattinata fin al primo pomeriggio. 2. Indossare abiti che proteggono come un cappello a tesa larga, pantaloni lunghi e camicia con le maniche lunghe. 3. Essere consapevoli che le ustioni solari possono verificarsi anche quando il cielo è nuvoloso (le nubi non bloccano i raggi ultravioletti) ed anche quando ci si trova in acqua. 4. Ricordare che la sabbia riflette i raggi del sole ed aumenta le possibilità di scottarsi. 5. Usare uno schermo solare per ridurre al minimo la penetrazione dei raggi UV. Gli schermi solari con fattore di protezione solare (FPS) di almeno 15 sono consigliati per la maggior parte delle persone. Lo schermo va applicato diversi minuti prima di esporsi al sole e l’applicazione va ripetuta spesso. Che cosa sono i farmaci sensibilizzanti al sole? I farmaci sensibilizzanti al sole sono sostanze che aumentano la suscettibilità della pelle all’eritema e alle scottature causate dal sole (o da una lampada solare). Questi farmaci sono detti anche agenti fotosensibilizzanti. Per una lista parziale dei farmaci sensibilizzanti alla luce del sole, vedi l’elenco precedente). Quali farmaci e prodotti possono aumentare la sensibilità della pelle al sole? Molti farmaci soggetti e non a prescrizione contengono agenti fotosensibi- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 87 lizzanti che causano ustioni, comparsa di vescicole, orticaria, rash o altre reazioni cutanee. Queste reazioni sono classificate alternativamente come fotoallergiche o come fototossiche. Qual è la differenza tra una reazione fotoallergica e una fototossica? In una reazione fotoallergica un farmaco, o un ingrediente in esso contenuto, si combina con la luce ultravioletta per produrre un composto che il sistema immunitario percepisce come antigene. Quando il farmaco fotosensibilizzante viene nuovamente assunto, gli anticorpi si legano all’antigene determinando una reazione allergica. In una reazione fototossica non si verifica una risposta da parte del sistema immunitario. In questo caso la pelle reagisce come se fosse avvelenata, mostrando di solito dei sintomi a breve distanza dalla prima assunzione del farmaco. Che cosa sono i radicali liberi? I radicali liberi sono molecole altamente reattive che attaccano le cellule e danneggiano il collagene e l’elastina. La loro formazione è innescata dall’inquinamento, dall’esposizione al sole, dal fumo, dall’ossigeno e persino da alcuni processi propri dell’organismo. I radicali liberi sono ritenuti in parte responsabili dell’invecchimento cutaneo attraverso un processo detto ossidazione. Un radicale libero, anche noto come ROS, attacca un’altra molecola e le sottrae un elettrone, mettendo in moto una reazione a catena che porta al danno cellulare da radicali liberi. I fotoni posono entrare in collisione con gli elettroni vulnerabili degli atomi nelle strutture cellulari, creando la reazione a catena del radicale libero che può sopraffare le naturali strutture antiossidanti, portando di conseguenza alla distruzione delle vitamine A, C, E e di altre molecole. Che cos’è un antiossidante? Un antiossidante è una molecola che aiuta a neutralizzare i radicali liberi e protegge la pelle contribuendo a fermare le reazioni dannose per le cellule cutanee. La vitamina A riduce il numero delle cellule danneggiate dalle ustioni causate dal sole dopo essere state colpite dalle radiazioni UV. Se la pelle è ricca di antiossidanti i livelli di vitamina A si mantengono normali e la rete di antiossidanti (vitamine C ed E, coenzima Q10, acido alfa lipoico e glutatione) si ricicla tornando in attività. Il protettivo solare completo contiene anche antiossidanti. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 88 Letture consigliate Lowe JL, Shaath A, Pathak MA (Eds.): SunscreensDevelopment, Evaluation and Regulatory Aspects (Marcel Dekker, Inc., NY; 1997). Skernivitz T. Tinted Sunscreen Offers Photosensitive Patients Improved Quality of Life, Dermatology Times (February 1999). Kligman LH. 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Carlo Alfaro, Luigi Tarallo Introduzione Nell’adolescente la ricerca di un ideale di perfezione estetica, che lo aiuti a superare il senso di inadeguatezza fisica e la bassa autostima, può tradursi in ossessioni quali i disturbi del comportamento alimentare (anoressia/bulimia) e le più recentemente descritte “vigoressia” (ossessione per la forma fisica) e “tanorexia” (stato mentale compulsivo caratterizzato dal desiderio di abbronzarsi sempre di più). Quest’ultimo comportamento è ad alto rischio per la salute, potendo essere responsabile anche di neoplasie cutanee che, secondo i dati WHO, sono in aumento del 2% l’anno, con incremento maggiore di qualsiasi altro tipo di cancro. Nelle ultime due decadi la pratica dell’abbronzatura attraverso fonti artificiali di luce ultravioletta si è enormemente diffusa tra gli adolescenti ed i giovani adulti, sostenendo l’espansione di una vera e propria industria. È necessario un serio e forte impegno dei Medici, preposti alla tutela della salute dei giovani, per scoraggiare questo comportamento a rischio. La prevalenza del fenomeno Gli studi che documentano la prevalenza della pratica dell’abbronzatura artificiale tra gli adolescenti. sono difficilmente comparabili (1). Su di un campione di 6903 adolescenti bianchi non ispanici di età compresa tra 13 e 19 anni, negli USA, è stato riportato che quasi il 40% delle femmine e oltre l’11% dei maschi si sottopone a lampada UVA almeno 1 volta all’anno, ed il 28% delle femmine ed il 7% dei maschi 3 o più volte. La percentuale delle femmine aumenta con l’età, dall’11% a 13-14 anni fino al 47% a 18-19 UOC di Pediatria, Ospedali Riuniti Stabiesi, PO. S. Leonardo, ASL NA 5, Castellamare di Stabia (Napoli Numero sedute (lampade UVA) 4/settimana 3/settimana 2/settimana 1/settimana 2/mese 1/mese 1/2 mesi 1/3-5 mesi 1/6-11 mesi 1/12 mesi 1/13-24 mesi Totale 3 23 48 97 45 34 26 22 26 30 6 *dati raccolti nel periodo marzo e aprile 2006. Numero intervistati: 380 maschi e 420 femmine. Il 43% dei maschi ed il 47% delle femmine (360 soggetti su 800 pari al 45%) ricorrono alle lampade UVA. Tabella 1. Ricorso all’abbronzatura artificiale (numero di sedute) in un campione di adolescenti della provincia di Napoli.* anni (2). In un’altra indagine su 6373 ragazze statunitensi di 12-18 anni, il 9% ha dichiarato di aver fatto uso di lampada UVA da 1 a 9 volte, ed il 5.4% 10 o più volte nell’anno precedente lo studio (3). Sempre negli USA, su un campione di 273 ragazzi, di 1417 anni, il 42% delle femmine ed il 12% dei maschi ha ammesso di ricorrere all’abbronzatura artificiale, ed il 22% di quelli che non ne facevano uso ha manifestato l’intenzione di ricorrervi (4). Dati sovrapponibili sono stati riportati in ragazzi svedesi, danesi e tedeschi (5-7). La Tabella 1 riporta la nostra esperienza su un campione di 800 adolescenti (11-20 anni) della penisola sorrentina, in provincia di Napoli, intervistati, alla fine della stagione invernale 2006, da un unico intervistatore che proponeva un questionario a risposta multipla. Considerando i 6 mesi freddi (ottobre-marzo) 171 adolescenti sui 360 che face- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 92 vano uso di lettini abbronzanti, hanno riferito di sottoporsi almeno ad una seduta a settimana, per un totale di 24 sedute. I dati da noi riportati sono preoccupanti anche perché raccolti in un area ad alta prevalenza di giornate di sole, con molte possibilità di esposizione solare, volontaria o involontaria (8). Le motivazioni dell’esposizione La ricerca delle motivazioni che determinano o favoriscono negli adolescenti il ricorso all’abbronzatura artificiale è cruciale per identificare i bersagli delle campagne di promozione della salute pubblica mirate a scoraggiarlo (9). Anche nei casi in cui sono coscienti dei rischi oncogeni della luce ultravioletta, i ragazzi abusano ugualmente di raggi UVA spinti da una motivazione estetica (desiderio di apparire attraenti ed in buona forma) (10, 11). La 7a edizione del Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza (2006) prodotta da Eurispes e Telefono Azzurro riferisce che il 67,1% dei ragazzi è dell’idea che essere abbronzati d’estate sia molto o abbastanza importante e che il 33% considera l’abbronzatura “molto importante”. Nella nostra esperienza in penisola sorrentina la motivazione è puramente estetica per il 96% dei ragazzi, e solo il 4% adduce motivi di patologia dermatologica (8). Inoltre, l’uso di lampade spesso si associa ad altri comportamenti a rischio, quali diete dimagranti smodate, ossessione per l’ideale fisico (2), fumo di sigaretta, uso di alcool, droghe, o di vomito indotto o lassativi per perdere peso (3), mancanza di hobby e di pratica sportiva (11), e abitudine ad esporsi intensamente anche alla luce solare con l’intenzione di abbronzarsi (5). Molta influenza sembra avere un atteggiamento incoraggiante riguardo al colorito scuro da parte delle madri (12) e degli amici (1); le ragazze con madri di grado di istruzione superiore sarebbero meno predisposte all’uso di lampada UVA (2). L’interpretazione socio-antropologica vede nella passione per l’abbronzatura dei giovanissimi un modo di dare colore e quindi identità, visibilità, dignità ad un corpo altrimenti vissuto come trasparente, banale, sciatto, ine- sistente, non costruito, e nella scelta dell’abbronzatura artificiale, anziché alla luce del sole, la ricerca di un “guscio” privato, isolato, individuale in cui modificare il proprio corpo (13). Si è anche ipotizzato che i soggetti che si sottopongono frequentemente alla luce ultravioletta con l’intento di abbronzarsi possano sviluppare una forma di dipendenza, probabilmente attraverso gli effetti della radiazione luminosa sul tono dell’umore (14). I rischi L’incidenza dei tumori della pelle (epitelioma basocellulare, carcinoma spinocellulare, melanoma maligno) è in aumento nella maggior parte della popolazione bianca, specie negli USA, in Nord Europa e in Nuova Zelanda, e la luce ultravioletta è il principale fattore di rischio ambientale per il loro sviluppo (15). La luce è una radiazione non ionizzante che comprende lo spettro completo delle radiazioni ultraviolette suddivise a seconda della lunghezza d’onda in UVC, UVB, UVA2, UVA1 più la luce invisibile ed i raggi infrarossi. I raggi UVB (280-319 nm) causano i danni acuti da radiazione ultravioletta (ustione solare) mediante rilascio di mediatori della flogosi (prostaglandine, TNF-α, IL- 6) dai cheratinociti danneggiati, ed i raggi UVA (320-400 nm) combinatamente agli UVB danneggiano il DNA di diverse strutture cutanee (cheratinociti e melanociti dell’epidermide, sistema vascolare, connettivo del derma), con effetti a medio-lungo termine di foto-invecchiamento e carcinogenesi. L’esposizione prolungata crea foto-immunodepressione, riducendo le capacità del sistema linfocitario di riconoscere e distruggere le cellule mutate. Il foto-danneggiamento è tanto più intenso quanto più precocemente inizia nell’infanzia per esposizioni ripetute e non protette, ed è assai più evidente in soggetti di razza bianca e di fototipo 1-2. Fino all’80% dei danni da radiazione ultravioletta si verifica prima dei 18 anni. è stato dimostrato che ripetute ustioni solari, durante l’infanzia, rappresentano un fattore di rischio per la comparsa di un tumore cutaneo in età adulta. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 93 Esistono prove sulla responsabilità dell’abbronzatura artificiale nel foto-danneggiamento quando vi si ricorre prima dei 30 anni ed in soggetti di fototipo chiaro (15). In studi clinici è stata variamente riportata l’incidenza di uno o più effetti collaterali dopo sedute di abbronzatura artificiale, soprattutto ustioni, quale effetto acuto, ed iperpigmentazione, ispessimento dell’epidermide, xerosi, invecchiamento precoce, dopo uso regolare. Può inoltre aversi danno oculare, soprattutto al cristallino e alla retina (16). Peraltro i soggetti più accaniti nel raggiungimento dell’abbronzatura si espongono sovente senza protezione sia alla luce naturale che alle lampade UV, con aumento del rischio di fotodanneggiamento (17). Nella casistica da noi raccolta in provincia di Napoli il 31% degli adolescenti intervistati che fanno uso di lampade UVA ha riportato qualche effetto collaterale (Tabella 2). La protezione dalle radiazioni ultraviolette Poiché è dimostrato che ridurre l’esposizione alla luce ultravioletta durante l’infanzia e l’adolescenza e prevenire il foto-danneggiamento diminuisce il rischio di tumori cutanei, l’uso di creme protettive ed altre misure di fotoprotezione (cappellini, T-shirt, occhiali scuri) è stato proposto per la prevenzione primaria oncologica (15). Tuttavia, è probabile che gli adolescenti che si espongono intensamente alla luce solare o artificiale allo Ustione Lipotimia Eruzione cutanea Invecchiamento cutaneo Discromia Irregolarità mestruale Aumento dei nei Totale 32 2 20 46 9 1 2 112 (31%) Tabella 2. Effetti indesiderati da abbronzatura artificiale in un campione di 360 adolescenti della provincia di Napoli che ricorrono alle lampade UVA. scopo di abbronzarsi siano poco inclini alla fotoprotezione nel timore di inficiare il rapido iscurimento della pelle. Inoltre, l’uso di filtri solari può aumentare il tempo di esposizione alla luce conferendo un eccessivo senso di sicurezza (18). Peraltro, gli adolescenti spesso non sono in grado di valutare correttamente il proprio fototipo ai fini della necessaria fotoprotezione (19). Poco si conosce sull’uso della fotoprotezione in bambini e adolescenti, ma i dati disponibili documentano un impiego subottimale (20). L’utilizzo di lozioni autoabbronzanti potrebbe rappresentare, per i giovani appassionati del colorito scuro, un’alternativa sicura all’esposizione alla luce naturale o artificiale. Tuttavia negli studi disponibili, l’uso di autoabbronzanti non ha mostrato univocamente di ridurre il rischio di ustioni solari ed il ricorso a lampade (21). Come contrastare l’abuso di esposizione ai raggi ultravioletti negli adolescenti L’esposizione indiscriminata ai raggi ultravioletti da parte dei ragazzi allo scopo di abbronzarsi è un comportamento a rischio e come tale richiede l’impegno dei Medici e delle Istituzioni per scoraggiarlo. Finora gli sforzi non sono stati sufficienti dal momento che la frequentazione di centri abbronzanti è triplicata negli ultimi anni nei Paesi occidentali, soprattutto da parte dei più giovani (22). Viene normalmente fissato a 20 il numero di sedute all’anno al limite della pericolosità, un numero decisamente irrisorio per i tanoressici, che arrivano a sottoporsi a 2-6 lettini a settimana (13). Da più parti si invoca l’intervento di leggi e regolamenti severi e precisi, che almeno rispettino l’indicazione dell’OMS di proscrivere l’uso di lettini a minorenni (23), invito finora recepito dalla legislazione in molte Nazioni europee, per prime Svezia, Belgio e Francia. Sono possibile bersaglio dei necessari interventi educativi: i ragazzi, i genitori, gli operatori dei solarium, i sanitari. Per quanto riguarda gli adolescenti, è necessario incidere su erronee attitudini (considera- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 94 re la cute abbronzata socialmente apprezzabile perchè espressione di bellezza, buona salute e sensualità) e convinzioni (innocuità dell’abbronzatura artificiale), ed implementare misure di fotoprotezione o abitudini più salutari per migliorare l’aspetto e ottenere un’accettazione sociale. Sono stati approntati e validati in USA diversi interventi educativi specifici per adolescenti tra i quali è risultata particolarmente incisiva la tecnica di mostrare ai ragazzi le proprie foto con le modifiche della cute facciale inducibili dalle radiazioni ultraviolette (24). Occorrerebbe diffondere nella popolazione generale la conoscenza che l’abbronzatura artificiale va evitata nei: soggetti di fototipo I o II; bambini e ragazzi di età inferiore a 18 anni; soggetti con elevato numero di nei; soggetti che tendono a produrre lentiggini, con melasma o macchie cutanee o teleangectasie; soggetti con storia di frequenti ustioni solari in età infantile e nell'adolescenza; soggetti con lesioni cutanee premaligne o maligne; soggetti con pelle danneggiata dal sole; soggetti che utilizzano cosmetici che possono aumentare la fotosensibilità individuale nell’esposizione alle radiazioni UV; soggetti che assumono farmaci (soprattutto antidepressivi, antibiotici, antifungini ed antidiabetici) potenzialmente fotosensibilizzanti. Agli adolescenti va inoltre spiegato che i raggi UV non curano brufoli e acne, al massimo li mimetizzano temporaneamente. Per quanto riguarda i genitori, le madri sono considerate un importante bersaglio di politiche di sensibilizzazione sui rischi dell’abbronzatura artificiale per gli adolescenti (12). Sarebbe opportuno richiedere un consenso scritto dei genitori per l’accesso dei minorenni ai solarium o l’accompagnamento da parte di un genitore (1). Per quanto riguarda gli operatori, spesso negli studi svolti sono risultati poco informati o sensibili al problema dell’accesso dei minorenni alle lampade UV, per la mancanza di una regolamentazione chiara o di un adeguato training (25), in aggiunta allo scontato interesse economico. Le informazioni fornite all’utenza sono spesso errate e incomplete; molte volte non vengono forniti adeguati occhialini per la protezione oculare. Andrebbero proibite pubblicità e promozioni dei solarium sulle pubblicazioni destinate agli adolescenti (26). Spesso gli adolescenti, magari per risparmiare, si rivolgono a strutture non specificamente preposte all’abbronzatura artificiale, dove gli operatori possono essere particolarmente poco informati e controllati. Esistono in Italia molti centri non autorizzati per l’abbronzatura artificiale. Tra gli adolescenti da noi intervistati, il 70% si reca per l’abbronzatura artificiale in centri specializzati e/o centri estetici, il 23% dal parrucchiere/barbiere, il 7% in palestra. Molte volte le lampade UVA sono presenti in saune, centri benessere ed alberghi spesso gestite in self-service, senza intervento di operatori. In ogni caso le controindicazioni all’esposizione agli UV dovrebbero essere bene in vista, insieme ai consigli su idratazione, protezione cutanea e degli occhi. Anche i sanitari dovrebbero essere maggiormente edotti sulla problematica e sui rischi per la salute dell’abbronzatura artificiale (27) affinché possano svolgere l’opportuna e dovuta opera di prevenzione ed informazione. Conclusioni Appare sempre più necessario l’impegno dei Medici nel diffondere una cultura della fotoprotezione nell’infanzia e nell’adolescenza a dispetto di mode e stili di comportamento rischiosi. In Italia, in particolare, manca una regolamentazione dell’uso di fonti UVA, anche se la Cassazione ha messo al bando le lampade abbronzanti “quando non ne sia stata garantita la sicurezza da parte di estetisti diplomati”, e l’Istituto Superiore di Sanità ha proposto di consentirne l’uso solo a chi presenta un certificato medico che escluda eventuali controindicazioni e di vietarle agli adolescenti, come avviene quasi in tutta Europa. Del resto anche in molti Stati USA, quali il Colorado, non esiste alcune regolamentazione, mentre in altri esistono forti restrizioni, peraltro variabili da Stato a Stato. È fondamentale che le Società Scientifiche Italiane di Dermatologia e di Adolescentologia si facciano carico del problema, per ren- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 95 derne edotti i Responsabili della Sanità Pubblica. Andrebbe presa come esempio la Regione Piemonte che con il DPGR 78 del 1999 ha definito alcuni obblighi fondamentali per i centri di abbronzatura artificiale, quali il rispetto della tabella fototipica e la compilazione di una scheda personale per ogni cliente per non superare i limiti stabiliti di esposizione e le campagne informative promosse dalla ASL di Varese che hanno coinvolto Scuola, Pediatri di base, Medici generici e Dipartimento di Prevenzione. Bibliografia 1. Lazovich D, Forster J. Indoor tanning by adolescents: prevalence, practices and policies. Eur J Cancer. 2005; 41:20. 2. 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Vi sono fatti clinicamente percepibili come lo schiarimento dei capelli durante la fotoesposizione e la caduta dei capelli nel periodo autunnale (quindi dopo un periodo di intensa esposizione volontaria o involontaria alla luce solare) che pongono interrogativi sulle ragioni di tali risposte biologiche. Se si osserva un fusto pilare dopo esposizione ai RUV, utilizzando metodiche di Microscopia Elettronica a Scansione (SEM), è possibile scorgere alterazioni della struttura cuticolare. Il colore dei capelli, e quindi il tipo di melanina in essi contenuto, rende la fibra più o meno resistente alla radiazione ultravioletta. Se poi si considera, quale relazione ci possa essere, non solo tra RUV e capelli e/o capillizio sano ma fra RUV e capelli e/o cuoio capelluto malato le domande aumentano e la questione si complica ulteriormente. Dai dati che abbiamo risulta che il concetto di foto-trico-protezione si possa affiancare al classico concetto di fotoprotezione cutanea allargandone le indicazioni e le esigenze. Per questo motivo pare giustificarsi uno sforzo educativo atto a perorare la causa sia presso gli stessi cultori della materia sia, e ancor più presso i pazienti per evitare che, per via di una incongrua esposizione ai RUV, possano ridurre l’efficacia dei trattamenti a cui si sottopongono. Istituto Scienze Dermatologiche, Università di Milano Valutazione dei danni al follicolo pilifero in seguito ad irradiazione con UV: quantificazione del danno apoptotico e modificazioni morfologiche. Fabio Rinaldi I danni provocati dalle radiazioni ionizzanti ai follicoli piliferi sono ben noti, tanto che la perdita dei capelli e dei peli in soggetti esposti ad forti contaminazioni acciInternational Hair Research Foundation, Milano dentali di radiazioni (incidenti nucleari, danni cronici, eccetera) è uno dei sintomi caratteristici. Numerosi studi hanno addirittura proposto l’utilizzo dei follicoli piliferi come modello sperimentale di dosimetria biologica del danno da radiazioni (Geng L, L’esposizione solare: come prevenire i danni. 98 Potten CS. Radiat Res. 1990; 123:75; Kim TH et al. Anticancer Res. 1996; 16:189). I meccanismi biologici alla base del danno al capello sono da riconoscere nell’induzione dell’apoptosi e della morte cellulare provocato dalle radiazioni al DNA in varie zone del bulbo. L’effetto di morte cellulare provocato dalle radiazioni è maggiore nelle cellule dell’organismo soggette a rapida proliferazione cellulare, e il bulbo del capello in fase di anagen è una delle strutture a maggior attività mitotica e proliferativa dell’organismo. La papilla dermica (PD) è la zona fondamentale dell’attività ciclica del bulbo del capello, con precise connessioni tra i fibroblasti che la compongono e i cheratinociti della matrice del bulbo. I meccanismi di regolazione dell’attività ciclica del bulbo sono, però, ulteriormente complicati dall’interazione tra tanti altri stipiti cellulari: i melanociti della regione della matrice influiscono sulla fase di anagen con un meccanismo definito di “unità follicolo-melanina”, i cheratinociti della guaina epiteliale esterna e quelli della guaina epiteliale interna. Da ciò appare evidente come il fusto del capello sia, alla fine di tutto il processo di attività cellulare del bulbo, il risultato finale dell’interazione di un complesso di sviluppo epiteliale-mesenchimale, neuroectodermico. Come qualsiasi altro organo del corpo, il bulbo pilifero ha una riserva di cellule staminali in grado di garantire la continua riproduzione cellulare. La maggior riserva di staminali è localizzata in un’area caratterizzata istologicamente da una sorte di rigonfiamento in una porzione della guaina epiteliale esterna immediatamente al di sotto dell’inserzione del muscolo erettore del pelo (area delle bulge). Le cellule staminali del follicolo pilifero presentano un ciclo riproduttivo estremamente lento, ma capacità proliferative e clonogenicità altissime. Le cellule staminali all’interno del follicolo sono normalmente in uno stato di quiescenza, e iniziano il periodo di proliferazione dando origine a cellule di amplificazione della riproduzione (Transient Amplifyng cells – TA) solo nella fase iniziale di anagen. Il bulbo pilifero, pertanto, è un bersaglio molto sensibile dal momento che contiene cellule radiosensibili, e mostra segni di morte cellulare in poche ore dalla radiazione anche a basse dosi. La morte cellulare indotta dalle radiazioni è un processo progressivo di degrado, che inizia nel nucleo della cellula bersaglio alterando il genoma cellulare e determinando la formazione di minuscoli frammenti di DNA: la conseguente apoptosi è spesso iniziata dal processo patologico, ma regolata da stimoli fisiologici intrinseci od estrinseci alla cellula. I segni acuti di morte cellulare sono valutabili istologicamente entro 12 ore solitamente dal danno in gran parte delle cellule del follicolo pilifero: sono evidenziabili aree condensate di cromatina soprattutto alla periferia del bulbo, parziale disintegrazione del nucleo, riduzione della dimensione del nucleo, contrazione del volume, aumento della densità cellulare. Le cellule staminali della regione delle bulge vanno incontro al processo di morte cellulare indotto dalle radiazioni. Il numero di frammenti apoptotici a livello del nucleo è proporzionale alla dose di radiazioni assorbite: a base dosi di raggi Gamma (0.5 Gy) si evidenziano in media 0.29 frammenti apoptotici per sezione di bulbo, a dose magiori (8 Gy) si contano 21.46 frammenti per sezione di bulbo. I maggiori segni di apoptosi vengono segnalati a livello dei cheratinociti della matrice del bulbo, nella parte centrale della guaina epiteliale interna, nella zona delle cellule staminali (bulge), ma raramente nella papilla dermica. I sistemi di difesa e riparazione tessutale intrinseci ad ogni cellula possono portare ad una parziale riparazione del danno cellulare. I meccanismi molecolari che portano all’induzione del programma di morte cellulare indotto da radiazioni non sono stati ancora ben evidenziati. L’induzione dell’apoptosi nella zona della matrice e non nella papilla dermica ha un parallelismo biologico con il processo di morte indotto dalla ciclofosfamide (che determina distrofia dei capelli e alopecia), dove l’apoptosi avviene a livello dei cheratinociti della matrice e della bulge: in questo caso i mediatori coinvolti sembrano essere i recettori del Fattore di necrosi tumorale (TNF) e della p75NTR (fattore di inibizione cellulare della L’esposizione solare: come prevenire i danni. 99 famiglia dei Nerve Growth Factor che induce la fase catagen). Studi di Kim (SH Kim et al. In Vivo. 2003; 17:211-4) sembrano dimostrare la possibilità di ridurre la morte cellulare del follicolo indotto da radiazioni, mediante trattamenti preventivi (12, 36 ore prima della radiazione) con DDC (diethyl-dithiocarbamato) e thé verde. L’effetto dei raggi ultravioletti sui capelli Le radiazioni ultraviolette e i raggi infrarossi hanno, ovviamente, ben altro impatto sui tessuti rispetto ai raggi gamma. La lunghezza d’onda degli UV ha un picco d’assorbimento tra i 280 e 320 nm, e vengono assorbiti prevalentemente dalla melanina cutanea e del bulbo del capello (per i dettagli di fisica vedi paragrafo specifico). Il danno cellulare provocato dai RUV è ben noto a livello cutaneo (photoaging), e comincia ad esserlo sempre di più a livello del bulbo dei capelli. Da una segnalazione di defluvium telegenico indotto da esposizione ai raggi solari in 20 soggetti (Rinaldi F, Sorbellini E. Poster American Academy of Dermatology, Washington 1995) e da segnalazioni di altri Autori successivamente, abbiamo studiato i segni biochimici e istologici del danno provocato da UV al bulbo dei capelli. Nella nostra prima segnalazione era evidente che l’imponente perdita di capelli nei soggetti studiati non era dovuta a danno attinico acuto (nessun caso di ustione solare, eritema), ma si presentava mediamente dopo un periodo di esposizione prolungato al sole (almeno 10 - 15 giorni, area del Mediterraneo meridionale) senza protezione. La caduta dei capelli era massiva, con un’incidenza del 67% di media di bulbi in telogen, Soggetti non irradiati Soggetti irradiati Tabella 1. sia in soggetti giovani che adulti, maschi e femmine. Non era stata evidenziata una noxa precisa, non essendo ancora così evidente in quel periodo il ruolo degli UV nella formazione di radicali liberi e nell’induzione dell’apoptosi. Uno studio di Camacho l’anno seguente (AAD, 1996) riportava una segnalazione analoga, indicando in un danno cronico cellulare la causa del defluvium telegenico in seguito ad esposizione al sole. Dagli studi effettuati per valutare l’effetto delle radiazioni sul bulbo dei capelli, abbiamo effettuato diverse analisi per cercare di identificare dei markers del danno attinico cronico alle diverse strutture di follicoli piliferi. Conta dei frammenti apoptotici Lo studio è stato realizzato valutando bulbi piliferi umani di volontari che si sono sottoposti a trapianto di capelli. L’area occipitale di 5 soggetti è stata trattata con UVB (dosi e tempi prestabiliti) 4 volte alla settimana tre settimane prima dell’intervento. Un frustolo di cute della regione occipitale isolata dall’espianto (8 mm di lunghezza, 12 mm di altezza) è stata inviata immediatamente dopo l’espianto al laboratorio di biologia molecolare per la valutazione dei frammenti apoptotici. Allo stesso modo, uguali parti di cute della regione occipitale di altri 5 soggetti volontari sottoposti a trapianto di capelli non irradiati con UVB precedentemente sono stati inviati al laboratorio, come campione di riferimento non sottoposto a radiazioni ultraviolette. Con colorazione E-E è stato valutato il numero delle cellule in attività mitotica a livello delle sezioni di bulbi dei capelli (20 per soggetto) e il numero dei frammenti apoptotici (dati personali, non pubblicati) (Tabella 1). N° cellule in mitosi (media) 2,76 +/- 0,30 2,54 +/- 0,23 N° frammenti apoptotici (media) 0,02 +/- 0,01 1,12 +/- 0,24 L’esposizione solare: come prevenire i danni. 100 È evidente la riduzione dell’attività mitotica delle cellule delle sezioni dei bulbi piliferi in anagen dei soggetti sottoposti a radiazione UVB, e allo stesso modo l’indicativo aumento dei frammenti apoptotici per sezione di bulbo. Lo studio necessita di ulteriore approfondimento, soprattutto per ridurre gli eventuali errori artefatti (radiazione artificiale, dosi arbitrarie in un range normalmente utilizzato per scopi terapeutici, shock da espianto, eccetera). La modificazione del rapporto attività mitotica/danno del DNA del nucleo, però, sono indicativi per un probabile avvio di cascata apoptotica causata dagli UVB, unico fattore in comune di tutti i soggetti. I risultati sembrano confermare i dati ottenuti dalla valutazione del danno provocato dalle radiazioni ionizzanti. Studi con microscopio confocale Il microscopio confocale è uno strumento in grado di mostrare immagini cellulari di una zona di cute esaminata (o di fusti di capelli posti nell’area dell’esame), in tempo reale, con profondità diverse (nei vari strati della cute) sul tessuto vivente, e con immagini dinamiche, come il flusso sanguigno circolante, la secrezione del sebo, la reazione cutanea ai raggi ultravioletti. L’apparecchio è formato da una sorgente di luce puntiforme che illumina una piccola zona della cute da esaminare, che trasmette una immagine in un detector attraverso una piccola fessura. Le varie parti sono allineate su un unico piano coniugato otticamente e perciò “confocali” una alle altre. La zona illuminata dalla piccola sorgente di luce determina l’immagine di una sottilissima sezione di cute, con alta risoluzione assiale. Tutte le sostanze hanno un proprio indice rifrattivo e il contrasto degli indici rifrattivi determina la diversità delle strutture illuminate e, quindi, l’interpretazione dell’immagine. Nella struttura cutanea, la melanina è la sostanza con maggior indice rifrattivo e agisce come agente di contrasto nelle immagini. Il microscopio confocale usa un sistema laser vicino all’infrarosso per illuminare la zona, con lunghezza d’onda di 830 µm, che permette alla luce laser di penetrare in profondità (fino a 300 µm) e di ridurre lo scattering dello spot. Con questa tecnica è possibile determinare le immagini di cellule attraverso gli strati della pelle, o della struttura del fusto dei capelli, e di differenziare le strutture cutanee normali da quelle patologiche: neoplasie, infiammazioni e modificazioni dovute all’invecchiamento. L’immagine prodotta viene bloccata, memorizzata da un programma specifico e analizzata nei particolari. È possibile però anche valutare l’immagine in modo dinamico laddove esiste un fluido in movimento: si può quindi valutare il calibro di un vaso del derma (seguendo addirittura la microcircolazione ematica che scorre), o determinare la frequenza di secrezione del sebo dalla ghiandola sebacea che fuoriesce dall’ostio follicolare e verificarne la diffusione sulla cute e sul capello. Questa analisi si può eseguire, come detto, in tempo reale direttamente sulla cute del soggetto esaminato. La tecnica è assolutamente non invasiva e ovviamente indolore: lo strumento non emette alcun tipo di radiazione né di corrente pericolosa ed è privo di qualsiasi rischio per il soggetto esaminato. È evidente, quindi, l’importanza di poter valutare l’efficacia di un prodotto cosmetico nelle condizioni reali di azione e di poter verificare le modificazioni della zona trattata nel corso del tempo con immagini dirette e senza artefatti. L’analisi avviene applicando la lente del microscopio (montata su un braccio mobile) direttamente alla parte di cute da studiare (o il fusto del capello appoggiato su un vetrino portaoggetti), tramite un anello di acciaio magnetico aderente alla pelle mediante un biadesivo. Vengono visualizzate su un monitor le immagini scannerizzate di circa 1 cm2 ed è possibile iniziare la scansione di piccolissime parti dell’area visualizzata. La prima immagine evidenziata è quella delle cellule della superficie a contatto con la lente (cheratinociti del corneo); man mano che si determina l’approfondimento della scansione è possibile studiare gli strati inferiori fino al derma reticolare. La progressione dell’im- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 101 magine permette di riconoscere le differenti strutture cellulari cutanee, con una visione perpendicolare dall’alto verso il basso. Applicazioni in clinica dermatologica Nel corso degli ultimi 5 anni sono state confermate le possibilità diagnostiche offerte dal microscopio confocale e numerosissime sono le pubblicazioni scientifiche a riguardo. La prima applicazione della microscopia confocale è quella della diagnosi di patologie cutanee, prevalentemente delle neoplasie cutanee. La differenza della rifrazione della melanina permette di individuare con relativa semplicità le alterazioni della disposizione del pigmento melanico e, quindi, di facilitare la diagnosi differenziale tra lesioni pigmentate benigne e maligne (melanoma, soprattutto). Questa tecnica, però, permette di verificare la modificazione cellulare rispetto alla cute sana anche delle altre forme tumorali cutanee (carcinoma basocellulare e spinocellulare, cheratosi attiniche, eccetera), del calibro dei capillari del derma (angiomi, teleangectasie e malformazioni vascolari di tipo produttivo ed infiammatorio) e delle variazioni del flusso ematico (si vedono i globuli rossi scorrere attraverso le pareti del vaso) e delle alterazioni cellulari prodotte da patologie infiammatorie infettive e immunitarie. Naturalmente è anche possibile evidenziare i danni attinici provocati alla cute, le modificazioni indotte dall’invecchiamento cutaneo e le alterazioni del collagene. Il vantaggio di questa tecnica è l’immediatezza della diagnosi, la valutazione di una lesione in vivo, la possibilità di verificare le modificazioni della lesione dalla immagine basale a quelle successive, ad un trattamento medico e chirurgico. È doveroso precisare, tuttavia, che la diagnosi finale di una lesione di probabile natura maligna deve essere confermata dall’accertamento istologico tradizionale. Applicazioni in cosmetica tricologica Una importante estensione dell’uso di questa tecnica è quella in campo cosmetico, e ovviamente quindi nel settore tricologico. La microscopia confocale può dare immagini determinanti per la valutazione dell’invec- chiamento cutaneo, dello stato di idratazione del corneo, del danno solare, della modificazione vascolare (angiogenesi o angiosclerosi), delle reazioni da sensibilizzazione e da dermatite da contatto. In campo tricologico le applicazioni fondamentali della tecnica sono nella valutazione di: shampoo effetto di detersione, effetto condizionante sul fusto, eventuale azione idratante, presenza di effetti collaterali; shampoo anti-sebo/dermatite seborroica riduzione della secrezione sebacea, stato dell’idratazione cutanea, effetto condizionante sul fusto, effetti collaterali; shampoo e lozioni antiforfora efficacia di penetrazione attraverso il corneo, riduzione della desquamazione, presenza di microrganismi, effetti collaterali;balsamo/condizionante effetto sulla cute e sul fusto, valutazione dello strato cuticolare, effetti collaterali; topici ad azione anticaduta modificazione del diametro del fusto sin dalla zona dell’ostio follicolare, stato della midollare e della cuticola, effetti collaterali; tinture effetti eventuali del contatto con la cute, penetrazione del colore nel capello, effetto sugli strati del fusto. È possibile studiare dinamicamente in tempo reale il passaggio del colorante attraverso gli strati cuticolari, controllando tutte le fasi del processo di colorazione del capello; cosmetici per pettinabilità, permanenti, stirature effetti eventuali del contatto con la cute, effetti sul fusto del capello, variazioni in vivo del trattamento. È evidente che, a seconda dello studio da effettuare, è possibile, o in certi casi consigliabile, abbinare altre valutazioni tradizionali. È interessante notare come l’aspetto della reale interazione tra prodotto cosmetico e cellule cutanee, cioè esattamente quello che accade sulla pelle e sul capello prima e dopo l’applicazione del prodotto, con immagini immediate e non alterabili da fattori esterni (condizioni di luce, ambiente, interazione dello stato fisico del soggetto presenti o non), sia una possibilità estremamente importante per un test di valutazione dell’efficacia dei cosmetici. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 102 Metodologia Si determinano sul capillizio dei punti fissi di valutazione, che vengono selezionati per la presenza di piccoli marker naturali (angiomi, lesioni pigmentate) o artefatti (piccoli tatuaggi semipermanenti) che permettono di identificare con precisione la zona. Si spostano i capelli (eventualmente si può effettuare una rasatura di un centimetro quadrato se la valutazione del fusto non è interessata: si tende tuttavia ad evitare questa metodica per ridurre al massimo qualsiasi invasività della tecnica), e si applica l’anello di acciaio mediante biadesivo specifico per la cute, e lo si raccorda al manipolo con la lente. Si effettua quindi lo studio e la raccolta delle immagini. A seconda del protocollo di studio e del prodotto da testare, si possono prevedere punti diversi del cuoio capelluto, condizioni igieniche specifiche, tempi successivi (basale, e ad intervalli specifici per l’azione da valutare). La valutazione delle lunghezze dei fusti si esegue selezionando ciocche di 2 - 3 capelli in varie zone e alla distanza voluta, legandoli insieme con un sottile filo colorato, e ponendo il fusto, inserito tra due finestre bi-adesive, in immersione in olio di contrasto, collegato poi all’anello di acciaio e alla lente. In questo caso il soggetto esaminato sta seduto di fianco all’apparecchio, con la testa appoggiata su un lettino o un tavolino. Le immagini vengono memorizzate con una visione generale della parte esaminata e sottomappe di immagini dettagliate, i dati del soggetto, i commenti eventuali sull’analisi. La raccolta delle immagini di una zona richiede circa 5 - 10 minuti, a seconda della ricerca da effettuare. L’esecuzione di un test può prevedere un gruppo di soggetti trattati con prodotto attivo e placebo, o il controllo sullo stesso soggetto trattando metà testa con principio attivo e metà con placebo. Cuoio capelluto e capelli al microscopio confocale La prima immagine è quella delle cellule del corneo superficiale, suddivise come in piccole “isole”. È possibile determinare: l’eventuale desquamazione (fisiologica, patologica), la conformazione delle cellule (presenza o assenza di nucleo), la presenza di materiale estraneo (sporco ambientale) e di secrezione sebacea, eventuali microrganismi (Malassezia furfur, per esempio). Si individua uno o più fusti di capelli, e l’ostio follicolare da cui emergono. Aumentando la profondità di scansione si valutano le cellule epidermiche a diversi strati (malpighiano, basale), la presenza di melanociti e relativi dendriti, melanina, colori artificiali se l’indice di rifrazione lo permette. Scendendo nel canale dell’ostio follicolare, si può notare la presenza di ipercheratosi, di microrganismi, sebo (spesso con immagine dinamica di fluido escreto), fusto del capello. Superata la membrana basale dermo-epidermica si iniziano a riconoscere le cellule del derma, i capillari più superficiali (con immagine dinamica dei globuli rossi che scorrono) di cui è possibile valutare il calibro e l’endotelio della parete vasale. Scendendo ancora nella scansione si arriva alla ghiandola sebacea, di cui sono visibili i sebociti e i dotti, e il connettivo dermico. Non è possibile arrivare a valutare il bulbo pilifero in vivo. È però possibile studiarlo, dopo asportazione (strappo). Il fusto del capello appare come in un’immagine al microscopio elettronico, ed è possibile effettuare misurazioni del diametro, valutare lo strato esterno cuticolare e quello midollare, aumentando la profondità di scansione. Diventa perciò evidente la struttura delle cellule esterne della cuticola (con possibilità di differenziare una struttura fisiologica, con cellule regolarmente embricate una sull’altra, da destrutturazioni di vario tipo), alterazioni strutturali, punti di frattura, doppie punte. La rifrazione della melanina permette di determinare la presenza del pigmento, la sua distribuzione nei vari strati e, addirittura, i diversi tipi di melanina presenti grazie alla differenza di indice di rifrazione (dati non pubblicati). Lo strato midollare è visibile nella sua struttura completa, e sono riconoscibili eventuali anomalie strut- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 103 turali (idiomatiche, carenziali, indotte). È inoltre molto suggestivo assistere alle modificazioni delle diverse parti del fusto sottoposte a vari tipi di trattamento: aggiungendo del colorante tra le due finestre bi-adesive e immergendovi il fusto del capello, si vede chiaramente il colorante attraversare gli strati esterni e stabilizzarsi all’interno. Questa valutazione può risultare molto interessante per lo studio di efficacia, penetrabilità e durata di una tintura. 10 bulbi di ognuno dei soggetti volontari sottoposti a trapianto di capelli arruolati per lo studio precedente, sono stati esaminati mediante microscopio confocale, subito dopo l’espianto. La valutazione del bulbo (isolato dal resto del tessuto cutaneo) permette di evidenziare le cellule dei fibroblasti della papilla dermica, i cheratinociti della matrice delle guaine epiteliali, i melanociti dei vari distretti. A livello del bulbo, con questa tecnica è possibile evidenziare la dimensione delle cellule, la presenza di nuclei abnormi, la struttura e la distribuzione dei melanociti. Lo studio ha dimostrato una netta modificazione nei bulbi irradiati del diametro cellulare dei cheratinociti della matrice, una modificazione della struttura della guaina epiteliale interna, forte aumento della rifrazione dei melanociti, rispetto ai bulbi non irradiati. La valutazione della microcircolazione peribulbare effettuata prima dell’espianto in tutti i soggetti, ha dimostrato una significativa vasodilatazione delle anse capillari dermiche nei soggetti irradiati rispetto a quelli non irradiati. Valutazione dell’apoptosi È in corso uno studio per determinare il processo apoptotico a livello della struttura del bulbo (mediante valutazione della caspasi 3 e della caspasi 8 a livello di cellule lisate e centrifugate dell’intero bulbo) con kit appositi. I dati strumentali confermano, peraltro, l’aumento dell’incidenza del catagen e del telogen della zona irradiata dei volontari esaminati, rilevati mediante tricogramma effettuato prima dell’espianto (Tabella 2). Anagen (media) Soggetti non irradiati Soggetti irradiati Catagen Telogen (media) (media) 86% 2% 12% 65% 8% 27% Tabella 2. Gli effetti della radiazione infrarossa e del caldo sui capelli e sul cuoio capelluto. Elisabetta Sorbellini Lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche è estremamente grande e può essere diviso in due principali gruppi: radiazioni ionizzanti radiazioni non ionizzanti Il primo gruppo è detto ionizzante perché le sue radiazioni trasportano energia sufficiente per ionizzare la materia. Parlando di radiaInternational Hair Research Foundation, Milano zioni ionizzanti si pensa subito ai raggi X e gamma utili in campo medico a scopo diagnostico e terapeutico. L’uomo è da sempre immerso in un campo di radiazioni ionizzanti, solo per il fatto di vivere sulla Terra. Infatti, le principali fonti di esposizione per l’essere umano alle radiazioni ionizzanti non solo sono date dall’attività dell’uomo (esperimenti nucleari in atmosfera, uso del nucleare come fonte energetica e in campo indu- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 104 striale, inalazione di radon presente nell’inquinamento ambientale), ma sono soprattutto “naturali”, i raggi cosmici provengono dal sole e dall’ambiente esterno, i radionuclidi sono presenti nella crosta terrestre, nei materiali edili di costruzione, nell’aria, nell’acqua e nel cibo, ed infine nello stesso organismo umano. La quantità di raggi cosmici aumenta con l’incremento della quota sul livello del mare e della latitudine; per i radioisotopi (radon per esempio) presenti nella crosta terrestre, la dose ambientale è molto più alta in corrispondenza di suoli granitici rispetto ai suoli composti da rocce sedimentarie. L’Italia, a causa della sua configurazione geologica, presenta aree ad elevata concentrazione di gas radon ed elevati valori di radiazioni gamma, nettamente superiori al resto del mondo (Radiazioni e Radioprotezione - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare). La nocività di queste radiazioni non è ben evidente al momento: addirittura una nuova “scienza” è stata istituita, la cronoastrobiologia (Biomedical Pharmacotherapy, 0ttobre 2004) che ha messo in evidenza le influenze dell’elettromagnetismo solare sui ritmi cardiaci dell’uomo, e l’incidenza di modificazioni della pressione arteriosa e del ritmo cardiaco in un alto numero della popolazione di certe zone della Terra in conseguenza di tempeste elettromagnetiche solari. Non si sa ancora quale sia l’effetto di queste radiazioni su altri organi del corpo, compresa la pelle e i capelli, ma sembra accertato con sufficiente certezza un’influenza sul comportamento. Le onde elettromagnetiche esistono un po’ dovunque a varia intensità, ma l’uomo può percepirne solo una piccola parte tramite i suoi organi di senso. Dell’intero spettro delle onde elettromagnetiche, che si estende per circa 25 ordini di grandezza a partire da onde di migliaia di chilometri di “lunghezze d’onda” (campi quasi statici) a onde di milionesimi o miliardesimi di “micrometri” (raggi gamma, raggi da sciami cosmici), l’uomo avverte direttamente solo le radiazioni non ionizzanti comprese tra 0,4 e 0,9 micrometri (luce visibile), e soltanto tramite la retina dell’occhio. Sempre nell’ambito delle radiazioni non ionizzanti, una banda un po’ più ampia, quella dei raggi infrarossi è percepita dai recettori termici cutanei. Ciò non esclude che anche il resto dello spettro possa stimolare ed interferire con le strutture e gli equilibri bioelettrici e/o chimico-fisici del nostro organismo. Le interazioni fisiche e gli effetti biologici sul nostro organismo sono diverse per le diverse tipologie di onde e possono comportare cambiamenti temporanei o permanenti e stimolare funzioni o alterazioni specifiche: i raggi UV, che in natura stimolano la fotosintesi clorofilliana, nell’uomo promuovono la sintesi di precursori della sintesi ossea, ma anche effetti negativi legati al processo di photoaging fino a precancerosi e carcinomi cutanei. Inoltre è noto che tutti gli scambi termici nei materiali sia organici che inorganici avvengono tramite emissione e assorbimento di raggi infrarossi (IR). Il discorso si complica se si valuta l’impatto delle radiazioni UV e IR in seguito alle modificazioni climatiche. Studi molto interessanti sull’effetto della deplezione di ozono dell’atmosfera, hanno dimostrato l’aumento di incidenza statisticamente significativo di tumori cutanei, sia benigni che maligni (van der Leun JC, de Gruijl FR. Photochem Photobiol Sci. 2002; 1:324-6; de Gruijl FR. Eur J Cancer. 1999; 35:2003-9): gli Autori hanno dimostrato una correlazione tra il buco dell’ozono e l’aumento della temperatura ambientale e l’aumento dei casi di tumori cutanei. L’etiologia della carcinogenesi cutanea causata dai raggi UV sembra essere sempre il meccanismo di induzione dell’apoptosi da formazione di radicali liberi e di innesco della cascata caspasica. I danni alla cute e ai capelli Esposizioni molto intense a radiazioni UV provocano effetti patologici acuti sulla pelle: eritemi, ustioni. Molto più subdolo il danno da basse dosi di radiazioni per esposizioni prolungate, in cui è completamente assente il sintomo acuto, che spesso può agire da segnale di allarme. In molti casi, come nel photoaging, il danno si manifesta dopo anni di esposizione ripetuta. È sempre più evidente che il meccanismo di apoptosi provocato dalle radiazioni UV alle L’esposizione solare: come prevenire i danni. 105 cellule della papilla dermica, o forse più precisamente della matrice e della guaina epiteliale interna e delle bulge sia alla base di molte forme di defluvium telegenico o di alopecia androgenica. Un dato importante è l’aumento di incidenza di lesioni da photoaging cronico e di tumori cutanei delle aree calve, soprattutto negli uomini, che lascia presumere un danno anche alle strutture annessiali del capillizio. Nello spettro delle onde elettromagnetiche che raggiungono la Terra c’è anche una parte di onde più lunghe (700 nm - 1 mm), i Raggi Infrarossi (IR), che possono essere coinvolti, come comprovato dagli studi più recenti nella prevenzione del danno attinico e della carcinogenesi, anche se le modificazioni molecolari provocate dagli IR non sono completamente note. Albert Kligman, in uno studio del 1982, dimostrò come l’effetto cumulativo di IR e UV aumentasse la carcinogenicità cutanea determinando danni istologici di photoaging amplificati rispetto alla esposizione di soli UV o di soli IR, concludendo che le radiazioni infrarosse, anche in un range fisiologico, non sono innocue (A Kligman, Arch Dermatol Res, 1982). Uno studio di Kaidbey evidenziò che una irradiazione con IR non proteggeva la pelle dagli effetti acuti dei RUV (Kaidbey KH, Witkowski TA, Kligman AM. Arch Dermatol. 1982; 118:315-8). Di diverso avviso la letteratura più recente. Franks ha evidenziato in vitro, su colture di fibroblasti umani, come una pre-irradiazione con IR protegga i fibroblasti dermici dall’effetto citotossico deigli UV (Frank S et al. J Invest Dermatol. 2004; 123:823-31). In particolare l’effetto protettivo degli infrarossi si esplica a livello mitocondriale con una sovraespressione della proteina Hsp27 in grado di prevenire l’assemblaggio di apoptosomi, proteine pro-apoptotiche. I mitocondri, quindi, sono il bersaglio primario delle radiazioni IR e queste ultime eserciterebbero un effetto pro-apoptosico subito dopo esposizione, e anti-apoptosico a distanza di 24 ore tempo necessario per preparare le cellule a resistere al danno sul DNA causato dai raggi UV. Sempre Frank, in uno studio più recente, ha dimostrato per la prima volta, come le cellule deficitarie di proteina p53 non siano protette dalla citotossicità degli UVB nonostante la tecnica di preirraggiamento con IR. I fibroblasti umani in coltura dopo esposizione a IR normalmente accumulano proteina p53, fattore coinvolto nella stabilizzazione e fosforilazione della serina 15 e 20, e nello stimolo dell’attività di trascrizione. Anche in questo studio viene confermata l’azione preventiva dei raggi IR anticipando il danno da UV sulle cellule (Frank S et al. Exp Dermatol. 2006; 15:130-7). D’altra parte uno studio di Kim mette in evidenza il meccanismo di angiogenesi nel derma superficiale, dopo un irradiazione acuta di IR. Lo stress termico provocato dall’improvviso aumento della temperatura cutanea, da 32 a 42°C, causa l’aumento delle proteine da shock termico (Hsp 72-70) che dà una sovraregolazione del fattore di crescita vascolare (VEGF) e una contemporanea sottoregolazione di trombospondina (TSP)2, fattore inibitorio l’angiogenesi (Kim MS et al. Br J Dermatol. 2006; 155:1131-8). Una banda vicina agli IR ha trovato recente applicazione in dermatologia per l’effetto di fotomodulazione, nella cura delle ulcere diabetiche, da stasi venosa, nella guarigione delle ferite chirurgiche o traumatiche (Whelan HT et al. J Clin Laser Med Surg. 2001; 19:305-14; Rinaldi F et al. In Press). La terapia vicina agli IR (FIR), come evidenziato da uno studio di Yu, fornisce luce a basse energie tramite un radiatore artificiale. Non è ancora del tutto chiaro il meccanismo d’azione, anche se l’efficacia della FIR avviene tramite un aumento del microcircolo dato da un aumento del pattern L-arginina/ossido nitrico, e da un effetto non termico e soprattutto dopo lunghi tempi di esposizione (4560 minuti) (Yu SY et al. Photodermatol Photoimmunol Photomed. 2006; 22:78-86). Questo tipo di terapia apre nuove prospettive in campo terapeutico per le sue possiibili applicazioni: dalle patologie ischemiche a tutte quelle situazioni in cui l’aumento del microcircolo, e quindi del VEGF, stimola un incremento della produzione di ATP disponibile per cellule ad elevato ricambio come quelle della pelle e del bulbo pilifero. L’esposizione solare: come prevenire i danni. 106 Possibilità terapeutiche e di prevenzione: dai fattori di crescita ai radical scavengers, dai filtri solari a specifici tessuti a protezione solare. Paola Bezzola Se è ormai noto il danno provocato dalle radiazioni ultraviolette ed i meccanismi che lo inducono, meno diffusa è la conoscenza sulla necessità di adottare una adeguata fotoprotezione esattamente come si fa per la pelle. Infatti il messaggio “il sole fa male alla pelle” è ormai molto diffuso e ogni medico è in grado di consigliare ai pazienti alcune misure cautelative da adottare per evitare i danni acuti e cronici degli UV. In tal senso la comunicazione è ovviamente più facile perché il rischio di insorgenza di neoplasie cutanee UV-correlate è sicuramente un forte deterrente all’esposizione selvaggia e l’aumentata incidenza di melanomi cutanei negli ultimi anni è un evento ormai noto anche al vasto pubblico. Diverso il discorso per quanto riguarda la protezione del cuoio capelluto che viene ancora vissuto come un ‘area periferica nonostante le neoplasie di questa zona siano significativamente più frequenti nei soggetti con diradamento dei capelli che spesso “dimenticano” quanto essa sia più esposta anche in modo non intenzionale (durante ogni attività condotta all’aperto). La strategia da utilizzare per una corretta fotoprotezione è invece meno chiara in quanto i filtri per capelli presentano problemi di formulazione che li rendono meno efficaci di quelli impiegati per la protezione della cute .Infatti essi devono essere in grado di ridurre la quantità di raggi che colpiscono i capelli e modificare l’ambiente chimico che favorisce la fotodegradazione del triptofano e quindi innesca la modificazione del fusto (Signori V. J Cosmet Sci. 2004; 55:95-113; Nogueira et al. Photochem Photobiol Sci. 2006; 5:165-9). International Hair Research Foundation, Milano La scelta della formulazione è fondamentale perché il filtro deve depositarsi in quantità adeguata sul fusto (deve pertanto essere incorporato in prodotti con affinità particolare) e rimanervi un tempo adeguato. In tal senso sarebbero le formulazioni spray oilshine quelle più indicate perché dotate di alta affinità e quindi maggiore stabilità e durata. (Braida et al. Skin Pharmacol. 1994; 7:73-7). I filtri proposti sono l’octilmetossicinnamato, il benzofenone 3 e derivati quaternari come il cinnamidopropyl-trimetilammoniocloridro. Vi sono studi di valutazione di efficacia anche dell’aggiunta ai filtri per capelli di sostanze free-radical scavengers che si sarebbero dimostrate vantaggiose nel contrastare la produzione di radicali liberi UV correlati. Non meno importante d’altra parte è la gradevolezza cosmetica del prodotto che deve essere facilmente pettinabile e distribuibile sui fusti con impatto esteticamente e funzionalmente accettabile. Un altro grande capitolo della fotoprotezione è legato all’uso di copricapo che sono sicuramente pratici e confortevoli durante la normale vita all’aria aperta non costringendo a ripetute applicazioni di prodotti topici che non tutti possono gradire (si pensi in particolare al pubblico maschile) (Laperre J, Gambichler T. Photodermatol Photoimmunol Photomed. 2003; 19:11-6). L’uso di particolari tessuti trattati e schermanti nei confronti delle radiazioni UV garantisce un indice di protezione molto più alto di quello dei cappelli normali; è importante anche un trattamento antitraspirante del tessuto perché è ben noto che il calore e l’umidità che si sviluppano in condizioni di ipersudorazione (specie in ambiente chiuso L’esposizione solare: come prevenire i danni. 107 come sotto un cappello) sono fattori aggravanti il danno attico, in quanto la maggior ricchezza di acqua favorisce la formazione di radicali liberi espressione del danno UVindotto alle proteine del fusto. Esistono in commercio speciali cappellini che garantiscono una protezione dei raggi UV del 98%, equivalente ad un valore di indice di protezione di 50+, in accordo con la classificazione AS/NZS 4399 1996. La International Hair Research Foundation ha effettuato i test clinici dermatologici di valutazione l’effettiva capacità filtrante del tessuto, con uno studio in doppio cieco con cappellini trattati e non trattati (vedi anche in www.ihrf.eu). Indicato è anche l’utilizzo di antiradicalici per via sistemica (genisteina, picnogenolo, licopene) ed integratori di aminoacidi specifici (compresi triptofano, taurina ed ornitina). Gli stessi aminoacidi sono efficaci se applicati direttamente sul cuoio capelluto e capelli in varie formulazioni (lozioni, maschere) che possono essere preparate galenicamente secondo il colore e la tipologia dei capelli . Poiché è ormai noto che gli UV possono indurre telogen effluvium ed addirittura alcuni Autori ipotizzano che anche l’alopecia androgenetica possa essere considerata una dermatosi fotoaggravata, uno stimolo significativo alla crescita dei capelli è rappresentato dall’impiego dei fattori di crescita (VEGF, FGF) che rappresentano una via di trasferimento dei segnali di regolazione cellulare a livello della papilla dermica e delle altre strutture del bulbo pilifero, segnali determinanti per la sua trasformazione ciclica attraverso le varie fasi, determinando la rapida proliferazione dei cheratinociti follicolari, dell’allungamento e dello spessore del fusto. Sappiamo che esistono due aree di riserva di cellule staminali a livello del bulbo pilifero, in grado di garantire la riproduzione cellulare e quindi la formazione di un nuovo bulbo dopo la scomparsa di quello vecchio durante la fase telogen. Una è localizzata lungo la guaina epiteliale esterna nella zona di inserzione del muscolo erettore del pelo (bulge zone ove risiederebbe circa il 95% delle cellule staminali), l’altra nell’area sottostante la papilla dermica. È probabile che la formazione del nuovo bulbo avvenga per migrazione delle cellule dall’area della bulge grazie alla stimolazione di numerosi mediatori (fattori di crescita, citochine ecc). In tal senso l’attenzione si è focalizzata sull’importanza dei fattori biologici all’interno della papilla dermica del bulbo del capello che è la zona di scambio grazie alla presenza dei capillari delle anse papillari, ed in particolare sul ruolo svolto dal fattore di crescita vascolare (VEGF) e dal fattore di crescita fibroblastico (FGF). Da tempo infatti è noto il ruolo del VEGF nell’indurre una mitosi specifica delle cellule endoteliali con aumento di dimensioni dei vasi perifollicolari durante l’anagen e netta riduzione degli stessi quando inizia la fase involutiva di catagen e la successiva di telogen. Questa angiogenesi da “rimodellamento” porta ad un aumentato afflusso di sostanze indispensabili all’accrescimento cellulare durante la fase di attività e quindi un prolungamento della fase anagen ed un aumento di volume dei follicoli piliferi. Si è dimostrato inoltre che uno dei più utilizzati farmaci nel trattamento delle alopecie, cioè il minoxidil, agisce anche stimolando la produzione di VEGF e che tale fenomeno è mediato dall’adenosina acido nucleico presente in tutti gli organismi viventi, di cui sono presenti tre diversi tipi di recettore (punti di attacco sulla cellula) a livello della papilla dermica. L’adenosina determina una sovraregolazione anche dell’espressione di FGF7 (fattore di crescita fibroblastico) detto anche fattore di crescita dei cheratinociti che si traduce in una stimolazione della crescita dei capelli. L’azione dell’adenosina è un’azione diretta sul recettore molto più rapida di quella del minoxidil che agisce per via indiretta adenosina-mediata (in vitro l’up regulation di FGF7 e VGF avviene in 2 ore con adenosina, in 8 ore con minoxidil). Recentemente alcuni studi (Zemtsov A. Skin Res Technol. 2007; 13:115-8) hanno focalizzato l’attenzione sul possibile uso terapeutico della fosfocreatina per via topica a livello cutaneo con azione non solo di protezione nei confronti dei danni UV indotti ma anche di miglioramento clinico. Infatti l’invecchia- L’esposizione solare: come prevenire i danni. 108 mento cellulare in generale e quello UV indotto in particolare, è caratterizzato da un declino del metabolismo cellulare, mediato dai radicali liberi, prevalentemente causato da alterazioni della funzione mitocondriale; poiché le cellule compensano tale ridotta capacità energetica mitocondriale con vie metaboliche extramitocondriali come la gli- È colisi o il sistema della creatinfosfochinasi (CPK), l’incremento di quest’ultima nell’area danneggiata si traduce in una aumentata attività cellulare con protezione nei confronti del danno ossidativo. La creatina cioè funzionerebbe come una ricarica energetica con marcata azione protettiva nei confronti dello stress cellulare. DIMOSTRATO CHE: Effetto dei raggi ultravioletti sui capelli L’influenza della luce solare e dei raggi ultravioletti (UVR) sui capelli è studiata da molto tempo ed è ormai assolutamente evidente che l’esposizione ai raggi solari (e alle lampade UV artificiali) provoca un danno importante al fusto del capello. L’effetto dei raggi solari determina modificazione chimiche e strutturali al fusto, sia nei capelli sani che patologici, sottoposti o no a trattamenti cosmetici. Il danno si manifesta a qualsiasi età. In linea di massima i capelli biondi sono meno fotostabili di quelli castani e di quelli neri per la parziale protezione della melanina), quelli sottoposti a trattamenti chimici tendono a sbiadire e ingiallirsi rispetto a quelli non trattati. In più, i capelli ossigenati devono essere ulteriormente protetti contro le modificazioni proteiche e lipidiche del fusto foto-indotte dai raggi UV. I capelli grigi, poi, subiscono il danno maggiore. I meccanismi di danno indotto dai UVR alla struttura del capello sono riassumibili nei seguenti punti: I raggi UVR determinano un cambiamento della composizione chimica del capello, che subisce un effetto di foto-ossidazione. Gli UVA hanno un effetto maggiore nel provocare la fotossidazione ad opera soprattutto degli UVA. L’umidità aumenta il danno in modo significativo. La melanina naturale all’interno del fusto è un mezzo di protezione estremamente debole per controllare l’effetto negativo dei raggi solari: tuttavia, maggiore è la concentrazione della melanina contenuta nella corteccia, minore è il danno. La cuticola non contiene melanina, e non possiede quindi fattori naturali di protezione, e subisce i danni più importanti anche in considerazione dell’alta quantità di cistina. La fotossidazione delle fibre del capello segue una via diversa dall’ ossidazione chimica. La fotossidazione avviene a livello di un legame C – S della cistina portando alla formazione di 1 mole di acido cisteico nei prodotti di formazione, indotta dai radicali liberi; l’ossidazione chimica determina la scissione del legame S – S, con formazione di 2 moli di acido cistico. L’acqua contenuta all’interno del fusto è un prerequisito fondamentale per accelerare e provocare il danno, dal momento che permette la diffusione dei radicali liberi che innescano la reazione chimica di ossidazione. I capelli esposti alla luce solare mostrano una netta modificazione delle loro caratteristiche fisiche, con riduzione alla resistenza alla trazione, maggior suscettibilità all’attacco degli alcali e formazione di più del doppio di acido cistico. Si osserva una perdita delle proteine della cuticola in conseguenza al danno solare, e una modificazione chimica dei processi L’esposizione solare: come prevenire i danni. 109 cross-linked proteici provocati sia dagli UVA e che dagli UVB. Uno studio sperimentale di Reutsch et al. ha dimostrato che, dopo esposizioni prolungate a UVR e in condizione di umidità, la melanina può non apparire degradata, con i granuli di pigmento apparentemente intatti, e che i capelli mantengono il loro colore naturale. Tuttavia quando gli stessi capelli esposti a UVR vengono trattati con perossido di idrogeno alcalino la melanina va incontro ad un processo istantaneo di disintegrazione, segno del danno foto-indotto. Il triptofano è uno degli aminoacidi fondamentali nella formazione della cheratina e ha il picco dell’assorbimento degli UVR alla lunghezza d’onda di 280 nm. La modificazione del triptofano può essere uno dei meccanismi della degradazione della cheratina a livello della cuticola, precedendo quella del doppio legame di S cheratinico. Addirittura, la fluorescenza di molecole di triptofano è uno dei test utilizzati per la valutazione del fotodanno del fusto dei capelli. La distruzione del triptofano è maggiore in presenza di acqua nel fusto dei capelli, rispetto a fusti immersi in olio minerale (non polare) in cui la distruzione risulta minima. Uno studio di Rele et al. ha dimostrato la maggior efficacia dell’olio di cocco nella prevenzione del danno fotoindotto, anche in presenza di acqua. Recentemente è stato dimostrato da Inoue et al. la presenza di una proteina ad altissimo contenuto di cistina, a livello della endocuticola, denominata proteina S1003A , intimamente correlata al doppio legame di zolfo che determina l’integrità strutturale della fibra del fusto. L’irradiazione con UVR danneggia irreparabilmente la proteina S1003A, portando alla sua disgregazione: secondo tali nuovi studi, questo potrebbe essere il meccanismo fondamentale del danno strutturale. La proteina, peraltro, sembra essere danneggiata anche da lavaggi troppo frequenti o spazzolature troppo aggressive. L’ eumelanina è meno sensibile alla degradazione dei raggi solari della feomelanina che, al contrario, è meno danneggiata dalla ossidazione chimica della eumelanina. Il danno indotto dalle radiazioni solari provoca drammatiche modificazioni delle proprietà fisiche del capello, con riduzione della resistenza alla tensione, facilità alla rottura, minor efficacia dei trattamenti cosmetici (dalla messa in piega, alla tintura), aumento dei danni dei trattamenti chimici, e imbibizione di acqua. L’aspetto macroscopico è di capelli secchi, fragili e opachi. Spesso è possibile vedere dei piccolissimi punti bianchi lungo il fusto, corrispondenti a piccole zone di frattura (tricoressi nodosa, ben evidente in microscopia). Esposizioni prolungate ai raggi UVR e particolarmente “aggressive” possono portare alla completa fusione delle cellule della cuticola, con disintegrazione dello strato ed esposizione di quello corticale sottostante. La maggior parte degli studi sperimentali viene eseguita in condizioni “forzate”, con tempi di irradiazione spesso superiori a quelli a cui è normalmente sottoposto un individuo durante la giornata. D’altra parte queste ricerche vengono effettuate in tempi relativamente brevi (pochi giorni, raramente una settimana consecutiva), tempo estremamente inferiore all’esposizione media di un individuo durante un periodo prolungato di vacanza al sole, o con abitudini di esposizione a raggi UVR naturali o artificiali. È estremamente importante notare che la testa è la parte del corpo sempre esposta alle radiazioni solari (salvo uso costante di copricapo) e che spesso il tempo reale di esposizione solare è sottovalutato (erroneamente, nell’opinione comune, il rischio provocato dai raggi solari è concentrato alle ore di spiaggia). È stato calcolato che la esposizione al sole per individui abitanti in una città, con un lavoro d’ufficio, e che passano una L’esposizione solare: come prevenire i danni. 110 media di tre settimane di vacanze all’anno, è comunque molto alto, tale da meritare le necessarie precauzioni per ridurre il rischio di tumore cutaneo. Allo stesso modo varrebbe la pena attuare una prevenzione del danno attinico ai capelli e al cuoio capelluto. L’unità di misura dell’energia radiante ricevuta per area di superficie è definita irradianza (W m2), unità che è spesso associata ad una lunghezza d’onda o a uno spettro di lunghezze d’onda della radiazione (W m2 nm). La somma della irradianza per un periodo di tempo è chiamata energia radiante. A seconda del numero di ore di esposizione, della zona geografica, dell’incidenza dei raggi solari (considerati nella totalità di luce visibile, UV e infrarossi), si può determinare la quantità di energia solare assorbita da un individuo. Esistono tabelle precise, specie nelle zone a maggior rischio di incidenza di tumori cutanei melanoma e non-melanoma, che indicano il valore di irradianza e il relativo rischio. Per esempio, se pur approssimativamente: passare tutta la giornata in ambiete esterno soleggiato per una settimana d’estate determina una irradianza tra 70 x 106 e 140 x 106 J m2 passare mezza giornata in ambiente esterno soleggiato per una settimana d’estate determina una irradianza di 60 x 106 J m2 passare solo qualche ora in ambiente esterno soleggiato per una settimana, ma verso il tardo pomeriggio e la sera dà un’irradianza di 20 x 106 J m2 Gli studi sperimentali hanno sempre utiliz- zato trecce di capelli naturali, vergini o trattati, considerando però la sola struttura del fusto in condizioni non patologiche. Ovviamente i capelli di un individuo devono tener conto di altri fattori che possono aggravare il rischio del danno: le condizioni individuali di salute del bulbo e del fusto: non sempre i capelli sono perfettamente sani, formati da bulbi sani, in soggetti con corretta alimentazione e conseguente formazione di cheratina adeguata, e protetti da sostanze ad azione antiradicalica; spesso le abitudini igieniche e cosmetiche individuali stressano il fusto in modo importante (la frequenza e qualità dello shampoo, tecniche di asciugatura, le abitudini di “styling” e la scelta dei tempi, uso corretto o scorretto di cosmetici, lunghezza dei capelli); condizioni ambientali; ambienti di vita inquinati, presenza di metalli pesanti, polveri sottili, umidità o secchezza dell’ambiente possono ulteriormente danneggiare il fusto e renderlo ancora più esposto al rischio. Il capello fotodanneggiato è particolarmente sensibile all’assorbimento del rame, che può svolgere un effetto negativo sulla formazione delle microfibrille; l’età, la situazione ormonale, uso di farmaci (sistemici o topici), fumo di sigaretta, e “mille” altri fattori di rischio. Sarebbe quindi importante effettuare una corretta prevenzione del danno attinico ai capelli, esattamente come si fa per la pelle (al di là della differenza dell’entità del danno).