Speciale - Salute per tutti

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Anno 11
n.2/2008
Speciale
PROTEZIONE SOLARE
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1 DCB Milano
Antonino Di Pietro
Riccarda Serri
Adele Sparavigna
Maria Concetta Romano
Paolo Pigatto
Maurizio Cavallini
Carlo Alfaro
Luigi Tarallo
Fabio Rinaldi
Mauro Barbareschi
Elisabetta Sorbellini
Paola Bezzola
Volume 11, n. 2, 2008
Indice
Esposizione solare e ruolo del medico.
Antonino Di Pietro
I perché di una monografia sulla protezione solare.
Direttore Responsabile
Pietro Cazzola
Adele Sparavigna, Riccarda Serri, Maria Concetta Romano
Direttore Generale
Armando Mazzù
L’esposizione solare: corretta informazione.
Direttore Marketing
Coordinatore della pubblicazione
Antonio Di Maio
Redazione e Amministrazione
Scripta Manent s.n.c.
Via Bassini, 41 - 20133 Milano
Tel. 0270608091 - 0270608060
Fax 0270606917
E-mail: [email protected]
Consulenza Amministrativa
Cristina Brambilla
Paolo Pigatto
Chirurgia: l’esposizione solare.
Maurizio Cavallini
Capelli: l’esposizione solare.
pag.
53
pag.
61
pag.
91
Mauro Barbareschi
pag.
97
Valutazione dei danni al follicolo pilifero
in seguito ad irradiazione con UV:
quantificazione del danno apoptotico
e modificazioni morfologiche.
pag.
97
Fabio Massimo Rinaldi
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
Consulenza Grafica
Piero Merlini
Antonino Di Pietro, Adele Sparavigna, Riccarda Serri,
Impaginazione
Clementina Pasina
Maria Concetta Romano, Paolo Pigatto, Maurizio Cavallini
Registrazione
Tribunale di Milano n. 383
del 28/05/1998
Iscrizione al Registro Nazionale
della Stampa n.10.000
Gli adolescenti e l’abbronzatura.
Stampa
Parole Nuove s.r.l. Brugherio (MI)
È vietata la riproduzione totale o parziale, con
qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni e fotografie pubblicati su Scripta MEDICA senza autorizzazione scritta dell’Editore.
L’Editore non risponde dell’opinione espressa
dagli Autori degli articoli.
Carlo Alfaro, Luigi Tarallo
Gli effetti della radiazione ultravioletta
sui capelli e sul cuoio capelluto.
Fabio Rinaldi
Edizioni Scripta Manent pubblica inoltre:
ARCHIVIO ITALIANO
DI UROLOGIA E ANDROLOGIA
RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA
DELL’ADOLESCENZA
JOURNAL OF PLASTIC DERMATOLOGY
INFORMED, CADUCEUM, IATROS, EUREKA
Gli effetti della radiazione infrarossa
e del caldo sui capelli e sul cuoio capelluto.
pag.
103
Possibilità terapeutiche e di prevenzione: dai fattori
di crescita ai radical scavengers, dai filtri solari
pag.
a specifici tessuti a protezione solare.
106
Elisabetta Sorbellini
Paola Bezzola
Diffusione gratuita. Ai sensi della legge 675/96 è possibile, in qualsiasi momento ,
opporsi all’invio della rivista comunicando per iscritto la propria decisione a:
Edizioni Scripta Manent s.n.c.
Via Bassini, 41 - 20133 Milano
c’era una volta...
Collezione privata
Scripta
M E D I C A Volume 11, n. 2, 2008
51
EDITORIALE
La vita mi ha insegnato che il motto “chi si esalta sarà umiliato.....”
non è solo un ammonimento evangelico, ma è piuttosto la conseguenza di
una millenaria esperienza sugli esiti delle eccessive autocelebrazioni.
Ritengo che le capacità, il comportamento e le opere di ognuno siano
talmente visibili agli occhi di tutti che non sia necessario ricordarli in ogni
occasione, a meno che..., a meno che ciò non sia espressamente richiesto
dagli altri, come è capitato a me.
Scripta Medica ha da poco compiuto 10 anni e alcune osservazioni mi inducono a pensare
di avere bene operato. Badate bene, per giungere a questa conclusione, più che sulle dirette testimonianze di stima, facilmente oggetto di millanteria, mi sono basato sulle quotidiane richieste dei
colleghi di ricevere la rivista ad un nuovo indirizzo, segno che il nostro lavoro è stato apprezzato
a tal punto che dei professionisti indaffarati hanno deciso di perdere tempo prezioso per scrivere
una lettera, comprare un francobollo e cercare una cassetta postale. Ciò vale anche per quelli che
utilizzano la posta elettronica in quanto prima è necessario trovare l’indirizzo e-mail, poi scannerizzare la fascetta coi propri dati allegata alla rivista, e infine eseguire l’attachment... Insomma
diciamocelo chiaramente: una rottura..., a cui ci si sottopone solo se si ritiene valga la pena!
Altro indizio: in 10 anni abbiamo trattato quasi tutti (sottolineo quasi) i temi della medicina con articoli, rassegne, puntualizzazioni, ecc. e ciò avrebbe potuto far sorgere gelosie tra gli
esperti non coinvolti (sempre alla ricerca del minimo errore, inesattezza o omissione per denigrare il lavoro altrui) e la stizza delle aziende dei farmaci per qualche prodotto non citato o di cui
sono stati troppo evidenziati gli effetti collaterali. In tutto questo periodo ciò non è accaduto e
ritengo che questo dato sia per noi un certificato della nostra attenzione, del nostro equilibrio, e
perchè no, della nostra competenza.
Scripta Medica celebra il suo primo decennio con questo numero speciale dedicato alla protezione solare. L'iniziativa è sorta partendo dalla constatazione che la protezione nei confronti di
un danno alla salute, che può raggiungere gradi di gravità estremi, è lasciata ai consigli di categorie di persone le cui competenze sono risibili. Ma a questo punto sé sorta una domanda: quali
sono le conoscenze dei medici in termini di protezione solare? La risposta è stata: poco o nulla! Da
ciò la necessità di chiedere ad autorevoli specialisti in Dermatologia di rendere note ai colleghi le
più recenti nozioni su questo non comune argomento. Unitamente al mio compagno di avventura, Armando Mazzù, ringrazio calorosamente tutti coloro che con entusiasmo hanno aderito a
questo progetto, sono riconoscente alle aziende che con il loro supporto pubblicitario l’hanno reso
possibile e mi congratulo con una forte stretta di mano con il mio più stretto collaboratore, Antonio
Di Maio, che ha magistralmente coordinato ogni aspetto di questa impresa.
Pietro Cazzola
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
53
ESPOSIZIONE
SOLARE E RUOLO DEL MEDICO.
Antonino Di Pietro
Presidente ISPLAD (International Society of Plastic-Aesthetic and Oncologic Dermatology)
L’immagine del sole nell’opinione pubblica si identifica con la
vita, con la vacanza e con la felicità,
ma per il dermatologo il sole ha un altro significato: esso infatti rappresenta un importante fattore eziopatogenetico per lo sviluppo di
tumori cutanei e per l’invecchiamento della pelle.
Da anni sono impegnato in un’opera di prevenzione e di cura dei
danni dovuti all’esposizione alla luce solare, ma mi rendo conto che
nel comune pensare è ancora ben radicata l’idea che l’abbronzatura corrisponda ad un
aspetto salutare della pelle.
Per tale assioma erroneo e fuorviante è possibile scusare tutti quelli che non hanno competenze specifiche, ma è imperdonabile che esso non venga messo in discussione e corretto da coloro che hanno la responsabilità della salute pubblica (medici di famiglia, e
anche specialisti in Dermatologia).
Con questa pubblicazione si è inteso informare, con rigore scientifico, tutti i colleghi sulle
modalità e gli strumenti a disposizione per proteggere in modo efficace la cute e i suoi
annessi dagli effetti dannosi di una eccessiva fotoesposizione. Lo scopo principale è quello
di fare in modo che i consigli alla popolazione non siano lasciati a esperti improvvisati, ma
provengano direttamente dalla classe medica. Vi assicuro che si può (e si deve) fare….
I PERCHÈ DI UNA MONOGRAFIA
SULLA PROTEZIONE SOLARE.
Adele Sparavigna, Riccarda Serri, Maria Concetta Romano
SKINECO (International Association of Environmental Dermatology)
Un’adeguata protezione solare deve essere sempre raccomandata dal dermatologo, in modo da prevenire danni a breve e lungo
termine derivanti da incaute esposizioni. La materia è però complessa a vari livelli: fisico (natura delle radiazioni ed interazioni con
l’ambiente), chimico (sostanze protettive naturali della pelle e formulazioni cosmetiche), biologico (meccanismi cellulari di danno e di
protezione), dermatologico (individuazione dei danni da foto-esposizione e quantificazione dei meccanismi di causa-effetto), ecologico (buco nell’ozono con
conseguente alterazione quali-quantitativa delle radiazioni a livello della superficie terrestre, inquinanti ambientali in grado di interagire con la luce). Paradossalmente, alcu-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
54
ni addetti ai lavori ritengono che l’uso di filtri solari , essendo in grado di prevenire l’eritema, possa incoraggiare esposizioni eccessive e prolungate al sole, promuovendo più
che prevenire i danni fotoindotti. È lecito quindi porsi delle domande. La protezione solare è davvero utile? Come va applicata? In Australia, dove è presente la maggiore incidenza del melanoma nel mondo, da diversi anni sono in corso campagne di pubblica educazione sanitaria. È stato, tra l’altro, coniato lo slogan “slip, slop, slap, wrap” che si
riferisce alle raccomandazioni relative all’uso di indumenti protettivi, filtri solari, cappelli ed occhiali da sole (“slip” into protective clothing, “slop” on sunscreens, “slap”
on a protective hat, “wrap” on a pair of sunglasses). È un dato di fatto che oggi in
Australia si comincia ad osservare una tendenza alla riduzione dell’incidenza del melanoma. Inoltre, studi condotti su animali di laboratorio e sull’uomo dimostrano l’efficacia
preventiva dei filtri solari nei confronti dell’epitelioma spinocellulare, basocellulare e
delle lesioni precancerose cutanee. Per quanto riguarda il nostro paese, anche se le campagne di educazione sanitaria cominciano ad avere una loro visibilità (non siamo a livello statunitense né tantomeno australiano) l’abbronzatura riveste ancora un “valore”
estetico e sociale troppo grande: ci si abbronza a tutti i costi ed in tutte le stagioni.
Inoltre, un errato atteggiamento comportamentale, favorito anche dalla scarsa informazione, può certamente determinare un uso scorretto dei prodotti protettivi solari: si
applicano i filtri per permettersi esposizioni prolungate intense (e quindi a scopo
“abbronzante”) a fronte di un ridotto rischio di insorgenza di eritema; il prodotto non
viene distribuito bene sulla superficie corporea ed alcune aree rimangono non protette;
esso non viene riapplicato adeguatamente, ad esempio dopo il bagno in mare e spesso le
dosi applicate non sono sufficienti.
Questa monografia è stata realizzata per incoraggiare il flusso corretto di informazioni
tra dermatologo e paziente, basato su spiegazioni semplici da comprendere ma al tempo
stesso accurate sul perché e come ci si debba fotoproteggere.
L’ESPOSIZIONE
SOLARE: CORRETTA INFORMAZIONE.
Paolo Pigatto
IRCCS Ospedale Galeazzi di Milano, Università degli Studi Milano
Fino a qualche tempo fa l’applicazione delle creme solari avveniva solo per proteggersi dalle ustioni solari e in alcune patologie
dermatologiche associate a fotosensibilità.
Purtroppo il ruolo delle radiazioni ultraviolette sulla cute umana non
si limita a questi fenomeni ma si esplica anche nell’ambito del foto
invecchiamento e della genesi dei tumori. Si è pertanto chiesto al filtro solare di avere un ruolo estremamente importante non solo nella
semplice abbronzatura ma anche nella prevenzione della carcinogenesi.
L’informazione medica non è però riuscita a seguire in modo altrettanto rapido il cambiamento non riuscendo a correlare le necessità cliniche e la comprensione generale del
problema.
A questo punto mentre è necessario per il paziente la comprensione che un insulto ripe-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
55
tuto ultravioletto possa indurre la trasformazione cellulare in senso neoplastico è altresì fondamentale che il dermatologo acquisica della comprensioni foto biologiche e chimiche tali da portesi districare nella scelta del filtro appropriato.
In ogni caso una corretta informazione potrà servire per comprendere meglio le modalità
d’uso, e per eliminare quella forte frustrazione che avvertiva ogni paziente al quale veniva consigliato un filtro a alta protezione. I pazienti erano abituati a pensare ai filtri solari con fattori di protezione valutati secondo le metodiche proposte dall’Ente di controllo
Americano che poneva un massimo a 20 mentre il professionista dermatologo ragionava
con valutazioni europee (Colipa) che raggiungevano valori maggiori di 50.
Nell’immaginario collettivo il paziente pensava di recarsi al mare e di esporsi al sole sotto
una cappa impenetrabile tornando a casa “bianco come se non fosse stato in vacanza”.
Questo colloquio tra sordi deve finire perche la divulgazione delle nozioni presenti in
questo breve lavoro farà chiarezza in quella zona grigia della conoscenza che tratta i
problemi della fotobiologia.
CHIRURGIA: L’ESPOSIZIONE SOLARE.
Maurizio Cavallini
Vice Presidente ASSECE (European Association of Aesthetic Surgery)
Nell’ambito della chirurgia plastica il risultato finale è influenzato non solo dalla tecnica adottata ma anche dall’assestamento dei
tessuti, ivi compresi quelli dove è presente la cicatrice residua. Infatti
una volta rimossi i punti di sutura (e quindi ad avvenuta cicatrizzazione) inizia la fase detta di maturazione della cicatrice che prevede:
inizialmente un processo infiammatorio che può durare per un
periodo variabile fra uno e sei mesi durante il quale la cicatrice
appare rossa, rilevata,con presenza di una fitta rete di neocapillari;
successivamente l’infiammazione decresce progressivamente passando alla fase di
stabilizzazione, durante la quale la cicatrice diventa sempre più chiara, piana e sottile. Tale fase può durare da uno a sei mesi a seconda del distretto corporeo coinvolto (nel viso le cicatrici si stabilizzazione prima, sul corpo più lentamente).
Durante tutta la fase di evoluzione ma in particolare durante la fase infiammatoria è
molto importante provvedere alla protezione solare della cicatrice. Ciò è fondamentale
perchè il sole (o le lampade artificiali) provocando da una parte vasodilatazione che
porta ad un aumento dei fenomeni infiammatori con conseguente maggior arrossamento
e prolungamneto dei tempi di stabilizzazione, dall’altra iperpigmentazioni cicatriziali,
cioè cicatrici più scure (in genere rosso scure o violacee) in modo definitivo. Per tali motivi in chirurgia plastica si evita di eseguire interventi estetici nel periodo estivo, si riporta sempre nell’elenco delle istruzioni postoperatorie il divieto di esporsi al sole almeno
per i due mesi successivi all'intervento e si consiglia comunque di indossare abiti protettivi (nel caso del corpo) e/o occhiali da sole e cappelli (per interventi al viso). Infine fondamentale l’uso e l’applicazione sulla cicatrice almeno due volte al giorno per diversi
mesi di creme a fattore molto alto di protezione.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
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L’IMPORTANZA DELLA CORRETTA INFORMAZIONE
AGLI ADOLESCENTI
Carlo Alfaro
UOC di Pediatria, Ospedali Riuniti Stabiesi, P.O. S. Leonardo, ASL NA 5, Castellamare di Stabia (Napoli)
L’adolescente deve appropriarsi di una nuova immagine di sé e
si tratta di un compito della crescita non semplice: il suo noto senso
di onnipotenza lo rende refrattario alle raccomandazioni prudenziali. Le insidie dei raggi ultravioletti sono particolarmente pesanti nei
primi anni di vita! Fino all’80% dei danni da radiazione ultravioletta si verifica prima dei 18 anni. Particolarmente rischiosa la pratica
dell’abbronzatura attraverso fonti artificiali di luce ultravioletta,
sempre più perpretata dagli adolescenti. È necessario un serio e forte impegno di tutti
per scoraggiare comportamenti inappropriati al sole attraverso incisive campagne di
informazione e implementazione delle misure di fotoprotezione.
CAPELLI: L’ESPOSIZIONE
SOLARE.
Fabio Massimo Rinaldi
Presidente IHRF (International Hair Research Foundation)
Le indagini per meglio comprendere le interazioni fra radiazioni
solari e capelli non hanno avuto negli anni scorsi uno sviluppo paragonabile agli studi su epidermide e derma, anche se vi sono fatti clinicamente percepibili, come lo schiarimento dei capelli durante la fotoesposizione e la loro caduta nella stagione autunnale (quindi dopo un periodo di intensa esposizione volontaria o involontaria alla luce solare), che
avrebbero dovuto avere maggiore attenzione. A partire da una nostra
segnalazione, nel corso dell’American Academy of Dermatology del 1995, sul defluvium
telegenico indotto da esposizione ai raggi solari, il nostro gruppo ha studiato i segni biochimici e istologici del danno provocato dagli UV al bulbo dei capelli.
Recentemente mediante l’impiego del microscopio confocale abbiamo dimostrato che i bulbi
irradiati con UVB mostrano una netta modificazione del diametro cellulare dei cheratinociti della matrice, una modificazione della struttura della guaina epiteliale interna e un forte
aumento della rifrazione dei melanociti. Attualmente il nostro interesse è rivolto allo studio
del processo apoptotico che si svolge a livello della struttura del bulbo (mediante valutazione della caspasi 3 e della caspasi 8) e i primi dati strumentali confermano l’aumento dell’incidenza del catagen e del telogen della zona irradiata con UVB. Se è ormai noto il danno
provocato dalle radiazioni ultraviolette ed i meccanismi che lo inducono, meno diffusa è la
conoscenza sulla necessità di adottare un’adeguata fotoprotezione esattamente come si fa
per la pelle. Negli articoli che seguono abbiamo voluto colmare questa lacuna.
L’esposizione solare:
come prevenire i danni.
61
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
Antonino Di Pietro, Adele Sparavigna, Riccarda Serri, Maria Concetta Romano,
Paolo Pigatto, Maurizio Cavallini
Gli effetti del sole sulla pelle
maggiore consapevolezza, l’accresciuta attenzione da parte del paziente ed i progressi nelle
tecniche diagnostiche, sono elementi in grado
quanto meno di frenare questo allarmante
fenomeno.
Il principale fattore determinante l’aumento
di incidenza dei tumori cutanei è probabilmente l’aumento dell’esposizione ai raggi
UVA. Un tempo ritenuti relativamente innocui, i raggi UVA sono oggi noti per il loro
significativo contributo all’invecchiamento
cutaneo fotoindotto, alla cancerogenesi ed
alla soppressione immunitaria. I raggi UVA
penetrano più in profondità nella pelle e, a
differenza dei raggi UVB, che sono causa di
iniziale eritema e ustione, creano un danno
che non è immediatamente individuabile.
L’irraggiamento da parte degli UVA rimane
costante nell’intero arco dell’anno e durante
Ogni anno a circa 250.000 italiani
viene diagnosticato un tumore maligno cutaneo, mentre a molti di più viene diagnosticata
una condizione pre-cancerosa. Queste cifre
sono in continuo aumento non soltanto in
Italia ma in tutto il mondo. Nonostante l’allarmante aumento dei tumori cutanei, specialmente tra gli adolescenti e i giovani adulti, l’esposizione al sole e l’abbronzatura continuano
ad essere associate ad un aspetto salutare della
pelle. Inoltre, prevale l’opinione ingannevole
che l’uso dei prodotti protettivi solari sia una
necessità occasionale e riservata ai mesi estivi.
I fattori responsabili dell’allarmante aumento
dei tumori cutanei sono numerosi. La continua erosione dello strato d’ozono nell’atmosfera terrestre dovuta all’inquinamento am-bientale ha portato ad una
diminuzione della protezione dalle radiazioni
ultraviolette (RUV) rispetto al passato. In più oggi,
a differenza di quanto
avveniva per le generazioni precedenti, esistono
Gli UVB (290-320 nm)
più di quattrocento farcausano eritema
maci in grado di determie danno epidermico
nare nei pazienti un’auGli UVA (320-400 nm)
mentata sensibilità all’ircausano danno dermico
raggiamento solare e di
profondo, (rughe,
incrementare il rischio di
invecchiamento precoce
e tumori cutanei)
danno solare.
L’allungamento dell’aspettativa media di vita è un
Strato sottocutaneo
ulteriore fattore che contribuisce all’aumento dell’incidenza dei tumori
Figura 1. Gli UVB e l’epidermide.
cutanei. Per contro, la
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
62
tutto il giorno, pertanto le persone sono esposte in modo continuo a questo tipo di radiazioni, tanto a mezzogiorno in una giornata di
luglio, quanto alle quattro del pomeriggio di
una giornata invernale con il cielo nuvoloso.
Per quanto riguarda l’aspetto estetico della
pelle, le rughe e l’assottigliamento cutaneo
piuttosto che rappresentare un naturale processo di invecchiamento, spesso sono prevalentemente il risultato di una esposizione cronica alla luce del sole. L’esposizione continuativa e costante al sole danneggia sia l’epidermide sia il derma. In particolare, l’epidermide
in toto si assottiglia, mentre lo spessore relativo dello strato corneo aumenta; nel derma le
fibre collagene vanno incontro a degradazione
e le fibre elastiche appaiono ispessite e distorte. Come conseguenza della degradazione
delle fibre collagene, le fibre reticolari, costituite da nuovo collagene, vengono depositate
È
a tutto spessore nel derma invece di rimanere
confinate all’area della giunzione dermo-epidermica.
Il danno cutaneo fotoindotto può essere
ridotto al minimo, e persino riparato, grazie
all’adozione di alcune semplici precauzioni.
Di cruciale importanza è la consapevolezza
che la protezione solare deve essere quotidiana e per tutto l’anno.
I bambini in particolar modo hanno bisogno
dell’applicazione di schermi solari.
L’esposizione solare frequente e le scottature
devono assolutamente essere evitate in età
pediatrica, in quanto costituiscono una premessa per una maggiore incidenza di melanoma in età successiva. Un programma completo di protezione solare comprende l’uso
di schermi solari, di un abbigliamento adeguato e di occhiali da sole, evitando comunque l’esposizione tra le 10 del mattino e le 4
del pomeriggio.
DIMOSTRATO CHE:
Il danno cutaneo da irraggiamento solare è cumulativo.
Non tutte le pelli sono uguali di fronte al sole. Occorre conoscere il fototipo di
un soggetto per stabilirne le condizioni di esposizione più adatte.
L’abbronzatura può apportare più danni che benefici. L’imbrunimento della cute,
infatti, è già un segno di danno cutaneo. Qualsiasi grado di abbronzatura indica un
danno che predispone alla comparsa di rughe, invecchiamento cutaneo e tumore
cutaneo.
La cute di ciascun individuo conserva memoria di tutti i danni dovuti all’esposizione solare a cui è stata esposta nel corso della vita. Un elevato effetto cumulativo
è causa di una maggiore probabilità di insorgenza del tumore cutaneo.
Oltre il 90 per cento dei tumori della cute non melanomatosi insorgono nelle persone con la pelle chiara e tendenza a scottarsi. Tuttavia, anche se l’incidenza di
tumore cutaneo è più bassa nei soggetti con pelle scura, questi soggetti sono comunque suscettibili agli effetti dannosi delle radiazioni UVB, oltre a risentire degli effetti del sole sugli occhi e sul sistema immunitario.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
63
IL
SOLE OFFRE ANCHE BENEFICI
Uno degli effetti della luce del sole sulla cute è la conversione del colecalciferolo in
1,5-diidrossi-colecalciferolo, cioè la forma attiva della vitamina D, indispensabile
per le ossa. Attualmente la dose giornaliera consigliata di vitamina D (colecalciferolo) è di 200 UI dalla nascita fino a 50 anni, di 400 UI tra i 51 e i 70 anni e di
600 UI dopo i 71 anni.
Secondo studi recenti, 1.000 UI al giorno sono in grado di ridurre l’incidenza di
alcuni tipi di carcinoma, come quello ovarico, al seno ed al colon, di una percentuale pari al 50%. Questo perché la vitamina D rafforza il sistema immunitario ed
aiuta la crescita cellulare.
Il fabbisogno di vitamina D può essere soddisfatto sia attraverso la dieta (una porzione di pesce grasso contiene tra 250 e 360 UI ed un cucchiaio di olio di fegato
di merluzzo apporta 1.360 UI di vitamina D) sia attraverso l’uso di integratori alimentari (da soli o in combinazione con il calcio).
Il fattore di protezione solare
(FPS)
Il numero di FPS rappresenta il fattore
in base al quale si può calcolare il tempo di
esposizione al sole senza sviluppare l’eritema. Ad esempio, un soggetto che sviluppi
normalmente l’eritema in seguito ad un’ esposizione non protetta di 10 minuti, in
seguito all’applicazione di un prodotto fotoprotettivo con SPF 10 svilupperà l’eritema
dopo 10 x 10 = 100 minuti di esposizione.
È importante a questo proposito sottolineare
che l’FPS non rappresenta da solo il grado di
protezione da tutti gli effetti nocivi delle
radiazioni solari. L’FPS è soltanto la determinazione di una protezione da una specifica
lunghezza d’onda di radiazioni ultraviolette,
le UVB (290-320 nm).
Altrettanto importante è la determinazione
del fattore di protezione UVA (320-400 nm).
Attualmente in Europa il fattore di protezione PPD (Persistent Pigment Darken-ing), basato non sulla determinazione dell’eritema
(come per gli UVB) bensì sulla reazione pigmentata persistente da UVA, deve essere,
come fattore numerico, pari ad almeno un
terzo dell’FPS dichiarato. Infatti, quella degli
UVA è la lunghezza d’onda che penetra più
in profondità, più spesso associata ai segni di
foto invecchiamento, come le rughe, le
modificazioni della pigmentazione e la secchezza.
L’esposizione alle radiazioni UVB causa dolorosi arrossamenti ed irritazioni che si manifestano durante l’inizio dell’esposizione al
sole, ma quella degli UVB non è la sola lunghezza onda ultravioletta che danneggia la
pelle. In realtà, gli UVB hanno solo un minimo effetto sugli strati più profondi della
pelle. Il danno causato dagli UVA, invece,
penetra molto più in profondità, pertanto le
radiazioni UVB e UVA sono entrambe riconosciute come responsabili dei tumori cutanei. Un FPS pari a 30 non è sufficiente per
affrontare gli effetti completi della luce ultravioletta sulla pelle, ma serve solo a schermare i raggi UVB.
La spiegazione tecnica dei benefici di un prodotto solare, ad esempio FPS 30, è complicata. Infatti, un prodotto con FPS 15 blocca
il 93% della luce UVB incidente, mentre un
FPS 34 blocca il 97% degli UVB incidenti,
una differenza apparentemente insignificante. Kaidbey ha dimostrato che quando la
pelle viene esposta a una quantità di radiazione solare simulata sufficiente a determina-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
64
re un minimo eritema (MED, minima dose
eritemigena), la pelle protetta con uno schermo solare FSP 30 presenta 2,5 volte meno
cellule “ustionate” (sunburn cells) rispetto alla
È
pelle protetta con uno schermo solare FPS
15. Da questo deriva un concetto di valore
biologico dell’FPS che è senz’altro qualcosa
di più che un semplice valore matematico.
DIMOSTRATO CHE:
L’uso di uno schermo solare con FPS elevato aiuta a superare gli errori dell’utilizzatore. Infatti, in molti casi l’uso del filtro solare è sporadico, la ripetizione dell’applicazione non è abbastanza frequente e/o non viene usata una sufficiente quantità di
prodotto.
L’accuratezza con cui il numero di FPS indica il reale fattore di protezione è discutibile. Durante le fasi di test, infatti, viene applicata una quantità di filtro solare maggiore rispetto a quella applicata nell’uso normale. Da questo deriva che in realtà il
vero numero di FPS è circa la metà o un terzo rispetto al numero dichiarato.
Utilizzando il biossido di titanio o l’ossido di zinco, maggiore è l’FPS, maggiore
è la copertura dai raggi UVA.
L’ FPS riguarda unicamente le radiazioni UVB ma non le UVA, UVC, né le lunghezza d’onde visibili o infrarosse.
Il danno cutaneo da UVA è più difficile da rilevare a causa della sua cronicità.
Effetti quali l’invecchiamento cutaneo o la mutazione cellulare sono di natura
cumulativa e possono impiegare decenni per manifestarsi.
L’USTIONE
SOLARE IN SINTESI
L’ustione è un’infiammazione della pelle dovuta a sovraesposizione ai raggi
ultravioletti (UV).
I raggi UV delle lampade abbronzanti sono da considerarsi almeno altrettanto
nocivi rispetto a quelli della luce naturale del sole.
I danni causati alla pelle dai raggi ultravioletti B sono noti da tempo.
Le ustioni solari danneggiano la pelle; il danno può essere permanente.
La principale causa ambientale di tumore cutaneo è il sole.
Chi ha subito gravi ustioni deve evitare di fare il bagno in acqua fredda.
Molti farmaci, soggetti o meno a prescrizione, ed altri prodotti aumentano la
sensibilità della pelle al sole.
È bene indossare un cappello a tesa larga ed occhiali da sole certificati
(per i quali è specificato un assorbimento delle radiazioni ultraviolette (UVR)
≥ 95%). Indossare, inoltre, indumenti protettivi a trama fitta.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
65
L’USTIONE
SOLARE IN SINTESI
Ripetere frequentemente l’applicazione del filtro solare, specialmente se il
tempo è soleggiato o se si sta sudando copiosamente.
Usare sempre un prodotto solare ad ampio spettro con copertura dalle radiazioni
sia UVA che UVB ed un alto FPS su tutta la superficie cutanea esposta, comprese le
labbra, anche nelle giornate nuvolose. Se si viene a contatto con l’acqua, sia per il bagno che per eccessiva sudorazione, utilizzare uno schermo solare resistente all’acqua.
EFFICACIA
Grado di FPS
2
4
6
8
10
15
25
30
35
40
50
60
100
DEL FATTORE DI PROTEZIONE SOLARE
Protezione UVB
% di raggi UV
assorbiti o riflessi
50%
75%
83,33%
87,5%
90%
93,33%
96%
96,78%
97,14%
97,5%
98%
98,4%
99%
LO
% di raggi UV trasmessi
(1/grado FPS)
50%
25%
16,7%
12,5%
10%
6,7%
4%
3,3%
2,8%
2,5%
2%
1,6%
1%
SPETTRO DELLA LUCE
800 nm
760 nm
Luce infrarossa
700 nm
600 nm
Luce visibile
500 nm
400 nm
320 nm
Luce ultravioletta
290 nm
200 nm
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
66
La nocività della luce solare
La cute è l’organo più esteso del corpo
e fa parte integrante del sistema immunitario.
È quindi fondamentale proteggere la pelle da
qualsiasi lesione, in particolare dai danni prodotti dagli agenti ambientali, perché se la pelle
subisce dei danni il sistema immunitario ne
risulta indebolito. Mentre la pelle costituisce
un’efficace barriera contro molti agenti
ambientali, la sua naturale capacità protettiva
contro le radiazioni solari dipende dal fototipo. Inoltre i RUV hanno un potente effetto
immunosoppressivo e sono una causa riconosciuta di cancro cutaneo.
La luce del sole è composta da cinque tipi di
radiazioni. Questi tipi di radiazioni provengo-
LE
no dal sole sotto forma di onde. La radiazione
che fluisce attraverso queste onde si muove in
lunghezze d’onda che vanno da 100 nanometri (nm, 10–9 m) ad un milione di nm. Queste
lunghezze d’onda delle radiazioni sono la
causa di eccessive modificazioni della pigmentazione, delle lesioni pre-cancerose e cancerose, delle rughe e dell’invecchiamento cutaneo.
Le radiazioni in queste lunghezze d’onda
innescano anche varie reazioni di fotosensibilità. Inoltre ci sono due forme simili di
radiazioni emesse da fonti artificiali, le lampade a vapori di mercurio e i saldatori ad
arco, che a loro volta sono in grado di danneggiare la pelle.
CINQUE FASCE DEI
RUV
I. Ultravioletti C (UVC): 100-290 nm
Gli UVC sono i raggi ultravioletti di lunghezza d’onda più ridotta, da 100 a
290 nm. Sono quelli con maggior potere cancerogeno. Il sole genera le onde UVC,
ma l’ozono presente nell’atmosfera è teoricamente in grado di schermarle totalmente. Tuttavia gli UVC potrebbero sempre più costituire un problema per chi vive
in luoghi ad alta quota
Se la deplezione dello strato di ozono dell’atmosfera dovuto all’inquinamento continuerà ai ritmi attuali, le conseguenze saranno danni di entità tale da
minacciare la vita su larga scala. Gli UCV sono causa di gravi danni alla pelle.
La pelle esposta a queste radiazioni può ustionarsi gravemente.
Le fonti artificiali, come i saldatori ad arco al mercurio e le lampade germicide, emettono raggi ultravioletti C. Queste onde prodotte artificialmente hanno
un’elevata efficacia nell’uccidere i germi, infatti sono definite “onde germicide”.
II. Ultravioletti B (UVB): 290-320 nm
L’attuale sistema di classificazione del FPS si riferisce soltanto a questa specifica lunghezza d’onda. Quella degli UVB è la lunghezza d’onda intermedia dei
raggi ultravioletti e causa la comparsa iniziale di eritema a seguito dell’esposizione
solare, comunemente detto ustione solare.
Gli UVB causano una dolorosa irritazione, danneggiano principalmente l’epidermide, provocando eritema ed ispessimento dello strato corneo (un tentativo
dell’organismo di ridurre l’impatto degli UVB sull’epidermide). Un’esposizione
eccessiva ai raggi UVB è la causa principale dell’invecchiamento precoce della
pelle. Questo tipo di danno è cumulativo ed è in grado di causare la formazione di
epiteliomi basocellulari oppure spinocellulari.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
67
LE
CINQUE FASCE DEI
RUV
III. Ultravioletti A (UVA): 320-400 nm
Le onde UVA sono quelle con lunghezza d’onda maggiore ed un tempo si
pensava fossero sostanzialmente innocue. Si pensava che queste onde fossero
responsabili di una “sana abbronzatura”. Attualmente, invece, ci sono prove scientifiche del contrario.
I raggi UVA causano un danno cutaneo i cui effetti osservati più frequentemente sono secchezza, pigmentazione irregolare, infiammazione, abbronzatura,
comparsa di piccole rughe ed anche tumori.
Dato che anche una piccola dose di UVA può penetrare nel sottostante
derma, il danno causato a questo livello può provocare comparsa di rughe e perdita del tono cutaneo.
Inoltre gli UVA hanno effetti negativi sugli strati più profondi del derma e
sotto certi aspetti persino peggiori delle scottature superficiali causate dai raggi
UVB. Gli UVA, di fatto, causano perdita di collagene che ha funzione di sostegno
della pelle, determinando un invecchiamento precoce.
A differenza degli UVB, che hanno lunghezze d’onda inferiori (290-320
nm), gli UVA penetrano facilmente attraverso i vetri delle finestre.
È interessante notare che la quantità di raggi UVA che raggiungono la Terra, a differenza degli UVB, rimane essenzialmente allo stesso livello energetico tutti i giorni dell’anno, non importa se al mattino, a mezzogiorno o nel pomeriggio.
I raggi UVA che penetrano in profondità causano alla pelle gli stessi effetti nocivi
non importa se alle 9 del mattino in un giorno di metà dicembre o alle 4 del pomeriggio in una giornata di metà giugno.
Pertanto gli individui che presentano sensibilità alla luce, la cui causa può essere
genetica, associata a una patologia (come il lupus o la rosacea), all’uso di farmaci
(come certi antibiotici e diuretici) o a una terapia fotodinamica (PDT), richiedono
una protezione da tutte le forme di luce nell’intero arco dell’anno, in ogni stagione, ogni giorno e per tutto il giorno.
Si stima che a livello del mare i raggi UVA siano presenti in dosi da 10 a 12 volte
maggiori rispetto agli UVB. L’aspetto più importante delle radiazioni UVA è il
danno tissutale cumulativo conseguente all’azione di questi raggi UV che penetrano in profondità.
Gli studi oggi disponibili sostengono la relazione tra l’esposizione a questi raggi e
lo sviluppo di epiteliomi, oltre alle lesioni pre-cancerose.
Recentemente è stato riferito che la deplezione di vitamina A causata nella cute dall’esposizione ai raggi UVA può contribuire sia al fotoinvecchiamento sia alla cancerogenesi.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
68
LE
CINQUE FASCE DEI
RUV
IV. Luce visibile (400-760 nm)
Al livello del mare circa il 50% delle radiazioni solari che ci raggiungono
appartengono allo spettro del visibile. Come suggerisce il nome, queste sono le
lunghezze d’onda visibili dall’uomo (violetto, indaco, blu, verde, giallo, arancio,
rosso) e sono distribuite nel range 400-760 nm. Il livello energetico della luce
visibile è più basso rispetto a quello dei raggi ultravioletti.
Alcune prestigiose riviste scientifiche quali “Journal of Investigative
Dermatology”, “Cancer Research” e “British Journal of Dermatology” hanno pubblicato studi nei quali si dimostra che la luce visibile è in grado di causare reazioni fototossiche, di innescare il cross-linking del DNA e di accelerare la crescita dei tumori.
Questi raggi a bassa lunghezza d’onda hanno la capacità di penetrare nella cute
ancora più in profondità degli UVA, raggiungendo il derma a tutto spessore.
Nondimeno, la luce visibile può essere causa di reazioni cutanee avverse. È quindi un errore pensare che la luce visibile sia del tutto innocua per la pelle.
Un’indicazione dell’efficacia della luce visibile come lunghezza d’onda
attiva è l’utilizzo che attualmente se ne fa nella terapia fotodinamica (PDT).
Questo tipo di terapia sfrutta la luce visibile per il trattamento, ad esempio, del
cancro esofageo, di certe forme di cancro al polmone e delle lesioni cancerose e
precancerose cutanee.
V. Infrarossi: “IR” (oltre 760 nm)
La luce infrarossa comprende le onde luminose con lunghezza d’onda
comprese tra 760 nm e l’infinito. La maggior parte di esse si trova tuttavia nel
range 760-1.800 nm. Questi raggi comprendono oltre il 40% dei raggi solari che
raggiungono la Terra a livello del mare. Sono le onde che ci scaldano quando
stiamo al sole (percepite come un calore che penetra profondamente) e vengono
emesse da stufe, fornaci, lampadine, lampade ad incandescenza, forni e sistemi
di riscaldamento per ambienti.
Numerosi studi indicano gli infrarossi come responsabili di danno cutaneo. I raggi infrarossi sono noti come causa di alcune forme di cancro (Kang in
Cina, Kangri nel Kashmir, Kairo in Giappone e Pit Fire in Irlanda).
L’esposizione cronica alla luce ad infrarossi provoca disturbi della pigmentazione, elastosi, fotoinvecchiamento (comparsa di rughe, cedimento, aspetto coriaceo della pelle).
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
69
È
DIMOSTRATO CHE:
Altezza del sole: Più alto è il sole nel cielo, più elevato sarà il livello di radiazioni UV.
Latitudine: Più ci si avvicina alle regioni equatoriali, più elevati sono i livelli
delle radiazioni UV.
Grado di nuvolosità: I livelli di radiazioni UV sono maggiori quando il cielo è
sereno, ma possono essere alti anche a cielo coperto.
Altitudine: Alle maggiori altitudini c’è solo un sottile strato di atmosfera ad
assorbire le radiazioni UV.
Ozono: L’ozono assorbe alcune le radiazioni UV più dannose, che altrimenti raggiungerebbero la superficie terrestre.
Riflessi al suolo: L’erba, il terreno e l’acqua riflettono meno del 10% delle radiazioni UV; la neve fresca riflette circa l’80%; la sabbia asciutta delle spiagge circa il
15%; la schiuma del mare circa il 25%.
Le radiazioni UVA possono penetrare attraverso i vetri. Anche le esposizioni casuali al sole mentre si guida, si va a piedi a fare la spesa o a fare una passeggiata si
sommano in un effetto cumulativo contribuendo al tempo totale di esposizione cui
è sottoposto un individuo nell’arco dell’intera vita e determinando il danno cutaneo.
L’ indice UV è una previsione sulla quantità di luce ultravioletta che si pensa
possa colpire la superficie terrestre quando il sole è più alto nel cielo. Più alto è l’indice, meno tempo occorrerà alle radiazioni UV per danneggiare la cute e gli occhi.
È
DIMOSTRATO CHE:
Un soggetto su 5 è destinato a sviluppare un tumore cutaneo nel corso della sua
vita come conseguenza diretta dell’esposizione al sole.
L’estate non è la sola stagione nella quale occorre fare attenzione agli effetti del
sole. Il sole può causare danni significativi anche durante i mesi invernali. La neve
riflette fino all’80% dei raggi solari, causando scottature e danni alla pelle non protetta. In alta quota il rischio di scottature aumenta in quanto lo strato atmosferico
in grado di bloccare i raggi solari è più sottile.
Dato che la pelle assorbe le radiazioni UV dal sole, i melanociti, aumentano in
dimensioni e numero e vengono trasportati verso gli strati più superficiali della
pelle. Questo conferisce alla pelle danneggiata dal sole un aspetto simile al cuoio.
Tra i danni causati dalle radiazioni ultraviolette del sole c’è la distruzione permanente della struttura che sostiene la pelle, la comparsa prematura di rughe, le
lesioni pre-cancerose, le reazioni indesiderate ai farmaci, i danni oculari, la vasodilatazione, le ustioni ed i tumori cutanei.
Le radiazioni ultraviolette sono una fonte significativa di patologie oculari.
I raggi invisibili del sole passano attraverso le nubi. Questo rende la pelle esposta
alle ustioni solari sia nelle giornate nuvolose che nelle giornate di sereno.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
70
Chi è fotosensibile
dal punto di vista medico?
Tutti gli individui, in una certa misura
e per una determinata durata di tempo, sono
sottoposti alle radiazioni solari, ma alcuni
individui sono più sensibili di altri.
Definizioni:
Fotosensibile: Sensibile o sensibilizzato all’azione dell’energia radiante.
Fototossico:
Sostanza che subisce delle variazioni chimiche in seguito all’interazione con la luce
solare, in particolare in seguito all’esposizione ai RUV, causando danni (come ustioni e
vescicole) quando a contatto con la pelle.
Danno fototossico. Danno indotto da una
sostanza fototossica, che non comporta
l’attivazione del sistema immunitario.
Dermatite fotoallergica.
La sostanza chimica si trasforma in allergene
in seguito all’interazione con la luce solare, in
particolare RUV, causando dermatite fotoallergica a contatto con la cute. La dermatite
fotoallergica è mediata dal sistema immunitario ed è legata alla predisposizione individuale del soggetto. A causa delle modificazioni
che stanno avvenendo all’ambiente e della
deplezione dello strato di ozono, il numero di
persone fotoallergiche è in aumento.
Fotosensibilità
Tutte le seguenti condizioni cutanee
richiedono una protezione solare elevata
(FPS = 50+) (Colipa) e ad ampio spettro
(UVB + UVA):
1. Anamnesi personale e/o familiare
positiva per melanoma, tumori cutanei non melanoma e condizioni premaligne. È stata appurata una relazione
diretta di causa ed effetto con la luce
ultravioletta.
2. Lupus. Il lupus è una malattia cronica
infiammatoria che può colpire un singo-
lo organo o un sistema. Le manifestazioni cutanee sono molto frequenti.
L’ esposizione al sole può causare o accelerare i rash cutanei e, cosa più importante, può esasperare la progressione del
lupus, persino determinando un peggioramento delle lesioni di organi interni.
3. Chemioterapia e terapia radiante
postoperatoria. I pazienti sottoposti a
tali terapie richiedono una protezione
solare adeguata, che contribuisce a ridurre al minimo le specifiche reazioni di
fotosensibilità farmaco-indotte legate alle
chemioterapia ed il danno tissutale conseguente alla terapia radiante.
4. Terapia immunosoppressiva per trapianto. I pazienti che ricevono queste
terapie richiedono elevata protezione da
tutti i raggi solari nocivi. L’ immunosoppressione dopo trapianto d’organo espone spesso il paziente al rischio di sviluppare un tumore cutaneo. Un paziente
trapiantato può sviluppare numerosi piccoli tumori cutanei che pongono seri
rischi per la sua salute e, se trascurati,
possono persino causarne la morte.
5. “Resurfacing” della pelle, peeling chimico, microdermoabrasione. Queste
procedure sono causa di esagerata sensibilità cutanea alle radiazioni solari. Gli
individui che si sono sottoposti a queste
procedure richiedono una protezione
solare costante ed appropriata.
6. Chirurgia estetica del viso e traumi
facciali. I pazienti richiedono una protezione totale ad ampio spettro.
7. Vitiligine. Un singolo evento, come
un’ustione solare, è in grado di innescare
l’esordio della malattia. Le terapie per il
trattamento della vitiligine richiedono
che i pazienti facciano uso di una protezione ad ampio spettro.
8. Rosacea. Condizione cronica aggravata
dall’esposizione al sole. Di solito inizia
con un eritema delle guance e lentamen-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
71
te peggiora fino a interessare in maniera
persistente una o più zone.
9. Eruzione polimorfa alla luce (EPL).
Questa dermatosi acquisita è la più comune tra le fotodermatosi idiopatiche. La
EPL è caratterizzata da reazioni anomale
ricorrenti alla luce del sole, che comprendono papule eritematose, vescicole e placche, oltre a lesioni eritematose di tipo
multiforme sulle superfici esposte al sole.
durante il secondo anno di vita e sono
annunciati da eruzioni eritemato-squamose nelle aree cutanee esposte al sole, che di
solito si risolvono lasciando delle zone di
iperpigmentazione o delle cicatrici.
3. Sindrome di Chediak-Higashi: disordine ereditario del sistema immunitario
che causa infezioni croniche, deficit della
pigmentazione della pelle e degli occhi,
sintomi neurologici e morte prematura.
10. Orticaria solare. Reazione anomala alla
luce del sole naturale o a quella artificiale.
Quando sono esposte al sole, le cellule
della pelle di un individuo che soffre di
orticaria solare rilasciano potenti mediatori chimici (compresa l’istamina), che
determinano a livello dermico vasodilatazione ed edema. Questi pazienti avvertono
prurito e sviluppano pomfi e/o vescicole.
Tali lesioni possono comparire fino a un’ora dopo l’esposizione al sole e scomparire
rapidamente nello stesso arco di tempo.
4. Sindrome di Darier: nota anche come
cheratosi follicolare, è un raro disordine
genetico che si manifesta prevalentemente attraverso modificazioni cutanee.
L’esordio delle modificazioni cutanee
avviene di solito nell’adolescenza e la
malattia è generalmente cronica.
11. Dermatite atopica. Le aree eczematose
sono caratterizzate da eritema, desquamazione, vescicolazione, erosioni ed
escoriazioni da grattamento. A livello
delle lesioni cronicizzate, è presente
lichenificazione (ispessimento cutaneo
ed accentuazione della trama cutanea).
6. Albinismo oculocutaneo: disordine ereditario caratterizzato da un deficit di melanina negli occhi, nella pelle e nei capelli.
La mancanza di pigmenti negli occhi causa
fotofobia (sensibilità alla luce), nistagmo e
diminuzione dell’acuità visiva.
Malattie genetiche
e congenite
come causa di fotosensibilità
1. Sindrome di Bloom: raro disordine autosomico recessivo caratterizzato da teleangectasie e fotosensibilità, deficit della
crescita ad esordio prenatale, vari gradi di
immunodeficienza, aumentata suscettibilità a varie neoplasie in diversi siti.
2. Sindrome di Cockayne: raro disordine ereditario caratterizzato da ritardo nella crescita, fotosensibilità, invecchiamento precoce e morte prematura. L’estensione e la
gravità dei sintomi clinici sono variabili da
paziente a paziente. I sintomi hanno inizio
5. Dermatomiosite: disordine infiammatorio cronico della pelle e dei muscoli associata a macchie dovute a rash rossastri e
piuttosto rilevati o squamosi.
7. Fenilchetonuria: comunemente conosciuta come PKU, è un disordine metabolico ereditario. In questa patologia l’amminoacido fenilalanina nel sangue aumenta
fino a livelli allarmanti. Se la PKU non viene curata, l’eccesso di fenilalanina può causare ritardo mentale ed altri gravi problemi
di salute. I bambini affetti da PKU classica
tendono ad avere pelle e capelli più chiari
rispetto ai familiari sani, in quanto la fenilalanina ha un ruolo importante nella pigmentazione della pelle. I bambini affetti da
questa patologia sono soggetti a malattie
della pelle come l’eczema.
8. Porfiria è un gruppo di varie patologie in
cui la produzione di eme è interrotta.
Porfiria deriva dal greco “porphyra”, che
significa porpora. Quando la produzione
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
72
di eme è deficitaria avviene una sovrapproduzione di porfirina che conferisce una
colorazione rosso-porpora alle urine. Tutte
le forme di porfiria sono ereditarie. Le caratteristiche cliniche chiave sono sensibilità cutanea alla luce e/o attacchi acuti intermittenti di dolori addominali e nervosi.
9. Sindrome di Rothmund-Thomson: malattia ereditaria caratterizzata da degenerazione progressiva (atrofia), cicatrici e pigmentazione anomala della cute, oltre a
È
ritardo nella crescita, calvizie prematura,
cataratta giovanile, naso a sella e malformazioni dei denti, dei capelli e delle ossa.
10. Xeroderma pigmentoso (XP): malattia
genetica caratterizzata da una sensibilità
alla luce così accentuata da sfociare nello
sviluppo di tumori cutanei in età molto
precoce. I bambini con XP possono giocare in sicurezza all’aperto soltanto di notte.
Sono stati per questo chiamati “bambini di
mezzanotte” o “bambini dell’oscurità”.
DIMOSTRATO CHE:
La luce UVA ha effetti immunosoppressivi. Inoltre è stato provato un rapporto diretto tra questi effetti e la carcinogenesi cutanea.
I fototipi scuri sono meno soggetti al melanoma rispetto a quelli chiari, mentre le persone con la pelle scura perché abbronzate o perché fanno uso di autoabbronzanti non godono della stessa protezione.
Il sistema immunitario è sensibile agli agenti esterni come le radiazioni UV. Le
radiazioni UV diminuiscono l’efficacia del sistema immunitario modificando l’attività e la distribuzione delle cellule di Langerhans, che hanno la funzione di
innescare la risposta immune.
La probabilità di sviluppare un tumore della pelle nel corso della vita è di uno
a cinque. Quasi il 50% dei soggetti di età ≥ 65 anni svilupperà un tumore cutaneo almeno una volta nel corso della propria vita.
Tra tutti i tipi di tumore, quello della pelle è quello a maggiore prevalenza.
Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 250.000 casi.
La cute diventa più vulnerabile ai danni del sole dopo un intervento chirurgico e trattamenti come il peeling chimico.
Farmaci soggetti a prescrizione e fotosensibilità
Sono 400 i farmaci noti come causa di reazioni
di fotosensibilità e foto-allergia. La fotosensibilità
può essere provocata da farmaci comunemente
usati, come certi antibiotici, la pillola anticoncezionale, i diuretici, gli antistaminici, gli antidepressivi e molti retinoidi (come la vitamina A).
Farmaci fotosensibilizzanti
Antiretrovirali per AIDS
Ritonavir
Saquinavir
Somatropin
Antiaritmici
Amiodarone
Anticonvulsivanti
Divalproato
Valproato
Acido valproico
Antibiotici/antimicrobiali/antivirali
Acyclovir
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
73
Azitromicina
Cidofovir
Ciprofloxacina
Clindamicina
Demeclociclina
Doxiciclina
Griseofulvina
Norfloxacina
Pentosan
Sulfametossazolo-trimethoprim
Sulfisoxazolo-eritromicina
Trovafloxacina mesilato
Valaciclovir
Antiartritici/analgesici
Celecoxib
Diclofenac
Etodolac
Ibuprofene
Ketoprofene
Meloxicam
Naprossene
Nabumetone
Naprossene sodico
Oxycodone
Sulindac
Sumatriptan
Antidepressivi
Amitriptilina
Desipramina
Protriptilina
Trimipramina
Antiepilettici
Oxacarbazepina
Antifungini
Flucitosina
Antistaminici
Cetrizina idrocloride
Ciproeptadina
Difeniramina
Antipertensivi
Atenololo-clortalidone
Benazepril
Bisoprololo-idroclorotiazide
Clonidina-clortalidone
Diltiazem
Enalapril
Enalapril-felodipina
Enalapril-idroclorotiazide
Fosinopril
Idroclorotiazide
Losartan
Losartan-idroclorotiazide
Moexpril
Moexpril-idroclorotiazide
Valsartan
Antileucemici
Pentostatin
Antimalarici
Idrossiclorochina
Antineoplastici
Capecitabina
Flutamide
Levamisolo
Porfimer sodico
Antiparkinsoniani
Selegilina
Atipsicotici
Carbamazepina
Clozapina
Perfenazina
Proclorperazina
Risperidane
Thiotixene
Ziprasidone
Soppressori dell’appetito
Sibutramina
Antisporiasici
Acitretina
Tazarotene
Antiasmatici/anti-infiammatori
Triamcinolone
Cardiovascolari
Anagrelide idrocloride
Atrovastatina
Captopril
Carvedilolo
Fenofibrato
Gemfibrozil
Lisinopril
Ramipril
Chemioterapici
5-fluorouracile
Interferon alfa-2b
Interferon alfa-n3
Trattamento dell’endometriosi
Leuprolide
Disfunzione erettile
Sildenafil citrato
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
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Diuretici
Clorotiazide
Furosemide
Idroclorotiazide
Idroflumetiazide
Metolazone
Politiazide
Politiazide-prazosina
Triamterene
Gastrointestinali
Mesalamina
Rabeprazolo
Trattamento della sclerosi multipla
Interferon beta-1 a
Profilassi del rigetto d’organo
Sirolimus
Tacrolimus
Agenti fotosensibilizzanti
Acido aminolevulinico
Verteporfin
Retinoidi
Isotretinoina
Tazarotene
Agenti salivari
Cevimelina
Sedativi/ipnotici
Zaleplon
Miorilassanti
Dantrolene
Oftalmologici
Norfloxacina
Metazolamide
Pilocarpina
Trimethoprim-Polymyxina
Le informazioni riportate in questa lista sono
tratte da: Physicians’ Desk Reference Companion Guide, Side Effects Index, Photosensitivity,
2002; 1357-1358.
Questa lista non comprende i farmaci fotosensibilizzanti con un’incidenza descritta come
“rara”, “meno frequente”, “meno comune”, “infrequente”, “occasionale”, “estremamente rara”, o
che si verifica in “alcuni individui”, “in un caso”,
“almeno in un paziente” o “in casi isolati”.
Questa lista non comprende tutti i farmaci in
grado di provocare fotosensibilità.
La chimica degli schermi solari
Definizione di protettivo solare: agente
chimico o fisico che protegge la pelle dall’ustione solare e dall’eritema assorbendo o
bloccando le radiazioni ultraviolette. Una
preparazione, spesso sotto forma di crema o
lozione, usata per proteggere la pelle dai
raggi ultravioletti del sole. I protettivi solari
contengono filtri chimici e/o bloccanti fisici
formulati per proteggere la pelle. Questa
sezione fornisce brevi descrizioni tecniche su
come funzionano i protettivi solari.
Schermi fisici
Gli schermi fisici rientrano in tre categorie:
Bloccanti fisici diretti;
Bloccanti indiretti che esplicano un’azione coadiuvante aumentando la distribuzione dei bloccanti diretti;
Polimeri, spesso derivati degli amidi, che
incrementano in modo sostanziale la lunghezza effettiva del percorso che i raggi solari devono coprire per raggiungere la pelle.
Schermi fisici diretti
La maggior parte dei fotobloccanti fisici
sono composti di metalli che si trovano allo
stato naturale, come ferro, cromo, zinco, titanio, ecc. Altri invece, come il bismuto, sono
prodotti dall’uomo. Oltre alle loro proprietà
fotoprotettive, queste sostanze sono di aiuto
per prevenire le irritazioni causate dal vento e
i danni conseguenti dalle micro particelle di
polvere e sporco trasportate dal vento.
Un’ulteriore proprietà significativa di questi
bloccanti fisici è la loro capacità di offrire una
difesa contro i raggi infrarossi (calore) in due
modi diversi:
Le particelle grandi abbastanza da essere
visibili (cioè di riflettere la luce visibile) riflettono e rifraggono anche le onde infrarosse più dannose per la pelle (760-1.800 nm).
Indipendentemente dalla grandezza delle
particelle, queste sostanze a base di
metalli hanno una funzione di “abbattimento del calore” e pertanto riducono gli
effetti nocivi del calore sulla pelle.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
75
Biossido di titanio
Il biossido di titanio è ampiamente utilizzato nella cosmesi come pigmento bianco
in polvere. Lo scopo di inserire una certa
quantità di particelle di titanio è di conferire
opacità ai prodotti che lo contengono e di
dare luce (o rendere bianco) al loro colore. Il
biossido di titanio opaco riflette e disperde in
gran misura tutti i raggi UV e la luce visibile.
Riflette anche la luce infrarossa. La sua azione
è astringente, calmante, rinfrescante e di prevenzione dell’invecchiamento cutaneo.
Per essere foto-stabilizzato, il biossido di titanio
deve essere rivestito a livello microscopico di
sostanze protettive come il silicio o l’ossido di
alluminio. Dato che il biossido di titanio si
distribuisce scarsamente sulla pelle, è necessario modificarlo in modo da assicurare che il suo
strato protettivo sia distribuito in modo uniforme sulla superficie della pelle. Per ottenere
accettabilità ed utilità cosmetica, oltre a rivestire il biossido di titanio, lo si inserisce in una
formulazione in grado di assicurarne un’applicazione buona ed uniforme. I prodotti contenenti grandi quantità di particelle di biossido di
titanio con l’applicazione formano una patina
bianca ed opaca sulla pelle. Per renderla invisibile, è possibile sub-micronizzare la polvere di
biossido di titanio. Il processo di submicronizzazione forma minuscole particelle che creano
efficacemente una più ampia superficie con
maggiore capacità di assorbire la luce visibile.
Questo permette al prodotto risultante di offrire una protezione solare altamente efficiente
che aiuta a proteggere la pelle in larga misura
dalle radiazioni UVB e UVA, ma rimanendo
invisibile sulla pelle. Il biossido di titanio trasparente (sub-micronizzato) agisce assorbendo,
riflettendo e disperdendo la maggior parte dei
raggi UVB ed alcuni raggi UVA. Tuttavia, la protezione contro i raggi UV, visibili e infrarossi è
limitata in modo significativo quando il biossido di titanio è l’elemento protettivo primario.
Ossido di zinco
L’ossido di zinco è conosciuto e utilizzato da secoli a livello topico come protettivo
della pelle e coadiuvante nella guarigione delle
ferite. È riconosciuto come moderato agente
antimicrobico. Da oltre 50 anni l’ossido di zinco viene utilizzato come bloccante della luce
ultravioletta (UVB e UVA). Come il biossido di
titanio, questa sostanza riflette la luce infrarossa sulla pelle, ma ha una maggiore capacità di
protezione dagli UVA rispetto al biossido di
titanio. L’ossido di zinco assorbe più che disperdere la maggior parte delle radiazioni UVA,
mentre il biossido di titanio ha un’azione principale di dispersione di queste lunghezze d’onda. Pertanto, formulato in combinazione con
biossido di titanio, l’ossido di zinco ultrafine
“chiude la finestra” alla gamma dei raggi UVA.
L’ossido di zinco ha sia un’azione complementare alla protezione fornita dal biossido di zinco, sia di estensione della fotoprotezione della
pelle nei casi in cui il biossido di titanio è insufficiente. La dimensione ottimale delle particelle
dell’ossido di zinco per un’azione bloccante dei
raggi ultravioletti (ma non della luce visibile) è
di circa 80-150 nanometri (1.000 nanometri =
1 micron).
Ossidi di ferro
Di solito si considera l’ossido di ferro in
due forme: come ruggine che si forma sul ferro
esposto agli agenti atmosferici oppure nelle formulazioni cosmetiche, in cui è impiegato per
dare il colore desiderato ad uno strato coprente. Anche se non hanno l’approvazione di alcune Autorità Regolatorie (Food and Drug Administration) come ingredienti attivi dei filtri solari,
molte aziende utilizzano gli ossidi di ferro per i
loro filtri solari. Gli ossidi di ferro per uso cosmetico sono prodotti artificialmente per ottenere livelli molto alti di purezza, nonché il colore e la dimensione delle particelle desiderati.
I pigmenti di ossido di ferro per uso cosmetico
sono polveri micronizzate. Grazie al controllo
della purezza, delle dimensioni delle particelle,
della temperatura e della velocità di essiccazione durante la produzione, essi sono attualmente disponibili in molte sfumature e toni di
rosso, giallo, nero e marrone (e composti di
questi colori). Questi pigmenti cosmetici, se
aggiunti a concentrazioni adeguate e dispersi
appropriatamente, non solo aggiungono colore
alla lozione (o crema, polvere, ecc.), ma contribuiscono in modo significativo alla protezione
nei confronti di molte radiazioni luminose. Gli
ossidi di ferro ultra-submicronizzati non solo
proteggono dalle onde luminose visibili ma
aggiungono anche un po’ di colore al prodotto
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
76
finito. Questo consente il raggiungimento di
livelli più elevati di protezione dalle onde infrarosse contribuendo anche a migliorare l’aspetto
della preparazione finale. Gli ossidi di ferro
submicronizzati hanno dimostrato anche un
considerevole effetto di blocco dei raggi ultravioletti, ad ulteriore complemento degli agenti
con funzione principale di blocco dei raggi UV.
Schermi fisici indiretti adiuvanti
Esempi di queste particelle sono il
talco o la mica allo stato naturale. Questi
minerali sono costituiti solitamente da particelle di forma piatta e ovale, di dimensioni
molto piccole ma comunque molto più grandi rispetto a quelle dei bloccanti fisici diretti.
Una porzione molto piccola di particelle di
bloccanti fisici diretti ricopre il più grande e
piatto talco (mica, ecc.). Essendo piatte e
lisce, le particelle di talco ricoperte scivolano
facilmente le une sulle altre, sovrapponendosi ed aumentando efficacemente la copertura
protettiva sulla pelle.
Polimeri
I polimeri possono essere sostanze
naturali estratte dalle piante, sostanze seminaturali modificate o derivate da prodotti animali (ad esempio la chitina modificata, estratta dai gusci dei gamberetti), oppure sostanze
sintetiche come il nylon micronizzato. Certi
polimeri, se inseriti sapientemente in una preparazione fotoprotettiva, creano una struttura
a gabbia che costringe i raggi ultravioletti e
quelli della luce visibile (100-760 nm) a passare attraverso un “labirinto” invece di raggiungere direttamente la pelle. Questo percorso
allungato aiuta a proteggere la pelle da questi
raggi impedendo al alcuni raggi di raggiungere la pelle, facendo sì che altri raggi raggiungano la pelle dopo che parte della loro energia si
è dissipata ed aumentando il tempo di contatto tra i raggi e i filtri organici o bloccanti fisici.
Questi polimeri (che, per inciso, migliorano
anche la sensazione sulla pelle del prodotto
cosmetico finito) forniscono di per sé una
modesta fotoprotezione. Aiutano a difendere
la pelle dal vento e dalla polvere e dall’inquinamento. Nondimeno, in presenza di agenti
fotoprotettori attivi, questi polimeri sono in
grado di aumentare da 3 a 5 volte il fattore di
protezione solare (FPS).
Assorbenti chimici/filtri organici
I filtri solari chimici (noti anche come
filtri organici) sono di solito solubili in olio o
in acqua e filtrano le radiazioni UVB o UVA
con gradi di efficienza variabili. Nessun filtro
organico blocca completamente i raggi UVB o
UVA. Inoltre, l’effettiva protezione offerta da
qualsiasi prodotto per la protezione solare è
legata direttamente al loro livello di concentrazione, allo spessore dello strato applicato
sulla pelle e all’accurata, totale copertura delle
zone di cute fotoesposta.
Gli assorbenti chimici maggiormente impiegati nei filtri solari comprendono:
Salicilato di ottile
I salicilati sono la più vecchia classe di
filtri solari e tra questo il salicilato di ottile è
il più ampiamente usato. Sebbene assorba
esclusivamente e in misura limitata i raggi
UVB, il suo utilizzo nelle formule offre diversi vantaggi, tra cui:
è virtualmente privo di effetti irritanti e
sensibilizzanti sulla pelle;
dal punto di vista cosmetico, è un “olio” emolliente di facile gestione che funge da
buon solvente (solubilizzatore) per altri filtri solari organici solidi come i benzofenoni.
Dimetile di ottile PABA (Padimato O)
Questo assorbente oleoso di UVB è il
più efficiente per la copertura che offre nei
confronti di questo tipo di raggi ultravioletti.
Ha la massima efficacia di assorbimento sulle
massime frequenze, quelle cioè che hanno
effetto ustionante (310-312 nm). È stato il filtro solare più diffuso fino a quando sono stati
riportati degli effetti avversi di fotosensibilizzazione che ne hanno ridotto l’uso. Il
Padimato O è un derivato dell’acido 4-aminobenzoico (PABA), da cui però si differenzia. Il
materiale purificato attualmente utilizzato è
essenzialmente privo di PABA.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
77
Metossicinnamato di ottile
Attualmente questo liquido oleoso è
l’assorbente di raggi UVB organico più
ampiamente utilizzato al mondo. È secondo
per efficienza al Padimato O, ma offre una
protezione più ampia (300-315 nm) nel
range degli UVB eritematogeni. Ha un buon
livello si sicurezza documentato ed è relativamente facile da formulare. Inoltre ha un’azione emolliente e non è solubile in acqua.
Aderisce tenacemente alla pelle.
Metil-antranilato
Un assorbente collaudato e sicuro, ma
nel complesso debole. Il metil-antranilato assorbe le onde che vanno dai raggi UVB di lunghezza d’onda di 300 nm fino agli UVA (fino a
circa 340 nm). Può in qualche modo migliorare l’assorbimento dei raggi UVB e di quelli UVA
con lunghezza d’onda più bassa (320-340 nm)
da parte di agenti assorbenti più efficaci.
Ossibenzone (benzofenone-3)
e Sulisobenzone (benzofenone-4)
Queste due sostanze sono strettamente
legate agli assorbenti solidi (in polvere).
L’ossibenzone non è solubile in acqua, ma la
sua forma acida, il sulisobenzone, può essere
resa solubile in acqua se neutralizzata. Anche se
questi composti sono classificati come assorbenti UVA, assorbono anche gli UVB. Nel complesso offrono solo una modesta protezione dai
raggi UVB e da parte dei raggi UVA (320-360
nm). Sono piuttosto stabili e possono accrescere l’efficacia di assorbenti UVB più forti.
Avobenzone (Parsol® 1789)
Questo agente solido (in polvere) presenta un assorbimento marginale dei raggi
UVB e dei raggi UVA a più bassa frequenza
(320-360 nm). Fornisce un buon assorbimento dagli UVA di lunghezza d’onda compresa tra 330 e 340 nm ed un ottimo assorbimento del range di UVA da circa 370 nm.
A quel livello perde rapidamente di efficacia.
A causa della sua potenziale azione irritativa,
il suo uso è permesso soltanto a basse concentrazioni. Di conseguenza questo limita l’effettivo livello di protezione ottenibile. Inoltre
l’avobenzone, in presenza della luce solare,
può trasformarsi facilmente nella sua forma
inattiva e perdere abbastanza rapidamente più
di un terzo della sua forma attiva. Pertanto l’avobenzone (Parsol® 1789) offre un’utile ma
limitata protezione dai raggi UVA. La sua utilità può essere incrementata combinandolo
con assorbenti dei raggi UVB e con degli agenti fisici di protezione, come l’ossido di zinco.
Ottocrilene
È un assorbente dei raggi UVB e UVA
con azione emolliente e resistente all’acqua.
L’ottocrilene è uno schermo solare relativamente debole, ma offre protezione da alcuni
raggi UVB e dagli UVA a più bassa frequenza
(320-350 nm). Cosa più importante, l’ ottocrilene è un assorbente molto stabile ed esercita un’azione sia di protezione sia di aumento dell’efficacia di altri assorbenti dei raggi
UVB; inoltre migliora la loro capacità di fornire una copertura uniforme della pelle.
Ingredienti attivi per i filtri solari
approvati dalla FDA
Ingredienti attivi dei filtri solari con
codice Sec. 352.10
Acido aminobenzoico (PABA) fino al 15%
Avobenzone fino al 3%
Cinoxato fino al 3%
Dioxibenzone fino al 3%
Omolasato fino al 15%
Metil antranilato fino al 5%
Ottocrilene fino al 10%
Metossicinnamato di ottile fino al 7,5%
Salicilato di ottile fino al 5%
Ossibenzone fino al 6%
Padimato O fino all’8%
Acido solfonico fenilbenzimidazolo
fino al 4%
Sulisobenzone fino al 10%
Biossido di titanio fino al 25%
Trolamina salicilato fino al 12%
Ossido di zinco fino al 25%
Ecamsule (Mexoryl)
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
78
Protettori cellulari
I filtri solari contengono anche sostanze che aiutano a proteggere la pelle dai danni
non visibili causati dal sole. Le radiazioni
UVA penetrano in profondità nella pelle e
danno inizio ai processi ossidativi a livello
cellulare. L’esposizione agli UVA determina
modificazioni della pigmentazione, come
l’abbronzatura, ma anche le macchie iperpigmentate. Varie forme dell’ossigeno rappresentano i radicali liberi che danneggiano le
cellule, compresi l’anione superossido O2 e i
radicali ossidrili OH, sono rilasciati direttamente per induzione dagli UVA. Questo produce il danno cellulare, in particolare
mediante la perossidazione dei lipidi di
membrana. La formazione di perossido di
idrogeno, causa un ulteriore danno cellulare.
L’azione principale degli UVA consiste nel
conferire energia alle molecole della pelle,
compreso l’ubichinone (Coenzima Q10).
Queste molecole interagiscono con l’ossigeno causando la produzione delle sopracitate
forme altamente reattive dell’ossigeno degradando il DNA cellulare.
Segno evidente del danno causato dagli UVA
sono inizialmente le ustioni (in questo caso
si aggiungono all’azione ustionante degli
UVB), poi compaiono infiammazioni ed
imbrunimento inscurimento della cute. In
seguito contribuiscono all’invecchiamento
della pelle (photoaging) ed alla comparsa di
tumori cutanei. La Skin Cancer Foundation ha
dimostrato che la deplezione della vitamina
E nella pelle causata dall’esposizione ai raggi
UVA è in grado di contribuire sia al photoaging che alla formazione di tumori cutanei.
Protezione cellulare attiva
e di sostegno
La prima linea difensiva consiste nel
proteggere la pelle dagli effetti avversi degli
UVB e degli UVA. Per gli UVB (290-320 nm)
concentrazioni adeguate di filtri solari ottengono un fattore di protezione (FPS) pari a 30
o più. Diversi assorbenti chimici daranno una
protezione moderata (non adeguata) contro la
metà più bassa dello spettro UVA (320350/360 nm). L’elemento chimico in grado di
assorbire gli UVA più utilizzato, il Parsol®
1789 (avobenzone), offre una buona protezione da una più ampia porzione della regione
UVA (fino a circa 370-374 nm), ma è ancora
incompleto ed è ritenuto foto-instabile, cioè
va incontro ad una rapida degradazione conseguentemente all’esposizione alle radiazioni
UV. Cosa ancora più preoccupante, è che i filtri solari contro gli UVB possono essere degradati da un meccanismo di fotosensibilizzazione dell’avobenzone. In altre parole l’avobenzone sembra non soltanto perdere rapidamente la capacità fotoprotettiva dagli UVA, ma
può in pratica diminuire il livello di protezione dei filtri solari UVB. Queste notizie devono
spingere a formulare molto accuratamente i
prodotti ed a testarli adeguatamente. In particolare devono essere aggiunte molecole stabilizzanti quando si inserisce l’avobenzone in
un prodotto di protezione dai raggi UV.
Per aumentare la protezione contro il danno
cellulare causato dai raggi UVB ed UVA,
occorre introdurre dei bloccanti fisici, come
gli ossidi di ferro, il biossido di titanio e l’ossido di zinco, oltre agli estensori (particelle
che estendono l’efficacia delle particelle più
piccole dell’ossido di ferro, del biossido di
titanio e dell’ossido di zinco) come la mica
ed il talco. È essenziale che questi protettori
fisici siano inseriti a concentrazioni adeguate
per ottenere una protezione completa per
periodi prolungati.
I protettori cellulari supplementari non hanno
la funzione dei principali assorbenti UV
(anche se alcuni possono dimostrare una certa
capacità di assorbimento nello spettro UVBUVA). Essi agiscono invece direttamente e
indirettamente nel prevenire i danni cellulari.
Qui di seguito viene riportata una lista parziale di esempi di protettori cellulari comunemente utilizzati nei filtri solari. Non si
tratta di una lista completa, ma piuttosto una
rassegna di protettori cellulari con diverse
modalità o siti di protezione attiva.
Vitamina E
Nel suo stato attivo puro “naturale”,
come il tocoferolo, la vitamina E protegge i
prodotti dall’ossidazione, ma è troppo reattiva per mantenere un’attività adeguata nella
pelle se applicata a livello topico. Fortunatamente la cute è in grado di metabolizzare
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
79
forme più stabili della vitamina E dalle quali
è possibile rilasciare il tocoferolo i caso di
necessità. Il tocoferil-acetato ed il tocoferillinoleato sono le forme più diffuse tra quelle
usate nei filtri solari. Come antiossidante
solubile in olio, il tocoferolo offre alle cellule
cutanee una considerevole protezione. La
vitamina E “rompe” la catena reattiva dei
radicali liberi prima che questi possano causare la distruzione delle membrane cellulari
indotta dalla perossidazione. Tuttavia richiede la presenza di un agente rigeneratore, una
sostanza che prevenga la sua rapida deplezione. La vitamina C, (vedi sotto) è uno di
questi agenti rigeneratori.
Vitamina C
La vitamina C (acido ascorbico) è uno
degli antiossidanti più efficaci disponibili ed
è usata nei filtri solari per rigenerare la vitamina E liposolubile in modo tale che mantenga la sua attività di protezione della membrana cellulare. La vitamina C è disponibile
in molte forme, alcune delle quali sono idrosolubili (per esempio l’acido ascorbilfosfato),
mentre altre sono lipo-solubili, come l’ascorbil palmitato.
L’ascorbil palmitato applicato localmente ha anche dimostrato un’azione di protezione contro le ustioni da raggi UVB ed ha
un’attività antinfiammatoria.
Le combinazioni dei composti con vitamina
C e vitamina E sembrano offrire una maggiore protezione contro l’insulto cellulare conseguente all’esposizione ai raggi UVB e/o UVA
rispetto ad uno solo dei due agenti ossidanti. Inoltre la vitamina C protegge moderatamente dal danno da UVB ed anche contro la
fototossicità indotta dagli UVA.
Beta-carotene
Questo precursore della vitamina A è
un pigmento giallo-arancio/arancio-rosso
lipo-solubile e si trova nella maggior parte
delle verdure. Il beta-carotene è un eccellente
estinguente dell’ossigeno singoletto (radicale
libero) e dei radicali liberi che partecipano alla
perossidazione dei lipidi.
Secondo quanto riportato, il beta-carotene è valido nel trattamento della protoporfiria eritropoietica (EPP), una malattia che
causa fotosensibilità alle frequenze più elevate
degli UVA ed al range di luce visibile (380560 nm). Inoltre esiste la prova che il betacarotene inibisce la carcinogenesi favorita dai
raggi ultravioletti.
Antocianidi/Protoantocianidi
Questi antiossidanti similbioflavonoidi si trovano nei vegetali come la corteccia di
pino (il pino marittimo produce un proantocianide, venduto sotto il marchio commerciale Picnogenolo) e nell’uva. Questi composti sono i più attivi estinguenti dei radicali
liberi tra quelli conosciuti. Gli antocianidi
accrescono l’azione degli ascorbati (vitamina
C) e integrano le qualità protettive del tocoferolo (vitamina E). Numerosi lavori pubblicati in letteratura descrivono la capacità di
questi bioflavonoidi antiossidanti altamente
specializzati non solo nel potenziare la vitamina C e nel proteggere le cellule e il tessuto collageno, ma anche nel rafforzare i vasi
sanguigni e nel mantenere sani i capillari.
Selenio
Numerose pubblicazioni mediche, farmaceutiche e nutrizionali descrivono la capacità del selenio, in dosi molto basse, di contribuire alla prevenzione dei tumori, compresi
quelli della pelle, di agire come antinfiammatorio e di fungere da adiuvante nella riparazione del DNA cellulare. Le pubblicazioni
riferiscono anche che il selenio riduce la reattività delle cellule cutanee all’esposizione ai
raggi UV. I composti complessi del selenio
applicati localmente a concentrazioni inferiori
allo 0,05% favoriscono una riduzione significativa del danno cutaneo da UV (osservabile
grazie a una riduzione delle infiammazioni,
una minore pigmentazione ed un ritardo nella
comparsa dei tumori cutanei).
Chelanti
I chelanti sono composti che legano i
metalli, in particolare il ferro, e ne impediscono l’interazione con altri materiali. Alcuni
chelanti si formano naturalmente, altri sono
sintetizzati.
I chelanti del ferro proteggono contro il
danno cellulare dei radicali liberi dell’ossigeno. Esempi di composti chelanti sono l’orto-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
80
fenantrolina, l’acido edetico (e i suoi sali/derivati) e la dipiridilamina.
È stato riferito che l’applicazione topica
dei chelanti precedente all’esposizione ai raggi
UV riduce e/o ritarda la comparsa di rughe
visibili causate dall’esposizione agli UV e la
formazione di tumori.
Fotoprotettori
ed adiuvanti cellulari vari
Alcune sostanze proteggono le cellule
cutanee per via indiretta dai danni causati
È
dalle onde luminose trattenendo gli assorbenti dei raggi UV sulla superficie cutanea,
come l’octildodecil neopentanoato, oppure
formando una pellicola con struttura a “labirinto” (matrice) che si lega tenacemente alla
superficie cutanea.
Queste sostanze, come gli acrilati/copolimeri ottilpropenamide e l’amido
ottenilsuccinato di alluminio allungano
significativamente il percorso della luce
verso le pelle, riducendo così la capacità
della luce di danneggiare le cellule cutanee.
DIMOSTRATO CHE:
I filtri solari hanno una provata capacità di prevenire i carcinomi squamocellulari. Per alcune aree specifiche occorre considerare prodotti specifici (per
esempio viso e decolleté sono esposti significativamente di più rispetto alla schiena ed all’addome).
Protezione solare ad ampio spettro
anche che assicurino un fattore di protezione
solare elevato. Tale caratteristica è importante,
non solo per i pazienti affetti da
condizioni di fotosensibilità ma
anche per chiunque voglia mantenere efficiente il proprio sistema immunitario e contribuire
alla prevenzione dei tumori cutaFPS 60 e FPS 65
nei. In particolare, “ampio spettro”
significa che la protezione si
Riflessione
Riflessione
estende dallo spettro dei raggi
UVB (290-320 nm) allo spettro
degli UVA (320-400 nm).
FPS 60 e FPS 65
Alcuni prodotti ad ampio spetGli UVB (290-320 nm)
tro offrono una protezione solo
provocano eritema
e danni epidermici
parziale dai raggi UVA nel range
dei 340-400 nm.
Gli UVA (320-400 nm) provocano
un danno dermico profondo,
I prodotti con elevato FPS con(formazione di rughe,
tenenti degli assorbenti degli
invecchiamento precoce
e tumori cutanei)
UVB e ossido di zinco o biossido di titanio, avobenzone o altri
Strato sottocutaneo
benzofenoni forniscono una
buona protezione contro le lunghezze d’onda comprese nel
range 290-400 nm.
Figura ? La pelle, il sole e le formulazioni Fallene con FPS 60 e 65.
Molti filtri solari offrono una protezione dagli
UVA/UVB “ad ampio spettro”, ma è importante
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
81
È
FALSO
DIMOSTRATO CHE:
VERO
L’abbronzatura è salutare
L’abbronzatura deriva da un meccanismo
di difesa dell’organismo contro ulteriori
danni provocati dalle radiazioni UV
L’abbronzatura protegge dal sole
Un colorito scuro su una pelle chiara offre
solo un FPS pari a 4
Non è possibile scottarsi
con il cielo nuvoloso
Fino all’80% delle radiazioni solari UV
possono penetrare attraverso uno strato
leggero di nubi. La foschia nell’atmosfera
può persino aumentare l’esposizione alle
radiazioni UV.
Le radiazioni UV durante l’inverno
non sono pericolose
Le radiazioni UVB sono generalmente più
basse nei mesi invernali, ma l’effetto riflettente della neve può raddoppiare l’esposizione totale, specialmente ad alta quota.
I filtri solari forniscono una
protezione che consente di stare
in acqua molto più a lungo
I filtri solari non sono fatti per aumentare
il tempo di esposizione al sole ma per
aumentare la protezione durante
l’inevitabile esposizione. La protezione che
garantiscono dipende in modo essenzialmente dalla corretta applicazione.
Se si fanno regolari pause durante
i bagni di sole si evitano le scottature
Durante il giorno le radiazioni UV sono
cumulative.
Se non si sente il calore dei raggi
solari non ci si scotta
Le scottature sono provocate dalle
radiazioni UVB, che non possono essere
avvertite. La maggior parte del calore è
prodotto dalle radiazioni visibili e infrarosse
e non dalle radiazioni UV.
In acqua non ci si scotta
L’acqua offre solo una protezione minima
dalle radiazioni UV e l’azione di riflettente
dell’acqua può aumentare l’esposizione
alle radiazioni UV.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
82
DOMANDE FREQUENTI
Che cos’è un’ustione solare
L’ustione solare è un’infiammazione della pelle causata da sovraesposizione
alle radiazioni ultraviolette UVB) del sole. Un’ustione simile può essere conseguente alla sovraesposizione a una lampada solare abbronzante. La radiazione UV può
danneggiare anche gli occhi, anche se esternamente non è visibile alcuna ustione.
L’ustione solare può provocare danni permanenti?
Sì, le ustioni in età precoce aumentano il rischio di sviluppare un tumore
cutaneo in età successiva. La sovraesposizione ripetuta ai raggi ultravioletti può
anche essere causa di comparsa di cicatrici, lentiggini, secchezza e rughe. Inoltre la
sovraesposizione frequente ai raggi ultravioletti può aumentare il rischio di cataratta e degenerazione maculare, una delle principali cause di cecità.
Quali sono i sintomi dell’ustione solare?
Per prima cosa la pelle diventa eritematosa, edematosa e calda. Toccare o
sfregare la pelle causa dolore. Siccome il calore provoca perdita di liquidi, la vittima di un’ustione solare può anche subire disidratazione. Per diversi giorni dopo
l’esposizione la pelle può essere edematosa, presentare delle vescicole ed andare
incontro alla formazione di erosioni. Alcuni soggetti sviluppano rash cutanei.
I sintomi dell’ustione solare possono essere lievi, moderati o gravi, principalmente secondo i seguenti parametri:
1. Il fototipo della persona affetta.
2. Il momento, la durata, il luogo e l’altitudine dell’esposizione.
3. I farmaci assunti dal soggetto.
4. I prodotti che il soggetto ha utilizzato.
Nei casi di ustione grave il paziente può presentare febbre, nausea, brividi, debolezza, tachicardia, respiro frequente, shock e perdita di conoscenza. Ovviamente
questi sintomi richiedono un trattamento di emergenza.
Chi è più suscettibile alle ustioni solari?
I soggetti con particolari anomalie della pigmentazione (come l’albinismo)
e le persone con pelle chiara sono a più alto rischio di ustioni solari. La classificazione dei fototipi secondo Fitzpatrick, universalmente accettata, suddivide i tipi
di pelle in sei categorie (in termini di suscettibilità) con colori della pelle da chiaro a scuro.
Questi tipi di pelle sono i seguenti:
Tipi 1 e 2: Elevata suscettibilità alle ustioni solari
Tipi 3 e 4: Suscettibilità moderata alle ustioni solari
Tipi 5 e 6: Suscettibilità minima o nulla alle ustioni solari
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
83
CLASSIFICAZIONE
DI
FITZPATRICK
Tipo di pelle Colore
DEI TIPI DI PELLE FOTOREATTIVI
Reazione agli UVA Reazione al sole
Tipo I
Caucasico; capelli Molto sensibile
biondi o rossi,
lentiggini, pelle
chiara, occhi azzurri
Si ustiona sempre
facilmente, non si
abbronza mai; tono
della pelle molto chiaro
Tipo II
Caucasico; capelli Molto sensibile
biondi o rossi,
lentiggini, pelle
chiara, occhi azzurri
o grigi
Di solito si ustiona
facilmente, si abbronza
con difficoltà: tono
della pelle chiaro
Tipo III
Caucasico più
scuro,
asiatico chiaro
Sensibile
Si ustiona
leggermente,
si abbronza
gradualmente;
tono della pelle
da chiaro a medio
Tipo IV
Mediterraneo,
asiatico, ispanico
Poco sensibile
Si ustiona
raramente, si abbronza
sempre bene; tono
della pelle medio
Tipo V
Medio-orientale,
latino, nero con
la pelle chiara,
indiano
Sensibilità minima
Si ustiona molto
raramente,
si abbronza molto
facilmente;
tono della pelle
olivastro o scuro
Tipo VI
Nero con la pelle
scura
Nessuna sensibilità Non si ustiona mai,
pigmentazione
profonda, tono della
pelle molto scuro
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
84
Che cos’è la luce ultravioletta (UV)?
La luce UV è una radiazione energetica sotto forma di onde luminose invisibili. La luce UV è emessa sia dal sole sia dalle lampade abbronzanti.
Il sole emette tre tipi di radiazioni ultraviolette: le ultraviolette A (UVA) le ultraviolette B (UVB) e le ultraviolette C (UVC) Solo le UVA e UVB raggiungono la
terra (le UVC non attraversano la parte superiore dell’atmosfera).
Sebbene la ricerca abbia a lungo indicato gli UVB come la forma più probabile
di UV in grado di danneggiare la pelle e di provocare tumori cutanei, studi
recenti suggeriscono che anche gli UVA sono dannosi.
Le lampade abbronzanti producono radiazioni UVA e/o UVB. Questi raggi artificiali colpiscono la pelle tanto quanto gli UVA e gli UVB provenienti dal sole.
Quando e dove le radiazioni UV sono più intense?
Le radiazioni UVB sono più intense a mezzogiorno e nelle ore immediatamente prima e dopo (tra le 10 del mattino e le 3 del pomeriggio), in particolar
modo a tarda primavera, in estate e nella prima parte dell’autunno. Anche se
sono meno concentrati in altri periodi del giorno e dell’anno, gli UVB e UVA possono comunque danneggiare la pelle e gli occhi, anche a inverno inoltrato. I
raggi UVA sono sempre gli stessi, tutto il giorno, tutti i giorni, per tutto l’anno.
Anche i raggi UVB crescono in intensità con l’altitudine e la latitudine. Maggiore
è l’altitudine, più grande è la concentrazione di raggi UVB. Allo stesso modo, i
raggi sono più potenti man mano che ci si avvicina all’equatore.
I raggi UV “rimbalzano” sulle superfici riflettenti come l’acqua la sabbia e la neve.
Pertanto uno sciatore, un nuotatore, un pescatore o una persona che frequenta
la spiaggia possono essere colpiti dai raggi UV dall’alto e dal basso.
Quale è il significato dell’abbronzatura?
La pelle contiene un pigmento detto melanina, che ne determina il colore
conferendo la varietà di toni che conosciamo.
La melanina impedisce che almeno alcuni dei raggi UV penetrino nella pelle.
Dopo ripetute o prolungate esposizioni ai raggi UV la pelle produce più melanina. Di conseguenza la pelle si scurisce, o si abbronza.
Le malattie possono aumentare la sensibilità ai raggi UV?
Alcune malattie possono aumentare il rischio di danni cutanei conseguenti alle radiazioni UV. Di seguito sono elencate alcune anomalie che aumentano la sensibilità della pelle alle radiazioni UV:
Albinismo: Le persone con classico albinismo oculocutaneo sono privi di melanina nella pelle e negli occhi. Senza la protezione di questo pigmento la pelle e gli
occhi sono entrambi sensibili agli UV e altamente esposti ai danni da radiazioni.
Porfiria: Le porfirie sono dei disordini degli enzimi specifici necessari per il
metabolismo dell’eme. I pazienti affetti da questo disordine producono quantità
patologicamente grandi di sostanze dette porfirine. La stimolazione delle porfi-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
85
rine nella pelle provocato dai raggi UV causa danni e formazioni di cicatrici cutanee. Questo danno cutaneo è una caratteristica di rilievo di diverse forme di porfiria, come la porfiria cutanea tarda, la coproporfiria ereditaria, la porfiria variegata e, in particolare, la porfiria eritropoietica congenita.
Vitiligine: La vitiligine è un disordine relativamente comune che causa la formazione di macchie bianche depigmentate. Queste macchie mancano di melanina e sono estremamente sensibili ai raggi UV.
Xeroderma pigmentoso: Questo disordine sembra essere conseguente a un’ipersensibilità ereditaria agli effetti cancerosi della luce ultravioletta. La luce del
sole causa un danno al DNA che normalmente viene riparato. Le persone affettee da questa condizione hanno un’incapacità di riparare il DNA dopo un danno
da radiazioni UV. Gli individui affetti da xeroderma pigmentoso sono cento volte
più a rischio di sviluppare tumori cutanei rispetto alla popolazione generale. La
loro estrema fotosensibilità li predispone a un marcato danno cutaneo e alle cicatrici, ma anche all’esordio precoce di tumori cutanei (carcinoma a cellule basali
ed a cellule squamose, melanoma maligno).
Che cos’è il bloccante fisico?
Il bloccante, o schermo, fisico è un ingrediente che riflette porzioni dello
spettro luminoso, in particolare i raggi UVB e UVA, formando una barriera sulla
superficie della pelle.
Che cos’è un filtro chimico?
Un filtro chimico è un ingrediente che, restando sulla superficie della
pelle, assorbe porzioni dello spettro luminoso. La maggior parte dei filtri chimici offre una protezione molto modesta, se non nulla, dalle radiazioni UVA; tipicamente offrono protezione dagli UVB.
Qual è la differenza tra i bloccanti fisici ed i filtri chimici?
I bloccanti fisici, che offrono una protezione dal sole ad ampio spettro,
sono visibili sulla pelle, anche se si trovano allo stato micronizzato. I filtri solari
sono migliori dal punto di vista estetico ma non offrono una protezione dagli UV
paragonabile a quella dei bloccanti fisici.
Quali tipi di tumori possono causare i raggi UV?
La sovraesposizione ai raggi UV può provocare tre varietà di tumore cutaneo: il melanoma maligno, il carcinoma a cellule basali ed il carcinoma a cellule
squamose. Il melanoma maligno è di gran lunga la forma più pericolosa di tumore cutaneo. Questa forma di cancro generalmente ha inizio da una lesione simile ad un nevo. I bordi del nevo assumono una forma irregolare. Il nevo è nero o
marrone e qualche volta rosso, bianco o blu oppure un misto di questi colori. Il
melanoma può metastatizzare rapidamente. Con una diagnosi precoce il melanoma è curabile. Se la diagnosi è tardiva, il melanoma è potenzialmente letale.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
86
I tumori a cellule basali e squamose sono a crescita lenta e hanno una probabilità moto più bassa di metastatizzare rispetto al melanoma. In particolare, il carcinoma a cellule basali non metastatizza quasi mai anche se è caratterizzato da
invasività locale, mentre quello a cellule squamose può metastatizzare e mettere a
rischio la vita del paziente se non diagnosticato precocemente.
Il carcinoma a cellule basali (basalioma) è costituito da macchie piatte di colore
perlaceo con bordi traslucidi e con una rientranza al centro. Può sanguinare. Di
solito compare sulla testa, sul collo, nella parte superiore del tronco e sulle mani.
Se ignorati, questi tumori possono provocare considerevoli danni a livello locale.
Il carcinoma a cellule squamose (spinalioma) è costituito da macchie ruvide o da
aree squamo-crostose sulla pelle che non si staccano e non rispondono alle
comuni creme per la pelle. Possono sanguinare leggermente. Tendono a comparire principalmente sui bordi delle orecchie, in faccia, sul labbro inferiore e sulle
mani. Se ignorati, possono diffondersi ad altre parti del corpo.
Come si possono prevenire le ustioni solari ed i tumori cutanei?
I metodi ideali per prevenire le ustioni solari, e possibilmente i tumori
cutanei, comprendono:
1. Limitare il tempo di esposizione al sole ed evitare le ore peggiori che vanno
dalla tarda mattinata fin al primo pomeriggio.
2. Indossare abiti che proteggono come un cappello a tesa larga, pantaloni lunghi e camicia con le maniche lunghe.
3. Essere consapevoli che le ustioni solari possono verificarsi anche quando il
cielo è nuvoloso (le nubi non bloccano i raggi ultravioletti) ed anche quando ci si trova in acqua.
4. Ricordare che la sabbia riflette i raggi del sole ed aumenta le possibilità di
scottarsi.
5. Usare uno schermo solare per ridurre al minimo la penetrazione dei raggi
UV. Gli schermi solari con fattore di protezione solare (FPS) di almeno 15
sono consigliati per la maggior parte delle persone. Lo schermo va applicato
diversi minuti prima di esporsi al sole e l’applicazione va ripetuta spesso.
Che cosa sono i farmaci sensibilizzanti al sole?
I farmaci sensibilizzanti al sole sono sostanze che aumentano la suscettibilità della pelle all’eritema e alle scottature causate dal sole (o da una lampada
solare). Questi farmaci sono detti anche agenti fotosensibilizzanti.
Per una lista parziale dei farmaci sensibilizzanti alla luce del sole, vedi l’elenco
precedente).
Quali farmaci e prodotti possono aumentare la sensibilità della pelle al sole?
Molti farmaci soggetti e non a prescrizione contengono agenti fotosensibi-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
87
lizzanti che causano ustioni, comparsa di vescicole, orticaria, rash o altre reazioni cutanee. Queste reazioni sono classificate alternativamente come fotoallergiche o come fototossiche.
Qual è la differenza tra una reazione fotoallergica e una fototossica?
In una reazione fotoallergica un farmaco, o un ingrediente in esso contenuto, si combina con la luce ultravioletta per produrre un composto che il sistema
immunitario percepisce come antigene. Quando il farmaco fotosensibilizzante
viene nuovamente assunto, gli anticorpi si legano all’antigene determinando una
reazione allergica.
In una reazione fototossica non si verifica una risposta da parte del sistema immunitario. In questo caso la pelle reagisce come se fosse avvelenata, mostrando di solito dei sintomi a breve distanza dalla prima assunzione del farmaco.
Che cosa sono i radicali liberi?
I radicali liberi sono molecole altamente reattive che attaccano le cellule e
danneggiano il collagene e l’elastina. La loro formazione è innescata dall’inquinamento, dall’esposizione al sole, dal fumo, dall’ossigeno e persino da alcuni
processi propri dell’organismo. I radicali liberi sono ritenuti in parte responsabili dell’invecchimento cutaneo attraverso un processo detto ossidazione. Un radicale libero, anche noto come ROS, attacca un’altra molecola e le sottrae un elettrone, mettendo in moto una reazione a catena che porta al danno cellulare da
radicali liberi. I fotoni posono entrare in collisione con gli elettroni vulnerabili
degli atomi nelle strutture cellulari, creando la reazione a catena del radicale libero che può sopraffare le naturali strutture antiossidanti, portando di conseguenza alla distruzione delle vitamine A, C, E e di altre molecole.
Che cos’è un antiossidante?
Un antiossidante è una molecola che aiuta a neutralizzare i radicali liberi
e protegge la pelle contribuendo a fermare le reazioni dannose per le cellule cutanee. La vitamina A riduce il numero delle cellule danneggiate dalle ustioni causate dal sole dopo essere state colpite dalle radiazioni UV. Se la pelle è ricca di
antiossidanti i livelli di vitamina A si mantengono normali e la rete di antiossidanti (vitamine C ed E, coenzima Q10, acido alfa lipoico e glutatione) si ricicla
tornando in attività. Il protettivo solare completo contiene anche antiossidanti.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
88
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91
Gli adolescenti e l’abbronzatura.
Carlo Alfaro, Luigi Tarallo
Introduzione
Nell’adolescente la ricerca di un ideale
di perfezione estetica, che lo aiuti a superare
il senso di inadeguatezza fisica e la bassa
autostima, può tradursi in ossessioni quali i
disturbi del comportamento alimentare (anoressia/bulimia) e le più recentemente descritte “vigoressia” (ossessione per la forma fisica)
e “tanorexia” (stato mentale compulsivo
caratterizzato dal desiderio di abbronzarsi
sempre di più). Quest’ultimo comportamento è ad alto rischio per la salute, potendo
essere responsabile anche di neoplasie cutanee che, secondo i dati WHO, sono in
aumento del 2% l’anno, con incremento
maggiore di qualsiasi altro tipo di cancro.
Nelle ultime due decadi la pratica dell’abbronzatura attraverso fonti artificiali di luce
ultravioletta si è enormemente diffusa tra gli
adolescenti ed i giovani adulti, sostenendo
l’espansione di una vera e propria industria.
È necessario un serio e forte impegno dei
Medici, preposti alla tutela della salute dei
giovani, per scoraggiare questo comportamento a rischio.
La prevalenza del fenomeno
Gli studi che documentano la prevalenza della pratica dell’abbronzatura artificiale tra gli adolescenti. sono difficilmente comparabili (1). Su di un campione di 6903 adolescenti bianchi non ispanici di età compresa
tra 13 e 19 anni, negli USA, è stato riportato
che quasi il 40% delle femmine e oltre l’11%
dei maschi si sottopone a lampada UVA
almeno 1 volta all’anno, ed il 28% delle femmine ed il 7% dei maschi 3 o più volte. La
percentuale delle femmine aumenta con l’età,
dall’11% a 13-14 anni fino al 47% a 18-19
UOC di Pediatria, Ospedali Riuniti Stabiesi, PO. S. Leonardo,
ASL NA 5, Castellamare di Stabia (Napoli
Numero sedute
(lampade UVA)
4/settimana
3/settimana
2/settimana
1/settimana
2/mese
1/mese
1/2 mesi
1/3-5 mesi
1/6-11 mesi
1/12 mesi
1/13-24 mesi
Totale
3
23
48
97
45
34
26
22
26
30
6
*dati raccolti nel periodo marzo e aprile 2006.
Numero intervistati: 380 maschi e 420 femmine.
Il 43% dei maschi ed il 47% delle femmine
(360 soggetti su 800 pari al 45%) ricorrono
alle lampade UVA.
Tabella 1. Ricorso all’abbronzatura artificiale
(numero di sedute) in un campione di adolescenti
della provincia di Napoli.*
anni (2). In un’altra indagine su 6373 ragazze statunitensi di 12-18 anni, il 9% ha
dichiarato di aver fatto uso di lampada UVA
da 1 a 9 volte, ed il 5.4% 10 o più volte nell’anno precedente lo studio (3). Sempre negli
USA, su un campione di 273 ragazzi, di 1417 anni, il 42% delle femmine ed il 12% dei
maschi ha ammesso di ricorrere all’abbronzatura artificiale, ed il 22% di quelli che non ne
facevano uso ha manifestato l’intenzione di
ricorrervi (4). Dati sovrapponibili sono stati
riportati in ragazzi svedesi, danesi e tedeschi
(5-7). La Tabella 1 riporta la nostra esperienza su un campione di 800 adolescenti (11-20
anni) della penisola sorrentina, in provincia
di Napoli, intervistati, alla fine della stagione
invernale 2006, da un unico intervistatore
che proponeva un questionario a risposta
multipla. Considerando i 6 mesi freddi (ottobre-marzo) 171 adolescenti sui 360 che face-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
92
vano uso di lettini abbronzanti, hanno riferito di sottoporsi almeno ad una seduta a settimana, per un totale di 24 sedute. I dati da noi
riportati sono preoccupanti anche perché
raccolti in un area ad alta prevalenza di giornate di sole, con molte possibilità di esposizione solare, volontaria o involontaria (8).
Le motivazioni dell’esposizione
La ricerca delle motivazioni che determinano o favoriscono negli adolescenti il
ricorso all’abbronzatura artificiale è cruciale
per identificare i bersagli delle campagne di
promozione della salute pubblica mirate a
scoraggiarlo (9). Anche nei casi in cui sono
coscienti dei rischi oncogeni della luce ultravioletta, i ragazzi abusano ugualmente di
raggi UVA spinti da una motivazione estetica
(desiderio di apparire attraenti ed in buona
forma) (10, 11). La 7a edizione del Rapporto
Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e
dell’Adolescenza (2006) prodotta da Eurispes
e Telefono Azzurro riferisce che il 67,1% dei
ragazzi è dell’idea che essere abbronzati d’estate sia molto o abbastanza importante e che
il 33% considera l’abbronzatura “molto
importante”. Nella nostra esperienza in penisola sorrentina la motivazione è puramente
estetica per il 96% dei ragazzi, e solo il 4%
adduce motivi di patologia dermatologica (8).
Inoltre, l’uso di lampade spesso si associa ad
altri comportamenti a rischio, quali diete
dimagranti smodate, ossessione per l’ideale
fisico (2), fumo di sigaretta, uso di alcool,
droghe, o di vomito indotto o lassativi per
perdere peso (3), mancanza di hobby e di pratica sportiva (11), e abitudine ad esporsi
intensamente anche alla luce solare con l’intenzione di abbronzarsi (5). Molta influenza
sembra avere un atteggiamento incoraggiante
riguardo al colorito scuro da parte delle madri
(12) e degli amici (1); le ragazze con madri di
grado di istruzione superiore sarebbero meno
predisposte all’uso di lampada UVA (2).
L’interpretazione socio-antropologica vede
nella passione per l’abbronzatura dei giovanissimi un modo di dare colore e quindi identità, visibilità, dignità ad un corpo altrimenti
vissuto come trasparente, banale, sciatto, ine-
sistente, non costruito, e nella scelta dell’abbronzatura artificiale, anziché alla luce del
sole, la ricerca di un “guscio” privato, isolato,
individuale in cui modificare il proprio corpo
(13). Si è anche ipotizzato che i soggetti che si
sottopongono frequentemente alla luce ultravioletta con l’intento di abbronzarsi possano
sviluppare una forma di dipendenza, probabilmente attraverso gli effetti della radiazione
luminosa sul tono dell’umore (14).
I rischi
L’incidenza dei tumori della pelle (epitelioma basocellulare, carcinoma spinocellulare, melanoma maligno) è in aumento nella
maggior parte della popolazione bianca, specie negli USA, in Nord Europa e in Nuova
Zelanda, e la luce ultravioletta è il principale
fattore di rischio ambientale per il loro sviluppo (15).
La luce è una radiazione non ionizzante che
comprende lo spettro completo delle radiazioni ultraviolette suddivise a seconda della
lunghezza d’onda in UVC, UVB, UVA2,
UVA1 più la luce invisibile ed i raggi infrarossi. I raggi UVB (280-319 nm) causano i danni
acuti da radiazione ultravioletta (ustione
solare) mediante rilascio di mediatori della
flogosi (prostaglandine, TNF-α, IL- 6) dai
cheratinociti danneggiati, ed i raggi UVA
(320-400 nm) combinatamente agli UVB
danneggiano il DNA di diverse strutture
cutanee (cheratinociti e melanociti dell’epidermide, sistema vascolare, connettivo del
derma), con effetti a medio-lungo termine di
foto-invecchiamento e carcinogenesi.
L’esposizione prolungata crea foto-immunodepressione, riducendo le capacità del sistema
linfocitario di riconoscere e distruggere le cellule mutate. Il foto-danneggiamento è tanto
più intenso quanto più precocemente inizia
nell’infanzia per esposizioni ripetute e non
protette, ed è assai più evidente in soggetti di
razza bianca e di fototipo 1-2. Fino all’80% dei
danni da radiazione ultravioletta si verifica
prima dei 18 anni. è stato dimostrato che ripetute ustioni solari, durante l’infanzia, rappresentano un fattore di rischio per la comparsa
di un tumore cutaneo in età adulta.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
93
Esistono prove sulla responsabilità dell’abbronzatura artificiale nel foto-danneggiamento quando vi si ricorre prima dei 30 anni ed
in soggetti di fototipo chiaro (15). In studi
clinici è stata variamente riportata l’incidenza
di uno o più effetti collaterali dopo sedute di
abbronzatura artificiale, soprattutto ustioni,
quale effetto acuto, ed iperpigmentazione,
ispessimento dell’epidermide, xerosi, invecchiamento precoce, dopo uso regolare. Può
inoltre aversi danno oculare, soprattutto al
cristallino e alla retina (16).
Peraltro i soggetti più accaniti nel raggiungimento dell’abbronzatura si espongono sovente senza protezione sia alla luce naturale che
alle lampade UV, con aumento del rischio di
fotodanneggiamento (17). Nella casistica da
noi raccolta in provincia di Napoli il 31%
degli adolescenti intervistati che fanno uso di
lampade UVA ha riportato qualche effetto
collaterale (Tabella 2).
La protezione dalle radiazioni
ultraviolette
Poiché è dimostrato che ridurre l’esposizione
alla luce ultravioletta durante l’infanzia e l’adolescenza e prevenire il foto-danneggiamento diminuisce il rischio di tumori cutanei,
l’uso di creme protettive ed altre misure di
fotoprotezione (cappellini, T-shirt, occhiali
scuri) è stato proposto per la prevenzione
primaria oncologica (15). Tuttavia, è probabile che gli adolescenti che si espongono intensamente alla luce solare o artificiale allo
Ustione
Lipotimia
Eruzione cutanea
Invecchiamento cutaneo
Discromia
Irregolarità mestruale
Aumento dei nei
Totale
32
2
20
46
9
1
2
112 (31%)
Tabella 2. Effetti indesiderati da abbronzatura
artificiale in un campione di 360 adolescenti
della provincia di Napoli che ricorrono
alle lampade UVA.
scopo di abbronzarsi siano poco inclini alla
fotoprotezione nel timore di inficiare il rapido iscurimento della pelle. Inoltre, l’uso di
filtri solari può aumentare il tempo di esposizione alla luce conferendo un eccessivo senso
di sicurezza (18). Peraltro, gli adolescenti
spesso non sono in grado di valutare correttamente il proprio fototipo ai fini della necessaria fotoprotezione (19).
Poco si conosce sull’uso della fotoprotezione
in bambini e adolescenti, ma i dati disponibili
documentano un impiego subottimale (20).
L’utilizzo di lozioni autoabbronzanti potrebbe
rappresentare, per i giovani appassionati del
colorito scuro, un’alternativa sicura all’esposizione alla luce naturale o artificiale. Tuttavia
negli studi disponibili, l’uso di autoabbronzanti non ha mostrato univocamente di
ridurre il rischio di ustioni solari ed il ricorso
a lampade (21).
Come contrastare l’abuso
di esposizione ai raggi
ultravioletti negli adolescenti
L’esposizione indiscriminata ai raggi
ultravioletti da parte dei ragazzi allo scopo di
abbronzarsi è un comportamento a rischio e
come tale richiede l’impegno dei Medici e
delle Istituzioni per scoraggiarlo. Finora gli
sforzi non sono stati sufficienti dal momento
che la frequentazione di centri abbronzanti è
triplicata negli ultimi anni nei Paesi occidentali, soprattutto da parte dei più giovani (22).
Viene normalmente fissato a 20 il numero di
sedute all’anno al limite della pericolosità, un
numero decisamente irrisorio per i tanoressici, che arrivano a sottoporsi a 2-6 lettini a settimana (13). Da più parti si invoca l’intervento di leggi e regolamenti severi e precisi, che
almeno rispettino l’indicazione dell’OMS di
proscrivere l’uso di lettini a minorenni (23),
invito finora recepito dalla legislazione in
molte Nazioni europee, per prime Svezia,
Belgio e Francia.
Sono possibile bersaglio dei necessari interventi educativi: i ragazzi, i genitori, gli operatori dei solarium, i sanitari.
Per quanto riguarda gli adolescenti, è necessario incidere su erronee attitudini (considera-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
94
re la cute abbronzata socialmente apprezzabile perchè espressione di bellezza, buona salute e sensualità) e convinzioni (innocuità dell’abbronzatura artificiale), ed implementare
misure di fotoprotezione o abitudini più
salutari per migliorare l’aspetto e ottenere
un’accettazione sociale. Sono stati approntati
e validati in USA diversi interventi educativi
specifici per adolescenti tra i quali è risultata
particolarmente incisiva la tecnica di mostrare ai ragazzi le proprie foto con le modifiche
della cute facciale inducibili dalle radiazioni
ultraviolette (24).
Occorrerebbe diffondere nella popolazione
generale la conoscenza che l’abbronzatura
artificiale va evitata nei: soggetti di fototipo I
o II; bambini e ragazzi di età inferiore a 18
anni; soggetti con elevato numero di nei; soggetti che tendono a produrre lentiggini, con
melasma o macchie cutanee o teleangectasie;
soggetti con storia di frequenti ustioni solari
in età infantile e nell'adolescenza; soggetti
con lesioni cutanee premaligne o maligne;
soggetti con pelle danneggiata dal sole; soggetti che utilizzano cosmetici che possono
aumentare la fotosensibilità individuale nell’esposizione alle radiazioni UV; soggetti che
assumono farmaci (soprattutto antidepressivi, antibiotici, antifungini ed antidiabetici)
potenzialmente fotosensibilizzanti. Agli adolescenti va inoltre spiegato che i raggi UV non
curano brufoli e acne, al massimo li mimetizzano temporaneamente.
Per quanto riguarda i genitori, le madri sono
considerate un importante bersaglio di politiche di sensibilizzazione sui rischi dell’abbronzatura artificiale per gli adolescenti (12).
Sarebbe opportuno richiedere un consenso
scritto dei genitori per l’accesso dei minorenni ai solarium o l’accompagnamento da parte
di un genitore (1).
Per quanto riguarda gli operatori, spesso negli
studi svolti sono risultati poco informati o
sensibili al problema dell’accesso dei minorenni alle lampade UV, per la mancanza di
una regolamentazione chiara o di un adeguato training (25), in aggiunta allo scontato
interesse economico. Le informazioni fornite
all’utenza sono spesso errate e incomplete;
molte volte non vengono forniti adeguati
occhialini per la protezione oculare.
Andrebbero proibite pubblicità e promozioni
dei solarium sulle pubblicazioni destinate
agli adolescenti (26). Spesso gli adolescenti,
magari per risparmiare, si rivolgono a strutture non specificamente preposte all’abbronzatura artificiale, dove gli operatori possono
essere particolarmente poco informati e controllati. Esistono in Italia molti centri non
autorizzati per l’abbronzatura artificiale. Tra
gli adolescenti da noi intervistati, il 70% si
reca per l’abbronzatura artificiale in centri
specializzati e/o centri estetici, il 23% dal
parrucchiere/barbiere, il 7% in palestra.
Molte volte le lampade UVA sono presenti in
saune, centri benessere ed alberghi spesso
gestite in self-service, senza intervento di
operatori. In ogni caso le controindicazioni
all’esposizione agli UV dovrebbero essere
bene in vista, insieme ai consigli su idratazione, protezione cutanea e degli occhi.
Anche i sanitari dovrebbero essere maggiormente edotti sulla problematica e sui rischi
per la salute dell’abbronzatura artificiale (27)
affinché possano svolgere l’opportuna e dovuta opera di prevenzione ed informazione.
Conclusioni
Appare sempre più necessario l’impegno dei Medici nel diffondere una cultura
della fotoprotezione nell’infanzia e nell’adolescenza a dispetto di mode e stili di comportamento rischiosi.
In Italia, in particolare, manca una regolamentazione dell’uso di fonti UVA, anche se la
Cassazione ha messo al bando le lampade
abbronzanti “quando non ne sia stata garantita la sicurezza da parte di estetisti diplomati”, e l’Istituto Superiore di Sanità ha proposto di consentirne l’uso solo a chi presenta un
certificato medico che escluda eventuali controindicazioni e di vietarle agli adolescenti,
come avviene quasi in tutta Europa. Del resto
anche in molti Stati USA, quali il Colorado,
non esiste alcune regolamentazione, mentre
in altri esistono forti restrizioni, peraltro
variabili da Stato a Stato.
È fondamentale che le Società Scientifiche
Italiane di Dermatologia e di Adolescentologia si facciano carico del problema, per ren-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
95
derne edotti i Responsabili della Sanità
Pubblica. Andrebbe presa come esempio la
Regione Piemonte che con il DPGR 78 del
1999 ha definito alcuni obblighi fondamentali per i centri di abbronzatura artificiale,
quali il rispetto della tabella fototipica e la
compilazione di una scheda personale per
ogni cliente per non superare i limiti stabiliti
di esposizione e le campagne informative
promosse dalla ASL di Varese che hanno
coinvolto Scuola, Pediatri di base, Medici
generici e Dipartimento di Prevenzione.
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97
Gli effetti della radiazione ultravioletta
sui capelli e sul cuoio capelluto.
Mauro Barbareschi
Gli effetti del sole sulla pelle
Gli studi sugli effetti prodotti dai raggi
ultravioletti (RUV) a livello della cute hanno
consentito di produrre una mole impressionante di dati. Grazie alla fotobiologia cutanea
oggi conosciamo molto bene i meccanismi
molecolari e sub-molecolari che spiegano processi come la melanogenesi, la fotocarcinogenesi, il fotoinvecchiamento, la fototerapia.
L’interazione fra RUV ed annessi, con particolare riferimento ai capelli, non ha avuto uno
sviluppo paragonabile agli studi su epidermide e derma pur restando un tema molto intrigante. Vi sono fatti clinicamente percepibili
come lo schiarimento dei capelli durante la
fotoesposizione e la caduta dei capelli nel
periodo autunnale (quindi dopo un periodo
di intensa esposizione volontaria o involontaria alla luce solare) che pongono interrogativi
sulle ragioni di tali risposte biologiche.
Se si osserva un fusto pilare dopo esposizione
ai RUV, utilizzando metodiche di Microscopia
Elettronica a Scansione (SEM), è possibile
scorgere alterazioni della struttura cuticolare.
Il colore dei capelli, e quindi il tipo di melanina in essi contenuto, rende la fibra più o
meno resistente alla radiazione ultravioletta.
Se poi si considera, quale relazione ci possa
essere, non solo tra RUV e capelli e/o capillizio sano ma fra RUV e capelli e/o cuoio capelluto malato le domande aumentano e la questione si complica ulteriormente.
Dai dati che abbiamo risulta che il concetto di
foto-trico-protezione si possa affiancare al
classico concetto di fotoprotezione cutanea
allargandone le indicazioni e le esigenze. Per
questo motivo pare giustificarsi uno sforzo
educativo atto a perorare la causa sia presso
gli stessi cultori della materia sia, e ancor più
presso i pazienti per evitare che, per via di una
incongrua esposizione ai RUV, possano ridurre l’efficacia dei trattamenti a cui si sottopongono.
Istituto Scienze Dermatologiche, Università di Milano
Valutazione dei danni al follicolo pilifero
in seguito ad irradiazione con UV:
quantificazione del danno apoptotico
e modificazioni morfologiche.
Fabio Rinaldi
I danni provocati dalle radiazioni
ionizzanti ai follicoli piliferi sono ben noti,
tanto che la perdita dei capelli e dei peli in
soggetti esposti ad forti contaminazioni acciInternational Hair Research Foundation, Milano
dentali di radiazioni (incidenti nucleari,
danni cronici, eccetera) è uno dei sintomi
caratteristici. Numerosi studi hanno addirittura proposto l’utilizzo dei follicoli piliferi
come modello sperimentale di dosimetria
biologica del danno da radiazioni (Geng L,
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
98
Potten CS. Radiat Res. 1990; 123:75; Kim TH et
al. Anticancer Res. 1996; 16:189).
I meccanismi biologici alla base del danno al
capello sono da riconoscere nell’induzione
dell’apoptosi e della morte cellulare provocato dalle radiazioni al DNA in varie zone del
bulbo.
L’effetto di morte cellulare provocato dalle
radiazioni è maggiore nelle cellule dell’organismo soggette a rapida proliferazione cellulare, e il bulbo del capello in fase di anagen è
una delle strutture a maggior attività mitotica e proliferativa dell’organismo.
La papilla dermica (PD) è la zona fondamentale dell’attività ciclica del bulbo del capello,
con precise connessioni tra i fibroblasti che
la compongono e i cheratinociti della matrice del bulbo. I meccanismi di regolazione
dell’attività ciclica del bulbo sono, però, ulteriormente complicati dall’interazione tra
tanti altri stipiti cellulari: i melanociti della
regione della matrice influiscono sulla fase di
anagen con un meccanismo definito di “unità
follicolo-melanina”, i cheratinociti della guaina epiteliale esterna e quelli della guaina epiteliale interna.
Da ciò appare evidente come il fusto del
capello sia, alla fine di tutto il processo di
attività cellulare del bulbo, il risultato finale
dell’interazione di un complesso di sviluppo
epiteliale-mesenchimale, neuroectodermico.
Come qualsiasi altro organo del corpo, il
bulbo pilifero ha una riserva di cellule staminali in grado di garantire la continua riproduzione cellulare. La maggior riserva di staminali è localizzata in un’area caratterizzata
istologicamente da una sorte di rigonfiamento in una porzione della guaina epiteliale
esterna immediatamente al di sotto dell’inserzione del muscolo erettore del pelo (area
delle bulge). Le cellule staminali del follicolo
pilifero presentano un ciclo riproduttivo
estremamente lento, ma capacità proliferative e clonogenicità altissime. Le cellule staminali all’interno del follicolo sono normalmente in uno stato di quiescenza, e iniziano
il periodo di proliferazione dando origine a
cellule di amplificazione della riproduzione
(Transient Amplifyng cells – TA) solo nella fase
iniziale di anagen.
Il bulbo pilifero, pertanto, è un bersaglio
molto sensibile dal momento che contiene
cellule radiosensibili, e mostra segni di
morte cellulare in poche ore dalla radiazione
anche a basse dosi.
La morte cellulare indotta dalle radiazioni è
un processo progressivo di degrado, che inizia nel nucleo della cellula bersaglio alterando il genoma cellulare e determinando la formazione di minuscoli frammenti di DNA: la
conseguente apoptosi è spesso iniziata dal
processo patologico, ma regolata da stimoli
fisiologici intrinseci od estrinseci alla cellula.
I segni acuti di morte cellulare sono valutabili istologicamente entro 12 ore solitamente
dal danno in gran parte delle cellule del follicolo pilifero: sono evidenziabili aree condensate di cromatina soprattutto alla periferia del
bulbo, parziale disintegrazione del nucleo,
riduzione della dimensione del nucleo, contrazione del volume, aumento della densità
cellulare. Le cellule staminali della regione
delle bulge vanno incontro al processo di
morte cellulare indotto dalle radiazioni. Il
numero di frammenti apoptotici a livello del
nucleo è proporzionale alla dose di radiazioni assorbite: a base dosi di raggi Gamma (0.5
Gy) si evidenziano in media 0.29 frammenti
apoptotici per sezione di bulbo, a dose
magiori (8 Gy) si contano 21.46 frammenti
per sezione di bulbo. I maggiori segni di
apoptosi vengono segnalati a livello dei cheratinociti della matrice del bulbo, nella parte
centrale della guaina epiteliale interna, nella
zona delle cellule staminali (bulge), ma raramente nella papilla dermica.
I sistemi di difesa e riparazione tessutale intrinseci ad ogni cellula possono portare ad una
parziale riparazione del danno cellulare.
I meccanismi molecolari che portano all’induzione del programma di morte cellulare indotto da radiazioni non sono stati ancora ben evidenziati. L’induzione dell’apoptosi nella zona
della matrice e non nella papilla dermica ha un
parallelismo biologico con il processo di morte
indotto dalla ciclofosfamide (che determina
distrofia dei capelli e alopecia), dove l’apoptosi avviene a livello dei cheratinociti della matrice e della bulge: in questo caso i mediatori
coinvolti sembrano essere i recettori del
Fattore di necrosi tumorale (TNF) e della
p75NTR (fattore di inibizione cellulare della
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
99
famiglia dei Nerve Growth Factor che induce
la fase catagen).
Studi di Kim (SH Kim et al. In Vivo. 2003;
17:211-4) sembrano dimostrare la possibilità
di ridurre la morte cellulare del follicolo indotto da radiazioni, mediante trattamenti preventivi (12, 36 ore prima della radiazione) con
DDC (diethyl-dithiocarbamato) e thé verde.
L’effetto dei raggi ultravioletti
sui capelli
Le radiazioni ultraviolette e i raggi
infrarossi hanno, ovviamente, ben altro
impatto sui tessuti rispetto ai raggi gamma.
La lunghezza d’onda degli UV ha un picco
d’assorbimento tra i 280 e 320 nm, e vengono assorbiti prevalentemente dalla melanina
cutanea e del bulbo del capello (per i dettagli di fisica vedi paragrafo specifico).
Il danno cellulare provocato dai RUV è ben
noto a livello cutaneo (photoaging), e
comincia ad esserlo sempre di più a livello
del bulbo dei capelli. Da una segnalazione di
defluvium telegenico indotto da esposizione
ai raggi solari in 20 soggetti (Rinaldi F,
Sorbellini E. Poster American Academy of
Dermatology, Washington 1995) e da segnalazioni di altri Autori successivamente, abbiamo studiato i segni biochimici e istologici del
danno provocato da UV al bulbo dei capelli.
Nella nostra prima segnalazione era evidente
che l’imponente perdita di capelli nei soggetti studiati non era dovuta a danno attinico
acuto (nessun caso di ustione solare, eritema), ma si presentava mediamente dopo un
periodo di esposizione prolungato al sole
(almeno 10 - 15 giorni, area del Mediterraneo meridionale) senza protezione. La
caduta dei capelli era massiva, con un’incidenza del 67% di media di bulbi in telogen,
Soggetti non irradiati
Soggetti irradiati
Tabella 1.
sia in soggetti giovani che adulti, maschi e
femmine. Non era stata evidenziata una noxa
precisa, non essendo ancora così evidente in
quel periodo il ruolo degli UV nella formazione di radicali liberi e nell’induzione dell’apoptosi. Uno studio di Camacho l’anno
seguente (AAD, 1996) riportava una segnalazione analoga, indicando in un danno cronico cellulare la causa del defluvium telegenico in seguito ad esposizione al sole.
Dagli studi effettuati per valutare l’effetto delle
radiazioni sul bulbo dei capelli, abbiamo effettuato diverse analisi per cercare di identificare
dei markers del danno attinico cronico alle
diverse strutture di follicoli piliferi.
Conta dei frammenti apoptotici
Lo studio è stato realizzato valutando
bulbi piliferi umani di volontari che si sono
sottoposti a trapianto di capelli. L’area occipitale di 5 soggetti è stata trattata con UVB (dosi
e tempi prestabiliti) 4 volte alla settimana tre
settimane prima dell’intervento. Un frustolo
di cute della regione occipitale isolata dall’espianto (8 mm di lunghezza, 12 mm di altezza) è stata inviata immediatamente dopo l’espianto al laboratorio di biologia molecolare
per la valutazione dei frammenti apoptotici.
Allo stesso modo, uguali parti di cute della
regione occipitale di altri 5 soggetti volontari
sottoposti a trapianto di capelli non irradiati
con UVB precedentemente sono stati inviati al
laboratorio, come campione di riferimento
non sottoposto a radiazioni ultraviolette.
Con colorazione E-E è stato valutato il
numero delle cellule in attività mitotica a
livello delle sezioni di bulbi dei capelli (20
per soggetto) e il numero dei frammenti
apoptotici (dati personali, non pubblicati)
(Tabella 1).
N° cellule in mitosi
(media)
2,76 +/- 0,30
2,54 +/- 0,23
N° frammenti apoptotici
(media)
0,02 +/- 0,01
1,12 +/- 0,24
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
100
È evidente la riduzione dell’attività mitotica
delle cellule delle sezioni dei bulbi piliferi in
anagen dei soggetti sottoposti a radiazione
UVB, e allo stesso modo l’indicativo aumento dei frammenti apoptotici per sezione di
bulbo.
Lo studio necessita di ulteriore approfondimento, soprattutto per ridurre gli eventuali
errori artefatti (radiazione artificiale, dosi
arbitrarie in un range normalmente utilizzato per scopi terapeutici, shock da espianto,
eccetera). La modificazione del rapporto attività mitotica/danno del DNA del nucleo,
però, sono indicativi per un probabile avvio
di cascata apoptotica causata dagli UVB,
unico fattore in comune di tutti i soggetti. I
risultati sembrano confermare i dati ottenuti
dalla valutazione del danno provocato dalle
radiazioni ionizzanti.
Studi con microscopio confocale
Il microscopio confocale è uno strumento in grado di mostrare immagini cellulari di una zona di cute esaminata (o di fusti
di capelli posti nell’area dell’esame), in
tempo reale, con profondità diverse (nei vari
strati della cute) sul tessuto vivente, e con
immagini dinamiche, come il flusso sanguigno circolante, la secrezione del sebo, la reazione cutanea ai raggi ultravioletti.
L’apparecchio è formato da una sorgente di
luce puntiforme che illumina una piccola
zona della cute da esaminare, che trasmette
una immagine in un detector attraverso una
piccola fessura. Le varie parti sono allineate
su un unico piano coniugato otticamente e
perciò “confocali” una alle altre.
La zona illuminata dalla piccola sorgente di
luce determina l’immagine di una sottilissima sezione di cute, con alta risoluzione
assiale.
Tutte le sostanze hanno un proprio indice
rifrattivo e il contrasto degli indici rifrattivi
determina la diversità delle strutture illuminate e, quindi, l’interpretazione dell’immagine. Nella struttura cutanea, la melanina è la
sostanza con maggior indice rifrattivo e agisce come agente di contrasto nelle immagini.
Il microscopio confocale usa un sistema laser
vicino all’infrarosso per illuminare la zona,
con lunghezza d’onda di 830 µm, che permette alla luce laser di penetrare in profondità (fino a 300 µm) e di ridurre lo scattering
dello spot. Con questa tecnica è possibile
determinare le immagini di cellule attraverso
gli strati della pelle, o della struttura del
fusto dei capelli, e di differenziare le strutture cutanee normali da quelle patologiche:
neoplasie, infiammazioni e modificazioni
dovute all’invecchiamento. L’immagine prodotta viene bloccata, memorizzata da un
programma specifico e analizzata nei particolari. È possibile però anche valutare l’immagine in modo dinamico laddove esiste un
fluido in movimento: si può quindi valutare
il calibro di un vaso del derma (seguendo
addirittura la microcircolazione ematica che
scorre), o determinare la frequenza di secrezione del sebo dalla ghiandola sebacea che
fuoriesce dall’ostio follicolare e verificarne la
diffusione sulla cute e sul capello.
Questa analisi si può eseguire, come detto, in
tempo reale direttamente sulla cute del soggetto esaminato. La tecnica è assolutamente
non invasiva e ovviamente indolore: lo strumento non emette alcun tipo di radiazione
né di corrente pericolosa ed è privo di qualsiasi rischio per il soggetto esaminato. È evidente, quindi, l’importanza di poter valutare
l’efficacia di un prodotto cosmetico nelle
condizioni reali di azione e di poter verificare le modificazioni della zona trattata nel
corso del tempo con immagini dirette e
senza artefatti.
L’analisi avviene applicando la lente del
microscopio (montata su un braccio mobile)
direttamente alla parte di cute da studiare (o
il fusto del capello appoggiato su un vetrino
portaoggetti), tramite un anello di acciaio
magnetico aderente alla pelle mediante un
biadesivo. Vengono visualizzate su un monitor le immagini scannerizzate di circa 1 cm2
ed è possibile iniziare la scansione di piccolissime parti dell’area visualizzata.
La prima immagine evidenziata è quella delle
cellule della superficie a contatto con la lente
(cheratinociti del corneo); man mano che si
determina l’approfondimento della scansione è possibile studiare gli strati inferiori fino
al derma reticolare. La progressione dell’im-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
101
magine permette di riconoscere le differenti
strutture cellulari cutanee, con una visione
perpendicolare dall’alto verso il basso.
Applicazioni in clinica dermatologica
Nel corso degli ultimi 5 anni sono
state confermate le possibilità diagnostiche
offerte dal microscopio confocale e numerosissime sono le pubblicazioni scientifiche a
riguardo. La prima applicazione della microscopia confocale è quella della diagnosi di
patologie cutanee, prevalentemente delle
neoplasie cutanee. La differenza della rifrazione della melanina permette di individuare
con relativa semplicità le alterazioni della
disposizione del pigmento melanico e, quindi, di facilitare la diagnosi differenziale tra
lesioni pigmentate benigne e maligne (melanoma, soprattutto). Questa tecnica, però,
permette di verificare la modificazione cellulare rispetto alla cute sana anche delle altre
forme tumorali cutanee (carcinoma basocellulare e spinocellulare, cheratosi attiniche,
eccetera), del calibro dei capillari del derma
(angiomi, teleangectasie e malformazioni
vascolari di tipo produttivo ed infiammatorio) e delle variazioni del flusso ematico (si
vedono i globuli rossi scorrere attraverso le
pareti del vaso) e delle alterazioni cellulari
prodotte da patologie infiammatorie infettive
e immunitarie. Naturalmente è anche possibile evidenziare i danni attinici provocati alla
cute, le modificazioni indotte dall’invecchiamento cutaneo e le alterazioni del collagene.
Il vantaggio di questa tecnica è l’immediatezza della diagnosi, la valutazione di una lesione in vivo, la possibilità di verificare le modificazioni della lesione dalla immagine basale
a quelle successive, ad un trattamento medico e chirurgico.
È doveroso precisare, tuttavia, che la diagnosi finale di una lesione di probabile natura
maligna deve essere confermata dall’accertamento istologico tradizionale.
Applicazioni in cosmetica tricologica
Una importante estensione dell’uso di
questa tecnica è quella in campo cosmetico,
e ovviamente quindi nel settore tricologico.
La microscopia confocale può dare immagini
determinanti per la valutazione dell’invec-
chiamento cutaneo, dello stato di idratazione
del corneo, del danno solare, della modificazione vascolare (angiogenesi o angiosclerosi), delle reazioni da sensibilizzazione e da
dermatite da contatto.
In campo tricologico le applicazioni fondamentali della tecnica sono nella valutazione
di:
shampoo effetto di detersione, effetto
condizionante sul fusto, eventuale azione
idratante, presenza di effetti collaterali;
shampoo anti-sebo/dermatite seborroica
riduzione della secrezione sebacea, stato
dell’idratazione cutanea, effetto condizionante sul fusto, effetti collaterali;
shampoo e lozioni antiforfora efficacia di
penetrazione attraverso il corneo, riduzione della desquamazione, presenza di
microrganismi, effetti collaterali;balsamo/condizionante effetto sulla cute e sul
fusto, valutazione dello strato cuticolare,
effetti collaterali;
topici ad azione anticaduta modificazione
del diametro del fusto sin dalla zona dell’ostio follicolare, stato della midollare e
della cuticola, effetti collaterali;
tinture effetti eventuali del contatto con la
cute, penetrazione del colore nel capello,
effetto sugli strati del fusto. È possibile
studiare dinamicamente in tempo reale il
passaggio del colorante attraverso gli strati cuticolari, controllando tutte le fasi del
processo di colorazione del capello;
cosmetici per pettinabilità, permanenti,
stirature effetti eventuali del contatto con
la cute, effetti sul fusto del capello, variazioni in vivo del trattamento.
È evidente che, a seconda dello studio da
effettuare, è possibile, o in certi casi consigliabile, abbinare altre valutazioni tradizionali.
È interessante notare come l’aspetto della
reale interazione tra prodotto cosmetico e
cellule cutanee, cioè esattamente quello che
accade sulla pelle e sul capello prima e dopo
l’applicazione del prodotto, con immagini
immediate e non alterabili da fattori esterni
(condizioni di luce, ambiente, interazione
dello stato fisico del soggetto presenti o
non), sia una possibilità estremamente
importante per un test di valutazione dell’efficacia dei cosmetici.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
102
Metodologia
Si determinano sul capillizio dei punti
fissi di valutazione, che vengono selezionati
per la presenza di piccoli marker naturali
(angiomi, lesioni pigmentate) o artefatti (piccoli tatuaggi semipermanenti) che permettono
di identificare con precisione la zona. Si spostano i capelli (eventualmente si può effettuare
una rasatura di un centimetro quadrato se la
valutazione del fusto non è interessata: si tende
tuttavia ad evitare questa metodica per ridurre
al massimo qualsiasi invasività della tecnica), e
si applica l’anello di acciaio mediante biadesivo specifico per la cute, e lo si raccorda al
manipolo con la lente. Si effettua quindi lo studio e la raccolta delle immagini.
A seconda del protocollo di studio e del prodotto da testare, si possono prevedere punti
diversi del cuoio capelluto, condizioni igieniche specifiche, tempi successivi (basale, e ad
intervalli specifici per l’azione da valutare).
La valutazione delle lunghezze dei fusti si esegue selezionando ciocche di 2 - 3 capelli in
varie zone e alla distanza voluta, legandoli
insieme con un sottile filo colorato, e ponendo
il fusto, inserito tra due finestre bi-adesive, in
immersione in olio di contrasto, collegato poi
all’anello di acciaio e alla lente. In questo caso
il soggetto esaminato sta seduto di fianco
all’apparecchio, con la testa appoggiata su un
lettino o un tavolino.
Le immagini vengono memorizzate con una
visione generale della parte esaminata e sottomappe di immagini dettagliate, i dati del soggetto, i commenti eventuali sull’analisi.
La raccolta delle immagini di una zona richiede circa 5 - 10 minuti, a seconda della ricerca
da effettuare.
L’esecuzione di un test può prevedere un gruppo di soggetti trattati con prodotto attivo e placebo, o il controllo sullo stesso soggetto trattando metà testa con principio attivo e metà
con placebo.
Cuoio capelluto e capelli
al microscopio confocale
La prima immagine è quella delle cellule del corneo superficiale, suddivise come
in piccole “isole”. È possibile determinare:
l’eventuale desquamazione (fisiologica,
patologica),
la conformazione delle cellule (presenza o
assenza di nucleo),
la presenza di materiale estraneo (sporco
ambientale) e di secrezione sebacea,
eventuali microrganismi (Malassezia furfur, per esempio).
Si individua uno o più fusti di capelli, e l’ostio follicolare da cui emergono.
Aumentando la profondità di scansione si
valutano le cellule epidermiche a diversi
strati (malpighiano, basale), la presenza di
melanociti e relativi dendriti, melanina, colori artificiali se l’indice di rifrazione lo permette. Scendendo nel canale dell’ostio follicolare, si può notare la presenza di ipercheratosi, di microrganismi, sebo (spesso con
immagine dinamica di fluido escreto), fusto
del capello.
Superata la membrana basale dermo-epidermica si iniziano a riconoscere le cellule del
derma, i capillari più superficiali (con immagine dinamica dei globuli rossi che scorrono)
di cui è possibile valutare il calibro e l’endotelio della parete vasale. Scendendo ancora
nella scansione si arriva alla ghiandola sebacea, di cui sono visibili i sebociti e i dotti, e
il connettivo dermico.
Non è possibile arrivare a valutare il bulbo
pilifero in vivo. È però possibile studiarlo,
dopo asportazione (strappo).
Il fusto del capello appare come in un’immagine al microscopio elettronico, ed è possibile effettuare misurazioni del diametro, valutare lo strato esterno cuticolare e quello
midollare, aumentando la profondità di
scansione. Diventa perciò evidente la struttura delle cellule esterne della cuticola (con
possibilità di differenziare una struttura fisiologica, con cellule regolarmente embricate
una sull’altra, da destrutturazioni di vario
tipo), alterazioni strutturali, punti di frattura, doppie punte. La rifrazione della melanina permette di determinare la presenza del
pigmento, la sua distribuzione nei vari strati
e, addirittura, i diversi tipi di melanina presenti grazie alla differenza di indice di rifrazione (dati non pubblicati). Lo strato midollare è visibile nella sua struttura completa, e
sono riconoscibili eventuali anomalie strut-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
103
turali (idiomatiche, carenziali, indotte). È
inoltre molto suggestivo assistere alle modificazioni delle diverse parti del fusto sottoposte a vari tipi di trattamento: aggiungendo
del colorante tra le due finestre bi-adesive e
immergendovi il fusto del capello, si vede
chiaramente il colorante attraversare gli strati esterni e stabilizzarsi all’interno.
Questa valutazione può risultare molto interessante per lo studio di efficacia, penetrabilità e durata di una tintura.
10 bulbi di ognuno dei soggetti volontari
sottoposti a trapianto di capelli arruolati per
lo studio precedente, sono stati esaminati
mediante microscopio confocale, subito
dopo l’espianto. La valutazione del bulbo
(isolato dal resto del tessuto cutaneo) permette di evidenziare le cellule dei fibroblasti
della papilla dermica, i cheratinociti della
matrice delle guaine epiteliali, i melanociti
dei vari distretti. A livello del bulbo, con
questa tecnica è possibile evidenziare la
dimensione delle cellule, la presenza di
nuclei abnormi, la struttura e la distribuzione dei melanociti.
Lo studio ha dimostrato una netta modificazione nei bulbi irradiati del diametro cellulare dei cheratinociti della matrice, una modificazione della struttura della guaina epiteliale interna, forte aumento della rifrazione dei
melanociti, rispetto ai bulbi non irradiati.
La valutazione della microcircolazione peribulbare effettuata prima dell’espianto in tutti
i soggetti, ha dimostrato una significativa
vasodilatazione delle anse capillari dermiche
nei soggetti irradiati rispetto a quelli non
irradiati.
Valutazione dell’apoptosi
È in corso uno studio per determinare
il processo apoptotico a livello della struttura del bulbo (mediante valutazione della
caspasi 3 e della caspasi 8 a livello di cellule
lisate e centrifugate dell’intero bulbo) con kit
appositi.
I dati strumentali confermano, peraltro, l’aumento dell’incidenza del catagen e del telogen della zona irradiata dei volontari esaminati, rilevati mediante tricogramma effettuato prima dell’espianto (Tabella 2).
Anagen
(media)
Soggetti
non irradiati
Soggetti
irradiati
Catagen Telogen
(media) (media)
86%
2%
12%
65%
8%
27%
Tabella 2.
Gli effetti della radiazione infrarossa
e del caldo sui capelli e sul cuoio capelluto.
Elisabetta Sorbellini
Lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche è estremamente grande e può essere diviso in due principali gruppi:
radiazioni ionizzanti
radiazioni non ionizzanti
Il primo gruppo è detto ionizzante perché le
sue radiazioni trasportano energia sufficiente
per ionizzare la materia. Parlando di radiaInternational Hair Research Foundation, Milano
zioni ionizzanti si pensa subito ai raggi X e
gamma utili in campo medico a scopo diagnostico e terapeutico. L’uomo è da sempre
immerso in un campo di radiazioni ionizzanti, solo per il fatto di vivere sulla Terra.
Infatti, le principali fonti di esposizione per
l’essere umano alle radiazioni ionizzanti non
solo sono date dall’attività dell’uomo (esperimenti nucleari in atmosfera, uso del nucleare come fonte energetica e in campo indu-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
104
striale, inalazione di radon presente nell’inquinamento ambientale), ma sono soprattutto “naturali”, i raggi cosmici provengono dal
sole e dall’ambiente esterno, i radionuclidi
sono presenti nella crosta terrestre, nei materiali edili di costruzione, nell’aria, nell’acqua
e nel cibo, ed infine nello stesso organismo
umano. La quantità di raggi cosmici aumenta con l’incremento della quota sul livello del
mare e della latitudine; per i radioisotopi
(radon per esempio) presenti nella crosta terrestre, la dose ambientale è molto più alta in
corrispondenza di suoli granitici rispetto ai
suoli composti da rocce sedimentarie.
L’Italia, a causa della sua configurazione geologica, presenta aree ad elevata concentrazione di gas radon ed elevati valori di radiazioni gamma, nettamente superiori al resto del
mondo (Radiazioni e Radioprotezione - Istituto
Nazionale di Fisica Nucleare). La nocività di
queste radiazioni non è ben evidente al
momento: addirittura una nuova “scienza” è
stata istituita, la cronoastrobiologia (Biomedical Pharmacotherapy, 0ttobre 2004) che
ha messo in evidenza le influenze dell’elettromagnetismo solare sui ritmi cardiaci dell’uomo, e l’incidenza di modificazioni della
pressione arteriosa e del ritmo cardiaco in un
alto numero della popolazione di certe zone
della Terra in conseguenza di tempeste elettromagnetiche solari. Non si sa ancora quale
sia l’effetto di queste radiazioni su altri organi del corpo, compresa la pelle e i capelli, ma
sembra accertato con sufficiente certezza
un’influenza sul comportamento.
Le onde elettromagnetiche esistono un po’
dovunque a varia intensità, ma l’uomo può
percepirne solo una piccola parte tramite i
suoi organi di senso.
Dell’intero spettro delle onde elettromagnetiche, che si estende per circa 25 ordini di
grandezza a partire da onde di migliaia di
chilometri di “lunghezze d’onda” (campi quasi
statici) a onde di milionesimi o miliardesimi
di “micrometri” (raggi gamma, raggi da sciami cosmici), l’uomo avverte direttamente
solo le radiazioni non ionizzanti comprese
tra 0,4 e 0,9 micrometri (luce visibile), e soltanto tramite la retina dell’occhio. Sempre
nell’ambito delle radiazioni non ionizzanti,
una banda un po’ più ampia, quella dei raggi
infrarossi è percepita dai recettori termici
cutanei. Ciò non esclude che anche il resto
dello spettro possa stimolare ed interferire con
le strutture e gli equilibri bioelettrici e/o chimico-fisici del nostro organismo. Le interazioni fisiche e gli effetti biologici sul nostro organismo sono diverse per le diverse tipologie di
onde e possono comportare cambiamenti
temporanei o permanenti e stimolare funzioni
o alterazioni specifiche: i raggi UV, che in
natura stimolano la fotosintesi clorofilliana,
nell’uomo promuovono la sintesi di precursori della sintesi ossea, ma anche effetti negativi
legati al processo di photoaging fino a precancerosi e carcinomi cutanei. Inoltre è noto che
tutti gli scambi termici nei materiali sia organici che inorganici avvengono tramite emissione e assorbimento di raggi infrarossi (IR).
Il discorso si complica se si valuta l’impatto
delle radiazioni UV e IR in seguito alle modificazioni climatiche. Studi molto interessanti
sull’effetto della deplezione di ozono dell’atmosfera, hanno dimostrato l’aumento di incidenza statisticamente significativo di tumori
cutanei, sia benigni che maligni (van der Leun
JC, de Gruijl FR. Photochem Photobiol Sci. 2002;
1:324-6; de Gruijl FR. Eur J Cancer. 1999;
35:2003-9): gli Autori hanno dimostrato una
correlazione tra il buco dell’ozono e l’aumento della temperatura ambientale e l’aumento
dei casi di tumori cutanei.
L’etiologia della carcinogenesi cutanea causata
dai raggi UV sembra essere sempre il meccanismo di induzione dell’apoptosi da formazione di radicali liberi e di innesco della cascata
caspasica.
I danni alla cute e ai capelli
Esposizioni molto intense a radiazioni
UV provocano effetti patologici acuti sulla
pelle: eritemi, ustioni. Molto più subdolo il
danno da basse dosi di radiazioni per esposizioni prolungate, in cui è completamente
assente il sintomo acuto, che spesso può agire
da segnale di allarme.
In molti casi, come nel photoaging, il danno si
manifesta dopo anni di esposizione ripetuta.
È sempre più evidente che il meccanismo di
apoptosi provocato dalle radiazioni UV alle
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
105
cellule della papilla dermica, o forse più precisamente della matrice e della guaina epiteliale interna e delle bulge sia alla base di
molte forme di defluvium telegenico o di
alopecia androgenica. Un dato importante è
l’aumento di incidenza di lesioni da photoaging cronico e di tumori cutanei delle aree
calve, soprattutto negli uomini, che lascia
presumere un danno anche alle strutture
annessiali del capillizio.
Nello spettro delle onde elettromagnetiche
che raggiungono la Terra c’è anche una parte
di onde più lunghe (700 nm - 1 mm), i Raggi
Infrarossi (IR), che possono essere coinvolti,
come comprovato dagli studi più recenti
nella prevenzione del danno attinico e della
carcinogenesi, anche se le modificazioni
molecolari provocate dagli IR non sono completamente note.
Albert Kligman, in uno studio del 1982,
dimostrò come l’effetto cumulativo di IR e
UV aumentasse la carcinogenicità cutanea
determinando danni istologici di photoaging
amplificati rispetto alla esposizione di soli
UV o di soli IR, concludendo che le radiazioni infrarosse, anche in un range fisiologico, non sono innocue (A Kligman, Arch
Dermatol Res, 1982).
Uno studio di Kaidbey evidenziò che una
irradiazione con IR non proteggeva la pelle
dagli effetti acuti dei RUV (Kaidbey KH,
Witkowski TA, Kligman AM. Arch Dermatol.
1982; 118:315-8).
Di diverso avviso la letteratura più recente.
Franks ha evidenziato in vitro, su colture di
fibroblasti umani, come una pre-irradiazione
con IR protegga i fibroblasti dermici dall’effetto citotossico deigli UV (Frank S et al. J
Invest Dermatol. 2004; 123:823-31). In particolare l’effetto protettivo degli infrarossi si
esplica a livello mitocondriale con una
sovraespressione della proteina Hsp27 in
grado di prevenire l’assemblaggio di apoptosomi, proteine pro-apoptotiche. I mitocondri, quindi, sono il bersaglio primario delle
radiazioni IR e queste ultime eserciterebbero
un effetto pro-apoptosico subito dopo esposizione, e anti-apoptosico a distanza di 24
ore tempo necessario per preparare le cellule
a resistere al danno sul DNA causato dai
raggi UV.
Sempre Frank, in uno studio più recente, ha
dimostrato per la prima volta, come le cellule
deficitarie di proteina p53 non siano protette
dalla citotossicità degli UVB nonostante la tecnica di preirraggiamento con IR. I fibroblasti
umani in coltura dopo esposizione a IR normalmente accumulano proteina p53, fattore
coinvolto nella stabilizzazione e fosforilazione
della serina 15 e 20, e nello stimolo dell’attività di trascrizione. Anche in questo studio
viene confermata l’azione preventiva dei raggi
IR anticipando il danno da UV sulle cellule
(Frank S et al. Exp Dermatol. 2006; 15:130-7).
D’altra parte uno studio di Kim mette in evidenza il meccanismo di angiogenesi nel
derma superficiale, dopo un irradiazione
acuta di IR. Lo stress termico provocato dall’improvviso aumento della temperatura
cutanea, da 32 a 42°C, causa l’aumento delle
proteine da shock termico (Hsp 72-70) che
dà una sovraregolazione del fattore di crescita vascolare (VEGF) e una contemporanea
sottoregolazione di trombospondina (TSP)2, fattore inibitorio l’angiogenesi (Kim MS et
al. Br J Dermatol. 2006; 155:1131-8).
Una banda vicina agli IR ha trovato recente
applicazione in dermatologia per l’effetto di
fotomodulazione, nella cura delle ulcere diabetiche, da stasi venosa, nella guarigione
delle ferite chirurgiche o traumatiche
(Whelan HT et al. J Clin Laser Med Surg. 2001;
19:305-14; Rinaldi F et al. In Press).
La terapia vicina agli IR (FIR), come evidenziato da uno studio di Yu, fornisce luce a
basse energie tramite un radiatore artificiale.
Non è ancora del tutto chiaro il meccanismo
d’azione, anche se l’efficacia della FIR avviene tramite un aumento del microcircolo dato
da un aumento del pattern L-arginina/ossido
nitrico, e da un effetto non termico e soprattutto dopo lunghi tempi di esposizione (4560 minuti) (Yu SY et al. Photodermatol
Photoimmunol Photomed. 2006; 22:78-86).
Questo tipo di terapia apre nuove prospettive in campo terapeutico per le sue possiibili
applicazioni: dalle patologie ischemiche a
tutte quelle situazioni in cui l’aumento del
microcircolo, e quindi del VEGF, stimola un
incremento della produzione di ATP disponibile per cellule ad elevato ricambio come
quelle della pelle e del bulbo pilifero.
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
106
Possibilità terapeutiche e di prevenzione:
dai fattori di crescita ai radical scavengers,
dai filtri solari a specifici tessuti
a protezione solare.
Paola Bezzola
Se è ormai noto il danno provocato
dalle radiazioni ultraviolette ed i meccanismi
che lo inducono, meno diffusa è la conoscenza sulla necessità di adottare una adeguata fotoprotezione esattamente come si fa
per la pelle. Infatti il messaggio “il sole fa male
alla pelle” è ormai molto diffuso e ogni medico è in grado di consigliare ai pazienti alcune misure cautelative da adottare per evitare
i danni acuti e cronici degli UV. In tal senso
la comunicazione è ovviamente più facile
perché il rischio di insorgenza di neoplasie
cutanee UV-correlate è sicuramente un forte
deterrente all’esposizione selvaggia e l’aumentata incidenza di melanomi cutanei negli
ultimi anni è un evento ormai noto anche al
vasto pubblico.
Diverso il discorso per quanto riguarda la
protezione del cuoio capelluto che viene
ancora vissuto come un ‘area periferica
nonostante le neoplasie di questa zona siano
significativamente più frequenti nei soggetti
con diradamento dei capelli che spesso
“dimenticano” quanto essa sia più esposta
anche in modo non intenzionale (durante
ogni attività condotta all’aperto).
La strategia da utilizzare per una corretta fotoprotezione è invece meno chiara in quanto i
filtri per capelli presentano problemi di formulazione che li rendono meno efficaci di
quelli impiegati per la protezione della cute
.Infatti essi devono essere in grado di ridurre la
quantità di raggi che colpiscono i capelli e
modificare l’ambiente chimico che favorisce la
fotodegradazione del triptofano e quindi innesca la modificazione del fusto (Signori V. J
Cosmet Sci. 2004; 55:95-113; Nogueira et al.
Photochem Photobiol Sci. 2006; 5:165-9).
International Hair Research Foundation, Milano
La scelta della formulazione è fondamentale
perché il filtro deve depositarsi in quantità
adeguata sul fusto (deve pertanto essere
incorporato in prodotti con affinità particolare) e rimanervi un tempo adeguato. In tal
senso sarebbero le formulazioni spray oilshine quelle più indicate perché dotate di
alta affinità e quindi maggiore stabilità e
durata. (Braida et al. Skin Pharmacol. 1994;
7:73-7).
I filtri proposti sono l’octilmetossicinnamato,
il benzofenone 3 e derivati quaternari come
il cinnamidopropyl-trimetilammoniocloridro. Vi sono studi di valutazione di efficacia
anche dell’aggiunta ai filtri per capelli di
sostanze free-radical scavengers che si sarebbero dimostrate vantaggiose nel contrastare
la produzione di radicali liberi UV correlati.
Non meno importante d’altra parte è la gradevolezza cosmetica del prodotto che deve
essere facilmente pettinabile e distribuibile
sui fusti con impatto esteticamente e funzionalmente accettabile.
Un altro grande capitolo della fotoprotezione
è legato all’uso di copricapo che sono sicuramente pratici e confortevoli durante la normale vita all’aria aperta non costringendo a
ripetute applicazioni di prodotti topici che
non tutti possono gradire (si pensi in particolare al pubblico maschile) (Laperre J,
Gambichler T. Photodermatol Photoimmunol
Photomed. 2003; 19:11-6).
L’uso di particolari tessuti trattati e schermanti nei confronti delle radiazioni UV
garantisce un indice di protezione molto più
alto di quello dei cappelli normali; è importante anche un trattamento antitraspirante
del tessuto perché è ben noto che il calore e
l’umidità che si sviluppano in condizioni di
ipersudorazione (specie in ambiente chiuso
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
107
come sotto un cappello) sono fattori aggravanti il danno attico, in quanto la maggior
ricchezza di acqua favorisce la formazione di
radicali liberi espressione del danno UVindotto alle proteine del fusto. Esistono in
commercio speciali cappellini che garantiscono una protezione dei raggi UV del 98%,
equivalente ad un valore di indice di protezione di 50+, in accordo con la classificazione AS/NZS 4399 1996. La International Hair
Research Foundation ha effettuato i test clinici
dermatologici di valutazione l’effettiva capacità filtrante del tessuto, con uno studio in
doppio cieco con cappellini trattati e non
trattati (vedi anche in www.ihrf.eu).
Indicato è anche l’utilizzo di antiradicalici per
via sistemica (genisteina, picnogenolo, licopene) ed integratori di aminoacidi specifici
(compresi triptofano, taurina ed ornitina).
Gli stessi aminoacidi sono efficaci se applicati direttamente sul cuoio capelluto e capelli
in varie formulazioni (lozioni, maschere) che
possono essere preparate galenicamente
secondo il colore e la tipologia dei capelli .
Poiché è ormai noto che gli UV possono
indurre telogen effluvium ed addirittura
alcuni Autori ipotizzano che anche l’alopecia
androgenetica possa essere considerata una
dermatosi fotoaggravata, uno stimolo significativo alla crescita dei capelli è rappresentato dall’impiego dei fattori di crescita (VEGF,
FGF) che rappresentano una via di trasferimento dei segnali di regolazione cellulare a
livello della papilla dermica e delle altre
strutture del bulbo pilifero, segnali determinanti per la sua trasformazione ciclica attraverso le varie fasi, determinando la rapida
proliferazione dei cheratinociti follicolari,
dell’allungamento e dello spessore del fusto.
Sappiamo che esistono due aree di riserva di
cellule staminali a livello del bulbo pilifero,
in grado di garantire la riproduzione cellulare e quindi la formazione di un nuovo bulbo
dopo la scomparsa di quello vecchio durante la fase telogen. Una è localizzata lungo la
guaina epiteliale esterna nella zona di inserzione del muscolo erettore del pelo (bulge
zone ove risiederebbe circa il 95% delle cellule staminali), l’altra nell’area sottostante la
papilla dermica.
È probabile che la formazione del nuovo
bulbo avvenga per migrazione delle cellule
dall’area della bulge grazie alla stimolazione
di numerosi mediatori (fattori di crescita,
citochine ecc).
In tal senso l’attenzione si è focalizzata sull’importanza dei fattori biologici all’interno
della papilla dermica del bulbo del capello
che è la zona di scambio grazie alla presenza
dei capillari delle anse papillari, ed in particolare sul ruolo svolto dal fattore di crescita
vascolare (VEGF) e dal fattore di crescita
fibroblastico (FGF).
Da tempo infatti è noto il ruolo del VEGF
nell’indurre una mitosi specifica delle cellule endoteliali con aumento di dimensioni
dei vasi perifollicolari durante l’anagen e
netta riduzione degli stessi quando inizia la
fase involutiva di catagen e la successiva di
telogen.
Questa angiogenesi da “rimodellamento”
porta ad un aumentato afflusso di sostanze
indispensabili all’accrescimento cellulare
durante la fase di attività e quindi un prolungamento della fase anagen ed un aumento di volume dei follicoli piliferi.
Si è dimostrato inoltre che uno dei più utilizzati farmaci nel trattamento delle alopecie,
cioè il minoxidil, agisce anche stimolando la
produzione di VEGF e che tale fenomeno è
mediato dall’adenosina acido nucleico presente in tutti gli organismi viventi, di cui
sono presenti tre diversi tipi di recettore
(punti di attacco sulla cellula) a livello della
papilla dermica. L’adenosina determina una
sovraregolazione anche dell’espressione di
FGF7 (fattore di crescita fibroblastico) detto
anche fattore di crescita dei cheratinociti che
si traduce in una stimolazione della crescita
dei capelli. L’azione dell’adenosina è un’azione diretta sul recettore molto più rapida di
quella del minoxidil che agisce per via indiretta adenosina-mediata (in vitro l’up regulation di FGF7 e VGF avviene in 2 ore con
adenosina, in 8 ore con minoxidil).
Recentemente alcuni studi (Zemtsov A. Skin
Res Technol. 2007; 13:115-8) hanno focalizzato l’attenzione sul possibile uso terapeutico
della fosfocreatina per via topica a livello
cutaneo con azione non solo di protezione
nei confronti dei danni UV indotti ma anche
di miglioramento clinico. Infatti l’invecchia-
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
108
mento cellulare in generale e quello UV
indotto in particolare, è caratterizzato da un
declino del metabolismo cellulare, mediato
dai radicali liberi, prevalentemente causato
da alterazioni della funzione mitocondriale;
poiché le cellule compensano tale ridotta
capacità energetica mitocondriale con vie
metaboliche extramitocondriali come la gli-
È
colisi o il sistema della creatinfosfochinasi
(CPK), l’incremento di quest’ultima nell’area
danneggiata si traduce in una aumentata attività cellulare con protezione nei confronti
del danno ossidativo.
La creatina cioè funzionerebbe come una
ricarica energetica con marcata azione protettiva nei confronti dello stress cellulare.
DIMOSTRATO CHE:
Effetto dei raggi ultravioletti
sui capelli
L’influenza della luce solare e dei raggi
ultravioletti (UVR) sui capelli è studiata da
molto tempo ed è ormai assolutamente evidente che l’esposizione ai raggi solari (e alle
lampade UV artificiali) provoca un danno
importante al fusto del capello.
L’effetto dei raggi solari determina modificazione chimiche e strutturali al fusto, sia nei
capelli sani che patologici, sottoposti o no a
trattamenti cosmetici. Il danno si manifesta a
qualsiasi età.
In linea di massima i capelli biondi sono
meno fotostabili di quelli castani e di quelli
neri per la parziale protezione della melanina), quelli sottoposti a trattamenti chimici
tendono a sbiadire e ingiallirsi rispetto a
quelli non trattati. In più, i capelli ossigenati devono essere ulteriormente protetti contro le modificazioni proteiche e lipidiche del
fusto foto-indotte dai raggi UV. I capelli
grigi, poi, subiscono il danno maggiore.
I meccanismi di danno indotto dai UVR alla
struttura del capello sono riassumibili nei
seguenti punti:
I raggi UVR determinano un cambiamento della composizione chimica del capello, che subisce un effetto di foto-ossidazione. Gli UVA hanno un effetto maggiore
nel provocare la fotossidazione ad opera
soprattutto degli UVA. L’umidità aumenta
il danno in modo significativo. La melanina naturale all’interno del fusto è un
mezzo di protezione estremamente debole per controllare l’effetto negativo dei
raggi solari: tuttavia, maggiore è la concentrazione della melanina contenuta
nella corteccia, minore è il danno. La cuticola non contiene melanina, e non possiede quindi fattori naturali di protezione, e
subisce i danni più importanti anche in
considerazione dell’alta quantità di cistina.
La fotossidazione delle fibre del capello
segue una via diversa dall’ ossidazione
chimica. La fotossidazione avviene a livello di un legame C – S della cistina portando alla formazione di 1 mole di acido
cisteico nei prodotti di formazione, indotta dai radicali liberi; l’ossidazione chimica
determina la scissione del legame S – S,
con formazione di 2 moli di acido cistico.
L’acqua contenuta all’interno del fusto è
un prerequisito fondamentale per accelerare e provocare il danno, dal momento
che permette la diffusione dei radicali
liberi che innescano la reazione chimica
di ossidazione.
I capelli esposti alla luce solare mostrano
una netta modificazione delle loro caratteristiche fisiche, con riduzione alla resistenza alla trazione, maggior suscettibilità
all’attacco degli alcali e formazione di più
del doppio di acido cistico.
Si osserva una perdita delle proteine della
cuticola in conseguenza al danno solare, e
una modificazione chimica dei processi
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
109
cross-linked proteici provocati sia dagli
UVA e che dagli UVB.
Uno studio sperimentale di Reutsch et al.
ha dimostrato che, dopo esposizioni prolungate a UVR e in condizione di umidità,
la melanina può non apparire degradata,
con i granuli di pigmento apparentemente intatti, e che i capelli mantengono il
loro colore naturale. Tuttavia quando gli
stessi capelli esposti a UVR vengono trattati con perossido di idrogeno alcalino la
melanina va incontro ad un processo
istantaneo di disintegrazione, segno del
danno foto-indotto.
Il triptofano è uno degli aminoacidi fondamentali nella formazione della cheratina e
ha il picco dell’assorbimento degli UVR alla
lunghezza d’onda di 280 nm. La modificazione del triptofano può essere uno dei
meccanismi della degradazione della cheratina a livello della cuticola, precedendo
quella del doppio legame di S cheratinico.
Addirittura, la fluorescenza di molecole di
triptofano è uno dei test utilizzati per la
valutazione del fotodanno del fusto dei
capelli. La distruzione del triptofano è maggiore in presenza di acqua nel fusto dei
capelli, rispetto a fusti immersi in olio
minerale (non polare) in cui la distruzione
risulta minima. Uno studio di Rele et al. ha
dimostrato la maggior efficacia dell’olio di
cocco nella prevenzione del danno fotoindotto, anche in presenza di acqua.
Recentemente è stato dimostrato da Inoue
et al. la presenza di una proteina ad altissimo contenuto di cistina, a livello della
endocuticola, denominata proteina
S1003A , intimamente correlata al doppio
legame di zolfo che determina l’integrità
strutturale della fibra del fusto.
L’irradiazione con UVR danneggia irreparabilmente la proteina S1003A, portando
alla sua disgregazione: secondo tali nuovi
studi, questo potrebbe essere il meccanismo fondamentale del danno strutturale.
La proteina, peraltro, sembra essere danneggiata anche da lavaggi troppo frequenti o spazzolature troppo aggressive.
L’ eumelanina è meno sensibile alla degradazione dei raggi solari della feomelanina
che, al contrario, è meno danneggiata
dalla ossidazione chimica della eumelanina.
Il danno indotto dalle radiazioni solari provoca drammatiche modificazioni delle proprietà fisiche del capello, con riduzione
della resistenza alla tensione, facilità alla
rottura, minor efficacia dei trattamenti
cosmetici (dalla messa in piega, alla tintura), aumento dei danni dei trattamenti chimici, e imbibizione di acqua. L’aspetto
macroscopico è di capelli secchi, fragili e
opachi. Spesso è possibile vedere dei piccolissimi punti bianchi lungo il fusto, corrispondenti a piccole zone di frattura (tricoressi nodosa, ben evidente in microscopia).
Esposizioni prolungate ai raggi UVR e
particolarmente “aggressive” possono portare alla completa fusione delle cellule
della cuticola, con disintegrazione dello
strato ed esposizione di quello corticale
sottostante.
La maggior parte degli studi sperimentali
viene eseguita in condizioni “forzate”, con
tempi di irradiazione spesso superiori a
quelli a cui è normalmente sottoposto un
individuo durante la giornata.
D’altra parte queste ricerche vengono effettuate in tempi relativamente brevi (pochi
giorni, raramente una settimana consecutiva), tempo estremamente inferiore all’esposizione media di un individuo durante un
periodo prolungato di vacanza al sole, o con
abitudini di esposizione a raggi UVR naturali o artificiali.
È estremamente importante notare che la
testa è la parte del corpo sempre esposta alle
radiazioni solari (salvo uso costante di copricapo) e che spesso il tempo reale di esposizione solare è sottovalutato (erroneamente,
nell’opinione comune, il rischio provocato
dai raggi solari è concentrato alle ore di
spiaggia). È stato calcolato che la esposizione al sole per individui abitanti in una città,
con un lavoro d’ufficio, e che passano una
L’esposizione solare: come prevenire i danni.
110
media di tre settimane di vacanze all’anno, è
comunque molto alto, tale da meritare le
necessarie precauzioni per ridurre il rischio
di tumore cutaneo. Allo stesso modo varrebbe la pena attuare una prevenzione del
danno attinico ai capelli e al cuoio capelluto.
L’unità di misura dell’energia radiante ricevuta per area di superficie è definita irradianza (W m2), unità che è spesso associata
ad una lunghezza d’onda o a uno spettro di
lunghezze d’onda della radiazione (W m2
nm). La somma della irradianza per un
periodo di tempo è chiamata energia radiante. A seconda del numero di ore di esposizione, della zona geografica, dell’incidenza
dei raggi solari (considerati nella totalità di
luce visibile, UV e infrarossi), si può determinare la quantità di energia solare assorbita da un individuo.
Esistono tabelle precise, specie nelle zone a
maggior rischio di incidenza di tumori cutanei melanoma e non-melanoma, che indicano il valore di irradianza e il relativo rischio.
Per esempio, se pur approssimativamente:
passare tutta la giornata in ambiete esterno soleggiato per una settimana d’estate
determina una irradianza tra 70 x 106 e
140 x 106 J m2
passare mezza giornata in ambiente esterno soleggiato per una settimana d’estate
determina una irradianza di 60 x 106 J m2
passare solo qualche ora in ambiente
esterno soleggiato per una settimana, ma
verso il tardo pomeriggio e la sera dà
un’irradianza di 20 x 106 J m2
Gli studi sperimentali hanno sempre utiliz-
zato trecce di capelli naturali, vergini o trattati, considerando però la sola struttura del
fusto in condizioni non patologiche.
Ovviamente i capelli di un individuo devono
tener conto di altri fattori che possono
aggravare il rischio del danno:
le condizioni individuali di salute del
bulbo e del fusto: non sempre i capelli
sono perfettamente sani, formati da bulbi
sani, in soggetti con corretta alimentazione e conseguente formazione di cheratina
adeguata, e protetti da sostanze ad azione
antiradicalica;
spesso le abitudini igieniche e cosmetiche
individuali stressano il fusto in modo
importante (la frequenza e qualità dello
shampoo, tecniche di asciugatura, le abitudini di “styling” e la scelta dei tempi,
uso corretto o scorretto di cosmetici, lunghezza dei capelli);
condizioni ambientali; ambienti di vita
inquinati, presenza di metalli pesanti, polveri sottili, umidità o secchezza dell’ambiente possono ulteriormente danneggiare
il fusto e renderlo ancora più esposto al
rischio. Il capello fotodanneggiato è particolarmente sensibile all’assorbimento del
rame, che può svolgere un effetto negativo sulla formazione delle microfibrille;
l’età, la situazione ormonale, uso di farmaci (sistemici o topici), fumo di sigaretta, e “mille” altri fattori di rischio.
Sarebbe quindi importante effettuare una
corretta prevenzione del danno attinico ai
capelli, esattamente come si fa per la pelle (al
di là della differenza dell’entità del danno).
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