FarmaDay - n.111 - Ordine dei Farmacisti di Napoli

Anno II – Numero 111
AVVISO
1. Corsi ECM 2013:
prenotazione da lunedì
p.v.
Venerdì 08 Febbraio 2013, S. Igino Papa
Venerdì 15 Febbraio p.v. ore 20.30
L'accudimento Dermocosmetologico del
Paziente in Chemioterapia
Notizie in Rilievo
• Scienza e Salute
2. Calcolo del periodo
fertile, ecco come farlo
Prevenzione e
Salute
3. Come proteggere la
pelle dal freddo in
inverno
Cari Colleghi,
abbiamo sempre considerato che il ruolo della Farmacia è fondamentale nella
promozione della salute, nella prevenzione e nell’educazione sanitaria del
Cittadino; per svolgere tale ruolo occorre personale preparato e
continuamente aggiornato nonché una grande attenzione ai bisogni del
cittadino. A tale proposito, l’Ordine in collaborazione con Federfarma ha
organizzato per il 15 Febbraio p.v. l’evento formativo, che si terrà presso la
Nostra Sede, dal titolo:
L'accudimento Dermocosmetologico del Paziente in Chemioterapia
Stili di vita e
Salute
4. Seno più grande, ma il
lipofilling nasconde
insidie. Greenpeace
attacca i grandi marchi
Prevenzione e
Salute
5. Sostanze tossiche nei
vestiti
Domanda e
Risposta
6. Come si produce la
liquirizia?
(Prof.ssa G. Fabbrocini – Università degli Studi di Napoli “Federico II”)
Introdurrà l’evento il Prof. R. Calabrò che terrà una relazione su:
“L’importanza del miglioramento della qualità della vita in sanità”
Nell’attesa di poterVi incontrare numerosi, restiamo volentieri a Vostra
completa disposizione per ogni ulteriore informazione.
AVVISO
Si informa che da Lunedì p.v. è possibile prenotare i
Corsi ECM Gratuiti 2013
sul sito dell’Ordine utilizzando la propria Username e
Password.
Nella home page del sito dell’Ordine/sezione ECM
trovate maggiori dettagli sul programma.
SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it
E-MAIL:
[email protected];
[email protected]
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno II – Numero 111
SCIENZA E SALUTE
CALCOLO DEL PERIODO FERTILE, ECCO COME FARLO
Come calcolare il proprio periodo fertile?
Si tratta di un’informazione importante sia per chi sta cercando di
avere un bambino, e sia per chi invece una gravidanza vuole evitarla:
non a caso, il calcolo del periodo fertile è alla base dei metodi
naturali di contraccezione. Ma vediamo insieme come fare questi
calcoli e fino a che punto possono essere affidabili.
Periodo fertile: calcolare i giorni dell’ovulazione: con “periodo
fertile” intendiamo i giorni in cui la donna ha le maggiori probabilità di rimanere in stato interessante.
Questo solitamente inizia nei 5 giorni precedenti l’ovulazione ed arriva fin ai due giorni dopo;
l’ovulazione invece inizia quando l’ovocita viene espulso dalle ovaie. Se questo viene raggiunto dallo
spermatozoo si avrà il concepimento di un bimbo. L’ovulazione avviene in media il 14-15° giorno del
ciclo mestruale (calcolando come primo, il primo giorno delle mestruazioni precedenti/ultime) e
dunque un paio di settimane prima del ciclo successivo. In questo periodo si ha un forte innalzamento
dei valori ormonali LH (ormone luteinizzante) e degli estrogeni. In pratica: in un ciclo abitualmente di
28 giorni e con una fase lutea di 14, il periodo fertile per eccellenza è quello che va dall’inizio della
seconda settimana del ciclo mestruale all’inizio della terza: tra il 14° ed il 21° giorno. Attenzione però,
perché questo calcolo, tra i più usati ed anche efficaci, va bene per le donne con un ciclo mestruale
regolare, che si presenta ogni mese allo stesso modo, come durata ed intervallo tra un flusso e l’altro.
Il rischio di una gravidanza indesiderata è evidente, laddove si usi tale calcolo con lo scopo
anticoncezionale: un ciclo mestruale può variare anche improvvisamente a causa di un qualunque
evento o condizione di salute particolare che colpisce una donna (dallo stress ad una dieta eccessiva).
Calcolo del periodo fertile: osservare il muco cervicale: un altro metodo utilizzato per calcolare
il periodo fertile in una donna è quello basato sull’osservazione del muco cervicale. In prossimità
dell’ovulazione aumentano le perdite vaginali di muco: trasparente e fluido (da non confondere con
altre perdite più dense e scure indici di infezioni). Quando ciò si manifesta significa che l’ovulazione si
avrà al massimo entro le 36 ore. Passato il periodo clou, tale muco scomparirà da solo. Chiaramente
non è il metodo migliore per chi ha infezioni vaginali ricorrenti, come la candida, o per le giovanissime
che non conoscono ancora bene il proprio corpo. Anche la sindrome dell’ovaio policistico può alterare
la consistenza del muco cervicale. Se si opta per questo metodo contraccettivo, è buona norma
verificare con un ginecologo la mancanza di questi disturbi.
Calcolare il periodo fertile con la misurazione della temperatura basale: continuiamo a
scoprire altri segreti del nostro corpo: al momento dell’ovulazione (quando cioè l’ovocita viene espulso
dalle ovaie) la temperatura basale dell’organismo aumenta di circa 0,3/0,5 °C. Quindi per calcolare il
periodo fertile basterà misurare costantemente ogni giorno alla stessa ora (la mattina appena ci si
sveglia) la temperatura basale per calcolare il proprio standard e capire quando si manifesta
l’aumento. Si usa solitamente un termometro per via vaginale (basta inserire la punta). Anche questo
metodo ha dei limiti concreti, legati agli sbalzi ormonali, a disturbi del sonno, febbre o stress, tutti
fattori che incidono sulla temperatura corporea.
Calcolo del periodo fertile: stick ed ecografia: esistono poi altre metodiche, come gli stick che si
acquistano in farmacia ed indicano sotto il getto delle urine se l’ovulazione è vicina o meno. Sono
abbastanza affidabili, ma di certo scomodi come fine contraccettivo, presupponendone l’utilizzo
costante in più giorni, prima di individuare quello dell’ovulazione. Lo stesso vale (se non peggio) per
l’utilizzo della tecnica ecografica da effettuare con un ginecologo: ripetute ecografie indicheranno
quando il follicolo è giunto a maturazione ed è pronto per rilasciare l’ovocita. Chiaramente anche
questa metodica è più utile per cercare una gravidanza che per evitarla. (Salute Femme)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno II – Numero 111
PREVENZIONE E SALUTE
Come Proteggere la Pelle dal Freddo in Inverno
Curare e proteggere la nostra pelle in inverno è indispensabile per mantenerla
vellutata e giovane, perché il freddo, specialmente se secco e accompagnato da
vento, è un nemico giurato della nostra cute delicata.
Naturalmente sono soprattutto alcune zone del corpo, quelle
naturalmente più esposte agli agenti atmosferici, ad essere
particolarmente soggette all’azione erosiva del “generale inverno”,
come il viso e le mani. La pelle di queste aree è particolarmente
delicata, e va sempre curata e protetta a dovere, tenendo conto delle
singole problematiche, dell’età, e delle caratteristiche individuali. Una
cute già secca per natura, con un filtro lipidico minimo e una texture
sottile e sensibile, magari soggetta a couperose e arrossamenti, soffrirà particolarmente a causa del
freddo, e andrà per questo motivo “coccolata” in modo speciale. Viceversa, una pelle per natura
grassa, verosimilmente in inverno ci apparirà più “purificata”, più splendente. In ogni caso, mai
trascurare la nostra epidermide – anche le porzioni che di solito teniamo ben coperte dagli abiti – in
questo periodo dell’anno. La cura della pelle in inverno deve puntare su una strategia multipla,
vediamo perciò come agire per mantenerla in perfetta salute e bellezza.
Peeling esfoliante: Esfoliare è una regola d’oro che dovrebbe essere come minimo incisa su una
bella targhetta sopra lo specchio del nostro bagno, ad imperituro memento. Ricordiamoci di effettuare
regolarmente un buon peeling del viso e del corpo, usando prodotti specifici, ma anche i tanti rimedi
naturali – low cost ed ecologici come lo zucchero o il bicarbonato di sodio. La parola d’ordine è
eliminare le cellule morte in superficie in modo da favorire un completo rinnovamento cutaneo.
Meno docce e più saponi naturali: Quando fa freddo un bel bagno caldo è ciò che ci vuole, ma
attenzione a non inaridire troppo la pelle. Le docce prolungate sono deleterie per l’epidermide, così
come l’uso di detergenti aggressivi tutti i giorni. Non prolungate oltre il dovuto i vostri lavaggi
quotidiani, cercate di usare saponi ecologici (ve benissimo anche il panetto di Marsiglia, emolliente e
delicato) invece dei soliti bagnoschiuma, e dopo la doccia, se sentite la pelle che “tira”, spalmatevi un
velo di crema idratante per il corpo.
Creme e make up: Se abbiamo la pelle del viso secca anche in inverno ciò di cui continuiamo ad
avere necessità è l’idratazione, perché sia gli agenti atmosferici, freddo e vento in primis, che il
riscaldamento delle nostre case, hanno un’azione “prosciugante” sulla pelle, che tende ad erodere il
film lipidico che la protegge. Per questo la cosa migliore da fare è mischiare due prodotti in uno: sia al
mattino che alla sera spalmiamoci un’emulsione che mixi un po’ di crema idratante e un po’ di crema
nutriente. Meglio scegliere buoni prodotti bio, magari da acquistare in erboristeria. Inoltre, per la
protezione della nostra pelle da freddo e agenti atmosferici, usiamo un buon make up. Dopo aver
idratato la cute, stendiamo un fondotinta di buona qualità, esso formerà un velo protettivo contro il
gelo esterno, mantenendo il naturale equilibrio della pelle. Completiamo con un rossetto cremoso con
agenti idratanti per evitare di inaridire le nostre labbra.
Alimentazione: l’alimentazione è fondamentale nella cura della pelle in inverno, fondamentale per
mantenerla in perfetta salute. Nella stagione fredda abbiamo bisogno di fare il pieno di vitamine e di
antiossidanti, quindi via libera a tutta la frutta e la verdura di stagione, dagli agrumi alla melagrana,
dai broccoli alla cicoria, senza dimenticare la cipolla che ha azione depurativa e disintossicante.
Insomma, non fatevi mancare nulla e ricordate anche che le proteine che provengono da legumi,
pesce e carne bianca sono da preferire. Evitate, anche se è difficile con il freddo, i troppi zuccheri e
carboidrati raffinati che intossicano la pelle e ne favoriscono gli inestetismi tra cui anche l’acne.
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno II – Numero 111
STILI DI VITA E SALUTE
SENO PIÙ GRANDE,
MA IL LIPOFILLING NASCONDE INSIDIE
Donne in fuga dalle protesi, dopo la scandalo Pip, ma anche il lipofilling, il “riciclo”
del proprio grasso corporeo nel seno per ingrandirlo, non è privo di rischi.
Lo spiega Egidio Riggio, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva, estetica e microchirurgia
presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano: “Molte donne sane potrebbero avere alcune cellule
tumorali dormienti, ancora non invasive, che magari
rimangono tali per anni o per sempre, oppure no”.
Negli Usa la tecnica è stata sconsigliata per anni dalla Società
americana di chirurgia plastica contro il lipofilling al seno per il
rischio proprio con i tumore dei tumori. Solo dal 2000 si è
cominciato a trattare con questa tecnica esclusivamente le
donne già operate di tumore, ma con non più di 100-200 cc di
grasso. Ci sono casi in cui si arrivano a “imbottire” le
mammelle a dismisura con oltre 1 chilo di grasso per lato. Con
rischi che si moltiplicano e di fronte ai quali la scelta di una
protesi al silicone di buona qualità, con gel coesivo e
anatomica rappresenta ancora l'opzione più sicura.
“È importante mantener fede a un principio ideale di salute della donna in ogni operazione al seno
eseguita selezionando la tecnica chirurgica meno invasiva e impiantando il materiale più sicuro,
senza lasciarsi corrompere dalle mode passeggere e dai facili guadagni che possono girare
rovinosamente nel mondo della medicina e della chirurgia estetica”.
I RISCHI - “I rischi potenziali sono di due tipi, quelli benigni, noti da tempo ai chirurghi e
proporzionali alla quantità di grasso inserito e alla zona del seno da riempire che se sbagliata può
produrre cisti, granulomi, macrocalcificazioni e deformazione. E poi ci sono rischi sconosciuti,
ovvero non ancora studiati, che concernono però quei lipofillings dove si concentrano volutamente
fattori di crescita e cellule staminali potenziate. Ma le staminali adulte presenti nel grasso
rappresentano solo l’1-5% del totale e non ci sono studi scientifici seri, in grado di rassicurare sulla
possibilità che queste cellule stimolino anche la crescita dei tumori negli anni successivi”.
DOMANDA E RISPOSTA
Come si produce la liquirizia?
Le radici della pianta di liquirizia (Glycyrrhiza glabra) sono lavate e fatte essiccare
e, una volta rimosse le fibre, vengono macinate, pressate e messe a contatto con
acqua bollente per estrarne il succo.
Questo viene chiarificato e concentrato tramite bollitura per ottenere una pasta nera, densa e
profumata, che è fatta passare attraverso macchine che le danno la forma
desiderata. Nei dolciumi a base di liquirizia possono essere aggiunti aromi e
altri additivi, ma è vietato l’uso di coloranti.
La migliore? In Calabria!: La pianta della liquirizia cresce nell’Asia
sudoccidentale e nell’Europa mediterranea, ma la migliore al mondo si
trova in Calabria, lungo la costa ionica. Qui infatti il clima esalta il contenuto
in glicirrizina, la sostanza che dà il sapore. Nota fin dall’antichità per il sapore dolce e le proprietà
medicamentose, la liquirizia era usata 5.000 anni fa in Cina contro la tosse e le malattie del fegato.
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno II – Numero 111
PREVENZIONE E SALUTE
SOSTANZE TOSSICHE NEI VESTITI
GREENPEACE ATTACCA I GRANDI MARCHI
Rapporto dell'organizzazione ambientalista, lanciato con una sfilata shock a
Pechino. Su 141 campioni di vestiario analizzati di 20 diversi brand - fra cui Zara,
Calvin Klein, Levi's, Armani, Gap - prodotti in Paesi in via di sviluppo due terzi
contenevano agenti chimici in grado di provocare cancro e disturbi ormonali.
Una petizione per spingere i big della moda a ripulire la filiera di
produzione, Calvin Klein, Levi's, Marks and Spencer, Diesel,
H&M, Armani: sono alcuni brand di fama internazionale della
moda finiti nel mirino di Greenpeace per la presenza di sostanze
pericolose nei loro capi di abbigliamento. Al termine di
un'indagine condotta su campioni di indumenti di 20 diversi
marchi in vendita in 29 Paesi e regioni del mondo, l'associazione ambientalista denuncia la
presenza sugli abiti di sostanze capaci di provocare cancro e disturbi ormonali.
L'organizzazione ha acquistato pantaloni, magliette, lingerie e abiti realizzati in Cina e in altri
paesi in via di sviluppo, facendo poi analizzare i tessuti di 20 brand: Benetton, Jack&Jones, Only,
Vero Moda, Blazek, C&A, Diesel, Esprit, Gap, Armani, H&M, Zara, Levi's, Victoria's secret, Mango,
Marks&Spencer, Metersbonwe, Calvin Klein, Tommy Hilfiger e Vancl.
I RISULTATI? Piuttosto scioccanti: "In circa due terzi dei 141 campioni sono stati rilevati
nonilfenoli etossilati", denuncia Greenpeace nel suo rapporto Toxic threads - the fashion big
stitch-up, presentato a Pechino. In alcuni vestiti poi sono stati rinvenuti anche ftalati o coloranti
contenenti ammine cancerogene.
I nonilfenoli etossilati sono prodotti chimici usati come detergenti in diversi processi industriali e
nella produzione di tessuti naturali e sintetici. Una volta usati e scaricati, si decompongono in
nonilfenoli, un sottoprodotto molto tossico considerato un interferente endocrino.
La denuncia riguarda grandi nomi, "attori importanti dell'industria della moda, con la sola Zara che
produce 850 milioni di capi di vestiario ogni anno", afferma l'organizzazione. "Si può immaginare l'entità dell'impronta tossica lasciata sul pianeta, soprattutto in alcuni Paesi in via di sviluppo
come la Cina dove molti di questi prodotti vengono realizzati". Greenpeace chiede ai big della
moda di impegnarsi per eliminare le sostanze tossiche dalle filiere di produzione, con Zara in primo
piano in qualità di più grande rivenditore al mondo di abbigliamento. Per questo oggi
l'organizzazione lancia una petizione a livello mondiale.
Già nel 2011 Greenpeace aveva pubblicato Dirty laundry e Dirty laundry 2, due rapporti che
dimostravano come i fornitori dei grandi gruppi tessili avvelenassero le acque di alcuni fiumi
cinesi, con sostanze chimiche ritrovate poi nelle fibre dei prodotti venduti Attivisti di Greenpeace
di fronte ad un negozio di Zara a Budapest (afp)