Strumenti a percussione
Famiglia di strumenti musicali suonati tramite percussione o scuotimento (con mani,
bacchette, martelli ecc.). Molteplici sono le tipologie di percussioni all'interno delle
diverse civiltà musicali europee ed extraeuropee, essendo questi gli strumenti musicali di
più antica concezione. L'orchestra sinfonica occidentale della fine del XX secolo ne
accoglie un vasto repertorio. Impiegate nella musica colta, le percussioni rivestono
grande importanza nelle orchestre jazz e nel rock.
Strumenti a percussione a suono determinato
Appartengono a questa categoria i timpani, gli strumenti a percussione più importanti
dell'orchestra. Parti obbligate per i timpani fecero la loro apparizione nelle partitura
orchestrale alla metà del XVII secolo. Nell'orchestra classica erano utilizzati
generalmente due timpani, intonati rispettivamente in relazione alla tonica e alla
dominante (il primo e il quinto grado della scala); un terzo timpano fu aggiunto nel corso
del XIX secolo. Le orchestre odierne ne impiegano generalmente quattro, anche se
numerose composizioni ne esigono cinque; spesso è richiesto ai percussionisti di suonare
più di un timpano alla volta, come nel caso della Sagra della Primavera di Stravinskij.
Un altro tipo di tamburo a suono determinato presente in orchestra è il roto-tom,
sviluppato a partire dal tom-tom, uno strumento che produce un suono determinato
ruotando il cerchio del tamburo. Altri strumenti a percussione a suono determinato sono
la celesta (che è suonata grazie a una tastiera del tutto simile a quella del pianoforte), le
campane tubolari (suonate con bacchette o martelletti di plastica), il glockenspiel e il
vibrafono (entrambi costruiti con lamelle di metallo), i crotali (costituiti essenzialmente
da dischetti metallici), lo xilofono e la marimba (entrambi con lamelle di legno). A
partire dalla fine del XIX secolo questi strumenti vennero utilizzati per creare effetti
particolari. Il glockenspiel, ad esempio, può essere usato per rinforzare una melodia o
per evocare il suono delle campane. Questo strumento comparve molto presto nella
cultura musicale occidentale, e andò via via assumendo diverse forme; fra queste si
ricorda quella che ne permise l'introduzione all'interno della banda. Un'altra versione
prevede la presenza di una tastiera: in questa forma fu utilizzato da Mozart nel Flauto
magico e da Messiaen nella sinfonia Turangalla. La versione orchestrale normale
prevede che le lamelle siano distribuite orizzontalmente in una cassa e vengano percosse
da martelletti direttamente dall'esecutore: questa forma apparve verso la fine del XIX
secolo. La celesta (una variante del glockenspiel con tastiera, ma con minore potenza di
emissione) fu inventata alla fine del XIX secolo e apparve per la prima volta nella
partitura dello Schiaccianoci di Cajkovskij. L'uso dello xilofono risale ai primi
dell'Ottocento, ma solo nella seconda metà del secolo lo strumento ebbe un ruolo di
rilievo nell'orchestra grazie alla Danse macabre di Saint-Saëns, il quale utilizzò anche le
campane tubolari, così come fece Cajkovskij nella sua Ouverture 1812. Esiste inoltre lo
steel drum (letteralmente "tamburo di ferro") che consiste in una piastra metallica
ricavata generalmente da una base di bidone. La piastra, dopo essere stata scaldata a
fuoco, è martellata in modo da renderla concava e, in seguito, è divisa in settori di
diversa forma; tali settori, se percossi con una mazza o un martelletto, emettono suoni di
altezza differente. Questi strumenti vengono generalmente suonati da gruppi denominati
steel band, ancora oggi diffusi nell'isola di Trinidad. Infine vanno ricordati i gong, piatti
di metallo di dimensioni variabili, suonati con robuste mazze ricoperte di feltro.
Strumenti a percussione a suono indeterminato
Strumenti di questo tipo utilizzati in orchestra includono un'ampia varietà di tamburi, fra
i quali spiccano quelli di origine militare (particolarmente il tamburo tenore e il tamburo
basso). Nel corso del XX secolo a questo gruppo si sono aggiunti: i bongos e i congas,
entrambi provenienti dalla musica latinoamericana e suonati direttamente con le mani; il
tom-tom, originario delle popolazioni native dell'America del Nord e suonato in
orchestra con le bacchette; il tamburo a frizione, un tamburo che monta una bacchetta o
una corda legata al centro della pelle e messa in vibrazione dalla mano inumidita fatta
scorrere con forza su e giù lungo la bacchetta o la corda stesse. Affine a questa famiglia
è il tamburello, un tamburo suonato direttamente con le mani e al quale sono aggiunti,
nel telaio esterno, alcuni campanellini. La base della moderna batteria, usata
diffusamente nel jazz e nel rock, è formata da un tamburo, un tamburo basso con
superficie inumidita in modo da creare un suono non riverberante e chiuso su se stesso,
una serie di tom-tom e una notevole varietà di piatti, come il ride, lo splash, lo sizzle e lo
hi-hat. Altri strumenti di metallo a percussione ad altezza indeterminata sono il triangolo
(suonato con una bacchetta di metallo); i piatti e il tam-tam (simile a un gong di grandi
dimensioni ma senza cupola nella parte centrale, e quindi impossibilitato a produrre un
suono di altezza definita); i campanacci (usati sia singolarmente che in gruppi); i
campanellini (generalmente montati su bacchette di legno); e infine l'incudine, reale o
costruita in dimensioni più ridotte. Strumenti a percussione ad altezza indeterminata, di
legno, includono: le nacchere (in orchestra sono generalmente fissate a strutture in legno,
e non vengono tenute direttamente nelle mani come avviene nella musica tradizionale
spagnola); le maracas e la cabasa (entrambi gli strumenti sono di origine
latinoamericana). La cabasa è costituita da una zucca vuota essiccata, munita di un
manico e avvolta da una rete di perline; per ottenere un risultato sonoro una mano muove
ritmicamente lo strumento facendolo sfregare sul palmo dell'altra mano. Va ricordato
inoltre il wood-block, un blocco di legno rettangolare segnato da tacche, in modo da
aggiungere risonanza, e suonato con una bacchetta.
Storia
La comparsa degli strumenti a percussione nell'orchestra occidentale è probabilmente
frutto dell'influenza della musica africana e asiatica, come testimonia l'origine di gran
parte di questi strumenti. È probabile che i timpani derivino dai tamburi portati in
Europa dall'Asia Minore durante il periodo delle crociate, fra il XII e il XIII secolo. Dal
XVII secolo, come abbiamo visto, i timpani furono utilizzati nell'ambito dell'orchestra
occidentale e contribuirono alla realizzazione di opere, concerti e sinfonie. Altri tamburi
apparvero in Europa nel corso del XVIII secolo, quando si diffuse la moda della musica
militare turca (la musica dei giannizzeri). Gluck, nella sua opera Iphigénie en Tauride
(1779), Mozart, nel Singspiel Il ratto dal serraglio del 1782, Haydn, nella sinfonia
Militare (n. 100, 1794), e Beethoven, nella Nona (1824), inserirono momenti ispirati alla
musica turca, utilizzando il tamburo basso (conosciuto a quell'epoca come "tamburo
turco"), il triangolo e i piatti. Fu questa combinazione di strumenti a percussione che
dette vita al gruppo di strumenti oggi presenti in orchestra. Va sottolineato tuttavia che
questi non trovarono una collocazione stabile in quest'ambito fino alla fine del XIX
secolo. Inizialmente, le percussioni erano utilizzate per colorare esoticamente le
partiture, soprattutto in ambito operistico dove le trame dei libretti sovente ispiravano in
questo senso le orchestrazioni dei compositori: infatti la presenza più rilevante degli
strumenti a percussione nel corso del XIX secolo va proprio cercata nelle opere.
Successivamente, l'affermarsi del poema sinfonico svolse appieno questo ruolo. Inoltre,
la moda della musica spagnola, che emerge chiaramente in lavori come España di
Chabrier, condusse all'introduzione di tamburini e nacchere. Il XX secolo ha visto un
incremento costante e continuo della presenza degli strumenti a percussione
nell'orchestra moderna. Tutto ciò è dovuto a diversi fattori, ma particolarmente a una
maggiore apertura culturale da parte dei compositori e alla consapevolezza di poter
utilizzare l'orchestra come una vera e propria tavolozza di colori. Negli ultimi anni, si è
assistito a un notevole miglioramento nella qualità della costruzione di strumenti a
percussione da parte di ditte come Zildjian, Premier e Ludwig.
TIMPANO
Strumento a percussione dotato di una sola membrana in pelle o materiale sintetico tesa
su un bacino metallico (la caldaia) semisferico. Il suono viene prodotto percuotendo la
pelle con due bacchette di legno le cui estremità sono ricoperte di feltro o pelle. Un
sistema meccanico, introdotto in Germania alla fine dell'Ottocento, permette di variare
l'intonazione: agendo su un pedale è infatti possibile intonare tutti i semitoni per
l'estensione di una quinta. Propriamente, il termine al singolare definisce non un singolo
bacino ma la serie, da due a cinque, che permette in orchestra di coprire tutta l'estensione
richiesta dalla partitura. Le possibilità di intonazione della voce del timpano ne fanno
uno strumento non di solo accompagnamento ritmico: le sue doti melodiche sono state
utilizzate da musicisti come Franco Donatoni (Concertino per archi, ottoni e timpano
principale) e Luigi Torrebruno (Musica per timpano solo).
CAMPANA
Strumento a percussione, costituito da un vaso rovesciato, generalmente di metallo, ma
anche di legno, di porcellana o altro materiale, che produce suono se percosso da un
battaglio o da un martello. Il battaglio può essere fissato all'interno della campana;
oppure lo strumento può essere percosso da un martello manovrato direttamente dalle
mani o da un meccanismo esterno. Le campane sono classificate tra gli idiofoni, cioè
strumenti nei quali il materiale solido, con il quale sono costruiti, vibra per produrre
suono.
Storia
Le campane erano conosciute in Cina già prima del 2000 a.C., come anche in Egitto,
nella Grecia antica e a Roma. Sin dai primordi, vennero utilizzate come strumenti per
inviare segnali, ma anche come oggetti rituali o magici, o come amuleti (appese alle
porte delle case) o come segni di riconoscimento, appesi ad esempio al collo degli
animali. L'uso delle campane nelle chiese d'Europa è testimoniato nel corso di tutto
l'Alto Medioevo, e il loro apporto allo sviluppo della cultura medievale (ad esempio
nella scansione e relativa formazione del concetto di tempo) è stato fondamentale. Le
prime campane furono probabilmente costruite utilizzando una lastra di metallo; in
seguito venivano fuse in bronzo. La fusione delle campane cominciò a non essere più
praticata quando presero il sopravvento campane di fogge assai più semplici, costruite
con sottili lamine di metallo inserite in strutture rettangolari e chiuse con rivette.
Nell'Ottocento il processo di fusione fu nuovamente riscoperto, permettendo così la
costruzione di campane di dimensioni sempre maggiori. La piccola campana emisferica
conosciuta nell'antichità, prodotta con processo di fusione, si sviluppò seguendo percorsi
differenti. In Oriente assunse una forma allungata, ad alveare, con pareti di spessore
uniforme. In Occidente, le campane vennero anche utilizzate all'interno degli orologi
delle torri; queste venivano inizialmente percosse da martelli, ma ciò provocava non di
rado la rottura del bordo. I costruttori cominciarono così a utilizzare con maggiore
frequenza battagli interni e rinforzarono i bordi con anelli metallici di maggior spessore.
A partire dal XV secolo la forma caratteristica della campana occidentale si evolse fino a
raggiungere un notevole grado di perfezione. Nel corso del Cinquecento gli artigiani
fiamminghi costruttori di campane erano in grado di costruirne di talmente intonate da
poter essere suonate insieme ed eseguire vere e proprie composizioni musicali (vedi
Carillon). In Italia, i più celebri fonditori di campane furono i maestri toscani, lucchesi,
pisani e fiorentini. Campane di grandi dimensioni e molto antiche si trovano a Roma
(città che vanta il maggior numero di campane al mondo) ai Musei Lateranensi, in San
Pietro e nella basilica dei Santi Apostoli ; a Lucca in San Martino, a Spoleto, a Recanati,
nel Duomo di Milano e in quello di Parma.
Fusione delle campane
Le campane costruite in bronzo sono composte da tre parti di rame e da una di stagno, e
producono un suono migliore rispetto alle altre. Nel processo di fusione vengono
utilizzate una forma d'argilla che riproduce le fattezze di quella che sarà la parte interna
della campana, e un'altra forma, di materiale più denso, costruita sopra alla prima, che
riprende la sagoma della parte esterna della campana. Il metallo fuso viene poi fatto
colare tra le due forme; una volta raffreddato, la forma viene aperta e la parte esterna
pulita e levigata. L'interno viene levigato con cura ancora maggiore, in modo da ottenere
la perfetta intonazione desiderata. La campana più grande mai costruita, la Tsar Kolokol
di Mosca, fusa nel 1733, è alta 5,8 metri, ha uno spessore di 61 centimetri e pesa circa
181 tonnellate. Il timbro di una campana deriva in parte dalle proporzioni di altezza,
larghezza, spessore e dalla morfologia generale, ma il vero timbro è dato in realtà dalla
sovrapposizione di numerosi timbri parziali, prodotti dalle vibrazioni delle diverse
sezioni della campana stessa. Se l'intonazione di queste è imperfetta, le campane non
possono essere suonate in carillon, poiché produrrebbero aspre dissonanze.
Altri strumenti denominati campane
Una piccola campana di ferro da tenere in mano fu sviluppata nell'Africa subsahariana
ed è ancor oggi parte integrante di molta musica africana. Poiché le campane da mano
non hanno il battaglio, vengono percosse con martelletti; il tipico suono secco e
penetrante di questi strumenti può essere ritrovato anche in alcune musiche della
tradizione latino-americana. Le campane tubolari, presenti nell'organico dell'orchestra
moderna, sono composte da raggruppamenti di tubi in metallo intonati ad altezze
differenti e percossi con un martelletto. Le campanelline sono piccole campane di
metallo, vuote, al cui interno è sistemata una pallina che, ruotando, colpisce le pareti e
provoca la vibrazione che genera il suono. Morfologicamente, queste ultime hanno poco
in comune con le vere campane, ma possiedono una storia simile come strumenti a
funzione rituale e magica (crotali).
GLOCKENSPIEL
Strumento idiofono a percussione, consistente in una serie di lamelle metalliche intonate
cromaticamente e disposte su due file. Lo strumento è suonato con l'ausilio di due
bacchette e produce un suono argentino, simile a quello di una campanella. Possiede
un'estensione che può variare dalle due ottave e mezza alle tre ottave, partendo dal
quarto do sopra il do centrale, e la sua notazione viene effettuata due ottave più in basso
rispetto ai suoni reali emessi. Il glockenspiel può essere utilizzato anche dalle bande e
viene, in questo caso, montato su un supporto verticale. Le lamelle vengono così
disposte in una cornice a forma di lira. Il glockenspiel utilizzato in orchestra è suonato
orizzontalmente; a volte è munito di tastiera, in modo da permettere all'esecutore di
suonare un maggior numero di note simultaneamente. Parti orchestrali per glockenspiel
sono presenti nel Flauto magico (1791) di Wolfgang Amadeus Mozart e nella Valchiria
di Richard Wagner. Una variante del glockenspiel è la celesta, nella quale le lamelle di
metallo sono sospese sopra risonatori di legno e sono suonate tramite un sistema di
martelletti comandato da una tastiera (come avviene nel pianoforte) e da una pedaliera.
Brevettata nel 1886 dal costruttore francese Auguste Mustel, la celesta venne utilizzata
per la prima volta nel balletto Lo Schiaccianoci (1892) di Pëtr Ilic Cajkovskij. Sia il
glockenspiel sia la celesta sono classificabili fra i metallofoni (simili a uno xilofono, ma
con lamelle di metallo e non di legno).
VIBRAFONO
Strumento musicale a percussione, simile allo xilofono, ma con lamine di metallo
anziché di legno. Le vibrazioni prodotte dalle lamelle percosse dalle bacchette vengono
amplificate da risuonatori tubolari posti sotto le lamelle stesse e muniti di piccole eliche
azionate elettricamente e a velocità regolabile; la vibrazione del suono varia a seconda
della velocità delle eliche. Il caratteristico suono vibrato rende lo strumento assai
apprezzato nel jazz. Lo strumento divenne popolare negli anni Trenta grazie al
percussionista statunitense Lionel Hampton.
XILOFONO
(dal greco xylon, "legno" e phoné, "suono"), strumento musicale a percussione costituito
da una serie di lamelle di legno, disposte in ordine di intonazione, che percosse da
martelletti producono suono. Gli xilofoni erano diffusi nell'Asia sudorientale già dal XIV
secolo. Lo strumento giunse anche in Africa, probabilmente attraverso il Madagascar, e
si diffuse per tutto il continente con grande rapidità diventando uno strumento assai
popolare. Gli schiavi africani portati nelle Americhe lo introdussero in America Latina,
dove gli venne dato il nome di marimba. Lo xilofono fu diffuso anche in Europa a partire
dal 1500 e divenne ben presto uno strumento popolare, particolarmente in Europa
centrale. La prima parte orchestrale scritta per lo xilofono è compresa nella Danse
macabre (1874) del compositore francese Camille Saint-Saëns. Igor Stravinskij inserì lo
strumento nella partitura di Petruška (1911). Generalmente gli xilofoni sono costituiti da
due tavolette montate su una struttura, in corrispondenza di un punto non vibrante (nodo)
posto in prossimità del termine della barretta stessa. Xilofoni di questo tipo possono
inoltre possedere casse o risuonatori tubolari, sospesi al di sotto di ciascuna barretta
(come nel congolese kalanba); oppure può essere la struttura stessa a svolgere il ruolo di
risuonatore (come nell'indonesiano gambang). Lo xilofono dell'orchestra moderna
possiede due file di barrette disposte secondo la medesima logica di una tastiera di
pianoforte. Solitamente a ogni barretta corrisponde un risuonatore e lo strumento viene
suonato con due martelletti di legno duro, in modo da ottenere un suono penetrante e
diretto, oppure con quattro e fino ad otto martelletti più morbidi, per poter ottenere suoni
più dolci e sommessi. L'estensione dello strumento copre generalmente quattro ottave, a
partire dal do centrale. La marimba è intonata un'ottava più in basso rispetto allo
xilofono e possiede risuonatori tubolari. Gli strumenti simili allo xilofono, ma dotati di
barrette di metallo, appartengono alla famiglia dei metallofoni. Fra questi vi sono il
glockenspiel, il vibrafono (molto usato nel jazz) e alcuni strumenti utilizzati nel
gamelan, l'orchestra di strumenti a percussione tipica dell'Indonesia.
PIATTI
Strumento a percussione costituito da due sottili dischi, di solito in bronzo, di forma
concava. Possono essere suonati in coppia, percossi uno contro l'altro, oppure
singolarmente colpiti da bacchette di vario spessore, e producono un suono di altezza
indeterminata e di durata variabile. I piatti possiedono generalmente un manico di cuoio
che permette di impugnarli; nell'ambito della musica leggera sono solitamente retti da un
sostegno e suonati con l'ausilio di un pedale che consente di percuoterli meccanicamente,
oppure utilizzando bacchette o spazzole di diversa durezza e dimensione. La presenza
dei piatti, usati nelle cerimonie religiose sin dall'antichità, è documentata in Europa
almeno dal periodo medievale. Nel corso del XVIII secolo la loro notorietà crebbe sulla
scia della moda della musica militare turca, e in seguito entrarono a far parte stabilmente
dell'orchestra. La costruzione dei piatti è divenuta tradizionale appannaggio della
Turchia e della Cina. Questi strumenti si differenziarono soprattutto per le dimensioni
della cupola centrale, che può essere molto pronunciata o appena accennata.
Nell'antichità erano diffusi anche dei piccoli piatti digitali (cimbali) che producevano un
suono assai simile a quello di una campanella.
LA BATTERIA - IL BATTERISTA
La batteria è
uno strumento
musicale composto
da tamburi, piatti e
altri strumenti a percussione disposti in modo tale che possano essere suonati
da un solo musicista.
I tamburi che compongono una batteria completa sono: la grancassa, il rullante,
uno o più tom tom (detti più semplicemente "tom"), infine uno o più timpani.
I piatti che possono essere annessi ad una batteria sono: ride, hi-hat detto
anche charleston, crash, splash, china. Esiste una vasta gamma di modelli di
piatti ognuno disponibile in vari diametri, spessori, profili e forme per poter
personalizzare il suono del musicista e della musica che si vuole comporre. Per
personalizzare la propria batteria, il musicista può aggiungere uno o più piatti
splash, crash, o un numero maggiore di tom o di più casse.
Fabbricazione dei tamburi per batteria
I fusti sono cilindri cavi che vengono usati per realizzare il tamburo. Il materiale
utilizzato
maggiormente
per
la
costruzione
dei
fusti
è
il legno (acero, betulla, quercia, mogano, tiglio, bubinga,afrormosia, noce, piopp
o, amazoukè, faggio, bamboo, eucalipto (in inglese "jarrah"); molti nomi
dell'artigianato offrono comunque un largo ventaglio di legni locali od esotici da
utilizzare al posto di quelli più blasonati. Il componente principe della batteria, il
rullante,
può
anche
essere
costruito
in
metallo
bronzo, acciaio, alluminio, ottone, rame, ma esistono anche rari rullanti
intitanio ). Più rare le batterie costruite in plexiglas (acrilico trasparente e/o
colorato, come le Ludwig Vistalite drums, oggi le Fibes) e quelle in metallo
(la Paiste, nota azienda produttrice di piatti, ne ha costruita una per Danny
Carey dei Tool).
Esistono vari tipi di realizzazione e di lavorazione dei fusti; la differenza di
realizzazione ha anche delle conseguenze sul suono del tamburo stesso. Le
tipologie di realizzazione principali sono le seguenti:

Fusti multistrato piegati a caldo: è il tipo di lavorazione più largamente
utilizzato per la realizzazione delle batterie, in quanto la lavorazione del




legno multistrato è la più semplice. Con questi fusti si realizzano batterie
dalle più economiche alle più costose, quello che fa la differenza è il legno
usato per i vari strati. Generalmente nelle batterie economiche gli strati più
esterni sono costituiti da legni truciolati o compensati e il più interno è un
foglio unico di legno. Nei modelli di tamburi leggermente migliori lo strato più
interno è costituito da un foglio diacero, in quelle professionali tutti gli strati
sono dello stesso tipo di legno (in generale si usa l'acero) fra quelli
sovracitati. Tale foglio viene piegato a caldo e disposto su una forma
cilindrica per realizzare il fusto. In alcuni modelli i legni sono stagionati.
Fusti a doghe in legno massello: sono fusti ottenuti accostando e incollando
fra loro delle doghe rettangolari (o meglio, trapezoidali) di legno massello in
modo da formare un cilindro. È il modo più usato per costruire batterie in
legno massello ed ha dei pro e dei contro: a favore c'è il fatto che il tamburo
sarà realizzato appunto in legno massello, quindi il legno suonerà in modo
più armonico e caldo, di contro c'è il fatto che la costruzione a doghe è molto
sensibile alle variazioni di temperatura, quindi dopo qualche anno il tamburo
a doghe, tipicamente timpano o grancassa, può scollarsi se sottoposto a
grosse variazioni termiche e di umidità. Esistono modelli di batterie a doghe
in legno multistrato, che hanno pregi e difetti della costruzione a doghe e a
legno multistrato.
Fusti in legno massello piegati a vapore (steam bent shell): è la modalità
principale con cui si realizzano tamburi, tipicamente rullanti, in legno
massello. Si usa un foglio unico di legno stagionato, di spessore circa pari a
quello di un legno multistrato, lo si piega a caldo/vapore attorno ad una forma
cilindrica e lo si lascia per un certo tempo, così da realizzare un fusto
cilindrico: i tamburi così realizzati hanno uno spiccato sustain, una
focalizzazione elevata della nota principale e un suono in generale più alto
in frequenza del suo equivalente multistrato.
Fusti in legno massello scavati (solid shell): sono ottenuti da una sezione di
tronco d'albero scavata e lucidata internamente ed esternamente per
ottenere un tamburo dal suono caldo, potente e profondo, corposo e
risonante. Solo alcune marche di nicchia usano questo tipo di realizzazione,
e ne producono pochi pezzi su ordinazione per facoltosi ed esigenti musicisti.
Unico neo di queste batterie è il loro peso.
Fusti in metallo: i fusti in metallo sono molto usati per la fabbricazione dei
rullanti, per il loro suono squillante, profondo e risonante. Di solito si usano i
metalli sopracitati, ma a volte anche leghe metalliche ottenute dalla
collaborazione delle ditte costruttrici di tamburi con ditte costruttrici di piatti.
Esistono anche modelli di batterie completamente in metallo, ma non sono
più in commercio dagli anni ottanta; la francese Asba era una delle aziende
che, a cavallo tra gli anni '70 e '80, produceva uno strumento fatto, appunto,
con fusti fabbricati interamente in metallo (acciaio inox e rame).
Il suono del tamburo dipende dallo spessore e dalla lunghezza del fusto, nonché
dal materiale con cui è realizzato. Qui si analizza il suono della batteria con fusti
in legno.

Un fusto sottile (oggi si arriva al minimo a 5 mm, ma esistono da 6, o da 7)
conferisce un suono molto risonante, aperto, ricco di armonici, ma di basso
volume. Questo poiché un fusto sottile tende a vibrare di più se percosso;
infatti l'energia data dal colpo viene utilizzata in gran parte nellavibrazione del
fusto del tamburo, dunque quella rimanente che dovrebbe dare volume al
colpo è bassa: il suono che deriverà sarà più risonante e caldo ma con minor
volume.

un fusto spesso (dagli 8 ai 10–12 mm) conserverà meglio l'energia data al
momento della percussione, la sua rigidità provoca una scarsa dispersione di
energia sul fusto. Il suono sarà molto più potente, incentrato sulla nota di
base e con pochi armonici che vengono dati dalla vibrazione del fusto.
Tuttavia un fusto spesso avrà un suono più freddo di uno sottile, per il fatto di
non avere quella gamma di frequenze (i batteristi lo chiamano "corpo") data
dalla vibrazione del legno, cioè dall'aumento di suoni in uscita.
La lunghezza del fusto influisce prevalentemente sulla velocità di risposta del
tamburo, cioè sulla durata della nota prodotta, ma a parità di diametro influenza
pesantemente anche l'intonazione del tamburo stesso.

un fusto lungo (fusto power) assicura un lungo sustain della nota emessa
(usato tipicamente nelrock), poiché l'energia del colpo viene trattenuta
all'interno per un tempo maggiore che in un fusto corto. Per lo stesso motivo
il fusto lungo è meno sensibile ai suoni piano, poiché per innescare una
buona vibrazione in un tamburo a fusto lungo è necessario un colpo più forte
che su un fusto corto.

un fusto corto (fusto standard) assicura un breve sustain della nota (usato
tipicamente nel jazz ma non solo). Il fusto corto assicura una rapida risposta
del tamburo e a parità di figura ritmica il fusto corto permette un'esecuzione
comprensibile anche a volume pianissimo.
Questa distinzione non è netta ed ogni parametro è influenzato in parte dagli
altri.
Quindi:




Fusto sottile e corto: suono risonante, caldo, armonico, ma poco volume
(usato tipicamente nel jazz).
Fusto sottile e lungo: suono risonante, medio volume, versatile.
Fusto spesso e corto: suono imponente, suono incentrato prevalentemente
sulla risonanza, usati per la costruzione dei rullanti.
Fusto spesso e lungo: suono imponente, molto focalizzato sulla nota
fondamentale, poco risonante, suono un po' freddo.
Inoltre il fusto spesso è molto più sensibile di quello sottile al cambio di pelli
diverse, poiché il contributo al suono globale di un fusto spesso è minore e
contribuisce solo a fare daamplificatore alle pelli. Al contrario un fusto sottile
genera meno differenze di suono tra una pelle e l'altra poiché reagisce subito
alla vibrazione del colpo, facendo dominare il proprio suono su quello della pelle.
Durante l'emissione del suono l'energia data dal colpo si disperde e viene
consumata dal tamburo in vibrazioni. Le vibrazioni iniziali dopo il colpo sono più
intense, l'energia si disperde sulla pelle e sul fusto dopo la prima oscillazione e
l'energia residua viene utilizzata nella successiva. Questo fenomeno è reiterato
dal tamburo fino al completo esaurimento dell'energia data dal colpo. La pelle
del tamburo e il fusto sono i mezzi che generano la vibrazione ed impiegano
completamente l'energia data dal colpo e trasferita al tamburo. Durante
l'emissione sonora si percepisce spesso, oltre alla discesa del volume fino ad
esaurimento, anche una discesa di altezza del suono del tamburo. Il motivo è il
seguente: l'energia data al momento della percussione è alta durante la prima
oscillazione la pelle si tende molto, dunque la prima oscillazione produrrà un
suono elevato. Dopo la prima oscillazione la pelle ne eseguirà un'altra con
minore energia, dunque la pelle si tenderà un po' meno. Via via che l'energia si
disperde anche la pelle si tenderà via via di meno in maniera proporzionale,
dunque tendendosi meno produrrà note via via più basse fino ad arrivare alla
tensione zero che è quella di accordatura. In sostanza sul tamburo c'è una
combinazione di un suono di tipo impulsivo (il colpo), ed un suono di tipo
armonico (la coda, cioè la nota che si ascolta). L'ampiezza dell'impulso iniziale
sarà anche l'ampiezza della prima oscillazione, dunque il suono è elevato sia in
ampiezza sia in frequenza. L'assorbimento di energia da parte del tamburo
(pelle e fusto) determina un abbassamento di frequenza e di ampiezza del
suono prodotto. La legge di decadimento dell'ampiezza ha un andamento di tipo
esponenziale negativo. La teoria è la stessa della vibrazione della corda di
chitarra, ma le pelli per tamburo essendo nella maggior parte di diametro
inferiore alla lunghezza di una corda di chitarra, fanno sì che il fenomeno
dell'abbassamento di altezza sia percepibile all'orecchio umano. Infatti nelle pelli
di grandi dimensioni o appunto nelle corde di chitarra (grancassa da 24",
grancasse orchestrali) questo fenomeno non si avverte ma è comunque
presente. Le corde di chitarra inoltre sono molto meno elastiche delle pelli, per
cui nella chitarra il fenomeno di abbassamento di tono di fatto non è percepibile
all'orecchio. Infatti il motivo per cui tutte le case produttrici di tamburi hanno
adottato lo stratagemma di ancorare il tom alla batteria senza forare il tamburo è
proprio per fare in modo che l'energia del colpo non si disperda sull'asta
reggitom, ma venga impiegata quanto più possibile in emissione sonora, quindi
si disperda solo sul tamburo.
Le caratteristiche sonore vengono influenzate anche da come lo strato di legno
è stato realizzato, se con le venature orizzontali o verticali. Nel caso di venatura
verticale, è ben percepibile una discesa tonale della nota fondamentale, cioè il
suono emesso senza produzione di armoniche, durante l'emissione stessa,
poiché il suono si propaga più regolarmente attraverso esse, generando poco
disturbo. Nel caso di venatura orizzontale (tipico dei rullanti), l'onda sonora si
rifrange, cioè viene in qualche modo "disturbata" dalle venature, quindi si ottiene
una produzione più elevata di armoniche che nel caso di venature verticali.
Anche nel caso di venatura orizzontale c'è una discesa tonale naturalmente, ma
è meno percepibile all'orecchio a causa della alta rifrazione del suono interna al
fusto, che genera un disturbo più importante. Solo alcune case costruttrici di
tamburi ad oggi specificano la disposizione dei legni nei tamburi, ma in generale
non è possibile conoscere con anticipo questa caratteristica.
Le
case
costruttrici
più
celebri
sono Drum
Workshop, Gretsch, Ludwig, Sonor, Yamaha, Pearl, Premier, Slingerland, Tama,
Mapex. In America nasce, prima del 1900, la Rogers, denominata "La Cadillac
delle batterie"[senza fonte]. Nota per l'innovazione della meccanica (Swiv-o-matic),
ancora oggi, benché assorbita dalla Yamaha oramai dagli anni ottanta, è la
marca i cui pezzi mantengono le più alte quotazioni tra i collezionisti.
La sordina
La sordina è un accessorio che serve per attenuare e/o ridurre le vibrazioni del
tamburo, si applica sulla pelle battente. Nella batteria moderna si usa di solito
sulla grancassa, talvolta anche sul timpano e sui tom di diametro grande (16"
18"), talvolta sul rullante. L'uso della sordina è indispensabile quando si vuole
ottenere dal tamburo un suono risonante ma di breve durata, infatti la risonanza
del tamburo fa sì che il suono sia lungo e profondo. Esistono vari tipi di sordine,
molto usate sono quelle "clip", che si agganciano sul bordo del tamburo e se ne
regola la pressione sulla pelle tramite una vite, ma le più usate in assoluto sono
artigianali, nel senso che ogni batterista ne assembla di proprie, più che
acquistarle. Nastro isolante, strisce di feltro od addirittura fazzoletti sono le
scelte "artigianali" più gettonate; da qualche anno sono state lanciate sul
mercato le cosiddette moon-gel, gelatine sintetiche che fungono alla stessa
guisa del nastro isolante ma con una certa facilità d'utilizzo e rimozione. Più è
alta la pressione della sordina sulla pelle più il suono del tamburo sarà
smorzato, quindi di breve durata. Infine è necessario dire che l'uso della sordina
è "l'ultima spiaggia" per ottenere un buon suono sia dal vivo ma soprattutto in
studio: nulla sostituisce una buona accordatura della batteria, e un buon fonico.
Negli anni 1970-80 si usava a volte la sordinatura dei piatti, soprattutto del ride:
strascichi di questa pratica sono portati avanti da un nugolo di batteristi jazz,
anche se in realtà molti altri ne fanno ancora uso per adattare i propri piatti a
certe infauste condizioni ambientali - piccoli locali con acustiche particolari.
L'idea che sta alla base della sordinatura è la seguente: più la sordina è vicina al
punto in cui si esegue il colpo più il suono sarà smorzato; più la sordina fa
pressione sulla pelle, più il suono è smorzato. Segue una tecnica molto usata
per la sordinatura della batteria, per comunicarne meglio la posizione la batteria
è vista dal punto di vista di un batterista che vi è seduto dietro.

Sordinatura di tom, timpano, rullante
La sordina in genere è applicata nel punto più distante dall'area del tamburo in
cui si eseguono i colpi. Le due zone più usate sono il bordo superiore della pelle
battente del tamburo (ore 12) oppure il bordo destro (ore 3) o sinistro (ore 9). La
seconda si usa in genere a ore 3 se il rullante è suonato con la mano sinistra, a
ore 9 se il rullante è suonato con la mano destra.

Sordinatura della grancassa
La sordinatura della grancassa è piuttosto importante per gestire in maniera
ottimale il suono della grancassa. Poiché per la grancassa non si usa ottenere
delle risonanze ma solo un leggero corpo della risposta all'impulso dato dal
colpo, la grancassa dovrebbe essere sordinata all'esterno come gli altri tamburi,
ma date le sue grandi dimensioni, spesso si usa la sordinatura interna. Esistono
sordine regolabili esterne a clip, ma in genere si usano sordine fisse interne. La
sordina interna per grancassa è di buona qualità se riesce ad attenuare le
vibrazioni della pelle battente e risonante della grancassa occupando il minor
volume possibile all'interno tamburo. Una buona sordina interna per grancassa
deve essere a doppia "T" , cioè con i due bordi della doppia "T" a contatto con le
pelli battente e risonante e il corpo centrale che li tiene fermi e bene aderenti alle
suddette pelli. La sordina interna è piazzata nella parte inferiore della grancassa
(ore 6). Spesso, per ovviare in modo semplice ed economico ad una sordina
professionale si può inserire nella grancassa una coperta, un cuscino o strati di
gommapiuma, che toccherà entrambe le pelli come una sordina vera. In genere
questa è la "sordinatura" più utilizzata dai batteristi.
Per quanto riguarda la sordina esterna, essa è usata di solito per la musica jazz.
Nella grancassa per il jazz spesso si usa ottenere delle risonanze più elevate
che nella grancassa per il pop/rock, dunque per rendere risonante il suono
senza che sia troppo prolungato si usa la sordina esterna sulla pelle battente: la
pelle risonante è lasciata libera. La sordina esterna sulla pelle battente è messa
di solito a ore 2 Per fare in modo che non si smorzino troppo le vibrazioni della
pelle battente. Oppure nel caso della sordinatura per grancassa per il jazz si usa
inserire la sordina tra il pedale per la grancassa e la pelle battente.
Configurazione dello strumento
La batteria è uno strumento musicale altamente configurabile e personalizzabile
perché è composto appunto da una batteria di tamburi tutti innestabili e
intercambiabili, con la possibilità di inserire nel proprio set altre percussioni a
seconda dei suoni che si vogliono ottenere. Seguono alcuni esempi di
configurazioni.

Doppia grancassa e doppio pedale: alcuni batteristi aggiungono una seconda
grancassa (il primo fu Louie Bellson, un batterista che ha fatto la storia dietro
le pelli con le big bands), suonate con entrambi i piedi per avere un suono
più corposo nei bassi. Utilizzata in principio per rinforzare i contrabbassi nei
gruppi swing statunitensi,
o
per
sostituirli
interamente,
ladoppia
cassa (cosiddetta in gergo) è oggi molto usata nella musica rock/metal.
Anche alcuni batteristi fusion ne fanno uso, per esempio Billy Cobham, Steve
Smith, Dave Weckl o Terry Lyne Carrington. Questi ultimi usano però una
grancassa supplementare di diametro inferiore a quella principale, per avere
su quest'ultima un suono differente. Una variante comoda (e più economica)
della doppia cassa è il cosiddetto doppio pedale: è un pedale per grancassa
supplementare collegato al pedale principale (che ha due battenti) con una
prolunga che unisce gli assi di rotazione dei battenti; permette di suonare
sulla stessa grancassa come se si suonasse con due grancasse. Esistono
batteristi che nel proprio set includono tre o quattro grancasse.

Pedali "remote": esistono particolari pedali che consentono di pilotare
dispositivi (hi-hat, campanacci) ad essi collegati tramite un cavo
coassiale snodabile e pieghevole; in questo modo si elimina la dipendenza di
una percussione dalla sua classica asta permettendo così al batterista di
sperimentare nuove soluzioni ritmiche e sonore.

Percussioni aggiuntive: un numero sempre crescente di batteristi aggiunge al
proprio strumento ulteriori strumenti a percussione, dei tom supplementari,
altri
piatti, octoban, rototom,tamburelli, woodblock, campanacci,
pad
elettronici che riproducono suoni campionati o altri strumenti della vasta
collezione di accessori. Alcuni batteristi, come Neil Peart, Terry Bozzio,Mike
Portnoy, Jonathan Moffett, Carl Palmer, Airto Moreira, Danny Carey e tanti
altri, hanno composto batterie molto ricche di tamburi e altre percussioni,
anche ricavate da oggetti comuni, che includevano anche una serie di tomtom accordati con intervalli di semitoni, ottenendo la possibilità di contribuire
melodicamente alla musica, non solo ritmicamente.

Mode e tendenze sulla batteria: Alcuni batteristi inventano dei nuovi modi di
suonare, altri traggono il loro personale modo di suonare da una particolare
configurazione del set di strumenti. Un esempio è quello di Carl Palmer, uno
dei primi batteristi ad aggiungere alla batteria percussioni etniche
e sinfoniche:(gong, conga, pad elettronici, timpani sinfonici). Uno dei
maggiori innovatori nella disposizione e aggiunta di percussioni e suoni vari
alla batteria è stato Terry Bozzio, da cui diversi batteristi contemporanei
hanno tratto ispirazione per quanto riguarda sia la disposizione dello
strumento sia le sonorità[senza fonte]. Oggi sono molti i batteristi che hanno
intrapreso e stanno intraprendendo un cammino che esula dal "batterismo"
tradizionale. Infatti si tende progressivamente a non considerare più
il batterista solo colui che "deve tenere bene il tempo" o che deve essere in
grado di prodursi in esibizioni funamboliche, ma si sta sviluppando una forma
di arte percussiva, sinora di nicchia, in cui batteria e percussioni divengono
mezzi grazie ai quali l'artista si esprime pienamente, anche senza altri
strumenti musicali, producendo sonorità personali e particolari: uno dei
maestri di questa tendenza è il percussionista Pierre Favre.
Le bacchette
I batteristi solitamente suonano con le bacchette, ma possono usare anche
strumenti diversi come le spazzole, le mani, i rod (bacchette composte da fasci
di legno) e i mallet (battenti). Le tipologie di bacchette in commercio sono varie,
spesso alcuni modelli esistono solo per alcune case costruttrici. Sono realizzate
principalmente in legno di hickory, ma ne esistono modelli incarbonio ed
in plastica. La punta delle bacchette può essere di varia forma: ovoidale (la più
comune), sferica, cilindrica, conica; il materiale con cui è realizzata la punta può
essere legno, plastica o metallo. Importante anche il bilanciamento delle
bacchette che può essere in testa, al centro o in coda. Il modello delle bacchette
è descritto da una sigla, composta da un numero e da una lettera. La lunghezza
è standard, circa 40 centimetri, dipende anche dalla casa costruttrice la quale
può realizzarne dei modelli leggermente (1 cm circa) più lunghe o più corte.
Le pelli
La "pelle" è la membrana del tamburo che viene fatta vibrare percuotendola e
che in tal modo produce il suono. Il materiale più usato per la costruzione delle
pelli è un materiale sintetico progettato ad hoc (mylar), e prodotto in uno o più
strati. In alcuni casi il materiale è un singolo strato di pelle naturale, teso da un
anello di metallo per consentirne il montaggio sul fusto del tamburo e
permetterne l'accordatura. La scelta dei materiali delle pelli dipende dal tipo di
tamburo da suonare e dal tipo di suono che si vuole ottenere. Per quanto
riguarda le pelli per batteria si usano per lo più le suddette pelli sintetiche,
eccezion fatta per alcuni modelli di tamburo che hanno avuto minore diffusione
(es. Remo "mondo").
Le pelli per batteria si distinguono in:

Pelli battenti: pelle su cui si esegue fisicamente il colpo, in genere più
resistente e composta da più di uno strato di materiale. Viene sistemata nella
parte anteriore (o nella parte su cui si intende eseguire il colpo) del tamburo
ed in seguito accordata a seconda delle esigenze dello strumento e del
batterista.

Pelli risonanti: pelle che viene alloggiata nella parte posteriore del tamburo e
viene usata con l'unico scopo di far risuonare il tamburo stesso mediante il
colpo dato sulla pelle battente. La pelle risonante non è fatta per essere
suonata ed è fisicamente diversa dalla pelle battente. È costituita da un
singolo strato di materiale. Di solito molti batteristi usano pelli battenti di
sottile spessore al posto delle pelli risonanti. Spesso nella grancassa si usa
praticare un piccolo foro (circa 5-6 pollici di diametro) nella pelle risonante
per facilitare la ripresa microfonica e smorzare un po' gli armonici. Tale foro
di solito non è al centro della pelle perché comunque non è bene togliere tutti
gli armonici al suono della grancassa.
Negli anni '70 alcuni batteristi usavano batterie senza pelli risonanti ed
esistevano dei modelli di batterie che non ne prevedevano affatto
l'alloggiamento. Ciò è dovuto al fatto che la risposta impulsiva del tamburo è più
limpida senza pelle risonante, ma si perde tutta la risonanza del fusto e la
bellezza del suono del legno, minando anche l'espressività dell'artista. Tali
batterie venivano usate prevalentemente in concerti dal vivo a causa della
scarsa qualità media dei microfoni per la ripresa live. Oggi con l'avanzare della
tecnologia e quindi della qualità dei microfoni non si usano più queste batterie o
tecniche di ripresa microfonica, in quanto le procedure di amplificazione degli
strumenti si sono standardizzate, e non ci sono più grossi problemi di
amplificazione dello strumento acustico.
A seconda del tipo di pelle usata viene messo in
aspetto timbrico del suono del tamburo piuttosto che un altro:
evidenza
un

Pelli lisce (a uno o due strati): usate come pelli battenti o risonanti non
enfatizzano nessun aspetto timbrico in particolare; più lo spessore diminuisce
più si mettono in evidenza gli armonici del tamburo e la cosiddetta "punta",
ovvero l'attacco della nota stessa. Al contrario, più lo spessore aumenta più
si mette in evidenza il suono impulsivo, la nota fondamentale del tamburo.

Pelli sabbiate: usate come pelli battenti, le pelli sabbiate sono le pelli più
usate in assoluto per il rullante, ma possono essere usate anche per i tom e
per la cassa. Hanno un suono più cupo delle pelli lisce poiché
la sabbiatura della pelle attenua le vibrazioni, sono molto usate poiché
consentono un rimbalzo ottimale della bacchetta e sono le uniche pelli che
favoriscono l'utilizzo delle spazzole (brushes).

Pelli idrauliche: sono pelli battenti che hanno come caratteristica principale
quella di essere composte di due strati di materiale separato da un sottile
strato di olio particolare. La risposta sonora è completamente incentrata sulla
nota principale smorzando gli armonici del tamburo. Sono molto usate nella
musica rock sui tom e in generale le più usate per la grancassa. Alcune di
queste pelli presentano un anello antivibrazione integrato al bordo che
smorza ulteriormente gli armonici. Ne esistono dei modelli a tre e quattro
strati.

Pelli naturali: erano la scelta primaria per i batteristi jazz della prima metà del
secolo scorso; ora le pelli naturali sono state comprensibilmente surclassate
da quelle sintetiche. Le pelli Earthtone seguono ancora le dottrine d'una
volta; esiste comunque un modello della Remo, la Fyberskin, che emula una
pelle naturale con materiali sintetici.

Pelli a rinforzo centrale: questo tipo di pelli sono progettate appositamente
per i batteristi che suonano a volume molto elevato; il rinforzo centrale
permette una più lenta usura della pelle ma le conseguenze sul suono sono
drastiche.

Pelli "mesh": sono pelli la cui superficie è realizzata da una struttura traforata
"a griglia". Queste pelli non fanno emettere suoni al tamburo e sono usate
per studiare la batteria in appartamento, se non si dispone di un box
insonorizzato.
Accordatura della batteria
Una batteria osservata dall'alto.
Anche la batteria è uno strumento che necessita di essere accordato.
L'accordatura è un procedimento che serve per portare il tamburo, attraverso la
tensione delle due pelli battente e risonante, ad avere un suono il più risonante
possibile o di più elevato volume possibile. All'interno di questa definizione
generale ogni batterista può trovare il proprio suono tendendo più o meno le pelli
fino a raggiungere un suono che incontri il proprio gusto personale (soprattutto il
rullante), per i vari pezzi di una batteria esiste un'accordatura a seconda del
genere musicale che si suona. Gli aspetti fondamentali per l'accordatura sono
molteplici e il suono dipenderà poi dalla combinazione di molti fattori: grandezza
del tamburo, tipo di pelle battente (quella che si percuote) e risonante (quella
inferiore) e la tensione delle chiavette d'accordatura. Fatta eccezione del rullante
e della grancassa che vengono accordati in modo indipendente in virtù del
suono specifico che si vuole ottenere, gli altri tamburi, di norma si accordano
con intervalli di terze, di terze minori o di quarte. Le pelli risonanti vengono
accordate, solitamente, all'unisono con la pelle battente. Variare questi
parametri darà un suono di minore o di maggiore durata (sustain). Ogni tamburo
ha una sua specifica tonalità e accordatura dove offre la massima resa sonora e
armonica.
La batteria in Italia
La batteria fa le sue prime apparizioni in Italia dagli anni trenta. Ma è
specialmente nel dopoguerra con le grandi band americane e batteristi
come Gene Krupa e Buddy Rich, che la batteria viene riconosciuta anche in
Italia come strumento singolo, indispensabile nella musica commerciale e degno
di studi accademici.
Da alcuni anni in Italia si sono aperti, nei Conservatori, corsi di jazz di I e II livello
(con vero e proprio diploma di laurea) nei quali è previsto lo studio della batteria.
IL Batterista è chi suona un insieme di singoli strumenti a percussione, quali
piatti, tamburo da marcia, grancassa, campanacci, campane tubolari, tom tom,
bonghi, ecc. (vedi batteria) disposti a determinate distanze tra loro in maniera da
poter essere suonati da un unico musicista e talvolta in posizioni diverse da
quelle che sarebbero ideali.
Ad alcuni strumenti a percussione quali ad esempio la grancassa e i piatti
sovrapposti (Hi-Hat o Charleston) sono state apportate delle modifiche
sostanziali che li differenziano degli strumenti originali e che richiedono una
preparazione specifica (l'uso dei piedi tramite pedale).
Il batterista deve adattare le normali tecniche di percussione di ogni singolo
strumento ad un contesto ambientale assai diverso, dove è della massima
importanza la disposizione dei vari strumenti, cercando al contempo di usare le
tecniche particolari che permettono di suonare nel migliore dei modi ognuno di
tali singoli strumenti percussivi, con lo scopo finale di rimpiazzare (nei limiti delle
possibilità di un solo individuo) i vari percussionisti.
Per questi motivi la batteria viene considerata non soltanto come un insieme di
strumenti a percussione ma piuttosto come uno strumento a se stante e gli studi
del batterista, che inizialmente devono prendere in esame la tecnica di ognuno
dei singoli strumenti percussivi che compongono la batteria, in seguito vengono
sempre dedicati alla batteria intesa come unico strumento di un insieme ed il più
delle volte cercando di concentrare lo studio in uno degli stili che compongono il
variegato mondo musicale moderno.
Questo significa che gli studi vengono spesso indirizzati verso uno specifico
genere musicale o almeno verso dei generi musicali che richiedono una
selezione ed una disposizione degli strumenti abbastanza omogenea e che di
conseguenza portino il batterista ad approfondire certe tecniche mirate. (Nei
conservatori, di solito i corsi di batteria sono indirizzati allo Swing Jazz, genere
che offre un ventaglio molto vasto di possibilità tecnico-strumentali).
A livelli molto avanzati il batterista dovrebbe essere in grado di eseguire
correttamente ogni genere musicale e per fare ciò dovrebbe poter disporre di
una gamma assai diversificata di strumenti sulla batteria e dovrebbe conoscere
gli aspetti della tecnica esecutiva adatti ad ogni genere musicale.
Tuttavia questo compito diviene sempre più arduo perché i tipi di sonorità
richieste al giorno d'oggi si differenziano ormai moltissimo tra genere e genere e
si prevede che in un futuro il batterista dovrà per forza specializzarsi in un modo
totalmente dedicato, sia per tecnica esecutiva che per la disposizione degli
strumenti percussivi, ad un solo e determinato contesto musicale. A questo
proposito, già ai nostri giorni, le sonorità (e di conseguenza le tecniche, la natura
e la disposizione degli strumenti) variano enormemente a seconda del genere
musicale (ad esempio: Jazz tradizionale, Metal, Latin).
Al batterista viene richiesto di scandire il tempo perfettamente e, per quel che
riguarda molti generi musicali, in modo continuo. Molto spesso egli deve
arricchire la melodia con fraseggi eseguiti con i vari strumenti a percussione di
cui dispone.
In molti generi musicali il batterista assume un ruolo predominante e deve
essere in grado di eseguire degli assoli misurati o liberi.
LA BODY PERCUSSION
Con il termine body percussion si indica la produzione sonora attraverso la
percussione del proprio corpo: così come gli strumenti a percussione producono
dei suoni quando vengono percossi, sfregati o agitati, anche il corpo umano può
essere utilizzato per questo fine.
Perché utilizzare questa tecnica
La body percussion può essere utilizzata in ambito didattico musicale: i bambini
possono sperimentare direttamente sul loro corpo gli elementi musicali come la
pulsazione, il ritmo, la metrica delle parole. Si va inoltre ad implementare la
coordinazione motoria, l’attenzione nel riprodurre i gesti proposti, la conoscenza
del proprio corpo.
Gesti Per la body percussion
Con il nostro corpo abbiamo tantissime possibilità per creare dei suoni, non solo
attraverso l’uso della voce. Per produrre dei suoni possiamo, ad esempio:
battere le mani
-
battere i piedi
-
schioccare le dita
-
sfregare le mani tra di loro o sulle cosce
-
battere le mani sul petto, sulle gambe o sulle diverse parti del corpo
fischiare
-
schioccare la lingua sul palato
-
colpire le guance tenendo la bocca aperta
L’IMPORTANZA DELLE PERCUSSIONI: LO STRUMENTARIO ORFF
Orff-Schulwerk
L'Orff-Schulwerk è un metodo di insegnamento della musica che nasce da una
serie di esperienze didattiche avviate e spinte alla maturazione da Carl Orff.
Prima della nascita dello Schulwerk era già diffuso un nuovo metodo basato
sulla
relazione
e
l'importanza
tra
musica
e
movimento,
il
metodo Dalcroze (didatta e compositore svizzero). Orff, invece, teneva in
particolare considerazione il fattore ritmico nella sua totalità, quindi la sua
importanza nel movimento, nella voce e nella musica strumentale. Attraverso le
sperimentazioni effettuate da Orff possiamo conoscere le caratteristiche
fondamentali dello Schulwerk: la ricerca dell'elementarità e la metodologia
pratica. Musica elementare è musica a misura di bambino, comprensibile e
accessibile attraverso l'utilizzo della scala pentatonica (ad esempio Do Re Mi
Sol La). Per quanto riguarda la metodologia, Orff propose indicazioni e dati per
poi classificare e interpretare, invece di imporle come teorie; d'altronde, come
diceva Orff,
« la musica per bambini nasce lavorando con i bambini e lo Schulwerk vuole
essere stimolo per un proseguimento creativo autonomo; infatti esso non è
definitivo, ma in continua evoluzione. »
Successivamente fu creato uno strumentario pensato per il raggiungimento dei
nuovi
scopi:
strumenti
a percussione ritmici
(tamburi, tamburelli
baschi, campanacci, triangoli, piatti, legni, reco
reco…)
e
strumenti
a
percussione melodici (metallofoni e xilofoni) e fu prodotto del materiale popolare
(detti, conte, filastrocche).
Lo Schulwerk oggi è diventato il mezzo attraverso il quale il bambino si avvicina
alla musica "facendola", usando mezzi da lui conosciuti e venendo incoraggiato
a trovare un nuovo accesso a nuove esperienze musicali, sollecitando anche la
sua fantasia.
Nello stesso tempo viene sviluppata la sua formazione, generale, individuale e
sociale: coordinazione motoria, fantasia, senso critico, inserimento nel gruppo,
confronto non competitivo.
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