1 Anno 5, Numero 96 1 giugno 10—XCVI M.Y. Akhtamar on line Akhtamar on line WWW.COMUNITAARMENA.IT Editoriale Nell’anniversario della eroica Prima Repubblica armena, con una sobria cerimonia a Roma è stato inaugurato un giardino intitolato al “Genocidio degli armeni”. È l’ennesima prova di attenzione delle istituzioni per la questione armena ed un altro piccolo passo compiuto con grande fatica ma del quale siamo estremamente orgogliosi. Mai abbassare la testa; e le vicende storiche del Congresso di Parigi (di cui trattiamo nella seconda parte del saggio di Davide Figliola) ci confermano quanto debba essere sempre vigile l’attenzione degli armeni. Questo numero di Akhtamar è particolarmente ricco di notizie: anche quest’anno non manchiamo di fare una piccola escursione nell’Eurofestival della canzone dove i rappresentanti armeni si sono sempre ben comportati portando nel continente l’armonia della musica tradi- zionale reinterpretata secondo i canoni del gusto moderno. Raccontiamo della importante visita del ministro della Diaspora in Italia. Lo spazio tiranno ci impedisce di trattare più diffusamente altri eventi (su tutti la presentazione dell’ultimo lavoro della prof. Uluhogian) sui quali avremo modo di soffermarci in seguito. Insomma c’è molto da leggere: magari su una panchina del giardino “genocidio degli armeni”. ALL’OMBRA DEL RICORDO È un piccolo spazio verde, stretto in mezzo ad una piazza circondata dale quinte di decorosi palazzi, dalle tante auto in sosta. Un angolo di mondo nel mezzo di una città che non si ferma mai, nevrotica e rumorosa come solo una capitale mediterranea può essere. Panchine, aiuole, alberi che portano una confortevole ombra nelle torride estati romane.. Insomma, un piccolo giardino di periferia come ce ne sono tanti in ogni città del mondo. Dallo scorso 28 maggio questo angolo di Roma è dedicato al “Genocidio degli armeni”. Un altro piccolo tassello della memoria, un altro piccolo segnale dell’amore della Citta Eterna verso un popolo a lei legato da sottili fili culturali e religiosi. Il giardino del “genocidio degli armeni” non sarà visitato come Villa Borghese, non sarà certo esteso come Villa Pamphili, ma di fatto … (segue pag.2) Sommario Roma ricorda 1 Fotocronaca targa 2 La questione armena (2 parte) 3 Pagina armena 5 Treviso per l’Armenia 6 Il voto libero del Karabakh 6 Ministro della Diaspora in Italia 7 Bollettino interno di iniziativa armena Consiglio per la Comunità armena di Roma 2 Akhtamar è entrato nella toponomastica della capitale italiana e da lì nessuno potrà toglierlo. In fondo non sono molte le città del mondo ad avere sul proprio stradario comunale qualche cosa legato così specificatamente al Grande male. E siamo orgogliosi che Roma (dove già nel 2006 è stata apposta una targa commemorativa nello slargo antistante a s. Nicola da Tolentino) abbia dimostrato tale sensibilità; lo diciamo da romani prima ancora che da armeni. Superate le inevitabili difficoltà burocratiche, scavalcati gli ostacoli che certe pressioni diplomatiche (indovinate un po’ da parte di chi …) rendevano difficile lo scoprimento della palina toponomastica, risolti i dubbi su quando e come organizzare la cerimonia ufficiale, ecco che lo sforzo congiunto dell’amministrazione capitolina e del “Consiglio” hanno portato al raggiungimento di questo importante traguardo. Perché è intuitivo quanto sia importante un atto ufficiale di tal genere, il valore “istituzionale” di una toponomastica dedicata al Metz Yeghern, il significato politico di una tale scelta. Certo le difficoltà permangono, i ricatti commerciali di sponda turca non vengono meno ma un altro importante tassello di verità è stato posto. Discorsi ufficiali (con l’on. Federico Rocca in rappresentanza del Comune) e benedizione finale dopo lo scoprimento della targa marmorea collocata dall’Ufficio toponomastica del Comune di Roma. Una cerimonia semplicissima (con minaccia di pioggia …)andata in porto con qualche accorgimento tecnico ed alcuni rinvii. Perché le pressioni diplomatiche turche sono state ininterrotte da quando venne varata la delibera per l’intitolazione del giardino al “genocidio degli armeni”. Ma, come si dice, cosa fatta capo ha. E nessuno può cancellare la delibera della giunta comunale del 3.12.08 dove viene riportata la risoluzione 323/2007 (municipio XV, quartiere XI). E altre iniziative sono in cantiere prossimamente ... ANNO 5, NUMERO 96 on line la fotocronaca della cerimonia IL GIARDINO “GENOCIDIO DEGLI ARMENI” SI TROVA IN PIAZZA LORENZINI A ROMA, QUARTIERE PORTUENSE. Pagina 2 3 Akhtamar LA QUESTIONE ARMENA ALLA CONFERENZA DI PARIGI SECONDA PARTE Le delegazioni armene Questo fu il complicato contesto nel quale si trovò a dover operare la missione diplomatica armena. Le autorità armene provarono a sfruttare il capitale di simpatia che avevano raccolto grazie a immani sofferenze per raggiungere i propri scopi. A Parigi, dopo un viaggio a dir poco travagliato, si presentarono due delegazioni armene: una chiamata Delegazione nazionale armena, presieduta da Boghos Nubar Pascia e l’altra chiamata Delegazione della Repubblica d’Armenia, diretta da Avedis Aharonian (un importante rappresentante del partito Dashnak e dal 1919 membro del Parlamento armeno). Boghos Nubar Pascia era un conservatore ostile ai movimenti e ai partiti rivoluzionari armeni, dei quali il partito Dashnak (detto anche F.R.A.) era il più rappresentativo. Le due distinte delegazioni non avevano neppure un programma coincidente, anzi su alcuni punti (come ad esempio le dimensioni che avrebbe dovuto avere il futuro stato armeno e quali province dovessero essere il fulcro del potere statale) le differenze erano rilevanti. Di questa dicotomia i giornali diedero conto attraverso la pubblicazione di alcune interviste fatte a rappresentanti delle due delegazioni. Ad esempio il 1 febbraio 1919 Il Corriere della sera riporta l’intervista con Mihran Damadian, rappresentante in Italia della Delegazione Nazionale guidata da Boghos Nubar Pascia che formalmente rappresentava gli interessi degli armeni fuggiti dall’Anatolia, il quale illustra il quadro delle rivendicazioni armene da portare al tavolo di pace . Esse pongono come punto fermo quello della ricostituzione della Grande Armenia, che deve svilupparsi dal Caucaso alla Cilicia. Pochi giorni dopo, il 27 febbraio, esce invece sul quotidiano L’Italia, l’intervista ad Aharonian (che come abbiamo già visto era il Presidente della Delegazione che rappresentava la Repubblica indipendente d’Armenia): l’orientamento riguardo al futuro dell’Armenia si pone in contrapposizione a quella delle Delegazione nazionale, diverso è il disegno del futuro Stato armeno e di chi lo deve guidare, diversa è anche l’enfasi sugli eventi degli ultimi anni. Da una parte si sottolinea la tragedia dei massacri e delle ingiustizie subite, dall’altra si canta all’eroismo dei combattenti armeni e alla resistenza contro i turchi. Ma perché due delegazioni? ANNO 5, NUMERO 96 Boghos Nubar Pascia era stato messo a capo della Delegazione nazionale dal patriarca di Costantinopoli sin da prima della guerra, quando ancora non esisteva la Repubblica armena del Caucaso. Egli rappresentava gli interessi degli armeni turchi dei vilayet orientali e della Cilicia, ma una volta creatasi la Repubblica armena indipendente la situazione appariva diversa, e Nubar Pascia finì per apparire come il rappresentante più che di una nazione, di un solo uomo, cioè del Patriarca di Costantinopoli. Tutto ciò, nelle prime fasi della Conferenza, causò una polemica tra i due più notevoli partiti armeni: il Dashnak e il Ramgavar (rappresentante della borghesia e della classe benestante). Sembrava si riproponesse, questa volta in veste diplomatica, quella divisione centenaria tra armeni occidentali e orientali. Le Incomprensioni e gli scontri all’interno dello stesso movimento armeno non furono di certo ben visti dalle Potenze alleate e alla fine causarono contraccolpi negativi alla stessa causa armena. Una delegazione non riconosceva l’altra e tra le due si era ingaggiata una dura lotta di prestigio. Fu necessario l’intervento del Catholicos, la massima autorità della Chiesa armena, per indurre le due parti a collaborare, in modo da creare un’unità di intenti almeno apparente il cui risultato principale fu riassunto, il 12 febbraio 1919, in un memorandum comune destinato alla Conferenza di pace. In esso gli autori ricordarono le sofferenze subite dal popolo armeno e i servizi resi alla causa dell’Intesa, nonché le promesse fatte ma ancora non attuate dalle grandi Potenze a favore dell’Armenia. Tutto ciò per rendere più forte la richiesta della creazione di uno stato armeno, libero e indipendente, che comprendesse oltre all’ex Armenia russa, alcuni territori ancora sotto la sovranità ottomana: i sei vilayet orientali, la provincia di Tresibonda, la regione della Cilicia e il porto di Alessandretta. Questo Memorandum costatava i massacri, ma rifiutava di prendere atto delle sue conseguenze. Infatti nelle province che i rappresentanti armeni volevano unire alla Repubblica armena, questi ultimi erano ormai una netta minoranza a discapito dei turchi e dei curdi. I responsabili della politica armena stavano perdendo il senso della misura, probabilmente anche a causa delle loro eccessive speranze nei confronti delle grandi Potenze, e le loro richieste presentate alla Conferenza di pace risentirono di questo difetto ed apparvero eccessive ed esagerate. on line di Davide Figliola bili con quelli della Francia e dei siriani, nei riguardi della Cilicia, e nel resto della regione con quelli dei persiani, georgiani e azeri (senza dimenticare l’imminente rinascita nel nazionalismo turco). Tra queste popolazioni, gli armeni furono quelli che ebbero meno difficoltà ad inviare una rappresentanza alla conferenza di pace, nella quale si sarebbe deciso il futuro di tutti loro. Ciò però non fu sufficiente a far approvare in breve tempo tutte le loro richieste, anche perché in poche settimane si rivelò la mancanza di un preciso programma comune da parte delle potenze occidentali per risolvere i problemi relativi alla questione orientale (nel quale trovava posto anche la questione armena). Solo la Grecia aveva le idee chiare su cosa volesse e dopo aver abbandonato un timido tentativo di accordo con l’Italia allo scopo di garantire il mantenimento dell’unità della Repubblica armena sotto mandato italiano, presentò alla Conferenza le proprie richieste. Pochi giorni dopo, Venizelos durante una riunione dei Quattro grandi, denunciò la presenza di una nave da guerra italiana nel porto di Smirne e accusò le autorità italiane di stare preparando un accordo con i turchi. Wilson che non aveva mai voluto accondiscendere a tutte le rivendicazioni italiane nell’Adriatico, ora mostrava altrettanto scarso entusiasmo all’idea di un loro ingresso da potenza mandataria in Asia minore. Lloyd Gorge e Clemenceau condividevano la sua irritazione, ma erano vincolati dagli impegni assunti in tempo di guerra: nel trattato di Londra del 1915, che aveva portato l’Italia nel conflitto, avevano promesso a quest’ultima che, in caso di spartizione dell’Impero ottomano, le sarebbe stata assegnata una quota del territorio turco. L’espressione era pericolosamente vaga e lasciava intendere le più svariate ipotesi. Il Ministro degli esteri italiano, Sonnino aveva su questo argomento le idee chiare. Secondo lui l’Asia minore faceva parte del bottino di guerra e all’Italia ne spettava una parte; a suo avviso o tutte le potenze ottenevano qualcosa oppure nessuna avrebbe ottenuto niente. L’Italia su questo tema voleva essere trattata sullo stesso piano di Francia e Gran Bretagna e non come un alleato minore. La verità è che per Sonnino, il trattato di Londra rappresentava un impegno solenne; per la Gran Bretagna e la Francia, invece, nel 1919 era ormai diventato un impaccio dal quale avrebbero voluto togliersi il prima possibile. Il ruolo dell’Italia Gli obiettivi della delegazione armena erano inevitabilmente in concorrenza e non concilia- Pagina 3 4 Akhtamar Wilson a sua volta aveva già ribadito più volte che gli Stati Uniti non si ritenevano vincolati da nessun accordo segreto. D’altro canto, a torto o a ragione, i britannici e i francesi pensavano che l’Italia non avesse contribuito in maniera decisiva alla vittoria alleata. Alla fine dell’aprile 1919, quando la crisi diplomatica con l’Italia stava peggiorando (in particolare a causa della questione adriatica), Lloyd George e Clemenceau erano pronti a usare l’Asia minore come merce di scambio. Il 2 maggio, giorno in cui si incontrarono i Tre grandi (l’Italia fin dal mese di aprile boicottava la Conferenza di pace in segno di protesta per la mancata accoglienza delle sue richieste), giunsero nuovi resoconti di manovre italiane lungo la costa dell’Asia minore. Wilson, sostenuto in questo dal capo di governo francese minacciò l’invio di una nave da guerra americana. Lloyd Gorge, dopo aver parlato con Venizelos propose di inviarne una greca. Era la situazione ideale per il primo ministro greco, pronto a fomentare l’odio contro gli italiani e a offrire i propri servizi alle altre grandi potenze, essendo cosciente delle opportunità che la crisi offriva al suo paese. Dopo alcuni giorni di accese discussioni, la mattina del 6 maggio gli Alleati presero con noncuranza una decisione che avrebbe innescato quella serie di eventi che portò alle conseguenze che analizzeremo successivamente. Durante la riunione Lloyd Gorge e Clemenceau proposero l’occupazione di Smirne e della zona circostante da parte delle truppe greche e Wilson seppur non del tutto convinto, decise di appoggiare la proposta. A suo parere se Smirne doveva cadere nelle mani di qualcuno erano preferibili i greci agli italiani. Venizelos venne informato delle decisione la sera stessa e la sua reazione fu a dir poco entusiasta, iniziò fin da subito a preparare le truppe per la missione. Il 15 maggio la Grecia fece sbarcare le proprie truppe a Smirne, con il consenso delle altre Potenze, tra le quali restò ovviamente esclusa l’Italia, la quale come abbiamo visto, era interessata anch’essa alla provincia e quindi fu lasciata ovviamente all’oscuro dei reali progetti in seno alla Conferenza di pace: poche settimane prima dello sbarco greco a Smirne, infatti, aveva occupato alcuni territori in Asia minore, causando molto malumore all’interno del consiglio Alleato. Oltre a ciò, ben presto si cominciò a delineare un’evidente rivalità tra le due maggiori potenze che occupavano la maggior parte dei territori precedentemente soggiacenti all’autorità ottomana: la Francia e l’Inghilterra. La situazione peggiorava di giorno in giorno, ma il governo di Parigi mostrava l’intenzione di non cedere nessun ulteriore territorio all’Inghilterra o a qualsiasi altra nazione. Quest’ultima invece avrebbe voluto mantenere oltre alla Palestina e all’Iraq parte dell’Anatolia nord orientale e la Transcaucasia (con le sue notevoli risorse energetiche), ANNO 5, NUMERO 96 in particolare Georgia e Azerbaigian, sotto la propria amministrazione, o almeno sotto un controllo indiretto. Disinteresse per la causa armena Si aveva frattanto la sensazione, nei circoli armeni di Parigi, che la conferenza di pace si occupasse sempre meno della causa armena. La stessa riflessione si evince dalle testimonianze di intellettuali occidentali partigiani della causa armena. Essi, sempre più preoccupati per la piega presa dagli eventi, agirono direttamente con l’obbiettivo di far ottenere velocemente all’Armenia ciò che chiedeva, ormai consci del fatto che il tempo a disposizione stava terminando. Il giornale italiano L’Avanti, si concentrò particolarmente su quest’aspetto della questione armena, il quale fu alla base dell’articolo pubblicato il 1-05-1919 dal titolo “l’Armenia”: ‹‹Se c’è un popolo che abbia il diritto di rivivere, nella pienezza dell’indipendenza, questo è il popolo armeno. Esso ha difeso con in faticata tenacità, attraverso secoli di storia, e fra le più crudeli vicissitudini, la sua esistenza continuamente minacciata da continui dispotismi. Fu a centinaia di migliaia che, durante quaranta anni, gli armeni morirono fucilati dai turchi e suppliziati dallo zarismo… Ma l’intera Europa era responsabile di questi delitti: la Germania e l’Austria che coprivano la Turchia, come la Francia e l’Inghilterra coprivano la Russia. Noi dobbiamo oggi riparare una colpa che incombe a tutti i governi, affrancare un popolo che fu vittima di tutti gli stati capitalistici coalizzati contro di lui. Bisogna che domani essi pure siano liberi, ma che la loro liberazione non sia una menzogna, una formula dietro la quale si nasconde l’egoismo di questo e quello stato capitalista. Fidiamo nei socialisti dell’Armenia, che sono l’elemento vivo, energico, risoluto fra tutti di quella nazione…››. Anche, Il Corriere della sera fu tra i numerosi giornali occidentali che fin dalle prime settimane del congresso di Versailles pubblicarono lunghi articoli nei quali si riassumeva e si sosteneva la validità delle rivendicazioni armene. Un esempio di questa linea del giornale si può evincere dall’articolo del 27-02-1919 dal titolo “I diritti dell’Armenia a risorgere come Stato”: ‹‹…Sono interessanti le rivendicazioni armene quali le espone il presidente della Delegazione armena, venuta appositamente a a Parigi, Boghos Nubar Pascià… Nubar Pascià dice che l’Armenia deve essere completamente liberata dal giogo turco come devono essere liberate tutte le altre nazionalità che hanno dovuto soffrire il dominio di questo popolo, che non sa nemmeno governare se stesso. Gli armeni poi hanno acquistato, secondo Nubar Pascià, titoli alla loro liberazione con la parte attiva presa alla guerra. Di ottocento volontari che si sono arruolati in Francia nella Legione straniera non ne rimangono che cinquanta. Altri armeni hanno formato una legione d’Oriente che costituì oltre la metà del contingente francese di Palestina, prendendovi parte alla vittoria. Quello che egli do- on line manda è un Armenia indipendente con un proprio esercito e un proprio governo. Uno Stato armeno che dovrà essere posto sotto la protezione collettiva delle grandi Potenze o della Società delle Nazioni per metterlo al riparo contro qualsiasi aggressione dal di fuori, dovrà pure essere assistito da una di esse durante il periodo di transizioni per aiutarlo nell’opera di ricostruzione ›› Le autorità armene riponevano le proprie speranze nelle Potenze alleate, in particolare negli Stati Uniti: stando a quanto riferisce un esperto americano, ‹‹non passava giorno senza che la delegazione americana o, meno spesso, il Presidente, venissero assediati da armeni dal volto triste, barbuti e vestiti di nero, che esponevano le terribili condizioni presenti nella loro terra natale ››. Purtroppo anche all’interno del fronte degli intellettuali pro Armenia iniziarono a crearsi le prime divisioni, ad esempio sulle dimensioni che avrebbe dovuto assumere il nuovo Stato armeno uscito dalle decisioni della Conferenza di Versailles. Le due delegazioni armene, dopo il primo periodo di ostilità, riuscirono a creare una discreta unità di intenti; ma qualcosa faceva loro intuire che la situazione internazionale tendeva a peggiorare, e il rinvio della discussione per la soluzione del problema armeno ne era un vago sintomo. Negli stessi giorni in cui i Greci sbarcavano a Smirne, a Parigi si iniziò ad affrontare il problema dei mandati internazionali e fu proposto a Wilson di accettare quello sull’Armenia; ma il Presidente statunitense, favorevole di principio ad un mandato sullo Stato armeno, fece notare la contrarietà turca ad un’ulteriore divisione del suo territorio. Su questo punto era particolarmente sensibile l’attenzione degli inglesi, molto preoccupati dei risvolti politici e sociali negativi che una scelta del genere avrebbe potuto avere sulle popolazioni musulmane delle loro colonie (in particolare l’India). La polemica tra francesi e inglesi, ma anche tra italiani e greci, sul modo in cui spartirsi le spoglie dell’Impero ottomano stava crescendo progressivamente. Tutto ciò turbò il Presidente americano, che si riservò d’accettare il mandato su uno Stato armeno (comprendente anche parte dell’Anatolia) precisando che il Senato americano difficilmente avrebbe accettato l’intero progetto. Dichiarò pertanto che gli Stati Uniti avrebbero accettato il mandato sull’Armenia unicamente per scopi umanitari. In questo modo pensò di riuscire a convincere un titubante Senato americano ad appoggiare la propria scelta politica, come si capisce dalle sue confidenze con gli esperti politici statunitensi sul Vicino oriente, datate 22 maggio 1919. La Gran Bretagna nei mesi successivi alla fine della Grande guerra si rese progressivamente conto di non poter controllare da sola tutti i territori che si era annessa o era in procinto di occupare. Così mentre tali contrasti si delineavano al tavolo della Conferenza di pace, la Gran Bretagna si preparava a ritirare le proprie truppe dal Caucaso. (2—continua) Pagina 4 5 Akhtamar Մայիս 28ի 28ի Հանրապետութեան տօնը Հռոմի մէջ կը յիշուի բացառ բացառիկ առիկ կերպով: Հռոմի հանրային մէկ պարտէզը կը նուիրուի ''Հայոց ցեղասպանութեան'' յիշատակին։ on line 28 Մայիս 2010ի յետմիջօրէի ժամը 4,30ին Հռոմի 15րդ թաղամասի ''Բիացցա Աուկուսթօ Լորէնցինի'' հրապարակի հանրային պարտէզը անուանուեցաւ ''Հայոց Ցեղասպանութեան''։ Յայտնենք թէ Հռոմի քաղաքապետարանը ընդառաջելով Հռոմի Հայ Համայնքի Խորհուրդի խնդրանքին 3 դեկտեմբեր 2008ի նիստին ընթացքին որոշում առած էր ''Բիացցա Աուկուսթո Լորէնցինի''ի գտնուած պարտէզը անուանել ''Հայոց Ցեղասպանութեան'' յիշատակին։ Երկու տարուայ ուշացումի պատճառը եղած էր Իտալիոյ թրքական դեսպանութեան բանեցուցած ճնշումը եւ մղած հակադարձութեան սպառնալիքները։ Ասով հանդերձ Հռոմի քաղաքապետարանի ներկայացուցիչները վճռած էին յառաջ երթալ եւ ի գործ դնել ստորագրուած որոշումը։ Մայիս 28ի ազգային տօնը' որ կը խորհրդանշէ ՜՜հայոց պայքարն ու յաղթանակը՝՝ եղաւ նաեւ առիթը' հանդիսաւոր բացման արարողութեան։ Բացման խօսքը արտասանեց Հռոմի Հայ Համայնքի անդամ եւ ծագումով Հայ Տիար Էմմանուէլէ Ալիբրանտին որ շեշտը դրաւ Հռոմի քաղաքապետարանի բարեկամութեան, հանդէպ Հայ Համայնքին' յիշեցնելով թէ ինչպէս նոյն քաղաքապետարանը 2006ին Հռոմի կեդրոնական ՜՜Սուրբ Նիկողայոսի անուան Հայոց Եկեղեցւոյ Հրապարակը զետեղած էր ''Մեծ եղեռնի'' նուիրուած յուշաքարը։ Քաղաքապետարանի անունով խօսք առաւ Խորհրդատու Տիար ֆետերիքօ Րօքքան որ գնահատելով Հայ Համայնքի պայքարը ''մոռացութեան եւ անտարբերութեան'' դէմ յայտնեց իր եւ քաղաքապետարանի մօտիկութիւնը ու զօրակցութիւնը յայտարարելով թէ ''Մեծ եղեռնը'' անժխտելի իրողութիւն մըն է եւ այս համոզումով է որ Հռոմի քաղաքապետարանը ընդառաջեց Հռոմի Հայ Համայնքի խնդրանքին։ Հուսկ խօսք առաւ Տիար Ռոպեր Աթթարեան' Հայ Համայնքի Փոխ ատենապետը որ շնորհակալութեան իր ուղերձին մէջ ընդգծեց Հռոմի Քաղաքապետարանի ցուցաբերած քաջութիւնն ու բարեկամութիւնը հրաւիրելով ներկաները մասնակցելու յաջորդ հանգրուանին՝ որ պիտի ըլլայ ՜՜նոյն վայրին մէջ զետեղումը յուշակոթողի մը՝՝։ Արարողութիւնը վերջ գտաւ Լեւոնեան Վարժարանի տեսուչ Հայր Թովմաս Կարապետեանի յուշաքարի օրհնութեամբ եւ պահպանիչով։ Հ Հ Սփիւռքի Նախարարի այցելութիւնը Հռոմի Լեւոնեան Հայ Վարժարան եւ Մալոյեան Հայ մշակութային կեդրոն։ Սփիւռքի Նախարար Տիկ Հրանուշ Յակոբեանը ընկերակցութեամբ իտալիոյ մօտ Հայաստանի Դեսպան Տիար Ռուբէն Կարապետեանի 26 մայիսի երեկոյեան ժամը 18,30 այցելութիւն կատարեց Հռոմի Լեւոնեան Հայ Վարժարան ուր հանդիպում ունեցաւ նաեւ հռոմի Հայ Համայնքի ներկայացուցիչներու հետ։ Լեւոնեան Վարժարանի փոխ տեսուչ Հայր Թովմաս Վարդապետ Կարապետեանի արտասանած բարի գալուստի մաղթանքէն ետք խօսք առաւ Հռոմի առաքելական եկեղեցւոյ հոգեւոր հովիւ Հայր Գառնիկ Մխիթարեանը որ իր կարգին լաւագոյն մաղթանքներ յայտնելով խօսքը թողուց Սփիւռքի Նախարարին։ Տիկին Յակոբեան մանրամասնօրէն ներկայացուց Սփիւռքի նախարարութեան ընդհանուր քաղաքականութիւնն ու գործունէութիւնը։ Անոր ստեղծման պատճառները, անոր հետապնդած նպատակակէտը, ընդգծելով յատկապէս մշակուած միքանի կարեւոր համահայկական ձեռնարկներ եւ ծրագիրներ հայապահպանման ի խնդիր։ Բոլոր ներկաները մեծ հետաքրքրութեամբ հետեւեցան եւ գնահատեցին նախարարի ելոյթը եւ առիթ ունեցան զրուցելու միքանի հարցերու մասին։ Հանդիպումի աւարտին բոլորը ուղղուեցան դէպի Լեւոնեան Վարժարանի մուտքի դահլիճը ուր պատրաստուած էր կոկիկ հիւրասիրութիւն մը։ Սփիւրքի Նախարար Տիկ Հրանուշ Յակոբեան իր մեկնումէն առաջ առիթը ունեցաւ այցելելու նաեւ Մալոյեան Մշակութային Հայ Կեդրոնը ուր իր ստորագրութիւնը դրաւ ոսկեմատեանի մէջ, բարձր գնահատելով կեդրոնի եւ մանաւանդ Հռոմի Հայ գաղութի խորհուրդի ժրաջան գործունէութիւնը հայապահպանման ի խնդիր։ Legge 675/96: Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento di dati personali. 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Lo hanno certificato anche i molti osservatori internazionali giunti a Stepanakert per monitore il regolare svolgimento della prova elettorale. Non male per delle elezioni “illegali” in un paese non riconosciuto. La realtà è che la Repubblica del nagorno karabakh vive da oltre quindici anni la sua piena autonomia di libertà; con istituzioni democraticamente elette e funzionanti la cui ufficialità è sancita dalla volontà popolare oltre che dal diritto internazionale. E se interessi internazionali (leggi petrolio e Turchia) hanno fino ad oggi negato al Karabakh la possibilità di sedere alle nazioni Unite ciò non ha impedito allo stato di progettare e costruire il proprio futuro secondo il sacrosanto principio del diritto all’autodeterminazione dei popoli. La tornata elettorale (17 seggi con il sistema proporzionale e 16 con il maggioritario) ha visto in lizza rispettivamente 88 e 40 candidati raccolti in quattro formazioni politiche: Libera Madrepatria, Partito Democratico dell’Artsakh, Partito Comunista e Federazione Armena Rivoluzionaria-Artsakh. Il risultato ha visto la netta affermazione di Libera Madrepatria (46 %) che registrato un balzo in avanti di quasi il 20%. Arretrano il Partito Democratico (dal 37% al 28%) e la Federazione Armena Rivoluzionaria (dal 24% al 20%). Non entra in parlamento il Partito Comunista che, pur facendo registrare un lievissimo incremento di voti, con il 4,8% non supera la soglia di sbarramento del sei per cento. Una consultazione svoltasi in piena libertà e senza alcun incidente che conferma la piena democraticità di questa piccola repubblica che il mondo finge di non vedere. Treviso per l’Armenia DI MARINA MAVIAN Venezia, San Lazzaro degli Armeni, domenica 16 maggio. Giornata dedicata al gemellaggio culturale " Treviso per l'Armenia". La Regione Veneto, la provincia di Treviso e la città di Conegliano stanno sviluppando con successo rapporti di collaborazione che coinvolgono i Ministeri Armeni dell' Economia, dell'Agricoltura e della Cultura. Dopo la sempre emozionante S.Messa in rito armeno celebrata dal Rev. Abate P.Elia Kilaghbian alla presenza di S.Eminenza l'Arcivescovo della diocesi del Canada Khajag Hagopian abbiamo assistito al Concerto del Coro e orchestra d'archi dell'Istituto Musicale A.B. Michelangeli di Conegliano diretti dal M.° Alberto Pollesel e dal M.° Patrizia Tomasi. Nella suggestiva cornice della Chiesa sono stati eseguiti il celebre "Te Deum" di Charpentier, l'ouverture dal "Messia " di Haendel e due magnifiche corali di J.S.Bach e C.Saint Saens. La consueta ospitalità dei monaci ha offerto un gradevole momento di ristoro nel giardino del convento. Nel pomeriggio la corale ha cantato " En plein air" nel chiostro alcuni brani tratti dal folklore internazionale tra i quali una splendida esecuzione di un canto tradizionale armeno "Alakiaz partzer sar a". ANNO 5, NUMERO 96 Il Vice Presidente della provincia di Treviso Floriano Zambon ha ricordato che nel 2007 la città di Conegliano ha conferito al Ministro degli Esteri allora in carica, Vartan Oskanian, il Premio Civilitas. Grazie alla Provincia di Treviso è in atto un programma triennale con stage di perfezionamento seguiti con successo da enologi e viticoltori armeni. on line Eurovision song contest Il nome non inganni. Eva Rivas è una splendida ventitreenne armena nata a Rostov che quest’anno ha rappresentato l’Armenia al tradizionale gala internazionale della canzone europea. La sua “Apricot Apricot stone” stone ha guadagnato la finale del 29 maggio. Testo in inglese, un po’ meno armena dei brani delle precedenti edizioni ma più internazionale ed accattivante. Sonorità tipicamente armene, come il duduk di Jivan Gasparyan, si fondono in un ritmo agile e moderno che le hanno fatto guadagnare un ottimo settimo posto finale con 142 punti ad una manciata di voti dal quarto. Anche quest’anno dunque l’Armenia è stata ben rappresentata! L’Euro Song festival (al quale continua a mancare l’Italia) è un’ottima vetrina internazionale e ci auguriamo per Eva , forte del risultato raggiunto, una carriera ancor più ricca di successi. PRESENTATO IL VOLUME SUI MANOSCRITTI ARMENI NELLE BIBLIOTECHE ITALIANE C’è tutta la passione e la cultura della professoressa Gabriella Uluhogian nel suo ultimo prezioso lavoro di catalogazione dei manoscritti armeni delle biblioteca italiane. Un’opera importante, edita per i tipi dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato che risalta la secolare presenza armena nella penisola e i strettissimi legami fra le due culture. La presentazione ufficiale nella suggestiva cornice dell’antica Biblioteca Casanatense di Roma ha visto la partecipazione di Maurizio Fallace (direttore generale per le biblioteche), Anna Sirinian (università di Bologna), Sever Voicu (Biblioteca Apostolica Vaticana), Boghos L. Zekiyan (università ca’ Foscari di Venezia) e di Maria Cristina Misiti ((pres. Commissione Indici e Cataloghi delle biblioteche) moderati da Angela A. Cavarra del Ministero dei Beni Culturali. Akhtamar on line avrà modo di soffermarsi più diffusamente su questo catalogo in uno dei prossimi numeri. Pagina 6 7 Akhtamar WWW.COMUNITAARMENA.IT Salita san Nicola da Tolentino 17 00187 Roma Bollettino interno a cura del Consiglio per la Comunità armena di Roma Bollettino interno a cura del Consiglio per la Comunità armena di Roma WWW.COMUNITAARMENA.IT Akhtamar on line è un BOLLETTINO INTERNO edito da comunitaarmena.it Per riceverlo gratuitamente è sufficiente essere già inseriti nella mailing list del sito; chi non lo sia ,può aderire con una mail al nostro indirizzo e la dicitura “SI Akhtamar”; se non si desidera più ricevere il bollettino indirizzare una mail ([email protected]) con l’indicazione “NO Akhtamar” e sospenderemo l’invio. 28 maggio RICORDIAMO LA PRIMA REPUBBLICA ARMENA! Il numero 97 esce martedì 15 giugno 2010 on line Il Ministro della Diaspora in visita in Italia La signora Hranush Hacobyan, Ministro della Diaspora della Repubblica Armena ha compiuto una breve ma intensa visita in Italia nel corso della quale ha avuto contatti con le comunità armene della penisola ed incontri istituzionali. A Roma mercoledì 26 maggio ha incontrato i rappresentanti della comunità capitolina con una prolusione tenuta nel salone delle cerimonie del Pontificio Collegio armeno. Nel corso del suo intervento la signora Hacobyan ha sottolineato il ruolo degli armeni nel mondo in quanto rappresentanti, ciascuno individualmente, dell’intera comunità. Sollecitata anche dalle domande di alcuni tra i presenti, il Ministro si è soffermato sul tema della doppia cittadinanza e su quello dell’insegnamento della lingua . Al termine dell’incontro, dopo un piccolo rinfresco, il Ministro ha visitato il Centro Culturale “Maloyan” ed ha lasciato una dedica nel libro d’oro delle firme. Il giorno seguente l’ambasciata di via XX settembre ha ospitato una riunione ristretta ai rappresentanti delle diverse realtà armene in Italia. In giornata il ministro aveva avuto modo di incontrare il Sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica. Il 28 maggio (anniversario della Prima Repubblica) il Ministro si è recato a Milano dove ha incontrato la comunità locale a Casa Armena. Dell’iniziativa daremo conto più dettagliatamente nel prossimo numero di Akhtamar on line. La visita in Italia del Ministro ha rappresentato un importante momento di incontro fra la comunità italiana e le istituzioni armene e sarà foriera di legami ancora più stretti tra la Diaspora e la madre patria con l’auspicio di una collaborazione sempre più stretta.