QuadroStoricoItaliano(1861‐1867) Correval’anno1861.Dal17marzo,conlaproclamazionediVittorioEmanueleIIcome primo Rex Italiae «per grazia di Dio e volontà della Nazione» nasce ufficialmente un nuovoStatoingradodirivendicareunpostoallaparitralepotenzeeuropee,assumendo didirittounruolochiavenelledinamichedelladiplomaziadelvecchiocontinente. L’importanza storica della proclamazione dello Stato nazionale è rappresentata dal completarsi del processo di unificazione dei molteplici Stati collocati geograficamente sul territorio della Penisola, processo che è stato lungamente sostenuto nelle città di maggiore importanza dai focolai democratici che hanno rivestito una posizione di grande incidenza sia al Nord che al Sud. I seguenti plebisciti a suffragio universale maschile,manonconvotosegreto,sancironoinfattil’accorpamentodiquestiterritorial RegnodiSardegna: • il Ducato di Modena e Reggio, retto da Francesco V d’Asburgo‐Este, in seguito alle votazionitrail14eil21agosto1859; • ilDucatodiParma,governatodaLuisaMariadiBorbone,inseguitoallevotazionidell’ 11‐12settembre1859; • leLegazionipontificie,ribellatisiall’autoritàpapale,elaToscana,giàautonomadal27 aprile 1859 con la rivoluzione pacifica che cacciò Leopoldo II, che indirono contemporaneamenteiplebiscitidell’11e12marzonel1860; • infineilRegnodelleDueSicilie,consegnatodaGaribaldinellemanidelRediSardegna il 26 ottobre 1860 a Teano dopo aver causato la caduta di Francesco II di Borbone; impresachenonsarebberiuscitasenzalevariesollevazionipopolariurbaneecontadine che supportarono la spedizione dei Mille, impegnando gli eserciti di Ferdinando II di Borbonesupiùfrontiefornendoassistenza,viveri,curemedicheenuovivolontarialle camicierosse,eufficializzandol’annessionedifattodituttoilSudItaliaalnascenteStato conilplebiscitodel21ottobre. La grande estensione territoriale della nuova nazione non bastava però a classificarla come grande potenza, perché impellenti problemi di natura economica, sociale, costituzionale e infrastrutturale impedivano di raggiungere il livello di modernità dei Paesiall’avanguardianell’Europaoccidentalealprimogovernoitaliano,rimastoperaltro orfano del suo brillante statista e primo ministro Camillo Benso conte di Cavour il 6 giugno1861. In campo giuridico e costituzionale le norme vigenti nello Stato sabaudo vennero semplicemente estese nel resto del Paese, nonostante l’opposizione di Mazzini e dei repubblicani,cheavevanosperatoinun’Italiacreatadasollevazionidelpopoloegestita secondoilvoleredellemassepopolariechefuronoscontentidiavereunreche,anche soloconil gestodimantenereilnomelegatoallostatusdiRediSardegna,rimanendo VittorioEmanueleIIanzichédivenireVittorioEmanueleIred’Italia,intendevalanciare il messaggio che tutto ciò che era stato fatto finora era una conquista del Piemonte, e nonilfruttodeglisforziedellesperanzedelpopoloitaliano. InseguitoallamortedelcontediCavour,ilprimogovernodelRegnod’Italiaconacapo ilpresidentedelconsiglioBettinoRicasoli,fissòcomeobiettivoprimariol’unificazionedi codici, bilanci, tasse, eserciti, ordinamenti amministrativi, sistemi educativi. Il compito da portare a termine si presentava assai arduo in quanto era necessario condurre il paese verso uno stato di benessere e sviluppo che si avvicinasse a quello delle grandi nazioni europee. Al momento dell’unità, priva di Roma e del Triveneto, il reddito nazionalerappresentavaunquartodiquellodellaGranBretagnaedunterzodiquello francese, quindi era facile intuire la presenza di un’arretratezza di fondo, accentuata nellezonemeridionalidellapenisola,lequalinonpossedendoilcapitaleeleindustrie del settentrione, basavano la propria economia esclusivamente sull’agricoltura, tant’è chequestosettorecontribuivaperbenil57,5%alprodottointernolordo. InoltrenonostantelalavorazionedellaterrafosseunacostantedaNordaSud,essanon era praticata dovunque nella medesima maniera; infatti nella parte settentrionale più ricca,iterrenigestitidaiproprietariospessoaffidatiafittavolichegarantivanodiscreta quantità di prodotti, costituivano degli archetipi di aziende moderne. D’altra parte nel Meridionelamaggiorpartedelleterreeranonellemanidifacoltosilatifondisti,iquali, non essendo interessati minimamente alla trasformazione dei beni agricoli ricavati, affidavanoilloroterrenoabracciantiretribuiticonunmiseroconguaglioeconomico.Se sipensainoltrealfattocheleriservedicombustibilieranomodeste,eccettoilcarbone sardoelozolfosicilianoquasideltuttoesportato,sicomprendelosquilibrioeconomico‐ socialecheaffliggeval’Italia.. NelLazioinvecelacrisiagricolaebbeconseguenzemoltogravi:l’AgroRomanoinfatti– anche a causa, occorre dire, dell’inoperosità del popolo dell’Urbe – veniva da anni occupatodalavoratoristagionaliprovenientidaAbruzzo,MarcheedUmbriacheorasi trovavanomomentaneamentebloccatiaiconfinitraItaliaeStatoPontificio.Lacrisicolpì anche le industrie: a Roma il settore del tessile aveva subito un calo occupazionale ed erastatoschiacciatodallaconcorrenzaitalianaedeuropea,spessolalavorazionedella lanaeracoatta,aspesedelloStato,inistitutidibeneficienzacomequellodiSanMichele aRipa.Anchelametallurgiael’artigianato,settorimoltopiùfloridi,decadderoacausa dell’accerchiamentodelloStatoPontificiodapartedelletruppeitaliane. Altri provvedimenti urgenti portarono invece alla costruzione di un’estesa linea ferroviaria dal Nord al Sud Italia, necessaria non solo per modernizzare i trasporti ma anchepervelocizzarel’antiquatomeccanismoeconomico.Lasituazionecomunquenon migliorò,alpuntocheAntonioGramsciconsideròilrisorgimentocome«unarivoluzione agrariamancata». Gli stessi governi che si susseguirono dopo l’uscita di scena di Cavour puntarono su soluzioni economiche diverse: la Destra storica, caratterizzata dal susseguirsi di coalizioniliberal‐conservatrici,equindiafavoredell’alleanzadellaFrancia,delConcerto europeo e di una possibile riconciliazione con la Chiesa cattolica, sosteneva il libero scambio; la Sinistra storica – l’opposizione formata da liberali progressisti ed ex‐ democratici – era invece favorevole a riforme in campo elettorale e scolastico, alle autonomie locali, alla supremazia dello Stato sulla Chiesa e, in campo economico, all’allentamentodellapressionefiscale,alqualefarseguireunapoliticaprotezionistica. I vari governi di Destra, inizialmente al potere, non riuscirono a realizzare quel “miracoloeconomico”cheCavourerariuscitoacompierenelRegnodiSardegna,anche perchéisuoieredipoliticinonpossedevanolesueabilitàeilsuointuitoedebberoache fare con uno Stato cinque volte più grande. Grandi progressi vennero però fatti in politicaestera,continuamentealcentrodeldibattitopolitico:erainfattiopinionediffusa chel’unificazionenonsarebbestatacompletatafinchél’interoVenetononfossetornato inmanoagliitaliani. L’occasionesipresentòametàdeglianniSessanta,inseguitoall’inasprirsideirapporti tra Prussia e Austria, che rendevano lampante l’imminenza della guerra; venne allora siglato un trattato commerciale tra lo Zollverein (unione doganale tra gli Stati della Confederazione tedesca, dalla quale fu esclusa l’Austria) e l’Italia che precedette un’alleanzamilitareanti‐austriaca. Tale accordo era considerato fondamentale per la Prussia, che avrebbe così diviso gli esercitinemicitrailfrontegermanicoequelloitaliano,mentreperl’Italiarappresentava l’unica strada per conquistare ilVeneto, dopo che le parti interessatenonriuscirono a risolverelaquestionediplomaticamente. Negli scontri svoltisi nel 1866 il nuovo Stato subì umilianti ma ininfluenti sconfitte, comunquefacilitandoilcompitodeglialleati,iqualirisultaronovincentisututtiicampi dibattagliapiùimportanti,riuscendocosìaconcludereconsuccessolaguerrainpoco tempo;soloGaribaldiallatestadi38000volontariinTrentinoriuscìainfliggerealcune sconfitteainemici,malapacediViennadel3Ottobredellostessoannocostrinsenon solo il generale a ritirarsi, ma annullò anche i suoi risultati: soltanto il Veneto infatti passòsottol’influenzaitaliana,mentreilTrentinovenneannessosolamentealtermine della Grande Guerra. Nelle principali città liberate ancora una volta furono svolti dei plebiscitipersottolineareancheildesideriodellepopolazionidientrareafarpartedello Statounitario. In realtà i risultati ottenuti con questa guerra non furono frutto delle vittorie campali dell’Italiasuisuoiavversari,nédell’iniziativademocraticanelleareeinteressate,madi una brillante attività diplomatica che permise all’Italia di avere l’appoggio prima della FranciaepoidellaPrussia,riuscendoaraggiungereipropriobiettivisfruttandolearmi diquestiultimipiuttostocheleproprie. Ben più complesso fu invece l’insieme delle tante situazioni e impedimenti che ruotaronointornoalla“questioneromana”:ciòchefrenavalesperanzedeigaribaldini, deimazzinianiedeirepubblicani,chevedevanonellaCittàEternalacapitaleidealeper posizione geografica, attività economica e importanza storica, era soprattutto la protezione che Napoleone III aveva offerto a papa Pio IX, ergendosi a baluardo del cattolicesimoeassicurandosicosìilconsensodellemassepopolaridell’interaFrancia,a maggioranza cattolica. Inoltre la presenza di una guarnigione francese nello Stato Pontificio scoraggiò il governo italiano dal ricorrere a una spedizione militare, nella certezza che anche l’Austria avrebbe offerto il proprio sostegno al Papa, formando quindiun’alleanzaconl’imperatorefrancese. DiperséilsoloesercitoaprotezionedipapaFerrettinonavrebbecostituitoungrande impedimento per l’esercito reale italiano. Per ricostituire la milizia pontificia dopo il 1860venneroistituiteleveforzateintuttoilLazioevenneabbassatoillimitedietàper l’arruolamento a 17 anni. Il comandante in capo dell’esercito pontificio, il tedesco “romanizzato” Ermanno Kanzler, rivelò capacità organizzative all’altezza della difficile situazione.Ilpianodellariformadell’esercitofuapprovatodalponteficeil15dicembre 1865 ed entrò in vigore dal 1° gennaio 1866; esso era formato da un Ministero, dagli ufficiali generali e dal Corpo di Stato Maggiore, da uno Stato Maggiore di piazza, una gendarmeria, un battaglione sedentari, un corpo d’artiglieria, un corpo del genio, un battaglione cacciatori, un battaglione zuavi, un battaglione carabinieri esteri, un reggimentofanteriadilinea,uncorpodragoniedinoltrecomprendevaprigionimilitari, luoghididetenzioneedaltrivariservizi.IlministerodelleArmidetenevailcontrollodei settori militari tramite specifici uffici: l’Amministrazione centrale, sotto il diretto comandodiKanzlereracostituitadaunufficiodigabinetto,unconsigliodelministroe tre direzioni: l’uditorio militare, con il compito di amministrare la giustizia militare, compostodauntribunaledisecondaeprimaistanza,l’ufficiodelloS.M.dellaDivisione, il quale si assumeva la responsabilità di elaborare i piani, i regolamenti e l’andamento generaledell’esercito.Quest’ultimopresentava: • unoStatoMaggioregeneralechecontenevatuttigliufficigeneraliederacostituitoda corpi attivi in ordine di anzianità (un Corpo di Stato Maggiore, la gendarmeria, la fanteria,lacavalleria,l’artiglieria,ilgenio)convarieramificazioniinterne; • deicorpisedentari(StatoMaggioredellePiazze,unbattaglionesedentari,servizi); • repartiausiliari(unbattaglioneausiliariodiriservaesquadriglieri); LafranceseLegionediAntibocomandatadalgeneraleAurellesdePaladines,laqualeera affiancata alla milizia pontificia, venne anch’essa riformata da Kazler, affinché non risultasseunasezionedisomogeneaall’internodellanuovacompaginemilitare,evenne rinominataLegioneromana. Il battaglione degli zuavi divenne un reggimento di tremila uomini al comando del colonnello Allet e del vicecomandante colonnello de Charette; il battaglione cacciatori, checontavamilleunità,vennerafforzatodaunbattaglionedicarabinieriesterieaffidata allaguidadeltenentecolonnelloJeannarat.IreggimenticompostidamilitaridelloStato vennero rafforzati: la legione della Gendarmeria superò i tremila uomini e il primo reggimento di fanteria arrivò a mille e settecento. La prima ebbe come comandante il colonnello Evangelisti, mentre la seconda il colonnello Azzanesi. Il Caimi comandava l’artiglieria, il colonnello Lana il Genio e il colonnello Lepri i dragoni. L’esercito fu suddivisoinduebrigatecomandaterispettivamentedalgeneraleRaffaeledeCourtene l’altra dal comando del generale Giovanni Battista Zappi. Vennero sospesi gli arruolamentiesielevòilpremiodiingaggiodadodiciaventiscudi.Inmeritoaisalari essicambiavanodacorpoacorpoepresentavanonotevolidisparitàditrattamento. Ingenereimilitari,sebbenepococonsideratisocialmente,godevanodistipendimigliori dellamediadeidipendentigovernativiciviliaRoma.L’unicoadessereindiscutibilmente bassoeralostipendiodellatruppasemplicedifanteria,tuttaviaconiltrascorreredegli annituttigliemolumentifuronoridimensionati. Permigliorareladisciplinavennerichiestouncertificatodibuonacondottaalmomento delladomandadiarruolamentoesiripristinò,nelgiugno1867,laCompagniadetta“di disciplina”cheraccoglievaqueimilitaricolpevolidireatigravi. I servizi logistici di Kanzler contavano anche su un’ottima linea ferroviaria la quale permetteva una notevole velocità di spostamento delle truppe (tra esse ricordiamo la Roma‐Civitavecchia‐Corneto‐Montalto‐confinedi131Km,laRoma‐Monterotondo‐Orte‐ confine di 57 Km e la Roma‐Velletri‐Frosinone‐Ceprano‐confine di 123 Km) e di una buona rete telegrafica dello Stato che assicurava la rapidità delle comunicazioni. Ma senza la protezione dell’imperatore dei francesi, l’Italia avrebbe ottenuto militarmente benprimalasualegittimacapitale. InveceancheivaritentatividiplomaticidiconciliazionetraStatoeChiesa,effettuatigià dalcapodelgoverno,ilbaroneRicasoli,edaiprimiministricheloavevanosucceduto, eranotuttifallitiacausadell’evidenteostilitàdipapaFerretti,ilquale,sdegnatoperaver perso il territorio delle Legazioni, ma anche per la soppressione di vari conventi in Piemonte,lapienaemancipazionedeinon‐cattolici,l’introduzionedelmatrimoniocivile e la laicizzazione degli istituti scolastici, non intendeva rinunciare al suo potere temporaleenonacconsentìallarichiestadelgovernoitalianodiessereconsultatoperla nomina dei nuovi vescovi, diritto abitualmente esercitato dai governi antecedenti il 1861. Ma oltre alle difficoltà provenienti dall’esterno, lo stesso Parlamento era diviso tra quanti volevano l’annessione di Roma e quanti la sconsigliavano: infatti alcuni statisti piemontesi, come Massimo D’Azeglio, consideravano l’Urbe una fonte di corruzione e subivano la pressione dei cittadini torinesi, i quali non erano intenzionati a vedere un’altracittàdivenirecapitale. Ipiùanimositraidemocraticividerocomesoluzionepersbloccarequestafasedistallo un’iniziativa militare affidata ai volontari di Garibaldi, i quali, senza l’appoggio del parlamentodiTorinoecertichesoloun’azionerapidaedefficaceavrebbeimpeditoai francesi di far venire rinforzi, garantendo così la vittoria, nel 1862 sbarcarono in Calabria e cominciarono a marciare verso nord. Tuttavia, per timore del minacciato intervento di Napoleone III, venne addirittura inviato un esercito regolare a fermare i volontari: fu così che il giorno 29 agosto i figli della stessa Nazione si scontrarono sull’Aspromonte,inunbreveconflittoafuocochevidelasconfittadeigaribaldinie,con lo stesso Garibaldi ferito ad un piede e poi imprigionato. Fortunatamente, una volta rientrata questa minaccia per lo Stato Pontificio, tali avvenimenti non impedirono all’Italia di migliorare parzialmente i rapporti diplomatici con la Francia: infatti il 15 settembre 1864 il primo ministro Marco Minghetti sottoscrisse con l’imperatore un documento che passò alla storia come “Convenzione di settembre”, e che avrebbe assicuratoilritirodellaguarnigionefrancesedistanzainVaticanoentroalcunianni,ein cambio di garanzie italiane sull’integrità territoriale dello Stato retto dal papa. Inoltre questipattiprevedevanolospostamentodellacapitaledaTorinoaFirenzecomeultimo attodelladefinitivarinunciaaRoma. NelleintenzionidellaDestrastoricaquestoattonondovevaesserecheilprimodiuna serie di trattati tra questi tre Stati che avrebbero gradualmente risolto la “questione romana” tramite la ben funzionante macchina della diplomazia. In realtà i rapporti Stato‐Chiesasarebberostatiricucitideltuttosolonel1929grazieaiPattiLateranensi, stipulatitraMussoliniePietroGasparri,segretariodiPioXI,ancheacausadellaseconda spedizione di Garibaldi nel Lazio, avvenuta nel 1867 per liberare l’Urbe che logorò i rapporticonitransalpiniefeceabbandonareanchelapistadiplomatica. Ancora una volta senza l’appoggio del Parlamento venne organizzata una grande spedizionecheprevedevacontemporaneamentel’insurrezionediRomael’ingressonel Lazio da più direzioni di varie colonne di volontari per un totale di ottomila uomini. Nell’UrbevenneinviatoapreparareeadirigereilmotopopolareilmaggioreFrancesco Cucchi, il quale aveva il compito di eliminare ogni resistenza delle truppe pontificie: il piano prevedeva l’armamento di rivoluzionari in diversi punti della città, nonché un attentato alla gendarmeria di Piazza Colonna e la presa di Castel sant’Angelo facendo infiltrare alcuni insorti per mettere fuori uso i cannoni della fortezza. Giunto però il giornodell’insurrezione,indata22ottobre1867,lapoliziavaticanafecefallireilmoto rivoluzionario,venendoasaperetramitedegliinformatorideimovimentideivolontari. Nonostante il fallimento del moto a Roma, Garibaldi diede comunque inizio alla campagna dell’agro Romano, ma dopo sporadici successi, il 3 Novembre si arrivò allo scontro di Mentana che, a causa dell’intervento delle truppe francesi, vide la sconfitta delle camicie rosse. Le spoglie dei coraggiosi garibaldini caduti nella difesa della cittadina che avrebbe aperto la strada alla volta dell’Urbe sono oggi conservati all’ossario del Museo Nazionale della Campagna Garibaldina dell’Agro Romano per la liberazionediRoma”. Illoroobiettivosicompìcomunqueil20settembre1870dallostessoesercitoregio,il qualesfruttòladebolezzadellaFrancia(uscitasconfittadallaguerracontrolaPrussia) per entrare in una Città ormai priva della guarnigione transalpina ed esclusivamente difesa dalle guardie svizzere, che offrirono ben poca resistenza. Finalmente si realizzò ciòcheGaribaldiavevaauspicatoquandonellaConferenzadiGinevradel1867annunciò Urbietorbi«oRomaomorte». Insurrezioneromana,traindifferenzaefalsesperanze Ilpreludioaipreparativiperlaspedizionenelterritoriopontificio,ful’accesointervento di Giuseppe Garibaldi alla Conferenza di Ginevra del 9‐12 Settembre 1867. La conferenzaerastataorganizzatadallaLegadellaPaceedellaLibertàcomeunconsesso pacifico, ma l’intervento di Garibaldi fu in realtà una velata dichiarazione di guerra al pontefice,dichiaratodecadutoinsiemeallareligionecristiana,sostituitadallafedenella scienza e nella ragione. Forte dell’appoggio del colonnello Benedetto Cairoli e del marchese Emilio Pallavicino, Garibaldi si apprestò a preparare la Campagna dell’Agro Romano,prendendosenetuttalaresponsabilità,poichénonavevaalcunafiducianénei mazziniani né tantomeno nel governo Italiano, a suo avviso troppo pigro e debole per prenderel’iniziativa. Il richiamo alle armi per liberare Roma dall’ingerenza papale fu accolta con gioia da molti giovani e meno giovani volontari, che si riversarono da tutta Italia nei punti di arruolamento sorti nel centro Italia e al confine con lo Stato Pontificio. Nel frattempo, alcuni gruppi guidati dal Maggiore Cucchi entravano a Roma per preparare la rivolta interna che avrebbe avuto inizio quando i volontari garibaldini fossero entrati nel territorioPontificio;l’ideaeraattaccaresupiùfronti,perdividereeindebolireletruppe pontificie,ancheseGaribaldiavevaordinatodievitareloscontroaperto. Nello stesso periodo, il primo ministro Urbano Rattazzi da Firenze, capitale del Regno d’Italia, a conoscenza dei preparativi che avvenivano a Roma e dintorni, si decise a inviarenellacittàTemistocleSolera,conl’incaricodisondarelasituazioneestabilirese fossepossibileunaconquistadell’Urbe.GrandefulasuadelusionequandoSolerariferì che Roma non era pronta alla rivolta al punto che il Papa camminava per le vie senza temerenulla.Deluso,Rattazziiniziòunacampagnadirepressionecheportòall’arresto dimoltiribelli,tracuilostessoGaribaldi,chefuesiliatonell’isoladiCaprera,controllata a vista dalla flotta italiana. Nonostante questo primo intervento, il primo ministro non riuscìononvolleevitarel’arrivodinuovivolontari;alleprotestedellaFranciaoppose timidepromessediunpossibileinterventodelgovernoitalianocontroirivoluzionari. Il 29 settembre iniziò l’invasione del territorio della Chiesa, contro la quale i comandi pontifici erano preparati. Per frenare l’avanzata garibaldina si mossero le truppe di Achille Azzanesi, che si scontrarono con successo contro le camicie rosse a Bomarzo. Tuttavia,l’esercitopontificiononpotéevitarel’occupazionediBagnorea,avvenutacon l’ausilio delle truppe italiane, che volevano farne la principale base operativa. Ma le truppepontificie,inunattaccocongiunto,riuscironoafarretrocedereigaribaldiniea recuperareBagnorea.Igaribaldinicombattevanofondamentalmentesoli,perché,come lo stesso Rattazzi poté constatare, il popolo romano era indifferente a quanto stava accadendo:inobilieiborghesisidisinteressavanoallapoliticadiunoStatoitalianodi cui non sentivano di far parte e i contadini, religiosissimi, vedevano nella rivolta un affrontofattoaDionellapersonadelSuovicario. Dopo la disfatta di Bagnorea, il generale Giovanni Acerbi spostò il quartier generale a Torre Alfina e iniziò il reclutamento di nuovi volontari, del resto male equipaggiati e prividicoesioneconl’esercitoregolare.Moltidilorosidiederoperfinoalsaccheggiodi cittadinenonpresidiatedaipontifici,creandomalcontentonellepopolazioni. Il piano di Acerbi, accuratamente preparato, prevedeva l’attacco di Viterbo, città apparentementeprontaallarivoltapoichéstancadell’amministrazionepontificia.Circa duecento congiurati assalirono la truppa papale e aprirono la Porta Fiorentina: ma l’esercitogaribaldinofurespintoenonriuscìnemmenol’incendiodiPortaVeritàtentato dalmaggioreDeFranchis.Iviterbesi,intuttoquesto,restavanotranquilli.Dopoalcune oredicombattimento,Acerbiordinòlaritirata;apreoccupareipontificinoneratanto l’esercito di Acerbi, quanto quello stanziato in Comarca, che avrebbe raggiunto Roma conmoltafacilità.Così,letruppestanziateaViterbofuronoinviatenell’Urbelasciando sguarnita la città; acerbi ne approfittò per occupare Viterbo dichiarando decaduto il dominiopapale,edopoessersiproclamatoprodittatoreistituìunagiuntacomunale. Lasuafututtaviaunavittoriaametàpoichénonerariuscitonéadassottigliareletruppe papali,néadallontanarledaRoma. Intanto, la campagna dell’Agro Romano continuava: gli eserciti garibaldini avanzavano seguitidaquellipontifici.Gliscontrieranodilieveentità,nelrispettodelledisposizioni diGaribaldi,egiungevanoadunnulladifatto:ciòcheigaribaldiniconquistavanoveniva subito sottratto dai pontifici e viceversa. Le camicie rosse si rifornivano di armi e munizioni direttamente dalla guardia nazionale, e ciò comprovava la connivenza del Governoitaliano.DopolasconfittadeigaribaldiniaSubiaco, il13ottobreilvolontario Giovanni Nicotera, nel tentativo di liberare la zona compresa tra Frosinone e Tivoli, attraversando Pontecorvo invadeva con 800 uomini il territorio pontificio sperando in una rapida rivolta del popolo che tuttavia non vi fu. Si trattava infatti di popolazioni fedelissime al papato, che vedevano nei volontari un esercito di briganti, dediti esclusivamenteallerazzie.Il25OttobreNicoterariprendeval’iniziativapuntandosuS. GiovanniperpoioccupareFrosinoneil28ottobre. Nel frattempo Garibaldi era confinato a Caprera, sorvegliato dalle navi italiane. Le notizie che gli giungevano frammentarie, sicuramente non erano delle migliori. Ciò spiegherebbelesuecontinueinsistenzepressoilgovernoitaliano,affinchéuscissedalla passività.Ilgeneraletentòunaprimavoltadievadereil2Ottobre,mailpiroscafosul qualesieraimbarcatofupresoacannonateeGaribaldiriportatoaCaprera.Ilsecondo tentativofupreparatoconmaggiorscrupolo:StefanoCanzio,suofuturogenero,presein affitto la paranzella “San Francesco” e si diresse vero l’isola della Maddalena dove incontrò Garibaldi che aveva passato la notte a casa della signora Collins, prestando molta attenzione a non essere scoperto. Il 18 Ottobre il generale e Canzio si imbarcavano, giungendo a Firenze il 20. Garibaldi venne accolto con dimostrazioni di gioia dalla popolazione fiorentina, cosicché non fu possibile arrestarlo, nonostante la necessità da parte del governo italiano di dimostrare la propria estraneità alla sua liberazione. Rattazzi, per evitare una situazione scomoda, preferì dare le dimissioni e VittorioEmanueleIIscelsedilasciareliberocorsoaglieventi.Nonèdaescluderechele dimissioni di Rattazzi avessero anche lo scopo di creare un vuoto di potere che giustificasseilnoninterventogovernativocontroigaribaldini.EnricoCialdini,incaricato dalrediformareungoverno,s'impegnòaimpedirel'interventofrancese,maquandofu chiarocheNapoleoneIIIsarebbecomunqueintervenutoafavoredelpapato,tentòdifar desistere Garibaldi dal suo obiettivo. Fallito anche questo tentativo, Cialdini rinunciò all'incaricoeilresiaffidòaLuigiFedericoMenabrea,ilquale,perevitarel'arrivodella flottafrancese,sconfessòl'impresagaribaldinapromettendouninterventoarmato. La decisione francese a favore dell’intervento era maturata a seguito alle varie scosse subite dal regime napoleonico. Per recuperare la dignità perduta dopo il crollo dell’impero messicano e la successiva cacciata delle truppe francesi dal suolo statunitense, Napoleone III e l’imperatrice Eugenia, devota sostenitrice del papa, decisero di soccorrere il pontefice e scongiurare la minaccia di una collusione tra le bande garibaldine ed il governo italiano. Nel frattempo Cirillo Menzani, segretario generale al ministero degli interni, stampava un manifesto per l’occupazione di Roma, per dimostrare che il governo italiano accelerava i tempi, precedendo l’intervento francese.Letesipromossenelmanifestopergiustificarelaguerraerano:l’indomabilità dellarivoluzioneelanecessitàdiassicurareilpienoeserciziodelpoterespiritualealla Chiesa.DopolafugadiGaribaldidaCaprera,apparvechiarocomeilgovernononvolesse ononpotessefermareivolontari;perrecuperarel’immagineperduta,Menabreaoccupò alcuni punti al confine con lo stato pontificio. I principali comitati clandestini a Roma erano tre: il Comitato d’Azione, fondato da Mazzini dopo la repressione del ’49, il Comitato Nazionale Romano, un’emanazione del governo di Torino che di fatto mantenne sempre una posizione moderata, la Giunta Insurrezionale Romana, riferimento a Roma del centro d’insurrezione che aveva sede a Firenze, fondato da Garibaldi. Nel 1867 il Comitato d’Azione si univa alla Giunta Insurrezionale, riconoscendo in Garibaldi l’unico possibile capo della rivolta. Fu proprio la Giunta Insurrezionale Romana a ideare la spedizione dei fratelli Cairoli, per tentare la sollevazione di Roma. Da Firenze giungevano pressanti inviti a iniziare un moto che favorissel’azioneGaribaldina;ilprimoproblemadasuperareerailrifornimentodiarmi, possibilesoloattraversoilTevere. Armi giunte da Follonica furono trovate dal governo pontificio e sequestrate il 22 ottobre. Sarebbero certamente servite alla rivolta, poiché un’ora dopo una bomba scoppiavaalcircoloufficialeapiazzaColonnaealle19:10unaminascoppiavasottola casermaSerristoriinBorgo:erailsegnaledellarivolta,cheavrebbedovutorichiamare la maggior parte delle truppe in Vaticano in modo da lasciare il resto della città sguarnito.Autoridell’attentatofuronoilromanoGaetanoTognettieilfermanoGiuseppe Monti. In realtà, la prima esplosione finì per uccidere solamente dei passanti e la banda musicale che si trovava all’interno della caserma, poiché gran parte della truppa si trovava all’esterno. Poiché le armi erano state sequestrate, una cinquantina di uomini guidati da Enrico de Vicenzi assaltarono l’ospedale militare di Santo Spirito per appropriarsi delle armi dei ricoverati. L’assalto avvenne probabilmente con la connivenzadeldirettoredell’ospedale,AlessandroAngelucci.AltriattacchialQuirinale, al Vaticano e a Piazza del Popolo non riuscirono; appariva chiaro che l’azione del comitato romano era già sostanzialmente fallita, non avendo ricevuto l’appoggio del popolo. L’”insurrezione romana”terminòconunfallimentoeil25ottobreilgovernopontificio proclamava lo stadio d’assedio e sollecitava l’intervento francese. Nonostante il lavoro dei comitati preposti all’organizzazione della rivoluzione, la situazione a Roma era più tranquilla di quanto ci si aspettasse. I motivi del mancato coinvolgimento dei romani all’annessione di Roma al Regno d’Italia possono essere spiegati tramite la disorganizzazione degli organi interni alla rivoluzione, il tradimento di molti, la repressione della polizia pontificia, ma le causa primarie del fallimento furono l’indifferenza verso la causa unitaria, la fedeltà del popolo al papato e una sorta di ritrosiaversoilcambiamento.Iromaninonavevanoalcunaintenzionedirinunciareal lorostatusdicittadinidellacapitaledelmondocattolico,perdiventarecittadinidiuno Statopercepitocomepiccoloedebole. LabattagliadiMentana GliscontridiplomaticitraNapoleoneIIIeilgovernoitalianodiMenabrea In seguito alla conquista di Monterotondo del 25 ottobre 1867 da parte delle truppe volontariediGaribaldieall'assortimentodell'artiglieriadapartediqueste,l'Imperatore Napoleone III revocò il provvedimento che sospendeva l'imbarco delle truppe francesi antigaribaldine riunitesi a Tolone. Il giorno 27 ottobre nel quotidiano francese "Moniteur" si dichiarava che il provvedimento non possedeva un carattere aggressivo versol'ItaliaecheinveceperseguivailcomuneinteressedeiPaesiriguardol'ordineela legalità,condannandoinoltreletentateinvasionirivoluzionariecontroRomacomeuna violazionedeldirittopubblicoedeitrattati.Inveritàl'Imperoeraalcorrentedellereali intenzionidelprimoministrodelRegnoD'ItaliaLuigiFedericoMenabrea,ilqualeinun primo momento tentò di impedire l'intervento francese per via diplomatica e successivamente di anticiparlo dando ordine alle truppe italiane di marciare verso lo StatoPontificio.Laposizioneufficialeitalianasipuòevinceredaunacircolarepubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale" nella quale si dichiarava impossibile impedire l'afflusso dei volontari nello Stato pontificio e che nonostante si dimostrasse apprezzamento per le dichiarazionifrancesidicaratterenonostileversol'Italia,ilgovernononsipersuadeva chelecircostanzepresentirichiedesserol'interventodelletruppeimperialisulterritorio della Penisola. Tale intromissione, secondo la diplomazia italiana violava infatti la Convenzione del 15 settembre 1864 che stabiliva che tutti i Principati dovessero provvedere autonomamente alla propria sicurezza. L'ordine del Governo del Re alle trupperegiedivarcareilconfinepontificiononpotevaperciòessereconsideratodalla Francia di carattere ostile ma un semplice ristabilimento della par condicio in vista di nuovinegoziati.Tuttaviaquandoil2novembrearrivòaMenabreal'ordineperentorio della Francia di richiamare le truppe governative dal suolo pontificio egli, date le incalzantiminacceimperiali,siritiròconilsuoesercito. LasubordinazionediMenabreaaNapoleoneIII. Il 1° novembre 1867 il generale Garibaldi emanava da Monterotondo un ordine del giornoin cui riaffermava il suo diritto, in quanto generale romano eletto con suffragio universale, di mantenersi armato nel territorio pontificio e dichiarava inoltre che i volontarinonavrebberodepostolearmifinquandolapatrianonsarebbestatadeltutto unificata. Secondo Garibaldi la ritirata dell'esercito governativo fu il segno di una completadisfattaperlapoliticaitaliana:eglideploravalasceltadiMenabreapoichéla ritenevaunattodisubordinazionedell'Italiaalladittaturafrancesedel2dicembre1851. Sbarco del corpo di spedizione francese di De Failly a Civitavecchia (29 ottobre 1867) Il 29 ottobre iniziava lo sbarco del corpo di spedizione francese sotto il comando del generale conte De Failly il quale, appena messo piede sul territorioitaliano, emanò un proclamachevenneaffissoperleviediRomanelqualeaffermavaleintenzionididifesa del trono pontificio da parte del suo esercito, senza la volontà di interferire con la quotidianità popolare. L'unità militare era composta da 28 bastimenti di cui sette corazzate e costituita da due divisioni: la prima, guidata dal generale Dumont, comprendevaduebrigate,conacaporispettivamenteDePohléseDuplessis;laseconda, anch'essa comprendente due brigate capitanate da Raoul e De Potier, era sotto il comando del generale Bataille. Complessivamente si contavano 22.000 uomini, tutti armatidichassepots,iprimifuciliaretrocaricachesparavano12colpialminuto,ossiail tempochequelliadavancaricadeigaribaldiniimpiegavanoperspararneunosolo;e42 pezzid'artiglieria.PressoTolonesicostituivaancheunaterzadivisionediriserva.Alle 16 del 30 ottobre giungevano alla stazione Termini i primi 1.200 soldati francesi capitanatidalgeneraleDePolhes. Ilproto‐ministrodelleArmiKenzlereletrupperivoluzionariediGaribaldi. Il 1° novembre 1867 il proto‐ministro delle Armi Kenzler presiedeva un consiglio di guerra a Roma, nel corso del quale si decise per un'offensiva immediata ritenendo più opportuno attaccare Garibaldi a Monterotondo ‐ addossato al confine e nelle difficoltà logisticheincuisitrovava‐anzichédarglimodoetempodiripararealleconseguenze moraliematerialidellaritiratadinanziaRomaediricevererinforzi.IntantoGaribaldisi era deciso a riunire le sue forze a Tivoli dove poteva rimanere in attesa di qualche cambiamento favorevole della situazione, in buona posizione difensiva e con una via aperta per l'Abruzzo, sempre comunque a portata dell'Urbe. Il Generale era dunque decisoaresistere. SvolgimentodellaBattaglia Il 2 novembre, dopo aver svolto un sopralluogo a Mentana per studiare la strada da percorrere,GaribaldiemanòunordinedelgiornochestabilivalapartenzaperTivolialle 4.30 del mattino del 3 novembre. Questa venne però ritardata quando il generale, ottenuto un rapporto sui movimenti delle forze franco‐pontificie e non ritenendo dunqueimminenteunattacconemico,consentìalfiglioMenottidiconsegnareuncarico discarpeevestiti,fissandocosìlapartenzaperleore11.30.Questadecisionesirivelò unerrorefataleperletruppegaribaldine,inquantoilritardoreseimpossibilesfuggire all’attacco delle truppe nemiche. Infatti, all’alba del 3 Novembre, i comandanti dei franco‐pontifici si stavano già muovendo contro i garibaldini: 2.000 erano gli uomini sottogliordinidelgeneraleDeCourten,aiqualivannoaggiunticirca5.000soldati,150 cavalli e 10 pezzi d’artiglieria della colonna francese di De Pohlés. Secondo il comandante Kenzler le truppe al seguito di Garibaldi erano circa 9.000, anche se si ritiene più plausibile che fossero circa 5.000‐6.000, considerando che si contano circa 1.000 uomini tra morti e feriti e circa 4.000 volontari fuggiti oltre confine. Comunque sia,lecolonneanti‐garibaldine,partiterispettivamentealle4,00del3,00novembreealle 5 dello stesso giorno, erano dirette verso Monterotondo, uscendo da Porta Pia e marciandosullaviaNomentana.Unacolonnadizuavi,compostada300uomini,deviava inoltre verso la Salaria, per poi dirigersi verso i garibaldini, al fine di non dare loro tempo di capire da dove giungesse l’attacco. Verso le 11 del mattino i franco‐pontifici muovevano verso Mentana. Contemporaneamente Garibaldi ordinava la partenza da Monterotondo, preceduto da un’avanguardia di battaglioni bersaglieri e carabinieri livornesidiMeyer.Fuproprioquestorepartoavanzatoadavereilprimocontattoconil nemico,appenasuperataMentanaalleore12.30del3novembre.Lanotiziadell’attacco si diffuse rapidamente fino a giungere perentoriamente tra le fila dei volontari, dove venne ordinato il ritiro improvviso su Mentana. Nello stesso frangente il secondo battaglione del maggiore Ciotti occupò Vigna Santucci sotto ordine di Garibaldi stesso. Per controbattere le truppe franco‐pontificie schierate sulle alture di Ara Cacamele e dell’Immaginella, il generale ordinò ai battaglioni Missori e Burlando di prendere le collinediS.SalvatoreevillaSantucci,mentrelacolonnaCantonirimanevatraMentanae Monterotondofungendodaretroguardia. Alle14mentreglizuaviattaccavanomonteGaurnierieiCasali,Kenzlercinsel’assedioal colle Santucci che, anche se difeso strenuamente dai volontari, venne conquistato velocemente,cosìcomecolleGuarnieriecolleS.Salvatore. Contemporaneamentel’artiglieriapontificiacolpivaMentanamasenzatroppovigore,a dettadegliassedianti,pernoncolpirelapopolazione. Garibaldi rispose all’attacco chiudendo l’entrata sud del paese con una barricata, ridisponendo i battaglioni nel castello e nel borgo di Mentana e ponendo l’artiglieria sull’alturaSalincerqua,dadovepotevacolpireinemiciprovenientidaest,purcontando solamente 70 cariche. Queste furono però sufficienti a respingere un attacco di De Courten,cheaveval’intenzionediprenderevillaCicconettieifienilidellaRocca.Intanto due compagnie pontificie venivano respinte all’entrata sud di Mentana, grazie alla barricatagaribaldina,mentregliuominidelmaggioreCirlot,conilcompitodichiudere lastradatraMonterotondoeMentana,vennerorespintisanguinosamentedallastrenua resistenza dei volontari che contrattaccarono dalla strada di villa Cicconetti. Un altro attacco alla villa venne portato avanti dal capitano Daudier, ma anche quest’azione si rivelòfallimentare,sempregrazieallaresistenzagaribaldina. FortediquestevittorieGaribaldi,alleore15.30decisedimuovereuncontrattacco:ad essopreseropartepraticamentetutteleforzevolontarie,tranneseibattaglionirimastia difendere la barricata. L’intento era di schiacciare i pontifici verso la “fucileria” del villaggio. Visto il pericolo imminente, Kanzler decise di chiedere aiuto alla colonna francese. Il generale De Pohlés disponeva allora il colonnello Frémont a destra e il tenente colonnello Saussier a sinistra: il primo attaccò il Coventino, il secondo le alture Salincerqua, dove era posta l’artiglieria garibaldina. Intanto, al centro, i pontifici cercavano ancora una volta di prendere villa Cicconetti e i Pagliai, con l’intenzione di spingersi verso lo sbocco Nord di Mentana. Nel frattempo anche il maggiore De Troussures si stava muovendo dalla Salaria per prendere la strada tra Mentana e Monterotondo. Queste consistenti nuove forze nemiche, munite di chassepots e di un’efficaceartiglieria,generarononeigaribaldiniunimprovvisosgomento,chespezzòla linea delle camicie rosse in un caos generale nel quale i volontari ripiegarono disordinatamente verso Monterotondo. I garibaldini dentro Mentana si barricavano invecenelborgo. Aquelpunto,Kenzlerordinòdiattaccareun’altravoltaMentana,sperandodichiudere l’operazione prima dell’arrivo della notte, ma, quando una nuova truppa franco‐ pontificia che tentò di prendere il borgo di Mentana venne respinta dai garibaldini, decisedirimandarel’attacco. Alle17GaribaldieraaMonterotondo,malasituazionegeneralenoneraasuofavore:le truppe volontarie erano in disordinata ritirata verso Monterotondo, le munizioni da cannoneeranofinite,ederanoprossimeafinireanchequelledafucile.InoltreGaribaldi nonpotevapiùsperareinrinforzi.L’opinionegeneraleaquelpuntoeraunaritiratasul passo Corese e, quando questa opzione venne consigliata a Garibaldi dai suoigenerali, eglidiedel’ordinediabbandonarelacittadina. AlleprimeoredelmattinoilcolonnelloFrémontentravaaMonterotondo,raccontando di chiese profanate e cittadini atterriti dalla paura e dalle estorsioni subite. Intanto i garibaldini rimasti a Mentana, dopo aver tentato senza successo una fuga, rinforzarono le barricate. Si accorsero, però, di non poter resistere alle forze franco‐ pontificie che circondavano Mentana, e così inviarono dei parlamentari al quartier generale nemico, posto a villa Santucci. La richiesta, che venne però respinta, era di poter raggiungere, muniti di armi, il passo Corese. I garibaldini vennero invece consideratiprigionierideifrancesienondeipontifici,esarebberoquindistaticondotti al confine, disarmati, anziché a Roma. Così, verso le 15 i volontari presi nel castello vennerocondottialconfine,mentreiprigioniericatturatinelloscontrodelgiornoprima venneroportatiaRoma. EsitodellaBattaglia Non si può affermare con sicurezza il numero dei caduti nella battaglia di Mentana; tuttavia secondo il rapporto di Kanzler si conterebbero 30 morti e 103 feriti tra le truppe franco‐pontificie, 2 morti, un disperso e 36 ferititrai francesi e infine circa un migliaio tra morti e feriti nelle fila di volontari garibaldine. DopoladisfattaaMentanaGaribaldiil4novembrealle7.30siavviavadaCrispichelo attendevaaPassoCorese.DaquiproseguivanofinoaFiglineValdarnodoveilgenerale vennearrestatoperordinedelgoverno. All’albadel5novembreGaribaldivenivafattoproseguireperLaSpezia,fattoscendere all’albergoCrocediMaltaeinfineilgiornosuccessivocondottoalVarignano.Dopovari tentatividapartedelgovernodiconvincereGaribaldiadimbarcarsiperl’Egittoedopo il rifiuto di quest’ultimo, apparve evidente che continuare a contrastare l’opinione pubblicafossesolounrischio,perciòilgeneralevenneinfinescortatoaCaprera.Erail 26novembre1867. Numerose manifestazioni ebbero luogo in tutta Italia: la popolazione provava indignazione verso il governo che veniva accusato di essersi piegato alla “prepotenza” francese. Nel frattempo il 6 novembre le truppe francesi e quelle pontificie entravano a Roma accolte da Kenzler e Dal De Failly. I pontifici e i francesi vennero accolti con festa e entusiasmodapopolochesiaccalcavacuriosoadosservareisoldatieiprigionieri. Conseguenzedellabattaglia ÈimportanteanalizzareilcontraccolpopoliticocheebbeladisfattadiMentanainItalia. Il governo Menabrea dovette andare incontro a numerose interrogazioni parlamentari volteacercarechiarimentisullecausedellasconfittaeinoltredivennerotesiirapporti traFirenzeeParigi.Laconseguenzapoliticapiùrilevantefututtaviailpredominiodella monarchia sul Parlamento: infatti si venne a creare un governo tra i più autoritari di tutto il quindicennio della destra. Ad appoggiare l’operato di Menabrea erano soprattuttocolorochesperavanoinunariconciliazioneconilpapato.Altreconseguenze furono il sequestro di giornali di opposizione, lo scioglimento di gruppi democratici, l’arrestodielementirepubblicani,persecuzionicontroglievangelicieilcleroliberaleeil trasferimentodigiudici. Nel frattempo il presidente della terza Repubblica francese Thiers mostrava il suo disappunto verso una politica che aveva permesso che si formasse uno stato unitario italiano e inveiva contro il governo, che non era stato capace di punire la tracotanza degliitaliani.InoltrevenivadichiaratodalministrodistatoRouherchelacittàdiRoma sarebbe stata occupata dalle truppe francesi che avrebbero assicurato l’onore della Franciaelasicurezzadellacattolicità. All’apertura della Camera il 5 dicembre, in Italia la tensione era molto alta, sia per la fallita invasione dello stato pontificio, sia per il comportamento tenuto da Menabrea e allo scontro di Mentana. In quei giorni venne anche eletto Lanza per la carica di PresidentedellaCamerapersoli44votirispettoaRattazzi.Seguironovaridibattitisulla battaglia di Mentana, nei quali la Destra recriminava in merito al comportamento di Rattazzi,soprattuttoinmeritoallatolleranzaversolebandegaribaldine;dall’altraparte laSinistraattaccòlaFranciaeilgovernoMenabrea,colpevolediaverritiratoletruppe dalconfinepontificioediaverarrestatoGaribaldi.Aquesti attacchilaDestrasidifese sostenendo che il suo intento era quello di non inimicarsi la vicinissima potenza francese. Successivamente divenne chiaro che se da una parte la Destra e la Sinistra erano d’accordo sul fatto che Roma dovesse essere la Capitale del Regno Di’Italia, dall’altranonloeranosullemodalitàattraversolequaliciòsarebbedovutoaccadere:in sostanzalaDestranoncondividevaimezzi,asuoavviso,violenticoniqualilaSinistra voleva perseguire il comune obiettivo. Rattazzi, da parte sua, si difese dalle accuse, spiegandocomel’arrestodiGaribaldieranecessarioperdimostrareallanazionechelo Statononappoggiavasimilimoti,sostenendoinoltrediavervolutooccupareRoma,ma dinonaverlofattopertimorediunaguerraconlaFrancia. Allafinel’ordinedelgiornofavorevolealgovernoebbe199voticontro201.Menabrea presentò le proprie dimissioni, respinte però dal re, il quale fece sì che si creasse il governodominatodallamonarchiadicuisièaccennatoinprecedenza. Un’altra conseguenza della battaglia fu la chiusura sempre più netta dello Stato pontificio verso il resto del mondo: ciò che divenne ancor più chiaro al termine del Concilio Vaticano I (8 dicembre 1869 – 20 ottobre 1870) fu la radicalizzazione dell’identificazionetraChiesaePapa,cheportòasuavoltaadunarivendicazionedelle dottrine del cattolicesimo e ad un consolidamento del potere temporale. Dunque la questione del potere temporale tornò ad essere al centro delle preoccupazioni della Chiesa, ma questo non condusse ad altro che al progressivo isolamento dal mondo contemporaneodelloStatoPontificio. ForselaconseguenzapiùinteressanteèilfattochelabattagliadiMentanapotrebbenon aver segnato solo la sconfitta di Garibaldi, ma anche la fine del garibaldinismo in sé, ossia la chiara impossibilità che la partecipazione volontaria delle masse popolari potesseportarealraggiungimentodelfinecomune:laliberazionediRoma.Infatti,finoa quel momento spesso gli eserciti al confine erano molto aperti verso gli uomini delle bande garibaldine, tanto che quando il governo Menabrea impose all’esercito la repressionediquest’ultime,siriaprìilcontrastotrailgovernoelavolontànazionale,tra esercitoevolontari. Questacrisidelgaribaldinismosipalesò3annidopo,nel1870,quandol’esercitoitaliano ‐ non le forze volontarie ‐ conquistò Roma con una breccia a Porta Pia. Ciò stava a significare che la battaglia di Mentana dimostrava necessario l’intervento dello Stato e delle sue forze e che fosse quindi impensabile la realizzazione della liberazionediRomasolograziealleforzepopolari. Bibliografia • G. Garibaldi, Memorie, Rizzoli, Milano 1982 • L. Cicconetti, Roma o morte gli avvenimenti nello stato pontificio nell’anno 1867, Alfieri, Milano 1934 • G.G Franco, I crociati di S. Pietro, Civiltà Cattolica Ed. Roma 1869‐1870 vol I • F. Guidotti, Mentana, Waterloo di Garibaldi, a cura dell'Assessorato alla cultura e P. I. del Comune di Mentana, 1982 • A. Petacco, O Roma o morte, 1861‐1870: la travagliata conquista dell'unità d'Italia, Mondadori, Roma 2011 • R. Sideri, Mentana, tesi di laurea a. a. 1996‐97