Gallese e Lakoff

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Gallese V, Lakoff G. (2005) “ The Brain's concepts: the role of the
Sensory-motor system in conceptual knowledge”, Cognitive
Neuropsychology, 22(3/4):455-79.
Sintesi liberamente tratta dall’articolo, a cura di Silvia De Isabella
Abstract
Concepts are the elementary units of reason and linguistic meaning. They are
conventional and relatively stable. As such, they must somehow be the result of
neural activity in the brain. The questions are: Where? and How? A common
philosophical position is that all concepts-even concepts about action and
perception-are symbolic and abstract, and therefore must be implemented outside
the brain's sensory-motor system. We will argue against this position using (1)
neuroscientific evidence; (2) results from neural computation; and (3) results about
the nature of concepts from cognitive linguistics. We will propose that the sensorymotor system has the right kind of structure to characterise both sensory-motor and
more abstract concepts. Central to this picture are the neural theory of language
and the theory of cogs, according to which, brain structures in the sensory-motor
regions are exploited to characterise the so-called "abstract" concepts that
constitute the meanings of grammatical constructions and general inference
patterns.
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I concetti sono le unità elementari del ragionamento e del significato del linguaggio,
quindi devono risiedere nel cervello; ma la domanda è: dove? Una posizione
comune è che i concetti debbano essere localizzati fuori dal sistema senso-motorio,
anche quelli relativi al movimento o alla percezione, come ad esempio il concetto
“prendere”. La logica è: posso pensare di prendere, posso parlarne senza
necessariamente farlo o vederlo fare, quindi non devo ingaggiare il sistema sensomotorio; inoltre anche gli animali possiedono un sistema senso-motorio, ma non per
questo possiedono ragionamento e linguaggio. Dimostreremo come entrambi questi
razionali siano scorretti alla luce delle nuove scoperte delle neuroscienze.
Ma innanzitutto è necessaria una premessa fondamentale: immaginare e fare usano
un substrato neurologico condiviso, sia per quanto riguarda immaginare un atto
motorio che immaginare di percepire qualcosa. Questo riscontro evidentemente
mina il razionale tradizionale affermato nel paragrafo precedente. Allo stesso modo,
se è vero che si può ragionare sul “prendere” senza prendere, non è detto che per
far questo non si usi lo stesso sistema senso-motorio, come avviene per
l’immaginazione. L’ipotesi che cercheremo di andare a dimostrare è che lo stesso
substrato neuronale che usiamo per immaginare, lo usiamo anche per
comprendere.
Quando faccio un’affermazione del tipo: “Ho preso un bicchiere”, non posso
comprenderla se non posso immaginare me stesso o qualcun altro che compie
l’azione di prendere il bicchiere. La nostra ipotesi è che capire è immaginare e che
ciò che tu capisci di una frase in un contesto è il significato di quella frase in quel
contesto. L’immaginazione, così come la percezione e l’azione, sono “embodied”,
incarnate, cioè strutturate dall’interazione costante con il mondo, attraverso il corpo
e il cervello. Ne deriva una teoria interazionista del significato. I concetti sono nel
nostro cervello e sono “incarnati”. Il motore principale del nostro essere uomini è lo
“sfruttamento neurale”: l’adattamento dei meccanismi senso-motori cerebrali a
svolgere nuovi ruoli nel ragionamento e nel linguaggio, pur mantenendo la loro
funzione primaria. Lo vedremo in due casi: la metafora e le connessioni.
Come vedremo un circuito cerebrale che attraversa regioni diverse del cervello,
collega “modalità” diverse, infondendo in ogni area cerebrale le proprietà delle
altre. Il sistema senso-motorio è così multimodale, più che modulare. Allo stesso
modo, il linguaggio è multimodale, usa molte modalità contemporaneamente (la
vista, l’udito, il tatto, l’atto motorio e così via); non c’è un singolo modulo per il
linguaggio.
Il concetto “prendere”, trova la via per il suo significato, attraverso la nostra
capacità di immaginarlo, agirlo e percepirlo insieme. Immaginare è una sorta di
simulazione mentale di azione e percezione che utilizza molti degli stessi neuroni.
Ora prendiamo in esame le proprietà strutturali dei concetti e vediamo come il
sistema senso-motorio abbia tutte le proprietà necessarie per definirli.
Come sono i concetti?
Vediamo alcune loro proprietà su cui tutti concordano.
1) Sono universali, nel senso che rappresentano ogni caso particolare. Il
concetto di “palla” non rappresenta una specifica palla, ma identifica tutto ciò
che si contrappone a “non è una palla”.
2) Sono universali anche in una seconda accezione, in quanto applicabili a tutte
le situazioni in generale: “prendere” è applicabile a me che prendo, a un altro
che prende, a me che immagino di prendere.
3) Lo stesso concetto si applica sia al compiere che al percepire un’azione.
4) I concetti sono stabili, costituiscono la parte stabile della nostra conoscenza,
non vanno riscoperti ogni giorno.
5) I concetti hanno una struttura interna: il concetto di “prendere” per esempio
è costituito da una struttura interna che prevede tutte le componenti in
sequenza che permettono la presa (prendere prevede il raggiungere, il
preparere la mano, stabilire un contatto, ecc.).
6) I concetti si possono combinare tra loro per andare a costituirne di più
complessi
7) I concetti danno origine alle inferenze (se prendi una tazza non ce l’avevi
prima, se ce l’hai puoi manipolarla, ecc.).
8) Ci possono essere relazioni elementari tra i concetti, ad esempio uno può
essere un caso particolare di un altro (prendere un foglio è un caso particolare
di prendere).
9) I concetti sono pieni di significato, e il significato li differenzia uno dall’altro.
10)
Il significato delle parole e degli altri elementi linguistici è dato dai
concetti (parole diverse in lingue diverse hanno lo stesso significato perché
esprimono lo stesso concetto).
11)
Esistono concetti astratti e ogni teorizzazione sui concetti deve tenerne
conto.
La trattazione dell’argomento
Prenderemo ad esempio il nostro concetto “prendere”.
1) La struttura dell’informazione: la struttura necessaria per poter avere il
concetto di prendere, a livello neuronale, è già disponibile nel sistema
neuromotorio.
2) Multimodalità: sia i neuroni a specchio che altri tipi di neuroni pre-motori
rispondono a più di una modalità di stimolazione, sia essa sensoriale, che
motoria. Questo pone le basi perché il concetto di un’azione debba andar
bene sia nel percepire che nell’eseguire l’azione.
3) Cluster funzionali: la multimodalità è realizzata attraverso cluster funzionali,
cioè reti neuronali parallele parietali-pre-motorie. Sono unità di alto livello,
come richiesto dai concetti
4) Simulazione: per capire bisogna poter immaginare, immaginare è creare una
simulazione mentale; questo procedimento attiva lo stesso cluster funzionale
dell’azione e della percezione.
5) Parametri: sia le azioni, che le percezioni e le simulazioni, usano dei parametri
(es.: direzione, forza) che possono essere pervasivi a più concetti diversi (ad
es. possono essere uguali per prendere ed afferrare); questo impone al
cervello una struttura gerarchica. Questi parametri costituiscono la struttura
interna del concetto, perché sono uguali sia nell’azione a cui il concetto si
riferisce, che nella sua immaginazione.
6) Le stesse strutture neurali che permettono azione e percezione in contesti
reali e in un tempo reale, permettono deduzioni basate sul contesto nel
ragionamento. Sono le stesse strutture che permettono l’esprimersi
dell’azione, permettono l’esprimersi del ragionamento logico-deduttivo.
Sono queste 6 premesse che ci permettono di formulare una teoria “embodied”
relativamente alla formulazione dei concetti, basata sul sistema senso-motorio.
Partiremo dal prendere in esame il concetto di “prendere” e vedremo poi come lo
stesso ragionamento può essere esteso a tutti gli altri concetti. Le ricerche
neuroscientifiche in merito, sono state parzialemnte effettuate sull’uomo e in parte
sulla scimmia perché abbiamo evidenze sufficienti che supportano un’analogia tra le
aree cerebrali della scimmia e quelle dell’uomo per quanto riguarda gli aspetti di cui
ci andremo ad occupare. Ogni teoria sui concetti deve considerare come i concetti si
formino nella mente e deve portare evidenze scientifiche in favore della sua
formulazione.
Cluster funzionali multimodali e simulazione embodied
Partiamo dal considerare la multimodalità delle azioni, prima ancora di considerare
quella dei concetti. L’azione di “prendere” ha sia una componente motoria, nel
momento in cui svolgiamo l’azione, sia diverse componenti percettive; queste sono
tutte comprese nello stesso sistema senso motorio e non esiste un’area
sopramodale, distinta, che integri la componente motoria con quelle sensoriali, per
questo non possiamo parlare di sopramodalità. Dire invece che un’azione è
multimodale implica dire che l’integrazione tra movimento e percezione avviene a
livello dello stesso sistema sensomotorio. Questo implica superare anche lo stesso
concetto di stretta modularità, a cui la sopramodalità è connessa. Infatti la
sopramodalità prevede che esistano moduli diversi per percezione e azione che in
qualche modo devono essere collegati; la multimodalità nega l’esistenza di moduli
separati. Quindi non ci sono aree associative pure per distinte modalità sensoriali. Le
aree premotorie sono dotate di proprietà sensoriali, così come le aree parietali post
di proprietà motorie. Le aree premotorie e parietali, piuttosto che avere funzioni
separate e indipendenti, sono integrate a livello neuronale per costruire una
rappresentazione integrata dell’azione, con un oggetto agito e con una
localizzazione verso cui l’azione è diretta. Questi circuiti parietali-premotori li
definiamo come cluster funzionali. Un cluster funzionale non è un gruppo di neuroni
collocati nello stesso posto ma una rete neurale che funziona come un’unità. In
particolare il funzionamento multi-modale è stato descritto in 3 reti parallele
parietali-premotorie.
1) Il cluster F4-VIP ha la funzione di trasformare la posizione spaziale di un
oggetto collocato nello spazio peripersonale nel più adatto programma
motorio per interagire con quell’oggetto in quella posizione spaziale,
raggiungendolo o lasciandolo con qualsiasi parte del corpo; per questo cluster
è più importante la posizione dell’oggetto che non le sue proprietà fisiche.
Una lesione a questo cluster crea una difficoltà a interagire con gli oggetti
posti nello spazio peripersonale controlaterale.
2) Il cluster F5ab-AIP contiene neuroni canonici che trasformano le
caratteristiche intrinseche degli oggetti nei programmi manuali motori nei
programmi manuali motori per interagire con essi. Per questo cluster le
proprietà fisiche degli oggetti sono più importanti della loro localizzazione
spaziale.
3) Il cluster F5c-PF è costituito da neuroni specchio che si attivano quando un
soggetto compie o osserva azioni manuali finalizzate a un obiettivo.
Vedremo ora le proprietà fondamentali di questi 3 cluster e il loro funzionamento
in termini di simulazione.
Azione e localizzazione. Il cluster F4-VIP: la simulazione nei neuroni che
lavorano sul rapporto azione-localizzazione
Il linguaggio naturale codifica la localizzazione in cui un’azione deve espletarsi
attraverso i verbi locativi. La relazione semantica tra l’azione e la sua
localizzazione è parte della struttura concettuale. Nel cluster ci sono neuroni che
scaricano quando il soggetto gira la testa verso una data localizzazione nello
spazio peripersonale. Gli stessi neuroni scaricano anche quando un oggetto è
presentato o sentito nella stessa localizzazione. Lo spazio peripersonale è per
definizione uno spazio motorio e la localizzazione dell’oggetto può essere
definita dal suono, dalla collocazione, dal tocco. Ciò che integra tutte queste
possibili modalità sensoriali è la simulazione dell’azione: qualsiasi sia il tipo di
informazione che riceviamo, automaticamente attiva un piano per un’azione
specifica diretta verso quella localizzazione, in un’azione potenziale, simulata.
Azioni, pazienti e scopo. Il cluster F5ab-AIP: la simulazione nei neuroni canonici.
Nell’area F5 ci sono neuroni motori che scaricano solo nell’azione motoria reale,
ogni volta che il soggetto compie movimenti con la mano o con la bocca diretti
verso l’oggetto. Ciò che è determinante in questo caso non sono le
caratteristiche del movimento in quanto tale, ma proprio solo lo scopo che il
movimento si prefigge. Per ogni scopo specifico ci sono diversi sub-cluster.
1) Sub-cluster di scopo generale: indica l’obiettivo generale dell’azione, non il
modo, né la parte del corpo usata.
2) Sub-cluster del modo: si attiva in relazione ai diversi modi in cui un’azione può
essere eseguita.
3) Sub-cluster della fase: i neuroni scaricano in relazione alla fase temporale
dell’azione, in cui questa può essere segmentata.
Il cluster 1) non può evidentemente funzionare da solo in un’azione (un’azione
reale deve essere sempre eseguita in un modo e in un tempo), ma almeno in
linea di principio è possibile che nel processo di simulazione invece si attivi da
solo: cioè è possibile che noi si sia capace di simulare mentalmente qualcosa che
non sappiamo fare, un’azione generale in relazione allo scopo, senza saperne
attivare la modalità specifica. Questo è importante per i concetti: noi possiamo
concettualizzare un’azione senza sapere il modo specifico per eseguirla.
Ma nell’area 5 ci sono anche neuroni canonici, che non si attivano solo
nell’esecuzione dell’azione, ma anche nel vedere l’oggetto corrispondente,
quello su cui quell’azione potrebbe espletarsi: anche in questo caso esistono subcluster analoghi a quelli esaminati in precedenza. La simulazione potrebbe essere
il meccanismo per spiegare proprio il funzionamento dei neuroni canonici.
Esistono forti evidenze scientifiche che supportano questa possibilità.
Osservare il comportamento degli altri. Cluster F5c-PF: la simulazione nei
neuroni specchio.
In questo cluster ci sono neuroni che si attivano sia quando il soggetto esegue
un’azione con uno scopo, sia quando il soggetto osserva un’azione simile
eseguita da un altro individuo. I neuroni specchio, a differenza dei canonici, non
si attivano alla sola presentazione dell’oggetto, né quando l’azione è eseguita
attraverso l’uso di uno strumento (forbici, pinze). Alcuni di questi neuroni si
attivano solo per azioni strettamente congruenti, altri anche in modo meno
rigidamente specifico (ad esempio qualsiasi sia il tipo di presa usato, rispetto ad
un tipo di presa specifico). Ancora, l’attivazione di alcuni neuroni è legata in
modo specifico alla fase dell’azione. Anche in questo caso possiamo invocare una
spiegazione in termine di simulazione: quando un soggetto (una scimmia in
questi esperimenti) osserva un altro individuo compiere un’azione, la sta
simulando e nel far questo utilizza lo stesso substrato neurale. A sostegno della
teoria sulla simulazione stanno anche gli esperimenti in cui si è potuta osservare
l’attivazione degli stessi cluster quando il soggetto non vede tutto lo svolgersi
dell’azione, ma la fase finale di raggiungimento dell’obiettivo è nascosta: quindi il
soggetto può “ricostruire” l’obiettivo dell’azione anche se non lo vede, come se
stesse simulando quell’azione. Lo stesso avviene, e se ne possono trarre le
medesime conclusioni, se di quell’azione se ne fa solo ascoltare il suono.
Evidenze della simulazione embodied negli uomini
Tutti gli studi precedenti sono stati fatti sulle scimmie, ma ci sono correlazioni
significative a dimostrare che lo stesso avvenga nell’uomo. Recenti esperimenti
di imaging cerebrale confermano la presenza nell’uomo di un cluster analogo a
quello F4-VIP della scimmia con neuroni che si attivano quando il soggetto vede o
sente qualcosa nello spazio peripersonale, collocati nell’area premotoria, quella
cioè che dovrebbe controllare i movimenti all’interno dello spazio peripersonale.
Inoltre in numerosi altri esperimenti di imaging cerebrale si è visto come la
corteccia ventrale si attivi sia in azioni concrete che nell’osservazione che nella
denominazione silenziosa che nell’ immaginazione. Allo stesso modo
numerosissimi studi hanno confermato la presenza anche nell’uomo del sistema
dei neuroni specchio. In particolare, durante l’osservazione delle azioni, c’è una
forte attivazione delle aree premotorie e parietali, analogamente a quanto
riscontrato nella scimmia.
L’immagine mentale: la simulazione incarnata
Tutti noi siamo capaci di immaginare cose che abbiamo o non abbiamo mai visto
prima e di immaginarci di fare cose che non abbiamo mai fatto prima. La nostra
immaginazione è infinita. Abbiamo sempre pensato che questo fosse un
ragionamento astratto, lontano dalla percezione reale delle cose, invece anche in
questo caso si è visto che questa operazione mentale non è disincarnata. Infatti
alcune aree del cervello usate nella visione, sono le stesse utilizzate
nell’immaginazione visiva; questo coinvolge anche le aree della corteccia visiva
primaria, come ben evidenziato dagli studi di brain imaging. La stessa identica
cosa avviene per le immagini motorie. Addirittura quando ci è richiesto di
immaginare un esercizio fisico, alcuni parametri corporei si modificano come se
lo stessimo effettivamente svolgendo. Una nota a latere ma significativa è
l’osservazione che nel linguaggio naturale noi usiamo gli stessi verbi per riferirci
ad azioni compiute, viste o sentite: anche i verbi sembrano esattamente
esprimere la multimodalità dei concetti, di cui abbiamo appena visto i riscontri
scientifici.
I parametri
Un gatto ha 3 tipi di passo – cammino, trotto, galoppo – ognuno dei quali
richiede l’attivazione di uno specifico pattern motorio, ma la cosa significativa è
che tutti sono attuati dallo stesso cluster motorio che controlla il tipo di passo in
relazione alla frequenza di scarica con cui i suoi neuroni si attivano. La frequenza
è un parametro neurale che può assumere valori diversi in relazione alle
necessità. I parametri possono essere visti come caratteristiche di “alto livello”,
mentre la relazione tipo di circuito-tipo di passo, può essere considerata come
un’organizzazione di livello più basso. Data la possibilità di un livello organizzativo
più alto, il più basso diventa parte di una routine incapsulata, peraltro “invisibile”
al livello più basso ???, quindi la parametrizzazione introduce un’organizzazione
di tipo gerarchico. La parametrizzazione peraltro è una caratteristica pervasiva di
tutto il sistema cerebrale. Ad esempio l’entità della forza sviluppata è un
parametro per ogni tipo di compito motorio e mi è dato dal livello di attivazione
di alcuni cluster di motoneuroni o dal n° di motoneuroni attivi. Un altro
parametro è la direzione del movimento, in cui gruppi di neuroni possono essere
deputati al controllo del movimento in una data direzione, oppure la direzione è
data da una “somma vettoriale” data dall’attivazione di un certo numero di
vettori. In ogni caso c’è un parametro “direzione” e un meccanismo neurale
preposto al suo controllo.
Il legame parametri-simulazione
La scelta del valore dei parametri (entità della forza, direzione,…), determina il
tipo di programma motorio che ne scaturisce, nell’uomo così come nel gatto. Allo
stesso modo i parametri determinano la simulazione. Ma c’è una differenza
importante tra la struttura dei parametri da una parte e le azioni/simulazioni che
loro controllano dall’altra parte. Sia l’azione che la sua simulazione sono
dinamiche e adattate al contesto, mentre i parametri sono fissi. Ovunque tu ti
muova intensità di forza, direzione, sono sempre gli stessi parametri determinati
neurologicamente. Ma è la situazione in cui sei a determinare in ultima analisi il
valore dei parametri stessi; lo stesso accade con la simulazione.
L’accessibilità dei parametri – i parametri e i loro valori impongono una struttura
gerarchica al cervello in questo senso: una volta che è stato scelto un valore per
un certo parametro, partono meccanismi neurali automatici di livello più basso.
Parametri e loro valori accedono al livello della consapevolezza, infatti ognuno di
noi sa ad esempio quanta forza deve/vuole dare, ma non i meccanismi neurali
sottostanti: qualsiasi dato sotto il livello dei parametri non è accessibile né alla
coscienza, né al linguaggio.
Proprietà cruciali dei parametri – 1) i parametri di cui abbiamo discusso fanno
parte del sistema senso-motorio 2) sono determinati dai meccanismi necessari
per agire, percepire, immaginare 3) sono multimodali 4) sono fissi 5) sono
accessibili alla coscienza e al linguaggio.
Per procedere con il nostro ragionamento dobbiamo considerare altre 2
osservazioni, una delle neuroscienze, sui concetti relativi ai colori, l’altra delle
scienze cognitive, sulle categorie di base.
Ciò che c’è non è ciò che sembra
E’ uno shock pensarlo, ma il mondo non è esattamente come noi lo
sperimentiamo. Prendiamo l’esempio dei colori: non ci sono colori nel mondo,
glim oggetti riflettono onde elettromagnetiche, ma il colore non è l’onda
elettromagnetica. Il colore è il prodotto di 4 fattori, di cui due esterni a noi e 2
interni: la riflessione delle onde elettromagnetiche, le condizioni di luce, i coni, le
reti neurali. Non ci sono colori senza i due fattori interni, senza di noi. Ma noi
facciamo esperienza e conosciamo il mondo come se fosse intrinsecamente
colorato. Quella conoscenza è creata dal nostro corpo, ciò che conosciamo non è
necessariamente vero. Il colore non è la rappresentazione accurata di un dato di
realtà oggettivo ma l’interazione tra corpo e cervello da una parte e le condizioni
esterne dall’altra. Questo modifica anche la nostra comprensione di che cosa
sono i concetti. Un concetto come quello relativo ad un colore (ad esempio il
rosso) è frutto dell’interazione tra il nostro corpo, il cervello e il mondo e ha una
struttura interna legata all’interazione tra i circuiti neuronali. Questo non è vero
solo per i colori ma è il modo in cui i concetti lavorano in generale.
Concettualizziamo il mondo sulla base dell’esperienza che ne facciamo. Ma
poiché la nostra esperienza è una funzione del nostro corpo, allora anche i
concetti appartengono alla nostra natura fisica.
Perché porre questa questione – E’ uno shovck pensare che le neuroscienze ci
chiedano di rivedere tutto il nostro tradizionale modo di pensare e cioè che i
concetti non siano più una rappresentazione interna abbastanza precisa della
realtà esterna, ma che senza il nostro corpo quella stessa realtà esterna non sia
più la stessa!
Le categorie di base
La teoria classica sulla categorizzazione ha sempre affermato che le categorie
sono strutturate in modo gerarchico – dal basso all’alto – e che quelle nel mezzo
non avessero alcun significato particolare. Ma se assumiamo la categoria veicolo
– macchina – macchina sportiva ci rendiamo conto che mentre per i 2 estremi
non possiamo avere un’immagine mentale, è proprio la categoria centrale quella
determinante, perché di “macchina” posso crearmi l’immagine e avere un
programma motorio per interagire con essa. E’ il livello con cui l’interazione con il
corpo è ottimale (è anche quello delle parole più usate …); è a questo livello che
la categorizzazione è “embodied”; senza di noi, senza l’esperienza del guidare,
ciò che chiamiamo macchina non sarebbe una categoria. Qualsiasi teoria si voglia
formulare sui concetti non può più prescindere da queste osservazioni.
Una teoria dei concetti “embodied”
Possiamo ora dimostrare come tutto quanto detto finora ci permetta ci permetta
di caratterizzare in termini neurali non solo l’azione, ma anche i concetti di
azione. Prendiamo come esempio “prendere”. La teoria classica sostiene che il
concetto del prendere non è incarnato, ma simbolico, mentre l’azione che il
concetto designa è sicuramente “embodied” e che se si cerca di “incarnare” il
concetto è solo perché lo si confonde con la sua azione. Argomenteremo che
parametri e simulazioni possono fare benissimo il lavoro che devono fare i
concetti e che la visione tradizionale mal si accorda con le neuroscienze.
Che cos’è un concetto “incarnato”?
Il lavoro svolto da ciò che abbiamo sempre voluto chiamare concetti, può essere
fatto da schemi caratterizzati da parametri e dai loro valori. Da un punto di vista
neurale uno schema consiste in una rete di cluster funzionali. La rete che
costituisce uno schema contiene:
- Un cluster per ogni parametro, un cluster che caratterizza quel parametro
- Un cluster per ogni valore del parametro, o range di valori
- Un cluster di controllo la cui attivazione è collegata all’attivazione dei 2
precedenti.
Abbiamo esitato a sovrapporre gli schemi ai concetti, solo perché i concetti sono
sempre stati pensati come un riflesso o una rappresentazione diretta della realtà. Gli
schemi invece sono interattivi, dipendono dalla natura del nostro corpo, del nostro
cervello, dalla nostra interazione con il mondo. Essi non sono né puramente interni,
né pure rappresentazioni della realtà esterna. Per ora assumiamo che gli schemi
corrispondano ai concetti e approfondiremo l’idea parlando di astrazione.
L’esempio del prendere – Ecco come lo schema del prendere potrebbe apparire nella
nostra teoria.
1) Parametri relativi ai ruoli: agente – oggetto – localizzazione dell’oggetto –
azione stessa.
2) Parametri relativi alla fase: condizione iniziale, fase di start, ecc.
3) Parametri inerenti il modo
4) Valori dei parametri
L’agente è l’individuo che compie l’azione. ‘oggetto è un’entità fisica con dei
parametri propri (forma, peso, densità, fragilità, ecc.). Le condizioni iniziali ci danno
la posizione dell’oggetto all’interno dello spazio peripersonale. La fase di partenza
consta del dirigersi verso l’oggetto, con una certa direzione, aprendo l’organo
effettore. La fase centrale comprende la chiusura dell’organo effettore con una
certa forza in funzione della massa e della fragilità dell’oggetto. Così procedendo
fino al termine dell’azione. E’ un esempio di come lo schema è strutturato in termini
di parametri neurali.
Una nota sugli schemi – Tradizionalmente i concetti sono stati considerati come un
insieme di condizioni necessarie e sufficienti per operare in un sistema logico. Anche
lo schema di movimento di cui sopra è costituito da una serie di condizioni
necessarie e sufficienti, ma ci sono differenze cruciali. L’attivazione di un cluster
funzionale non è un fenomeno tutto o nulla, ma sono possibili livelli di attivazione
diversi. Questa possibile gradazione non fa parte del concetto tradizionale di
condizione necessaria e sufficiente. In secondo luogo lo schema prevede possibili
variazioni (certe fasi possono essere tralasciate); inoltre sono possibili estensioni
dello schema: vedremo in seguito la possibilità della metafora; infine gli schemi si
possono combinare tra loro e operare in modo dinamico nel contesto attraverso
un’ottimizzazione neurale. Se ad esempio volessimo prendere una palla per lanciarla
e al contatto ci accorgessimo che è di ferro e scivolosa, lo schema dovrebbe
adattarsi nel miglior modo possibile a questa nuova circostanza. Gli schemi non sono
condizioni logiche. Questa teoria usa i meccanismi del modello computazionale
neurale della Teoria Neurale del Linguaggio. Dal punto di vista del connessionismo è
una conseguenza della struttura a rete del cervello e della sua organizzaizone in
termini di cluster funzionali.
Ciò che abbiamo mostrato
Abbiamo mostrato come il sistema senso-motorio possa caratterizzare un concetto
senso-motorio, non solo un’azione o una percezione, ma un concetto con tutte le
sue caratteristiche; ci sembra una buona replica a chi ha sempre considerato i
concetti come simbolici, disincarnati. Ma ancora più di questo: la comprensione dei
concetti concreti richiede la simulazione senso-motoria; ma la simulazione sensomotoria, come le neuroscienze hanno ben dimostrato, richiede l’attivazione del
sistema senso-motorio. Ciò vuol dire che il sistema senso-motorio è indispensabile
almeno per quanto riguarda la comprensione dei concetti concreti. Se così non fosse
dovrebbero esserci altre strutture neurali deputate ai concetti, fuori dal sistema
senso-motorio, ma noi sappiamo da tutte le evidenze precedentemente citate che
esse sono dentro il sistema senso-motorio.
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