Street museum Sticker: c`era una volta

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. Street museum
Sticker: c’era una volta .
NOVEMBRE
BLOG MINIATURES
VERGOGNA!
N
on è un numero speciale, anche se alla
fine mi sento come se lo fosse. E non dico
nemmeno che ogni numero lo è, perché non
sarebbe vero. Però di sicuro ogni submag ha
una sua storia, fatta spesso di salti mortali che
tutti quelli che ci “lavorano” dietro fanno ogni
mese per portare a termine l’impegno preso e
non retribuito. Ecco, la cosa che mi fa più rabbia è che nel nostro piccolo noi lo facciamo,
manteniamo l’impegno, mentre a grandi livelli c’è chi - molto poco elegantemente -, se ne
sbatte altamente. Un esempio? I manager della General Motors, la casa delle case, il buco
nero dell’economia americana che ben presto,
pare, tonferà, se non altro per tutti quei lavoratori che rimarranno a casa o per quei fornitori che non verranno mai pagati o malpagati
con enorme ritardo. Ha destato inquietudine
(per non dire che giustamente gli americani
erano neri di rabbia) la notizia che i manager
del colosso automobilistico si sono presentati al meeting con il governo in jet privato.
Sono andati a chiedere i soldi per salvarsi su
un aereo da qualche milione di dollari. Si, direte voi, tanto ormai ce l’avevano nell’hangar,
e poi spostarsi in gruppo, forse conviene...non
ne sto facendo una questione di convenienza,
io non dirigo un giornale economico, ma uno
di comunicazione, di immagine; e l’immagine
che questi cialtroni hanno dato è pessima, un
vero boomerang. Il messaggio che è arriva-
to a tutti, forse solo a molti ma comunque io
sono tra quei molti, è che se ne fregano. Del
resto, così hanno fatto tanti altri nostrani in
questi ultimi mesi (vedi qualche buona uscita milionaria da aziende fallimentari). E noi
ce ne stiamo qua, tutti presi dai nostri piccoli, grandi problemi, che non ci lasciano spazio per niente più di un gridolino “vergogna”.
La crisi c’è, è arrivata, mi verrebbe quasi da
dire finalmente perché li voglio tutti vedere
scendere dai loro troni, questi re gozzovigliosi
e goderecci. So che alla fine chi rimarrà fregato
invece non saranno loro, purtroppo, e dunque
evito il “finalmente”, ma ricalco il “vergogna”.
Quello che mi auguro è infatti che prima o poi
la ruggine intacchi anche il ferro delle loro lussuose automobili. Di quelle su cui siedono, non
che vendono, che chissà, magari dopo fanno
un piccolo gesto di solidarietà e si comprano
una modesta auto un pò meno pappona di
quelle di cui costringono poi noi ad accontentarci per lasciare a loro gli agi di cui godono.
Proprio a queste auto che vendono invece non posso che augurare una comunicazione, in futuro, migliore di quella data
dalle gesta dei loro produttori. Sempre più
guerriglia, se possibile, che (perdonatemi,
amici guerriglieri) costa anche meno. E oggi
come oggi non è mica più tanto un optional ma un vero e proprio accessorio di serie.
Francesco Rossi
Direttore (IR)Responsabile
[email protected]
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.5 Street museum
.8 Exhaust
events
è possibile evitare
.13 Auto:
la crisi?
tutto
.16 Aguerriglia
.21 Fragilecontinuo
.23 C’era una volta
lo sticker
SUBVERTISING
Anno II, numero 13 del 10 dicembre 2008
Direttore Responsabile: Francesco Rossi ([email protected])
Comunicati stampa, informazioni o altre richieste:
[email protected]
Pubblicità:
Barbara Zanardi ([email protected])
Grafica e impaginazione: Frameart.it
Edizioni Cnet Web
Mensile iscritto presso il Tribunale di Bologna, numero 7803 del 16/10/2007
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D
a un lato il nostro caro presidente del consiglio
che vorrebbe cancellare, a suon di decreto-legge, tutti i “graffitari” e le loro opere
che “sporcano” una
nazione tipicamente
“pulita”. Dall’altro, l’incontenibile Sgarbi, che
per ogni tipo di pittura
ha da sempre avuto un
debole, il quale difende
a spada tratta quest’arte urbana (purché riservata ai palazzi costruiti
dopo il 1960 – sgradevoli
a vedersi).
È fuori discussione che bisogna fare una netta
distinzione tra Street Art (propriamente detta,
e quindi Arte con la “A” maiuscola) e vandalismo (scarabocchi di dubbio gusto, con i quali
si mandano messaggi d’amore o sfottò tra tifoserie calcistiche). Combattiamo il vandalismo,
ma promuoviamo e valorizziamo la Street Art
(perché, anche se on the road, resta sempre
Arte), come avviene nel resto d’Europa. Esistono esponenti di spicco internazionale che
fanno della Street Art il loro punto di forza: basterebbe nominare il mito di questa corrente,
Bansky, per capire quanto valore abbia tale
espressione artistica. E come non citare l’origine di Basquiat o Keith Haring.
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Ogni esponente di
un qualunque movimento artistico ha da sempre avuto la possibilità di veder custodite le
proprie opere (quelle più rilevanti, si capisce)
all’interno di un museo, pronto ad accogliere
migliaia di ammiratori, curiosi, studiosi, cultori
dell’arte. È sorta quindi una domanda (legittima, crediamo): è giusto che la Street Art, in
quanto arte, non possa essere censita e inserita all’interno di un museo? È chiaro che le
opere di Street Art sono difficili da far entrare
all’interno di quattro mura, ma ci sarebbe la
possibilità di creare un museo “ad hoc” che
contenga tutta la Street Art.
Questa sembra essere stata la logica del ragionamento alla base di un’azione di street
marketing per Tim Tribù. Una mattina di ottobre Milano e Roma sono diventate musei a
la città comincia
ad uscire all’apertoe si accorge che
vicino casa loro,
accanto alla porta
dell’ufficio, all’uscita
della scuola dei figli,
c’è un opera d’arte (in
realtà c’è sempre stata, ma nessuno se n’era
mai accorto…è bastata
una cornice color oro per
far risaltare il tutto).
cielo aperto. Nella notte sono
state incorniciate le opere “stradali” più rappresentative, applicando persino la targhetta dove solitamente viene impresso il nome
dell’opera, l’autore e la tecnica utilizzata.
Il sole sorge, le sveglie suonano,
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C’è chi ha sostenuto che l’applicazione della cornice po- tesse porre
un confine alla Street Art – che per natura non
ne ha. Gli autori, il team NinjaLab di Ninjamarketing, dichiarano che nessuno ha mai voluto
delimitare il
raggio d’azione di
questa forma d’arte,
e che le cornici sono
state solo uno strumento per comunicare l’avvento di
questo museo sui
generis, lo Street
Museumm, che ha
avuto una buona
risonanza. E che
piaccia o no, è
sempre arte, ed è
sempre guerriglia.
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C
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orreva l’anno 1997 ed il governo Prodi
varava i primi incentivi statali alla rottamazione delle auto, assicurando soprattutto
un record di immatricolazioni, le ultime analisi
dell’anno passato guardavano con fiducia al
mercato 2008. Noi che il 2008 l’abbiamo visto
alla Fiat le condizioni migliori per una ripresa
che ha accompagnato il mercato per undici
anni. Con una media di 2,35 milioni di auto
vendute ogni anno e con un 2007 che segnava
crollare miseramente e retrocedere paurosamente nella classifica degli “anni buoni”, sappiamo che non è così. Accanto ai principali
player del mercato, le case automobilistiche,
scopriamo un tessuto produttivo che si estende fino alla piccola e media impresa e che
rappresenta un settore di ricerca importantissimo per la soddisfazione del cliente. Grandi
e piccoli produttori, istituzioni e consumatori
come da tradizione si danno appuntamento
agli eventi e alle fiere di settore: eventi per farsi vedere, conoscere, per catalizzare su di sé
l’attenzione. Eventi in cui molto spesso non
basta più esserci, come fanno tutti, ma essere
attivi: da qui, la richiesta di molti espositori di
“animare” il loro spazio o l’intero evento con
attività che probabilmente non sono definibili
guerriglia marketing ma che molto gli strizzano
l’occhio. Ecco una
rassegna degli incontri più significativi
di ogni anno, in cui
forse qualche creativo volenteroso vorrà
condensare la propria
passione per i motori
con il proprio lavoro .
Innanzitutto il Motor
Show di Bologna, Salone Internazionale
dell’Automobile, che sicuramente è il più noto
anche se a detta di molti da qualche anno è
in lento declino; una discesa forse non quantitativa ma qualitativa, concentrata sul target
dei frequentatori, non più interessati principal-
mente alle automobili quanto al carrozzone di
divertimenti che le ragazze, i vip, le radio ed i
dj mettono in scena ogni anno, arrivando qua-
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si a nascondere che di auto stiamo parlando.
Comunque, i numeri ci sono ancora: oltre 1
milione di visitatori, quasi 350 espositori, 140
mila metri quadri di superficie espositiva e
quasi 100 mila di gara. Dall’anno scorso l’ente organizzatore Promotor è passato sotto
il controllo del gruppo
francese GL Events,
capace di investire 17 milioni di euro
tra organizzazione e
comunicazione
per
un’edizione sotto la
bandiera “dell’ecologia e dell’innovazione” come lascia intendere anche il progetto
Innovation Cube alla
ricerca di un rapporto compatibile tra mobilità
ed ambiente, sviluppato congiuntamente da
Promotor e H2 Roma.
Per gli appassionati dell’auto
sportiva l’appuntamento più atteso è forse il My Special Car
Show, il Salone dell’Auto Speciale e Sportiva che si tiene in
marzo a Rimini, dove è possibile assistere alle evoluzioni delle
versioni più competitive delle
auto attualmente in circolazione.
La customizzazione è la principale attrattiva di una manifestazione giunta alla sesta edizione e capace di
attrarre quasi 100 mila visitatori sui 13 mila
metri quadri dei padiglioni fieristici: altissima
la percentuale di visitatori che investono cifre
significative sulla personalizzazione della propria auto. Un evento tutto sommato piccolo,
ma in netta crescita, segno che dovrebbe far
riflettere sull’interesse del pubblico in merito
all’aftermarket.
Sempre di exhaust si parla all’Auto Expo di
Padova, evento ancora più piccolo ma non
per questo meno interessante, dove dopo
sette anni di attività, 25 mila visitatori affollano i 60 mila metri quadri dei padiglioni del
polo fieristico padovano nonostante una riduzione da tre e a due giorni di esposizione,
nel mese di gennaio. Caratteristico il fatto
che tra gli espositori professionisti si mischiano i privati, che arrivano portando le proprie
automobili modificate e passano il tempo a
lucidarle per la gioia e l’invidia di chi visita
la manifestazione.
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Ma è forse la Mille Miglia l’evento motoristico più prestigioso. Con le sue 81 edizioni alle
spalle, la “corsa più bella del mondo” non è
più una gara di velocità da molti anni e tuttavia
ha saputo mantenere un profilo istituzionale e
al contempo popolare. Un sapore d’altri tempi forse, che non sempre attira i giovanissimi
ma che tra sponsor dell’evento, attività e manifestazioni a latorappresenta tuttora (o per
meglio dire “ora come non mai”) un’occasione di marketing irrinunciabile per parecchie
case automobilistiche, oltre che un marchio
del Made in Italy da esportare oltreoceano;
c’è perfino una community appena nata a cui
i fortunati possessori di un’auto d’epoca possono partecipare.
E’ dunque indubbio che le quattro ruote godano di una serie di eventi promozionali
variegati e interessanti, eventi che sicuramente devono fronteggiare anch’essi la crisi, i tagli di budget e i grandi assenti. Chissà che a qualcuno non venga una bella idea
per arginare tutto questo, perderli sarebbe
proprio un peccato.
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Auto:
è possibile evitare la crisi?
Di Mark74 (banche.blogspot.com)
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Auto:
è possibile evitare la crisi?
Di Mark74 (banche.blogspot.com)
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onostante l’invasione di spot e billboard
a tema quattro ruote, la quantità di advertising proposta non nasconde che il settore auto sia fortemente in difficoltà, soprattutto
negli USA, con General Motors che rischia la
bancarotta e Ford e Chrysler che non stanno
molto meglio. Alcuni analisti danno la colpa di
GMC, Holden, Hummer, Opel, Pontiac, Saab,
Saturn e Vauxhall), tra i quali vi sono relativamente pochi trasferimenti di tecnologie rispetto alle possibilità.
Un’ottica forse influenzata dall’incapacità di
proporre sul mercato americano prodotti che
non rientrassero nei canoni della mentalità
degli automobilisti USA, realizzando
quindi vetture di grosse dimensioni e
di grossa cilindrata però invendibili in
Europa e in Asia. Rimanendo un po’
spiazzate quando i consumatori americani hanno dimostrato di ben accettare
le giapponesi di gusto più “europeo”.
Elementi a cui si aggiunge il fatto che
moltissimi acquistano l’auto sfruttando
prestiti o finanziamenti, che chiaramente in questo periodo sono diventati
più difficili - e ancor più sono percepiti
come tali.
questa crisi alla differenza di costi che le case
americane sopportano per la produzione in
USA, a cominciare dai costi di personale. Le
tre di Detroit hanno costi medi lordi del personale intorno ai 72 dollari l’ora, contro i 47 e
qualcosa di Toyota.
Si tratta però di una spiegazione a mio parere semplicistica: ci sono infatti degli errori
strategici di queste case automobilistiche, primo tra tutte il non aver sfruttato appieno le
possibilità di economie di scala che potevano
avere. Tanto per riflettere, General Motors è
sul mercato con ben 12 marchi diversi (per
i curiosi: Buick, Cadillac, Chevrolet, Daewoo,
Val la pena poi notare che il concorrente preso come confronto, Toyota, non è certo l’ultimo arrivato: è proprio a Toyota che si devono
molte delle innovazioni in termini di qualità ed
efficienza (la lean production per citarne una)
dell’industria moderna.
Errori che costano caro in un mercato, come
quello automobilistico, che per quanto si cerchi spesso di chiudere gli occhi non è più in
espansione. Un po’ di anni fa la domanda
era sostenuta in quanto tutti i nuclei familiari si stavano dotando di un’auto. Poi è stata
sostenuta dal fatto che ci si stava dotando di
una seconda auto (perché anche la moglie
Auto:
è possibile evitare la crisi?
Di Mark74 (banche.blogspot.com)
iniziava a sentirne il bisogno), e poi lentamente in molti casi anche di una terza auto, utilizzata dai figli. E’ chiaro che però a questo
punto è difficile immaginare che il mercato
continui ancora ad ampliarsi, e sono sempre
questi colossi, e come (c’è da aspettarselo)
queste reazioni si vedano anche attraverso la
comunicazione pubblicitaria che metteranno
in campo.
fonte: Elaborazioni InterAutoNews su dati Nielsen Media Research
meno probabili nuove vendite (cioè acquisto
di un’auto da parte di chi non l’aveva), diventando quindi un mercato basato sulle sostituzioni. Nulla di nuovo, in realtà, dato che sono
cose che si sanno da anni, ma che non tutti
hanno saputo cogliere a dovere, forse abbagliati da un paio di anni di risultati di vendita
positivi.
Resta da capire ora, al di là delle analisi teoriche, quali saranno le reazioni in pratica di
* dati provvisori
Elaborazioni UNRAE su dati ACI e Ministero dei Trasporti
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A tutto
guerriglia
il marketing non
convenzionale
per le automobili
Il pensiero di alcuni direttori
marketing del settore auto
di Fabio Antonacci ([email protected])
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il marketing non
convenzionale
per le automobili
Il pensiero di alcuni direttori
marketing del settore auto
di Fabio Antonacci ([email protected])
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uando leggerete questo articolo, il grande circo del Motor Show, che annualmente richiama orde di appassionati (anche
se è ancora da capire appassionati a cosa:
donne o motori, come recita l’affisione di Armando Testa), sarà già lanciato alla massima
lo fa già egregiamente Mark74 attraverso il
suo blog. Qui parliamo di come comunicano
questi brand, specie in virtù dei tempi. Anzi,
parlano loro stessi.
L’advertising tradizionale dell’auto lo conosciamo. E loro conoscono il guerriglia, come
velocità, anzi, vicino alla sua meta, la fine il
14 dicembre. Eppure, come hanno scritto gli
stessi organizzatori, sono tempi duri, tempi
di grandi assenti (Bmw), tempi di aperture e
condivisioni di spazi ed eventi fra più sponsor.
Non è della crisi quello di cui parliamo qua,
conferma Massimo Borio, direttore marketing
di Citroën Italia: ‘Il guerrilla è una tecnica alternativa ai media classici che funziona come
mezzo a supporto di iniziative speciali da inserire in sinergia nel media mix classico. Ritengo che possa essere utile solo in particolari condizioni: prodotto adatto al tipo di media,
posizionamento di geo-marketing che non sia
penalizzante, creatività davvero innovativa e
grande eco a livello di PR’.
In Renault Italia, tramite il team di marketing
guidato da Luciano Ciabatti, fanno sapere
che (contrariamente alle paure dei neofiti in
materia) apprezzano il guerriglia marketing in
quanto ‘trattandosi di operazioni Call to Action hanno un effetto ben misurabile sul business’.
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il marketing non
convenzionale
per le automobili
Il pensiero di alcuni direttori
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di Fabio Antonacci ([email protected])
E’ un mercato, quello automobilistico, che si
dice in continua trasformazione: aumentano
i brand competitor, con grande afflusso nel
mercato dei settori provenienti dall’estremo
oriente; ogni casa automobilistica diversifica sempre più la sua offerta, accontentando
in tal modo un numero sempre maggiore di
utenti, e last but not least c’è l’evoluzione del
format pubblicitario necessario per veicolare il
messaggio da tramandare al pubblico. Sembra passato un millennio dallo storico Think
Small di Bill Bernbach, eppure ancora oggi,
un messaggio come quello attirerebbe molta
più attenzione di spot che sembrano patinati
e troppo autoreferenziali. Provateci adesso a
vendere Maggioloni contro automobili lunghe
non meno di 4 metri. Ciò di cui ci rendiamo
conto, facendo un rapido zapping televisivo
è che lo spot automobilistico, cerca di mettere in mostra sempre più gli elementi soft del
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prodotto, capaci di coinvolgere emotivamente
l’utente, non basta più elencare i 1400 optional presenti, dagli Airbag, all’ABS, ESP, Lettori
MP3 e chi più ne ha ne metta, per fare alzare
il sederone dal divano e direzionarlo al concessionario più vicino. Lo spot automobilistico
del XXI secolo cambia repentinamente storie
e pubblici di riferimento, vive come una cassa
di risonanza tutti gli avvenimenti che sconvolgono l’umanità, così nel giro di qualche
mese sono spariti tutti i messaggi pubblicitari
che promuovevano le auto a gpl, fenomeno
scontato dopo l’abbassamento (di grazia) del
costo del greggio. E’ così che ci troviamo di
fronte a un’automobile che fa bunjee jumping
su un enorme tappeto, un’altra che viene utilizzata come skateboard, un’altra che ama
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guerriglia
il marketing non
convenzionale
per le automobili
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rimettere tutto in discussione, un’altra che
come in aurea romantica si fa ricoprire di migliaia di farfalle e un’altra ancora che segue
i ritmi elettronici dei Daft Punk. Nonostante
questo, il marketing non convenzionale sembra dire la sua e si propone come strategia
vincente per chi decidesse di utilizzarlo anche solo come appartenente a un più allargato media mix. ‘L’iniziativa di marketing non
tati si commentano da soli’.
Noi che al guerrilla teniamo più che al destino
dello spot tv, ci interroghiamo a questo punto
su quale sia il futuro del marketing non convenzionale. Per Luciano Ciabatti il guerriglia
‘è sicuramente uno strumento marketing che
consente di adottare un tono di comunicazione molto diretto. E’ un tono che spesso
non può essere utilizzato nella pubblicità ATL
convenzionale più impattante realizzata negli ultimi anni da Citroën’, continua Massimo
Borio, ‘è stato sicuramente la brandizzazione
dell’intero comune di Riccione, che per 2 anni
è diventato RicC1one. La cittadina è stata
completamente brandizzata, con apertura di
locali dedicati alla nuova C1 RicC1one, cartelli stradali modificati, esposizione del nostro
modello nelle zone più frequentate. L’eco in
stampa e TV di questa operazione è stato sotto gli occhi di tutti e ha creato tendenza anche
nel mondo della comunicazione, quindi i risul-
(Above the line) e che risponde bene all’urgenza di questo periodo di crisi e alle necessità di grande flessibilità .Proprio per questo
anche nel 2009 prevediamo di sviluppare una
comunicazione di tipo guerrilla. Nel contesto
economico attuale inoltre queste azioni sono
ancora più interessanti perché consentono di
investire limitatamente e con un buon ROI.
Tuttavia la priorità per un costruttore generalista come Renault rimane quella di toccare un pubblico allargato a livello nazionale e
dunque si tratta di strumenti che affiancano
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guerriglia
il marketing non
convenzionale
per le automobili
Il pensiero di alcuni direttori
marketing del settore auto
di Fabio Antonacci ([email protected])
e non sostituiscono una pianificazione media
classica’.
Con i tagli al budget deve fare i conti anche
Fabrizio Faltoni, direttore marketing di Ford
Italia: ‘Il costo della pubblicità é proporzionale
ai benefici. Il calo degli investimenti ci sarà e
ci sarà in tutti i canali: dalla TV alla guerriglia,
dovremo tutti insieme lavorare per aumentare
l’efficacia e d efficienza delle campagne con
budget inferiori’. Nonostante questo, dopo
“TheLoveFactory” in occasione della nuova
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Fiesta, indiscrezioni parlano di operazioni di
guerriglia molto intriganti già da gennaio 2009
per il lancio della nuova Ka. ‘Sono iniziative
che sicuramente non possono sostituire i canali tradizionali come la TV e la stampa ma
sicuramente contribuiscono al posizionamento del prodotto nel mercato di riferimento, soprattutto se il prodotto si distingue dalla massa’, conclude Faltoni.
In generale dunque, più spazio anche al nuovo marketing tra le quattro ruote, purché non
vada a disturbare l’intoccabile spot televisivo.
Se qualcuno aveva sperato in una ridistribuzione dei budget, in uno spostamento dal
costoso antico al più economico moderno resterà, pare, deluso. Ma in ogni caso, sereno,
perché anche l’auto ormai parla più lingue, ed
una di queste non è per nulla convenzionale.
FRAGILECONTINUO
bi a nco p u ro
di Margherita Staglianò ([email protected])
FRAGILECONTINUO
bi anco p uro
di Margherita Staglianò ([email protected])
L
aboratorio artistico, art
shop e luogo espositivo
appena nato e in via di sperimentazione per i prossimi
tre mesi, che sabato 22
novembre ha inaugurato la
sua sede con un aperitivo.
Il sabato successivo il secondo appuntamento con
l’esposizione Adele di Valentina Paci che sarà in
mostra sino al 6 dicembre.
Il dj set elettronico di
Lady BIT ha fatto da
contorno all’ esposizione che ha esibito
una prima installazione dominata totalmente dal colore
bianco: su un mobile una raccolta di
illustrazioni in bianco e nero in stile raffinato
e minimale applicate ai lati
di scatole di cartone a sua
volta bianco. Dal pavimento agli scaffali del mobile e
in mezzo alle scatole sono
disposti dei bicchieri di latte. La seconda installazione comprende una parete
con appese una serie di
polaroid, che, come le illu-
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strazioni ritraggono corpi
femminili e riconducono
ad un sottile e delicato
erotismo. A terra c’è una
valigia aperta contenente dei rossetti rosso intenso che richiamano
l’eleganza degli scatti
e dei corpi disegnati e
accentuano la malizia
e la sensualità delle inquadrature. Lo sguardo
dell’artista è caratterizzato
da
un forte senso
cinematografico
e lo stile delicato conduce ad
inoltrarsi in percorsi intimi, familiari e domestici
come l’ambiente
ricreato.
Una buona partenza per
uno spazio che nonostante le piccole dimensioni può essere un ottima vetrina per la scena
artistica
underground
e uno specchio del fermento creativo urbano.
A Bologna, in Via Paolo
Giovanni Martini.
2323
L’utilizzo
degli
adesivi è una delle tecniche maggiormente
usate
dal marketing non
convenzionale, tanto sfruttata ormai
dall’apparire quasi
appassita.
Lo stickering nasce
come forma di street
art in cui un messaggio o un logo vengono
veicolati da un adesivo e collocati ovunque possano essere
ben visibili all’interno
dell’arredo
urbano.
Ben presto però le aziende
decidono di impossessarsi
di un supporto che già per
prime utilizzavano non
per auto-promozione ma
per apporre la propria
firma sui propri prodotti.
E’ emblematico il caso
della banana Chiquita
ed è singolare come
anche nella street
art lo sticker molto
spesso sia usato dagli artisti per
apporre la propria
tag senza usare
la bomboletta.
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Un azione di stickering
viene portata avanti tramite tecniche distributive
scelte ad hoc per il cliente. La veicolazione del
messaggio può avvenire o in modo pianificato,
tramite un operazione
localizzata geograficamente e mirata ad un
particolare target, o
sfruttando la sottocultura giovanile, distribuendo gli adesivi ed
aspettando che per
le sue caratteristiche
il virus si propaghi, o
utilizzando una strategia che si basi su entrambe.
Già nel 2001
chi di guerriglia
marketing si intendeva
(guerrigliamarketing.
it) diceva che le
azioni di stickering
stessero diventando uno dei modi più
economici per ottenere brand awarness,
permettendo la riconoscibilità del marchio
ma non sempre una sua
chiarissima collocazione
merceologica. Ad oggi la
sovrabbondanza
di adesivi che tappezzano le città ha
reso sempre più articolate le caratteristiche che il messaggio di uno sticker
deve possedere per
emergere dai muri e
penetrare nelle teste
dei consumatori.
Esistono, come anticipava quel sito,
caratteristiche legate alla visibilità
dello sticker che si
basano su variabili
materiali dell’oggetto, la permanenza
sull’arredo urbano e la collocazione strategica ed anche caratteristiche relative alla capa-
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cità di essere ricordato,
alla riconoscibilità ed alla
referenzialità che sono
tutte legate alla creatività grafica del prodotto.
Tuttavia in una giungla
d’asfalto ormai ricoperta
da marchi lo
sticker per
funzionare
ed essere
veramente
ricordato deve
creare
intorno
a se un discorso collegandosi con altri messaggi o
con altri sistemi comunicativi.
Lo sticker nella neo-pubblicità
deve far parlare di se, tramite un enigma che tutti vogliono risolvere; è il famosissimo
caso di “OH NO JOHN”, tramite
un collegamento con altri eventi in atto in quel momento oppure
tramite un rimando prodotti multimediali già esistenti. Le possibilità
sono molteplici ma quello che appare chiaro è che uno sticker fine a se
stesso non ha più ragione d’essere,
uno sticker per esistere deve saper
raccontare una storia.
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