GRANUM MUSEO DEL GRANITO ROSA DI BAVENO GLI SCALPELLINI A BAVENO GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 1 Localizzazione • Concessioni comunali delle spiagge bavenesi • Antica Planimetria (1841) delle Cave Adami e Croppi. • Planimetria con l’indicazione delle “ultime” cave del Monte Camoscio. E oggi… si estraggono ancora massi di granito rosa? Le cave bavenesi si trovano “nell’angolo della voltata” che l’ottocentesca strada del Sempione compie immettendosi nella valle del Toce. Il Monte Camoscio si compone di una massa granitica che raggiunge quota di mt. 890 e di uno scaglione isolato detto Motto del Castello. Incerta è la collocazione dei siti estrattivi antichi, nell’Ottocento, le prime mappe, si riferiscono alla cava che Giovan Battista Galli affittò nel 1823, posta tra la Cappelletta della Madonna di Re e la Chiesa della Madonna della Scarpia e, successivamente, le cave Adami e Croppi attive dal 1836. Negli anni successivi, lo sfruttamento delle cave andò aumentando, si ricordano ancora alcuni nomi di Cave di quell’epoca come la Seula, la Scala dei Ratti, il Motto di Seggio, Madonna del Rialzi. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 1 Cenni storici In origine il granito rosa di Baveno, detto migliarolo, venne estratto solo da trovanti, cioè da massi erratici che la glaciazione aveva disseminato sul territorio. Una tradizione abbastanza improbabile vuole che fosse S. Carlo Borromeo a scoprire casualmente le cave nei primi anni del XVI secolo. È comunque certo che fu proprio la famiglia Borromeo, dominatrice di tutto il territorio, ad utilizzare per prima il granito esportandolo a Milano dove si realizzarono i primi monumenti come il colonnato del Lazzaretto(1506), la chiesa di S. Fedele (1570), il Seminario maggiore (1572), la controfacciata del Duomo (1550), le logge del palazzo Brera e, nel XVII secolo, il grandioso piedistallo del San Carlone e in molti elementi architettonici nel giardino barocco dell’isola Bella. Esauriti i massi erratici e, successivamente, le cosiddette “Pradere”, piccole cave di fondovalle, dal 1823 in poi si iniziano le estrazioni delle cave, ancora con metodi manuali, impiegando fino a 400 scalpellini (la data si riferisce alla concessione comunale di una cava a Giova Battista Galli). Con il 1865 le cave di Baveno si ampliarono ulteriormente, le tecniche di estrazione e lavorazione vennero perfezionate e meccanizzate grazie alla grande opera di Nicola Della Casa (Meride 1844-Baveno 1894). Questa data coincide con l’esplosione delle prime grandi mine in galleria che culminerà con l’esplosioni della grande mina del 1890. Sino a questa data lo sviluppo industriale di questa attività con l’introduzione del taglio a filo elicoidale e la segatura meccanica, fu tale da raggiungere la cifra di mille occupati e quindi provocare un fenomeno di immigrazione verso Baveno di molti operai. E’di quegli anni il nascere della Società di Mutuo Soccorso, della Scuola di Disegno, già avviata nel 1858 e attiva fino a fine secolo, di Istituti di Beneficenza e sodalizi operai. Con gli anni ’90 si sviluppa anche il fenomeno migratorio, specie verso l’America e in diverse nazioni europee di molti scalpellini, attratti dal miraggio di un più facile guadagno, di un lavoro che in molti casi comprometteva irrimediabilmente la salute (silicosi). Con la seconda metà dell’800 monumenti in granito furono collocati in molte città italiane e raggiunsero centri europei ed Extraeuropei. • La prima foto illustra la cava e una locomotiva a vapore che attraversa il ponte ferroviario sul torrente Selvaspessa nei primi anni del Novecento. • La seconda foto è un Dépliant pubblicitario della ditta “Della Casa” del 1893. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 2 La Roccia I prodotti del raffreddamento e consolidamento del magma costituiscono le rocce ignee; si dicono effusive o vulcaniche quelle che sono salite in superficie o nelle sue immediate vicinanze ed vi si sono raffreddate e solidificate. Si dicono intrusive o plutoniche le rocce ignee che si sono consolidate in profondità nella crosta terrestre. Queste rocce possono essere esposte in superficie dopo milioni di anni dalla loro formazione, e ciò perché le rocce che le ricoprivano sono state erose o rimosse. Il granito è la più comune delle rocce ignee intrusive ed è assai noto anche perché spesso impiegato a scopo ornamentale per rivestimento di edifici ed elementi architettonici. Il granito è una roccia formata da silicati così chiamati in quanto sostanzialmente formati alla combinazione di silicio e ossigeno, spesso insieme ad altri elementi. Geologicamente il granito è una roccia ignea acida (con oltre 66% di silicati ). Minerali fondamentali sono in ordine di percentuale: 1) ortoclasio ( feldspati potassici), 2) plagioclasio sodico, 3) quarzo generalmente 20%-40%, 4) biotite. Il granito generalmente è chiazzato con coloriture, biancastre, grigie, rosa o rossastre; presenta una grana grossa o molto grossa poiché il magma si è raffreddato lentamente molto al di sotto della superficie. In Italia si trova granito in diverse regioni. Nell’ Italia settentrionale al granito del Monte Bianco si affianca il celebre granito rosa di Baveno sul Lago Maggiore usato fin dal 1500 per colonne e rivestimenti; nella stessa zona si cavano graniti bianchi sul Montorfano. Quarzo affumicato Ortoclasio Cristalli di quarzo e ortoclasio Cristalli di dotolite Tipi di cristalli da un antico testo. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 2 Il granito rosa I Componenti del granito Quarzo: il quarzo è un biossido di silicio SIO2, ha durezza 7, peso specifico 2, 65; cristallizza nel sistema esagonale in forma di prismi esagonali combinati con due romboedri. Se è puro, è trasparente; altrimenti può essere opaco o variamente colorato. Il quarzo è uno dei più diffusi minerali componenti delle rocce. E’ presente in molte rocce ignee, come il granito. Ortoclasio e plagioclasi: entrambi appartengono al gruppo dei feldspati il più importante di tutti i gruppi di minerali base nelle rocce, sono assai diffusi nelle rocce ignee. Sono silicati di alluminio contenenti uno o più dei seguenti elementi: bario,calcio,potassio o sodio. L’ortoclasio, ha durezza 6 e peso specifico 2,5. E’ di colore bianco o rosa, talvolta rosso. I plagioclasi formano una serie di minerali nei quali è variabile la quantità di sodio o calcio. Hanno durezza 6-6,5 e peso specifico 2,6-2,8. Minerali trasparenti o traslucidi sono spesso bianchi, ma possono anche esseri rosa verdi o marroni. Biotite: minerale ricco di ferro e magnesio, si presenta in fasci di fogli molto sottili. Il colore può essere nero,marrone scuro o nero-verdastro. La Bavenite è un minerale rarissimo ritrovato a Baveno nel 1901. Si presenta in forma di rosette raggiate di cristalli aghiformi, oppure in ciuffi con aghi bianchi finissimi ed eleganti, radianti dal centro. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 3 L’estrazione ieri Preparazione della cava Nella parte più alta della montagna veniva eliminato lo strato di terreno fino a raggiungere la roccia. La sua parte superiore, non utilizzabile perchè friabile, veniva eliminata con l’uso di esplosivo. Si praticava nella roccia un foro di 8 cm di diametro per la preparazione della mina. Lo stampo era un lungo ferro con punta acciaiosa detta mappa che veniva battuto con pesanti mazze dai “paralisti” mentre un cavatore lo faceva ruotare servendosi di corde o piccole carrucole. Per fare un foro di 10 m ci volevano 3 mesi di lavoro. Negli anni trenta si fece un foro di 22,50 m. L’esplosione di una mina negli anni Trenta. La mina tuellaa La carica era costituita da polvere nera (nitrato di potassio, carbone di nocciolo e zolfo). La miccia era un filo di canapa bollita in acetato di piombo cosparsa di catrame e pece. Operazione molto pericolosa, serviva a creare un largo crepaccio veniva ripetuta più volte. Nella larga crepa si introducevano 40-50 quintali di polvere nera per l’esplosione che avrebbe staccato il blocco e fatto rotolare a valle. L’ultima grande mina fu fatta brillare nel 1950 e staccò 7.000 m³ di roccia. Il grande masso staccatosi dalla cava il7 luglio 1935 GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 3 L’estrazione: gli attrezzi Campana: tubo metallico (40cm) ancorato a una cordicella. Il nome singolare deriva dal gorgoglio che la fanghiglia che provocava sul fondo nel riempire il tubicino. Polvere nera : la carica per la “volata” era costituita dalla cosiddetta polvere nera,carbone di nocciolo e zolfo,oggi sostituiti da esplosivi molto più efficaci. Riempiva la cavità e a contatto con la fiamma e produceva l’esplosione. Miccia: la miccia era il dispositivo che permetteva un intervallo tra l’ accensione e l’ esplosione della carica. Era solitamente un filo di canapa bollita in aceto di piombo e cosparsa di catrame e pece per renderla impermeabile. Corno: il corno era uno strumento acustico di corna e di ottone,suonato per dare i segnali di pericolo di scoppio e di ravvicinamento. Tutto il lavoro era molto pericoloso. Gli strumenti per l’escavazione: la mazza e lo stampo. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 3 Escavazione oggi L’escavazione avviene in modo regolare, dall’alto verso il basso, conferendo alla cava la caratteristica forma a gradoni. Le fasi di preparazione della cava sono: 1. il carotaggio, una perforazione verticale con martello pneumatico munito di mappa in carburo di tungsteno, che raggiunge una profondità di 10/12 metri in poche ore, necessaria per verificare la consistenza e la qualità della roccia. 2. L’eliminazione del capellaccio, vale a dire dello lo strato di materiale organico sovrastante la roccia, con una carica di tritolo. 3. La realizzazione delle infrastrutture, strade e muri di contenimento, necessarie per rendere accessibile la cava ai mezzi di trasporto. 4. Il taglio al monte realizzato con una serie di fori paralleli detti a taglio continuo, nei quali è posta una debole dose d'esplosivo collegata con un detonatore che provoca un’esplosione controllata. Per il taglio dei marmi si utilizza anche la tecnica del filo diamantato. 5. Il distacco completo dei blocchi avviene per mezzo di macchine perforatrici montate su rotaie che realizzano perforazioni orizzontali. Per favorire l’operazione si utilizza anche cemento ad espansione posto nei fori. Il “derrik” si staglia sull’azzurro del cielo in una cava di oggi. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 4 Lo spacco 1. FER QUADAR: punta dai quattro lati uniformi che terminano con un’estremità accuminata, adatto a predisporre i fori per i punciotti. 2. RIPIZZ: scalpello con la parte terminale arcuata. Utile per perfezionare e definire i fori dei punciotti. 3. PUNCIOTT: ferro non temprato e di forma non appuntita. Veniva usato in serie per effettuare il taglio. 4. 5. SCUPEL LARG E STRENC: Scalpelli con punta tagliente. La punta larga serviva per creare un’ampia scalpellata, mentre la punta stretta serviva per definire i profili del masso. I blocchi nella cava venivano tagliati seguendo la vena della pioda che è facilmente fendibile. Il metodo più antico consisteva nel battere con una mazza dei cunei i legno fino a creare una crepa profonda circa cm.15 . Il legno veniva poi bagnato e la sua dilatazione provocava la fenditura del masso. Successivamente si utilizzavano delle punte metalliche chiamate punciotti, conficcate nel granito alla distanza tra loro di cm. 10 circa. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 4 Lo spacco oggi I blocchi vengono tagliati in dimensioni standard e commerciali, con una tecnica basata sulla perforazione meccanica a distanze regolari e con l’uso di limitate cariche esplosive. I tempi di lavoro sono, ovviamente, notevolmente ridotti. Taglio orizzontale (perpendicolare al fronte di cava); La perforazione viene eseguita con macchine che si muovono su binari , per consentire un regolare spostamento sulla linea di taglio. FASI DI TAGLIO 1. 2. 3. 4. 5. 6. TAGLIO VERTICALE con una colonna di perforazione e martello pneumatico. TAGLIO LATERALE con macchine apposite poste su binari. TAGLIO SECONDARIO consiste nella divisione della bancata in fette RIBALTAMENTO EI BLOCCHI Si utilizzano cuscini idraulici assieme ad una pala meccanica. PERFORAZIONE DEI BLOCCHI Con una colonna pneumatica di perforazione. Ogni porzione può essere suddivisa in porzioni più piccole. RIQUADRATURA DEI BLOCCHI per ridurre gli scarti nella lavorazione successiva. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA La lavorazione tradizionale 5 FASI DI LAVORAZIONE DI UNA STATUA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. In passato la lavorazione avveniva all’aperto, in riva al lago, sotto semplici tettoie chiamate sostre. I blocchi venivano tracciati nelle dimensioni dell’opera da eseguire con rudimentali compassi e squadre. Per verificare l’orizzontalità delle superfici utilizzavano delle livellette di legno. Tutto il lavoro veniva svolto con punte di diversa forma e mazzuolo. Ogni tanto c’era un picasas che aveva un certo gusto estetico e una straordinaria abilità nel maneggiare gli scalpelli. In tal caso, incominciava a portarsi a casa un pezzo di granito e ad abbozzare il disegno della scultura che aveva in mente, rifacendola più volte perché non era mai soddisfatto di quello che disegnava. Alla fine, metteva da parte la carta e tracciava uno schizzo sul granito con il carboncino e incominciava a scolpire. Il lavoro della cava gli diventava sempre più insopportabile e finiva con il mettersi in proprio, alternando i lavori di escavazione con l’attività preferita, magari eseguendo delle statue e dei busti su progetti di altre persone. Poi, se era bravo, si dedicava alla scultura a tempo pieno. 9. Estrazione del blocco dalla cava nelle dimensioni richieste. Trasporto del blocco in laboratorio. Analisi del blocco. Disegno approssimativo su ogni lato del blocco come da modello in gesso. Sbozzettatura. Costruzione, a parte, del telaio in legno a forma di croce che servirà come riferimento e del supporto per la freccia puntatrice (strumento di misura). Sistemazione dei tre punti vincolanti come da modello in gesso, per l’applicazione del telaio. Lavorazione del blocco con scalpelli, gradine e abrasivi. Rifinitura definitiva nei minimi particolari. Fasi di lavorazione della scultura del Monumento allo Scalpellino di Raffaele Polli GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA La lavorazione meccanica 5 COMPASSO, RIGA, SQUADRA: strumenti di comparazione e misura, utilizzati per tracciare direttamente sulla pietra le linee fondamentali dell’opera da eseguire. LIVELLETTE: misuratori di livello in legno di forma tronco piramidale a base quadrata. Si collocavano in serie su una superficie non ancora piana. Traguardando con l’aiuto di una riga in ferro, si capiva dove togliere il materiale per raggiungere il piano voluto. UNGETTA: strumento a punta temprata, utilizzato per dare le prime scalfitture e le linee dell’opera da eseguire. MEZZA PUNTA: strumento a punta molto acuminata e allungata per lavori particolarmente precisi e raffinati. PACIA CANTON: strumento con punta concava e tagliente su due lati, utilizzato su un piano preesistente. Con un colpo maldestro rovina l’angolo del solco abbozzato. BOCCIARDA: singolare martello con la testa a fitte punte acuminate. Serve a uniformare superfici irregolari, con risultati molto gradevoli pur nella ruvidezza. MAZZUOLO: martello temprato con peso poco oltre il chilogrammo. Serve per battere tutti gli scalpelli e le punte. Il taglio e la lavorazione dei blocchi avviene meccanicamente. Per il taglio in lastre si utilizza linee di taglio con dischi diamantati e successivamente macchine utensili per il taglio delle lastre e per le varie sagomature. La rifinitura delle parti tagliate e sagomate può prevedere tecniche diverse per ottenere superfici levigate, bocciardate, fiammate e lucidate. Anche i blocchi possono essere lavorati meccanicamente utilizzando macchine sagomatrici e tornitrici. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA Il trasporto 6 I massi, nelle dimensioni adatte alla lavorazione, venivano trasportati sui carri. Questo trasporto avveniva manualmente, trascinando i massi legati con cavi di canapa . Per ridurre l’attrito si collocavano dei “curli” sotto la base dei blocchi. Per il sollevamento dei massi si utilizzavano piani inclinati e leve in ferro chiamate “pattini” inserite lateralmente nei rulli, i carri venivano trainati da molte coppie i buoi. I trasporti a traino animale per le cave, si limitavano al “su e giù” tra la cava e la baracca “sostra” in riva al lago da dove, prima dell’apertura dell’apertura della linea Ferroviaria del Sempione del 1906, le pietre grezze o lavorate andavano verso Arona attraversando il lago su grandi barconi. • • • Un carro con un blocco di granito trainato da dodici buoi. Un fanciullo con la frusta in mano, conduce un carro. Funicolare per il trasporto dei blocchi dal piazzale ella cava al piano: copriva un dislivello di centinaia di metri. IL TRASPORTO OGGI È molto più veloce e meno faticoso. I blocchi vengono imbracati e caricati sui mezzi di trasporto motorizzati mediante i derrik. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 6 Gli strumenti di sollevamento CRIC: robustissimo e pesante attrezzo in legno di olmo con complessi ingranaggi in ferro. Essenziale per il sollevamento a piccole altezze i blocchi di notevole peso e dimensioni. La trasmissione del moto avviene tramite una manovella che aziona una vite collegata ad una ruota dentata. Con il cric doppio un solo operaio riusciva a smuovere blocchi i 200 quintali. CURLU E LIVERA: il curlu è un cilindro i legno con anelli di ferro etti “vere” e fori passanti intercalati. Solitamente i “curli” erano usati a tre per volta e servivano per lo spostamento a terra di grandi blocchi o manufatti. Interessante è notare che anticamente si usavano solo i betulla macerata per lungo temo nelle acque del lago. Per la rotazione veniva introdotta nei fori “la Livera”, una pesante asta di ferro acciaioso. GREPPIA: strumento in ferro che veniva usato per il sollevamento di massi, colonne ed obelischi, formato a un anello aperto alle cui estremità si inserivano due ali laterali e da un terzo elemento che doveva corrispondere con la cavità dello spinotto. Sulla superficie di granito veniva praticato un foro dove la greppia veniva introdotta e non poteva più fuoriuscire. Tavola di Gaetano Cottafavi che illustra la Cava di Granito di Baveno Si nota l’utilizzo dei curli e delle livere per lo spostamento di un obelisco. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA Le vie d’acqua I corsi d’acqua erano in passato le vie di comunicazione preferite, in quanto più economiche, sicure e relativamente più rapide. Milano venne collegata al Ticino e all’Adda attraverso due canali: il Naviglio Grande e il Naviglio della Martesana. L’intera rete dei canali artificiali navigabili arriverà a coprire quasi centocinquanta chilometri. Il Naviglio Grande, lungo cinquanta chilometri, fu il primo canale navigabile che raggiunse Milano. Metteva in comunicazione la città con il Lago Maggiore, facilitando l’approvvigionamento dei prodotti d’ogni sorta di merce. Anche i marmi e i graniti percorrevano questa “via d’acqua”, posti su chiatte di una quindicina di metri. Tale sistema di trasporto si mantenne fino agli inizi del XIX secolo. • • • Barcone con vela per il trasporto dei marmi. La darsena di Milano era il porto della città. Tavola di Gaetano Cottafavi che illustra l’impresa che portò due obelischi in granito rosa alti 20 metri, da Baveno a Roma. 7 GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 7 Il trasporto delle colonne di San Paolo Fuori le Mura La Basilica di San Paolo Fuori le Mura era una costruzione grandiosa voluta da Costantino, composta di cinque navate divise da ottanta colonne. La notte del 15 luglio 1823 fu quasi totalmente distrutta da un furioso incendio causato dall’incuria di alcuni stagnini che stavano sostituendo dei canali di gronda e dimenticarono di spegnere il fuoco nel caldano. Leone XII diede subito il via alla ricostruzione. Il tempio, ricostruito nei suoi elementi essenziali, fu consacrato nel 1854 anche se i lavori si protrassero fino al 1930. Tutte le ottantadue colonne interne del tempio provengono dalle cave di Montorfano. Le colonne dell’arco trionfale costituiscono i blocchi più grandi di granito che non siano mai stati messi in opera dopo la caduta dell’impero romano, le loro dimensioni sono: altezza mt.14,50, circonferenza di base mt.4.60. Le 80 colonne delle navate sono alte mt.11 e la circonferenza di base è di mt.3,50. Come le domus romane, la classica Basilica era preceduta da un atrio circondato da portici. La ricostruzione del quadriportico fu a cura del Ministero della Pubblica Istruzione del Regno Italico, i lavori cominciarono nel 1890 e terminarono nel 1907. Il quadriportico è composto di ben centoquarantasei colonne, di cui le dieci in granito rosa di Baveno compongono il portico della facciata. Le colonne venivano imbarcate su chiatte sul fiume Toce e attraverso il Lago Maggiore e il fiume Ticino giungevano al Naviglio della Martesana, a Milano. Qui l’abile artefice Nicola Pirovano rifiniva e fusava ad arte tutte le colonne che, a lavoro ultimato, venivano caricate su altre chiatte che proseguivano il percorso fluviale Naviglio-Ticino-Po e quindi, via mare, sino a Venezia, dove erano prese in consegna dalle navi pontificie. Le navi circumnavigavano la penisola, passando dallo stretto di Messina, e imboccando la foce del Tevere per risalirlo sino alla Basilica. I tempi necessari per trasportare le colonne dalle cave alla Basilica furono molto differenti sotto l’influsso delle stagioni, delle condizioni di navigazione e degli incidenti di percorso. Il tempo medio di trasporto può essere quantificato in quattro mesi, con punte eccezionali di un anno, causate dal lavoro di rifinitura e dalle pause forzate. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 8 I Monumenti famosi ALCUNI IMPORTANTI MONUMENTI COSTRUITI CON IL GRANITO ROSA DI BAVENO • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Cupola di San Gaudenzio – Novara (1844-1888) Colonne del Triportico e del Tempio di San Carlo – Milano (1847). Colonne Galleria Vittorio Emanuele – Milano ( 1865). Istituto di Belle Arti a Napoli. Teatro dell’Opera di Parigi. Monumento a Guglielmo I a Brema. Monumento a Cristoforo Colombo a New York e a Chicago. Facciata ottocentesca del palazzo Carignano a Torino. 10 Colonne del quadriportico di San Giovanni in Laterano – Roma (1892 – 1928) Colonne della controfacciata del Duomo di Milano. (XVII secolo) Lanterna ricostruita della Mole Antonelliana – Torino. Colonne del Cortile del Richini all’Università degli Studi di Milano (XVII secolo) Chiesa di San Fedele a Milano (1576) Palazzo ed elementi del giardino dell’Isola Bella (1681) Porta Ticinese Milano (1814) Obelischi Torlonia nella Villa Nomentana – Roma (1842) Vittoria Alata nel Cimitero Americano sulla via Cassia Firenze Monumento sullo sbarco in Normandia – Colleville sur mer (1956) Pavimento del Palazzo Reale – Bangkok (1908) Chiesa de la Sainte Trinité – Ginevra (1994) Parco di Taino Scultura di Giò Pomodoro (1986) Monumento per le olimpiadi Invernali – Pregelato (2006) Cimitero militare Americano in Normandia Una scultura in granito rosa posata per le Olimpiadi Invernali 2006, realizzata dai fratelli Marcello e Fortunato Marchi ingrandendo una scultura dell’artista Nancy Guggenheim. La scultura che si può immaginare come una barca spinta da una vela, è stata posata a Pragelato e sistemata in un laghetto. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 8 I Monumenti famosi • • • Facciata ottocentesca di Palazzo Carignano a Torino • Cupola della Basilica di S. Gaudenzio a Novara Ingresso della Galleria Vittorio Emanuele a Milano Monumento allo scalpellino di R.Polli a Baveno GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 8 Il Duomo di Milano Documento della Fabbrica del Duomo che invoca protezione Divina per la buona riuscita del trasporto ddelle colonne di granito, Sotto, le colonne della controfacciata. Il progetto tardo-rinascimentale della facciata del Duomo di Milano di Francesco Maria Richini del 1603. successivamente ripreso da Pellegrino Ribaldi, prevedeva l’utilizzo di possenti colonne di granito rosa di Baveno. Nel 1628 la prima colonna realizzata si ruppe in tre pezzi durante il trasporto sul lago. L’esordio fallimentare, nonché il mutato gusto che privilegiava un progetto “alla gotica”, contribuirono ad interrompere l’impresa. Restano i quel progetto due colonne in granito rosa poste sui lati del portale centrale nella controfacciata del Duomo GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 9 Esperienze di duro lavoro L’esperienza lavorativa del signor Angelo Barberi - Perché ha scelto questo lavoro e a quale età ha cominciato? *Ho cominciato a lavorare a 12 anni; ho scelto questo lavoro perché all’epoca non c’erano altri modi di lavorare in zona, ma anche perché mi piaceva. - Per quanti anni e dove ha lavorato? *Ho lavorato per 50 anni in diverse zone: prima a Baveno dai fratelli Polli, poi a Feriolo e addirittura all’estero. - Come ha fatto a trovare questo lavoro? Chi glielo ha insegnato? *Ho trovato questo lavoro perché già mio padre lo praticava, e quindi mi ha potuto insegnare qualche trucco del mestiere. Poi ho lavorato dai fratelli Polli come apprendista per quattro anni. - Quante erano le ore di lavoro in una giornata? *Le ore variavano da otto a dieci al giorno. Lo scalpellino Emilio Piralla Un episodio Durante la nostra intervista il signor Barberi ci ha raccontato una vicenda che sottolinea la pericolosità e i rischi che si potevano correre praticando questo lavoro. Quando avveniva lo scoppio delle cariche esplosive i massi rotolavano a gran velocità dalle alture della montagna di conseguenza il rischio più comune era quello di essere travolti o addirittura schiacciati dai massi.Infatti la miccia collegata alle cariche esplosive, di solito molto corta, non dava il tempo ai poveri scalpellini di mettersi in salvo. Per evitare incidenti veniva usato uno strumento acustico: il corno; gli scalpellini prima di accendere la miccia suonavano questo strumento per avvisare i loro colleghi dell’ imminente pericolo dando loro il tempo di mettersi al riparo.Una volta un collega del signor Barberi stava lavorando nella cava e, ad un tratto suonò il corno ma lui purtroppo non lo sentì e fu travolto dai massi in caduta.Per fortuna il poveretto fu portato urgentemente all’ospedale e dopo qualche mese di cure tornò al lavoro. - Quanti giorni nella settimana? *Lavoravamo i cinque giorni feriali più il sabato. - Le ore di lavoro dipendevano dalle condizioni climatiche? *No, generalmente si lavorava anche con la pioggia. Quando, però, le condizioni climatiche rendevano impossibili certe operazioni, allora si facevano lavori straordinari o “a cottimo” come ad esempio la costruzione di macine per il mulino ecc.. - Come era organizzato il pranzo? *Il pranzo era contenuto in un recipiente di alluminio a forma di secchiello con il coperchio: dentro c’era o la pasta o la polenta. - In che modo le donne e i bambini partecipavano al lavoro? *Le donne preparavano e portavano il pranzo agli scalpellini. I bambini, invece, dall’età di tredici anni guidati dai padri o dai nonni imparavano il mestiere. - Quale era il lavoro più faticoso? *Il lavoro più faticoso era portare in spalla pesanti sacchi di sabbia e salire per la montagna. Molto faticosa era anche la fase dell’estrazione. - Quali erano i rischi sul lavoro? *I rischi erano molti, ma il più pericoloso era la possibilità di venire travolti da un masso in caduta. - Quali malattie si potevano contrarre praticando questo lavoro? *Le malattie che si potevano contrarre praticando questo lavoro erano la silicosi e la bronchite. - In che modo il lavoro era tutelato? *In nessun modo, non c’erano parametri di sicurezza. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 10 Itinerari del granito NEL CENTRO DI BAVENO Il centro storico si sviluppa tra il lungolago e il complesso Monumentale delle Chiesa dei Ss. Gervasio e Protasio ( sec. XII ), comprendendo i due nuclei antichi di “Domo” e del “Baitone”. Il lungolago di Baveno è stato realizzato interamente in granito. I lavori iniziati nel 1913 e completarono solo nel 1921 ad opera degli scalpellini tornati dalla grande guerra. Nel corso dei lavori del lungolago è stato interrato il vecchio porto che si trovava nell’area di piazza IV Novembre ma si è conservato lo scivolo di approdo dei barconi per il trasporto della pietra. L’itinerario parte dal monumento ai caduti 1. Il monumento ai caduti è composto da una elegante colonna corinzia posta su un basamento in parte ancora dirozzato. Il gruppo bronzeo rappresenta il saluto di un vecchio scalpellino al figlio in partenza per il fronte. 2. Monumento allo scalpellino opera di R. Polli. 3. Salendo lungo via M. Grappa, sulla destra, antichi pilastri in granito lavorati “alla punta”. 4. In piazza Matteotti grande murales sul lavoro degli scalpellini. 5. Percorrendo lo scalone lastricato che sale alla chiesa, colonnato della Via Crucis con dodici colonne tuscaniche contrapposte a lesene sempre in granito , triportico secentesco del Battistero, portali, pilastri,ecc. 6. Nel nucleo di “Domo” tutte le antiche case presentano elementi di granito. Notare la “Casa Morandi” del XVIII secolo. 7. Nel nucleo del “ Baitone ” in particolare è stato restaurato un antico pozzo con apertura verticale. Capitello della colonna del Monumento ai Caduti. GRANITO DI BAVENO: TESTIMONIANZE DI PIETRA 10 Itinerari del granito OLTREFIUME Il nucleo antico o Oltrefiume era un borgo abitato prevalentemente da lavoratori delle vicine cave. Conserva , nella tipologia dei rustici edifici addossati l’uno all’altro, elementi architettonici scolpiti, a volte parti inutilizzate appartenenti a ben più nobili edifici. . Il suggestivo itinerario è stato recentemente valorizzato dalla pavimentazione in ciottolo e corsie in granito. Percorrendo il tratto estremo i via Mussi, via Cairoli, piazza, S.Pietro martire… 1. Edicola su muro i cinta, interamente scolpita con immagine dipinta della Madonna di Loreto 2. Cortile interno con scale, ballatoi e panche. 3. Piazza S. Petro martire con vari elementi. 4. Facciata settecentesca di Villa Mussi. 5. Colonnato del pronao della Chiesa e grande portale scolpito all’imbocco di un vicolo. Percorrendo via Oltrefiume… 6. Sulla sinistra, attraverso un rustico portale si entra in un prodono cortile interno con case a ballatoio, scale e panche. 7. Al termine della via sul fronte sinistro bel grane portale con androne. 8. Sul fronte destro bei pilastri con cancellate, elementi i recinzione, colonne, panche. FERIOLO L’itinerario da via Cavalli sale verso i resti dell’antica Torre di Guardia di origine medievale. Al bivio, dopo la salita alla torre, deviare sopra il tunnel dell’autostrada e, girando a sinistra, percorrere un lungo tratto di brughiera, con punti panoramici sulle cave. 1. Torre del XII secolo con ampio panorama al lago alla Val d’Ossola 2. Brughiera con vista sulle cave di granito. GRANUM MUSEO DEL GRANITO ROSA DI BAVENO Si ringraziano: I ragazzi dell’ Istituto Comprensivo “A. Fogazzaro”, Baveno Anno Scolastico 2005/06 Educazione Ambientale Classi Prime A - B Gli Insegnanti coinvolti nel progetto: prof.sa Fiammetta Birocchi prof.sa Patrizia Ponchio prof.sa Katia Codoni prof. Pier Mario Locatelli