BLUPHYT NEWS
INFORMAZIONI SCIENTIFICHE E AGGIORNAMENTI
IN MEDICINA NATURALE
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Pubblicazione riservata ai medici e agli operatori del settore – Vietata la diffusione al pubblico
BIODIT VIR
Base scientifica per un
PREPARATO AD AZIONE DRENOIMMUNOTONICA
IN MALATTIE VIRALI CODIFICANTI GLUTATIONE-PEROSSIDASI
In attesa del vaccino contro
l’HIV, di cui si prevede la disponibilità entro il 2015, l’infezione
continua a diffondersi e l’AIDS a
mietere vittime.
Tutte le linee di ricerca, come
ormai è purtroppo consuetudine,
sono dirette alle cause esterne
della malattia, alla conoscenza
del virus e dei suoi comportamenti e non al terreno ospitante.
L’HIV-1 ha due caratteristiche
che lo rendono difficile da combattere:
– non corregge le sue sequenze
genetiche durante la replicazione1 e ciò comporta la formazione di infinite varianti,
tra cui alcune resistenti a farmaci,2 compresi gli ultimi ritrovati;
– la capacità di entrare nei linfociti T “quiescenti”3 che, per essere cellule inattive, non vengono colpite dai farmaci, per
cui funzionano da serbatoi del
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virus ed espressione di una viremia non apparente anche
per lunghissimi periodi.
L’origine dei virus HIV-1 e 2 è
da far risalire alla creazione di varianti generate da virus dell’imunodeficienza delle scimmie (SIV)4:
in particolare l’HIV 1 è derivato
dal SIV cpz Pan Troglodytes e
l’HIV-2 dal SIV Cercocebus atys.
La considerazioe da porre è
che, nell’Africa sub-sahariana,
dove sono presenti tali scimmie e
dove si è sviluppata l’infezione
umana originaria, l’uomo ha da
sempre convissuto a contatto con
tali animali, come mai solo negli
ultimi trent’anni si è prodotto il
contagio sino ad infettare tutte le
zone del pianeta?
La risposta a tale domanda è
possibile darla se s’inverte la linea di ricerca, se la si direziona,
cioè, non al virus in senso stretto,
ma al terreno in cui esso facilmente prospera.
Nella metà degli anni 90 si è
scoperto che esistono una serie
di virus, tra cui l’HIV-1, l’HIV-2, il
Coxsackie virus B ed i virus dell’epatite B e C, che codificano un
enzima glutatione-perossidasi
selenio-dipendente virtualmente
identico a quello presente nell’uomo5.
La biochimica di tale enzima6
evidenzia come esso sia formato
essenzialmente da selenio, che
svolge azione catalitica su cisteina, glutammina e triptofano.
Brown, P., “How does HIV cause AIDS?”, New Scientist, 18 luglio 1992, pp. 31-35
Garret, L.,”HIV/Multidrug-resistant strains worry 3 research teams”, Newsday, 22 settembre 1999, pubblicato su
http://www.aegis.com/news/newsday/1999/ND990901.html. Baden, D: e altri, “HIV-1 drugresistance in newly infected individusals”, JAMA 1999; 282 (12): 1135-1141
Zhang, Z.-Q. e altri, “Sexsual trasmission and propagation of SIV and HIV in rsting and activated CD4 +T cells”, Science 1999; 286. 13531537
Hahn, B.H. e altri, “AIDS as a zoonosis: Scientific and public health implications”, Science 287 (5454): 607-614
Taylor, E.W. e altri, “HIV-1 encodes a highly significant similarity to selenium dependent glutathione peroxidases”, Journal of AIDS and Human Retrovirology1997; 15 (5): 393-394. Taylor, E.W., “Selenium and viral diseases: facts and hypotheses” J. Orthomolecular Medicine 1997;
12 (4): 227-239.
Aumann, K.D. e altri, Glutathione peroxidase revisited – simulation of the catalytic cycle by computer assisted molecular modelling” , Biomed. Environ. Sci. 1997; 10(2-3): 136-155. Maiorino, M. e altri, “Probing the presumed catalytic triad of selenium-containing peroxidases
by mutational analysis”, Z. Ernahrungswiss 1998; 37 (Suppl 1): 118-121.
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I virus codificanti l’enzima glutatione perossidasi selenio-dipendente una volta prodotta l’infezione
ed iniziata la replicazione, fanno sì che, per esigenze genetiche, provochino nel soggetto ospitante non
solo carenza dell’enzima stesso, ma anche di selenio, cisteina, glutammina e triptofano, che lo compongono, per cui si giunge, attraverso questo deficit,
a quegli scompensi del sistema immunitario che
rappresentano la base su cui evolverà poi la malattia
specifica.
Esistono numerosi studi che accertano come una
dieta ricca di selenio sia efficace per contrastare l’infezione da questi virus e come produca notevole
rinforzo immunitario specifico.7
Il Senegal, nell’Africa sub-sahariana, costituisce
un valido esempio di quanto ciò sia vero. In tale nazione africana, infatti, l’incidenza dell’infezione da
AIDS e la sua diffusione, a parità di usi e costumi, soprattutto sessuali, rispetto agli Stati vicini, è particolarmente bassa.
Dal punto di vista geologico il Senegal è un mare
prosciugato con rocce sedimentarie ricche in fosfati
di calcio e selenio estratti ed usati come concime8.
Il Senegal, tra l’altro, è il paese che ha la minore
incidenza di cancro al mondo.9
Numerosi studi dimostrano che una dieta ricca
in selenio è correlata ad un’abbassamento dell’indice di probabilità di sviluppare una grande varietà di
tumori.10
Negli Stati Uniti, invece, è stato riscontrato come
l’aumento della mortalità per AIDS è comparabile
con scarsa presenza di selenio nella dieta.11
Analoghi studi hanno evidenziato identico rapporto con i virus Coxsackie e per quelli dell’epatite B
e C.
In Cina è diffusa ed endemica una cardiomiopatia definita morbo di Keshan;12 essa è presente soprattutto in soggetti affetti da infezione da Coxsackie virus ed aventi una dieta carente di selenio.
L’incidenza di detta malattia ed il tasso di mortalità è notevolmente diminuito da quando le autorità
sanitarie hanno imposto l’uso di fertilizzanti ricchi
di selenio e l’aggiunta di questo stesso minerale al
sale da cucina.13
Studi occidentali hanno altrettanto evidenziato il
legame esistente tra alcune cardiopatie, soprattutto
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Coxsackie virus
infarto del miocardio, ed infezioni da virus Coxsackie.
Studi cinesi hanno evidenziato come l’aumento
del selenio nella dieta possa ridurre proporzionatamente anche l’incidenza dell’epatite B e C.14
È stato dimostrato come un’associazione di acido
Foster, H.D., “AIDS and the “selenium-CDR T cell tailspin”: The geography of a pandemic”, Townsend Letter for Doctors and Patients 2000;
209: 94-99.
Gulbrandsen, R.A., Geochim. Cosmachin. Acta 1966; 30-: 769, citato da E.A. Keller, Environmental Geology, Upper Saddle River, Prentice
Hall, New Jersy, 1996, p. 352.
Howe, G.M., “International Variations in Cancer Incidence and Mortality”, in Global Geocancerology: A World Geography of Human Cancers (ed. G.M. Howe), Churchill Livingston, New York, 1986, pp. 3-42.
Foster, H.D., „Selenium and Cancer: a geographical perspective“, Journal of Orthomolecular Medicine 1998; 13(1): 8-10.
Cowgill, G.M., “The distribution of selenium and mortality owing to Aquired Immune Deficiency Syndrome in the continental United
States”, Biological Trace Element Research 1997; 56: 43-61.
Olfield, J.E., Selenium World Atlas, Selenium-Tellurium Development Association, Grimbergen; Belgio, 1999.
J. e altri, “Medical Geography”, in Geographical Society of China (ed.), Recent Developments of Geographical Science in China, Science
Press, Pechino, 1990, pp. 259-279. Cheng, Y.-Y., „Selenium and Keshan disease in Sichuan Province, China“, in G.F. Combs, Jr, e altri (eds),
Selenium in Biology and Medicine, Van Nostrand Reinhold, New York, 1987, pp. 877-891. Editorial Board; The Atlas of Endemic Disease and
the Environment in the People’s Republic of China, Science Press, Pechino, 1985, pp. 42-83.
Yu, S.Y. e altri, “A preliminary report on the intervention trials of primary liver cancer in high-risk populations with nutritional supplementation of selenium in China”, Biological Trace Element Reasearch 1991; 29: 289-294.
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alfalipoico, silimarina e selenio, possa invertire il
danno epatico provocato dall’epatite B e C.15
Posto dunque che le infezioni da epatite B e C, virus Coxsackie e HIV-1 si riscontrano soprattutto in
quelle aree in cui per condizioni ambientali vi è una
bassa presenza di selenio nella dieta, è stato dimostrato, al contrario, come si possano registrare risultati molto significativi, sia nella diffusione che nell’andamento di tali infezioni, aumentando la presenza di tale minerale nell’alimentazione.
La carenza del selenio nella catena alimentare è
da far risalire alle condizioni d’inquinamento ambientale progressivo registrabile negli ultimi
trent’anni;16 è chiaro poi, che a farne le spese maggiori sono state quelle aree del pianeta, quali l’Africa
sub-sahariana e la fascia della Cina che va da nordest a sudovest, che, per motivi geologici, ne avevano
già bassi livelli.
È stato scientificamente provato che gli individui
sieropositivi all’HIV presentano carenza dell’enzima
glutatione perossidasi17 e che essa può essere corretta tramite la somministrazione di selenio ed altri antiossidanti.18
È stata dimostrata la bassa presenza di selenio in
malati HIV/AIDS: si è visto come la frequenza dei
decessi, quella di infezioni da virus Coxsackie, di infarti del miocardio ad esse correlati ed il rilievo autoptico del morbo di Keshan, siano direttamente
proporzionate ad essa.19
Altra verifica effettuata è quella sulla presenza
del livello plasmatico di zolfo che, considerata la carenza di cisteina, notevole fonte organica di questo
elemento, è risultata essere molto bassa.20
Analogamente, proprio perché l’HIV produce
glutatione perossidasi per propri scopi, è stato dimostrato come tutti i pazienti, affetti da questa infe-
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zione, mostrino carenza non solo di questo enzima
ma anche di tutti i suoi precursori, per cui, non solo
selenio e cisteina ma anche glutammina e triptofano, con tutte le conseguenze che questo comporta
sul piano clinico.
In effetti vi è stretta correlazione tra quelli che sono i sintomi e le problematiche caratterizzanti il
quadro clinico di questi pazienti ed il ruolo che la
glutatione perossidasi ed i suoi precursori giocano
nel loro determinismo.
In conclusione, il glutatione perossidasi è un’importante antiossidante; una sua carenza, particolarmente presente nelle forme virali citate, ove il virus,
per replicarsi, compete con l’organismo ospite per la
disponibilità dell’enzima e dei suoi componenti, aumenta a dismisura il danno provocato dai radicali liberi e lo stress ossidativo, costituendo la base per un
circolo vizioso che vede l’impari confronto tra un organismo debilitato ed agenti patogeni opportunisti.
Sul piano terapeutico numerosi sono gli studi
che dimostrano come l’apporto nutrizionale di sostanze atte a correggere la carenza della glutatione
perossidasi e dei suoi precursori abbiano notevole
incidenza non solo sulla prevenzione ma anche sul
decorso e l’esito della malattia virale, tanto che i livelli di glutatione possono predire il decorso ed il
tasso di sopravvivenza dei pazienti.21
15 Berkson, B.M., “A conservative triple antioxidant approach to the treatment of hepatitis C. Combination of alpha lipoic acid (thioctic acid),
silymarin, and selenium: three case histories”, Med. Klin. 1999; 94 (Suppl13): 84-89.
16 Frost, D.V., “Why the level of selenium in the food chain appears to be decreasing”, in G.F. Combs, Jr, e altri (eds), Selenium in Biology and
Medicine, Van Nostrand Reinhold, New York, 1987, pp. 534-547.
17 Gil,L. e altri, “Contribution to characterization of oxidative stress in HIV/AIDS patients”, Pharmacol Res2003; 47 (3): 217-224.
18 Batterham, M. e altri “A preliminary openlabel dose comparison using an antioxidantregimen to determine the effect on viral load and oxidative stressin men with HIV/AIDS”, Eur J Clin Nutr 2001; 55(2): 107-114
19 Law, M. e altri, “Modelling the 3-year riskof myocardial infarction among participants in the Data Collection in Adverse Events of Anti-HIV
Drug (DAD) study”, HIV Med 2003; 4 (1): 1-10. Dworkin, B.M., “Selenium deficiency in HIV infection and the acquired immunodeficiency
syndrome (AIDS)”, Chem Biol Interact 1994; 91 (2-3): 181-186.
20 Breitkreutz, R. e altri, “Improvement of immune functions in HIV infection by sulfur supplementation: two randomized trials”, J Mol Med
2000; 78 (1): 55-62.
21 James, J.S., “NAC: First Controlled. Trial, Positive Results”, AIDS Treatment News 1996; 250: 1-3, pubblicato presso Http://www.aids.org/immunet/atn.nsf/page/ZQX25002.html.
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ELENCO RIMEDI BIOGROUP
PER IL TRATTAMENTO DELLE EPATOPATIE
SECONDO IL SISTEMA TERAPEUTICO INTEGRATO
MDT
M
· Bioepat
· Biodit vir
Epatite virale acuta, sub-acuta e
cronica.
Epatopatie alcoliche, tossico-metaboliche, iatrogene.
Ittero. Steatosi epatiche. Cirrosi.
Stasi portale con emorroidi e/o varici esofagee. Transaminasi alterate.
Disfunzioni epatobiliari.
· Biodren F
Drenaggio tossinico del fegato.
Riequilibrio cellulare epatico.
Riequilibrio energetico del fegato.
TERAPIA MIRATA
D
TERAPIA
DRENANTE
·Biophyt
Legno
T
TERAPIA
DI TERRENO
·Biophyt
Sicos
o altri rimedi
di terreno specifici
Riequilibrio energetico della loggia
legno cui è associato il fegato.
Riequilibrio energetico del livello
energetico tsiue yin e della FEFP sicotica.
N.B.: La terapia indicata rappresenta solo uno schema riassuntivo; si lascia alla competenza del terapeuta la scelta dei rimedi specifici e l’associazione più indicata.
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BIODIT VIR
PREPARATO AD AZIONE DRENOIMMUNOTONICA
in malattie virali codificanti glutatione-perossidasi
FORMULAZIONE
Bustine.
PROPRIETÀ
Preparato ad azione drenoimmunotonica in tutte le malattie
virali ed in particolare in quelle
da virus codificanti l’enzima glutatione – perossidasi selenio – dipendente (HIV-1, HIV-2, Coxsackie, epatite B e C)
INDICAZIONI
Tutte le malattie virali ed in particolare epatiti acute e croniche
di tipo B e C, processi cirrotici su
base virale, infezioni da virus
Coxsackie ed infarto del miocardio ad essi correlati, infezioni da
HIV-1 ed HIV-2, tutte le altre infezioni virali più o meno correlate
all’enzima glutatione – perossidasi.
Azione preventiva verso le infezioni virali, soprattutto nei soggetti a rischio.
POSOLOGIA
una bustina al giorno o secondo prescrizione medica.
ASSOCIAZIONI
Biodit uno, Silverblu, Bioepat,
Biodren F, Basemix, Biophyt di
terreno
nio e due atomi di Zolfo posti nella parte terminale. La sua forma
ridotta, l’acido diidrolipoico, presenta gli atomi di zolfo come tioli
liberi (-SH) mentre la sua forma
ossidata presenta gli stessi atomi
di zolfo legati tramite un legame
disolfuro (-S-S-) che dà origine ad
una struttura terminale ad anello
(“dithiolane ring”). L’acido alfa lipoico può subire sia reazione di
ossido-riduzione che fungere da
trasportatore di elettroni o di
gruppi acetitici. Agisce, pertanto,
da cofattore per molti enzimi che
prendono parte alla conversione
del glucosio, degli acidi grassi e di
altre fonti energetiche in adenosin trifosfato (ATP). Tale reazione
avviene nei mitocondri cellulari
ed è nota come “Ciclo di Krebs”.
La disponibilità di acido alfa lipoico a livello cellulare aumenta
la percorribilità del ciclo di Krebs
e, quindi, l’efficienza dell’intero
FORMULA
Selenio proteinato
Acido alfa lipoico
Silybum marianum
MSM Metilsulfonilmetano
DINAMICA FARMACOLOGICA
L’associazione di principi innovativi, scaturiti dalle ultime ricerche scientifiche nel settore, rendono questo preparato unico nel
suo genere.
Acido alfa lipoico
L’acido alfa lipoico è una molecola piuttosto piccola formata da
una catena di 8 atomi di Carbo-
processo.
L’acido alfa lipoico, oltre ad essere un ottimo antiossidante,
possiede molte altre caratteristiche quali:
alta assorbibilità: può essere assorbito rapidamente grazie alle
sue dimensioni piuttosto piccole
e trasportato, così, attraverso le
membrane cellulari;
versatilità: è in grado di eserci-
tare la sua attività sia a livello citoplasmatico che lipidico (membrana cellulare);
mantenimento del potere antiossidante in entrambe le forme
nonostante la sua forma ridotta
sia più efficace;
ampio spettro d’azione: è attivo
contro molte specie di radicali liberi quali, radicali di tipo perossil, idrossil e perossi-nitritico, superossidi ed idroperossidi.
Rafforza la rete difensiva delle
altre molecole antiossidanti: la
sua forma ridotta può donare un
elettrone alle forme ossidate e,
quindi, non più attive di glutatione e di vitamina C, rigenerandole
a glutatione ridotto e ad acido
ascorbico; la vitamina C in forma
ridotta, a sua volta, è in grado di
riattivare la forma ossidata della
vitamina E riducendola a tocoferolo (vitamina E attiva). Dopo la
donazione dell’elettrone l’acido
diedro lipoico ritorna alla forma
ossidata di acido lipoico per cui
tale processo assume un carattere di ciclicità.
Contenimento della fuoriuscita
di radicali liberi che si formano
durante un metabolismo energetico piuttosto spinto; in questo
modo l’acido alfa lipoico garantisce un effetto protettivo.
Le proprietà dell’acido alfa lipoico sono molteplici e possono
essere svolte a diversi livelli. Trova impiego nel controllo del glucosio nel sangue in quanto è in
grado di migliorare l’efficienza
dell’insulina nonché il trasporto
del glucosio all’interno delle cellule utilizzando vie indipendenti
da quelle dell’insulina stessa;
possiede, inoltre, la proprietà di
ridurre la resistenza all’insulina.
Agisce anche a livello nervoso
proteggendo i nervi dal danneg-
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giamento dei radicali liberi, migliorando la velocità di comunicazione nervosa e la sensibilità
sensoriale con conseguente riduzione del dolore e della torpidità
sensoriale.
Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia dell’acido alfa lipoico anche nella prevenzione
della cataratta in quanto contribuisce alla rigenerazione del glutatione che rappresenta uno dei
più importanti antiossidanti presenti nel fluido che circonda l’occhio.
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Altri riscontri di questa molecola si trovano nel trattamento degli
avvelenamenti da funghi Amanita e Valeriana che, in genere, inibiscono la normale funzionalità
epatica; a questo livello l’acido alfa lipoico è in grado di stimolare
la reattività delle cellule epatiche
attraverso la normalizzazione di
alcuni enzimi quali ad esempio la
SGPT.
MetilSulfonilMetano
Il metilsulfonilmetano, in sigla
MSM, rappresenta la forma natu-
rale di zolfo organico; esso è ottenuto dal DMSO (dimetilsulfossido) con l’aggiunta di un atomo di
ossigeno. Il DMSO viene comunemente impiegato nel trattamento dei disturbi da infiammazioni e dolori.
Il MSM consiste in una polvere
bianca inodore ed insapore; è
presente nel latte e latticini, frutta, verdura, carne e pesce. È un
minerale idrosolubile per cui durante il lavaggio e la cottura dei
cibi può essere drasticamente eliminato.
Lo zolfo è il quarto minerale più
importante presente nel nostro
organismo indispensabile per
tutte le funzioni delle nostre cellule; se c’è una carenza di zolfo
organico il nostro organismo è
incapace di produrlo da solo.
Trova impiego nel trattamento
di allergie a sostanze inalanti ed
alimentari, di iperacidità, nel
controllo della costipazione, nell’artrite reumatoide aumentando
la permeabilità cellulare con conseguente eliminazione delle tossine e riduzione dell’infiammazione, nel Lupus eritematoso sistemico, nel diabete.
E’ indicato, inoltre, nel trattamento di emicrania, asma, acne,
crampi, fibromialgie, bruciore di
stomaco, ulcere gastriche, morbo
di Crohn, costipazione, problemi
circolatori.
Silybum marianum
(Cardo mariano)
I frutti hanno attività epatoprotettrice e svolgono azione rigeneratrice a livello dell’epatocita,
grazie alla presenza della silimarina che contrasta gli effetti epatolesivi. La silimarina, inoltre,
ostacola la penetrazione di sostanze tossiche all’interno delle
cellule epatiche proteggendole da
eventuali processi degenerativi.
Per tali motivi, il Cardo mariano
può essere impiegato nel trattamento fitoterapico dell’epatite
acuta e cronica, steatosi epatica,
cirrosi.
Riduce i livelli di transaminasi
nel sangue.
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Memo
EPATITI ACUTE
SEGNI E SINTOMI CLINICI
DEFINIZIONE, ETIOLOGIA
A diffusione epidemica o endemico-sporadica, con decorso generalmente benigno ma con tendenza alla cronicizzazione. L’etiologia è generalmente virale: da virus epatitici A, B, C, D, E e meno frequentemente da EBV, cytomegalovirus, herpes virus, enterovirus.
L’epatite da virus A si trasmette per via oro-fecale, con incubazione di 1545 giorni; decorso talvolta asintomatico; lascia immunità stabile.
L’epatite da virus B è a trasmissione parenterale o sessuale con incubazione di 1-6 mesi; in minima percentuale può essere fulminante; il 5% può
cronicizzare fino alla cirrosi e/o all’epatocarcinoma; lascia immunità stabile.
L’epatite da virus C, a trasmissione parenterale, ha un elevato rischio di
cronicizzazione con un tempo di incubazione medio di 60 giorni.
L’epatite da virus D, con analoghe caratteristiche di trasmissione all’epatite di virus B, gli si sovrappone aggravandone il decorso.
L’epatite da virus E, trasmissibile per via oro-fecale, è riscontrabile in alcuni paesi in via di sviluppo.
Sintomi:
1. Forma dispeptica: anoressia, nausea, vomito, dolenzia ipocondrio
destro, prurito.
2. Forma simil-influenzale: febbre,
faringite, mialgia, astenia.
3. Forma mista.
Stadi:
stadio preitterico (7-14 gg)
stadio itterico (7-60 gg)
stadio di risoluzione
Epatomegalia dolente, subittero o ittero, urine color marsala, feci ipocoliche.
Varietà cliniche:
forma anitterica, colestatica, atipica (neurologica, ematologica,
EPATITI CRONICHE
SEGNI E SINTOMI CLINICI
DEFINIZIONE, ETIOLOGIA
Stato flogistico del parenchima epatico persistente da oltre sei mesi senza miglioramento dei parametri ematochimici; può rappresentare l’evoluzione clinica dell’epatiti acute virali e costituire un punto di passaggio verso la
cirrosi epatica.
I virus a sostegno di tali epatiti sono principalmente il virus B e il virus C.
Si riconoscono alcune forme di natura autoimmune.
Parametri
di base
Epatiti
acute
ECA
Cirrosi
Colestasi
Cirrosi
biliare prim.
Bilirubinemia
libera
coniugata
á
áá
—
á
—
á
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SGOT
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SGPT
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á
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Fosfatasi alc.
á
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Albumina
—
—
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—
â
γ−globuline
á
áá
áá
—
áá
Acidi biliari
á
á
á
ááá
ááá
Test specifici
Markers virali
Markers vir.
ANA
—
—
AMA
Astenia muscolare
Peso epigastrico ed iporessia
Dispepsia ed irregolarità dell’alvo
Dimagrimento
Subittero
Epato-splenomegalia
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
DI LABORATORIO
á
áá
ááá
Lieve aumento
Moderato aumento
Marcato aumento
â
ââ
Lieve diminuizione
Moderata diminuizione
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Informazioni scientifiche e aggiornamenti in medicina naturale
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Dalle lezioni presso l’Istituto di Medicina Naturale di Urbino AA 1996/2005