1. La storia Saharawi 1.1. Dalle origini al XVI secolo Per studiare la storia dei Saharawi dall'inizio dobbiamo risalire a quando i Sanhaja, popolazione da cui originano diversi gruppi berberi, 3000 anni fa migrano dal nord-est africano costringendo la popolazione di pelle negra che allora abitava il Sahara a spostarsi a sud. Tuttavia il controllo non è subito completo sul deserto e bisogna attendere fino a 2000 anni fa quando l'uso del cammello rivoluziona completamente la vita. Nel corso di diversi secoli questa popolazione affronta altri popoli per mantenere il controllo delle vie commerciali che attraversano il deserto da nord a sud. E' così che nel IX secolo prendono possesso di Aoudaghost, uno dei centri più importanti della rotta transahariana, nell'attuale Mauritania, ma che perdono alla fine dello stesso secolo per opera dei Soninkè, povenienti dal Ghana. Nel XI secolo i Sanhaja si uniscono al movimento Almoravide e proprio grazie a quest'alleanza ristabiliscono il loro dominio sui territori del sud in mano ai Soninkè e su quelli del nord in mano agli Zenota, popolazione berbera stanziata nel sud dell'Atlante. Nel 1056 Abdallah Ibn Yacin, al commando delle truppe Almoravidi, inizia l'invasione dell'Africa, ma i suoi piani sono ostacolati dal crearsi di conflitti tra le diverse tribù della confederazione, che portano alla fine dell'impero Almoravide e alla sua divisione in due gruppi, il primo si dirige a nord, attraversa il Mediterraneo e dà il via alla conquista della penisola Iberica, finendo per stabilirsi poi in Marocco, dove fonda Marraquech, perde i contatti con il proprio paese d'origine e abbandona l'antico modo di vivere, mentre l'altro torna nei territori del sud. Agli inizi del XIII secolo gli Arabi Maquil, un popolo arabo beduino originario dello Yemen, occupa il Sahara e due secoli dopo il Sahara sud-occidentale entrando in contatto con i Sanhaja con cui ben presto si fonde. Dalla loro unione discende la maggior parte della popolazione Saharawi. Tra il XIII e il XVI secolo gli abitanti del Sahara Occidentale possono spostarsi liberamente senza limitazioni e confini nel deserto seguendo rotte più o meno regolari. E' alla fine del XVI secolo che il sultano del Marocco, Ahmad El Mansor, conquista Timbuctù, nell'attuale Mali, importante centro commerciale e stazione carovaniera. L'impatto della spedizione è nullo sulla popolazione, ma la città pagherà tributi al sultano per quasi un secolo. 1 Iniziano nel XI secolo i contatti con la popolazione Saharawi da parte degli europei, che, attirati dai miti delle ricchezze dell'Asia e dell'oro del Sudan, nella prima metà del secolo esplorano la costa del Marocco fino a Capo Bajador. Nel 1445 Joao Fernandez giunge alle coste del Sahara Occidentale. Da questo momento inizia il commercio di spagnoli e portoghesi con gli imperi africani e con le tribù sahariane che controllano le carovane, sulla costa vengono fondati centri commerciali che attirano i commercianti. Per evitare conflitti le potenze coloniali firmano diversi trattati mirati alla definizione delle diverse zone di influenza in Africa occidentale, ponendo così le basi per la loro colonizzazione. 1.2. Dal XVI secolo alla fondazione del Fronte Polisario Sebbene gli spagnoli avessero raggiunto la costa atlantica del Sahara già alla fine del '400 non si interessano a questa zona fino al XIX secolo, quando la Francia diventa la potenza dominante dell'Africa Nord-Occidentale. Da questo momento iniziano i negoziati tra le due nazioni per definire i limiti tra le zone spagnola e francese, è del 1884 infatti il trattato di Berlino, che sancisce i confini di Sahara Occidentale, Marocco e Mauritania, gli ultimi due paesi sotto il controllo francese. Ma solo con le convenzioni di Parigi del 1900 e 1904 e con quella di Madrid del 1912 questi sono definitivamente stabiliti. Nel 1934 la Spagna attribuisce alla popolazione uno stato civile e un documento d'identità, con l'introduzione di un “visto” obbligatorio per la transumanza nei territori francesi. Questo è un punto chiave per capire il processo di auto-identificazione della popolazione e il suo senso di appartenenza al “Sahara Spagnolo” che termina con i confini, che non esistevano fino a che Spagna e Francia non li hanno tracciati, al di là dei quali occorre il “visto”. Inizia in questo periodo di conseguenza anche la formazione di una resistenza contro lo sfruttamento e i sopprusi coloniali. Nel 1947 e poi nel periodo tra il 1957 e il 1958 vengono scoperti i giacimenti di fosfati che fanno assumere al Sahara Occidentale, già provincia d'oltremare dal 1955, una grande importanza economica per la Spagna, che lo divide in due province equiparabili a quelle spagnole: Rio de Oro e Saguia el Hamra (provvedimento delle Cortes del 1958). Dopo la Seconda Guerra Mondiale il Marocco comincia la sua lotta per l'indipendenza e diviene il primo stato africano ad ottenerla nel 1956. Tra il 1956 e il 1958 diversi saharawi si arruolano nell'Armeè de Liberation che opera nel sud del 2 Marocco. Per contrastare questo movimento la Francia lancia un'operazione di pulizia nel deserto, coinvolgendo anche i commandi militari spagnoli del Sahara Occidentale, ottenendo l'effetto voluto, le rivolte si placcano temporaneamente. Nel 1959 la Francia riconosce all'Algeria il diritto all'autodeterminazione e nel 1962 la sua indipendenza con l'Armistizio di Evian. Tra gli anni '50 e '60 molti paesi asiatici e africani ottengono l'indipendenza e nel 1963 l'ONU proclama il diritto all'autodeterminazione del popolo saharawi, premendo contemporaneamente sulla Spagna affinché ne favorisca la decolonizzazione. Lo stesso anno scoppia la Guerra delle Sabbie tra Algeria, Marocco e Mauritania in seguito alle rivendicazioni marocchine su gran parte del sud-ovest algerino e sullo stato della Mauritania (Progetto del "GRANDE MAROCCO": il partito indipendentista ISTIQLAL chiede di unire il Sahara, le Canarie, parte del sud algerino, la Mauritania e parte del Mali). Nel 1967 attorno alla figura di Mohamed Sidi Brahim Basiri si forma il primo gruppo nazionalista saharawi, il Movimento di Liberazione del Sahara (MLS). 1.3. Dalla decolonizzazione ai giorni nostri Nel 1970 l'MLS esce dalla clandestinità e guida la popolazione in manifestazioni che vengono duramente represse. Nel 1973 si costituisce il Fronte Polisario (Fronte per la Liberazione di Saguia-el-Hamra e Rio de Oro) che nelle prime intenzioni vuole far fronte al colonialismo ma che nel 1974 individua l'indipendenza come obbiettivo finale. Lo stesso anno la Spagna informa il Segretario Generale dell'ONU dell'intenzione di tenere un referendum per l'autodeterminazione entro i primi mesi del 1975 e nell'autunno provvede al censimento della popolazione che individua circa 74.000 elettori fra la popolazione Saharawi. Le forze politiche in Spagna sono divise. I militari sono contrari a cedere ai ricatti del Marocco; una corrente liberale a capo del Ministro degli Esteri, Cortina y Mauri, e l'Opus Dei sono favorevoli ad una soluzione di autodeterminazione. Il Capo del Governo, Arias Navarro, è propenso al passaggio dell'amministrazione coloniale a Marocco e Mauritania, così come le correnti franchiste legate gli interessi economici di società come FOSBOUCRAA e KRUPP. Contemporaneamente Mauritania e Marocco firmano un accordo segreto di spartizione del Sahara Occidentale. Il rappresentante della Spagna Josè Solis Ruiz incontra il re del Marocco Hassan II con il quale 3 raggiunge un accordo, in cambio di 2/3 dei territori del Sahara Occidentale riceverà il 60% delle quote di sfruttamento delle miniere di Bou Craa e particolari vantaggi per la pesca al largo delle coste. Il sovrano fa intendere alla Spagna anche la sua disponibilità a concedere due basi militari per il controllo delle isole Canarie. L'ONU il 13 dicembre, su pressioni di Marocco e Mauritania, invita Madrid a rinviare la data del referendum e chiede alla Corte Internazionale dell'Aia di pronunciarsi sullo status giuridico del Sahara Occidentale prima della colonizzazione. Viene organizzata dal Marocco una marcia di occupazione pacifica di 350.000 coloni marocchini, ognuno dei quali porta con se una copia del corano e una bandiera verde, colore dell'Islam, da cui il nome di “Marcia Verde”, seguiti da 25.000 militari dell'esercito marocchino, diretti nel Sahara Occidentale. La sua avanzata prosegue per giorni, dal 24 ottobre fin quasi a tutto il mese di Novembre, si succedono scontri in varie città tra il fronte Polisario e l'esercito marocchino e mauritano. Il presidente algerino Boumedienne intanto, in un intervista al settimanale francese Le Nouvel Observateur denuncia le pressioni americane e francesi sui dirigenti spagnoli per la cessione del Sahara al Marocco per salvaguardare gli investimenti fatti da alcune loro grosse società . Nel dicembre la popolazione fugge nel deserto protetta dal Fronte Polisario e sotto il bombardamento dell'aviazione militare marocchina, raggiungendo il confine algerino e la vicina città di Tindouf nei cui pressi viene allestita una prima tendopoli di accoglienza. La Spagna nel frattempo con l'accordo di Madrid lascia il Sahara Occidentale a Marocco e Mauritania. Nel 1976 il Polisario proclama a Bir Lehlu, la prima località liberata dall'invasione marocchina, la nascita della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD) che viene riconosciuta da 74 paesi e che entra nel 1982 a far parte dell'Organizzazione dell'Unita Africana (OUA) da cui il Marocco per protesta si dissocia per alcuni anni. Nel 1979 un golpe militare in Mauritania porta al potere il governo di Mustafa Mohamed Salek che ratifica col Polisario un accordo di pace ritirando le pretese sul sud del Sahara Occidentale. Immediatamente il Marocco raddoppia lo sforzo bellico per prendere possesso dei territori meridionali e per contrastare l'avanzata del Fronte, e l'anno successivo da il via alla costruzione di sei lunghi muri di sabbia, che nel giro di sei anni, tra il 1981 e il 1986, snodandosi per 2.800 chilometri racchiudono 200.000 Kmq del Sahara, dal confine marocchino fino a quello mauritano, dividendoli dai territori sotto il controllo saharawi. Nel 1988 Perez de Cuellar, Segretario Generale dell'ONU incontra Hassan II per valutare le reali possibilità per lo svolgimento di un referendum, riuscirà ad ottenere che gli aventi diritto al voto 4 siano solo i censiti dagli spagnoli nel 1974 ma non il ritiro delle truppe, condizione necessaria per i Saharawi. Il 30 agosto entrambe le parti accettano i principi di base del piano di pace dell'ONU: comunicazione dell'entità delle forze militari dispiegate, la loro riduzione e il loro raggruppamento in zone controllate dal personale militare dell'ONU, l'identificazione degli aventi diritto al voto attraverso una Commissione d'Identificazione che basandosi sul censimento del 1974 valuti anche le generazioni successive, l'assistenza ai rifugiati dell'ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), liberazione dei prigionieri politici, svolgimento di una campagna elettorale democratica, un voto libero, democratico e segreto con il semplice quesito: integrazione al Marocco o indipendenza. I perdenti dovranno evacuare il territorio nelle 24 ore successive dalla pubblicazione dei risultati. Il 26 settembre il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approva la risoluzione 621/1988 che autorizza il Segretario Generale a nominare un Rappresentante Speciale per il Sahara Occidentale e a formare la MINURSO (Missione delle Nazioni Unite per il Referendum del Sahara Occidentale). Di seguito il Polisario annuncia un cessate il fuoco unilaterale che però infrange nel 1989 ricominciando le operazioni militari. Il Marocco invita l'ONU a rivedere il piano di pace, non accettando più la possibilità di scelta d'indipendenza del Sahara. Dichiara di non aver sottoscritto nulla con le Nazioni Unite riguardo alla prerogative della missione, quindi, accetta i principi e lo spirito ma, non le modalità del piano di pace. Nel 1991 il Marocco organizza una seconda Marcia di 155.000 coloni. Nel dicembre il Segretario Generale dell'ONU, Perez de Cuellar, cede alle pressioni marocchine e nel suo ultimo rapporto, S/23299, prima della fine del suo mandato, accetta di modificare i criteri per stabilire gli aventi diritto al voto senza interpellare la controparte saharawi. Chiede il diritto di voto per chi avesse il padre nativo in Sahara Occidentale anche se non residente, e a chiunque avesse vissuto nei territori per sei anni consecutivi o per dodici saltuari prima del 1974. La prova orale diviene sufficiente per ottenere l'ammissione alle liste degli aventi diritto. Alcuni membri del Consiglio (Austria, Zimbawe, Ecuador, Yemen, Cuba) esprimono seri dubbi sull'imparzialità del rapporto del Segretario Generale. Per la prima volta un rapporto del Segretario Generale non raggiunge l'unanimità dei voti al Consiglio di Sicurezza. Il 26 gennaio 1992 è la data stabilita per lo svolgimento del referendum, ma nella stesso mese questo viene spostato a data da definirsi. Nel febbraio si susseguono le denunce da parte della Commissione Europea, degli Stati Uniti e dal Polisario dell'ostruzionismo marocchino. 5 Tra il '92 e il '94 si susseguono incontri e risoluzioni che portano alla decisione di indire una nuova identificazione degli elettori per il referendum. Il 12 luglio il rapporto di aggiornamento sui lavori di identificazione, indica che sono iscritti nelle liste circa 76.000 aventi diritto, ma l'identificazione non è iniziata poiché il Marocco ha creato difficoltà agli osservatori dell'OUA. Il segretario stabilisce un nuovo calendario: A) 31 agosto- limiti per ricevere le domande d'iscrizione. B) 1 ottobre - liberazione dei detenuti politici e inizio del ritiro delle truppe. C)15 dicembre - termine dei lavori di identificazione. D) 25 gennaio - inizio della campagna elettorale e termine per il rimpatrio di tutti gli elettori. E) 14 febbraio - referendum. F) Marzo'95 fine del ruolo della MINURSO. Nel 1997 il nuovo Segretario Generale dell'ONU, Kofi Hannan, nomina come inviato speciale per il Sahara James Baker, ex-Segretario di Stato americano, che nel giro di pochi mesi prepara un nuovo piano di pace in accordo con le due parti, ponendo nel dicembre del 1998 la data per il referendum. Nell'ottobre l'identificazione degli elettori è quasi conclusa. Ad oggi, trascorsi quasi sei anni dagli accordi di pace, il mandato MINURSO è stato protratto ogni semestre ma il referendum non si è potuto svolgere. Il nodo centrale riguarda come detto la composizione del corpo elettorale; il Marocco insiste nel rifiuto di criteri, concordati nel piano di pace, che riconducano al censimento condotto dalla Spagna nel 1974. I nuovi coloni, continuamente mandati nel territorio del Sahara Occidentale, intasano gli uffici MINURSO con cause di appello contro l'esclusione dalle liste elettorali. Si calcola che attualmente tra coloni, soldati, poliziotti e personale amministrativo ci siano circa 250.000 marocchini nei territori occupati. 1.4. La situazione attuale e i campi profughi Dal 1975 quindi circa 160.000 Saharawi vivono nelle tendopoli nei pressi di Tindouf (Fig. 1), mentre circa 40.000 vivono divisi tra i Territori Liberati nel Sahara Occidentale, Mauritania e Marocco. Circa l'80 % della popolazione dei campi è costituita da donne e bambini che ricevono aiuti umanitari per il loro mantenimento, tuttavia ora, grazie al lavoro delle innumerevoli Organizzazioni, governative e non, che si occupano direttamente della situazione, i rifugiati stanno cominciando a diventare autosufficienti. La maggior parte degli uomini invece è impegnato al fronte tornando dalle famiglie per brevi periodi ogni quattro mesi circa. 6 Sono divisi in quattro grandi “Wilaya” che assumono ai fini amministrativi il nome e le funzioni di un distretto regionale (Wilaya): El Aayoun, Smara, Dajla e Auserd, ognuna delle quali è divisa in sei “Daira”, fa eccezione Dajla che ne conte sette, ognuna chiamata col nome di una città sahariana, in questo modo si viene a creare un senso di appartenenza alla propria città d'origine. Ogni Daira infine è divisa in quattro “Barrios”. In ogni Wilaya è presente un mercato, un ospedale, una scuola elementare e media, un centro di accoglienza per gli stranieri, in tutte con l'eccezione di Auserd c'è un orto, e dal 2002 anche una divisione del Departemento de Veterinaria. La particolare situazione che tiene impegnati gli uomini lontano da casa per diverso tempo ha fatto si che il ruolo della donna nella società sia rivalutato. Oggi le donne dirigono i Comitati Popolari, che presiedono i settori più importanti: artigianato, giustizia, sanità, educazione ed alimentazione. Il complesso dirigenziale è situato a Rabuni, qui si trovano la Presidenza, i ministeri, l'ospedale principale, l'ufficio centrale del dipartimento di veterinaria e la sede dell'ACNUR. Attualmente le attività economiche si limitano al settore terziario, con un esiguo commercio di generi alimentari e di prima necessità, e agricolo, con la presenza degli orti. L'unica altra attività, più interessante ai fini di questo lavoro, è l'allevamento di alcune specie di animali domestici e il loro commercio. 7 Figura 1: Cartina topografica del Sahara Occidentale, si noti la posizione dei campi profughi saharawi nei pressi della città algerina di Tindouf. 8 2. Il progetto – Salute Animale nelle Tendopoli Saharawi Il progetto, una collaborazione Africa 70 e SIVtro – VSF Italia, che ha preso il via nel febbraio 2003, si sviluppa nelle tendopoli di rifugiati Saharawi localizzate in territorio algerino nei pressi della città di Tindouf. Ha come finalità il miglioramento della qualità di vita della popolazione delle tendopoli mediante il miglioramento delle condizioni sanitarie nel settore zootecnico e la consolidazione delle capacità della struttura istituzionale del dipartimento di veterinaria nella gestione di questo settore, mediante la definizione di strategie settoriali e di normative adeguate, in concerto con le comunità interessate. E' un obiettivo molto generale che da una parte ha come aspetto immediato il miglioramento della qualità igienica dell'alimentazione e dall'altro le caratteristiche di un progetto di sviluppo, prevedendo il coinvolgimento e il potenziamento del dipartimento di veterinaria del ministero della salute della RASD, cui il progetto è struttura di appoggio, in vista di un possibile ritorno nei territori di origine. La componente di appoggio istituzionale ha come fine la formazione di un servizio di tecnici, la creazione di una banca dati sullo stato di salute del patrimonio zootecnico, la definizione di un modello normativo adeguato e la creazione di un circuito di comunicazione per la promozione di iniziative che possa portare ad una riqualificazione sociale ed economica. I motivi che hanno spinto le ONG autrici del progetto a svilupparlo in tale maniera sono inanzi tutto la situazione di emergenza cronica della popolazione, come si è visto, l'inadeguatezza del dipartimento di veterinaria, benché sia ben strutturato, la mancanza di una normativa di referenza, lo stato di salute della popolazione animale, l'assenza di prevenzione che necessiterebbe di regole igieniche adeguate e di tecniche di allevamento migliorate, l'assenza di conoscenze specifiche e mediche e l'assenza di controlli nella gestione della macellazione. Attualmente il lavoro del dipartimento di veterinaria supportato dal progetto si svolge in tutte le Wilaya con la marcatura con cartellino auricolare e la registrazione degli animali presenti su un registro riportante le informazioni di base (specie, razza, età, sesso, proprietario) di ogni animale, la raccolta di siero per la ricerca di anticorpi specifici contro Brucella spp. (tramite Rose Bengala Test, effettuato nel laboratorio di Rabuni), e contro altri agenti patogeni quali quelli di Clamidiosi, Febbre Q, Bluetongue, e infine le date di vaccinazione contro l'enterotossiemia. Inoltre vengono distribuiti dei questionari dove i proprietari possono indicare i principali sintomi clinici riscontrati sui propri animali. Il dipartimento si occupa anche della visita dei casi clinici degli animali malati, la vaccinazione e 9 il controllo della popolazione di cani e gatti e infine della visita degli animali in entrata nelle wilaya e della visita ispettiva alla macellazione. 10 3. Ambiente e territorio La ricerca si è svolta nei pressi delle tendopoli Saharawi, vicino la città di Tindouf, in Algeria sud-occidentale, tra i 27 e i 28 °N. Si tratta di un territorio desertico, con un aspetto che varia dal pietroso e pianeggiante a zone di origine fluviale con pietrisco e sabbia al vero e proprio deserto sabbioso, che si estende per circa 10l.000 Kmq sull'altopiano dell'Hammada, ad un'altitudine media di 500 metri sul livello del mare. Le poche specie di piante crescono nelle zone dove la falda acquifera sotterranea, molto salata, è più superficiale (2–6 metri di profondità). Si tratta di specie adatte ad un ambiente con bassa umidità relativa, scarsa acqua e scarso nutrimento, con cicli vitali molto brevi, presentano in alcuni casi un apparato radicale che giunge molto in profondità, altre volte si tratta di piante alofite. Nella zona è presente una sola oasi vera e propria a Dajla. Pozzi di una certa importanza sono presenti solo a Dajla ed El-Aayun, oltre che a Rabuni (che nel dialetto locale significa “Rubinetto”). Le temperature durante l'anno variano da un minimo di 0 °C in Gennaio, generalmente il mese più freddo, ad un massimo in Luglio, quando la temperatura, più alta nel pomeriggio, non scende al di sotto di 30 °C e può raggiungere i 56 – 57 °C. Il clima è influenzato soprattutto dalla corrente del Golfo che raggiunge le coste Atlantiche del Marocco e Sahara Occidentale, e dai venti che provengono durante quasi tutto l'arco dell'anno dalle pendici meridionali dell'Atlante. Si tratta di venti secchi, polverosi, particolarmente forti in Gennaio, che in questi luoghi prendono il nome di hartmattan. La circolazione dell'aria influenza anche la nuvolosità e l'esposizione solare diretta, che ammonta a circa 3.600 ore annue. L'umidità relativa durante il giorno è più bassa del 20-30% in Gennaio e ancora meno in Luglio, sebbene non si discosti molto da questi valori. Le precipitazioni si verificano durante la breve stagione delle piogge invernale, nei mesi di Ottobre e Novembre, ammontando a circa 50 mm di pioggia annui, il territorio è compreso tra il limite meridionale del fronte polare e quello settentrionale del monsone, inoltre il periodo secco può durare anche diversi anni, come recentemente, quando l'ultima precipitazione si è verificata dopo quasi cinque anni di siccità (Martyn, 1992). In caso di precipitazioni si formano dei corsi d'acqua (Sabka) molto effimeri a causa della rapida evaporazione e della permeabilità del terreno, ma che possono essere molto pericolosi in quanto 11 le innondazioni sono improvvise e violente. Figura 2: Vista panoramica della Wilaya di Auserd. Figura 3: Uno dei campi profughi, si notano le abitazioni costruite in sabbia. 12 4. La popolazione animale nelle tendopoli e l'allevamento Come già accennato l'allevamento di animali domestici nelle tendopoli è una delle poche attività presenti, ciò è dovuto in buona parte alla grande importanza che da sempre la pastorizia ha per la popolazione, sia culturale che naturalmente alimentare. E' infatti una delle poche fonti proteiche nella dieta, gli animali vengono allevati sia per la macellazione, che tuttavia si concentra in particolari periodi, soprattutto per quanto riguarda gli ovi-caprini, ossia particolari feste religiose, come la Pasqua musulmana che corrisponde alla fine del Ramadan, sia per il latte. La mungitura avviene due volte al giorno e il latte (fino a 200 ml di latte per capo al giorno) è consumato immediatamente senza nessun tipo di lavorazione, solamente quello di dromedario viene consumato inacidito secondo tradizione, mentre con la crema si produce il burro. L'allevamento si può dividere in allevamento di stato e allevamento famigliare. Il primo consta di diverse mandrie di dromedari (circa 6.000 esemplari), greggi di ovi-caprini (5.000 capi) e tre capannoni di galline ovaiole situati a Rabuni (utilizzate per la produzione di uova e di carne a fine carriera). Le mandrie di dromedari hanno perso attualmente la loro funzione di riserva alimentare per la popolazione e vengono utilizzate come autofinanziamento dei ministeri. Sono allevati secondo un sistema transumante. L'allevamento privato invece ha rilevanza maggiore, sia dal punto di vista economico che sanitario. La popolazione è composta di caprini, ovini e dromedari, asini, usati solo come animali da soma, conigli, galline, il cui allevamento deriva dalla tradizione beduina, cani, usati come animali da guardia, e gatti, per tenere sotto controllo i roditori (Vedi Tab. 1). Tab. 1. Specie Numero di capi Caprini 16456 Ovini 13658 Dromedari 617 Asini 171 Cani 81 Altro 173 Tabella riassuntiva della popolazione animale nelle tendopoli Saharawi. Tratto da: Mulatti P., 2003. I dromedari (Camelus dromedarius) sono allevati con un sistema di tipo transumante come già 13 visto, e sono presenti nelle tendopoli solo le femmine in lattazione e i maschi destinati alla macellazione, per cui in genere si parla di pochi esemplari che rimangono per un periodo di tempo limitato. Gli ovi-caprini invece sono sempre presenti, e sono confinati in recinti costruiti di materiali di recupero quali reti metalliche, lastre di ferro o plastica, tavole di legno, pelli di animali, detti corrales, di dimensioni molto varie a seconda del numero di animali ma soprattutto della condizione economica della famiglia a cui appartiene. Solo in particolari casi sono costruiti in mattoni di sabbia, per esempio a volte si reimpiega una costruzione che ha svolto la funzione di unità abitativa e che una volta abbandonata è stata riutilizzata, semplicemente eliminando il tetto in lamiera e provvedendo all'applicazione di una porta affinché gli animali non escano. Durante il giorno invece, sono lasciati liberi di girare per le tendopoli tutti assieme. Questi corrales sono disposti attorno alle tendopoli, nelle vicinanze delle diverse Daira. Figura 4: Esempio di Corral, recinto per gli animali, si notano i diversi materiali di recupero con cui è costruito. Per quanto riguarda le razze, sono incroci derivanti da un lungo processo di selezione che ha portato ad ottenere animali adatti alle difficili condizioni ambientali e alla scarsità di cibo, la cui produttività non è evidentemente elevata, ma che sono indispensabili in queste situazioni. Si possono riconoscere quattro diverse razze di capre, Canarie, Arabe, Sika e Busghender, e due 14 ovine, Tidiment e Takarrata. Sono alimentati con ciò che rimane dei pasti (ortaggi vari, riso, lenticchie, pasta, fondi di tè, pane) mescolati assieme e bagnati con acqua per formare un pastone. Solo occasionalmente la dieta viene integrata con foraggi o mangime, ma ciò dipende fondamentalmente dalla disponibilità economica della famiglia. A tutto ciò si aggiunge quello che riescono a trovare gli animali durante il giorno quando vengono fatti uscire dai recinti, arrivando a mangiare cartone, ottima alternativa come fonte di fibra grezza altrimenti praticamente assente in queste condizioni, e tutto ciò che trovano. L'acqua viene fornita dal proprietario sia con il pasto sia a parte in un contenitore generalmente di latta, che per altro viene svuotato quasi immediatamente dagli animali assetati. L'acqua rimanente evapora, e la poca che residua da tutto ciò viene svuotata nel terreno dal proprietario quando la sera o la mattina dopo ne porta dell'altra fresca. 15 16 5. La Bluetongue (BT) La Bluetongue o febbre catarrale degli ovini è una malattia infettiva non contagiosa che colpisce i ruminanti, trasmessa da artopodi vettori del genere Culicoides. Descritta per la prima volta negli anni ‘40 in Sud Africa, si ritenne confinata al continente africano per diversi anni, fino al suo riconoscimento negli USA, Medio Oriente (Braverman et al., 1985), Asia (Akthar et al. 1997, Lundervold et al., 2003) e più tardi Australia (Standfast et al., 1985) e, a seguito dell’epidemia degli anni 1956-1957, in Spagna e Portogallo (Baylis, 2002, Mellor e Wittmann, 2002). Figura 5: Distribuzione del virus della Bluetongue nel mondo nel 2000. Fonte: www.oie.int Figura 6: Distribuzione del virus della BT in Africa nel 2000. Fonte: www.oie.int Figura 7: Distribuzione del virus della BT nel mondo nel 2002. Fonte: www.oie.int Figura 8: Distribuzione del virus della BT in Africa nel 2002. Fonte: www.oie.int La distribuzione nel mondo della BT e del suo vettore si ritenne avesse come limiti approssimativi i 35°S e i 40°N (Mellor e Boorman, 1995), sebbene i cambiamenti del clima 17 mondiale in questi ultimi anni permettano la comparsa della malattia anche più a nord, tanto da interessare Italia, Spagna, Francia e potenzialmente altre aree più settentrionali dell'Europa, (Wittmann e Baylis, 2000), in letteratura comunque ci sono notizie della presenza di BT oltre il 50°N in Cina e oltre i 26°S in Australia (Ellis et al.). (Fig. 5, 6, 7, 8). Interessante è notare come il limite settentrionale, sebbene si sia spostato più a Nord è pressoché uguale in Europa, America e Asia. 5.1. Eziologia Il virus della Bluetongue (BTV) appartiene al genere Orbivirus famiglia Reoviridae (sigla che sta per Respiratory Enteric Orphan Virus). Il virione, di diametro di circa 69 nm, è privo di envelope e possiede un capside a doppio strato, il più interno dei quali è a intimo contatto con il core, si presenta composto da 32 unità strutturali dalla forma anulare, da cui deriva il nome del genere (Verwoerd e Erasmus, 1994). Il genoma a doppio filamento di RNA del peso molecolare di 15 X 106 d consiste di 10 segmenti codificanti per altrettante proteine, tranne il segmento S10 che codifica per due. Tali proteine virali vengono distinte in strutturali (VP, Viral Protein, da 1 a 7) e non strutturali (NS, non structural, da 1 a 3 e NS3A). VP2 e VP5, che hanno un ruolo nella penetrazione del virus nelle cellule sia dei vettori che dell'ospite (Hassan e Roy, 1999, Hassan et al., 2001, Sharifah e Roy, 1999) , costituiscono lo strato esterno del capside, di queste di particolare interesse è la prima in quanto rappresenta l’antigene tipo-specifico, stimolando la formazione di anticorpi neutralizzanti tipo-specifici (MacLachlan, 1994). Nel core sono presenti due proteine maggiori, VP3 e VP7, che formano lo strato capsidico interno, e da tre minori, VP1, VP4 e VP6. VP7 è la più esterna ed è organizzata in trimeri, rappresenta l’antigene gruppo-specifico. Le proteine non strutturali NS3 e NS3A mediano invece il rilascio del virus dalla cellula dell'artopode vettore (Hyatt et al., 1993). La densità di flottazione è di circa 1,38 g/ml mentre la costante di sedimentazione varia tra 470 e 550 S. E’ termostabile, resistente all’essicamento, mantiene il suo potere infettante per 3 anni a 22 °C e pH 7.0. Tenendo conto della sua struttura a doppio filamento di RNA è abbastanza resistente alle radiazioni gamma e ultraviolette, è stabile a pH tra 6.5 e 8.0, resiste ai solventi lipidici come 18 etere e cloroformio ma è prontamente disattivato da disinfettanti contenenti acidi, alcali, sodio ipoclorito e iodofori (Verwoerd e Erasmus, 1994). 5.2. Spettro d’Ospite in vivo La BT colpisce ovini, caprini, bovini e alcune specie di ruminanti selvatici (Erasmus, 1975, Froelich, 2002), sperimentalmente può dare infezione in bufalo, topino neonato e criceto. Elevata sensibilità al virus dimostrano le razze europee, come la Dorset Horn, tra gli ovini, mentre sono più resistenti le razze africane e asiatiche. Nei bovini, nei caprini, in diverse specie di antilopi, cervo, pecora del deserto e bufalo si osserva uno stato d’infezione in assenza di sintomi evidenti, Gibbs e Greiner (1994) riportano che nella maggior parte delle aree del mondo l'infezione è subclinica. Sono stati riscontrati anche casi di sieropositività in camelidi (Agab e Abbas, 1999, Baraka et al., 2000, Chandel et al., 2003, Egbe Nwiyi et al., 2000), anche se non si sa se questi dati abiano un significato dal punto di vista clinico (in quanto non si sono rilevati casi di malattia in questi animali) o epidemiologico, se cioè queste specie giocano un qualche ruolo nella diffusione della malattia. 5.3. Epidemiologia La Bluetongue come abbiamo visto (pag. 16) si pensava diffusa in aree geografiche ben precise, soprattutto tropicali e subtropicali, questo a fronte degli ultimi studi condotti sulla malattia non è propriamente vero, e anche il 40° parallelo nord come limite settentrionale dell'area in cui si può presentare la BT è oramai superato. Tuttavia le zone interessate sono comunque delimitate e soprattutto prevedibili (Walton, 2003). Secondo Verwoerd ed Erasmus (1994) tranne certe regioni dalle altitudini troppo elevate, come il Lesotho, tutta la zona sud dell'Africa dovrebbe essere considerata endemica. La distribuzione dipende principalmente dalla presenza di specie animali reservoir e ospiti amplificatori, come i bovini e diverse specie di ruminanti selvatici, e di specie vettrici competenti appartenenti al genere Culicoides. Possiamo distinguere quattro differenti zone in base ai caratteri epidemiologici della BT (Buonavoglia e Compagnucci, 1998): • endemica: l'infezione è presente durante tutto l'arco dell'anno con picchi in corrispondenza dei periodi di maggiore attività dei vettori; • epidemica: l'infezione compare quasi tutti gli anni ed è correlata alle dinamiche dei venti; 19 • incursiva: compare sporadicamente per azione dei venti e si estingue all'arrivo dei primi freddi; • indenne: corrispondente alle latitudini più estreme dove il clima non consente l'attività degli artropodi vettori. Come vedremo in seguito tuttavia questa divisione si presta a diverse obiezioni. Fin dai primi studi sulla malattia è stato chiaro che la Bluetongue si presenta geograficamente limitata, ad insorgenza stagionale e comune in aree con alti livelli di piovosità e dopo abbondanti pioggie. Queste osservazioni assieme alla scomparsa all'arrivo dei freddi ha fatto sospettare l'esistenza di uno o più insetti vettori, che come si è visto in seguito fanno parte del genere Culicoides. Anche altri insetti possono trasmettere l'infezione, sebbene, sottolineiamo, i culicoidi rimangano l'unico vettore biologico. Il pidocchio degli ovini (Melophagus ovinus) è stato dimostrato trasmettere il virus come vettore meccanico, così come la zecca molle Ornithodoros coriaceus. Specie dei generi Stomoxys e Tabanus sono sospettati essere possibili vettori meccanici, ma come i precedenti la loro funzione esercita un'importanza minore nell'epidemiologia. La Bluetongue non è una malattia contagiosa e si sono ritrovati pochissimi virioni nei secreti e negli escreti, con l'unica eccezione del seme di toro viremico che è in grado di infettare le vacche sia con monta naturale che con l'inseminazione artificiale, molto probabilmente perchè il seme stesso a volte si inquina con sangue durante l'eiaculazione (Kirkland et al., 2003). Il ruolo dell'embryo-tranfert è ancora oggetto di discussione, sembra non essere possibile nel bovino, in cui sebbene l'embrione contenga virioni non sia comunque in grado di dare malattia o sieroconversione, mentre dati contrastanti sono stati pubblicati per la pecora. La trasmissione transplacentare può avenire ma non ha una grande importanza nella diffusione della malattia e si esclude che l'infezione di bovine nei primi stadi di gravidanza portino alla nascita di animali immotolleranti. Come si è visto la BT colpisce un gran numero di specie diverse, ma la malattia si manifesta in modo diverso a seconda della specie e della razza, come a seconda dell'individuo. Ad oggi è accettata l'idea che siano suscettibili all'infezione tutti i ruminanti. La modalità con cui il virus riesca a superare l'inverno e i periodi in cui i Culicoides non sono attivi è oggetto di studi e ancora in parte sconosciuto, e l'assenza della trasmissione transovarica nel vettore, altro caposaldo di cui il mondo scientifico era sicuro, sta vacillando, essendo stati isolati virioni da alcune larve (White et al., 2003). Da notare il fatto che il virus infetta persistentemente i linfociti T ovini, potendo così conservarsi 20 anche nel periodo in cui il vettore non è presente nell'ambiente a causa di condizioni climatiche avverse, e riprende la moltiplicazione probabilmente stimolato dall'interazione dei fibroblasti cutanei con i linfociti richiamati a questo livello in caso di puntura dell'insetto (Takamatsu et al., 2003). Si pensa che un ruolo fondamentale sia giocato dai bovini in cui la viremia dura molto più a lungo che negli ovini e che quindi possa fungere da reservoir. La viremia nel bovino dura secondo Bonneau et al (2002) fino a 49 giorni p.i. Mentre secondo gli stessi autori nella pecora non dura più di 11 giorni. Secondo altri autori tuttavia (Kuombati et al., 1999) in ovini e caprini il periodo viremico dura fino a 54 giorni p.i. Le epidemie di BT compaiono nella tarda estate e agli inizi dell'autunno suggerendo che la popolazione di artropodi sia cresciuta durante un primo ciclo coinvolgendo bovini e ruminanti selvatici durante la primavera e l'inizio dell'estate, per poi cominciare un secondo ciclo che coinvolge anche le pecore, nei momenti di maggiore densità degli stessi. 5.4. Patogenesi Il virus, penetrato attraverso la puntura dell’artropode vettore, replica inizialmente a livello dei linfonodi regionali (siti di replicazione primari) per poi diffondere in siti di replicazione secondari quali i tessuti linfatici (linfonodi e milza) e polmone. In particolare nei tessuti linfatici replica nei monociti e linfociti, attraverso i quali si diffonde nell’organismo durante la fase viremica cellulo-associata. In questo periodo oltre che nei linfociti T il virus in circolo si ritrova anche in piastrine e eritrociti (importante questo per l’infezione degli artropodi vettori), solo una piccola parte dei virioni è libero nel sangue. Segue una fase in cui il virus esplica la sua azione patogena a livello dell’endotelio, cellule periendoteliali e periciti di capillari, venule e arteriole portando a fenomeni di degenerazione vacuolare, ipertrofia cellulare e citoplasmatica, carioressi e picnosi. L’azione combinata di necrosi tissutale e processi rigenerativi porta ad una situazione di iperplasia e ipertrofia degli endoteli con occlusione vasale, stasi ematica, essudazione e quindi ipossia e sviluppo di danni secondari all’epitelio molto selettivi (cioè non c’è necessariamente un coinvolgimento generalizzato di tali cellule nell’intero organismo, per cui certi organi e certi vasi sanguigni sono più colpiti di altri). Una panleucopenia che precede la fase di viremia e la febbre è un aspetto costante nell’infezione da BTV in pecore, capre e bovini, il motivo è ancora incerto ma è probabile sia dovuto alla 21 replicazione virale nelle cellule della serie bianca e nelle cellule staminali del sistema emopoietico. Negli ovini la patogenesi riguarda anche il prodotto del concepimento, se l’infezione avviene dopo i trenta-sessanta giorni di gestazione il feto può andare incontro a malformazioni schelettriche (deviazione del capo, brachignatismo, accorciamento, distorsione o assenza dei segmenti distali degli arti, scoliosi), tra il sessantesimo e il novantesimo giorno si può avere aborto, idrocefalo interno, ipoplasia o degenerazione della sostanza grigia, retinopatie, prima del trentesimo giorno e dopo il novantesimo non si hanno malformazioni del SNC. Nel bovino i sintomi sono dovuti principalmente ad ipersensibilità IgE mediata, indotta da precedenti esposizioni al virus o a virus correlati. 5.5. Sintomatologia La sintomatologia è condizionata dal sierotipo virale, la specie e la razza dell'ospite, dall'esposizione alle radiazioni solari. Sebbene BTV infetti diverse specie di ruminanti la malattia si manifesta in forma più evidente nella pecora, nella quale si possono osservare varie forme cliniche: acuta, subacuta e lieve. Il periodo d’incubazione nell’infezione sperimentale varia tra i 2 e i 15 giorni, ma in natura sembra oscillare tra 6 e 7 giorni. Forma acuta: È la più frequente, il primo segno di infezione è il rialzo febbrile che raggiunge l’apice (40-41 ° C) al 7°-8° giorno, di tipo remittente, che persiste generalmente per 6 giorni ma può durare anche 12 giorni. L’ipertermia è accompagnata da anoressia, inappetenza, arrossamento della mucosa orale che in 2 giorni si trasforma in arrossamento delle labbra, della lingua, delle guance, del musello e della cute auricolare o di quella glabra. Segue un’intensa salivazione e scolo congiuntivale e nasale sieroso, poi catarrale, mucopurulento e a volte emorragico che poi si essica formando croste ai lati delle narici. Si sviluppa edema nella regione orale, oculare, intermandibolare e fino anche alla punta del petto (Fig. 9). L’edema linguale porta a cianosi dell’organo nei casi gravi, da cui il nome della malattia (Bluetongue: Lingua Blu), mentre quello a carico del faringe impedisce il rigurgito e si può avere 22 fuoriuscita di materiale rigurgitato dalle narici e quindi incorrere in polmoniti ab ingestis. Figura 10: Lesioni emorragiche su musello e gengive in una pecora. www.izs.it/bluetongue Figura 9: Edema sottomandibolare in una pecora. www.izs.it/bluetongue Si possono osservare emorragie petecchiali su musello e mucosa di bocca e occhi (Fig. 10). Sono evidenti erosioni sul margine linguale, sulla mucosa gengivale in corrispondenza di incisivi e molari, sul musello e palato duro. Alcune di queste erosioni sono di difficile individuazione ma si rileva all’esame un alito fetido. Lesioni podali si sviluppano normalmente in coincidenza della fase di defervescenza della febbre, ma a volte anche durante il picco di tale risposta. Inizialmente si osserva iperemia del cercine coronario seguita de striature emorragiche, in qualche caso da emorragie massive. Sono più colpiti gli arti posteriori (Fig. 11). Come risultato del dolore l’animale è riluttante a muoversi e a mantenere la stazione, cerca di camminare sulle ginocchia, in certi casi la lesione è tale da provocare il distacco della lamina cornea (7-14 giorni). La lana è sottile, tende a rompersi e a staccarsi, in certi casi l’animale può perdere l’intero vello, sequela questa evidente a 3-4 settimane dalla defervescenza. A carico dei muscoli scheletrici si hanno fenomeni degenerativi che determinano rigidità, debolezza, stato di sofferenza, falsa cifosi, a volte torcicollo che può comportare difficoltà nel mantenere l’equilibrio. Nelle femmine gravide si ha aborto, mortinatalità o malformazioni fetali. Il decorso della malattia dipende dalla gravità dei sintomi, esita nella morte del soggetto nel 250% dei casi, 7-9 giorni p.i., ma può aumentare nel caso gli animali siano esposti ad un clima freddo e ad umidità. 23 La convalescenza è comunque molto lunga. Figura 11: Lesioni al cercine coronario. www.izs.it/bluetongue Forma subacuta/lieve: Caratterizzata da debolezza, emaciazione e torcicollo oppure solo da un rialzo febbrile (forma lieve). In bovini e caprini l’infezione è quasi sempre asintomatica sebbene sia più frequente che negli ovini, come raramente ha successo il tentativo di riprodurre sperimentalmente la malattia nel bovino. L’infezione clinica è una reazione da ipersensibilità da IgE (Anderson et al., 1989), gli animali infetti possono mostrare una risposta febbrile transitoria tra i 40 e i 41 °C, lacrimazione, lieve scialorrea, erosioni della mucosa orale, disepitelizzazione di musello e labbra con edema, scolo nasale emorragico o mucopurulento, aumento della frequenza respiratoria, ulcere possono essere presenti anche sui capezzoli di vacche in lattazione, rigidità degli arti con zoppia e ablazione degli unghielli. Aborto, idranencefalia e deformazioni congenite possono svilupparsi a carico del prodotto del concepimento, danni che sembrano prodursi più frequentemente durante il periodo di sviluppo attivo del SNC. Per quanto riguarda la sintomatologia nei dromedari, non si hanno informazioni di sorta in letteratura, ma la sieropositività riscontrata in alcuni casi indica la possibilità di infezione (Agab e Abbas, 1999, Baraka et al., 2000, Chandel et al., 2003, Egbe Nwiyi et al., 2000). Si suppone che il virus sia la causa della malattia chiamata da-chonou in Africa tropicale. 24 5.6. Anatomia Patologica La gravità e la distribuzione delle lesioni sono legate alla gravità dei segni clinici come al particolare stato di malattia in cui avviene la morte. La mucosa orale è iperemica, edematosa, a volte cianotica, possono essere presenti petecchie ed ecchimosi. Sono evidenti escoriazioni sulla faccia interna delle labbra, gengive e lingua. L’iperemia delle papille ruminali, dei pilastri, delle pliche reticolari, e del terzo prossimale della mucosa omasale sono comuni (Fig.12). Emorragie sono riscontrabili a livello esofageo e pilorico. Figura 12: Iperemia a carico dei pilastri ruminali. www.izs.it/bluetongue Il polmone mostra grave edema, alveolare o interstiziale, l’intero albero bronchiale può essere ripieno di liquido schiumoso, inoltre l’organo può essere iperemico e mostrare estese emorragie sottopleuriche. Il cavo pleurico può contenere fino a due litri di fluido sieroso. Questo insieme di lesioni a carico dell’apparato respiratorio è probabilmente la causa principale di morti improvvise nelle pecore. Il sacco pericardico può presentare numerose emorragie petecchiali, e contiene un volume variabile di liquido. Lesioni che possono essere considerate patognomoniche sono emorragie a carico della tunica 25 media alla base dell’arteria polmonare. I linfonodi sono pallidi e ingrossati, la pelle delle zone glabre è iperemica (Fig. 13). Figura 13: Iperemia della cute a livello ascellare. www.izs.it/bluetongue Emorragie infine si possono riscontrare a livello splenico e ventricolare. Gli animali morti dopo le 2 settimane di malattia mostrano spesso degenerazione e necrosi della muscolatura scheletrica, i fasci muscolari appaiono degenerati e le fasce intermuscolari contengono un essudato che può assumere aspetto gelatinoso. 5.7. Diagnosi La diagnosi si basa su elementi collettivi, come la comparsa di malattia ad alta morbilità e a mortalità variabile, con sintomi respiratori ed enterici, con insorgenza in stagioni caldo-umide, ed individuali, cioè tutti quei sintomi caratteristici di BT come salivazione accompagnata da infiammazione delle mucose orale e nasale, edemi e laminite. La diagnosi differenziale prende in considerazione ectima contagioso, vaiolo, afta epizootica, dermatite ulcerativa ed estriasi. Tuttavia in caso di presenza della malattia in altre specie come bovini e caprini in cui questa si manifesta in forma subclinica è necessario ricorrere a metodiche di laboratorio. Negli animali in vita si utilizza il sangue prelevato durante la fase viremica, che normalmente coincide con il periodo febbrile. In bovino e altri ruminanti, al di fuori della pecora questo periodo dura un pò più a lungo (fino a 100 giorni e oltre nel bovino contro i 21 giorni massimi nella pecora) ed è quindi più semplice isolare il virus. 26 Il sangue (20-30 ml) va miscelato con EDTA, eparina o OPG e conservato refrigerato o congelato. Negli animali morti invece si preleva sangue, milza, midollo osseo, fegato e linfonodi meseraici, mantenuti in glicerina tamponata a pH 7.6 e refrigerati. Tutte le metodiche di laboratorio di seguito riportate sono descritte dettagliatamente nel capitolo 2.1.9 del Manual of standards diagnostic tests and vaccines dell'OIE riguardante la diagnosi ufficiale di Bluetongue. • Diagnosi dirette: 1. L'isolamento virale si effettua sia per gli animali domestici che per quelli selvatici con la stessa metodica, che prevede l'utilizzo di pecore o ECE (embryonated chicken eggs). L'uso dell'ovino è utile in caso si abbia a che fare con un titolo virale nel sangue da analizzare molto basso, mentre l'utilizzo di culture cellulari non è risultato avere una sensibilità adatta in questo caso. Si inoculano 10 ml di sangue o estratti d'organo sottocute o endovena e si isola il virus dal sangue dell'animale dopo 5-8 giorni, in fase febbrile, in alternativa si reinocula nell'animale lo stesso sangue prelevato per tre volte di seguito, tenendolo in questo caso sotto osservazione per 4-6 settimane. Usando ECE si inocula in sacco vitellino o in vena e si incuba a 33 °C, la morte dell'embrione avvine circa 2-3 giorni dopo. L'isolamento su culture cellulari prevede l'uso di cellule VERO, BHK-21 (Venter et al., 1993) o AA, ma non sempre si osserva l'effetto citopatico. 2. I metodi immunologici permettono di stabilire il sierogruppo e il sierotipo del virus, anche se la presenza della malattia in una certa area permette di avere un sospetto fondato riguardo l'appartenenza del virus ad un gruppo specifico. Il sierogruppo si identifica ricercando la proteina VP7, uguale in tutti i sierotipi, tramite: • Immunofluorescenza: su monostrati di BHK o Bovine Fetal Kidney Cells infettati col virus e incubati per 24-48 ore a 37 °C o fino all'apparire dell'effetto citopatico e poi fissati ed essiccati per ricercare la presenza del virus tramite le normali procedure usando anticorpi monoclonali anti-BTV. • Antigen-capture ELISA: permette di ricercare il virus in lisati di ECE, culture cellulari e insetti infetti. • Immunospot test: piccoli volumi di surnatante di culture cellulari infette o lisati o sonicati di tali culture vengono fatti assorbire ad un foglio di nitrocellulosa e 27 asciugate all'aria. Vengono bloccati i siti di legame non specifici incubando in una soluzione contenente Skim Milk Protein. Viene poi incubato ulteriormente con un anticorpo monoclonale anti-BTV sierogruppo specifico e l'anticorpo legato è ricercato usando un'immunoglobulina coniugata con perossidasi di rafano. • Identificazione indiretta perossidasi/antiperossidasi: poco usata, è stata sostituita dall'immunoperossidasi. Ha diversi vantaggi rispetto l'immunofluorescenza quali l'uso di microplates, non richiede un microscopio UV e i risultati possono essere conservati a lungo. La sierotipizzazione è un test di virus-neutralizzazione tipo specifico per tutti i 24 sierotipi di BTV riconosciuti fino ad ora. Generalmente si usano linee cellulari come Vero, L929 e BHK. • Riduzione su placca: il virus è diluito fino a circa 100 unità formanti placca e incubato sia in assenza che in presenza di antisiero per BTV, poi la miscela viene aggiunta a monostrati cellulari su cui si osserva la formazione delle placche. • Inibizione di placca: si esegue in piastre Petri contenenti monostrati cellulari infettati con 5 X 104 unità formanti placca del virus da determinare. Dopo l'assorbimento e la rimozione dell'inoculo le cellule vengono coperte con uno strato di agarosio e viene aggiunto un antisiero anti BTV standard a dei filtri di carta specifici che sono posti sulla superficie della piastra, che viene così incubata per 4 giorni. L'antisiero omologo farà si che attorno al dischetto le cellule sopravvivano. • Neutralizzazione a microtitolo: circa 100 TCID50 del virus da tipizzare sono diluiti in 50 μl di volume e miscelati con un eguale volume di siero anticorpale diluito in un medium per culture tissutali e incubato in pozzetti di una piastra per microtitolazione per 4-6 giorni. Poi il risultato viene letto ad un microscopio a polarità invertita osservando la presenza nei pozzetti delle cellule vive. • Fluorescence inibition test: il virus cresciuto in culture cellulari viene diluito e aggiunto ad un siero anticorpale specifico in pozzetti di pellicole Lab-Tek un'ora prima dell'aggiunta delle cellule. Viene incubato per 16 ore e poi fissato e testato con un metodo di immunofluorescenza classico usando anticorpi monoclonali per BT sierogruppo specifico. Il sierotipo è indicato dalla 28 specificità del siero anticorpale che dà la maggiore riduzione del numero di cellule fluorescenti. 3. La PCR è utile nel determinare il sierogruppo nel caso i primers usati siano derivati dai geni delle proteine VP7, VP6, VP3, NS1 ed NS3, tutte molto conservate all'interno del gruppo della BT, oppure può essere usata per la tipizzazione, se i primers sono derivati dal gene per VP2. Inoltre lo studio delle sequenze genomiche permette, studiando il tratto di RNA3 e RNA6 di determinare la provenienza geografica del virus. L'acido nucleico può essere isolato dal sangue, soprattutto la frazione eritrocitaria di pecore e vacche infette fino a 111-222 giorni p.i. (Afshar, 1994, Bonneau et al., 2002). La metodica prevede tre fasi separate: nella prima il genoma è estratto per mezzo di un agente (Chaotropic), nella seconda la doppia elica di RNA viene denaturata e tramite la transcriptasi inversa viene generato il DNA che è amplificato tramite PCR, infine nella terza fase avviene l'analisi del prodotto tramite elettroforesi. • Diagnosi indirette: 4. I test sierologici sono metodiche per la ricerca di immunoglobuline anti BTV, sierogruppo e sierotipo specifiche, nel siero degli animali. Infezioni multiple con sierotipi differenti portano alla produzione di anticorpi in grado di neutralizzare sierotipi a cui l'animale non è stato esposto precedentemente. Ciò è dovuto o al fatto che diversi sierotipi hanno epitopi per gli anticorpi monoclonali in comune, oppure condividono epitopi presenti in una conformazione neutralizzante in un sierotipo, ma in conformazione non neutralizzante in altri. Fanno parte di questo gruppo di test: • Fissazione del complemento: Usato ampiamente fino al 1982 quando venne rimpiazzato dall'Agar Gel Immuno Diffusione. • Immunodiffusione in Gel di Agar (AGID test): è semplice da eseguire, ma la mancanza di specificità, riportata in numerosi lavori, per cui può dare falsi positivi per la presenza di anticorpi contro altri Orbivirus, quali EHD, ne ha limitato l'uso ed è stato soppiantato dal test ufficiale OIE, l'Elisa competitivo (Chandel et al. 2003, Singer et al., 1998). • Competitive Enzyme Linked Immunosorbent Assay (ELISA competitivo) (Wardley e Crowther, 1982): è stato sviluppato per la ricerca di anticorpi anti BTV senza avere false positività a causa di cross-reazioni con altri anticorpi per altri Orbivirus (Afshar, 1994, Zhou et al., 2001, Hawkes et al., 2000, Koumbati 29 et al., 1999, Lelli et al., 2002, Singer et al., 1998). Gli Mab, come Mab 3-17-A3 o Mab 20E9, sono stati ottenuti in vari laboratori, ma tutti sembrano legarsi alla regione amino terminale della proteina VP7. Nell'Elisa competitivo i Mab competono con gli anticorpi sierici per il legame con l'antigene. La procedura di seguito riportata è tratta dal manuale OIE: i. Delle piastre da microtitolazione con 96 pozzetti sono ricoperte con 50100 μl o di antigene derivato da culture tissutali di culture cellulari sonicate o di VP7 espressa da baculovirus o VP7 virale espressa da lieviti, diluito in soluzione tampone di carbonato 0.05 M a pH 9.6, incubato a 4 °C per tutta la notte o per un'ora a 37 °C. ii. Le piastre vengono lavate per cinque volte con soluzione PBST (soluzione tampone salina di fosfato 0.01 M contenente 0.05% o 0.1% di Tween 20 a pH 7.2). iii. 50 μl del siero da testare, alla diluizione di 1/5 o 1/10 in PBST contenente il 3% di albumina sierica bovina, viene posto in due pozzetti. iv. Subito devono essere aggiunti 50 μl di una diluizione predeterminata di anticorpo monoclonale diluito in PBST contenente il 3% di BSA in ogni pozzetto. I pozzetti contenenti Mab controllo contengono soluzione tampone al posto del siero. v. Le piastre vengono poi incubate a 37 °C per un'ora o 3 ore a 25 °C, agitandole continuamente. vi. Dopo un secondo lavaggio con le medesime modalità del punto ii, i pozzetti vengono riempiti con 100 μl di un'appropriata diluizione di IgG (H+L) di conigli coniugate con perossidasi di rafano e PBST contenente il 2% di normale siero bovino. vii.Dopo un'incubazione per un'ora a 37 °C, la soluzione coniugata viene scartata e le piastre vengono lavate per 5 volte usando PBS o PBST. I pozzetti sono riempiti con 100 μl di una soluzione subtrato contenente ABTS (2,2'-Azino-bis-[3-ethylbenzothiazoline-6-sulphonic acid]) 1.0 mM e H2O2 4 mM in sodio citrato 50 mM, ph 4.0, e vengono agitate a 25 °C per 30 minuti (si possono usare altri substrati e la reazione continuata con l'agitazione per un periodo di tempo adeguatamente 30 lungo per permettere la sviluppo della colorazione). viii.La reazione viene bloccata dall'aggiunta di un reagente bloccante, come il sodio azide. ix. Dopo aver tarato il lettore ELISA su un pozzetto contenente solo substrato e soluzione bloccante, viene misurata l'assorbanza ad una lunghezza d'onda di 414 nm. I risultati sono espressi come percentuale di inibizione e sono ottenuti dai valori dell'assorbanza media di ogni campione con la seguente formula: Assorbanza media del campione % inibizione = 100 - Assorbanza media del controllo MAb x 100 NB: alcuni laboratori preferiscono usare un controllo negativo con siero che è stato precedentemente dimostrato avere percentuale di inibizione pari a zero, in alternativa al controllo con Mab. x. Valori >50% sono considerati positivi. Tra il 40 e il 50% sono considerati sospetti. xi. In ogni piastra dovrebbero essere inclusi sieri fortemente e debolmente positivi e sieri negativi. Il debolmente positivo dovrebbe dare 60-80% di inibizione e il negativo meno del 40%. 5.8. Profilassi La profilassi può essere sanitaria o immunizzante (diretta e/o indiretta). Come vedremo la scelta dell'una piuttosto che l'altra è dettata non solo da fattori epidemiologici, ma anche da motivi economici e commerciali. • Sanitaria: attuata principalmente nei Paesi indenni, comprende il divieto di importazione di animali recettivi e di loro prodotti da Paesi infetti, la disinfezione e la disinfestazione dei mezzi di trasporto, la quarantena degli animali esotici destinati ai parchi zoologici. In caso di sospetto si richiede l'accertamento con le metodiche sopra riportate e in caso di positività si procede all'abbattimento degli animali malati, infetti, sospetti infetti e sospetti contaminati e alla disinfezione e disinfestazione degli ambienti. Nelle aree endemiche invece questo tipo di profilassi si basa sul controllo dei vettori con l'uso 31 di insetticidi o con la bonifica degli ambienti di riproduzione degli insetti. Potrebbe essere utile la stabulazione degli animali in stalle chiuse per più dell'80% della superficie e l'uso di pascoli in terreni collinari dove minore è la presenza del vettore. • Immunizzante: attualmente per questo tipo di intervento si utilizzano vaccini vivi attenuati. Il primo fu prodotto in Sud Africa attraverso passaggi seriali su uova embrionate nel 1947. I sierotipi contenuti variano a seconda naturalmente di quelli presenti sul territorio, e dove vi siano più sierotipi contemporaneamente si possono utilizzare o vaccini polivalenti oppure più vacini monovalenti, ricordiamo comunque che esiste un certo grado di immunità crociata tra i sierotipi. Per esempio in Africa dove l'eradicazione della malattia è virtualmente impossibile, data l’esistenza di ospiti selvatici, l’ampia circolazione virale, l’alta densità di vettori e la difficoltà di applicare strette misure di profilassi diretta, il controllo può essere solamente di tipo immunizzante con l'uso di vaccini (Dungu e Smit, 2003) nel tentativo di limitare per quanto possibile i danni. Il vaccino attualmente utilizzato in Sud Africa è un vaccino vivo attenuato contenente 15 sierotipi, divisi in tre dosi in cui i ceppi sono raggruppati per patogenicità residua per la pecora e somministrati a tre settimane di distanza l'una dall'altra, passando dai ceppi più attenuati a quelli che lo sono meno. La vaccinazione si pratica solo sugli ovini annualmente (Erasmus, 1975b), e deve essere effettuata su più dell'80% della popolazione sensibile per diminuire efficacemente la circolazione virale (Patta et al., 2003, Giovannini et al., 2003). Questo tipo di profilassi è stata effettuata in Italia, Francia e Spagna durante l'epidemia di BT del 2000 e negli anni seguenti (Patta et al., 2003, Santi et al., 2003). In Italia sono vaccinati gli animali delle specie ovina, caprina, bovina e bufalina con vaccino vivo attenuato, mono o polivalente, prodotto dall’Onderstepoort Biological Products (OBP), Onderstepoort, Repubblica del Sud Africa (Protocollo per la vaccinazione nei confronti della Febbre Catarrale degli ovini (Blue Tongue), www.izs.it). Ci possono però essere problemi derivati dall'uso di vaccini vivi: • reazioni post-vaccinali con danni alla sfera riproduttiva, come aborti, malformazioni fetali, ecc.): sono riportati casi nella pecora di teratogenicità dovuta ad alcuni vaccini vivi attenuati se somministrati durante la prima metà della gravidanza (Dungu e Smit, 2003). Ci possono essere anche reazioni febbrili e fotosensibilizzazione, iperemia cutanea a livello della mammella e faccia interna delle coscie, edemi transitori e calo transitorio della produzione lattea (Protocollo per la vaccinazione nei confronti della 32 Febbre Catarrale degli ovini (Blue Tongue), www.izs.it); • sviluppo di una viremia sufficiente ad infettare il vettore, con successiva possibile trasmissione del virus vaccinale, ipotizzata ma non ancora dimostrata (Dungu e Smit, 2003); • rivirulentazione del virus vaccinale attenuato; • possibilità di riassortimento genetico tra ceppi vaccinali, non dimostrato (Dungu e Smit, 2003); • interferenza tra ceppi vaccinali con alterazione della risposta immunitaria. Si sono allestiti anche vaccini inattivati contenenti anche virus vivi replicati su cellule BHK che proteggono la pecora dall'infezione sperimentale, e vaccini inattivati contenenti la proteina NS1 espressa da Baculovirus che è in grado di dare una risposta immune efficace. Ultimamente la ricerca è volta all'allestimento di un vaccino che sfrutti la capacità delle proteine VP2-VP5 e VP3-VP7 di assemblarsi a formare una configurazione simile a quella del virus naturale. L'antigene, preparato con queste tecnologie, quando somministrato con un appropriato adiuvante, induce nell'animale una reazione anticorpale e un livello di protezione significativi, anche se non ancora paragonabili a quelli ottenuti con il vaccino attenuato. Tutti questi vaccini tuttavia non sono ancora disponibili commercialmente. Per quanto riguarda l'immunità acquisita, agnelli nati da madri immuni lo sono a loro volta per circa tre mesi. Nel capitolo 2.1.9. del Terrestrial Animal Health Code 2003 dell'OIE sono indicate le principali direttive per il controllo della BT, prendendo come riferimento un periodo infettivo della malattia di 100 giorni. Questo distingue tre diversi tipi di paesi o zone: 1) Paese o zona indenne da BTV, 2) Paese o zona stagionalmente indenne da BTV e 3) Paese o zona infetta da BTV, indicando per ognuna i principali metodi di controllo dell'infezione. • Paese o zone indenne da BTV: è considerato indenne un paese in cui la presenza del virus può essere rilevata in ogni parte del territorio e il paese si trova tra i 35 °S e i 40 °N e non confina con paesi o zone infette oppure un programma di controllo ha dimostrato la non presenza del virus nel paese o nella zona stessa negli ultimi due anni né ci sono bovini vaccinati contro la BT negli ultimi 12 mesi oppure ancora un programma di controllo ha dimostrato la non presenza di Culicoides spp. nella zona o paese. Paesi in cui non sia presente il vettore non perdono lo status di indenne se viene introdotto una animale infetto o sieropositivo o seme ed embrioni da paesi o zone infette, ma se confina con zone infette dovrebbe provvedere all'identificazione di una zona di sorveglianza, i cui confini siano chiaramente stabiliti in base alle caratteristiche geografiche della zona e all'epidemiologia della malattia, in cui gli animali 33 siano continuamente sorvegliati; • Paese o zona stagionalmente indenne da BTV: parte di un paese o di una zona geograficamente stabilita in cui durante l'anno non sono presenti né il virus né il vettore adulto, in cui il periodo di indennità si fa iniziare dal giorno successivo la data dell'ultima evidenza di trasmissione virale e finisce 28 giorni prima la data più precoce di comparsa storica dell'attività virale o immediatamente il giorno in cui dati climatici indichino una possibile precoce attività del vettore. Come il precedente non perde lo status di indenne se viene importato un animale infetto o sieropositivo o embrioni e seme, da paesi o zone infette durante il periodo in cui non è presente il vettore; • Paese o zona infetta: zona ben delimitata in cui sia stata riscontrata la presenza di BTV negli ultimi due anni. Il divieto della movimentazione animale nelle zone di protezione e tra paesi indenni e infetti è forse il fattore che più incide nelle perdite economiche provocate dalla malattia, e diversi studi sono in atto per dimostrare che animali vaccinati provenienti da zone infette è sicuro (Patta et al., 2003, Giovannini et al., 2003) e che quindi può essere permesso, anche all'interno dei paesi della Comunità Europea. A questo proposito, riporto quanto stabilisce la Decisione della Commissione Europea del 27 Marzo 2003 (2003/218/CE) con le modifiche apportate con la Decisione della Commissione del 22 Luglio 2003 che stabilisce le norme sui movimenti in entrata ed in uscita, dalle zone soggette a restrizioni, degli animali di specie sensibili alla febbre catarrale degli ovini: • le zone soggette a restrizioni sono riportate nell'allegati 1 della Decisione, modificato dalla Decisione del 22 Luglio 2003, comprendente alcune provincie di regioni del sud e del centro Italia (Lazio, Sicilia, Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna, Toscana, Molise, Campania), Due provincie Francesi del sud e la Grecia. Secondo l'articolo 2 della Decisione è vietato il trasporto e la spedizione da e attraverso queste zone di animali sensibili alla BT, del loro seme, ovuli ed embrioni; • deroghe sono previste in caso di animali adeguatamente protetti prima e durante il trasporto o il prelievo di materiale per la riproduzione artificiale (art. 3, 4, 5) sia per spedizioni all'interno del Paese di origine che tra Paesi della Comunità Europea, stabilendo altresì che sia indicata sul documento di trasporto la deroga; • gli animali sensibili prima della spedizione devono essere protetti per almeno 100 giorni dai Culicoides oppure anche per 28 giorni purchè vengano effettuate due prove sierologiche negative distanziate di 7 giorni una dall'altra, non meno di 14 giorni comunque, purchè sia eseguito in questo caso l'isolamento virale, che deve risultare negativo. 34 Lo sperma, gli ovuli e gli embrioni invece devono provenire da animali protetti dai Culicoides per almeno 100 giorni, compreso il giorno di raccolta, e controllati durante il periodo di raccolta utilizzando prove sierologiche e negativi all'isolamento virale; • all'interno dello stesso Stato invece il trasporto è permesso nel caso sia dimostrata la cessazione della trasmissione virale nella zona di spedizione da lameno 100 giorni oppure sia dimostrata la cessata attività dei Culicoides; • gli animali destinati alla macelazione possono essere traspotati valutando caso per caso il rischio di contatto tra animali e vettori, a patto che non mostrino segni di malattia e siano trasportati immediatamente e con mezzi sigillati dalle autorità competenti; • il transito è permesso se gli animali e i mezzi siano protetti dai vettori con l'uso di insetticidi. Per quanto riguarda la legislazione italiana, il Decreto Legislativo 9 Luglio 2003, n. 225, stabilisce quanto segue: • l'obbligo di denuncia della malattia e del suo sospetto; • in caso di sospetto il Veterinario Ufficiale sottopone l'azienda a vigilanza ufficiale, procede a censimento degli animali presenti e dei luoghi adatti alla riproduzione dei vettori, all'indagine epidemiologica, dispone il divieto di movimento degli animali e il loro isolamento e il trattamento con insetticidi autorizzati, infine della distruzione degli animali morti in azienda; • in caso di conferma vengono abbattuti gli animali ritenuti necessari per prevenire il propagarsi della malattia, vengono distrutte le carcasse, viene stabilita una zona di 20 km, che può essere modificata in base alle caratteristiche climatiche, geografiche, epidemiologiche ed ecologiche, in cui nelle aziende che si trovano all'interno della stessa sono sottoposte alle stesse disposizioni previste in caso di sospetto; • la zona di protezione ha un raggio di 100 km attorno al focolaio, mentre quella di sorveglianza deve essere profonda almeno 50 km oltre i limiti della zona di protezione e in essa gli animali non devono essere stati vaccinati nei 12 mesi precedenti. Queste zone possono essere modificate dal Ministero della Salute in base a fattori geografici, ecologici, meteorologici, alla distribuzione del vettore, ai risultati dell'indagine epidemiologica, ai risultati degli esami di laboratorio e dell'applicazione delle misure di lotta; • nella zona di protezione vengono identificate tutte le aziende che detengono specie recettive, si attua un programma di sorveglianza epidemiologica basato sui bovini e un programma di sorveglianza entomologica, infine vige il divieto di uscita di animali. Può essere stabilita la vaccinazione degli animali; • nella zona di sorveglianza si applicano le stesse misure, ma è vietata la vaccinazione contro la malattia; 35 • la movimentazione degli animali dalle zone di sorveglianza e di protezione è consentita solo se gli animali siano stati sottoposti a vaccinazione da almeno un mese e a patto che il vaccino copra tutti i sierotipi presenti nell'area di origine (Ordinanza 2 Aprile 2004), gli animali non vaccinati invece possono essere trasferiti dalle zone di protezione e sorveglianza solo se destinati al macello, per gli ovi-caprini è prevista inoltre una visita clinica da parte del veterinario ufficiale prima del carico (Ordinanza 10Giugno 2004). • è stabilito un laboratorio nazionale di riferimento, il CESME, presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Abruzzo e Molise, ed uno comunitario, l'AFRC Institute for Animal Health presso il Pirbright Laboratory, UK. 36 6. Il vettore: Culicoides spp. Phylum: Arthropoda Classe: Insecta Ordine: Nematocera Sottordine: Dittera Famiglia: Ceratopogonidae Genere: Culicoides 6.1. Anatomia I Culicoides (Fig. 15) sono piccoli moscerini lunghi 1-3 mm dalle ali a macchie bianche e grigie. Come tutti gli artropodi sono caratterizzati da un esoscheletro chitinoso secreto dall'epidermide sottostante che ricopre il corpo formato da numerosi segmenti raggruppabili in tre regioni: testa, torace ed addome. Ogni segmento è coperto da una placca chitinosa detta sclerita. Il canale alimentare è suddiviso in tre segmenti: intestino anteriore, medio e terminale. Il primo inizia coll'apparato buccale incardinato alla testa o clipeo (Fig.14), complesso e atto a pungere nella femmina emofaga. E' corto e formato da un labbro superiore o labrum tagliente, due mandibole che tagliano o fendono i tessuti, un ipofaringe simile ad una lingua e un labbro inferiore o labium carnoso (Grandi, 1952). Figura 15: Culicoides obsoletus Figura 14: Particolare del clipeo di Culicoides. 37 Ai lati sono presenti due corti palpi divisi in cinque segmenti e tenuti perpendicolari alla testa. L'insetto inoltre è provvisto di ghiandole salivari, differenti a seconda del sesso (Perez de Leon et al., 1994), che secernono un fattore di inibizione del Fattore Xa di coagulazione, che quindi non permette la coagulazione del sangue (Perez de Leon et al., 1998, Kazimirova et al., 2002) ed una proteina vasodilatatrice (Perez de Leon et al., 1997). L'apparato buccale prosegue con il faringe, l'esofago e il proventricolo o stomaco muscolare che agisce come una valvola e impedisce il rigurgito dell'alimento. L'intestino medio ha la funzione di immagazzinare l'alimento e di secernere gli enzimi necessari per la digestione. Alla giunzione tra l'intestino medio e il terminale si trovano i tubuli del Malpighi, strutture tubulari che hanno la funzione di filtri dei fluidi corporei i cui cataboliti poi passano nell'intestino per essere eliminati. L'intestino terminale è formato da ileo e retto. Il celoma o emocele, la cavità corporea, unica, contiene il sangue o emolinfa, che bagna gli organi interni e che, mantenuto in continuo movimento da un cuore tubulare posto in posizione dorsale, trasporta i metaboliti. La respirazione avviene tramite la semplice diffusione dell'ossigeno attraverso gli spiracoli, delle aperture circolari dell'esoscheletro, e un sistema di trachee di diverso diametro fino ai tessuti. L'eliminazione del diossido di carbonio avviene per la stessa via ma naturalmente in senso inverso. Il sistema nervoso è formato da un cordone ganglionare ventrale a cui si associano gli organi di senso. I sessi sono separati, nelle femmine l'apparato riproduttore è composto da due ovaie e dagli ovidotti che immettono in utero o ovidotto comune e nella vagina. Un organo accessorio che assume anche valore tassonomico sono le spermateche in cui la femmina può immagazzinare il seme maschile anche per tutta la vita (Meiswinkel et al., 1994). Il maschio presenta due testicoli coi relativi dotti deferenti che distalmente si dilatano a formare una vescicola seminale. Gli organi esterni, anche questi con valore differenziale per il riconoscimento di specie sono un pene e le appendici prensili, ben visibili. Il torace, gibboso, è diviso in tre segmenti ognuno dei quali è provvisto di un paio di arti segmentati. Inoltre allo stesso sono collegate due paia di ali, solo il primo dei quali è atto al volo mentre il secondo serve da bilanciere. Le ali sono oblunghe, tenute ripiegate sull'addome a riposo, ricoperte di piccoli peli e sostenute da un sistema di tubuli cavi detti vene che dividono la superficie tegumentale in celle. In particolare il genere Culicoides presenta una vena M1 lungo tutta l'ala, una vena M2, una vena 38 anale che si divide nelle vene cubitali 1 e 2 che delimitano la cella cubitale, una vena R-M o cross-vein che al suo incrocio con la vena M1 forma un angolo pressochè retto, e due celle radiali, prima e seconda (Rawlings, 1996). Figura 17: Ala di Culicoides imicola, notare la colorazione, le macchie sono caratteri tassonomici per il riconoscimento della specie. Figura 16: Disegno schematico di un'ala di Culicoides. Sull'aspetto dell'ala si basa non solo il riconoscimento del genere ma anche quello di subgenere e specie (Rawlings, 1996), in particolar modo la differente colorazione a macchie, per esempio C. imicola (Fig. 17) presenta una macchia chiara sulla seconda cella radiale mentre la prima è colorata, una macchia bianca “a barboncino” nella cella anale, una macchia scura a clessidra sopra M2 e un'escavazione della stessa vena. L'addome è formato da 11 segmenti. Le antenne sono ben evidenti e divise in 13 segmenti numerati da 3 a 15 e provvisti di sensille, che si esaminano per la classificazione tassonomica (Kline e Axtell, 1999, Meiswinkel et al., 1994, Ronderos, 1999). I maschi si distinguono per le ali più strette, con macchie meno definite, un addome più sottile e terminante coi genitali esteni evidenti, le antenne sono lunghe e piumate. Le femmine si distinguono in base all'età in nulliparus, dall'addome non colorato, segno che non hanno ancora compiuto il primo pasto di sangue, ingorgatus, con l'addome rosso e aumentato di volume per il sangue appena assunto, parus, di colore marrocino per il sangue digerito e gravide, con le uova ben evidenti. Dallo stadio di parus non è più possibile però classificare con certezza l'età a causa dei pasti di sangue che si succedono ogni 3 giorni circa in C. imicola. Oltre a questo gli individui di sesso femminile presentano ali più grosse, antenne non piumate e non presentano i genitali esterni visibili. Un ultimo appunto per quanto riguarda la differenziazione di genere e specie riguarda un test PCR che identifica il gene ITS1, sviluppato come alternativa all'identificazione morfologica, principalmente per il risparmio di tempo (Cetre-Sossah et al., 2004), sebbene ci sia ancora molta confusione nella classificazione tassonomica del genere (Wirth e Dyce, 1985). 39 6.2. Ciclo vitale Comprende 4 stadi larvali, lo stadio di pupa e l'adulto (Fig. 18). Figura 18: Ciclo vitale di Culicoides spp. Tratto da: Coetzer-J-A-W, Thomson-G-R, Tustin-R-C. 1994. Infectious Diseases of Livestock. Vol. I. Oxford University Press. Le uova, deposte in numero variabile a seconda della specie, tra le 69 di C. imicola e le 162 di C. nivosus, vengono deposte dopo il secondo pasto di sangue. Maturano nella femmina in circa 2-4 giorni a seconda della temperatura e schiudono in tre giorni circa. 40 Di colore bruno-nerastro, cilindriche leggermente incurvate (Cribb e Chitra, 1998), “a salsiccia” (Day et al., 1997), lunghe 400 μm e larghe 50 μm, vengono deposte come una doppia fila tremolante che assume quasi la forma di impronta di piede, non è stato ancora determinato il numero di deposizioni che possono avvenire nell'arco della vita adulta. Sono molto resistenti, fino a due mesi a temperature minori di 6 °C, e in zone dal clima temperato possono resistere tutto l'inverno. Gli stadi larvali come già accennato sono quattro, i Culicoides sono insetti olometaboliti, cioè le forme larvali differiscono sostanzialmente nell'aspetto dalla forma adulta. Tra di loro invece si differenziano semplicemente per le dimensioni che si vanno via via ingrandendo. Hanno una testa di piccole dimensioni e scura, un corpo segmentato e branchie anali terminali. Si spostano con movimenti serpiginosi nell'ambiente di crescita. La varietà nella struttura dell'epifaringe delle differenti specie indica che l'alimentazione è molto varia, la maggior parte è carnivora e si nutre di protozoi, rotiferi e nematodi, lo stadio L4 di C. zululensis e di C. nivosus sono cannibali dello stadio L2, non mancano tuttavia specie che si nutrono di materiale vegetale in decomposizione. Si sviluppano a pupa in 10-30 giorni a seconda soprattutto della temperatura, ma possono richiedere anche sette mesi in regioni dal clima temperato o freddo. Le pupe sono di colore bruno, meno attive, lunghe 2-4 mm, posseggono un paio di trombe respiratorie sul cefalotorace e un paio di appendici terminali che consentono loro il movimento. Questo stadio dura circa 4 giorni. Al pari delle uova anche le larve e le pupe sono resistenti, le pupe resistono sott'acqua, tranne C. imicola che muore dopo due giorni circa a temperatura ambiente per asfissia, fino a sei giorni a 6,5 °C. Gli adulti, già descritti precedentemente possono vivere 3-6 settimane, ma anche fino a 9, e si nutrono di liquidi zuccherini, digeriti nel diventricolo intestinale, o sangue, digerito direttamente nell'intestino.C. imicola resiste a temperature di –1,5 °C per 15 giorni mentre C. pycnostictus sopravvive anche per 54 giorni. Prove sperimentali hanno dimostrato che le basse temperature non uccidono nessuno stadio dei Culicoides, ma ne diminuiscono la velocità di sviluppo o ne inducono la diapausa, C. imicola non è attivo sotto i 12.5 °C (Sellers e Mellor, 1993). E' chiaro comunque che la resistenza a particolari condizioni ambientali varia ampiamente a seconda della specie e del suo habitat. Un ciclo uovo-adulto richiede almeno 10-15 giorni ma può variare, e il ciclo uovo-uovo richiede come minimo 25 giorni. 41 6.3. Habitat larvali I diversi habitat larvali (Fig. 18) si possono raggruppare sostanzialmente in quattro gruppi che variano tra un ambiente prettamente acquatico a un ambiente dove non c'è presenza di acqua libera ma l'umidità relativa raggiunge valori quasi del 100%: • Acque superficiali, parte di passaggio tra superficie acquatica e terreno: ambiente tipo per C. imicola, circa la metà dei Culicoides africani vive in questo ambiente. Il terreno può variare da sabbia grossolana (Meiswinkel, 1997) ad argilla fine, che trattiene meglio l'acqua e per periodi più lunghi, vi può essere materiale vegetale in decomposizione o feci di animali. Le stesse caratteristiche chimico-fisiche dell'acqua possono variare (Cribb et al., 2003, Brei et al., 2003). Spesso un fattore importante è l'esposizione diretta alla luce solare, sia per la sua influenza diretta sull'animale, sia per l'evaporazione che causa. L'acqua non è mai alta, come nel caso delle zanzare, C. imicola si ritrova a non più di 2 cm di profondità e a non più di 10 cm dal bordo. • Letame: vi sono Culicoides, tutti del subgenere Avaritia, che richiedono feci fresche di una particolare specie (Bishop et al., 1996), per esempio C. bolitinos si sviluppa nel letame del bufalo africano, altre necessitano di quello di Elefante (Meiswinkel e Braack, 1994, Meiswinkel, 1992), zebre o rinoceronti, specie su cui poi si nutrono, per cui la loro presenza è indispensabile per la presenza dell'insetto stesso. • Cavità di tronchi, piante o rocce: questo tipo di ambiente può variare da profondo, scuro e con acqua stagnate e buchi superficiali, esposti ma umidi, con quantità variabili di materiale vegetale (Mercer et al., 2003). Circa il 15% delle specie di Culicoides in Africa sono sospettate di vivere in questo habitat, tipico soprattutto delle specie ornitofaghe (C. circumscriptus). • Materiale vegetale in decomposizione: soprattutto banani, ma anche altre specie vegetali, la presenza di filaria umana, Mansonella prestans, è stata dimostrata essere legata alla presenza di bananeti in cui il vettore di tale malattia, un Culicoides, riconosce il suo habitat. E' anche il caso di C. impunctatus (Carpenter et al., 2001, Blackwell et al.). 6.4. Diffusione Il genere Culicoides è diffuso, tranne alcune eccezioni come la Nuova Zelanda e le isole Hawaii, in tutto il mondo, in ambienti molto vari, da aree desertiche a quelle urbanizzate (Bouayoune et al., 1998, Elzein et al., 2002). 42 Tra le specie più diffuse importante è C. imicola, che si ritrova in tutta l'Africa (Adeyefa e Dipeolu, Bouayoune et al, 1998, Baylis et al., 1997, Capela e Pena, 1997, Mushi et al., 1998, Rawlings et al., 1998, Venter et al., 1996a, Venter et al, 1996b), Asia e buona parte dell'Europa (Ortega et al., 1998, Boorman et al., 1985, Baylis et al., 2001, Linton, 1998, Miranda et al., 2003, Sarto I Monteys e Saiz Ardanaz, 2003), è segnalato in Italia (Calistri et al., 2003, Caracappa et al., 2003, Conte et al., 2003, De Liberato et al., 2003, Goffredo et al., 2003) fino al 44° parallelo e in tutti i paesi del bacino del Mediterraneo (Boorman et al., 1985), e il suo areale di distribuzione è sovrapponibile alla zona di diffusione della BT (raramente in Africasi sono avuti casi di malattia in zone dove questa specie non è presente). Più complesso e oggetto di approfonditi studi attualmente è l'influenza che ha il cambiamento climatico sulla distribuzione dei vettori e della malattie da essi trasmesse. Il riscaldamento globale, ma non solo, anche tutti i parametri ambientali che influiscono sulla sopravvivenza e riproduzione dei Culicoides possono indurre un ampliamento dell'areale di distribuzione degli stessi (Bishop et al., 1995, Jonsson e Reid, 2000, Wittmann e Baylis, 2000, Wittmann et al., 2001). D'altra parte molte specie sono molto meno diffuse, a causa soprattutto delle condizioni ambientali come temperatura, umidità, precipitazioni e presenza dell' habitat larvale. Pur avendo un raggio di spostamento di 3-4 chilometri e un'autonomia di sfarfallamento di poche decine di metri, nel tempo si possono spostare anche di diversi chilometri. Inoltre le dimensioni particolarmente ridotte rendono possibile il loro trasporto a centinaia di chilometri di distanza (fino a 700) dal punto d'origine da venti con caratteristiche di temperatura, umidità e forza adatte (Bishop et al., 2000). Ciò fa si che ci sia il pericolo, non solo che l'insetto venga trasportato in zone dove la malattia è assente, ma che venga a contatto con specie dello stesso genere potenzialmente vettrici, rendendo così possibile la diffusione della malattia in aree dove non può sopravvivere il vettore originario ma in cui è perfettamente adattato il nuovo, è il caso di Culicoides imicola che grazie al cambiamento climatico può venire a contatto con C. obsoletus o C. pulicaris, che hanno larga diffusione in Europa (Capela et al., 2003). L'altitudine influenza la presenza dell'insetto, C. imicola è stato rinvenuto ad altitudini che variano dai 4 ai 1275 metri sul livello del mare (Baylis et al., 1997). La stagionalità della presenza dei Culicoides dipende da vari fattori (Ward, 1996, Ward e Carpenter, 1996, Wittmann et al., 2002, Rawlings et al., 1998), la temperatura è certamente molto importante come visto, per la sviluppo dell'insetto. In Italia C. imicola è attivo da Aprile a Ottobre. Infine per quanto riguarda l'esofilia, le specie d'interesse epidemiologico sono esofile, tranne C. 43 bolitinus che è endofilo, per cui una stalla chiusa per più dell'80% della sua superficie riduce teoricamente il rischio di puntura. 6.5. Preferenza d'Ospite E' stata dimostrata la specie-specificità di molti Culicoides grazie all'identificazione della provenienza del pasto di sangue (Blackwell et al., 1994, Raich et al., 1997), mentre la cattura di particolari specie in vicinanza di determinati raggruppamenti di animali non è indice sicuro della preferenza nutrizionale, specie collezionate vicino a pecore si è visto nutrirsi sempre su bovini. Un altro approccio per determinare la preferenza d'ospite è il conteggio del numero di sensilla presenti sul tredicesimo segmento delle antenne, specie con numero pari o inferiore a sei si cibano di solito del sangue di mammiferi, mentre quelle con dodici o tredici sensille si cibano su uccelli. Tuttavia questi artropodi dimostrano di adattarsi facilmente, cambiando ospite, da mammifero ad uccello e viceversa in caso di densità particolarmente alta e di scarse sorgenti di sangue. Gli insetti che si cibano su mammiferi non sembrano avere particolari preferenze, generalmente preferiscono un animale con pelo corto o rado a uno con pelo lungo e folto, poiché sul primo è più facile la puntura. Alcune delle specie o gruppi che si nutrono su mammiferi sono: C. imicola, C. fulvitorax, C. milnei, C. zululensis, C. bedfordi, C. magnus, C. brucei, C. bolitinus, C. schultzei group, C. gubelkiani. Imicola si ciba su bovino, cavallo, pecora e maiale (Venter et al. 1996). 6.6. Competenza del Vettore Il termine Arbovirus indica tutti quei virus in grado di infettare un insetto ematofago e di moltiplicare nei tessuti dello stesso per essere poi trasmesso tramite puntura ad un altro ospite vertebrato. Naturalmente perché ciò si avveri è necessario che il pasto di sangue avvenga durante il periodo viremico, che corrisponde grossomodo al periodo febbrile dell'animale, fino a 11 giorni p.i. nella pecora e 49 giorni p.i. nel bovino (Bonneau et al., 2002), tuttavia altri autori riportano la durata della viremia in pecore e capre avere durata più lunga, fino a 54 giorni p.i. (Koumbati et al., 1999), mentre non c'è la possibilità di trasmissione della malattia nel caso in cui il sangue del mammifero contenga solamente l'acido nucleico virale (Tabachnick et al., 1996). 44 Una volta assunto il BTV passa nella parte posteriore dell'esofago dell'artropode by-passando tutti i diverticoli intestinali. Le femmine di C. variipennis possono ingerire circa 10-4 ml di sangue, se il titolo viremico nel vertebrato è di 106 TCDI50 ogni insetto assume 100 TCDI50. Durante i primi due giorni post infezione il titolo virale nel Culicoides diminuisce a causa dell'inattivazione e dell'escrezione fecale che sono superiori alla replicazione del virus, questa fase è conosciuta come eclipse phase. In seguito la situazione si inverte e 7-9 giorni p.i. il titolo virale raggiunge un plateau (5-6 log10 TCDI50), questa concentrazione rimane costante per tutta la vita dell'insetto, circa 9 settimane. Il BTV replica una prima volta nella parete intestinale e poi nell'emolinfa e nelle ghiandole salivari e altri siti secondari quali tessuto neurale e cellule adipose. La disseminazione nell'organismo avviene sia attraverso l'emolinfa, i virioni penetrano nelle cellule degli acini delle ghiandole salivari dall'emocele e dopo una prima replicazione a questo livello vengono rilasciati negli acini terminali, da dove sono trasportati attraverso i dotti intermedi nel lume dei dotti secretori maggiori in formazioni paracristalline, da dove possono essere iniettati durante la puntura nel vertebrato (Mellor, 2000). Non sembra ci sia rilascio di virioni dalle ghiandole all'emocele. La trasmissione diviene possibile 10-14 giorni p.i. (Wittmann et al., 2002, Mecham e Nunamaker, 1994, Venter et al., 1991). La dose di virioni trasmessa durante una sola puntura è in grado di infettare un animale recettivo. Non si sa ancora il motivo per cui nell'insetto non si producono degli effetti così gravi come nei vertebrati, la spiegazione sembra essere la diversa modalità con cui i virioni vengono liberati, mentre nei mammiferi sono rilasciati tramite estrusione e per esocitosi nel Culicoides avviene solo la seconda modalità senza evidente danno cellulare. Inoltre non avviene come nell'ospite vertebrato la cessazione della produzione delle proteine dell'ospite stesso. Ciò che regola la capacità del vettore di trasmettere il virus dipende da vari fattori influenzati dalle complesse interrelazioni tra virus, vettore e ospite vertebrato. Quattro fattori indicano la competenza di un vettore: 1. isolamento del virus da artropodi con addome privo di sangue fresco (cioè non digerito) 2. dimostrazione della capacità dell'artropode di infettarsi tramite pasto di sangue su ospite diretto o sostituti artificiali 3. dimostrazione della capacità di trasmettere l'infezione tramite la puntura 4. dati di campo che confermino la correlazione tra l'artropode infetto e un'appropriata popolazione di vertebrati in cui si abbia malattia o infezione. Diversi studi in vari paesi hanno dimostrato la competenza di alcune specie del genere 45 Culicoides come vettori. In America maggiore importanza assume da questo punto di vista C. variipennis, del subgenere Monoculicoides (Tabachnick 1996, Erasmus, 1975, Holbrook e Tabachnick, 1995, Mecham et al., 1990, Tabachnick et al., 1996), in Europa e Africa C. imicola (Braverman et al., 1985) e C. bolitinus (Venter et al., 1998, Paweska et al., 2002), sono sospettati C. obsoletus group (Miranda et al., 2003) e C. pulicaris (Caracappa et al. 2003), in Australia C. fulvis, C. wadai (Ward et al., 1997), C. actoni, C. brevitarsis (Bishop et al., 1996), in Sud America C. pusillus e C. insignis (Ronderos et al., 2003). Di diverse specie ancora non si sa nulla, sia per la mancanza di evidenze di correlazione tra la malattia e il vettore sia per la mancanza di prove sperimentali. In altre specie infine è stata dimostrata non avvenire la replicazione a causa della presenza di una barriera a livello intestinale che non permette il passaggio del virus (Fu et al., 1999). Secondo alcuni autori, in particolari condizioni il virus può by-passare la barriera intestinale e penetrare direttamente nell'emocele, in questo modo potrebbero essere vettori anche quelle specie che non sono state dimostrate eserlo per la presenza di una barriera intestinale (Mellor, 2000). Naturalmente la capacità della popolazione di un dato artropode di trasmettere efficacemente l'infezione, dato che dal punto di vista epidemiologico assume maggiore importanza, dipende anche da: • densità del vettore, per esempio C. (Monoculicoides) cornutis, una specie diffusa in tutta l'Africa è stata dimostrata essere in grado di trasmettere l'infezione, ma la sua presenza rara e stagionale induce a pensare che non sia importante nella diffusione e trasmissione della BT. Dall'altra parte alcuni vettori sono più efficienti, 26780 C. brevitarsis equivalgono a 173 C. fulvus. • sierotipo (Mecham e Nunamaker), infatti è probabile che diversi ceppi presentino diverse proteine non strutturali che come è stato dimostrato hanno un ruolo determinante nel rilascio della particella virale dalle cellule dell'insetto vettore, e può essere proprio questa differenza genetica tra i diversi sierotipi ad influire sulla competenza vettoriale (van Niekerk et al., 2003) • livello di viremia nell'ospite vertebrato, vi è un limite massimo sopra il quale non aumenta oltre la probabilità per l'insetto di infettarsi (viremia soglia, livello che consente di infettarsi al 1-5 % di artropodi che pungono, stabilita solo per le zanzare) • età della popolazione di insetti, definita come percentuale di parus, maggiore è il numero di queste, cioè le femmine che hanno già assunto il primo pasto di sangue e pronte per pungere di nuovo, maggiore sarà la percentuale della popolazione ematofaga probabilmente infetta Venter et al., 1997). • circostanze ambientali (Braverman et al., 2001, Murray, 1995), temperatura (Ortega et al., 46 1999), importante sia per il vettore sia per la replicazione virale, basse temperature non uccidono l'insetto, ma bloccano la virogenesi, la cui temperatura è inferiore a quella di sopravvivenza dell'insetto (Mullens et al., 1995, Wittmann et al., 2002), vitalità del vettore (non si sa nulla riguardo l'effetto dell'infezione virale sul Culicoides). Inoltre il sovraffollamento per esempio porta alla nascita di femmine più piccole e meno attive. • trasmissione verticale, che sarebbe dimostrata in caso di ritrovamento del virus in maschi (che non si cibano di sangue per cui non possono infettarsi) o in femmine nulliparus (che non hanno ancora effettuato il loro primo pasto di sangue), non ha avuto riscontri in natura fino ad oggi, ma il recentemente ritrovamento di larve e pupe infette, come abbiamo visto, fa sospettare che sia possibile (White et al., 2003). Ricordiamo brevemente che i Culicoides sono vettori non solo di questo virus, ma anche di altre malattie virali, oltre 50 (Mellor et al. 2000) e non degli animali domestici, quali: • Sweet-itch: una dermatite allergica dei cavalli, colpisce stagionalmente soprattutto la pelle di collo, coda e garrese. • Filariosi: data da parassiti del genere Onchocerca e Dipetalonema. • Protozoonosi: degli ordini Eucoccida e Kinetoplastida. • Virosi: oltre al BTV sono vettori di vari virus tra cui i più importanti sono quello della Febbre della Valle del Rift (Traore-Lamizana, 2001), Akabane (Meiswinkel et al., 1994), Epizootic haemorrhagic disease del cervo (Meiswinkel et al., 1994), Encefalosi equina (Venter et al., 1999, Venter et al., 2002), Peste Equina (Meiswinkel et al., Venter et al., 2000), Bovine Ephemeral Fever (Nandi e Negi, 1999, Venter et al., 2003), Eastern Equine Encephalitis (Meiswinkel et al., 1994). (Tav.1). Tav.1: Virus isolati nel mondo da Culicoides spp. Virus Abbrevi- Family Genus ation Antigeni Culicoides Group or c group spp. Subgenus Contents Rift Valley Fever RVF Bunyaviridae Phlebovirus PHL Mixed pool - Lokern LOK Bunyaviridae Bunyavirus BUN variipennis Monoculicoides North America Main Drain MD Bunyaviridae Bunyavirus BUN variipennis Monoculicoides North America Belmont BEL Bunyaviridae Bunyavirus ? Marksi bundyensis Unassigned Australia Aino AINO Bunyaviridae Bunyavirus SIM brevitarsis Avaritia Asia, Australasia 47 Africa Virus Abbrevi- Family Genus ation Akabane Antigeni Culicoides Group or c group spp. Subgenus Contents AKA Bunyaviridae Bunyavirus SIM Imicola brevitarsis wadai oxystoma milnei Avaritia Avaritia Avaritia Remmia Hoffmania Africa Asia Australasia Australasia Australasia Africa Asia Buttonwillow BUT Bunyaviridae Bunyavirus SIM Mixed pool - North America Douglas DU Bunyaviridae Bunyavirus SIM brevitarsis Avaritia Australasia Oropouche ORO Bunyaviridae Bunyavirus SIM paraensis Haematomyidiu South m America Peaton ? Bunyaviridae ? ? brevitarsis Avaritia Australasia Sabo SABO Bunyaviridae Bunyavirus SIM Mixed pool - Africa Sango SAN Bunyaviridae Bunyavirus SIM Mixed pool - Africa Sathuperi SAT Bunyaviridae Bunyavirus SIM Mixed pool - Africa, Asia Shamonda SHA Bunyaviridae Bunyavirus SIM imicola Avaritia Africa Shuni SHU Bunyaviridae Bunyavirus SIM Mixed pool - Africa Thimiri THI Bunyaviridae Bunyavirus SIM Histrio, histrio, nivosus Meijerehelea Meijerehelea Meijerehelea Australasia Asia, Africa Tinaroo TIN Bunyaviridae Bunyavirus SIM brevitarsis Avaritia Australasia Congo CON Bunyaviridae Bunyavirus CHFCON Mixed pool - Africa Asia Dugbe DUG Bunyaviridae Nairovirus NSD Mixed pool - Africa Nairobi NSD sheep disease Bunyaviridae Nairovirus NSD tororoensis Avaritia Africa Issyk-kul Bunyaviridae Nairovirus - Schultzei s.l. Remmia Asia African horse AHS sickness Bunyaviridae - AHS Imicola, gubelkiani Avaritia Avaritia Africa Asia Africa Asia Bluetongue BLU Reoviridae Orbivirus BLU tororoensis, imicola, bolitinos, gubelkiani, obsoletus, insignis, milnei, pycnostictus variipennis Avarita Avaritia Avaritia Avaritia Avaritia Hoffmania Hoffmania Meijerehelea Monoculicoides Africa Asia Africa Asia Africa Asia Africa Asia N. America N. America Africa Asia Africa Asia N. America Epizootic EHD haemorrahag ic fever Reoviridae Orbivirus EHD Mixed pool kingi schultzei brevitarsis variipennis Remmia Remmi Avaritia Monoculicoides Africa Africa Africa Australasia N America IK 48 Virus Abbrevi- Family Genus ation Antigeni Culicoides Group or c group spp. Subgenus Contents Equine EE encephalosis disease Reoviridae Orbivirus EE Mixed pool - Africa Eubenangee EUB Reoviridae Orbivirus EUB marksi - Australasia Bunyip Creek BC Reoviridae Orbivirus PAL Brevitarsis oxystoma Avaritia Remmia Australasia Australasia CSIRO Village CVG Reoviridae Orbivirus PAL brevitarsis Avaritia Australasia D'Aguilar DAG Reoviridae Orbivirus PAL brevitarsis Avaritia Australasia Marrakai MAR Reoviridae Orbivirus PAL Mixed pool - Australasia Nyabira ? Reoviridae Orbivirus PAL imicola Avaritia Africa Cul. 1/69 ? Reoviridae Orbivirus PAL Mixed pool - Africa Cul. 2/69 ? Reoviridae Orbivirus PAL Mixed pool - Africa Chuzan ? Reoviridae Orbivirus PAL oxystoma Remmia Eastern Palaearctic Gweru ? Reoviridae Orbivirus PAL Mixed pool - Africa Wallal WAL Reoviridae Orbivirus WAL Dycei, marksi Unassigned Australasia Mudjinbarry ? Reoviridae Orbivirus ? marksi Unassigned Australasia Mitchell River MR Reoviridae Orbivirus WAR Mixed pool - Australasia Warrego WAR Reoviridae Orbivirus ? Dycei, marksi actoni Unassigned Avaritia Australasia Australasia Letsitele ? Reoviridae Orbivirus Rabies Bolitinos, imicola, zululensis magnus Avaritia Avaritia Hoffmania, Culicoides Africa Africa Africa Africa Kotonkan KOT Rhabdoviridae Lyssavirus VSV Mixed pool - Africa Vescicular stomatitisNew Jersey VSNJ Rhabdoviridae Vesciculovirus BEF Mixed pool - North and South America Bovine ephemeral fever BEF Rhabdoviridae ? BEF Imicola, brevitarsis, coarctatus Avaritia Avaritia Unassigned Africa Asia Australasia Africa Asia Kimberley KIM Rhabdoviridae ? ? brevitarsis Avaritia Australasia Kununurra KNA Rhabdoviridae ? ? austropalpalis similis group Australasia Tibrogaragan TIB Rhabdoviridae ? ? brevitarsis Avaritia Australasia Bivens Arm ? Rhabdoviridae ? ? insignis Hoffmania N. America Sweetwater Branch ? Rhabdoviridae ? ? insignis Hoffmania N. America Wongabel ? Rhabdoviridae ? ? austropalpalis Similis group Australia Ngaingan NGA Rhabdoviridae ? ? Mixed pool - Australia Wongorr WRG Rhabdoviridae ? ? pallidothorax Unassigned Australia Flaviviridae B Mixed pool - Africa Asia Israel Turkey IT meningitis Flavivirus 49 Virus Abbrevi- Family Genus ation Eastern Equine encephalomielitis EEE Togaviridae Alphavirus Antigeni Culicoides Group or c group spp. Subgenus A Mixed pool - Contents Asia Australasia Europe North and South America Tratto da: Meiswinkel-R, Nevill-E-M, Venter-G-J. Vectors: Culicoides spp. 5, 68-89. in: Coetzer-J-A-W, Thomson-G-R, Tustin-R-C. 1994. Infectious Diseases of Livestock. Vol. I. Oxford University Press. 50 7. Obiettivi del lavoro Nelle tendopoli Saharawi già nel 2002 sono stati effettuati prelievi di siero al fine di valutare la presenza di sieropositività a BT, Brucellosi, Clamidiosi, febbre Q, e Salmonellosi. Su questi campioni, provenienti da caprini, ovini e dromedari è stata eseguita la prova Elisa competitiva per la ricerca di anticorpi anti-BT. Si è rilevata una positività in 67 animali (91 % degli animali testati), 44 ovini (98 %), 18 caprini (100 %) e 5 dromedari (50 %) (Mulatti, 2003). Tutti questi animali provenivano dalle zone confinanti e sono stati visitati e registrati presso il centro di quarantena nella tendopoli di Dajla. Dati ufficiali indicano che in Algeria sono stati individuati 196 casi di BT in bovini con 29 capi morti in 28 occasioni diverse nel 2000, come casi si sono verificati in Mauritania nel 2001 (OIE, 2001). Quest'esperienza ha suscitato l'interesse nel vedere il significato di questa positività nella popolazione animale, data anche l'attualità di tale malattia. Scopo della ricerca è stabilire se la positività alla BT nella popolazione di ruminanti presenti nelle tendopoli Saharawi è dovuta alla presenza dell'infezione, quindi di un vettore competente per la trasmissione e del virus, oppure se è dovuta ad animali venuti a contatto con l'antigene in altri luoghi o con altre modalità. Elementi fondamentali di quest aspetto sono: • la verifica della presenza nell'area di Culicoides in grado di trasmettere l'infezione; • la verifica della presenza di soggetti nati e vissuti nell'area, che presentino anticorpi nei confronti di BTV. Si è proceduto utilizzando una trappola per la cattura dei vettori, dello stesso tipo utilizzato attualmente in Italia per la sorveglianza entomologica dei Culicoides, sono stati fatti dei prelievi di siero a campione da animali rappresentativi della popolazione, che sono stati sottoposti alla prova ufficiale OIE per la ricerca di anticorpi anti-BTV e si sono isolati due gruppi distinti di animali, il primo composto da soggetti nati in loco e mai spostati, e il secondo di animali in entrata da altre zone oltre i campi Saharawi. 51 52 8. Materiali e Metodi Il lavoro si è svolto nelle tendopoli nel periodo dal 6/04 al 27/04/2004, periodo di soggiorno del sottoscritto nella Repubblica Araba Democratica Saharawi, ed ha previsto il trappolamento di Culicoides spp. tramite una trappola luminosa tipo “Onderstepoort” e il prelievo di sieri ovini e caprini al fine di verificarne la sieropositività al virus della Bluetongue. 8.1. La Trappola “Onderstepoort” Per la collezione degli insetti è stata usata una trappola luminosa tipo “Onderstepoort”. Si tratta di una macchina così costituita: un telaio di metallo che visto di lato ha un profilo di tronco di piramide rovesciato fa da supporto a delle lampade a fluorescenza, ad una ventola e ad una mutanda che collega lo stesso ad un contenitore di plastica. Le lampade da 8 watt, in numero di due, sono dei tubi al neon che emettono luce alla lunghezza d'onda del campo dell'ultravioletto. La ventola è posta al di sotto delle lampade e produce un flusso di aria dall'alto verso il basso. E' mossa da un motore elettrico da 6.8 watt. Al di sotto della ventola si collega al telaio metallico una mutanda, in pratica un cono di stoffa particolare a cui gli insetti non rimangono attaccati aperto da entrambi i lati, ad un'estremità come detto si collega al di sotto della ventola in modo che non ci siano vie di uscita per gli insetti, e all'altra ad un contenitore di plastica bianca. Le parti tra le lampade e la ventola sono avvolte da una rete a maglie fini che hanno la funzione di fare una prima selezione degli insetti che arrivano attirati dalla luce. Il tutto è stato alimentato con una batteria da auto da 100 watt, 12 volt, collegata tramite il cavetto di cui è provvista la trappola (Fig. 19). Si è optato per l'utilizzo di una sola trappola invece di due alla volta come stabilito precedentemente, a causa dell'elevato rischio di furti, sebbene ci fosse il coprifuoco a mezzanotte. Lo strumento era visibile a diverse centinaia di metri di distanza a causa delle notti particolarmente buie per la mancanza di illuminazione pubblica e per la limpidezza dell'aria. Ciò d'altra parte ha permesso una migliore funzionalità della macchina che così ha potuto attirare più insetti, come spiegato anche in Bishop et al. (2000) e Kettle et al. (2003). Un altro fattore che ha influenzato l'utilizzo della trappola e il numero di insetti catturati è il vento, in notti particolarmente ventose questo cala drasticamente (Baylis et al., 1998, Blackwell, 53 1997, Kettle et al., 1998), rendendo a volte anche impossibile il posizionare la trappola. Figura 19: Trappola tipo "Onderstepoort", usata per le catture, in funzione. 8.2. Funzionamento e utilizzo Le luci, accese quando la luce diurna comincia a scemare, quindi poco prima del tramonto attraggono gli insetti, si è visto che la particolare luce emessa dalla trappola ha un maggiore potere di attrazione della normale luce bianca. Il picco di attività degli insetti è stato riportato da Mullens (1995) essere circa tre quarti d'ora dopo il tramonto del sole e all'alba. Gli insetti che giungono alla trappola attraversano, se di dimensioni adeguate, la retina che quindi seleziona una prima volta gli artropodi. Entrati, la ventola li risucchia verso il basso e li spinge attraverso il tubo di stoffa nel contenitore di plastica posto all'estremità opposta in cui è contenuta dell'acqua con sapone liquido, questo agisce da tensioattivo impedendo che gli insetti si attacchino gli uni agli altri. La trappola viene posta in prossimità degli animali, appesa a circa un metro e mezzo (Braverman e Linley, 1993) da terra tramite il gancio di cui è fornita, all'altezza di volo degli insetti, considerando per la misura la fonte luminosa, proteggendola possibilmente dalla curiosità, spesso 54 troppo invadente, degli animali. Si riempie dapprima uno dei contenitori di plastica per circa metà di una soluzione di acqua e sapone liquido (1-2 ml). Si appende l'altro barattolo vuoto alla trappola e attraverso la mutanda si versa la soluzione in quest ultimo. A questo punto si collega la trappola alla batteria o alla corrente elettrica e la si lascia in loco per tutta la notte, disattivandola un'ora circa dopo l'alba, dopo 12-13 ore di funzionamento. Si rimuove il barattolo bianco facendo attenzione a non versarne il contenuto che si filtra con l'aiuto di un colino e di una garza per separare gli insetti catturati dalla soluzione di acqua e sapone, facendo attenzione a raccoglierli tutti. Gli insetti sono poi conservati in alcool a 70% in luogo fresco (a temperatura ambiente). Con la matita copiativa si classifica la provetta contenente la cattura in modo univoco scrivendo su un'etichetta adesiva la data di raccolta, la provincia, il comune, la località e il codice aziendale dell'allevamento presso cui si è effettuato il trappolamento. Infine si compila l'apposito modulo SBT06. (Appendice I). Tutte queste manualità sono state svolte in campo. Le temperature massima e minima notturna (dal posizionamento della trappola o dalle ore 20:00 fino alla mattina alle ore 8:00 o al momento della raccolta della cattura) sono state misurate con un termometro elettronico interno/esterno con memoria di temperature min/max LCD modello THM912, mentre l'umidità massima e minima, sempre notturne, sono state rilevate con un termometro/igrometro digitale Trevi ME3110. Gli stessi dati sono stati rilevati anche durante il giorno (dalle ore 8:00 alle ore 20:00). 8.3. Posizionamento della trappola La trappola è stata posta nelle notti del 12, 13, 14, 15, 17, 20, 21, 26 Aprile in quattro diverse postazioni: due nei pressi di Rabuni, una nell'orto di Tifariti nei territori liberati e una nell'orto della Wilaya di Smara. Il primo sito si trova all'interno del Protocollo di Rabuni. Sebbene sia un posto chiuso, come si può vedere dalla foto (Fig. 20), nelle vicinanze è presente una pozza con dell'acqua stagnante dove vengono fatti pascolare durante il giorno alcuni capi di ovini e caprini, che poi durante la notte sono rinchiusi in un corral subito all'esterno del Protocollo. Inoltre è abbastanza riparato per permettere la cattura di insetti anche nelle notti particolarmente ventose. La trappola è stata posta sempre a un metro e mezzo da terra, ma secondo Braverman e Linley (1993) alcune specie di 55 Culicoides, tra cui C. imicola, possono volare anche a 26 metri d'altezza, sarebbero quindi in grado di sorvolare il muro esterno e di raggiungere la trappola. Il secondo sito si trova al limite della pozza più sopra menzionata (Vedi foto 21). Figura 20: L'interno del Protocollo di Rabuni, il Primo sito di cattura. Figura 21: La pozza nei pressi del Protocollo di Rabuni, il secondo sito di cattura. Il terzo è l'orto di Tifariti, nei territori liberati, vi è presenza di acqua e gli animali si trovano a pascolare durante il giorno nei suoi pressi e durante la notte stazionano poco distante. Infine, l'ultimo sito si trova nell'orto della tendopoli di Smara, e come il precedente presenta disponibilità d'acqua e la presenza di animali. 8.4. Riconoscimento degli insetti catturati La garza, una volta che è stata utilizzata per la filtrazione della cattura, posta in alcool, in laboratorio viene risciacquata e tutti gli insetti sono raccolti in una vaschetta da dove poi sono raccolti e posti in un'altra provetta, sempre in alcool. Il riconoscimento, eseguito presso il laboratorio di parassitologia dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, si effettua allo stereo microscopio, ponendo gli insetti in una piastra Petri con abbondante alcool 70%, in modo che l'artropode sia completamente immerso. Poi ingrandendo si osservano le ali e le caratteristiche del corpo dell'animale, isolandolo in un primo momento dagli altri insetti catturati. I campioni sono stati poi inviati all'Istituto Zooprofilattico Sperimentale “G. Caporale” dell'Abruzzo e Molise, Centro di Referenza Nazionale per le Malattie Esotiche, per il riconoscimento di specie, effettuato allestendo dei vetrini per la microscopia ottica con le ali, le 56 antenne e gli organi genitali, tutti questi hanno infatti valore tassonomico. 8.5. Gli animali Gli animali da cui è stato prelevato il siero sono un gruppo rappresentativo della popolazione ovi-caprina presente nelle tendopoli, mentre non è stata testata la popolazione di dromedari a causa dello scarso numero di tali animali nelle Wilaya al momento, e della mancanza di personale, un prelievo da questi animali richiede almeno quattro persone per la contenzione, mentre un quinto effettua il prelievo. Si è cercato poi di isolare dai soggetti quelli la cui nascita si è verificata in loco e che non sono stati mai spostati. Non sempre è stato possibile risalire alla provenienza degli animali, soprattutto per i soggetti più anziani. Se da una parte l'allevatore non ricordava con certezza se il dato animale fosse nato in loco o l'avesse comprato, altre volte, e questo era il caso più frequente, c'era una difficoltà di comunicazione diretta del sottoscritto con la proprietaria, che quasi sempre non parlava spagnolo. Era necessario allora la traduzione di un tecnico o di un veterinario del Departemento de Veterinaria locale, rendendo così a volte molto confusa la discussione. Inoltre si sono isolati gli animali in entrata da altre zone. Dei 504 animali testati 240 erano ovini, pari al 59.4 % del totale, mentre 164 erano caprini. Sono stati isolati 28 animali nati nelle tendopoli, 27 ovini e un caprino. Gli animali in entrata controllati sono stati 100. La Tabella 2 riassume le caratteristiche principali degli animali campionati. Non di tutti gli animali si è potuto risalire all'età, tuttavia, l'età media dei 232 animali di cui questo dato è noto è di 2 anni e mezzo, 15 animali hanno circa un anno. Tab. 2 N° di capi Animali testai in totale 504 Pecore 240 Capre 164 Pecore nate in loco 27 Capre nate in loco 1 Animali in entrata 100 Tabella riassuntiva degli animali testati per verifica della sieropositività al virus della Bluetongue. 57 8.6. Prelievo di siero ovino e caprino Questa attività è stata svolta durante il lavoro routinario di visita del bestiame da parte del capoprogetto e del personale del Departemento de Veterinaria, in contemporanea alla campagna di vaccinazione contro l'enterotossiemia. Il siero è stato prelevato da animali presenti nei campi profughi saharawi, sia ovini che caprini, tramite Vacutainer con aghi da 23 G dalla vena giugulare previo evidenziamento della stessa tramite pressione manuale a valle del punto di prelievo. Isolato tramite coagulazione e separazione del coagulo dal siero a temperatura ambiente è stato posto in provette Eppendhorff da 1,5 ml, versato manualmente, e conservato in congelatore fino al momento della spedizione. Il trasporto in Italia è avvenuto tramite via aerea, in borsa termica. E' stata eseguita la prova ufficiale OIE per la Bluetongue, ELISA competitiva (vedi pag. 24), presso il laboratorio di immunologia dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. Si è usato un kit ELISA Competitiva prodotto dall'Istituto Zooprofilattico Sperimantale dell'Abruzzo e del Molise (Lelli et al., 2002) che comprende micropiastre a 96 pozzetti contenenti l'antigene BT di più semplice utilizzo rispetto alla prova descritta nel Manual of standards diagnostic tests and vaccines dell'OIE. In ogni pozzetto vanno posti 25 μl di campione tenendo liberi quattro pozzetti per i controlli in bianco, positivo e negativo (generalmente i primi quattro della prima colonna). La procedura è automatizzata. I controlli, forniti con il kit sono ricostituiti con 1 ml di soluzione di diluizione. Si aggiunge quindi ai pozzetti lasciati liberi, come detto, 25 μl di acqua distillata in quelli destinati alla prova in bianco, negli altri il controllo negativo e quello positivo. Le piastre sono poi incubate a temperatura ambiente per 15 minuti al buio. Segue un lavaggio con 300 μl di soluzione di lavaggio fornita diluita per tre volte. Si aggiungono in ogni pozzetto 50 μl di anticorpo monoclonale coniugato con rafano-perossidasi diluito con la soluzione di diluizione e si incuba per 15 minuti a temperatura ambiente. Si procede quindi ad un secondo lavaggio con 300 μl di soluzione di lavaggio diluita come precedentemente, si aggiungono 100 μl di substrato cromogeno e si incuba a temperatura ambiente al buio (perchè il substrato cromogeno è fotosensibile) per mezz'ora o fino a che i pozzetti contenenti il Mab di controllo letto allo spettrofotometro alla lungheza d'onda di 655 nm non ha raggiunto una densità ottica tra 0,5 e 0,7. Infine si aggiungono 50 μl di soluzione stop (acido solforico) e si procede alla lettura allo 58 spettrofotometro alla lunghezza d'onda di 450 nm (il contenuto dei pozzetti all'aggiunta della soluzione di stoppaggio assumono una colorazione gialla più o meno intensa a seconda del titolo degli anticorpi anti-BT contenuti nei campioni). Questo test ha una sensibilità del 100%, una specificità del 99,1% (Lelli et al., 2003). Oltre a questa prova sono stati eseguiti altri test per la diagnosi di sieropositività per altre malattie infettive per il monitoraggio delle stesse da parte del servizio veterinario locale ma che non riguardano il presente lavoro (diagnosi sierologica per Clamidiosi, Febbre Q e Brucella aboruts/melitensis). 59 60 9. Risultati 9.1. Le catture: Sono state eseguite otto diverse catture in quattro distinti luoghi. Secondo le modalità già descritte, nel periodo dal 7 Aprile 2004 al 26 Aprile 2004. Nello stesso periodo sono state rilevate le temperature massime e minime diurne e notturne, e le corrispondenti umidità relative, come si può vedere dalla Tabella 3 che riporta i dati raccolti. Tab. 3 Data T max diurna (°C) T min T max T min Umidità diurna (° notturna notturna rel max C) (°C) (°C) diurna (%) Umidità Umidità Umidità rel min rel max rel min diurna notturna notturna (%) (%) (%) 08/04/04 37,4 19,6 31,8 18,5 33 12 30 12 09/04/04 27,9 19,6 28,9 15 50 36 44 30 10/04/04 25,1 17 20,1 12 57 30 37 13 11/04/04 33,7 11,7 17,1 10 48 29 41 36 12/04/04 28,5 13,8 20 12 47 28 40 30 13/04/04 33,4 25 21,2 11,1 47 26 42 31 14/04/04 32,5 14,2 26 11,7 45 29 43 30 15/04/04 33 13,2 26,9 12,1 44 30 43 34 17/04/04 35,2 18,5 19,3 10,2 43 31 33 22 19/04/04 40 16,5 29,9 14,2 44 22 41 34 20/04/04 41,9 17,1 30,3 14,8 44 22 41 34 21/04/04 39,5 16,3 28,2 14 43 23 42 32 26/04/04 39,9 17 29,6 13,5 44 30 43 31 Il periodo diurno va dalle ore 8:00 alle 20:00 e quello notturno dalle ore 20:00 alle 8:00. La temperatura più alta raggiunta è stata di 41,9 °C il giorno 20 Aprile e la più bassa di 10 °C il giorno 11. La media è di 25,95 °C. L'umidità relativa invece ha raggiunto il 57 % il 10 e il 12 % . il giorno 8. La media è di 34,2 %. La temperatura media notturna in questo periodo è stata di 20,9 °C con un massimo toccato nella notte del 8 Aprile e un minimo il 11 Aprile. L'umidità relativa media notturna è stata del 28 % con un massimo di 44 % la notte del 9 Aprile e un minimo il 8 Aprile. La Tabella 4 riassume invece la posizione e le condizioni climatiche delle otto catture. 61 Gli animali nei pressi dei siti di cattura sono principalmente ovini e caprini, ma in un caso, a Tifariti, erano anche presenti degli equini, in particolare alcuni asini, mentre a Smara e Tifariti vi erano nelle vicinanze anche dei dromedari. Tab. 4 Data Sito Animali presenti T max T min Umidità Umidità (°C) (°C) max (%) min (%) 12/04/04 Rabuni Protocollo Ovini, Caprini 20 12 40 30 13/04/04 Rabuni Protocollo Ovini, Caprini 21,2 11,1 42 31 14/04/04 Rabuni Pozza Ovini, Caprini 26 11,7 43 30 15/04/04 Rabuni Pozza Ovini, Caprini 26,9 12,1 43 34 17/04/04 Tifariti Orto Ovini, Caprini, Dromedari 19,3 10,2 33 22 20/04/04 Rabuni Protocollo Ovini, Caprini 30,3 14,8 41 34 21/04/04 Rabuni Pozza Ovini, Caprini 28,2 14 42 32 26/04/04 Smara Orto Ovini, Caprini, Dromedari 29,6 13,5 43 31 Equini, Tabella riassuntiva delle principali caratteristiche dei siti di cattura. In queste otto catture l'unica che non ha prodotto risultati, cioè con la quale non sono stati catturati insetti è stata quella effettuata a Tifariti, molto probabilmente per il vento eccessivamente forte. In altre, le prime quattro, non sono stati isolati Culicoides spp. e il numero totale di insetti è stato molto basso. Infine nelle ultime tre il numero totale di insetti è stato molto più alto e sono stati isolati esemplari del genere Culicoides, nessuno dei quali della specie C. imicola. La Tabella 5 mostra i risultati delle catture effettuate. Tab. 5 Data N° tot insetti N° tot Culicoides (% Specie identificata. sul N° tot di insetti) 12/04/04 2 0 (0%) 0 (0%) 13/04/04 2 0 (0%) 0 (0%) 14/04/04 281 0 (0%) 0 (0%) 15/04/04 2 0 (0%) 0 (0%) 17/04/04 0 0 (0%) 0 (0%) 20/04/04 11 4 (36,36%) C. similis 0 (0%) 21/04/04 4047 7 (0,17%) C. similis 0 (0%) 26/04/04 1826 7 (0,16%) Culicoides spp. 0 (0%) 62 N° C. imicola (% sul N° tot Culicoides) Degli esemplari ritrovati, al riconscimento di specie si è riscontrata la presenza di C. similis, una specie ornitofila (Jupp et al., 1980), le cui larve riconoscono come loro habitat delle pozza d'acqua stagnante (Nevill e Dyce, 1994), maschi (Fig. 22) e femmine (Fig. 23), presente anche in sud Italia, ma della cui competenza vettoriale per il virus della Bluetongue non ci sono prove in letteratura, sebbene Venter et al. (1996) ne indichino la potenzialità. Sono stati isolate altre specie non identificate per il cattivo stato di conservazione, comunque nessun esemplare della specie C. imicola. Figura 22: Maschio di C. similis catturato presso le tendopoli Saharawi. Si notino gli organi genitali esterni e le ali. Figura 23: Esemplare femmina di C. similis catturato. 9.2. La sierologia Dagli oltre 30.000 ovi-caprini presenti nelle tendopoli è stato prelevato il siero da un campione di 504 animali, numericamente sufficiente a rivelare un'infezione presente con una prevalenza ≤1, con limiti di confidenza del 99% (vedi Tab. 1, pag. 13). In totale sono stati esaminati i sieri di 504 animali, di cui 404 stabili nelle tendopoli e 100 in entrata. Da 218 di questi animali è stato prelevato il siero nel periodo Gennaio-Marzo 2004, gli altri sono stati testati nel periodo di Marzo-Aprile 2004, durante la permanenza del sottoscritto nei territori della RASD. Durante questa seconda fase di prelievi, 52 animali sono stati testati una seconda volta e 17 una terza. I risultati hanno rilevato una sieropositività alla BT nella popolazione stabile nelle tendopoli del 31,43% (127 animali su 404), mentre nel gruppo di animali in entrata la stessa è risultata essere del 64% (64 animali positivi su 100) (Tab. 6 e 7) 63 La sieropositività è risultata essere molto maggiore nelle pecore (64,5 %) che nelle capre (53,4%). Negli animali campionati più volte si sono rilevati 6 casi di siero-conversione, animali risultati negativi al primo test sono poi risultati positivi ai successivi, in due casi si è verificato il contrario (da positivi a negativi). Sieropositività nei gruppi animali % di sieropositivi 100% 80% 60% 40% 20% 0% pop tot nati in loco in entrata Negativi 227 25 36 Positivi 127 3 64 Positivi Negativi Tabella 6: Grafico rappresentante la percentuale di sieropositività alla BT nei tre gruppi: la popolazione totale, i nati in loco e gli animali in entrata. Degli animali nati in loco (28 capi), 3, tutti ovini di 2 e 3 anni, sono positivi al test c-Elisa, pari al 10,7% (Tab. 7). Tab. 7 + - 127 277 Ovini 82 158 Caprini 45 119 Animali nati in loco 3 25 Ovini 3 24 Caprini 0 1 64 36 Popolazione totale Animali in entrata 64 10. Discussione Come abbiamo visto dai risultati la sieropositività è molto alta, pur tuttavia il ritrovamento di animali che presentino sintomi riconducibili ad un'infezione da BTV è assente. Sottolineiamo che gli animali di cui si parla sono razze autoctone, adattate ad un ambiente ostile e che quindi come riportato in letteratura sono generalmente resistenti alla malattia, tanto che in questo tipo di soggetti è riconosciuta una sintomatologia subclinica. D'altra parte il controllo del sottoscritto e del servizio veterinario sugli animali è stato comunque difficile per le particolari condizioni di lavoro più sopra descritte, spesso il proprietario non è stato in grado di indicare con sicurezza la provenienza degli animali, se qualcuno di essi ha presentato sintomi clinici e se anche fosse non si ricordva o preferiva non dire quale si era ammalato, inoltre anche la raccolta, per problemi linguistici soprattutto, dei dati anamnestici non è stata sempre facile. La presenza del virus non è stata quindi dimostrata direttamente, ma la presenza di un'elevata prevalenza nella popolazione di animali venuti in qualche modo in contatto con l'antigene, ricordiamo che in loco non viene eseguito alcun tipo di vaccinazione per la BT, indica che molto probabilmente il virus è presente se non nella zona in quelle circostanti. Sfortunatamente poco o nulla si sa della situazione epidemiologica nei paesi confinanti, secondo dati OIE si sono avuti 196 casi nel settembre del 2000 in Algeria, ma non ne sono stati descritti altri negli anni successivi, e per quanto riguarda la Mauritania risulta la presenza di positività nel 2001 ma non si hanno dati per gli anni seguenti, il Marocco infine non è mai risultato positivo dal 1996 ad oggi (da notare che comunque a causa della situazione politica tra Marocco ed Algeria e Marocco e RASD, come abbiamo detto si tratta di uno stato di tregua bilaterale, non vi sono, com'è logico, scambi commerciali). Per quanto riguarda la sieroconversione, dei sei casi rilevati tre come detto hanno mostrato un cambiamento da positivo a negativo del test, è questo è sicuramente dovuto alla sensibilità del test ELISA utilizzato. Lo stesso discorso naturalmente non può essere fatto con sicurezza negli altri casi in cui gli animali da negativi sono poi risultati positivi (questi sono il 5% dei soggetti risultati negativi all'inizio e testati una seconda o una terza volta). Negli animali nati in loco, tutti testati una sola volta, come abbiamo potuto notare tre su ventotto sono sieropositivi, pari al 10.7%. Come per gli altri questo risultato può essere dovuto alla specificità del test, ma una percentuale così elevata difficilmente non comprende anche animali realmente positivi. 65 Gli esemplari di Culicoides campionati con le catture sono stati identificati come C. similis specie presente anche nel sud Italia, ornitofila, ma di cui non si conosce la competenza vettoriale, ma alcuni autori (Venter et al., 1996) la ipotizzano. Come abbiamo visto la classificazione di questo genere di artropodi è tutt'oggi in via di studio e le differenze tra le varie specie se non tra i diversi subgeneri stessi sono talmente piccole da renderne particolarmente difficoltoso il riconoscimento, tanto che questo può risultare affidabile solamente se effettuato da persone esperte che hanno dedicato anni di studio alla materia. Si ringrazia il Dottor R. Meiswinkel dell'Onderstepoort Veterinary Institute per la sua disponibilità nell'identificazione di specie degli artropodi. Pur con le dovute precauzioni, possiamo affermare che la presenza del genere Culicoides e più in particolare di C. similis è un'idicazione in più a favore della tesi della presenza del BTV nella zona presa in esame. Inoltre ci sono anche le caratteristiche ambientali adatte a permetterne la sopravvivenza e la riproduzione. Nei periodi di condizioni avverse in cui queste circostanze vengano a mancare si può ipotizzare che il virus si mantenga in natura con le stesse modalità descritte da altri autori in altre parti del mondo (diapausa dei vettori, animali reservoir, infezione permanente dei linfociti T di pecora, viremie prolungate di durata maggiore del periodo avverso ai Culicoides), con l'unica differenza che si ripetono non solo durante la stagione invernale ma verosimilmente anche durante quella estiva. E' solo un'ipotesi e la sua dimostrazione esula dalla finalità di questo lavoro, maggiori dati devono essere raccolti per poterla affermare con decisione e sicurezza. E' anche possibile che i vettori siano stati trasportati in zona dai venti, tanto più che questi soffiano durante quasi tutto l'arco dell'anno, come visto, da zone relativamente vicine dove la presenza sia del virus che dei vettori è provata. Comunque sia la loro presenza rende possibile la trasmissione del virus e dell'infezione e quindi, nel caso di assenza dello stesso, una volta che questo arrivi, la sua endemizzazione, piuttosto che un'epidemia. 66 11. Conclusioni Come abbiamo visto i dati non sono definitivi e ancora diversi studi dovrebbero essere eseguiti per stabilire definitivamente: • la presenza del virus; • il ruolo nella diffusione mondiale della Bluetongue di C. similis, di cui non si hanno notizie in letteratura; • quante e quali altre specie di Culicoides sono presenti, infatti la presenza di C. similis indica che l'ambiente presente è favorevole alla riproduzione dei Culicoides; • la loro biologia, compresa la competenza come vettori nei confronti dei sierotipi presenti e la loro preferenza d'ospite; • la loro presenza in quali periodi dell'anno e per quanto tempo; • la possibilità di riprodursi e crescere nei luoghi presi in esame; • lo stato epidemiologico della Bluetongue e la presenza di Culicoides nei paesi confinanti (Algeria, Marocco, Sahara Occidentale ed in primis Mauritania). In pratica ciò che dovrebbe essere fatto è uno studio entomologico completo e un controllo epidemiologico continuo, se non su tutti gli animali almeno su un campione significativo della popolazione animale. Queste attività, come è facile immaginare, sono, in tali circostanze, di difficile attuazione, sia per la situazione politica, sia perché in questo momento sono altre le priorità della popolazione. 67 68 Appendice I: Esempio di scheda SBT06 compilata in campo e all'Istituto Zooprofilattico per le catture di Culicoides. SISTEMA NAZIONALE DI SORVEGLIANZA DELLA FEBBRE CATARRALE DEGLI OVINI (BLUETONGUE) PIANO DI SORVEGLIANZA ENTOMOLOGICA 2002 SCHEDA SBT06 SCHEDA PER LA SORVEGLIANZA ENTOMOLOGICA Informazioni relative all'azienda dove è stata posizionata la trappola (da compilarsi a cura del servizio che ha effettuato il posizionamento della trappola e del referente per la Sorveglianza entomologica dell' IZS competente per il territorio) Codice aziendale Trappola mobile Trappola fissa Denominazione Azienda Comune Località/Indirizzo Latitudine Longitudine Altitudine (metri sul livello del mare) Specie allevate in azienda (barrare le caselle corrispondenti alle specie allevate): Bovini Caprini Ovini Equini Suini Ruminanti selvatici Data della cattura / / temperatura minima (°C) temperatura massima (°C) Nome e Cognome del compilatore: Esito delle catture (da compilarsi a cura dell'IZS competente per il territorio e del Centro Nazionale di Referenza per le Malattie Esotiche) Numero totale di insetti catturati: Numero totale di Culicoides (% sul totale degli insetti) % Numero totale di C. imicola (% sul totale dei Culicoides) % Numero di registro IZS competente per il territorio Numero di registro del Centro Nazionale di Referenza per le Malattie Esotiche 69 70 13. 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Grande merito ha anche la SIVtro-VSF Italia, un particolare grazie a Sabrina, che ha permesso questo mio viaggio, e tutti gli amici Saharawi che mi hanno accolto con ospitalità. Un ringraziamento va all'Istituto Zooprofilattico delle Venezie, soprattutto ai laboratori di Parassitologia ed Immunologia, e all'IZS di Abruzzo e Molise. Ringrazio il Dottor R. Meiswinkel per la sua disponibilità e la Dottoressa M. Goffredo. Ringrazio anche i miei genitori che mi hanno sostenuto sempre nella mia scelta di diventare Medico Veterinario, mio fratello e tutti coloro che mi hanno supportato durante questi anni di università. 87