Sulle tracce di un assassino: l’identificazione del virus dell’AIDS Nell’autunno del 1980, si presentò al centro medico dell’Università della California a Los Angeles (UCLA) un uomo di 31 anni, che accusava febbre continua, perdita di peso, ingrossamento dei linfonodi e una infezione micotica grave della bocca e della gola, che solitamente si riscontra solo in persone le cui difese immunitarie sono compromesse. Il paziente attirò l’attenzione di Michael Gottlieb, un immunologo giunto da poco all’UCLA; egli scoprì ben presto che il soggetto era affetto anche da un tipo di polmonite rara che di solito colpisce persone affette da linfomi. In altre parole, si trattava di un paziente che aveva due infezioni rare contemporaneamente. Nella maggior parte delle persone i germi patogeni responsabili di queste affezioni vengono attaccati, uccisi ed eliminati da una popolazione di leucociti, i linfociti T. A questo paziente mancava, invece, una classe di linfociti T, più precisamente i T coadiutori (T helper), cosa che lasciò disorientati Gottlieb e i suoi colleghi. Nell’aprile dell’anno successivo i pazienti di quel tipo arrivati erano già diventati quattro e tutti erano omosessuali maschi: Gottlieb inviò allora un breve comunicato al foglio settimanale dei Centers dor Disease Control(CDC: Centri di controllo della diffusione delle malattie). Questo comunicato segnalava per la prima volta una malattia nuova, l’AIDS, ovvero la sindrome da immunodeficienza acquisita, che in seguito avrebbe assunto le proporzioni di un’epidemia. Il comunicato di Gottlieb trovò subito riscontro in un medico parigino, Willy Rosenbaum, che aveva curato tre casi simili. Tutti erano morti di infezioni miste analoghe a quelle dei pazienti californiane, salvo un particolare: non erano omosessuali e avevano vissuto in Africa. Rosenbaum, sospettando che i pazienti fossero morti della stessa malattia, concluse che la causa doveva essere un agente infettivo e non una sostanza tossica ambientale. Per di più sembrava che la malattia avesse un lunghissimo periodo di incubazione (l’intervallo tra l’infezione e la comparsa dei sintomi). Le implicazioni di questa scoperta erano terribili: la malattia poteva prendere piede in una popolazione anni e anni prima che si potesse rivelarne la presenza. Dato che i casi africani si erano verificati prima di quelli americani, gli specialisti di epidemiologia ritengono che la malattia si sia originata in Africa e sia stata introdotta negli Stati Uniti da un omosessuale maschio che si era infettato. Molto presto la sindrome cominciò a manifestarsi in altri individui, soprattutto emofiliaci che avevano ricevuto trasfusioni di sangue e consumatori di droghe iniettabili che si scambiavano le siringhe. Con l’aumentare dei casi, gli scienziati cominciarono a mettere a fuoco l’agente infettivo responsabile dell’AIDS. Don Francis pensava che il responsabile dell’AIDS potesse appartenere al gruppo dei retrovirus, così denominati perché il loro materiale genetico è codificato in molecole di RNA da cui viene poi sintetizzata una copia di DNA. Proprio l’anno prima, nel 1980, Robert Gallo del National Institute of Health e un suo gruppo di ricerca avevano dimostrato che i retrovirus potevano infettare l’uomo e causare un tipo di leucemia rara che colpiva proprio le cellule T. Le osservazioni parevano indicare chiaramente che il responsabile doveva essere un qualche retrovirus. Nel 1982 il laboratorio di Gallo cominciò a fare colture di linfociti ottenuti da pazienti affetti da AIDS. Nel frattempo un altro esperto di retrovirus, Luc Montagnier dell’Institut Pasteur di Parigi, stava conducendo studi analoghi, ricercando un retrovirus nei linfociti infetti. Nel 1983 sia il gruppo francese sia quello americano comunicarono di aver isolato il retrovirus responsabile dell’AIDS, aprendo una maggiori controversie tra scienziati della nostra epoca: a quale laboratorio attribuire il merito della scoperta del virus causa dell‘AIDS (in seguito chiamato virus dell’immunodeficienza umana o semplicemente HIV)? Per una serie di ragioni, tra cui il fatto che il virus di Gallo pare sia stato isolato da cellule inviategli dagli scienziati francesi, la scoperta dell’HIV viene attribuita a Luc Montagnier.