OSPEDALI/TUMORI LA RADIOTERAPIA FRA CURE D

OSPEDALI/TUMORI
LA RADIOTERAPIA FRA CURE D’AVANGUARDIA E LUOGHI COMUNI
Le tecnologie consentono trattamenti di estrema precisione ma vanno sfatati
tanti timori
E’ uno di quegli argomenti difficili, destinati a suscitare, in ciascuno di noi, dubbi e
paure. Dal timore di diventare radioattivi alle incertezze sulla sicurezza del
trattamento e sul suo impatto sull’organismo, la radioterapia rimane ancor oggi un
oggetto vagamente misterioso e preoccupante. “Eppure – spiega Aulo Beorchia,
responsabile della Radioterapia dell’Azienda ospedaliero universitaria - il trattamento
radiante ha raggiunto oggi elevatissimi livelli di precisione ed efficacia tanto da
essere indicato in quasi il 70 per cento dei tumori con modalità che si differenziamo a
seconda dei casi”. La radioterapia è infatti assai più versatile di quanto immagini il
profano. Può essere utilizzata in via esclusiva per curare il tumore al posto
dell’intervento chirurgico, come accade ad esempio nel caso di tumori iniziali di
capo, collo, prostata o cute. La si usa, spesso in associazione con la chemioterapia,
prima dell’intervento, per diminuire i rischi di recidiva. E, con obiettivi analoghi, vi si
fa ricorso dopo la chirurgia, come accade nel caso dei tumori alla mammella.
Dottor Beorchia, perché il trattamento con radiazioni ionizzanti continua a far
paura?
Forse perché non si vede. E perché comunque rappresenta qualcosa di sconosciuto
mentre la chirurgia è parte del nostro vissuto quotidiano e dunque ci intimorisce
meno. Va poi tenuto conto del fatto che questa disciplina non è inclusa nel corso di
laurea e che dunque gli stessi medici sono a volte perplessi in merito.
Uno dei timori riguarda gli effetti collaterali.
Sono spesso sovrastimati ma oggi non sono quasi mai pesanti. Ma qualora siano
presenti nella stragrande maggioranza dei casi siamo in grado di evitarli utilizzando
dei farmaci specifici. Altrettanto importanti per contenerli, soprattutto nei pazienti più
fragili, è il controllo dello stile di vita e della nutrizione per cui ricorriamo al supporto
di esperti.
E il dubbio di essere radioattivi?
Può essere comprensibile. Ma il trattamento non provoca alcuna forma di
radioattività. Si può dunque continuare la solita vita senza alcuna paura di avere
effetti negativi sui famigliari o sugli amici. Solo nel caso s’introducano delle sorgenti
radioattive con la brachiterapia la persona sarà radioattiva. Ma sarà informata della
cosa in precedenza e si prenderanno le opportune precauzioni.
Quante persone si sottopongono a Trieste a un trattamento radioterapico?
Ogni anno circa un migliaio. Nei due terzi dei casi si tratta di persone con tumore alla
prostata o di donne operate al seno. Per queste ultime abbiamo messo a punto una
procedura che prevede una seduta di radioterapia subito dopo l’intervento, a ferita
ancora aperta. L’irradiazione risparmia così la cute e diminuiscono eventuali effetti
collaterali.
In che modo s’individua la zona su cui effettuare l’irradiazione?
La localizzazione avviene con un apparecchio detto simulatore di piano di cura che
consente la definizione dell’area bersaglio. Il simulatore è collegato all’acceleratore
lineare e a un’apparecchiatura in grado di guidare all’interno del corpo delle
microsorgenti radianti attraverso una rete informatica che collega anche la tomografia
assiale computerizzata (Tac) e il server che gestisce il metodo di calcolo. Si tratta
dunque di un approccio di elevata precisione. Una volta definito il piano di cura il
paziente può iniziare il trattamento.
Quanto può durare la cura?
Dipende dai casi. Un ciclo medio si attesta comunque tra il mese e il mese e mezzo.
Accanto alla radioterapia tradizionale vi sono poi altre modalità.
Certo. La nostra struttura è in grado di fornire, anche trattamenti superspecialistici
quali la Total body irradiation, una tecnica necessaria nei trapianti di midollo osseo e
la brachiterapia interstiziale, che permette di erogare grandi dosi a tumori particolari
quali quelli del labbro superiore e della cute, risparmiando i tessuti sani ed evitando
l’intervento chirurgico grazie a una sorgente di iridio che viene guidata nella cavità
malta.