pressbook - alessandra cristiani

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Produzione 2009
"silenziosamente"
origliare la lingua del cuore e del corpo
come all'alba
lasciarsi spiare
"senza clamore"
Oro e Rosso
di e con Alessandra Cristiani
Nella geografia vuota di uno spazio
scenico, Alessandra Cristiani ricerca i suoi
luoghi interiori attraverso emanazioni di
sensi, emozioni, percezioni.
In ORO E ROSSO i luoghi rappresentano le
dimore dell' identità e la ricerca mira a
trovare una reciprocità, quanto più fedele
possibile, tra il linguaggio del cuore e il
linguaggio del corpo, nel tentativo ostinato
e incosciente di agevolare una voce che
1
sia principalmente interiore, intima e
privata.
La coreografa e danzatrice inclina l'ago
della bussola creativa maggiormente dal
lato dell'introversione, nel desiderio di
captarne le delicate sfumature, le
increspature di una presenza e fare di
queste esili tracce delle strumentazioni
raffinate di raccordo tra cuore e corpo o
semine esplosive di energie oscure
produzione 2009
PRESSPRESSPRESS
sonorità Claudio
Moneta
disegno luci
Gianni Staropoli
danza Alessandra
Cristiani
recensione di Alessandro Paesano
www.teatro.org
Si vede che Alessandra
Cristiani è approdata alla
danza dal teatro odiniano,
approdo al quale ha
contribuito un personale
percorso di ricerca sul
training fisico dell’attore.
La sua coreografia Oro e
Rosso presentata al Furio
Camillo di Roma
nell'ambito della rassegna
di danza contemporanea
D 10 la vede in scena da
sola, nuda, letteralmente,
eppure fare della propria
nudità, del proprio corpo
nudo, uno strumento
espressivo, che va al di là
dell'eclatanza della
nudità, e comunica e si
presta a essere osservato
2
come un costume di
scena, come un abito
pensato appositamente
per la coreografia.
Una soluzione
coreografica complessa
che alterna momenti di
contorsione del corpo a
coprire le nudità (in una
posa che si modifica in
base a lentissimi ma
inesorabili movimenti del
corpo) ad altre di totale
mostrazione del proprio
corpo nudo che
raggiungono la intensa
drammaticità di certi
affreschi di Mantegna (La
cacciata dal Paradiso
terrestre).
Alessandra Cristiani
riesce a fare del proprio
corpo un dipinto
attraverso lo strumento
espressivo che sembra
meno adatto allo scopo:
quello del movimento
coreutico che disegna nel
tempo e non nello spazio.
A questa impostazione
coreografica a sottrarre
del quadro in cui appare
nuda Alessandra oppone,
nei quadri successivi,
indossando
gradatamente dei
costumi, dei movimenti di
contrappunto di estrema
rapidità fisica coi quali
traduce esistenzialmente
prima ancora che
coreograficamente stati
PRODUZIONE 2009
d'animo, condizioni dell'essere,
comunicando istintivamente, di pancia,
emozioni allo spettatore, senza sconti o
scorciatoie, facendo a meno, a tratti,
anche dell'ausilio emotivo della musica
il cui silenzio amplifica il corpo della
danzatrice come unico marcatore di un
mutamento, di un ritmo che di solito si
appoggia sull'armonia musicale. Un
corpo dalle sorprendenti capacità
fisiche di mettere in atto dei movimenti
così lenti e impercettibili, ma continui e
inesorabili, che trasformano la danza, il
movimento coreutico, in un'esperienza
plastica, architettonica, in cui il corpo
diviene una sorta di amplificatore di
onde di emozione, di energia, di luce
trattenuta e non riflessa, grazie al
disegno indovinato e funzionale
dell'illuminazione (di Gianni Staropoli)
che sporca di rossi e d'oro il corpo di
Alessandra, dando consistenza di
affresco alla sua pelle nuda, alla sua
folta chioma rossa, al suo pube
innocente.
Oro e Rosso affascina, intriga, ipnotizza
e crea curiosità, ma rimane totalmente
impenetrabile. Una impenetrabilità
che,prima ancora che alla coreografia,
va imputata a una mancanza di chi
scrive, di chi ha visto senza intendere,
di chi ha sentito (nel senso del verbo
Alessandra Cristiani
3
“Attendere l'insorgere di un luogo del
cuore
che possa essere una dimora per il
corpo
come al tramonto”
inglese to feel) senza capire, di chi ha
assistito consapevole di non aver colto
il quid essenziale di una coreografia
che intender non la può chi non la
prova alla cui comprensione speriamo
correrà in aiuto uno sguardo più
consapevole e preparato di quello,
inadeguato, di chi scrive queste righe,
che non vogliono essere un atto di
accusa ma piuttosto una ammissione di
colpa.
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