Lo scompenso cardiaco acuto nel paziente anziano fragile: un

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Attualità
Recenti Prog Med 2010; 101: 139-144
Lo scompenso cardiaco acuto nel paziente anziano fragile:
un innovativo modello di cura
Vittoria Tibaldi1, Gianluca Isaia1, Nicoletta Aimonino Ricauda2
Riassunto. Lo scompenso cardiaco è un importante e crescente problema di sanità pubblica che colpisce circa 10 milioni di Europei e 5 milioni di Nord Americani. L’ospedalizzazione a domicilio, definita come la «modalità attraverso
cui le strutture ospedaliere seguono con il proprio personale, direttamente a domicilio, pazienti con patologie tali
da richiedere un processo assistenziale di livello ospedaliero», può essere un un’alternativa sicura ed efficace al ricovero ospedaliero per pazienti anziani affetti da scompenso
cardiaco in fase acuta. I dati esposti in questo articolo suggeriscono che il trattamento a domicilio di pazienti anziani
selezionati, affetti da scompenso cardiaco cronico riacutizzato, può essere associato ad un differimento dei tempi di
riammissione ospedaliera, ad un miglioramento della qualità di vita e del tono dell’umore, senza differenze nelle percentuali di mortalità.
Summary. Acute decompensation of heart failure in the elderly
frail patient: an innovative model of care.
Parole chiave. Anziani, insufficienza cardiaca, ospedalizzazione a domicilio, scompenso cardiaco acuto.
Key words. Acute decompensation of heart failure, elderly,
Introduzione
“gold standard” e la complessa fisiopatologia di tale sindrome, stadio finale di un vasto range di malattie cardiache ed extra-cardiache che ne condizionano l’incidenza e la prevalenza, rendono conto
dell’estrema eterogeneità dei dati epidemiologici a
nostra disposizione. Inoltre, sono pochi i grandi
studi osservazionali di popolazione, e gli studi epidemiologici più rilevanti sono limitati a pazienti
ospedalizzati; è quindi sottostimata la reale diffusione di tale sindrome, essendo esclusa una larga
quota di pazienti affetti da forme asintomatiche o
lievi (fenomeno “dell’iceberg”). Anche studi importanti quali l’ADHERE-Acute Decompensated Heart Failure National Registry negli Stati Uniti e
l’EHFS-EuroHeart Failure Survey nella Comunità
Europea utilizzano i database di pazienti ospedalizzati per scompenso cardiaco, selezionando quindi una sotto-popolazione di forme conclamate di tale sindrome.
Si stima che negli Stati Uniti oltre 5 milioni di
americani siano affetti da scompenso cardiaco, con
all’incirca 500.000 nuovi casi diagnosticati ogni anno ed un’incidenza maggiore nella popolazione di
età superiore ai 65 anni. In Europa si calcola che
almeno 10 milioni di persone siano affette da scompenso cardiaco, di cui quasi 1 milione in Italia2,3.
Lo scompenso cardiaco rappresenta la principale causa di ospedalizzazione nell’anziano. Nonostante il progressivo declino della mortalità per coronaropatia e cardiopatia ipertensiva, si è registrato infatti un incremento dell’incidenza e della
prevalenza dell’insufficienza cardiaca, principalmente imputabile al progressivo aumento dell’età
media della popolazione ed alla crescente diffusione delle patologie cardiovascolari. Oltre il 50% dei
pazienti affetti da insufficienza cardiaca ha una
età superiore ai 75 anni; per tale motivo lo scompenso cardiaco, definito da Michael Rich “sindrome cardiogeriatrica”, rappresenta un problema di
sanità pubblica destinato ad aumentare nei prossimi anni1.
Epidemiologia dello scompenso cardiaco
Nonostante l’importante impatto clinico, l’epidemiologia dello scompenso cardiaco rimane poco
chiara. La mancanza di una definizione comune ed
universalmente accettata di scompenso cardiaco,
l’assenza di criteri diagnostici riconosciuti come
Heart failure is a major and growing public health problem that
affects close to 10 million European and 5 million North Americans. Substitutive hospital-at-home care, defined as “a service
that provides active treatment by health care professionals, in
the patient’s home, of a condition that otherwise would require
acute hospital in-patient care”, may be a safe and efficacious alternative to traditional hospital care for elderly patients with an
acutely decompensated heart failure. Data discussed in this paper suggest that hospital-at-home management of selected elderly patients with acute decompensation of chronic heart failure may be associated with delayed additional admissions, improvements in quality of life and alleviation of depressive symptoms without adverse effects in regard to mortality.
heart failure, hospital at home.
1Dipartimento di Discipline Medico-Chirurgiche, Sezione di Geriatria; 2S.S.C.V.D. Ospedalizzazione a Domicilio,
Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista, Torino.
Pervenuto il 2 febbraio 2010.
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I dati derivanti da grandi studi di popolazione
riportano una incidenza pari a 1-3/1000 persone
l’anno, che aumenta esponenzialmente con l’avanzare dell’età fino a 10-16/1000 ultrasessantacinquenni per anno, ma si mantiene sostanzialmente
stabile negli anni, soprattutto nel sesso maschile,
come dimostrato anche dal Framingham Heart
Study in Massachusetts e dal Rochester Epidemiology Project in Minnesota4,5.
Le stime della prevalenza variano ampiamente
nei diversi studi in rapporto alle differenti metodologie usate, ma tutte ne confermano la crescita
drastica nel tempo dato il progressivo invecchiamento della popolazione. La prevalenza delle forme sintomatiche di scompenso, pari a circa l’1-2%
circa nei Paesi occidentali, aumenta con l’aumentare dell’età passando dall’1% circa nei soggetti di
55-65 anni all’8-13% in quelli di età compresa tra
i 75 e gli 85 anni6.
In Italia i dati dello studio ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging) indicano una prevalenza
dello scompenso cardiaco che da circa il 4% nei soggetti di età compresa tra 65 e 69 anni raggiunge il
13-14% negli ultraottantenni7.
Lo scompenso cardiaco è gravato da una elevata mortalità, che è direttamente proporzionale alla classe NYHA, indipendente dall’origine sistolica
o diastolica della sindrome, e legata principalmente a cause di deficit di pompa e morte improvvisa.
È stato calcolato che la mortalità dei pazienti affetti da scompenso cardiaco è più alta di 6-7 volte
rispetto alla popolazione normale della stessa età.
Nonostante un progressivo miglioramento della sopravvivenza nel tempo grazie ad una ottimizzazione della terapia, ancora oltre la metà dei pazienti
affetti da scompenso cardiaco muore entro 5 anni
dalla diagnosi e, tra quelli con scompenso in stadio avanzato, gli indici di mortalità possono avvicinarsi al 50% entro 1 anno, a conferma della gravità di tale sindrome5.
L’insufficienza cardiaca è la più frequente causa di ospedalizzazione negli anziani. Negli ultimi
decenni, il tasso di ospedalizzazione per scompenso cardiaco si è mantenuto costante per i pazienti
tra i 35 e i 54 anni ed è progressivamente aumentato per gli ultrasettantacinquenni. Dati recenti
indicano che negli ultimi venti anni le ospedalizzazioni per tale patologia sono aumentate del 159%
con un’incidenza tra gli anziani sempre maggiore
del 70%8.
L’insufficienza cardiaca costituisce anche la più
frequente causa di riospedalizzazione: circa la metà dei pazienti dimessi dopo un episodio di scompenso cardiaco viene nuovamente ricoverata entro
sei mesi per una riacutizzazione della patologia
stessa9.
Studi recenti hanno dimostrato che la spesa
complessiva per la gestione dello scompenso cardiaco ammonta all’1-2% della spesa totale sanitaria di un paese sviluppato. In particolare, le ospedalizzazioni e riospedalizzazioni rappresentano la
componente maggiore (60-79% circa) di tale quota,
probabilmente destinata a crescere dato il costan-
te aumento del tasso di ospedalizzazioni negli ultimi 10 anni10.
Numerosi studi confermano che un programma globale di pianificazione ed assistenza postdimissione, che associ al trattamento tradizionale l’istruzione dei pazienti e dei loro caregivers, la
consulenza cardiologica, dietologica e sociale e un
adeguato controllo del decorso, riduce le riospedalizzazioni e i costi globali di gestione dei pazienti affetti da scompenso cardiaco11-15; del resto,
le più frequenti cause di riospedalizzazione di anziani scompensati sono risultate la non aderenza
alle prescrizioni farmacologiche e dietetiche, il
mancato controllo dell’ipertensione, l’inadeguatezza della programmazione della dimissione, del
supporto sociale e del follow-up e il mancato ricorso all’intervento medico in caso di aggravamento.
Per ottimizzare la gestione del paziente affetto
da scompenso cardiaco acuto è fondamentale la
creazione di una rete integrata di servizi tra l’ospedale e il territorio in grado di garantire un’adeguata continuità assistenziale.
I luoghi di cura
Le cure ospedaliere rappresentano un aspetto
fondamentale per la gestione del paziente anziano
affetto da scompenso cardiaco acuto, ma l’ospedale deve essere inserito in una rete di servizi che seguono il paziente applicando un protocollo di “continuing care”.
Infatti, i ripetuti ricoveri ospedalieri possono
comportare per l’anziano il rischio di gravi scompensi psico-fisici a causa di molteplici fattori, quali lo stress, l’immobilità, la privazione di stimoli
sensoriali, l’aumento delle complicanze iatrogene;
essi possono determinare un declino dello stato
funzionale, un peggioramento del quadro cognitivo e la comparsa di episodi confusionali che possono interessare dal 20-30% dei pazienti ricoverati in reparti medici al 50-60% dei pazienti post-chirurgici. Inoltre, l’ospedalizzazione espone l’anziano a rischi infettivi. Nei paesi occidentali, i processi infettivi durante il ricovero si verificano in
media nel 5% dei casi. I soggetti di età avanzata
hanno un rischio di contrarre le comuni infezioni
nosocomiali tre volte superiore rispetto alla popolazione generale. Le complicanze infettive possono
aumentare con la durata della degenza ospedaliera, che spesso nei soggetti di età avanzata è più
lunga.
Abbiamo già accennato ai beneficî che i pazienti anziani affetti da scompenso cardiaco possono ottenere da programmi di cura ed assistenza domiciliare post-dimissione ospedaliera: si tratta generalmente di modelli di cura domiciliare rivolti a pazienti stabilizzati, seguiti a domicilio da infermieri
con specifiche competenze cardiologiche (“NurseLed Unit”).
V. Tibaldi, G. Isaia, N. Aimonino Ricauda: Lo scompenso cardiaco acuto nel paziente anziano: un innovativo modello di cura
Negli ultimi 15-20 anni, molti studi hanno evidenziato come servizi di ospedalizzazione domiciliare rivolti a pazienti anziani e fragili afferiti
in Pronto Soccorso per patologie in fase acuta,
possano favorire la riduzione della degenza
ospedaliera, dei tassi di ospedalizzazione ed istituzionalizzazione, il miglioramento dello stato
funzionale e della qualità di vita, oltre che il contenimento dei costi16-22.
Tabella 1- Attività dell’Unità OAD dell’AOU S. Giovanni Battista,
in Torino.
Trattamenti non farmacologici
Visite mediche ed infermieristiche
Fisioterapia e terapia occupazionale
Counselling
Consulenze specialistiche
Procedure e trattamenti
Prelievi ematici venosi ed arteriosi
Anche una recente metanalisi pubblicata dal Canadian Medical Association Journal ha dimostrato
che per pazienti selezionati il ricovero in regime di
ospedalizzazione domiciliare comporta risultati simili a quelli ottenibili in un reparto ospedaliero per
quanto riguarda mortalità, numero di riospedalizzazioni e costi, a fronte di un più alto livello di soddisfazione e di una migliore qualità di vita23.
Si rendono necessari, tuttavia, ulteriori studi
clinici randomizzati e controllati che includano un
più largo numero di pazienti, selezionati per età e
patologia, e che usino misure omogenee di risultato ed analisi economiche prospettiche.
Misurazione SatO2
Elettrocardiogrammi
Spirometrie
O2 terapia ed altre terapie respiratorie
Gestione terapia farmacologica orale (inclusa TAO) ed infusionale (inclusi antibiotici e farmaci citostatici)
Trasfusioni di emoderivati (emazie, piastrine, albumina)
Trattamento chirurgico di ulcere da decubito
Ecografie internistiche
Ecocardiografie
L’ospedalizzazione a domicilio di Torino
L’ospedalizzazione a domicilio è una “PhysicianLed Unit” definita in ambito internazionale «a service that provides active treatment by health care
professionals, in the patient’s home, of a condition
that otherwise would require acute hospital in-patient care, always for a limited period»24.
L’Ospedalizzazione a Domicilio (OAD) di Torino è attiva dall’ottobre 1985 presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Giovanni Battista (“Molinette”). Il team è multidisciplinare e comprende 4
medici geriatri, 13 infermieri, 1 counsellor, 1 assistente sociale, 3 fisioterapisti. Il Servizio funziona
tutti i giorni, compresi i festivi, dalle ore 8 alle ore
20. È stato stipulato un protocollo di intesa con il
Servizio di Emergenza Regionale “118” per la gestione delle eventuali emergenze notturne. In casi
di particolare complessità clinica, un medico del
Servizio è reperibile anche nelle ore notturne. Si
seguono in media 25 pazienti al giorno. Oltre all’attività di routine con visite domiciliari programmate sulla base delle diverse necessità clinico-assistenziali dei pazienti, viene garantita la possibilità, da parte del team di cura (medico+infermiere), di rispondere tempestivamente (20’-30’) alle
chiamate in emergenza e di effettuare accertamenti diagnostici complessi (tabella 1).
L’attivazione del Servizio può avvenire su diretta richiesta del medico di Medicina Generale in
alternativa all’invio del paziente in Pronto Soccorso (15% dei casi), su richiesta dei medici dei reparti di degenza del nostro ospedale (dimissioni precoci ma protette, 25%) o direttamente dal Pronto
Ecodoppler venosi ed arteriosi
Esecuzione di paracentesi, salassi
Posizionamento di SNG e strumenti tipo Holter (cardiaco,
pressorio)
Posizionamento di cateteri venosi periferici (Midline, PICC)
Radiografie e telemonitoraggio
L’ospedale detiene la responsabilità legale e finanziaria della cura dei
pazienti ricoverati in regime di OAD. I pazienti sono considerati a tutti
gli effetti come pazienti ricoverati in un reparto di degenza ospedaliero e, pertanto, i farmaci e le tecnologie usate a domicilio sono forniti
dall’ospedale.
Soccorso della nostra Azienda (60%), dal quale i pazienti eleggibili, espletati gli accertamenti diagnostici necessari, vengono trasferiti a domicilio nell’arco di poche ore (in media 7-8 ore).
Le più comuni cause di ricovero in OAD sono:
scompenso cardiaco acuto con necessità di terapie
infusionali, cerebrovasculopatie, gravi insufficienze respiratorie (è garantita una tempestiva fornitura di ossigeno a domicilio), infezioni con necessità di multiple somministrazioni giornaliere di antibiotico endovena, malattie neurologiche in fase
avanzata (SLA, sclerosi multipla, ecc.), gravi scompensi metabolici, patologie oncologiche e patologie
ematologiche ad elevato fabbisogno trasfusionale.
Criteri di ammissione all’OAD sono: consenso informato del paziente e del familiare, domicilio nell’area geografica di appartenenza del Servizio di
OAD, adeguato supporto familiare, caratteristiche
cliniche tali da richiedere il ricovero ospedaliero
ma non un monitoraggio invasivo ed intensivo.
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È attivo un servizio di sportello informativo e
di counselling per i familiari per fornire informazioni sulla prevenzione e la gestione di patologie di
frequente riscontro nelle persone non autosufficienti (cadute, piaghe da decubito, malnutrizione,
infezioni, ecc.) e per aiutare ad orientarsi nella rete dei servizi socio-sanitari.
Dall’anno 1985 ad oggi sono stati seguiti oltre
11.000 pazienti. Al domicilio dei pazienti vengono
effettuate molteplici prestazioni sanitarie, dalle più
semplici quali prelievi ematici, medicazioni, esecuzione di ECG a quelle più complesse quali paracentesi, prelievi arteriosi, salassi, terapie infusionali (emotrasfusioni, infusioni di farmaci citostatici), esecuzione di ecografie internistiche, ecocardiogrammi, ecodoppler venosi e arteriosi, spirometrie,
posizionamento di cateteri venosi periferici tipo Midline o PICC, radiografie e telemonitoraggio.
Negli ultimi 10 anni, circa 1000 pazienti affetti
da scompenso cardiaco acuto sono stati curati a
domicilio dal servizio di OAD.
Recentemente abbiamo pubblicato uno studio
sul trattamento a domicilio di pazienti anziani affetti da scompenso cardiaco cronico giunti al Pronto Soccorso del nostro ospedale per una riacutizzazione della loro patologia25.
Lo studio è stato avviato nel 2004 dall’OAD in
collaborazione con il Dipartimento di Emergenza
e Accettazione dell’A.O.U. San Giovanni Battista
di Torino, e approvato dal Comitato Etico dell’ospedale.
Abbiamo considerato eleggibili tutti i pazienti
di età pari o superiore a 75 anni, con diagnosi nota di scompenso cardiaco (stadio C secondo la classificazione dell’American Heart Association) e in
classe NYHA III o IV, afferiti nell’arco di un anno
(aprile 2004-aprile 2005) al Pronto Soccorso dell’Ospedale per una riacutizzazione del quadro clinico tale da richiedere un ricovero di tipo ospedaliero. In accordo con le linee guida della European
Society of Cardiology, abbiamo definito “riacutizzazione” di uno scompenso cardiaco cronico il rapido e significativo peggioramento sia dei segni tipici dello scompenso (edemi periferici, rantoli polmonari) sia dei sintomi (dispnea, affaticamento)
causati da una disfunzione cardiaca di varia natura (sistolica, diastolica, aritmogena) e confermati
da appropriate indagini diagnostiche (ECG, RX torace, esami di laboratorio, ecocardiografia)26.
Sono stati invece esclusi pazienti che necessitavano di ventilazione meccanica, emodialisi o di
monitoraggio invasivo o intensivo, pazienti affetti
da demenza conclamata (Mini Mental State Examination <14), pazienti affetti da neoplasie attive
in fase avanzata, pazienti con storia di insufficienza renale severa (eGFR <20 ml/min), pazienti con
cirrosi epatica avanzata (Child-Pugh B and C), pazienti anemici con valori di emoglobina <9 g/dL e
pazienti candidati ad interventi di cardiochirurgia.
In Pronto Soccorso tutti i soggetti potenzialmente elegibili sono stati sottoposti a visita clinica
ed indagini diagnostiche (ematochimici di routine,
RX torace, ECG, saturimetria; ecocardiografia solo se non eseguita nei sei mesi precedenti) ed entro
12-24 ore, se sussistevano i criteri di arruolamento, assegnati random ad uno dei due gruppi di studio: l’Ospedalizzazione a Domicilio (OAD, n=48 pazienti) o il Reparto di degenza ospedaliera (REPARTO, n=53).
Nei primi giorni di ricovero in OAD tutti i pazienti sono stati visitati giornalmente dall’équipe
medico-infermieristica; successivamente, i pazienti sono stati visitati giornalmente o ogni 2-3
giorni in base all’andamento clinico, con possibilità di visite urgenti secondo necessità. È stata garantita la possibilità di visite cardiologiche o di altri specialisti a domicilio, qualora richiesto dalle
condizioni cliniche del paziente. A domicilio, i pazienti ed i loro familiari hanno ricevuto una costante educazione circa la natura, la prognosi e il
decorso della malattia, ed anche sull’importanza
di adottare adeguate misure di prevenzione delle
ricadute (assumere regolarmente i farmaci, monitorare regolarmente il peso, cessare di fumare, riconoscere precocemente il peggioramento del quadro clinico).
Tutti i partecipanti allo studio sono stati sottoposti ad una valutazione basale multidimensionale mediante l’uso di scale validate a livello internazionale; tale valutazione è stata ripetuta al momento della dimissione ed a sei mesi. La valutazione comprendeva: dati anagrafici e clinici, comorbilità, stato funzionale, cognitivo e nutrizionale, tono dell’umore, qualità di vita. Alla dimissione
sono stati valutati anche mortalità, durata del ricovero, complicanze e costi. A sei mesi, si è provveduto a valutare anche il tasso di reingressi in ospedale. Inoltre, sono state valutate le caratteristiche
ed il livello di stress dei caregiver.
Dai risultati dello studio emerge che si trattava
di pazienti molto anziani (età media 81 anni), comorbili, funzionalmente e cognitivamente compromessi. L’ipertensione arteriosa, la malattia coronarica e le valvulopatie erano le principali cause
di scompenso cardiaco in entrambi i gruppi. I fattori precipitanti di maggiore riscontro sono stati
infezioni polmonari, fibrillazione atriale, crisi ipertensive e scarsa compliance farmacologica. Circa il
35% dei pazienti erano in classe NYHA IV, il 40%
presentava una frazione di eiezione <40%, senza
differenze nei due gruppi. In entrambi i gruppi i
pazienti sono stati trattati secondo protocolli di cura validati a livello internazionale26: nel 2% dei casi sono stati somministrati inotropi per via endovenosa.
Non si sono osservate differenze di mortalità,
risultata pari al 15% al follow-up a sei mesi. Nei
pazienti ospedalizzati a domicilio si è osservato un
miglioramento del tono dell’umore, dello stato nutrizionale, della qualità della vita ed i tempi di
riammissione in ospedale sono risultati significativamente più differenti.
V. Tibaldi, G. Isaia, N. Aimonino Ricauda: Lo scompenso cardiaco acuto nel paziente anziano: un innovativo modello di cura
Conclusioni
Vi è attualmente un notevole interesse verso i
setting di cura alternativi al ricovero in ospedale,
in relazione all’aumentata richiesta di posti letto
negli ospedali, all’innalzamento dell’età media nei
paesi occidentali ed alla necessità di contenere i costi. La letteratura scientifica e le esperienze operative nell’ambito delle cure domiciliari hanno evidenziato la particolare utilità ed efficacia di questo tipo di intervento sanitario, in particolare in
area geriatrica e oncologica, riconoscendogli inoltre la funzione di rendere più flessibile la struttura ospedaliera. L’analisi delle esperienze di cura
dei pazienti molto anziani affetti da scompenso
cardiaco evidenzia che le prestazioni utili ai fini
dell’accuratezza terapeutica possono essere effettuate, in larga misura, al di fuori delle mura ospedaliere, prevedendo solo brevi permanenze in ospedale.
Il nostro studio ha evidenziato che i pazienti anziani con scompenso cardiaco trattati a casa
hanno risultati simili a quelli trattati in ospedale in termini di sopravvivenza e recupero funzionale.
Inoltre, abbiamo rilevato la tendenza al minor
sviluppo di complicanze, in particolare delirium ed
infezioni, nei pazienti trattati a domicilio rispetto
a quelli ricoverati in reparto. La minore suscettibilità alle infezioni osservata nei pazienti curati a
casa può essere determinata dall’approccio multidisciplinare adottato dal team geriatrico. A domicilio, come già precedentemente ricordato, i pazienti ed i loro familiari hanno ricevuto una costante educazione circa la natura, la prognosi e il
decorso della malattia, e sull’importanza di adottare misure di prevenzione delle ricadute e delle
complicanze adeguate ed individualizzate. A tale
scopo è stato distribuito a pazienti, familiari e caregiver anche materiale cartaceo per facilitare l’apprendimento di consigli e tecniche utili per favorire la corretta mobilizzazione ed igiene del paziente, prevenire la comparsa di lesioni da decubito, garantire un’adeguata nutrizione ed idratazione. La
prevenzione precoce delle complicanze, associata
ad un’organizzazione multidisciplinare delle cure,
sembra costituire l’elemento che può maggiormente favorire il miglioramento della prognosi. Tale
considerazione appare importante soprattutto per
i pazienti anziani, spesso affetti da patologie multiple e complesse.
Dallo studio emerge che i pazienti trattati a domicilio presentavano alla dimissione un tono dell’umore ed una qualità di vita migliori rispetto ai
pazienti curati in ospedale, ed i loro caregiver un livello di stress ridotto. L’approccio multidisciplinare
ed educativo adottato dal team dell’OAD può in parte spiegare questi risultati, forse favoriti da una minore tendenza a sviluppare complicanze.
Il trattamento a domicilio è risultato essere
vantaggioso anche dal punto di vista del contenimento e dell’ottimizzazione delle risorse sanitarie,
sebbene il nostro studio si sia limitato all’analisi
dei soli costi diretti.
Nonostante i risultati positivi sinora discussi,
lo studio presenta alcuni limiti, quali la esigua dimensione del campione, che consente di identificare solo grandi differenze di mortalità, il setting di
cura dell’Ospedalizzazione a Domicilio che non
consente una generalizzazione dei dati essendo
scarsamente rappresentato in altri contesti sanitari, la mancanza di un confronto con un Reparto
specialistico di cardiologia (in Italia la maggior
parte degli anziani cardiopatici viene curata nei reparti di Geriatria o di Medicina Interna).
È sempre maggiore il numero di persone affette da scompenso cardiaco che hanno bisogno di cure che solo l’ospedale può fornire e che dovrebbero
vivere in ospedale periodi molto lunghi (con ricadute spesso negative in termini di qualità di vita,
di aumentato rischio iatrogeno, di perdita di autonomia), e che invece possono trarre beneficio dal
ricevere l’“ospedale a casa”, specie nelle fasi più
avanzate di malattia. È un modello clinico complesso la cui disseminazione richiede un impegno
della ricerca non solo sugli esiti clinici, ma anche
sulle modalità organizzative e strutturali, ed una
specifica attenzione degli organismi preposti alla
programmazione sanitaria. Esso dovrebbe essere
inserito in una rete integrata di Servizi che rispetti le competenze specifiche (Medicina Generale,
Specialistica territoriale, Specialistica ospedaliera) così da garantire una reale continuità di cura.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Vittoria Tibaldi
Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista
Dipartimento di Discipline Medico-Chirurgiche
Sezione di Geriatria
Corso Bramante 88/90
10126 Torino
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