GIUSEPPE LANDOLFI
GRAMMATICA COMPARATA
DEL FRANCESE E DELL’ ITALIANIO
http://franceseitaliano.altervista.org/
INTRODUZIONE
Attualmente, grazie alle nuove acquisizioni sulla natura del
linguaggio e sui processi di apprendimento da una parte,
all’attenzione sulle componenti sociali e politiche dell’uso della
lingua, dall’altra viene ridimensionato il ruolo dei mali didattici.
Hanno acquisito maggiore importanza gli aspetti umani coinvolti nel
processo di apprendimento
e in questo ambito si caricano di
significato la personalità dell’insegnante, l’uso sociale della lingua, il
bisogno delle persone di comunicare. In un periodo in cui si parla
sempre di più di una Europa Unita assume sempre più importanza lo
studio delle lingue straniere. Gli errori che i soggetti in
apprendimento fanno e il significato di questi errori, l’influenza del
contesto culturale e sociale verso una lingua straniera e l’abilità
dell’insegnante a sviluppare una metodologia adatta, sostanziano
l’intera problematica didattica.
Per quanto possano essere individualizzate le programmazioni, a tutti
gli allievi vengono richiesti degli obiettivi minimi, traducibili in
abilità e competenze che devono essere verificate e valutate. In classe
gli insegnanti sono costretti ad adattare approccio, tecniche e
materiali a seconda dei bisogni degli allievi e delle situazioni
contingenti. Nel corso degli anni si è passati dal “metodo
tradizionale” (letture
di autori, traduzioni, temi e versioni), al
“metodo diretto” (analisi grammaticale, fonetica, forma orale), dal
metodo “audio - orale” a quello “audio - visuale”, fino a giungere al
più moderno “approccio nazionale funzionale”, che all’innovativo
concetto di “funzione” della lingua, cioè alle caratteristiche psico sociali - culturali dell’uso di un codice, affianca il concetto di
“nozione” (di base), vale a dire la conoscenza delle regole
grammaticali che rendono coerente tale uso. In questo ambito,
l’obiettivo dell’insegnamento della lingua straniera è la “competenza
comunicativa”, valutare le interferenze culturali e linguistiche che
possono ritardare l’apprendimento, individuare gli elementi linguistici
contrastanti in L2 e L1, focalizzare gli errori più frequenti fatti dagli
allievi nel processo di acquisizione della L2 e mettere in pratica le
osservazioni fatte nel modo più diretto possibile per selezionare e
ordinare gli elementi linguistici da insegnare. E in anni ed anni di
insegnamento mi sono reso conto che una delle fonti di errori era
paradossalmente la scarsa conoscenza della lingua italiana. Il non
conoscere la differenza tra un articolo determinativo ed un articolo
indeterminativo crea problemi anche nell’uso della L2. Questo è uno
dei motivi che mi ha spinto a scrivere questo manuale, pensando in un
primo tempo ad un uso e consumo personale (mio e dei miei studenti).
Inutile dire che non ho scoperto niente di nuovo. La grammatica
contrastiva si studiava all’università già da molto tempo, infatti man
mano che scrivevo, i nomi di Fries e Lado ritornavano ciclicamente
nella mia memoria e con essi i loro scritti: “La caratteristica
fondamentale di questo nuovo approccio all’insegnamento delle
lingue è una nuova base su cui costruire i materiali didattici. E questo
nuovo approccio è basato su:
a) un’analisi scientifica e descrittiva della lingua da imparare, nel
nostro caso il francese;
b) un’analisi scientifica e descrittiva simile alla precedente della
lingua di colui che apprende, nel nostro caso l’italiano;
c) un confronto sistematico di queste due analisi descrittive allo scopo
di scoprire le differenze strutturali dei due sistemi di linguaggio”.
(Fries)
Da questo punto di partenza si sono poi sviluppate le ricerche di Lado
e di Uriel Weinrich che per primo parla di “interferenze” e di
“transfer”.
“Indicheremo con il nome di fenomeni di interferenza quegli esempi
di deviazione dalle norme dell’una e dell’altra lingua che compaiono
nel discorso dei bilingui come risultato della loro familiarità con più
di una lingua”.
Quindi il termine di “interferenza” viene applicato per indicare il
riflesso negativo della lingua materna o di un’altra lingua quando essa
è fonte di errori. L’interferenza positiva, quella che aiuta ad
impadronirsi di una nuova competenza linguistica, viene invece
chiamata “transfer”. Inutile dire che nessuno studio può elencare tutti
i casi di possibili interferenze, e lungi da me l’idea di accostarmi a tali
insigni studiosi, ma scopo del libro, che non sarà sicuramente esente
da errori, e anzi invito tutti coloro che ne troveranno a segnalarmeli
(indirizzo emait. [email protected]), è cercare di occuparsi almeno
delle opposizioni produttive, quelle cioè che consentono una migliore
conoscenza delle due lingue. Una classica opposizione è quella tra
“e” aperta ed “e” chiusa, che nel francese orale difficilmente si coglie,
e il non coglierla comporta inevitabilmente problemi anche nella
produzione del testo scritto:
les spectateurs qui arrivent/le spectateur qui arrive
les fils des voisins s’amusent/le fils des voisin s’amuse
Gli allievi rivelano molto spesso delle difficoltà a produrre anche
semplici testi, e non parlo solo di testi in lingua, ma anche in italiano.
Alcuni riescono ad elaborare solo pochi concetti con una enorme
fatica mentale. E’ necessario dunque motivare gli allievi a scrivere. E
in questo la diffusione di un potente mezzo di comunicazione come
INTERNET ci dà una mano, in quanto molti contatti avvengono
tramite testi scritti. Solo un uso frequente della scrittura ne migliora le
capacità. La produzione di un testo scritto serve a rivelare l’abilità
operativa di saper organizzare un testo, saper scrivere con grafi
comprensibile, saper svolgere una elaborazione personale, saper
sviluppare una comprensione più o meno profonda. Studi recenti
hanno mostrato che la “coesione”, la rete di riferimento che rende un
testo un “tutto unificato”, l’abilità a soddisfare i rapporti grammaticali
e la connessione sintattica (punteggiatura, ortografia, morfosintassi) è
l’elemento che crea le più grandi difficoltà a coloro che apprendono
una L2. A volte bisogna comprendere a cosa fa riferimento un
pronome, ma per farlo bisogna prima sapere che cos’è un pronome.
Comprendere come le parti di un testo sono collegate tra loro è
fondamentale. Come abbiamo visto precedentemente l’opposizione
“e” aperta “e” chiusa è molto diffusa, ma in un caso è
importantissima, vale a dire nell’opposizione “je - j’ai”, quando je è
seguito da un verbo al passato remoto. Non è che la confusione tra i
due fonemi provochi un controsenso, ma spesso è il contesto che lo
rende inaccettabile. Un dettato tratto da René di Chateaubriand: “j’ai
couté la vie à ma mère en venant au mond; j’ai été tiré de son sein
avec le fer” ha generato negli studenti scritture tipo “je coutai”, per
quanto tale forma sia esclusa dalla presenza di “j’ai été tiré”. Lo
stesso sintagma è stato fonte anche di un altro errore, dovuto ad una
omofonia totale: ”j’écoutai” al posto di “j’ai couté”, rendendo la frase
del tutto assurda. Tali errori evidenziano un’altra opposizione “je
coutai/j’écoutai”. Il compito come si vede è assai arduo, in quanto la
pronuncia dei parlanti francesi è fluttuante in questo campo. Ma tali
errori si possono evitare invitando i discenti a riflettere sui problemi
legati alla coesione. Molto utili si rivelano esercizi del tipo:
j’ai couté à mes parents de gros sacrifices
je coutai cher à mes parents lorsque j’étais en France
j’écoutai ses conseils avec attention
Ecco come la fonetica entra in correlazione con problemi
morfosintattici o di lessico, ed ecco come il possedere le nozioni
grammaticali rende più efficace ed il più possibile esente da errori
l’uso della lingua straniera. Altre fonti perenni di errori restano le
marche del numero, il passaggio al discorso indiretto e le interferenze
lessicali - sintattiche (“perdere il treno = manquer le train”, ma
“perdere la parola = perdre la parole”, “vado a dormire = je vais
dormir” e non “je vais à dormir). Per concludere, avendo parlato di
fonetica, non si può fare a meno di citare l’opera “Fondamenti di
fonologia” in cui Trubeckoj sente l’esigenza di due diversi tipi di
studio, non più una sola scienza dei suoni ma due: una dedicata alla
“parola” e l’altra alla “lingua”. La scienza dei suoni della “parola” ha
a che fare con fenomeni fisici concreti e deve usare metodi propri
delle scienze naturali (fisica, acustica, medicina). La scienza dei suoni
della “lingua” deve usare metodi di pura scienza linguistica
(psicologia sociale). Chiamiamo la scienza dei suoni della “parola”
FONETICA e la scienza dei suoni della “lingua” FONOLOGIA. Vale
a dire che la fonetica vera e propria deve occuparsi unicamente del
lato materiale o acustico del linguaggio. La fonologia, invece, deve
studiare quali differenze di suono in una data lingua sono collegate a
differenze di significato. Finalmente abbiamo terminato con la
terminologia scientifica e possiamo passare a parlare di:
1.1 Vocali e consonanti
Secondo il Petit Robert, la “Voyelle” è:
“Son èmis par la voix sans bruit d’air, phonème caractérisé par
une
résonance de la cavitè buccale plus ou moins ouverte, parfois
en communication avec la cavitè nasale”
La “Consonne”:
“Phonème produit par le passage de l’air à travers la gorge, la
bouche,
formant obstacles”
Tra le due categorie dunque non esiste tanto una differenza
qualitativa, bensì una quantitativa, nel senso che le vocali si
differenziano dalle consonanti per un maggior grado di sonorità e di
apertura.
La vocale “a” si realizza di solito con massima apertura orale e
minima elevazione linguale; la “e” e la “i” sono vocali “plateali”, si
realizzano all’altezza del palato e la seconda è più chiusa della prima;
la “o” e la “u” sono vocali velari, si realizzano all’altezza del velo
pendulo e la seconda è più chiusa della prima. In entrambe si realizza
una spinta in avanti delle labbra (protrusione labiale o procheilìa) che
non si ha invece per la “e” e per la “i”. Esiste una vocale “centrale”, di
suono indistinto, chiamata con termine ebraico “scevà”, che
corrisponde abbastanza bene alla cosiddetta “e muta” del francese, ed
è presente in sillaba non accentata in molte parole dei dialetti italiani
centro - meridionali. Nel caso delle consonanti distinguiamo
innanzitutto tra “modo di articolazione” e “luogo di articolazione”.
Secondo il modo le consonanti possono essere “sorde” (pronunciate
senza vibrazione delle corde vocaliche: “p”, “t”, “k” in italiano) o
“sonore” (pronunciate con vibrazione delle corde vocaliche: “b”, “d”,
“g” di gatto in italiano). Secondo il grado di apertura del punto in cui
avviene l’articolazione distinguiamo inoltre tra “occlusive o
momentanee”, che sono pronunciate con una chiusura completa degli
organi deputati alla fonazione (es. “t”), e “fricative o durature”, per la
pronuncia delle quali gli organi di fonazione si accostano
semplicemente, lasciando passare tra di loro l’aria proveniente dai
polmoni (es. “s”).
In base al luogo di articolazione le principali consonanti sono “k”
(occlusiva velare sorda: es. “casa”), “g” (occlusiva velare sonora: es.
“gatto”), “h” (fricativa velare sorda: es. tedesco “Haus” = casa), “k”
(occlusiva palatale sorda: es. it. “chiesa”; dove è espressa
graficamente con la sequenza “chi”), “g” (occlusiva palatale sonora:
es. it. “ghiaia”), “t” (occlusiva dentale sorda: es. terra), “d” (occlusiva
dentale sonora: es. dono), “th” (fricativa interdentale sorda: es.
inglese “thing” = cosa), mentre il corrispondente suono sonoro è in
inglese “the” = il, lo; “p” (occlusiva labiale sorda: es. pane), “b”
(occlusiva labiale sonora: es. bere), “f” (fricativa labiodentale sorda:
es. fare), “v” (fricativa labiodentale sonora: es. vaso). Esistono anche
le labiovelari, consonanti la cui articolazione avviene all’altezza del
velo pendulo con simultanea protrusione delle labbra: le troviamo nei
suoni iniziali di it. “quasi” (labiovelare sorda) e “guasto” (labiovelare
sonora).
“Nasali”, in quanto l’aria proveniente dai polmoni risuona nelle fosse
nasali, sono “m” (con articolazione labiale) e “n” (con articolazione
dentale).
Si dicono “affricate” quelle consonanti che sono il risultato di una
occlusione seguita immediatamente da una fricazione con lo stesso
luogo di articolazione (es. “z” di zio, che è sorda ed è la somma di t +
s). Infine la “r” si può definire “vibrante” e la “l” “laterale” in quanto
nel caso della prima l’organo di fonazione principale è l’apice della
lingua che vibra e nel caso della seconda l’aria passa lateralmente alla
lingua.
L’insieme delle vocali e delle consonanti costituisce l’alfabeto. Nella
lingua italiana abbiamo:
A B C D E F G H I L M N O P Q R S T U V Z nella forma maiuscola
a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z nella forma minuscola
(a) (bi) (ci) (di) (e) (effe) (gi) (acca) (i) (elle) (emme) (enne) (o) (pi)
(cu)
(erre) (esse) (ti) (u) (“vu” o “vi”) (zeta)
cui però bisogna aggiungere altre lettere (prestiti di lingue straniere)
entrate nell’uso comune J K W X Y (i lunga) (cappa) (“vu” o “vi”
doppia) (ics) (ipsilon).
In italiano, le vocali “a”, “i”, “u” hanno ciascuna un proprio ed unico
suono: “anima”, “voci”, “umida”.
Le vocali “e”, “o” hanno ora suono aperto, ora suono chiuso. I due
suoni vengono distinti dagli accenti fonici:
accento grave (`) per il suono aperto
accento acuto (´) per il suono chiuso.
La “e” della parola “immènsa” ha suono aperto (accento grave).
La “e” della parola “crésta” ha suono chiuso (accento acuto).
La “o” della parola “talvòlta” ha suono aperto (accento grave).
La “o” della parola “sólchi” ha suono chiuso (accento acuto).
Nella lingua parlata quindi le vocali diventano sette, in quanto sette
sono i suoni che corrispondono ai cinque segni delle vocali.
Non si possono formulare regole precise circa l’esatta pronuncia dei
suoni aperti o chiusi delle vocali “e” ed “o”. Nei casi dubbi può essere
d’aiuto un buon vocabolario.
L’accento è molto importante in italiano: alcune parole, che le
grammatiche chiamano “omografe”, perché scritte nella stessa
maniera, generano confusione e impongono di rigore l’accento:
àltero (verbo) altero (agg.)
àncora (sost.) ancora (avv.)
àmbito (sost.) ambito (part.)
attàcchino (verbo) attacchino (sost.)
bàcino (verbo) bacino (sost.)
bràmino (verbo) bramino (sost.)
càmpano (verbo)
càpito (pres. ind.) capito (part.)
circùito (sost.) circuito (part.)
cómpito (sost.) compito (agg.)
condòmini (propr. del condominio) condomini (pl. di condominio)
dècade (sost.) decade (verbo)
desìderi (verbo) desideri (sost.)
diménticati (imperativo) dimenticati (part.)
esàmino (verbo) esamino (sost. diminutivo)
ètere (aria) etere (cortigiana)
férmati (imperativo) fermati (part.)
ìmpari (agg.) impari (verbo)
ìindice (sost.) indice (verbo)
ìntimo (agg.) intimo (verbo)
intùito (sost.) intuito (verbo)
ìsolano (verbo) isolano (agg.)
méndico (verbo) mendico (sost.)
nèttare (sost.) nettare (verbo)
òccupati (imp.) occupati (part.)
pàgano (verbo) pagano (sost.)
pèrdono (verbo) perdono (sost.)
persèguito (verbo) perseguito (part.)
pòrtale (imp.) portale (sost.)
prèdica (sost.) predica (verbo)
pròtesi (sost.) protesi (part.)
pròvino (verbo) provino (sost.)
rasségnati (imp.) rassegnati (part.)
regìa (sost.) regia (agg.)
rùbino (verbo) rubino (sost.)
scrìvano (verbo) scrivano (sost.)
sùbito (avv.) subito (part.)
tèndine (sost. sing.) tendine (sost. pl.)
tùrbina (verbo) turbina (sost.)
venèfici (agg.) venefici (sost.)
vìola (verbo) viola (sost.)
vìolino (verbo) violino (sost.)
vòlano (verbo) volano (sost.)
C’è addirittura una parola con tre possibilità di accentazione:
Mancando il “capitano”, il tenente “capitanò” l’assalto: cose
che
“càpitano”.
Come si è visto tra la parola piana (accento sulla penultima) e la
sdrucciola (accento sulla terzultima) generalmente si opta per
l’accento sulla sdrucciola:
Non è “ancora” il momento di levar l’àncora.
Alcuni vocaboli richiedono un’attenzione ancora maggiore perché il
loro significato non dipende dalla collocazione dell’accento (prìncipi
e princìpi), bensì dalla sua natura: grave o acuto.
Accétta è una scure; accètta è la terza persona sing. Del verbo
accettare.
Bótte (recipiente) ha la vocale tonica stretta, le bòtte (percosse
l’hanno larga:
Il garzone ruppe la bótte e il padrone lo riempì di bòtte.
Lètto (sost. e verbo), invece, conserva la stessa pronuncia e lo stesso
accento. Le parole che hanno la stessa pronuncia e lo stesso suono,
ma significato diverso, sono dette omofone (uguale suono). Il
significato di una parola omofona è suggerito dal senso della frase:
I commensali hanno riso quando è stato servito il riso senza
condimento.
Per piacere non fàccia la faccia burbera quando mi incontra.
Altri esempi di parole omografe:
téma (timore) tèma (argomento)
cólto (agg.) còlto (verbo)
mózzo (marinaio) mòzzo (perno di una ruota di bicicletta)
impòste (finestre) impóste (tasse)
pésca (il pescare) pèsca (frutta)
vènti (sost.) vénti (numero)
collèga (nome) colléga (verbo)
còppa (bicchiere) cóppa (insaccato)
fòro (piazza) fóro (buco)
lègge (verbo) légge (decreto)
pèste (malattia) péste (orme)
pòrci (maiali) pórci (porre noi stessi)
scòpo (fine) scópo (verbo)
vòlgo (verbo) vólgo (popolo)
Per lo stesso timore di ambiguità si accentano i monosillabi “sé”
(pronome), “sì” (avverbio), “dà” (verbo), ecc. vedi pagina...
Le consonanti italiane si distinguono secondo il luogo del suono in:
Labiali: p - b - f - v - m
Dentali: t - d - s - z
Gutturali: c - g - q
Palatali: c - g (seguite da e - i) - n
Le consonanti si distinguono anche secondo l’intensità del suono
(modo). Si chiamano allora “mute” se prive di suono: la consonante
“h” di hai; “sibilanti” se suonano come un soffio: f - v - s - z; “liquide
se hanno suono scorrevole: l - r; “nasali” se hanno un suono nasale: m
- n.
Consonante “C”
Nelle parole: centri - cittadine
cattedrale - particolare - cui - chiusi
la consonante “c” ha suono:
“palatale” davanti alle vocali “e” - “i”
“gutturale” negli altri casi.
Consonante “g”
Nelle parole: ingente - immagini
legata - godere - glaciale - grida - luoghi
la consonante “g” ha suono:
“palatale” davanti alle vocali “e” - “i”
“gutturale” negli altri casi.
Consonante “s”
Nelle parole: sbaglio - sdentato - sgonfio - sleale - svelto
la consonante “s” ha suono dolce.
Invece, nelle parole: sale - asso - arso - scatola
la “s” ha suono aspro.
Seguita da altre consonanti la “s” è chiamata “impura”.
La lettera “s” non ha di per sé un suono dolce o aspro; tale diversità
dipende dalle vocali che la precedono o la seguono.
Consonante “z”
Nelle parole: azalea - zaino - zelo - zoo
la consonante “z” ha suono dolce perché è tra due vocali e perché è
seguita da vocale in principio di parola.
Invece nelle parole: bozzolo - pazzo - grazioso - paziente - oziare
la “z” ha suono aspro perché doppia e perché seguita dalle vocali io ie - ia.
Consonante “q”
La consonante “q” ha suono gutturale ed è sempre seguita dalla
vocale “u”: quando - tranquilla - conquistare.
Consonanti “p” - “b”
Le consonanti “p” e “b” sono sempre precedute dalla “m”.
Ma si dice: benpensante - benportante.
Consonante “h”
La consonante “h” viene usata per rendere gutturale il suono di “c” e
“g” davanti alle vocali “e” ed “i”.
Ma viene anche usata nelle esclamazioni: ah! eh! uh! ohi! ecc.
La consonante “h” serve anche a distinguere:
“ho” verbo da “o” congiunzione
“hai” verbo da “ai” preposizione articolata
“hanno” verbo da “anno” nome.
Oggi solo queste quattro voci del presente indicativo del verbo avere
iniziano con la lettera “h”. Qualche tempo fa per esse si ricorreva
all’accento: “ò” per “ho”, “ài” per “hai”, “à” per “ha”, “ànno” per
“hanno”. Questa scrittura si può ritrovare solo in alcuni scrittori.
Raddoppiamento delle consonanti.
All’interno di una parola tutte le consonanti, con la sola eccezione
dell’ “h”, possono raddoppiarsi. Ma si dice:
acqua - nacque
in quanto la consonante “q” si raddoppia soltanto nella parola
“soqquadro” e nei suoi derivati (negli altri casi diventa “cq”).
La consonante “b” non si raddoppia nelle parole terminanti in “bile”:
contabile - nobile - terribile.
La consonante “g” non si raddoppia davanti a “ione”:
ragione - prigione - stagione.
Si raddoppia davanti a “gine”, ma solo se la parte che precede ha un
proprio significato:
stupidaggine - testardaggine
(ma “immagine” - “indagine” perché “imma” e “inda” non hanno
significato).
La consonante “z” non si raddoppia davanti a “io”, “ia”, “ie”, “ione”:
spazio - mestizia - azienda - abitazione
Fanno eccezione:
pazzia - razzia - carrozziere - corazziere ecc.
Si scrive inoltre:
controfigura - sottomarino
in quanto le parole contro e sotto non raddoppiano la consonante che
segue.
Al contrario le parole “contra”, “sopra”, “fra”, “se”, “su” raddoppiano
la consonante che segue.
Digrammi
Diverse consonanti possono trovarsi unite in modo da esprimere un
suono solo. E’ il caso del digramma (parola greca che significa lettera
doppia)
Digrammi “ch” - “gh”
I digrammi “ch” - “gh” hanno suono gutturale:
chiasso - chiave - ghisa - ghianda
Digramma “gl”
Nelle parole:
battaglia - foglia - figlia - maglia
il digramma “gl” si trova davanti alla vocale “i” e ha suono palatale.
Però, nelle parole:
glaciale - gleba - globo - glutine
“gl” ha suono gutturale e non costituisce digramma in quanto forma
due suoni distinti.
Nelle parole:
glicerina - glicine - anglicano - negligenza
“gl” ha suono gutturale pur trovandosi davanti alla vocale “i”.
Digramma “gn”
Scrivo:
guadagnare - ingegnere - cognizione - ognuno
Il digramma “gn” ha suono nasale davanti a qualsiasi vocale.
Digramma “sc”
Il digramma “sc” ha suono palatale davanti alle vocali “e” - “i”:
mascella - scervellato - uscire - scintilla
Però nelle parole:
scultura - stordiscono - vasca
“sc” ha suono gutturale e non costituisce digramma in quanto forma
due suoni distinti.
Divisione delle parole in sillabe.
La sillaba è quella particella della parola che, riferiscono le
grammatiche, viene pronunziata con una sola emissione di fiato. E’
costituita da una o più lettere, ma non deve mancare la presenza di
una vocale in quanto le consonanti da sole non si possono
pronunziare. Per la divisione delle parole in sillabe occorre conoscere
alcune regole che suggeriscono quando due o più vocali, due o più
consonanti appartengono alla stessa sillaba o devono essere separate.
Dittongo1
Le vocali del dittongo appartengono alla stessa sillaba:
gua - da - gno, muo - re, Gui - do
Trittongo
Le vocali del trittongo (tre vocali) appartengono alla stessa sillaba:
tuoi, a - iuo - la, ba - ciai.
1
Incontro di due vocali pronunciate con una sola emissione di fiato. I dittonghi “io” - “ie”, che si possono trovare
solo in sillaba accentata: scuola - cielo - muovo - viene sono detti “mobili” perché nelle parole derivate o nella
Iato
Scompongo in sillabe:
so - la - tì - o, co - stù - i, Do - ro - tè - a, te - à - tro.
Le
vocali
dello
iato
(incontro
di
due
vocali
pronunziate
separatamente9 non appartengono alla stessa sillaba.
Consonanti doppie
Le consonanti doppie si separano:
cit - tà, ca - val - li, car - ret - ta.
Consonanti “cq”
Le consonanti “cq” si separano:
ri - sciac - quarsi, ac - quo - so, ac - qua - ti - co
Consonante “s”
La consonante “s”, quando si trova davanti ad altra consonante, si
unisce ad essa: fru - sta, ri - spo - se, di - scor - so.
Consonanti consecutive
Le consonanti consecutive (due o più di due) si uniscono alla vocale
che segue qualora insieme formino un gruppo di lettere che possa
stare in principio di parola:
pa - dro - ne, en - tra - va, gua - da - gna - to
coniugazione dei verbi perdono la prima vocale e su quella che rimane non cade più l’accento: SCUOLA SCOLARO, CIELO - CELESTE, VENE - VENITE.
(con i gruppi di lettere “dro” - “tra” - “gna” iniziano parole come:
dromedario - trave - gnaulare).
Parole con prefisso
Molte parole con prefisso (“cis” - “dis” - “in” - “tras” ecc.)si dividono
come se fossero due parole distinte oppure seguendo le regole
generali:
cis - pa - da - na, dis - to - glie - re
ci - spa - da - na, di - sto - glie - re
Parole con apostrofo
Quando c’è l’apostrofo la divisione avviene:
del - l’a - si - no, l’a - mi - co
E’ ammissibile l’apostrofo in fin di riga. Si può cioè scrivere:
dell’/antico - tutt’/altro - un’/anima
In questo caso, mi sembra che la questione di una divisione sillabica
non sia neppure da considerare: qui si tratta della semplice
spezzettatura di un nesso sintattico, imposta da un limite di spazio.
Anzi l’apostrofo impedisce un autentico errore morfologico, a cui
l’orecchio potrebbe pericolosamente assuefarsi:
dello/antico, tutto/altro, allo/estremo.
Accento
Le sillabe colpite dall’accento si chiamano “toniche”, le altre si
dicono “àtone”. L’accento a sua volta può essere di due specie:
acuto (´) e grave (`)
L’accento “acuto” secondo le grammatiche italiane dovrebbe porsi
sulle vocali “i” ed “u” quando vanno accentate (compì, più) e sulle
vocali “e” ed “o” quando hanno suono chiuso (baléna, dignitóso);
l’accento “grave” si pone sulla vocale “a” quando va accentata (papá)
e sulle vocali “e” ed “o” quando hanno suono aperto (pèrdere,
cappòtto). Esiste anche un terzo tipo di accento, il “circonflesso” (^)
che un tempo era molto usato per indicare parole contratte, cioè
ridotte (vôto per vuoto, fêro per fecero, principî per principii). Oggi
però, tale accento è inutile. Noi tutti siamo abituati alla doppia i,
laddove sussista possibilità di confusione:
assassinii da assassinio; assassini da assassino
Così come siamo pure abituati, quando scriviamo, a segnare
indistintamente gli accenti da sinistra a destra, cioè nella forma
dell’accento grave. Mentre i puristi non trovano niente da ridire per le
vocali “i” ed “u”, dato che in questi casi, l’accentazione non porta
alcun mutamento di suono, essi però, esortano a sforzarci di segnarci
correttamente gli accenti almeno sulla “e” e sulla “o”. Regola non
rispettata nemmeno dagli scrittori, dato che in romanzi famosi si
trovano le “e” di perché, benché, accentate gravi, invece che acute
come prescrive la regola. Le parole, secondo la posizione
dell’accento, si dividono in “tronche”, quando l’accento cade
sull’ultima sillaba: virtù, bontà, papà, “piane”, quando l’accento cade
sulla penultima: amore, fratelli, “sdrucciole”, quando l’accento cade
sulla terzultima: tavola, libero possibile, “bisdrucciole”, quando
l’accento cade sulla quartultima: meritano, scivolano, “trisdrucciole”,
quando l’accento cade sulla quintultima: liberamelo.
In genere l’accento tonico non viene segnato nel corpo della parola.
E’ obbligatorio scrivere l’accento sulle tronche: città, varietà, bontà e
su alcuni monosillabi per distinguerli dagli omografi:
sì (avv. Affermativo) si (pronome)
sé (pronome)
se (congiunzione)
né (cong. neg.)
ne (pronome)
dì (nome)
di (preposizione semplice)
dà (verbo)
da (preposizione semplice)
lì (avv. Di luogo)
li (pronome)
là (avv. Di luogo)
la (articolo o pronome)
è (verbo)
e (congiunzione)
tè (nome)
te (pronome)
Sono lieto se Mario fa tutto da sé; verrò da te a prendere un tè; Luigi
mi dà il sapone da barba.
Rifiutano l’accento:
qui, qua, so, sto, sta, va, tre (però nei composti, si scrive
ventitrè, trentatrè), re, fu, su, ecc.
Sull’accentazione di “se stesso” (e non “sé stesso”), dove il rischio di
confusione con la congiunzione “se” è fugato dalla presenza
dell’aggettivo “stesso”, i vocabolari, non è una novità, discordano:
Il Palazzi consiglia: sé stesso
Il Devoto - Oli: se stesso
Lo Zingarelli: sé stesso
Il Migliorini: sé stesso però ammette che taluni usano se stesso
Il Garzanti: sé stesso e se stesso.
Poiché siamo in tema di accenti, non sarà male ricordare che si dice:
gòmena, gratùito, Friùli, acrocòro, adùlo, àlacre, alchìmia, anòdino,
arterioscleròsi, callìgufo, cesàreo, congrèga, cosmpolìta, dàrsena,
dissuadére, edìle, edùle, infingardìa, insalùbre, ippòdromo, leccornìa,
madìceo, mollìca, protòtipo, salùbre, scandinàvo, scòrbuto, surrògo,
svalùto, utensìle, valùto, zaffìro.
La Rai, i mezzi di comunicazione di massa, il linguaggio della
pubblicità portano non lievi responsabilità, riguardo a errori
madornali come gratuìto (e non gratùito), leccòrnia (e non leccornìa),
bàule (e non baùle). Gli isòtopi si son mutati in “isotòpi” (non
mancano che gli “isogatti”), gli archètipi in “archetìpi”.
Elisione e apostrofo
L’elisione è la soppressione della vocale finale (non accentata) di una
parola che si trova davanti ad un’altra parola che inizia per vocale. In
sostituzione della vocale soppressa si mette l’apostrofo:
c’è - dell’umiltà - un’arma
anziché:
ci è - della umiltà - una arma
L’elisione è obbligatoria con gli articoli “lo” - “la” - “una” e con le
preposizioni articolate formate con gli articoli “lo”, “la”:
lo amico = l’amico, la estasi = l’estasi, una epoca = un’epoca,
dello
orso = dell’orso, sullo incontro = sull’incontro.
Per evitare confusione si scriverà:
all’assistente (se è uomo), alla assistente (se è donna).
L’elisione è facoltativa dopo l’articolo “gli” (solo davanti a parole che
iniziano per “i”), dopo le particelle “ci” e “vi” (solo davanti a parole
che iniziano per “i” ed “e”:
gl’inni - gl’insetti
c’introdusse - v’erano
La preposizione “di” si elide:
d’aprile - d’intesa - una prova d’intelligenza
ma si dirà:
tintura di iodio
perché la “i” seguita da vocale è considerata semiconsonantica; difatti
si dice senza elisione, lo iodio, lo Ionio, lo iato.
Per evitare confusione con “di”, la preposizione “da” non si elide:
difetto da eliminare
casa da affittare
Eccezioni:
d’ora in poi, d’altra parte, d’altronde, d’accordo sin d’allora.
E’ preferibile non apostrofare mai l’articolo “le”:
le amiche, le altezze, le epoche, le unità.
L’elisione è facoltativa dopo gli aggettivi: bello e quello, bella e
quella buona, nessuna e alcuna, grande, Santo e Santa:
bell’anello - quell’intruso - bell’età - quell’uscita - buon’amica nessun’assenza - alcun’alunna - grand’uomo - Sant’Antonio Sant’Anna.
Troncamento
Il troncamento è invece la caduta della vocale o della sillaba finale,
tanto se la parola seguente comincia con la vocale quanto se comincia
con consonante, e non vuole l’apostrofo. (Ciò avviene con i vocaboli
che, una volta caduta la vocale finale terminano con le consonanti “l”
- “m” - “n” - “r”:
signor giudice, mal di testa, suor Angelica, fra Michele, nessun
interesse, nessun vantaggio, per quel che mi riguarda.
Se le consonanti L - N - R sono doppie, cade tutta la sillaba finale
per quel che mi riguarda
anziché
per quel che mi riguarda.
Altri esempi:
siam giovani - buon amico
san tutto - per tempo
anziché:
siamo giovani - buono amico
sanno tutto - porre tempo.
Si deve però scrivere:
bella spada - uno gnocco - quello psicologo
in quanto il troncamento non avviene davanti a parola che inizia per
“s impura” - “z” - “gn” - “ps”.
Ricapitolando, nell’elisione l’apostrofo ricorda la caduta di una
vocale che faceva parte integrante della parola: “Quest’inverno” è
un’elisione, dove la “o” è scomparsa, ma non dimenticata, e scriviamo
al suo posto un apostrofo. Invece nel troncamento la vocale o la
sillaba soppressa non è sostituibile da alcun segno ortografico, la
nuova parola vive autonomamente.
Da “buono” abbiamo i troncamenti:
buon amico, buon diavolo
dove “buon” è parola autonoma, che si può premettere tanto ad
“amico” (iniziale vocalica) quanto a “diavolo” (iniziale consonatica),
senza bisogno di apostrofo. Si scriverà dunque:
qual era (e non qual’era)
perché “qual” è un troncamento. Difatti davanti a consonante noi
diciamo:
Qual buon vento ti porta?
Pertanto scriveremo
buon uomo (e non buon’uomo)
perché diciamo anche buon giorno.
Scriveremo
nobil uomo
perché davanti a consonante scriviamo “nobil donna2.
Invece
pover’uomo
vuole l’apostrofo perché se fosse un troncamento la forma “pover”
dovrebbe valere anche davanti a consonante e avremo “pover cane2, o
pover diavolo” cose che nessuno si sogna di scrivere.
“Grande” davanti a vocale subisce l’elisione:
grand’uomo, grand’ammiraglio
davanti a consonante subisce il troncamento:
gran capo, gran modo, gran farabutto
Davanti a “s” impura e a “z”, le opinioni divergono. C’è chi scrive:
gran zizzania
concedendo il troncamento, chi invece lo rifiuta e preferisce:
il grande zaino, il grande spavento.
Comunque è buona norma evitare il troncamento davanti a “s
impura”, “z”, “gn”, “ps”.
“Bello” si elide davanti a vocale.
dell’arnese, sei bell’e spacciato
e si tronca davanti a consonante che non sia “s impura”, “z”:
bel ragazzo, bel divertimento, bello specchio, bello zaino.
Al riguardo diventa “begli” davanti a vocale, a “s impura” e “z”:
begli ornamenti, begli specchi, begli zaini.
Davanti alle altre consonanti, fa il plurale “bei”:
bei libri, bei quadri
però diventa “belli” se è posposto al nome:
In quella casa ho visto quadri belli.
“Santo” si tronca davanti a nome che comincia con consonante o con
“i” semiconsonantica:
San Giuseppe, San Jacopo
Davanti a vocale si elide:
Sant’Anna, Sant’Ignazio
Resta intero davanti a “s impura”:
Santo Stefano, Santo Spirito
però davanti a “z” si tronca:
San Zeno
Eccezionalmente alcuni troncamenti vogliono l’apostrofo. Si tratta
degli imperativi
va’ (vai), sta’ (stai), fa’ (fai), di’ (dici)
che altrimenti si confonderebbero con il presente indicativo, terza
persona singolare:
egli va, egli sta, egli fa
Troncamenti sono anche considerati
mo’ (modo), po’ (poco) e il meno usato que’ (quei).
Accanto ai troncamenti con apostrofo che vengono usati abbastanza
frequentemente, ve ne sono altri che si incontrano raramente, e solo in
poesia. Si tratta delle preposizioni:
a’ (ai), da’ (dai), ne’ (nei), co’ (coi), su’ (sui)
dei monosillabi:
mi’ (mio), tu’ (tuo), su’ (suo), i’ (io), e’ (egli), vo’ (voglio)
e degli imperativi:
to’ (togli), gua’ (guarda), ve’ (vedi), mi’ (mira)
L’apostrofo si usa anche davanti ai numeri che cominciano per
vocale:
l’8 settembre
e per abbreviare l’indicazione degli anni:
la guerra del ’48
però è consigliabile scrivere: la rivoluzione dell’Ottantanove, perché
in questo caso le cifre richiederebbero due apostrofi (la rivoluzione
dell’89). Regola generale: per operare un troncamento occorre che la
sillaba finale contenga una delle seguenti consonanti: “m”, “n”, “l”,
“r”. Non è pensabile, per esempio, un troncamento in “b”: “un
superbo ingegno”.
Segni d’interpunzione (o segni di punteggiatura)
I segni d’interpunzione: (,) virgola - (;) punto e virgola - (: ) due punti
- (.) punto fermo - (!) punto esclamativo - (?) punto interrogativo.
La poesia moderna tende a sopprimere i segni d’interpunzione. Taluni
sono scomparsi anche dalla prosa. Per esempio, il punto esclamativo.
Resiste però il neutrale punto fermo. Dall’uso corrente sono stati
eliminati i puntini di sospensione ( . . . ), accusati di provincialismo,
di reticenze e di promesse non mantenute, come succede quando
preannunciano una battuta umoristica, e per quasi dicano: adesso
preparatevi a ridere, e arriva una battuta triste.
Persino le virgolette (“) tendono a scomparire. Nella prosa moderna il
“discorso diretto” viene incorporato nel contesto senza segni distintivi
(il figlio disse al padre non m’importa di ciò che pensi e se ne andò).
Malgrado l’opinione del futurista Marinetti, che nel suo furore contro
il passato vagheggiava un mondo senza punteggiatura, è bene non
essere avari di segni. Spesse volte si incontrano cartelli del tipo:
“Qui si vendono impermeabili per bambini di gomma”
Per evitare dubbi sulla consistenza muscolare dei piccoli clienti,
bastava inserire una virgola:
“Qui si vendono impermeabili per bambini, di gomma”
o meglio ancora:
“Impermeabili di gomma per bambini”
La virgola è indispensabile. Essa rappresenta la pausa più breve (i
segni d’interpunzione indicano a chi legge l’obbligo di fermarsi). La
pausa più lunga è affidata al punto fermo; al punto e virgola, una
pausa intermedia.
La virgola è d’obbligo nei vocativi:
Mario, che cosa hai fatto?
Al principio e alla fine di un inciso, di un’apposizione, di espressioni
parentetiche, che si possono chiudere tra parentesi e togliere dal
contesto, senza danneggiarne il senso compiuto:
Marconi, genio italico, inventò il radiotelegrafo
Cesare, varcato il Rubicone, marciò verso Roma
La virgola si usa anche nelle elencazioni:
Al mercato ho comprato mele, pere, arance e prugne.
I “due punti” (indicano una pausa quasi come quella del punto e
virgola)si usa quando si vogliono riferire parole di altre persone e per
chiarire o completare quanto detto in precedenza scrivo:
Mamma ha comprato: carne, pesce, uova, frutta
I due punti si usano prima di una enumerazione.
Il punto interrogativo (?) si usa alla fine di una interrogazione.
Segni ortografici (per indicazioni varie):
(´`) accenti, (‘) apostrofo, ( . . . ) puntini di sospensione, ( ) parentesi,
(“) virgolette, ( - ) lineetta, (= ) lineette, (-) tratto d’unione, ( * )
asterisco, ecc.
Alcuni di questi segni sono stati già trattati. Restano da considerare li
parentesi tonde ( ) usate per racchiudere parole o frasi che vengono
isolate dal resto del discorso in quanto non hanno con esso un preciso
legame:
La lettura (mi auguro che tu non l’abbia dimenticato) è
utilissima
per il buon uso della punteggiatura.
Le parentesi quadre [ ] si usano per introdurre parole estranee al testo:
Jolly [ pr. Jolly ]
La lineetta ( _ ) sostituisce le virgolette nel discorso diretto:
- Sei stato a prendere il fresco?
- Sì
- E come si stava?
Le lineette ( = ) vengono usate per spezzare la parola in fondo alla
riga. Sono sostituite a volte da un semplice trattino ( - )
Il trattino d’unione (- ) è usato per congiungere due termini:
il confine italo - francese
L’asterisco ( * ) era ed è usato al posto di un nome che non si conosce
o si vuol tacere:
Il signor * è indisponente
Parte seconda
L’alfabeto francese
Il francese usa un alfabeto di 26 lettere per trascrivere 35 suoni
diversi. Quindi non c’è esatta corrispondenza tra suoni e lettere,
pertanto il francese non ha scrittura fonetica.
L’italiano ha sempre scrittura fonetica per le vocali e quasi sempre per
le consonanti (salvo “ch” e “sc”).
Dato che le lettere dell’alfabeto sono insufficienti a rappresentare tutti
i suoni di una lingua, per dare la trascrizione esatta della pronuncia di
una parola bisogna far ricorso ad uno speciale alfabeto, che consenta
di rappresentare ciascun suono con un segno diverso. Il sistema di
trascrizione più largamente diffuso e generalmente accettato è quello
dell’alfabeto fonetico internazionale (v. vocabolario Petit Robert
fotocopia).
A gruppi di lettere diversi può corrispondere un identico suono:
Per esempio:
Ë = in, ain, aim (fin, impossible, bain, faim)
 = ch, sch (chaud, schéma)
A una lettera possono corrispondere più suoni:
s = s, z (pense, “s” sorda, poison, “s” sonora)
A un suono possono corrispondere lettere diverse:
i = i, y
v = v, w
Alcune lettere non si pronunciano
e muta: un (e) petit (e) fill (e) (“e” non accentata in fine di parola) 2
d, p, s, t: in fine di parola: trop, grand, petit, maisons
h: “en haut” (“h” aspirata iniziale rifiuta la “liaison”)
Sedici vocali
i: lit, ville
y: rue, vu
u: vous
e: bébé, café
Ø: peut, heureux
o: auto, nos
: sept, père
œ: seul, beurre
a: chat, pat
: le
a: passe, nation
Ê: pain, fin
œ: un, brun
ô: bon, oncle
: port, note
ã: dans, chanter
La “e” breve
La “e” (breve) si pronuncia se si trova all’inizio di un gruppo:
Que veux - tu?
Reprends du fromage
Demain tu iras la voir
Le docteur va arriver
Si può invece sopprimere la seconda e del gruppo:
Ne m(e) prends pas d(e) billet
Je l(e) connais biens
Je r(e)garde la télévision le soir
Non si pronuncia mai la e, es, ent (desinenza verbale) alla fine di un
gruppo o di un vocabolo.
2
La vocale tra parentesi non si pronuncia
Il va à la post(e) - Ell(es) dis(ent) qu’il est bêt(e)
Si pronuncia la “e” breve del pron. Pers. “le” dopo un verbo
all’imperativo:
Donnez - le - Apportez - le
All’interno di un gruppo:
Si pronuncia la e preceduta da due o più consonanti pronunciate:
Tous les vendredi - Apprenez bien vos leçon - exactement
Non si pronuncia la e preceduta da una sola consonante pronunciata:
Ell(e) n’a pas l(e) temps - La p(e)tite maison - d(e)vant la gare - Il
pass(e)ra dans la s(e)main(e) - cett(e) photo - laiss(e) - moi r(e)garder.
Le vocali intermedie
chiuse: e ø o
aperte:  œ o
sono pronunciate aperte o chiuse secondo che siano seguite o meno da
una consonante pronunciata in sillaba accentata:
chiuse: assez ase
peu
pø
beau
bo
aperte: bête bt
seul sœl porte port
Se la sillaba finisce con (z) (s sonora) i suoni o e eu sono chiusi:
rose roz
heureuse ørøz
Semivocali
w vois vwa
loin
i
fille fij
pied pje
vaille vaj
y
lui
suis
tuer
lyi
lw
syi
tye
Sedici consonanti
In francese vi sono 16 consonanti, poiché jn, nasale palatale è
sostituita da molti francofoni con n + j. Si pronuncia:
Champagne ãpanj come panier panje
Le sei occlusive e le sei fricative sono raggruppate in due serie
parallele:
una serie sorda (p, t, k, f, s, ) e una serie sonora (b, d, g, v, z, )
Le altre quattro consonanti si pronunciano talvolta come sorde,
talvolta come sonore, secondo gli elementi fonetici che le circondano:
in “peuple”, l è sordo come “r” in “prend”.
Di solito in francese nessun suono particolare segnala le consonanti
doppie:
grammaire gramr
Il ritmo della frase
Il ritmo è caratterizzato da:
- posto fisso dell’accento, sempre sull’ultima sillaba
del gruppo
ritmico o della parola, se pronunciata isolata.
- accento di gruppo. Nell’enunciato la parola perde il suo accento a
vantaggio dell’accento del gruppo. L’accento cade sull’ultima sillaba
del gruppo.
Notate come l’accento si sposta da una parola all’altra:
la maison
la grande maison la grande maison blanche la grande
maison grande et rouge.
L’accento di gruppo permette di spezzare l’enunciato in gruppi di
significato che coincidono con le unità sintattiche:
Elle est arrivée / hier / avec son père et sa mère
In italiano ogni parola ha il suo accento tonico, salvo qualche
preposizione o articolo:
elena cánta giocándo nel práto
Nadine chánte en jouant dans le pré
L’accento di regola, cade sull’ultima sillaba del gruppo ritmico
(accento ritmico):
Si tu es fatigué / nous prendrons l’autobus / à la prochaine station.
L’accento è sottolineato da una differenza di tono, di livello di voce e
da una modificazione della curva melodica.
Si tu es fatigué, nous prendrons l’autobus à la prochaine station.
Bonjour, madame Ledoux - C’est ici - Philippe est là - C’est son
bureau
Un altro accento può integrare il primo per sottolineare quello che
sente o pensa chi parla. E’ l’accento di insistenza che poggia sulla
prima o sulla seconda sillaba che si vuol mettere in risalto:
C’est une règle absolue - Elle est adorable - C’est une spectacle ........
La sillaba che esprime le reazioni personali del locutore è pronunciata
con più forza delle altre.
L’intonazione della frase semplice dichiarativa è ascendente nella
prima parte e discendente nella seconda.
Se chi parla attribuisce particolare valore a un gruppo di significato
rispetto agli altri, può situare il tono più alto della voce alla fine del
gruppo che intende sottolineare.
L’intonazione sale:
- alla fine della frase in sospeso (esitazione, pausa)
- nelle domande (in genere)
Vous étiez là. Vous étiez là?
Nelle frasi imperative l’intonazione è discendente:
Venez! Viens ici!
Nelle frasi esclamative, l’intonazione si sposta in forma molto
accentuata o verso l’alto (più frequentemente) e allora indica sorpresa,
o verso il basso (rimprovero, delusione).
Vous étiez là.
Gli accenti
In francese esistono quattro accenti. Si possono usare solo sulle
vocali. Di solito niente accento sulle maiuscole:
A Paris
accento acuto: (è) solo sulla “e” chiusa pronunciata in fine di parola o
di sillaba (seguita da una sola consonante):
bébé, répéter
L’accento acuto non è mai seguito da una “d”, da una “f” o da una “z”
finali:
pied, clef, nez
accento grave (à, è, ù): è frequente soprattutto sulla “e” (aperta): il
achète, sempre in fin di sillaba o davanti a “s” finale: mocès.
Permette di distinguere “à” preposizione da “a” (terza persona
singolare del presente verbo “avoir”), “la” articolo da “là” avverbio di
luogo, “ou” congiunzione da “où” interrogativo o relativo: çà - ça, dès
- des.
L’accento circonflesso (^): si può trovare su tutte le vocali, ma non è
molto frequente. Sostituisce molto spesso una “s” caduta:
pâte, bête, île, tôt, dû (part. pass. di “devoir” per non
confonderlo con “du” prep. articolata), crû (part. Pass. Di croître) cru
(part. Pass. Di croire), mûr (agg.) mur (nome).
Nelle corrispondenti parole italiane “l” e “s” spesso sopravvive: pasta,
bestia, tosto...
Dieresi (tréma) (¨): si può trovare su “e”, “i”, “u”. Scioglie i
dittonghi, staccando una vocale dall’altra:
haïr (però je hais), aiguë, saül
Dieresi (tréma) (¨): si può trovare su “e”, “i”, “u”. Scioglie i dittonghi,
staccando una vocale dall’altra:
haïr (però Je hais), aiguë, saül
Elisione
L'elisione è la soppressione di una delle vocali finali “a”, “e”, “i”
davanti ad una parola che comincia per vocale o "h" muta:
S'il vient
Le elisioni che si fanno nella pronuncia non sono sempre segnate
nella scrittura:
fidèle
ami,
faible
escorte
Quando l’elisione risulta nella scrittura, la vocale caduta è rimpiazzata
da un apostrofo:
l’or, d’abord, l’heure
L'elisione è obbligatoria negli articoli “la” et “le”:
l’église, l'homme
- nel pronome atono “la” davanti ai pronomi “en”, “y”, o davanti ad
un verbo:
Cette voix, je l'entends - Elle a bien agi: je l'en félicite.
Elle refuse de partir: je 1’y contraindrai.
(ma: Laisse-la entrer; envoie-la ouvrir: perchè “la” è accentato)
- Nei pronomi “je”, “me”, “te”, “se”, “le” atono, seguiti dai pronomi
“en”, “y” o davanti ad un verbo:
J'ai, il m’entend, on l’aperçoit, il s’y perd
(ma: Fais - le asseoir, perchè “le” è accentato)
nel caso di “de”, “ne”, “que”, “jusque”, “lorsque” , “puisque”,
“quoique”, e nelle locuzioni congiuntive composte con “que”:
faible d’Esope, il n’a pas, ce qu’on a, je veux qu’il parte,
jusqu’ici, lorsqu’il dit.
Lorsqu’à des proposition...
Lorsqu’en 1637...
Puisqu’on veut - Quoiqu’un homme soit mortel - Avant qu’il
vienne.
- nel pronome “ce” seguito da “en” e davanti la “e” o la “a” inìziale di
una forma semplice o composta del verbo “être”:
C'est, ç’a été, c’eut été, c’en est fait
- in presq’ile, quelqu’un (o quelqu’ une), ma non in “presque entier”,
“presque achevé”, “quelque autre”
-
in
“entre”,
elemento
dei
cinque
verbi
“s'entr’aimer”,
“entr’apercevoir”,
“s’entr’appeler”,
“s’entr’
avertir”,
“s’entr’
égorger”.
Senza apostrofo: “entre eux”, “entre amis”, “entre autres”
- nella congiunzione “si” seguita da “il” (o “ils”):
S’il vient, s'ils viennent, dis - moi s’il part
Non si apostrofano mai: “une”, “ma”, “ta”, “sa”, “ce” (agg.
dimostrativo); “qui” (pron. relativo soggetto).
L'elisione non ha luogo davanti al nome “un” (cifra o numero),davanti
a “huit”, “huitaine”, “huitième”, “uhlan”, “yacht”, “yak”, “yole”,
“yucca” ecc.
Nè davanti ad alcuni nomi propri come “Yemen”, “Yucatan” ecc.
C’è discordanza di pareri riguardo “oui”, “onze”, “onzième”.
Per alcuni nomi è possibile l’apostrofo:
Il suffit de oui, la bonne soeur fit signe que oui
Altri invece l'ammettono in determinati casi:
Je crois qu’oui, je lui fit signe qu’oui, je pense qu'oui, il dit qu’oui,
par un beau soleil d'onze heures, l’onzième volume.
Anche per “ouate” (ovatta si esita: si dice più spesso “1a ouate”che
“1’ouata”).
Liaison (legamento)
Si fa la “liaison” tra una consonante normalmente non pronunciata,ma
scritta, e la vocale iniziale (o “h” + vocale) della parola che segue.
Le consonanti mute finali “s”, “t”, “d”, “x”, “z”, si pronunciano con
suono (z):
les
idées
jolies
mes
tes
de bonne idées
anniversaires
belles
ses
attendent l’avion
nos
amis
Ils habitent à Paris
vos
allumettes
ouvrent le livre
leurs
étudiants
arrivent
ces
des
Elles ont vingt ans
avions
offrent un cadeau
Vous avez des amis - Nous sommes en France - Vous êtes avec lui Je suis à Paris.
Beaux
De jolis
elle
appareils
chez
grands
petits
dix hommes
six oeufs (non si pronuncia la “f”)
- suono (n)
un autre cadeau
son autre sac
un appartement
mon appartement
eux
un anniversaire
ton anniversaire
- suono (t)
C’est une femme
C’est mon grand ami
Quand il vient
(d) - (t) quando la parola che segue inizia con vocale: grand effort
La “liaison” è obbligatoria all’interno di un gruppo ritmico, ma non si
effettua mai tra un gruppo e l'altro.
Il les ont apportés / en autobus
Mes parents / ont acheté / des oeufs
Niente liaison con “et”:
Il est grand /et / américain
e tra “mais” e “oui”: mais /oui
- con le parole che finiscono in “rt” si lega con “r” e non con “t”.
un court entretien: kurãtrtj
Enchaînement consonantico
Tra l’ultima consonante di un vocabolo e la vocale iniziale della
parola successiva non c’è interruzione di suono:
Il a un (e) amie
Il est sept (h)eures
Avec un (e) amie
C’est une bonn(e) idée
Ell (e) attend
Il est toujour (s) avec elle
Cett(e) étudiant (e) est française
Echaînement vocalico
Tra 1’ultima vocale di una parola e 1a vocale iniziale della parola
successiva non c’è interruzione di suono:
Il va au cinéma. Elle atten(d) un ami. Elle me(t) une robe.
Il va achete( r ) une chemise. Il est chez Hélène.
Il veut un chapeau. Il y a une carte postale.
La “cedille” (,) si pone sotto la “c” per addolcire il suono davanti ad
“a”, “o”, “u” e dunque per indicare che la consonante deve essere
pronunciata come “s” sorda:
Avança, leçon, reçu
Il “trait d'union” (-).
Serve a legare le parole:
Arc - en - ciel, dit - il, toi- même.
Il trait d’union è usato:
- nei nomi composti
- tra il verbo e il pronome personale (o “ce”, “on”) che lo segue:
Dis - je, voit - on, est - ce vrai?
- tra il verbo all’imperativo e i pronomi personali complemento, che
formano con esso un solo gruppo fonetico, senza pausa:
Crois - rnoi, prends - le, dites - le - moi , faites - le - moi savoir.
Senza trait d’union:
Veuille me suivre, viens me le raconter
- prima e dopo la consonante eufonica:
Repliqua - t - il, chante - t - elle, convainc - t - on?
- nei numeri composti, tra le parti che sono minori di cento:
quatre - vingt - dix - huit, cinq cent vingt - cinq
- davanti a “ci” e “là” congiunti dalle diverse forme del pronome
“celui” o ai nomi preceduti da aggettivo dimostrativo:
Celui .- ci, ceux - là, cette personne - ci, ces chose - là
- nelle espressioni composte in cui siano usate “ci” e “là”:
Ci - contre, ci - joint, là - haut, jusque - là par - ici, par - là ecc.
- tra il pronome personale e l’aggettivo “même”:
moi - même, nous - même ecc.
Divisione in sillabe
Francese e italiano rispettano sostanzialmente la stessa divisione in
sillaba, eccetto con 1’ “s” impura (seguita da consonante):
it. un a - spet - to
fr. un as-pect
- non si dividono mai le sillabe tra due vocali che formano dittongo:
ca - mion (e non ca-mi-on)
- si divide tra due consonanti, purchè la seconda non sia una “r” o
“1”:
ar - tic1e, per - mis - sion, as - su -rer
invece: théâtre - théa-tre,
tableau - ta - bleau
- si divide dopo la prima di tre consonanti consecutive, se la terza è
“r” o “l”:
en - tre - prise, ar-bre, exem - ple
altrimenti si divide tra la seconda e la terza consonante:
comp - ter
Come in ita1iano, le lettere maiuscole si usano all'inizio della frase e
all'inizio di un nome proprio (sia esso nome che cognome):
Victor Hugo
L’ALPHABET FRANCAIS
A B C D E F G H I J K LM
a b c d e f g h i j k l m
[a] [be] [se] [de] [ f [e] [a] i i ka l m
N O P Q R S T U V W X Y Z
n o p q r s t u v w x y z
n o pe ky r s te y ve dublve iks igrk zed
Les signes ortographiques
é: accent aigu; è: accent grave; ê: accent circonflexe; ë: le tréma
(Noël);
l’: l’apostrophe (f.); grand - père: le trait d’union.
Les signes, de ponctuation
(.) le point - (,) la virgule1 -
(;) le point et virgule - (...) les points
de suspension - ( ) les parenthèses (f.) - (?) le point d’ interrogation; (!) le point d’exclamation - (“”) les guillemets (m.) - ( - ) le tiret.
Tableau de la prononciation française
Accent tonique [aksã t nik]
a) sur la dernière syllabe: caméra, mercredi
b) sur la pénultième, si la dernière syllabe est muette, c’est - à - dire si
elle se termine par - e, - es, - ent (desinence verbale): idole, parole, ils
parlent.
Consonnes finales: pied, trop, 1it, assez, dix mots
(en général les consonnes “de”, “p”, “t”, “s”,”x”, “z” ne se prononcent
pas à la fin du mot)
Division des syllabes: es - prit, a - pos - to - lat, pos - tal.
(comme en italien, sauf pour le “s” devant consonne)
Les sons et les mots
l. Les voyelles
1. Le son [i] s’ècrit: i, y
2. Le son [e] s’écrit: è (en syllabe ouverte)
ami, type
clé, début
e (en syllabe finale fermée) nez, parler, pied
ai (dans les verbes et dans certains mots en
1
La virgola non va mai posta:
- tra soggetto e verbo, tra verbo e complemento oggetto
- prima di “et” e “on”.
syllabe ouverte)
3. Le son [ (e ouvert) s’écrit: ai
j’ai, j’irai, gai.
la laine, il avait
ei
pleine, reine
è
père, mère, fière
e
la pierre, le fer, la mer
ê
forêt, prêt, arrêt
4. Le son [a] (a antérieur) s’écrit: a
lac, bras, table
5. Le son [a] (a postérieur) s’écrit: a vase
â pâte
6. Le son [o] (o fermé) a’écrit: eau
beau, l’eau, le marteau
au
le taureau
o
Monaco, dodo
7. Le son [ ] (o ouvert) s’écrit: o
l’or, le trésor, le port
8. Le son [u] s’écrit:
le souper, vous, nous
ou
9. Le son [w] (sèmi - voyelle) s’écrit: ou (devant voyelle): oui
10. Le son [wa] s’écrit:
oi
11. Le son [ (e atone) s’écrit: e
roi, Blois
le livre de lecture,
je parle le premier
(dans les monosyllabes et en
syllabe ouverte non finale,
précédé par deux consonnes)
12. Le son ø s’écrit: eu
bleu, le pneu, le feu, heureux,
il peut
13. Le son [œ] s’écrit: œ, œ u, eu
l’œil, l’œuf, le bœuf, l’heure
14. Le son [y] (“u” pour les lèvres, “i” pour la langue)
s’écrit: u mur, dur
s’écrit: eu par exception:
j’eus, j’ai eu
15. Le son [ ] (semi - voyelle) est toujours suivi de i: huit, nuit
Les nasales
1.Le son [ nasal s’écrit: in, im1 vin grimper
yn, ym
syncope, sympatique, thym
ain, ein
saint, plein
en (après i) bien, mien
2. Le son ã nasal s’écrit:an, am (1) blanc, rampe
en, em
encre, empire
3. Le son [] nasal s’écrit: on, om (1) ombre, son
4. Le son [œ] nasal s’écrit: un
un son importun.
La mouillèe (i semi - voyelle)
Le son [ j ] s’ècrit:
(i suivi d’une voyelle): pied, lion
y (entre voyelles): payer
- ill -: piller [ pije ], sillage
1
Se però “m”, “n”, fanno parte della sillaba che segue o sono seguiti da un’altra “n” o “m”, la vocale mantiene il
suono primitivo.
Es. homme, fine, ennemi
-il (à la fine du mot prècèdè de voyelle):
vieil [ vijεj ]
mais: tranquille, mille, ville, village, illogique 8le mot italien a aussi
deux “1”
Les consonnes
1. Le son [ f ] s’ècrit: f, ph
fable, photographie
2. Le son [ ] s’ècrit: J
jouet, Jean, je joue, jeter
g (devant e i) manger, gigot
3. Le son [ k ] s’ècrit: c
q, qu
k
4.Le son [ s ] s’ècrit: s
cancan. Cocorico
coq, qui, que, quoique
kilo, kèpi
se, ses, s’est
c, ç
c’est, ça, ce, garçon- ci
sc
science, scène
5. Le son [ z ] s’écrit: s, z
rose, bise, zéro, zézayer
6. Le son [ t ]s’écrit: t, th
théÂtre, synthèse
7. Le son [
] s’écrit: ch, sch
chat, chocolat, schéma
8. Le son [
] s’écrit: gn
ignorant, peigne
9. H ne se prononce pas, mais influe sur l’article qui le précède.
Liaison
Eccezione: femme [fam], evidemment
Les mots français ne se prononcent jamais seuls, mais par groupes
phonétiques: Il avait invité des amis [ ilavεvite dezami ]
Le signe [ : ] marque un allongement de la voyelle:
la chaise de Pierre
Parte terza
L’articolo
“Il” insieme con “lo” e “la” è articolo determinativo, perché determina
con precisione una certa persona o cosa.
“Il” deriva dal latino:
ille pater (quel padre), illa mater (quella madre)
col passare del tempo si sono trasformati in
il (le) pater, (il) la mater
cioè “il” padre, “la” madre.
“Un” e “uno” sono articoli indeterminativi, perché non determinano la
persona o la cosa. Restano nel vago.
Dammi il libro (quel certo libro)
Dammi un libro (uno qualsiasi)
“Uno” non ha plurale. In senso contabile, il plurale di uno sarebbe
“due”, “tre” ecc. Il plurale di uno è “alcuni”:
Ho bevuto un bicchiere
un topo
Ho bevuto alcuni bicchieri
alcuni topi
“Uni” si usa come pronome:
Gli uni leggono, gli altri giocano
A differenza di altre parti del discorso (verbo, aggettivo, avverbio,
pronome, nome) che godono di una relativa mobilità, l’articolo sta
incollato al nome e può muoversi solo con esso.
Il plurale di “il”, “lo”, “la”, è “i”, “gli”, “le”.
“Uno” , “lo”, “gli” si usano:
- davanti a “s” impura
uno stupido, lo studente, gli sconosciuti
- davanti a “z”
uno zoccolo, lo zoppo, gli zaini
- davanti a “ps”, “gn”, “pn”, “x”
uno psichiatra, lo xilofono, gli pneumatici
Si evita così il suono contiguo di tre consonanti: il psichiatra darebbe
un cacofonico gruppo “lps”.
Il plurale di “Dio” è “gli dei” (e non “i dei”)
“Gli” si apostrofa davanti a parola che comincia con “i”
gl’inglesi (non scrivere mai gl’europei, ma volendo si può
scrivere anche gli inglesi).
“Lo” davanti a vocale si elide:
l’insetto l’amore, l’urto
“Lo” e “gli” davanti a “i” semiconsonante (cioè seguita da vocale)
non si elidono:
lo iato, lo Ionio, gli iati
“La” si elide davanti ai nomi che iniziano per vocale
l’aurora, l’ombra
“Le” non si elide davanti ai nomi che iniziano per vocale
le ansietà, le estremità
“Un” non si elide
un arco (e non un’arco)
perché “un” è troncamento di “uno”.
“Una” si elide davanti ai nomi che iniziano per vocale “a”:
un’afa, un’antenna, un’adunanza
mentre davanti a nomi che iniziano con altre vocali l’uso oscilla tra
l’elisione e la non elisione:
un’età e una età, un’ombra e una ombra
Presenza e assenza dell'articolo
I nomi maschili di persona rifiutano l’articolo (è dialettale dire il
Mario, il Giovanni) che è invece accettato, specie nell’uso familiare,
da quelli femminili (la Graziella, l’Antonietta9.
I cognomi degli illustri sono usati, anche senza articolo:
Manzoni, il Manzoni
Carducci, il Carducci
Per le donne è ai rigore l'articolo, tanto se illustri:
la Garbo, la Jotti
quanto se oscure.
La bianchi, la Rossi
Quando il nome proprio è preceduto da un titolo, purchè non sia “ser”,
“messer”, “maestro”, “fra”, “san”, “don”, “donna” si premette
l’articolo:
il cavalier Anselmo, il dottor Zivago
però non si dice: il fra Cristoforo, il messer Ludovico, la donna Rachele
Articolo con nomi geografici
Mari, monti, fiumi, continenti e regioni vogliono l’articolo:
il Tirreno, il Cervino, il Po (ho pescato nel Po, ma: ho
pescato “in” Arno), la Lombardia, l’Europa.
Davanti ai nomi di città l'articolo si omette,
Torino, Milano, Recanati, Barletta
tranne: il Cairo, La Spezia, L’Aquila, La Mecca, L’Avana, L’Aia
Però si dirà:
La Torino Risorgimentale
La Milano industriale
La Firenze dei Medici
in quanto l’articolo viene usato davanti ai nomi di città accompagnati
da un aggettivo o da un complemento di specificazione.
Le nazioni vogliono l’articolo:
La Spagna, il Belgio, la Germania
tranne:
Israele, Haiti, Cuba, San Marino, Monaco, Andorra
Le grandi isole vogliono l'articolo:
la Sicilia, la Sardegna, il Madagascar
però lo respingono:
Cipro, Creta, Cuba, Ischia, Capri, Caprera, Ponza, Rodi,
Malta, la Capraia, la Maddalena, la Gorgona
Articolo con nomi di parentela accompagnati da aggettivi possessivi.
Con padre, madre, sorella, cugino ed altri termini di parentela
preceduti dal possessivo non va l’articolo, pertanto si dirà:
mio padre, tua sorella, tua madre, suo zio, nostro nipote, suo
cugino, nostro cognato, vostro genero, vostra suocera.
Tali nomi, usati al singolare e preceduti da un aggettivo possessivo
(escluso “loro”), rifiutano l’articolo.
Eccezioni: il mio babbo, la tua mamma, il suo papà
perché i nomi di parente1a, quando sono alterati o di tono affettuoso
vogliono l’artico1o davanti al possessivo:
il mio nonnino
Tali nomi quando sono usati al p1urale o accompagnati da un
aggettivo vogliono l’articolo:
i miei fratelli, il mio adorato padre, il suo ricco zio i suoi
suoceri, i loro figli, i vostri simpatici cugini.
E così quando il possessivo segue il nome:
il figlio suo, la madre tua
“Il” riacquista l’originario valore etimologico di “ille” (quello)
quando assume funzioni di dimostrativo:
Alessandro “il Grande”, Plinio “il Giovane”
Si usa omettere l'articolo:
- davanti ai nomi dei giorni quando sono sottintesi gli aggettivi
“prossimo” e “scorso”:
Giovedì (prossimo) non andrò a scuola
Domenica (scorsa) ho visitato gli scavi di Pompei
mentre:
Odio il lunedì (tutti i lunedì)
- davanti ai nomi dei mesi quando non sono accompagnati da
aggettivi:
Febbraio è il mese più corto
- davanti ai nomi usati nelle elencazioni:
Nella vecchia abitazione c’erano quadri, poltrone, vasi,
specchi
- davanti ai nomi nelle frasi interrogative:
Hai libri e quaderni da prestarmi?
- davanti ai nomi usati nelle frasi negative:
Non ho tempo e denaro da sprecare
- davanti ai nomi che compaiono in brevi frasi:
Ho sonno. Avverto fame e sete. Vai a destra. Mi chiama
per nome.
Preposizioni articolate
La preposizione articolata è l’unione di una preposizione semplice
(“di” - “a” - “da” - “in” - “con” - “su” - “per”) con un articolo
determinativo (“il” - “lo” - “la” - “i” - “gli” - “le”).
Ecco lo specchietto di tutte le preposizioni articolate:
su
il
lo
1a
di
del
dello
della dei
degli
a
al
allo
alla
agli
alle
in
nel
nello nella nei
negli
nelle
con
col
sul
sullo sulla sui
i
gli
ai
le
delle
coi
sugli
sulla
per
Nello specchietto sono rimasti vuoti gli spazi corrispondenti a quelle
forme che non vengono. più usate ( si possono trovare solo nelle
opere poetiche ) Si dice:
con lo zio, per il viale, per la strada
D’altra parte anche a “col” e a “coi” si preferiscono le forme “con il”
e “con i”.
Articolo partitivo
La preposizione “di” composta con gli articoli può acquistare valore
partitivo.
Attenzione a:
L’auto di mio padre ha la leva “del” cambio rotta
La scuola dove studio ha intorno “del” verde
“Del” ha valore diverso nelle due frasi: nella prima è preposizione
articolata, nella seconda è articolo partitivo:
del, dello, dei, degli, della, delle
hanno valore partitivo quando significano “un po’”, “una certa
quantità”, “alcuni”:
Ho bevuto del vino. Ho trovato degli amici comprensivi.
Le grammatiche consigliano di non abusare del partitivo, costrutto
derivato proprio dalla lingua francese.
Si eviti ad esempio di dire:
Il pianista aveva delle mani bellissime
Essendo soltanto due, non v’è pericolo di sbagliare affermando che “il
pianista aveva mani bellissime”.
Si obbedisce così ad un’altra regola, stilistica non grammaticale, che
suggerisce di eliminare il superfluo. Nella comunicazione linguistica,
tutto ciò che è inutile è dannoso.
La pubblicità a volte esorta:
“Pulitevi i vostri denti col dentifricio...”
“Lubrificate la vostra auto con l’olio...”
Anche questo è un uso ricalcato sul modello francese. Basterà dire:
“Pulitevi i denti...”
“Lubrificate la vostra auto...”
SCHEMA RIASSUNTIVO
Articolo determinativo
Articolo indeterminativo
singolare: il - lo
Maschile: un - uno
Maschile
Femminile: una
plurale:
i - gli
singolare: la
Femminile
plurale: le
Parte quarta
Il nome è la parte del discorso che serve a nominare le cose, le
persone animali, le cose, gli eventi. Si chiama
anche sostantivo
perchè indica una sostanza, contrapposto in ciò all’aggettivo, che
indica
una
qualità
o
un’altra
connotazione
aggiuntiva
(da
“adjectivum”, che si aggiunge).
Il nome può essere “concreto” quando indica cose che cadono sotto i
sensi, “astratto” quando indica sentimenti, qualità, idee percepibili
con la mente:
“cane, pietra, sedia” sono concreti
“bontà, virtù, bellezza” sono astratti
Tuttavia è meglio non insistere su questo punto, perché a voler essere
precisi, troveremo il confine tra i due gruppi assai evanescente ed
opinabile.
Astratti sono quei nomi, insegnano le grammatiche tradizionali, che
indicano cose che non si possono vedere né toccare né sentire. Se
“bontà” è astratto, “angoscia” e “affanno” sono astratti o concreti?
Astratti, rispondono le grammatiche tradizionali, eppure in un certo
qual modo vengono percepite dai nostri sensi. Alcuni nomi sono poi
in alcuni casi astratti e in altri concreti.
Il nome può essere “comune” quando indica uno o più individui,
senza distinguerli da altri appartenenti alla stessa specie:
ragazzo, monte, fiume, signora, viso
e “proprio” quando si riferisce ad un determinato individuo,
isolandolo dal resto della specie:
Antonio, Cervino, Adige, Itali
Il nome proprio non ha plurale, tranne quando ha valore traslato:
i Cesari = gli imperatori di Roma
oppure indica una famiglia:
gli Scipioni, i Fabii
Al nome proprio vanno assimilati i cognomi:
Peertini, Quasimodo, Ungaretti, Guttuso
- gli pseudonimi:
Alberto Moravia (all’anagrafe Alberto Pincherla)
Ignazio Silone (Secondino Tranquilli)
Collodi (Carlo Lorenzini)
Giosuè Carducci (Enotrio Romano)
Trilussa (Carlo Alberto Salustri)
- i soprannomi:
Carlo Magno, Giuliano l’Apostata, Scipione l’Africano
- i nomi patronimici:
il Pelide Achille (figlio di Peleo)
il Laerziade (Ulisse, figlio di Laerte)
i Merovingi (discendenti di Meroveo)
i Napoleonidi (discendenti di Napoleone)
- i nomi patronimici, indicanti la patria d’origine :
l’Aretino (nato ad Arezzo)
il Perugino (nato a Perugia)
il
Veronese (Paolo Caliari, nato
a Verona)
l’Urbinate (Raffaello Sanzio, nato ad Urbino)
- i titoli di libri e di opere d'arte:
Decamerone, Giudizio Universale
Il cognome va sempre posposto al nome, ma la burocrazia, la
consuetudine dell’appello per ordine alfabetico, a scuola, in caserma,
agli sportelli degli uffici, ha soffocato l’individualità presente nel
nome. I ben parlanti, però, diranno sempre Dante Alighieri, non
Alighieri Dante. Illustri o meschini, noi esistiamo prima come persone
e poi come famiglia. Così nella busta di una lettera scriveremo “al
dott. Mario Rossi”, non a “Rossi dott. Mario”.
Riguardo alla struttura, il nome può essere:
- primitivo, quando non deriva da nessun altro (casa, mano, suono)
In questo caso gli elementi costitutivi delle parole sono la “radice” e
la “desinenza”(giardin - o, sol - e, mar - e)
- derivato, quando deriva da un altro (casalinga, manovale, suonatore)
In quest’ultimo caso, il significato della parola primitiva rnuta
profondamente . Nel caso di:
giardiniere, sole, mareggiata, casalinga
tra radice e desinenza s’inserisce un. “suffisso”
mentre in
de - merito, re - azione
s’inserisce un “prefisso” (la radice rimane)
La radice unita a prefisso o suffisso determina il “tema” della parola.
Nelle parole primitive radice e tema si identificano.
Quando invece si verifica un mutamento parziale superficiale, e il
senso nella sostanza rimane intatto, abbiamo il nome alterato:
donna, donnone, donnina, donnetta, donnaccia
Donnone è accrescitivo (da notare il passaggio al maschile, quasi a
potenziare la forza muscolare), donnina vezzeggiativo, donnetta
diminutivo, donnaccia dispregiativo. In pratica, il nome alterato
equivale a un sostantivo più un aggettivo:
donnone = donna grossa, donnina = donna
graziosa
donnetta = donna piccola, donnaccia = donna
scostumata
Attenzione: signorina non è una signora piccola, è una donna non
sposata.
Esistono dei nomi che a prima vista sembrano dei nomi alterati:
Esempi: il “bottone” non è una grossa botte
il “rubinetto” non è un piccolo rubino
il “burrone” non è un grosso pezzo di burro
il “brigantino” non è un piccolo brigante
il “limone non è una grossa lima
il “mulino” non è un piccolo mulo
la “focaccia” non è una spregevole foca
Altri invece che in origine erano alterati, ma che hanno assunto
nell’uso un significato non alterato:
cavalletto (da “piccolo cavallo” a strumento in legno,
metallo
o plastica che serve per diversi usi)
cannone (in orgine “grossa canna”)
cartella e cartuccia (ambedue in origine “ piccola
carta)
Il nome alterato ha scarsa presenza nell’uso corrente, ed è peccato
perché offre una varietà di sfumature, di mezze tinte e mezzi toni, che
arricchiscono il pensiero. Qualche altra desinenza:
- ello: vinello
- uzzo: labbruzzo
- otto: ragazzotto
- astro: poetastro
- onzolo: pretonzolo
- iccio: sudaticcio
- acchione: matttacchione
- icciolo: porticciolo
- uncolo: ladruncolo
- uccio: tesoruccio
- erelIo: vechierello
-.iciattolo: mostriciatto
- ucolo: avvocatucolo
- occio: grassoccio
- olo: figliolo
- ognolo: amarognolo
Non manca il diminutivo dell'accrescitivo, come “palla” che si gonfia
in “pallone” e poi si ridimensiona in “palloncino”. Così pure abbiamo
il dispregiativo del diminutivo. Di un cane diciamo “cagnetto”, e se
vogliamo aggiungere che è anche cattivo diciamo “cagnettaccio”.
Attenzione, quando scrivo:
Dopo pochi minuti la “nuvola” si è risolta in fitta
pioggia
Ben presto il “nuvolone” ha offuscato il sole
Il nome femminile “nuvola” con 1’aggiunta del suffisso “one” si
muta nel maschile “nuvolone”.
Anche altri suffissi (“ottolo”, “etta”, “ino”) cambiano il genere del
nome.
Qualche esempio:
La via (f)
il viottolo(m)
il sapone (m)
la saponetta (f)
la villa (f)
il villino (rn)
Generi dei nomi
E’ opinione molto diffusa e altrettanto errata che tutte le parole
uscenti in “a” siano femminili, perciò non di rado 1’anagrafe registra
neonate chiamate Vania (sebbene zio Vania di Cechov, fosse uomo),
Leonida (considerato femminuccia nonostante il virile coraggio
dimostrato alle Termopoli) e persino Enea.
E’ pur vero che la maggioranza dei nomi in “a” sono femminili ma
non tutti. Sono maschili:
il pirata, il boia, il problema,
l’elettrocardiogramma, il teorema, il telegramma
e molti altri
Ma nel popolo, osserva il Panzini, l’equivalenza tra la desinenza in
“a” e il genere femminile è talmente sentita che spesso si sente dire
“una inglesa”, “una francesa”.
Al genere femminile appartengono inoltre:
- i nomi dei frutti: la noce, la pera, la pesca
Fanno eccezione : il fico, il cedro, il limone, il dattero
- i nomi di città e di isole: Messina, Sardegna
Fanno eccezione: il Pireo, Il Cairo, Il Madagascar ecc.
Genere maschile
Inversamente, tutti i nomi in “o” sono maschili, con alcune eccezioni:
la radio, la mano, la dinamo, l’eco (che però al
plurale è maschile: gli echi).
Appartengono a tale genere:
- molti nomi di fiumi, laghi e monti: Volturno, Cervino, Trasimeno
Fanno eccezione: la Dora, la Senna, le Alpi, le Ande ecc.
- i nomi dei giorni della settimana e dei mesi
Fa eccezione: la domenica
- molti nomi di piante e di alberi da frutto
Fanno eccezione: la vite, la palma, la quercia, la felce ecc.
- i nomi dei metalli
Genere comune
Esistono molti nomi che hanno una sola forma e per il maschile (il
genere si distingue dall’articolo o dall’aggettivo che li accompagna):
il nipote (m)
la nipote (f)
il giornalista (m)
la giornalista (f)
un parente (m)
una parente (f)
un farmacista (m)
una farmacista (f)
famoso cantante (m)
famosa cantante (f)
bravo insegnante (m)
brava insegnante (f)
un barista (m)
una barista (f)
Particolarità del genere
Contralto - soprano
sono nomi di genere femminile, ma indicano persone di sesso
femminile.
Esistono poi nomi di genere femminile che possono riferirsi ad
entrambi i sessi:
la spia, la guida, la persona, la sentinella, la
vedetta, la guardia (non hanno il maschile)
Tra i nomi di animali, alcuni presentano due nomi per indicare i due
sessi:
lupo (m) - lupa (f), gallo (m) - gallina (f), pecora
(f) - montone (m), cane (m) - cagna (f), maiale
(m) - scrofa (f), leone (m) - leonessa (f), gatto
(m) - gatta (f)
Per altri specificheremo:
la pantera maschio
la pantera femmina
il cigno maschio
il cigno femmina
il
leopardo
maschio
il
leopardo
o la femmina del
leopardo)
Formazione del femminile
I nomi con desinenza in “o” hanno il femminile in “a”
amico (m) - amica (f), cuoco (m) - cuoca (f),
femmina
pettegolo (m) - pettegola (f)
ma: avvocato (m) - avvocatessa (f)
- I nomi con desinenza in “e” hanno il femminile in “a” o in “essa”:
infermiere (m) - infermiera (f), signore (m) signora (f), leone (m) - leonessa (f),
professore (m) - professoressa (f)
- I nomi in “a” hanno il femminile in “essa”:
duca - duchessa, poeta - poetessa
- I nomi che terminano in “tore” hanno il femminile in “trice”
lavoratore - lavoratrice, attore - attrice
ma: dottore - dottoressa, impostore - impostora
Il nome femminile “mucca” è diverso dal maschile “bue”. In italiano
esistono nomi che hanno il femminile completamente diverso dal
maschile:
Babbo - mamma, padre - madre, uomo - donna, maschio - femmina,
cavaliere - dama, marito - moglie, fratello - sorella, genero - nuora,
celibe - nubile, montone - pecora
Attenzione: il femminile di re è regina, di doge dogaressa, di pastore
pastora, di frate suora, di cavaliere amazzone (a cavallo) e dama (in
salotto)
Altri esempi:
re - regina, dio - dea, stregone - strega, compare -
comare, camoscio - camozza
Alcuni nomi, cambiando genere, mutano completamente il significato.
I più frequenti sono: il testo (opera scritta) - la testa (parte del corpo),
il boa (serpente) - la boa (segnale galleggiante), il fronte
(schieramento di un esercito) - la fronte (parte del corpo umano), il
mento (parte del volto umano) - la menta (pianta erbacea), il modo
(maniera) - la moda (usanza di breve durata), il buco (cavità che passa
da parte a parte) - la buca (cavità di terreno), il capitale (somma di
danaro) - la capitale (città principale di uno stato), il pianeta (astro che
non ha luce propria) - la pianeta (parametro sacerdotale), il fine
(scopo) - la fine (termine di un’azione), il lama (animale) - la lama
(parte tagliente del coltello), il collo (parte del corpo oppure cassa) la colla (adesivo), il figlio (pezzo di carta) - la foglia (appendice della
pianta), l’arco (arma) - l’arca (sarcofago), il carico (peso) - la carica
(energia), il lancio (effetto del lanciare) - la lancia (arma), il maglio
(grosso martello) - la maglia (intrecciatura del filo), il pieno (carico
completo) - la piena (aumento della portata di un corso d’acqua), il
palo (legno lungo e dritto) - la pala (attrezzo), il manico (impugnatura
di un oggetto) - la manica (parte del vestito), il galero (cappello
cardinalizio) - la galera (carcere).
L’emancipazione femminile ha creato problemi linguistici ignoti nel
passato anche recente. Un tempo le professioni e le cariche erano tutte
in salda mano maschile. La società patriarcale riconosceva alla donna
il diritto di scegliere uno di questi tre mestieri: casalinga, serva,
cortigiana. Poi un po’ alla volta la donna è uscita dalle mura
domestiche ed è andata a scuola ad insegnare: nasce il femminile di
maestro, maestra. Ad un livello superiore fece la professoressa. Poi la
donna si laureò in medicina, curò i malati e fece la dottoressa, che non
è la moglie del dottore, come principessa lo è del principe, e fattoressa
del fattore, bensì indica una condizione professionale. Ma qual è il
femminile di sindaco? Fino ad ieri sindachessa era la moglie del
sindaco, nulla vieta di usare questo termine per indicare questa
funzione, svolta da una donna.
Più volte si legge sui giornali: “in tribunale l’avvocato Maria Rossi ha
pronunciato
una
brillante,
applauditissima
arringa”.
Ma
grammaticalmente si potrebbe scrivere “avvocata”, trattandosi del
participio passato del verbo latino “ad - vocare” (chiamare uno come
consigliere). D’altronde il femminile di convocato è convocata. Per la
stessa ragione, meglio deputata che deputatessa. Per il ministro donna il discorso si fa più difficile, signora ministra non è usato, ed ha
preso piede “ministro”, riferito ad una donna. Lo stesso avviene per
la signora capotreno, per il direttore responsabile di un rotocalco e per
la pilota.
Numero del nome.
I nomi col singolare in “a” cambiano al plurale la “a” in “e” se
femminili
sera - sere, paura - paure, signorina - signorine
Eccezioni: ala - ali, arma - armi;
i nomi maschili cambiano al plurale la “a” in “i”
dramma - drammi, poeta - poeti, pilota - piloti.
I nomi col singolare in “o” cambiano al plurale la “o” in “i”
tempo - tempi, argomento - argomenti,
gruzzolo - gruzzoli.
I nomi col singolare in “e” cambiano al plurale la “e” in “i”
classe - classi, dimostrazione - dimostrazioni,
lezione - lezioni.
Particolarità sul numero de1 nome
Nomi col singolare in “co”.
Per questi nomi è consigliabile consultare il vocabolario e scegliere.
In parecchi casi, infatti i vocabolari sono discordanti. Per esempio il
Palazzi assegna a “manico” il plurale manichi, lo Zingarelli manichi e
manici. Per stomaco, lo Zingarelli registra stomachi e stomaci,
contraddetto dal Palazzi, che prescrive testualmente “stomachi” e non
stomaci, che è errore. Una regola proposta da alcuni assegna il plurale
“ci” ai nomi sdruccioli, vale a dire con l’accento sulla terzultima
sillaba:
(sdruccioli): canonico - canonici
medico - medici
sindaco - sindaci
- il plurale in “chi” ai nomi piani, con accento sulla penultima sillaba:
(piani):
cieco - ciechi
palco - palchi
fico - fichi
Eccezioni: (nomi piani) amico - amici
nemico - nemici
porco - porci
greco - greci (ecc.)
(nomi sdruccioli)
valico - valichi
carico - carichi
Nomi col singolare in “go”.
Stesso discorso per i nomi in “go”:
plurale in “gi” per i nomi sdruccioli (accento sulla terzultima sillaba);
(sdruccioli): teologo - teologi, asparago - asparagi
plurale in “ghi” per i nomi piani (accento sull’ultima sillaba):
(piani):
castigo - castighi, albergo - alberghi, lago - laghi
mago - maghi (ma attenzione ai “Re Magi”)
Eccezioni:
(sdruccioli): dialogo - dialoghi, obbligo - obblighi,
catalogo - cataloghi, astrologo - astrologi o astrologhi.
Nomi col singolare in “ga” e “ca”
Le sillabe “ga” e “ca” cambiano al plurale in “ghi” e “chi” se i nomi
sono maschili:
collega - colleghi, stratega - strateghi
duca - duchi, monarca - monarchi.
Le sillabe “ga” e “ca” cambiano al plurale in “ghe” e “che” se i nomi
sono femminili:
paga - paghe, vanga - vanghe
amica - amiche, barca - barche
Eccezione: Belga al plurale maschile fa Belgi
Nomi col singolare in “cia” e “gia”
1) Le sillabe “cia” e “gia” cambiano al plurale in “cie”e “gie”
(conservano la “i”) se precedute da vocale e se la vocale “i” è atona
(senza accento)
ciliegia - ciliegie, valigia - valigie
socia - socie, audacia - audacie
2) Le sillabe “cia” e “gia” cambiano al plurale in “ce” e “ge” (perdono
la “i”) se sono precedute da consonante e se la vocale “i” è atona
(senza accento).
Lancia - lance, provincia - province,
pioggia - piogge, spiaggia - spiagge
3) Se la “i” è tonica, la “i” si conserva, “cia” e “gia” cambiano al
plurale in “cie” e “gie”
farmacia - farmacie, bugia - bugie
Lingua viva
La regola sui plurali dei nomi che terminano in “cia” e “gia” (con “i”
atona) è tra le più contrastate dall’uno comune. Oggi 1 si tende a far
sparire la “i” quando “cia” e “gia” sono precedute da vocale, in
contrasto con la regola, per cui si vede spesso scritto “valige”,
“ciliege”; al contrario si troverà “mancie”, “guance”, “striscie”,
“provincie”, “faccie”, “pioggie”, “scheggie”, “traccie”.
Nomi col singolare in “io”
I nomi in “io” conservano la “i” se è tonica (le vocali “io” cambiano
al plurale in “ii”):
zio - zii, mormorio - mormorii, vocio - vocii.
Altrimenti la perdono (se la “i” è atona le vocali “io” cambiano al
plurale in “i”:
bacio - baci, figlio - figli, premio - premi, specchio specchi, studio - studi.
Attenzione:
principio al plurale va scritto “principii”, oppure
accentato “princìpi”, per non confonderlo con
“prìncipi” plurale di “principe”.
Stesso discorso per “conservatorio”: al plurale va
scritto conservatorii (più raro conservatori) per
distinguerlo dai conservatori (partito politico).
Alcuni nomi col singolare in “o” formano il plurale in “a”, ma
diventano femminili:
centinaio - centinaia
il migliaio - la migliaia
il paio - le paia
l’uovo - le uova.
Attenzione: “mille” fa “mila”:
Ha percorso “mille” chilometri in bicicletta
Ha percorso due “mila” chilometri in bicicletta.
I nomi col singolare in “ie” restano di solito invariati al plurale:
la barbarie - le barbarie, la serie - le serie, la specie - le
specie ecc.
Ma: l’effigie - le effigi, la mogli - le mogli, la superficie - le superfici.
Alcuni nomi formano l plurale irregolarmente:
uomo - uomini, dio - dei, bue - buoi, tempio - templi.
Attenzione alle seguenti frasi:
La parola “abete” si scrive con una bi (e non “con un bi”)
Gradirei una spremuta d’arancia (e non “una spremuta d’arancio”)
1
Ad eccezione dei casi in cui si possa far confusione: si scrive sempre “camicie” perché c’è il “camice”;
Gli aerei hanno ali enormi (e non “ale enormi”)
I tuoi vizi sono molti (e non “i tuoi vizii”)
Mi hanno regalato due belle camicie (e non “due belle camice”)
Ti piace la recitazione dei monologhi? (e non “dei monologi”)
Nomi difettivi
Vi sono nomi che al plurale mantengono invariata la desinenza del
singolare
Es.
la città - le città
Altri nomi indeclinabili:
boa, boia, gorilla, nonnulla, sosia, vaglia (nomi in “a”)
auto, dinamo (nomi in “o”)
analisi, brindisi, dieresi, estasi, oasi, stasi (nomi in “i”)
caffè, falò, nudità, tribù, virtù (nomi terminanti con vocale
accentata)
re, gru, dì, tè (nomi monosillabi)
bi, effe, acca, elle, erre, zeta, (nomi delle lettere
dell’alfabeto)
bazar, caos, gas (nomi terminanti in consonante)
contachilometri,
contagocce,
portalettere,
tagliacarte,
stuzzicadenti (nomi composti da verbo e nome
Enea, Luca, Bandiera (nomi propri maschili in “a” e
“ferocie” perché c’è l’aggettivo “feroce”.
cognomi).
Nomi difettivi
Vi sono nomi che mancano del singolare o del plurale.
Nomi difettivi del singolare: forbici, annali, brache, calzoni, esequie,
frattaglie, redini, sponsali, spezie, viscere.
Nomi difettivi del plurale:
sangue, fame, sete, aria, fiele, miele, pepe, sale, senape,
avena, grano, orzo, riso, argento, bronzo, oro, ottone.
Alcuni nomi possono trovarsi al plurale, ma assumono un diverso
significato:
Gli argenti (oggetti d’argento), gli ori (oggetti d’oro), gli ottoni
(strumenti musicali d’ottone), i bronzi (opere di bronzo), i ferri (gli
strumenti), le uve (vari tipi di uva).
Nomi sovrabbondanti
Vi sono nomi con cui due forme di plurale:
Braccio: i bracci (della bilancia ecc.) le braccia (del corpo .umano)
Frutto: i frutti (della terra ecc.) la frutta (da tavola)
Fondamento. I fondamenti (d’una scienza) le fondamenta (d’una casa)
Muro: i muri (d’un edificio) le mura (che cingono una città)
Grido: i gridi (degli animali.) le grida (degli uomini)
Riso: i risi (qualità di piante) le risa (atto del ridete)
Dito: i diti (singolarmente considerati diti mignoli) le dita (nel loro
complesso)
Anello: gli anelli (delle dita, di una catena) le anella (dei capelli)
Budello: i budelli (passaggi lunghi e stretti) le budella (dell’intestino)
0sso: gli ossi (degli animali) le ossa (dell'uomo)
Membro: i membri (d’una società) le membra (del corpo umano)
Labbro: i labbri (del vaso, d’una ferita) le labbra (dell’uomo)
Gesto: i gesti (movimenti del corpo) le gesta imprese gloriose)
Filo: i fili (dell'erba, del telegrafo ecc.) le fila (di una congiura,
dell’ordito)
Ciglio: i cigli (del burrone, della strada) le ciglia (degli occhi)
Corno: i corni (del dilemma, strumenti musicali, arnesi da caccia) le
Corna (degli animali)
Cervello: i cervelli (delle ersone) le cervella (degli animali e nella
frase: farsi saltare le cervella)
Fuso: i fusi (rocchetti per la filatura ecc. ) le fusa (del gatto)
Nomi composti
Se sono formati da due sostantivi mutano, generalmente al plurale
solo il secondo: arcobaleno, arcobaleni, ferrovia - ferrovie
cassapanca - cassapanche, pescecane - pescecani
ma: pescespada - pescispada, pomodoro fa pomodori, pomidoro e
pomidori.
Se sono formati da un sostantivo e da un aggettivo, mutano al plurale la
desinenza finale o la desinenza di entrambe
8In genere se formati da sostantivo più aggettivo, entrambi vanno al
plurale: terracotta - terrecotte, cassaforte - casseforti, pellerossa pellirosse
Eccezioni: palcoscenico - palcoscenici, camposanto - camposanti
Se formati da aggettivo più sostantivo, muta al plurale solo il
sostantivo:
francobolli - francobolli, bassorilievo - bassorilievi,
biancospino - biancospini, granduca - granduchi
ma: mezzaluna - mezzelune.
I nomi formati dall’unione di due verbi restano invariati:
verbo
il dormiveglia - i dormiveglia, il lasciapassare - i
lasciapassare, il saliscendi - i saliscendi, il parapiglia - i
parapiglia.
I nomi formati dall’unione di un verbo e di un sostantivo maschile in
genere mutano al plurale solo il sostantivo:
paragrafo - paragrafi, asciugamano - asciugamani,
grattacielo - grattacieli
ma alcuni restano invariati:
il copriletto - i copriletto, il cavatappi - i cavatappi,
l’attaccapanni - gli attaccapanni
In genere i nomi formati dal nome di un verbo più sostantivo
femminile: restano l plurale invariato:
il fendinebbia - i fendinebbia, il portacenere - i
portacenere
ma il battimano diventa i battimani.
In genere i nomi formati dall’unione di un verbo e di un avverbio
restano invariati:
il posapiano - i posapiano, il benestare - i benestare,
il rompitutto - i rompitutto, il tuttofare i tuttofare
ma: il benestante - i benestanti, il maleducato - i maleducati, il
sottotenente i sottotenenti
I nomi formati dall’unione di una preposizione o avverbio e di un
sostantivo talvolta restano invariati, talvolta mutano al plurale la
desinenza finale:
contrattempo - contrattempi. dopopranzo - dopopranzi,
sottopassaggio - sottopassaggi
ma:
il sottoscala - i sottoscala, il doposcuola - i doposcuola
il senzatetto - i senzatetto
Nomi formati col sostantivo “capo”
I nomi formati col sostantivo “capo” possono mutare al plurale
talvolta il primo elemento, talvolta il secondo, talvolta entrambe le
parole:
capoclasse - capiclasse, capostazione - capostazione
capobandito - capibanditi, capocronista - capicronisti
capomacchinista - capomacchinisti, capostipite
capostipiti
“Capoclasse”, “capofila”, “caposquadra” usati al femminile restano
invariati:
la capoclasse - le capoclasse, la capofila - le capofila
la caposquadra - le caposquadra
Molti nomi composti ammettono due plurali:
capocomico: capocomici e capicomici
capocuoco: capocuochi e capicuochi
capoluogo: capoluoghi e capiluoghi
altopiano: altopiani e altipiani
bassopiano: bassopiani e bassipiani
Una regola fissa non esiste: Non la danno nemmeno i vocabolari:
Garzan
Palazzi
Zingar
Miglio
Devot
ti
elli
rini
o - Oli
i capilista
i
le
capilista
capolista
capoliste
le
capolista
capileste
capilista
capilist
a
capoluog
capoluog
capoluog
capoluog
capoluog
o
hi
hi
hi
hi
capoluog
capiluogh
capiluogh
capiluogh
capiluogh
hi
i
i
capocuoc
i
i
capocuoc
capocuoc
capocuoc
capocuoc
hi
capicuoch
hi
hi
hi
o
capicuoch
i
capicuoch
capiluogh
capicuoch
i
i
i
capifila
capifila
capifila
capitreno
capitreno
capitreno
capitreni
(preferibil
capotreni
i
i capilifa
capoflila
le
capifila
capofile
capotreno
capitreno
capotreni
capitreno
e
a
capitreni)
Parte quinta
L’aggettivo qualificativo
L’aggettivo qualificativo muta la vocale finale col variare del genere e
del numero.
Gli aggettivi maschili singolari in “o” hanno il plurale in “i”
maestoso - maestosi
quelli femminili singolari in “a” hanno il plurale in 2e”
vicina - vicine
Gli aggettivi maschili singolari in “go” e “co” hanno il plurale in
“ghi”, “ci”, “chi”:
largo - larghi, pratico - pratici, stanco - stanchi
quelli femminili singolari in “ga” e “ca” hanno il plurale in “ghe” e
“che”
lunga - lunghe, stanche - stanchi
Gli aggettivi maschili e femminili in “e” hanno il plurale in “i”:
luccicante - luccicanti, ambulante - ambulanti
Plurale dell’aggettivo “bello”
Al plurale l’aggettivo “bello”, davanti ai nomi che cominciano per
vocale, s impura, z, gn, ps, x muta in “begli”
begli alberi, begli scarponi
Davanti ai nomi che cominciano per consonante (tranne naturalmente
s impura, z, gn, ps, x) l’aggettivo si tronca in “bei”
bei motoscafi, bei tuffi
Attenzione: l’aggettivo “bello”, posto dopo il nome, al plurale fa belli:
paesaggi beli - tramonti belli
Come “bello” si comporta l’aggettivo determinativo “quello”.
Quei piroscafi - quei rumori - quegli psicologi
Del singolare di “bello”, “buono”, “grande”, “quello”, “Santo” si è già
parlato a proposito di elisine e troncamento.
Aggettivi invariabili
l’aggettivo “pari” e i suoi composti “dispari” sono invariabili
pari condizione - pari condizioni
numero dispari - numeri dispari
Aggettivi alterati
Anche gli aggettivi qualificativi hanno l’alterazione, che avviene,
come per i nomi, mediante l’aggiunta di un suffisso:
riccone - pallidino - cattivello - verdastro
Aggettivi primitivi e derivati
Gli aggettivi qualificativi possono essere come i nomi “primitivi” e
“derivati”:
alto - basso - amaro - dolce - bello - brutto
sono “primitivi” n quanto non derivano da altre parole.
Invece
affettuoso - benevolo - caritatevolo - ozioso
sono derivati in quanto hanno origine rispettivamente da: “affetto”,
“bene”, “carità”, “ozio”.
Aggettivi composti
Gli aggettivi qualificativi formati da due aggettivi mutano solo da
desinenza del secondo termine:
rossovivo - rossovivi, sacrosanta - sacrosante,
variopinto - variopinti
La stessa regola vale anche quando i due aggettivi sono uniti da un
trattino .
aereo-navale, aereo-navali
italo-francese, italo-francesi
Aggettivi avverbiali
Molti aggettivi qualificativi, in determinate espressioni, assumono il
significato di avverbio. Alcuni (“svelto” e “serio”) mutano genere e
numero, altri (“piano” e “forte”) rimangono invariati:
cammina svelto - camminate svelti
parla piano - parlate piano
Aggettivi con due significati
Esistono alcuni aggettivi che assumono significati differenti:
Quel muratore si serve prevalentemente del braccio
sinistro
Fui avvisato della sinistra notizia
Nella prima frase “sinistro” significa “contrario di destro”, mentre
nella seconda ha il significato di “funestra, luttuosa”
Altri esempi:
Sono giunti allo zoo diversi (parecchhi) animali.
Sono giunti allo zoo animali diversi (differenti)
Rare (poche) persone hanno partecipato alla
riunione
Persone rare (illustri) fanno parte del consiglio
Per domani ci è stato assegnato un semplice
(solo) riassunto
Il professore oggi ha spiegato una poesia semplice
(facile)
Concordanza dell’aggettivo
L’aggettivo concorda in genere e in numero con il sostantivo al quale
si riferisce:
cielo limpido - viaggi meravigliosi
gita costosa - buone feste
Se si riferisce a più nomi di cosa di genere diverso è preferibile usare
l’aggettivo al maschile plurale o concordarlo col nome più vicino:
Il mio libro, il mio quaderno e la mia penna sono
nuovi
I portici e le verande ampie caratterizzano i palazzi
di oggi
Se si riferisce, invece, a nomi di persona di genere diversi è regola
usare l’aggettivo al maschile plurale:
Quel vecchietto e quella vecchietta sono veramente
simpatici
I fanciulli e le fanciulle studiosi frequentano con
assiduità la scuola.
Gradi dell’aggettivo
Lingua viva
Molte volte nei testi delle canzoni.(ma non solo in quelli) compaiono
frasi del tipo: “azzurro più intenso”, “cielo più immenso” ecc. Questi
tipi di frasi calpestano la grammatica, non potendosi mettere al
comparativo aggettivi che, per loro natura, non sopportano confronti,
come
immenso,
infinito,
smisurato,
sterminato,
onnisciente,
onnipresente ecc. Sono valori che trascendono ogni possibilità di
misurazione e quindi di paragone. Esiste il pericolo che la capillare
penetrazione del mezzo audiovisivo diffonda tra le masse, anche negli
strati più sensibili alla corretta italianità, una codificazione dell’errore
spacciandola per espressione ortodossa (l’ha detto la tv!). Nelle
condizioni di immenso si trovano molti altri aggettivi, come enorme,
gigantesco, colossale, sublime. Di essi, come degli altri già citati, non
si può costruire il comparativo (più enorme) né il superlativo (il più
enorme di tutti, enormissimo) poiché indicano già di per sé una
qualità espressa al grado massimo. Quando un negoziante insiste: “Le
consiglio questo impermeabile grigio, è più impermeabile di quello
verde” rispetta forse la verità, ma non la grammatica. Se sono
veramente impermeabili, l’acqua non deve passare in nessuno dei due.
Pertanto se vorrà essere in regola con la grammatica (e con la verità)
il negoziante dirà: “Questo grigio è meno impermeabile di quello
verde”, correndo però il rischio di poter far nascere il dubbio che
l’acqua penetri in entrambi.
Esistono dunque aggettivi che rifiutano ogni possibilità di gradazione,
esprimendo una qualità che non permette alcun aumento o
diminuzione.
Mancano di gradi:
- gli aggettivi che appartengono al linguaggio geometrico: triangolare,
circolare, esagonale, cubico, quadrato, quadrangolare ecc.
- gli aggettivi che indicano periodi di tempo: mensile, giornaliero,
estivo, settimanale, trimestrale, settembrino.
- gli aggettivi che indicano appartenenza ad una fede, ad una
ideologia: buddista, ateo, monarchico, socialdemocratico.
- gli aggettivi che indicano nazionalità o cittadinanza: greco, svedese,
sardo.
- gli aggettivi che indicano materia: ferreo, legneo, marmoreo,
argenteo.
- gli aggettivi: colossale, enorme, eterno, finale, immenso, mondiale,
sterminato, gigantesco, ecc, che hanno già in sé la qualità superlativa.
Il comparativo di maggioranza si forma premettendo all’aggettivo
“più”: “Mario è più diligente di Luigi”. Il superlativo relativo
premette “il più”: “Mario è il più diligente di tutti”. Il superlativo
assoluto, vale a dire non limitato, non condizionato da confronti
diretti, si ottiene aggiungendo “issimo”: Mario è diligentissimo”.
Grado comparativo
Scrivo:
Il missile è più veloce dell’aereo
L’aereo è meno veloce del missile
L’auto è tanto veloce quanto il treno.
Nel primo caso si ha il comparativo di maggioranza:
più... di...; più... che...
Nel secondo il comparativo di minoranza:
meno... di...; meno... che...
Nel terzo il comparativo di uguaglianza:
tanto... quanto... ; così... come...
Le due persone, animali cose fra cui avviene il paragone sono
rispettivamente chiamate “primo e secondo termine di paragone”.
Scrivo: Deplorevole è la disattenzione, ma più (della disattenzione)
l’indisciplina.
Il ferro è più utile che prezioso
Sono più infreddolito che affamato
E’ nella natura umana perdonare più che condannare.
Dagli esempi si deduce che:
- uno dei due termini di paragone può essere sottinteso (prima fase);
- il paragone può avere luogo tra due aggettivi: in tal senso il secondo
aggettivo è sempre preceduto da “che” (seconda frase)
- “che” e non “di” si usa quando il paragone avviene tra due participi
o due infiniti (terza e quarta frase).
Grado superlativo
Il superlativo assoluto si forma:
- aggiungendo al tema del positivo le terminazioni - issimo per il
maschile e - issima per il femminile:
brav - o
bravissimo
bravissima
- premettendo all’aggettivo positivo un avverbio (molto, assai, troppo
ecc.)
largo - molto largo
pratico - assai pratico
- premettendo all’aggettivo prefissi come “arci”, “extra”, “sopra”,
“stra”, “onni” ecc.
milionario - arcimilionario
fine - extrafine - sopraffine
carico - stracarico
potente - onnipotente
- unendo al positivo un altro aggettivo con funzione rafforzativa:
pieno - pieno zeppo, ubriaco - ubriaco fradicio,
stanco - stanco morto, vecchio - vecchio decrepito
- ripetendo l’aggettivo:
lento lento, vicino vicino
Superlativo relativo
Qui il superlativo esprime sempre una qualità di grado massimo (o
minimo), ma posta in relazione ad un determinato gruppo di persone:
Antonio è “il più alto “di tutti
Da questi esempi:
più energico - il più energico
meno comprensiva - la meno comprensiva
si deduce che il superlativo relativo si forma premettendo l’articolo
determinativo al comparativo di maggioranza o minoranza.
Comparativi e superlativi irregolari
Alcuni aggettivi hanno doppio comparativo e doppio superlativo
Positivo
comparativo
superlativo assoluto
superlativo
relativo
buono
cattivo
grande
piccolo
alto
più buono
buonissimo
il migliore
migliore
ottimo
il più buono
più cattivo
cattivissimo
peggiore
pessimo
più grande
grandissimo
il maggiore
maggiore
massimo
il più grande
più piccolo
piccolissimo
minore
minimo
più alto
altissimo
il peggiore
il più cattivo
il minore
il più piccolo

superiore
sommo o
supremo
basso
interno
più basso
bassissimo
inferiore
infimo
più interno

intimo
interiore
esterno
più esterno
estremo
esteriore
vicino
molto
più vicino
vicinissimo
viciniore (raro)
prossimo
più
moltissimo
plurimo
Taluni aggettivi vogliono il superlativo in “errimo” e in “entissimo”:
acre
acerrimo
aspro
asperrimo
celebre
celeberrimo
integro
integerrimo
misero
miserrimo
salubre
saluberrimo
maledico maledicentissimo
benefico
beneficentissimo
malefico
maleficentissimo
munifico
munificentissimo
magnifico
magnificentissimo
benevolo
benevolentissimo
malevolo
malevolentissimo
Tranne
“acerrimo”,
“integerrimo”,
“celeberrimo”
e
“munificentissimo” tutti gli altri superlativi in “errimo” e in
“entissimo” si usano raramente.
Al loro posto è prevalsa la forma dei superlativi avverbiali:
molto aspro - molto celebre - assai misero
veramente salubre - molto benefico - veramente
magnifico
assai benevolo - assai malevolo
Però si può trovare:
asprissimo - uva asprissima
miserissimo - condizione miserissima
Tra i comparativi e i superlativi irregolari troviamo anche:
ulteriore (comparativo)
ultimo (superlativo assoluto)
Chi scrive:
Mario è il ragazzo il più diligente di tutti
cade in un francesismo deplorato dalle grammatiche. Tuttavia nello
“Zibaldone” di Leopardi si legge:
La donna la più bella
e similmente il Manzoni:
L’uomo il più felice di questo mondo
Con gli aggettivi uscenti in due vocali (estraneo, idoneo) è
consigliabile ricorrere ad un avverbio:
assai estraneo (invece di estraneissimo)
molto idoneo (invece di idoneissimo)
L’aggettivo ampio ha due forme di superlativi:
ampissimo, amplissimo
Lingua viva
Stando allo schema degli aggettivi che hanno doppio comparativo e
doppio superlativo (buono - più buono - migliore, buonissimo ottimo) è errato dire “viveva in condizioni della più infima miseria”,
“era il suo più intimo amico”, “si rivolse alla farmacia più prossima”.
Trattandosi di superlativi non è lecito superlativizzarli. Equivarrebbe
a dire: il più buonissimo. Ma fino a quando? Nella lingua moderna
non è difficile trovare parole che, pur avendo già in sé l’idea del
superlativo, aggiungono il suffisso “issimo” alla loro radice: esse
tendono a perdere col tempo il valore di superlativo. Una volta si
inorridiva al solo pensiero che qualcuno osasse fare il superlativo di
un sostantivo. Adesso abbiamo: il campionissimo, la finalissima,
l’ultimissima edizione del giornale, la partitissima, la canzonissima, e
persino la poltronissima e un’auto chiamata “kilometrissima”. Non ci
si deve quindi scandalizzare quando si trova scritto primissimo,
intimissimo e il più intimo, il più prossimo: espressioni ormai entrate
nell’uso comune e non bastano gli anatemi dei puristi a scacciarle.
La norma vieta anche di costruire il comparativo del comparativo. E’
errato dire “Prima cala l’inflazione e più migliorerà l’esportazione”.
Sono stati commessi due errori. Primo: la costruzione regolare vuole:
Quanto prima... tanto più...
Secondo: più migliorerà equivale a “diventerà più migliore” e dire
“più migliore” non è lecito. Basta dire:
Quanto prima calerà l’inflazione, tanto migliore sarà
l’esportazione.
Un altro avverbio molto usato (al posto di “molto” e “assai”) è
“estremamente:
Il romanzo è estremamente affascinante
Mio figlio è estremamente preparato in matematica
E così “ulteriore” ha preso il posto di “nuovo”, “altro”, “successivo”
Si avrà un ulteriore abbassamento della temperatura
Ulteriori particolari saranno dati col telegiornale della
notte
L’uso di “cioè” è quasi del tutto scomparso; gli umoristi ne hanno
fatto un simbolo di balbuzie mentale e di idee insistenti. In compenso
resiste il participio passato di esigere, con funzioni di aggettivo:
“esatto”. Il fatto dipende forse dalla fortuna dei programmi a base di
“quiz”: “La risposta è esatta”. L’approvazione può esprimersi con
“esatto”:
“Sei andato a sciare?”
“Esatto”
Coloro che usano il “si” spesso lo sbagliano, scrivendolo senza
accento. Nelle campagne elettorali di referendum fanno bella mostra
di sé, cartelloni con: “VOTA NO - VOTA SI”.
Altri aggettivi molto usati sono: grosso, valido, stimolante,
carismatico, rozzo.
Aggettivi determinativi
Aggettivo possessivo
Maschile
Femminile
singolare plurale
singolare plurale
mio
miei
mia
mie
tuo
tuoi
tua
tue
suo
suoi
sua
sue
nostro
nostri
nostra
nostre
vostro
vostri
vostra
vostre
loro
loro
loro
loro
proprio
propri
propria
proprie
altrui
altrui
altrui
altrui
I nomi di parentela usti al singolare e preceduti da un aggettivo
possessivo (escluso “loro”), rifiutano l’articolo (v. pag... ):
mio padre, tua sorella, sua cugina, vostro genero
Al contrario: la madre tua, il figlio suo, in quanto il possessivo segue
il nome.
I nomi di parentela usati al plurale e preceduti da un aggettivo
possessivo (compreso “loro”) vogliono l’articolo: i miei fratelli, i
nostri cugini ecc.
Aggettivo dimostrativo
Maschile
Femminile
singolare
plurale
singolare
plurale
questo
questi
questa
queste
codesto (cotesto) codesti (cotesti)
codesta (cotesta) codeste
(coteste)
quello
quelli
quella
quelle
stesso
stessi
stessa
stesse
medesimo
medesimi
medesima
medesime
tale
tali
tale
tali
altro
altri
altra
altre
“Questo” indica la vicinanza rispetto a chi parla.
“Codesto” indica la vicinanza rispetto a chi ascolta (ma non tutti
condividono questa rappresentazione).
“Quello” indica la lontananza da chi parla e da chi ascolta.
“Questa” si abbrevia in “sta” nelle parole “stamattina”, “stasera”,
“stanotte”.
“Codesto” si usa per rivolgere istanza a enti, istituti, uffici ecc.
Il sottoscritto chiede a codesta Direzione...
“Stesso” e “medesimo” si usano per indicare identità:
E’ sempre lo stesso (medesimo) mendicante che bussa
“Stesso”, posto dopo un nome ha il significato di: in persona, proprio
lui; viene usato quindi per richiamare l’attenzione sul nome cui si
riferisce:
Il preside stesso ha consegnato la pagella agli alunni
“Tale” è usato nel significato di: come quello, di quella specie:
Tale spettacolo è di una bellezza incomparabile
“Altro” è usato nel significato di: “diverso”
Mi è stato detto di compilare un altro modulo
Aggettivo numerale
Numeri cardinali
Numeri ordinari
1
I
uno
primo
2
due
II
secondo
3
tre
III
terzo
4
quattro
IV
quarto
5
cinque
V
quinto
6
sei
VI
sesto
7
sette
VII settimo
8
otto
VIII ottavo
9
nove
IX nono
10
dieci
X
decimo
11
undici
XI
undicesimo
12
dodici
XII dodicesimo
13
tredici
XIII tredicesimo
14
quattordici
XIV quattordicesimo
15
quindici
XV quindicesimo
20
venti
XX
30
trenta
XXX trentesimo
40
quaranta
XL quarantesimo
ventesimo
quadragesimo
50
cinquanta
L
cinquantesimo
quinquagesimo
100
cento
C
centesimo
500
cinquecento
D
cinquecentesimo
1000
mille
M
2000
duemila
MM duemillesimo
Scrivo:
millesimo
Uno scienziato - mille abitanti
una scienziata - diecimila abitanti
trentun banchi - cinquantun aule
venti e uno zaino - ottanta e uno scolaro
un milione di dollari - sei milioni di dollari
un miliardo d lire - sei miliardi di lire
“Uno” (“una”) e “mille” (“mila”) sono declinabili (sono gli unici
numerali cardinali che si declinano). I composti di “uno” quando
precedono il sostantivo, possono usarsi nella forma tronca al maschile
e al femminile. Con “venti e uno”, “ottanta e uno” ecc. il sostantivo
richiede il singolare, tuttavia si trova scritto anche: ottantuno zaini.
“Milione” e “miliardo” sono usati come sostantivi e formano il plurale
regolarmente.
Lingua viva
Il sistema di numerazione in uso presso di noi procede sempre di
mille in mille, per cui un milione è uguale a mille migliaia, un bilione
o miliardo a mille milioni, un trilione a mille bilioni o miliardi ecc.
Presso i tedeschi, gli inglesi ed altri popoli nordici, invece, dal
milione in poi si procede di milione in milione. In quei paesi, quindi,
il bilione è un milione di milioni (quello che noi chiamiamo trilione),
mentre il trilione è quello che noi chiamiamo quintilione ( un milione
di miliardi).
Negli Stati Uniti un bilione è uguale ad un miliardo, come in Italia.
Numeri ordinali
Il primo uomo nello spazio fu Yuri Gagarin
Il colore della terza automobile mi piace molto
Il primo gennaio (ma il sedici settembre)
Il secolo XX (o ventesimo) - Papa Paolo VI (o sesto)
La regina Elisabetta II (o seconda)
I numerali ordinali sono declinabili.
Con l’ordinale viene indicato il primo giorno del mese.
Gli ordinali sono usati per indicare i secoli e per distinguere papi,
sovrani, principi. In tali casi si preferiscono le cifre romane.
I segni fondamentali della numerazione romana sono:
I (1) V (5) X (10) L (50) C (100) D (500) M (1000)
L’accostamento di tali segni determina gli altri numeri:
IX (9) XC (90) LV (55) MD (1500)
I numeri a sinistra del numero maggiore devono intendersi sottratti,
quelli a destra aggiunti.
Numeri distributivi
Scrivo:
Le scimmiette entrarono in gabbia tre alla volta
Ogni sette giorni vado in campagna
“Tre alla volta”, “ogni sette” sono aggettivi numerali moltiplicativi
(determinano quante volte viene moltiplicata una certa quantità).
Eccone altri:
Triplo - quadruplo - decuplo - centuplo - multiplo
duplice - quadruplice ecc.
Numeri frazionari
“Un terzo”, “tre quinti”, “un millesimo” sono aggettivi numerali
frazionari.
Eccone altri:
due terzi - quattro sesti - nove decimi ecc.
Numerali collettivi
Scrivo:
Mi sono ferito ad ambo le mani
Ambedue sono state punite
Entrambi sono stati premiati
“Ambo”, “ambedue”, “entrambi” sono aggettivi numerali collettivi e
indicano l’insieme di un determinato numero di cose o esseri.
“Ambo” ed “ambedue” sono indeclinabili; “entrambi” al femminile fa
“entrambe”.
Scrivo:
Mio fratello ha superato il biennio di ingegneria
In poesia la quartina è l’insieme di quattro versi.
“Biennio” e “quartina” sono aggettivi collettivi con valore di
sostantivi, così come:
trio, terno, quartetto, decina, quindicina,
centinaio, migliaio.
“Decina”, “quindicina”, “ventina” ecc. indicano un insieme di cose o
esseri in modo approssimativo.
Aggettivo indefinito
“Molti” indica una quantità in modo indeterminato:
...molti forestieri corsero ad ammirarlo.
E’ aggettivo indefinito.
Questi aggettivi possono dividersi in quattro gruppi:
1) ogni, qualche, qualsiasi, qualsivoglia, qualunque, appartengono al
primo gruppo e sono usati solo al singolare maschile e femminile;
2) certo, altro, poco, molto, parecchio, tanto, troppo, tutto, alquanto,
altrettanto sono usati in entrambi i generi e i numeri;
3) ciascuno, nessuno sono usati solo al singolare e variano nel genere;
4) alcuno, taluno, sono usati quasi sempre al plurale e variano nel
genere.
Esempi: Ogni sera vado a letto tardi - Nessun alunno era presente in
classe.
Alcuni animali trascorrono l’inverno in letargo.
Aggettivo interrogativo
Scrivo:
Che libri leggi nelle ore libere?
In quali pianure italiane si coltiva il riso?
Quanta benzina consuma la “Fiat Uno” ogni cento
chilometri?
Desidero sapere che libri leggi nelle ore libere
Dimmi in quali pianure italiane si coltiva il riso
Sono curioso di sapere quanta benzina consuma la “Fiat
Uno”
ogni cento chilometri.
Che... ? è invariabile in genere e in numero
quale... ? è invariabile soltanto nel genere
quanto... ? è invariabile in genere e in numero
Aggettivo esclamativo
Gli aggettivi “che”, “quale”, “quanto” sono usati anche nelle frasi
esclamative:
Che bel film abbiamo visto!
Quanta nebbia nel tratto Milano - Torino!
Aggettivo sostantivato
Quando l’aggettivo non è unito al nome ed è preceduto da un articolo
assume la funzione di sostantivo:
Il saggio va ascoltato e rispettato
Non dargli retta: è un ambizioso e un falso
A quanto pare i vostri intendono agire da soli
Il suffisso di un aggettivo spesso aiuta a capirne il significato:
- ibile, - abile, indicano possibilità, potenzialità
leggibile, vendibile, transitabile
- oso, abbondanza disponibilità d’una cosa:
famoso, spiritoso, glorioso, misericordioso
- ano, - ino, - ese, appartenenza
toscano, musulmano, argentino, trentino, inglese
- ando, - endo, necessità, azione che deve o sta per compiersi:
esaminando, corrigendo, venerando
- esco, appartenenza
trecentesco, libresco, militaresco
- ardo, apprezzamento negativo
codardo, infingardo, testardo, bugiardo, patriottardo, bastardo,
beffardo.
Il prefisso (particella che si premette alla parola):
In, dis, s, indicano negazione:
felice - infelice, certo - incerto, attento - disattento, ordinato disordinato, fortunato - sfortunato, conosciuto - sconosciuto;
anti ha valore avversativo, di opposizione:
antidemocratico, antinevralgico, antisportivo, antifascista;
a (corrispondente all’alfa privativo dei greci) denota privazione,
mancanza estraneità:
apolitico, apatico, agnostico.
Nota che per indicare un avversario del comunismo si dice
anticomunista, invece con acomunista si indica chi non è comunista,
ma non è nemmeno contrario al comunismo. Gli è semplicemente
indifferente.
Altri prefissi:
arci: arcinoto, arcimiliardario
auto: autobiografico, autocritico
contro: controproducente, contraddittorio, controverso
extra: extravergine, extraterritoriale, extraparlamentare
foto: fotoelettrico, fotosensibile
inter: internazionale, interurbano, intercomunicante
para: parastatale, paramedico, paramilitare
pre: prenatale, preordinato, prepotente
radio: radioattivo, radioterapeutico, radiofonico
sopra: soprannaturale, sovrabbondante
sotto: sottomultiplo, sottosviluppato, sottoposto
stra: straricco, straordinario, stragrande
sub: subalterno, subacqueo, suburbano
super: supersonico, superalcolico, superfluido
tele: televisivo, telericevente, telesettivo
ultra: ultravioletto, ultramoderno, ultrasensibile
Lingua viva
L’aggettivo, come l’articolo, è sempre accompagnato da un
sostantivo. Però l’articolo lo precede sempre; l’aggettivo invece può
precederlo oppure seguirlo. Con qualche sfumatura nel significato.
Premesso al sostantivo, l’aggettivo perde rilevo:
E’ caduta la bianca neve
Ma se per uno strano fenomeno meteorologico cadesse neve colorata
di rosso, diremmo:
E’ caduta neve rossa
Mettendo in risalto, con l’aggettivo in posizione finale, la
eccezionalità dell’evento, che invece passerebbe in secondo piano
qualora dicessimo:
E’ caduta la neve rossa
In altri casi non si tratta più di sfumature, ma di un totale mutamento
di senso, come nelle copie che seguono:
“un certo giorno” è diverso da “un giorno certo”
Con il “povero nonno” alludiamo al nonno scomparso, mentre il
“nonno povero” è il vivo e vegeto, ma da lui non ci aspettiamo alcuna
eredità.
Chi si ciba di “puro latte” non è detto che si cibi di “latte puro”.
I “libero docente” non va confuso col “docente libero”, il
“gentiluomo” con l’uomo gentile, e la “buona società” non sempre è
una “società buona”.
L’aggettivo “mezzo”
“Mezzo” è un aggettivo che si concorda col sostantivo quando lo
precede:
E’ stato un mezzo disastro
Ho bevuto mezza bottiglia
Non amo i mezzi termini
ma quando lo segue, prende forma avverbiale, invariabile:
Ho dormito due ore e mezzo
Ho mangiato una mela e mezzo
E’ avverbio anche quando si accompagna ad un aggettivo o participio
per attenuarne il significato:
Erano mezzo ubriachi
Maria era mezzo vestita
Mezzi ubriachi... mezza vestita sono forme popolari.
Parte sesta
Il pronome
Il pronome è quella parte del discorso che sostituisce il nome (dal
latino “pro” al posto di, in luogo di “nomen” nome).
I pronomi si distinguono in:
pronomi personali
io - tu - egli - ella - esso - essa - noi - voi - essi - esse hanno, nel
discorso, funzione di soggetto.
Me - te - lui - lei - noi - voi - loro - sé hanno funzione di complemento
Mi - ti - ci - vi- lo - la - li - le - gli - si - ne costituiscono le particelle
pronominali e hanno, nel discorso, funzione di complemento.
Dei pronomi personali, “tu” è il più vilipeso dal corrente linguaggio
cinematografico,
televisivo
e
salottiero,
molti
addirittura
lo
considerano dialettale, e pensano di ingentilire il loro modo di
esprimersi esclamando:
l’hai detto te; te non devi pensare a queste cose
io e te ci ameremo sempre
“Te” non è soggetto, e la sua sostituzione strisciante al “tu” nella
funzione di soggetto suona ancora come errore.
Invece è accettata, sempre nella funzione di soggetto, la sostituzione
di “lui” ad “egli”:
Ho visto tuo padre, egli mi ha detto (ma anche: lui mi ha
detto)
“Egli” e “lui” si usano riferiti a persone; “esso” si riferisce agli
animali e alle cose:
Non scherzare col cane, esso può morderti
Ingenti furono i danni dell’incendio: esso fu domato solo
dopo
tre ore.
“Essa” invece può essere riferita anche a persona:
Sono venuto senza moglie: essa è a letto ammalata
“A lui” si può sostituire con “gli”:
Non ho telefonato a Luigi, però gli ho scritto una lettera
E’ errore grave scrivere:
Non ho telefonato a Luigi, però “ci” ho scritto una lettera
“Ci” non sta mai per “gli”. “Ci” pronome è complemento oggetto di
“noi”:
Tu ci punisci
oppure funge da complemento di termine, al plurale:
Tu ci (a noi) hai dato una delusione
“Ci” davanti a “i” si apostrofa:
Egli c’invito a cena
Qualcuno lo apostrofa anche davanti ad altra vocale:
C’era una volta ( la grammatica lo consente)
I puristi preferiscono però:
Ci eravamo tanto amati
Invece è errore grave apostrofare:
perché c’hai lasciati?, gli amici c’hanno rovinato.
“Gli” si usa da solo oppure composto con “lo”, “la”, “le”, “ne”, “li”:
glielo dissi, gliela consegnai, gliene parlerò
glieli invierò per posta
Tali pronomi accoppiati possono agganciarsi ad una voce verbale
(imperativo, infinito, gerundio) formando con essa una sola parola:
diteglielo che no accetto raccomandazioni
voleva fargliela di nascosto, ma non c’è riuscito.
Adesso “gli” si usa anche per “loro”, “a loro”
Entrati gli amici, gli offrì da bere
ma è ancora sentito come errore grave il “gli” nel senso di “a lei”:
Quando la zia mi telefonò gli dissi... (le dissi)
Mario, incontrata la fidanzata, gli diede un bacio (le
diede)
Quadro completo dei pronomi personali
singolare: io - me - mi
Prima persona
plurale: noi - ce - ci
singolare: tu - te - ti
Seconda persona
plurale: voi - ve - vi
singolare: egli, ella, essa, esso, lui, lei
Terza persona
gli, lo, le, la, sé, si, ne
plurale essi, esse, loro, li, le, sé, si, ne
Pronome “ne”
Scrivo:
E’ svogliata, ma ne apprezzo la cordialità (di lei)
Sono distratti, ma ne (di loro) apprezzo la bontà
E’ influente e ne (da lui) spero validi aiuti
Sono saggi e ne avrò utili consigli (da loro)
Il pronome “ne” funge da complemento diverso dal complemento
oggetto e di termine: di lui, da loro ecc.
Attenzione: con le voci dell’imperativo “da’”, “di’”, “fa’”, “sta’”,
“va’”, ecc. le particelle pronominali mi, me, ti, te, ci, ce, lo, la, li, le,
ne raddoppiano la consonante:
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Fallo per me, stanne lontano
Dinne quello che vuoi, ma mi piace
Pronomi me, te, se, ce, ve
Le particelle pronominali “mi, ti, ci, si, vi” quando si accompagnano
ai pronomi “lo, la, li, le, ne” si mutano in “me, te, se, ve, ce”.
Ecco il quadro completo
me lo
me la
me li
me le
me ne
te lo
te la
te li
te le
te ne
se lo
se la
se li
se le
se ne
ce lo
ce la
ce li
ce le
ce ne
ve lo
ve la
ve li
ve le
ve ne
Attenzione: I pronomi “ me lo”, “te lo”, “se lo” ecc. possono
agganciarsi ad una voce verbale (imperativo, infinito, gerundio)
formando con essa un’unica parola:
E’ mio interesse parlartene oggi stesso
Conducetemela qui al più presto.
Lingua viva
L’uso capriccioso della lingua, che oggi consacra come regola quello
che fino a ieri era considerato un errore, non è esente da stranezze.
Talvolta mette il pronome là dove non sarebbe necessario; talaltra
sopprime l’aggettivo interrogativo, ritenendo sufficiente il tono.
Il popolaresco “a me mi piace” ad esempio, è adoperato da molti
scrittori, che non intendono rinunciare alla carica affettiva e polemica
racchiusa nella ripetizione. Alcuni distinguono addirittura tre gradi di
intensità:
mi piace Teresa, a me piace Teresa, a me mi piace Teresa. E per
scoraggiare i possibili rivali, ne aggiunge un quarto: Teresa piace a
me.
Si cade in una ripetizione anche quando si urla:
La camicia la voglio stirata
frase più energica di:
Voglio stirata la camicia
Tuttavia si consiglia di usare parcamente queste ripetizioni, che se
troppo frequenti diventano fastidiose ed ambigue. Se leggiamo:
Il figlio il padre lo prese a schiaffi
non si capisce bene chi dia e chi prenda lo schiaffo. Scriveremo
perciò:
Il padre prese a schiaffi il figlio
oppure:
Il figlio prese a schiaffi il padre
Anche il “ne” è usato più del necessario. La frase essenziale:
Che dici di questo romanzo?
diventa:
Che ne dici di questo romanzo?
Dove il ne è pleonastico (sovrabbondante) ma considerato più
indispensabile del necessario.
Al contrario si sottrae all’interrogativo “che cosa” l’aggettivo “che”.
La frase:
Che cosa hai fatto?
diventa
Cosa hai fatto.
Pronomi e verbi servili
Con i verbi servili (potere, dovere, volere) il pronome si può
accoppiare indifferentemente al servile o all’infinito:
io non devo amarlo - io non lo devo amare
tu non puoi lasciarla - tu non la puoi lasciare
Se c’è il verbo fare, il pronome si congiunge a questo verbo e non
all’infinito:
gli faccio vedere io (non: faccio vedergli)
le feci parlare (non: feci parlarle)
Attenzione: nelle esclamazioni il pronome personale prende la forma
del complemento, non del soggetto:
te beato! - povero me! (non: tu beato! povero io!)
Lo stesso accade quando il pronome personale è predicato dei verbi
essere, sembrare, parere:
io non sono te (non: io non sono tu)
tu non sei me (non: tu non sei io)
Eccezione:
io non sono io
Nota la frase: Morto io (oppure morto me) gli altri si arrangeranno
Le due forme sono indifferenti, purché il pronome sia soggetto.
Se invece è complemento oggetto, vuole la forma del complemento:
Interrogato me, l’insegnante spiegò la lezione
Pronome relativo
Il pronome relativo “che”, “il quale” ecc. istituisce una relazione, un
collegamento tra due proposizioni, facendo, nella seconda, le veci di
un nome contenuto nella prima:
La città, che abbiamo visitata, è molto bella
“che” è invariabile (equivale a “il quale, i quali, le quali, la quale) e
funge da soggetto e da complemento oggetto. “Che” preceduto
dall’articolo determinativo o dalla proposizione articolata, significa
“ciò”, “la qual cosa”:
Quel ragazzo si impegna molto a scuola, il che
dimostra la
sua buona volontà
Sei venuto a trovarmi dopo l’incidente, del che (della
qual
cosa) ti ringrazio
Altri pronomi relativi:
“Cui” - invariabile e di solito preceduto da una preposizione:
Ho visto finalmente quel film di cui tutti parlano
Quando “cui” è preceduto dall’articolo o dalla preposizione articolata
equivale a “di cui”
Nell’isola di Pasqua ci sono statue enormi la cui origine
(l’origine
delle quali) è incerta
Al posto di “a cui” si può scrivere semplicemente “cui”
Perché vuoi sapere chi era la persona cui (a cui) ho telefonato
oggi?
“Chi” - si usa soltanto al singolare e riferito a persona. Corrisponde a
“colui che”, “colei che”:
Chi (colui) che non vuol venire torni a casa
dove (ove) e “donde” - corrispondono rispettivamente a “nel quale”,
“nella quale” ecc.:
Questa è la piazza dove (nella quale) ti ho conosciuto
e a “del quale”, “dalla quale” ecc.
Il luogo donde (dal quale) venne rimase sconosciuto
“quanto” - che nel discorso assume anche altre funzioni, è pronome
relativo quando significa “quello che”, “quelli che”:
Ho ascoltato quanto (quello che) hai detto
“chiunque” - è pronome relativo quando significa: qualunque persona
che:
Chiunque bussi, non rispondere
“checché” (poco usato) - ha i significati: qualunque cosa che,
qualunque sia la cosa che:
Checché tu faccia, non mi importa nulla
Attenzione: nella frase “Sono malato, per cui resto a letto”
cui non fa le veci di alcun nome, è un pronome abusivo che non
sostituisce nulla, perciò si dovrà cambiare la frase in:
Sono malato, ragione per cui resto a letto
Attenzione: “che” può essere anche
- pronome relativo: il pane che hai mangiato
- pronome interrogativo: che fai ?
- aggettivo interrogativo: che ora è ?
- aggettivo esclamativo: che uomo! Che bella giornata!
- congiunzione comparativa: è più intelligente che studioso
- congiunzione imperativa: che nessuno si muova
- congiunzione finale: guardava che non fuggissero
- congiunzione causale: godo che tu sia guarito
- congiunzione consecutiva: era così forte che vinse
- congiunzione dichiarativa: penso che pioverà
“che” pronome è preceduto raramente da preposizioni, tuttavia si
notino le frasi:
“non ha di che vivere”; “grazie, non c’è di che”
Le grammatiche consigliano di evitare, come inutile francesismo, la
frase:
E’ per questo che ti voglio bene
e l’altro stilema:
Non è che io sia esperto di queste faccende
sostituendole con:
Per questo ti voglio bene
Non sono esperto di queste cose
La costruzione “è...che...” è accettabile solo in funzione personale:
E’ lui che ti ha salvato.
Si consiglia, inoltre, di usare il meno possibile “il quale, la quale, i
quali, le quali”. Siccome appesantiscono il discorso è meglio
sostituirli con il “che”. A volte però accade che siano indispensabili
per motivi di chiarezza:
Ecco le pesche del podere che non abbiamo venduto.
E’ poco chiaro se sono invendute le pesche o il podere. Se sono le
pesche a non essere state vendute, cacceremo ogni ambiguità
scrivendo:
Ecco le pesche del podere, le quali non abbiamo venduto
Pronomi possessivi
Dai sei pronomi possessivi derivano sei aggettivi e pronomi
possessivi:
mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro.
A questi va aggiunto un settimo aggettivo, “proprio”, necessario in
qualche caso per evitare confusione, e “altrui” che è un po’ meno
usato.
Se dico:
Carlo presta a Mario la sua auto
si capisce che l’auto è di Carlo. Ma se dico:
Carlo saluta Mario e sale sulla sua auto
nasce il dubbio: l’auto è di Carlo o di Mario. Per far capire che l’auto
è di Carlo, dirò:
Carlo saluta Mario e sale sulla propria auto
Tranne “loro” e “altrui” (indeclinabili) gli altri pronomi possessivi
variano nel genere e nel numero e richiedono sempre l’articolo
determinativo:
I miei libri ed i suoi
I tuoi quaderni e i loro
Il tuo quaderno ed il loro
Pronome dimostrativo
Questo, quello (e anche “stesso”, “medesimo”, “codesto”, “tale” sono
simili alle forme corrispondenti degli aggettivi dimostrativi:
I suoi gusti sono sempre gli stessi
“Codesti”, “costoro” (e anche colui, colei, coloro, costui) non hanno
riscontro con gli aggettivi, sono riferiti a persona e usati con un certo
senso di spregio:
Chi è costui?
“Ciò” è invariabile e sta per: questo, questa cosa, quello, quella cosa.
“Questo” e “quello” quando fungono da soggetto e sono riferiti a
persona singolare maschile nominata precedentemente possono
trovarsi sostituiti da:
“questi” (per la persona più vicina) “quegli” (per la persona più
lontana):
Cavour e Mazzini furono due grandi artefici del
Risorgimento
italiano: questi era repubblicano, quegli monarchico.
Anche “lo”, “la”, “le”, “li”, “ne”, “ci”, possono essere pronomi
dimostrativi:
Come sta tua cugina? Non la vedo da molto tempo.
Molti i concorrenti iscritti al torneo, ma al momento
dell’inizio delle gare, se ne sono presentati solo dieci.
Posseggo molti libri, ma ne ho letti ben pochi.
Appena
giungemmo
tutti
ci
(pron.
Personale)
salutarono.
Mi hai offeso, ma ti prego di non pensarci (pron.
Dimostrativo) più.
Pronome indefinito
“Chiunque” è pronome relativo indefinito, che introduce una
preposizione subordinata, col verbo al congiuntivo. Si eviti pertanto
di dire:
Parlava con chiunque
e si preferisca:
Parlava con chiunque incontrasse
oppure:
Parlava con tutti, con chicchessia
Lo stesso discorso vale per “dovunque”:
Dovunque tu vada, ti seguirò
Si eviti di usarlo al posto di “dappertutto”:
Questa medicina si trova dappertutto (non: dovunque)
Analogamente reggono il congiuntivo “comunque” e “qualunque”:
Qualunque cosa tu faccia, sbagli
Comunque sia, non ci credo
Si eviti la frase sospesa:
Gli scriverò comunque
e si preferisca:
Gli scriverò in ogni caso (in ogni modo)
Posposto ad un sostantivo l’aggettivo qualunque acquista un
significato spregiativo:
Un medico qualunque
Qualunque non tollera di essere seguito da “che”:
Qualunque cosa che Mario dica, non gli credo
ha un “che” di troppo.
“Niente”, “nulla”, “nessuno” vogliono il “non”, se seguono il verbo:
Non feci niente di male
Non mi disse nulla
Non entrò nessuno
Se lo precedono, rifiutano il “non”:
Niente di male feci, nulla mi disse, nessuno entrò
I pronomi indefiniti sono:
alcuno - alquanto - altrettanto - altro - certo - ciascuno
molto - nessuno - parecchio - poco - quanto - taluno tanto
troppo - tutto - uno - tale - ognuno - qualcuno chiunque
chicchessia - qualcosa - niente - nulla - chi
“Uno” varia solo nel genere (uno - una), ma assume la forma plurale e
varia quindi anche nel numero in correlazione con “altri” (gli uni e gli
altri).
“Ognuno”, “qualcuno” sono usati solo al singolare maschile e
femminile:
Ognuno (ognuna) rispetti il regolamento
“Chiunque”, “chicchessia” sono usati solo al singolare per entrambi i
generi.
Significano: qualunque persona:
Chiunque è libero di esprimere le proprie idee
“Chi” è usato nel significato di “qualcuno”, “alcuni”:
Chi gira a destra, chi a sinistra
C’è chi dorme e chi veglia
Pronome interrogativo ed esclamativo
“Chi” può incontrarsi anche nelle interrogazioni dirette e indirette:
Chi credi di essere?
I pronomi interrogativi sono:
Chi... ? che... ? quale... ? quanto... ? quanti... ?
Qualche esempio di interrogazione indiretta:
Dimmi con chi vai alla festa
Fammi sapere quali sono le tue intenzioni
Ti ho chiesto quanto vale quell’auto usata.
Gli
stessi
pronomi
possono
essere
usati
per
introdurre
un’esclamazione:
Quanto ho sofferto oggi!
Che sento!
Che bello!
La nota regola che impone all’aggettivo di appoggiarsi ad un
sostantivo, non viene violata allorquando diciamo “che bello!”,
intendendosi non “bello2 aggettivo, ma sostantivato, vale a dire “il
bello, la bellezza”.
Parte settima
La phrase
Noi pensiamo e parliamo, non attraverso parole
separate, ma
attraverso unioni di parole. Ognuna di queste unioni, logicamente e
grammaticalmente organizzata, è una frase.
La frase semplice (phrase simple)
La frase semplice è l’insieme di due elementi fondamentali: un
soggetto che indica la persona o l’oggetto che compie l’azione o si
trova in una certa situazione;
un predicato che dice qualcosa a proposito del soggetto.
L’intonazione normale di una frase è ascendente nella prima parte
(soggetto) e discendente nella parte del predicato, se si tratta di una
frase dichiarativa. Soggetto e predicato sono funzioni grammaticali e
indicano i rapporti esistenti tra le due parti della frase semplice.
Queste funzioni sono espresse da un gruppo che ha come elemento
principale un nome, chiamato “gruppo nominale”, e da un gruppo il
cui elemento principale è un verbo e che viene chiamato “gruppo
verbale”.
Talvolta alcuni elementi della frase possono essere soppressi, come
per esempio:
- all’imperativo, il soggetto: Travaillez
- in una risposta, la parte che si conosce già e si sottintende:
Qu’est - ce que tu regardes?
La neige (Je regarde la neige)
“Travaillez” e “la neige” restano comunque delle frasi.
Talvolta si possono aggiungere altri elementi come:
- i complementi del verbo:
Partez / le plus vite possible
Ils sont partis / enfin
FRASE SEMPLICE
TIPO DEL
GRUPPO
Les
Gruppo nominale
frères
petits
Gruppo verbale
jouent
enfin.
Quand
je vous
le
dirrai.
Partez
Il
observe
Les
garçon
sortent
Determi
nanti e
aggettiv
i
nucleo
nominal
e
nucleo
verbale
verbo
FUNZIONE
COMPLEMENTO
SOGGETTO
les
petits
frères.
(l)
du
cinéma.
(2)
gruppo
nominal
e
avverbi
o
o
gruppo
nominal
e
proposi
zionale
compl.
del
verbo
(l)
compl.
Oggetto
(2)com
pl.indir
etto
PREDICATO
DI FRASE
TIPO DEL
GRUPPO
GRUPPO NOMINALE
7. 2 I diversi tipi di frase
La frase dichiarativa affermativa semplice del tipo
Mes parents sont arrivés à cinq heures
La chance a tourné
può essere considerata come la struttura di base della frase francese.
L’intonazione di questa frase è del tipo ascendente discendente.
L’intonazione discendente caratterizza il predicato.
Un secondo tipo di frase semplice è:
Cet enfant est malade
Le ciel est bleu
con la sequenza: SOGGETTO VERBO ATTRIBUTO
Questo tipo di frase presenta pure un attributo.
Il soggetto è collegato ad un aggettivo o ad un secondo gruppo
nominale tramite un verbo come ÊTRE, SEMBLER, PARAÎTRE,
AVOIR L’AIR (Cette femme a l’air heureuse) o come DEVENIR,
RESTER, VIVRE, MOURIR (Elle restera jeune très longtemps).
Gli altri tipi di frase sono il risultato di trasformazioni.
7. 3 Le frasi interrogative
Le frasi interrogative appartengono a due tipi:
PRIMO TIPO: L’interrogazione riguarda l’intera frase (interrogazione
totale). La risposta è OUI, SI, NON.
La si può ottenere in vari modi:
1) Trasformando l’intonazione discendente in intonazione ascendente:
Elles sont arrivées
Elles sont arrivées?
In italiano la curva di intonazione è diversa nelle frasi interrogative:
Sono arrivate?
2) Facendo precedere la frase affermativa da EST- CE - QUE (est - ce
- qu’ davanti a vocale):
Est - ce qu’elles sont arrivées?
L’intonazione può anche restare discendente.
3) Spostando il soggetto (se è un pronome) dopo la forma verbale
coniugata (inversione del soggetto):
Elles sont arrivées
Sont - elles arrivés?
Di regola in italiano niente inversione
4) Aggiungendo un pronome (dello stesso genere e numero del
soggetto sostantivo) dopo la forma verbale coniugata:
Tes soeurs sont arrivées
Tes soeurs sont - elles
arrivées?
5) Facendo seguire la frase dichiarativa da n’est - ce pas?
Elles sont arrivées, n’est - ce pas?
Analoga struttura italiana: frase affermativa + non è vero?
RIASSUNTO
1
Elles sont arrivées?
arrivées?
2
Est - ce qu’elles sont
Elles viendront?
Est - ce que tes soeurs
viendront?
3
4
Sont - elles arrivées?
Tes soeurs sont - elles
arrivées?
Viendront - elles?
Tes soeurs viendront - elles?
5 Elles sont arrivées, n’est - ce pas
Le forme 1, 2 e 5 sono le più frequenti nel francese parlato.
Le forme 3 e 4 si trovano quasi esclusivamente nel francese scritto
oppure in frasi contenenti brevi forme verbali di uso molto frequente
come:
Où vas - tu?
Comment allez - vous?
Attenzione: Inversione del soggetto
- Se alla terza persona singolare, il verbo finisce in - t (il vient) o - d
(il prend) non bisogna dimenticare di inserire il trattino d’unione (-):
Connaît - il l’anglais?
Prend - elle l’avion?
- Se alla terza persona singolare il verbo non finisce con - t o - d,
aggiungete - t (i trattini d’unione saranno due):
Aime - t - il français?
Ira - t - il à la montagne?
7. 4 Interro - negativa
Neigera - t- il en janvier?
Prendra - t - il le train?
L’interrogazione può essere espressa anche in forma negativa. Si avrà
allora una frase interrogativa - negativa, che unisce i caratteri di
entrambe le forme:
Tu ne pars pas?
Est - ce que vous n’irez pas?
Ne vas - tu pas?
In questo caso, la risposta affermativa viene data con SI e non più
con OUI:
Tu ne pars pas?
Si, je pars
Est - ce qu’elles ne sont pas arrivèes? Si, elles sont là
Vos soeurs ne viendront - elles pas? Si
La risposta affermativa in italiano è sempre SI .
NON, OUI, SI, possono bastare come risposta. La risposta può, però,
anche riprendere il gruppo verbale contenuto nella domanda:
Si, elles viendront.
7. 5 Interrogazione parziale
SECONDO TIPO: L’interrogazione riguarda solo un gruppo nella
frase:
Les garçons sortent de l’école.
D’où sortent les garçon?
La trasformazione interrogativa si effettua in tre tempi:
1° TEMPO: Sostituzione
Il gruppo a cui si riferisce la domanda viene sostituito da un elemento
o da un gruppo di elementi interrogativi:
Les garçons sortent de l’ècole
d’où?
Queste frasi si possono sentire spesso nella conversazione corrente:
Les garçons sortent d’où?
Tes soeurs arrivent quand?
2° TEMPO: Spostamento dell’elemento interrogativo all’inizio della
frase:
D’où…
(D’où les garçons sortent? È inaccettabile)
3° TEMPO: Aggiunta di un segnale interrogativo.
Secondo i casi si può scegliere tra
- D’où est - ce que les garçon sortent?
(est -ce que è forma più regolare ed essa è quasi sempre accettabile)
- D’où les garçons sortent - ils?
Si aggiunge un pronome personale dopo il verbo solo se il soggetto è
un nome.
Se il soggetto è un pronome, si sposta quest’ultimo dopo il verbo
(inversione):
Où vas - tu?
D’où sortent les garçon? (L’inversione è possibile solo
raramente se il soggetto è un nome).
L’intonazione è discendente.
Attenzione: Il soggetto espresso con un nome può essere spostato
dopo il verbo solo:
- se la frase inizia con QUAND, COMBIEN, COMMENT, OÙ,
D’OÙ, QUEL (Variabile), DE QUI, À QUI...
Comment s’appelle votre amie?
Combien de livres lira ta soeur, pendant les vacances?
- se è soggetto di una frase relativa introdotta da “que” compl. Ogg.:
Voilà le livre que lit mon frère.
7. 6 L’interrogazione riguarda solo il soggetto, nome di persona.
Esempio:
André est venu - Qui est venu?
Si usa solo il 1° tempo (sostituzione), dato che il 2° tempo è già
automaticamente realizzato ed il terzo tempo è impossibile in quanto
QUI (soggetto) deve restare all’inizio della frase.
Si può dire anche QUI EST - CE QUI EST VENU?
Il pronome interrogativo QUI si usa per le persone.
QUI soggetto è sempre seguito da un verbo al singolare:
Qui as - tu vu?
Per le cose si usa QUE o QUOI.
All’inizio della frase interrogativa, per le cose si usa sempre QUE.
Eccezione: QUOI DE NEUF? (Quoi + de + aggettivo).
QUOI si usa in inizio di frase (interrogativa diretta o indiretta) quando
è preceduto da preposizione:
De quoi parlent - ils?
A quoi est - ce que ça sert?
Persone
Cose
Soggetto
QUI
...........
Compl. Ogg.
QUI
QUE
de
sur
à qui
pour
ecc.
de
sur
à quoi
pour
ecc.
ATTENZIONE:
Persone
Cose
Soggetto
Qui est - ce qui
Qu’est - ce qui...
compl. Ogg.
Qui est - ce que
Qu’est - ce que...
I pronomi di questo schema sono usati più spesso delle forme brevi
QUI e QUE.
ATTENZIONE:
Qu’est - ce qui tombe? È l’unica forma possibile per il soggetto
riferito a cosa. (Que tombe non è accettabile in francese)
QUE, QU’EST - CE QUI e QU’EST - CE QUE nelle frasi
interrogative indirette si trasformano in “CE QUI” (soggetto) e “CE
QUE” (complemento ogg.)
Qu’est - ce qu’il veut?
Je ne sais pas ce qu’il veut.
CHE COSA è invece l’unica forma italiana sia per le interrogative
dirette sia per le interrogative indirette:
Che cosa vuole?
Non so che cosa voglia.
7.7. L’interrogazione riguarda il soggetto, nome di cosa.
La niege tombe
Ci si serve unicamente della forma: Qu’est - ce qui tombe?
Attenzione
- Dopo QUI o QUOI soggetto, il verbo è sempre al singolare
- Qui est - ce qui (per le persone), Qu’est - ce qui (per le cose)
servono a porre domande relative al soggetto.
7.8. L’interrogazione riguarda il verbo:
La niege tombe
1 Tempo: fait quoi?
Il verbo TOMBE è sostituito da FAIRE, verbo con significato
generico e dall’elemento interrogativo QUOI
2 Tempo: QUOI si sposta all’inizio della frase e si trasforma in QUE.
ATTENZIONE:
QUOI è sempre sostituito da QUE quando si viene a trovare all’inizio
di una frase interrogativa.
3 Tempo: Inserimento di EST - CE QUE o inversione
Qu’est - ce que la niege fait? Oppure Que fait la niege?
7.9. L’interrogazione riguarda l’attributo
Ces enfants son grands (qualità)
sont ces enfants?
Comment  Comment ces enfants sont - ils?
est - ce que ces enfants sont?
Ces enfants sont nombreux (quantità)
Combien  Combien sont ces enfants?
Cette voiture est rouge (colore)
De quelle couleur

De quelle couleur est cette
voiture?
QUEL (quelle, quels, quelles) è un aggettivo interrogativo che si
accorda in genere e numero con il nome a cui si riferisce.
I pronomi LEQUEL / LESQUELS, LAQUELLE / LESQUELLES, e
le loro forme composte DUQUEL / DESQUELS, DE LAQUELLE /
DESQUELLES, AUQUEL / AUXQUELS, À LAQUELLE /
AUXQUELLES ecc. implicano un’idea di scelta e richiedono nella
frase una precisazione (possono riferirsi a un nome già espresso o
essere seguiti da un complem. di specificazione):
De ces deux chapeaux, lequel prèfères - tu?
Auquel de ces hommes parlait - il?
ATTENZIONE:
Quel est ton nom? (quel + v. essere + nome determinato)
In italiano vi è un unico corrispondente, QUALE (i) preceduto o
meno da preposizione: Di questi due cappelli, quale preferisci?
A quale di questi uomini parli?
Qual è il tuo nome?
Il est cinq heures
Quelle heure  Quelle heure est - il?
Il est médecin (professione)
Quoi  Qu’est - ce qu’il est?
7.10. L’interrogazione riguarda il complemento oggetto
1 Tempo: Ils terminent leur repas
Quoi?
2 Tempo: QUOI si trasforma in QUE passando all’inizio della frase
3 Tempo: Qu’est - ce qu’ils terminent?
Que terminent - ils?
Vous avez vu Jean
Qui  Qui avez - vous vu?
Qui - est - ce que vous avez vu?
Qu’est - ce que (per le cose)
Qui est - ce que (per le persone)
servono a fare domande relative al complemento oggetto.
7.11. L’interrogazione riguarda il complemento di termine.
Cette voiture appartient à mon frère
à qui
est - ce que cette voiture appartient?
A qui appartient cette voiture?
cette voiture appartient - elle?
Ils jouent au football
à quoi?  A quoi est - ce qu’ils jouent?
jouent - ils?
Attenzione:
Se il verbo è all’infinito o al participio presente si usa:
Pour faire quoi? oppure Pour quoi faire?
En faisant quoi? oppure En quoi faisant
7.12. L’interrogazione riguarda un complemento di tempo, di luogo,
di
modo, di causa.
TEMPO : Les parents sont partis en 1975
Ils sont partis quand?
est - ce qu’ils sont partis?
Quand sont - ils partis?
vos parents sont - ils partis?
LUOGO: Ils vivaient en France.
est - ce qu’ils vivaient?
Ils vivaient où?
Où
vivaient - ils?
vos parents vivaient - ils?
MODO: Ils sont venus en voiture
est - ce qu’ils sont venus?
Ils sont venus comment? Comment sont - ils venus?
vos parents sont - ils venus?
CAUSA: Ils sont venus parce qu’ils voulaient travailler.
est - ce qu’ils sont venus?
Ils sont venus pourquoi? Pourquoi sont - ils venus?
vos parents sont - ils venus?
7.13. Risposta all’interrogazione totale (riferita all’intera frase)
Può essere sufficiente rispondere con OUI, SI (in risposta ad una
domanda espressa in forma interrogativa - negativa) e NON:
Tu ne pars pas? Si, je pars
Oui
Aime - t - il le français?
Non
7.14. Risposte negative brevi o ellittiche.
C’est ennuyeux? - non, pas du tout.
Je vous ai fait mal? - non, ce n’est rien
Il y a encore du lait? - non, plus du tout.
Voulez - vous une cigarette? - non, merci.
Tu veux du dessert? - non, merci, pas du dessert.
Je ne fume pas, et vous? - Moi, non plus.
7.15. Risposta all’interrogazione parziale.
E’ limitata alla parola o al grippo a cui si riferisce l’interrogazione:
A quelle vitesse roulait - il? - A 100 kilomètres à l’heure.
De quelle couleur était sa veste? - Rouge.
Combien coûte la viande? - Cher
8.1 Le frasi imperative
Si ottengono sopprimendo il soggetto della frase dichiarativa alla
seconda persona singolare e plurale e alla prima persona plurale del
presente indicativo:
Tu passes de bonnes vacances  Passe de bonnes vacances
Nous partons vite  Partons vite
L’intonazione è discendente.
L’imperativo esprime un ordine, un consiglio, un invito, un desiderio,
un incoraggiamento secondo l’intonazione e il contesto:
Asseyez - vous
Passez de bonnes vacances
Parle!
Dors!
Ne dors pas tout le temps!
La forma negativa si costruisce regolarmente:
Ne + verbo coniugato + pas  Ne parle pas
ATTENZIONE: I verbi in er (1 gruppo + aller) alla seconda persona
singolare non prendono la “s”:
Tu ne me donnes pas le journal  Ne me donne pas le journal
In italiano invece la seconda persona singolare dell’imperativo
negativo è irregolare e si forma con l’infinito:
Dormi  Non dormire!
Parla  Non parlare!
L’imperativo può esprimere un’ipotesi:
Faites - lui confiance, il vous volera (Si vous lui faites
confiance)
Se il verbo è all’imperativo affermativo, i pronomi personali
complementi lo seguono: Se vi sono contemporaneamente due
pronomi personali, compl. ogg. e complemento indiretto si mettono
nell’ordine indicato nei seguenti schemi:
- le
- la
- les
- moi
- m’
- toi
- t’
- nous
- nous
- vous
- vous
(usato
- lui
- lui
solo)
- leur
- leur
- en
-y
Attenzione:
- tra il verbo e i pronomi personali che lo seguono ci deve essere il
trattino d’unione.
- i pronomi “me” e “te”, spostandosi dopo il verbo, si trasformano in
“moi” e “toi”:
Tu me parles  Parle moi
- non si dirà mai Rendez - vous - y, ma piuttosto: Rendez - vous là bas.
- eccezionalmente, per ragioni eufoniche, la desinenza della seconda
pers. sing. dei verbi del 1 gruppo finisce con “s” all’imperativo,
quando questo è seguito da “y” o “en” :
Parles - en à ton ami: portes - y Nadine, le film est très beau.
ATTENZIONE: Con être e avoir si usano, per l’imperativo, le
corrispondenti persone del congiuntivo presente, senza soggetto.
que tu aies de la chance  Aie de la chance
Je veux que
nous soyons heureux  Soyons heureux
- L’imperativo non ha né la terza persona singolare né la terza persona
plurale. In caso di necessità si usano le corrispondenti persone del
congiuntivo esortativo:
Qu’il aille à la mer!
Qu’ils viennent me voir!
Je veux, je désire que...
9. Le frasi esclamative
Tutte le frasi dichiarative o interrogative possono trasformarsi in frasi
esclamative, se pronunciate con intonazione ascendente o discendente
o molto accentuata.
La sorpresa, l’ammirazione, lo stupore, l’indignazione ecc. possono
riferirsi ad uno solo degli elementi della frase o alla frase intera.
Spesso la frase inizierà con un elemento esclamativo:
Il gruppo nominale: QUEL..., QUE DE..., COMBIEN DE...:
Quel (excellent) film nous avons vu!
Quel tableau!
Que de monde!
L’aggettivo attributivo: COMME..., QUE..., CE QUE...
Comme il est mignon!
Que c’est beau!
Ce qu’il est beau!
Il verbo: COMBIEN, CE QUE
Combien je regrette!
Ce que je regrette!
La frase: COMMENT, QUE, POURVU QUE, QUAND
Comment, vous partez!
Que j’ai eu peur!
Pourvu qu’il ne la trouve pas!
Quand je vous le disais!
L’esclamazione si riduce spesso ad una frase ellittica o ad una sola
parola.
Idiot! (Tu es / vous êtes un idiot)
Félicitations! (Je vous fais mes félicitations)
Quoi! Comment! Non!
10. Le frasi enfatiche.
E’ possibile mettere in risalto un elemento o un gruppo della frase:
- mettendo all’inizio della frase un elemento che di solito si trova in
posizione successiva:
Nous partirons après - demain  Après - demain nous partirons
Les vacances sont finies  Finies, les vacances
- mettendo un gruppo nominale soggetto o compl. oggetto all’inizio
della frase e riprendendolo poi con il pronome personale
corrispondente:
Mon frère est venu hier  Mon frère, il est venu hier
J’ai envoyé sa lettre  Sa lettre, je l’ai envoyée
- usando c’est... qui... (se si tratta di un soggetto)
c’est... que... (se si tratta di un compl. ogg. o di un compl.
indiretto):
Mon frère est venu hier  C’est mon frère qui est venu hier
J’ai envoyé sa lettre  C’est sa lettre que j’ai envoyée
J’ai téléphoné à ma mère  C’est à ma mère que j’ai téléphoné
Una analoga struttura esiste anche in italiano, solo che il verbo
“essere” non è preceduto dal soggetto e non si fa distinzione tra “che”
soggetto e “che” complemento oggetto: E’ mio fratello che è venuto
E’ la sua lettera che ho spedito
ATTENZIONE:
I pronomi personali complementi subiscono variazioni se usati
all’interno della struttura “c’est... que” e “c’est... qui”
Tu me l’as dit  C’est toi qui me l’as dit
 C’est à moi que tu l’as dit
Tu leur as donné ce livre  C’est à eux (elles) que tu l’as donné
11. Le frasi passive
12. Perché una frase attiva (che contiene un verbo con un tempo
semplice o composto) possa essere trasformata in passiva, bisogna
che il verbo sia transitivo, cioè che regga un complemento oggetto:
Tous ses amis ont félicité Jean  Jean a été félicité par tous ses
amis.
“Tout ses amis” soggetto  compl. d’agente preceduto da par.
“Jean”, compl. oggetto  soggetto
“ont félicité” verbo attivo  “a été félicité” verbo passivo coniugato
con être.
Una analoga trasformazione avviene in italiano dove il compl.
d’agente è introdotto con “da”.
L’ausiliare être, oltre che per il passivo, serve per formare i tempi
composti dei verbi pronominali (je me suis levé) e una serie di
quattordici verbi e loro composti: ALLER / VENIR; MONTER /
DESCENDRE; ENTRER / SORTIR; ARRIVER / PARTIR; NAITRE
/ MOURIR; TOMBER /RESTER; PASSER /DEVENIR.
Per gli altri verbi, di solito, i tempi composti sono formati col verbo
avoir.
ATTENZIONE:
Avoir fa funzione di ausiliare per il verbo être:
Nous avons été appelés
Questo è un grave rischio di errore: l’italiano usa essere come
ausiliare di se stesso: Siamo stati chiamati.
Être non è mai l’ausiliare di se stesso.
Il senso della frase non muta, ma la prima parola, soggetto della frase
passiva, viene messa in risalto.
ATTENZIONE:
Il verbo avere non ha la forma passiva:
Jean a un frère non può esser trasformata in frase passiva
Dopo certi verbi il compl. d’agente è preceduto da de : être aimé
(suivi, précédé, composé, fait) de…
11.1 Il soggetto della frase attiva è indefinito
Se il soggetto della frase attiva è indefinito: ON, QUEL’UN, DES
GENS… alla forma passiva si sopprime il compl. d’agente.
Quelqu’un a perdu son sac  Un sac a été perdu
Il compl. d’agente par quelqu’un cade perché non aggiunge nessuna
informazione utile
ATTENZIONE:
Se il soggetto della frase attiva è un pronome personale, la forma
passiva non è accettabile:
Tu manges une pomme  Une pomme est mangée par toi
(errore)
Fanno eccezione i casi in cui si voglia mettere in risalto un contrasto
tra due complementi d’agente:
La maison n’a pas été construite par lui, mais par moi
11.2 Altre costruzioni possono ugualmente dare un senso passivo alla
frase:
- Quando si tratta di una situazione abituale o di un fatto generale:
Les journaux d’information se vendent bien
Ce vin se boit très frais.
Quando l’azione è in corso:
Le repas se prépare (est en train d’être préparé). La course se
termine
- La costruzione con ON:
Ici, on parle français
On ouvre la porte avec une clé
ON è un pronome soggetto indefinito che si usa sempre seguito da un
verbo alla terza persona singolare:
On dit souvent des mensonges (= Les gens disent…)
On a faim (nous avons faim)
On dit qu’il fera froid cet hiver (= Quelqu’un dit…)
ATTENZIONE:
Nella frase passiva, il part. Passato deve essere preceduto
dall’ausiliare être: Le vin est vendu
In italiano il participio passato può essere preceduto sia da ESSERE
che da VENIRE: Il vino è
venduto
viene
12. Le frasi negative
A qualunque tipo appartenga, una frase può essere positiva o
negativa.
La negazione può riferirsi all’intera frase:
ne…pas, ne…plus, ne…jamais…
stanno a cavallo del verbo coniugato.
Ils n’aiment pas le pain
Ils n’ont pas aimé le pain
La negazione si compone sempre di due elementi: di solito ne…pas; il
pas può però essere sostituito da PERSONNE, RIEN, AUCUN (E),
NUL, JAMAIS, PLUS, NI.
In italiano non esiste il corrispettivo di pas . È perciò spesso
sufficiente un solo elemento negativo.
I pronomi complementi precedono il verbo:
Elles n’y vont jamais
Ne lui en donnez pas
ATTENZIONE:
Entrambi gli elementi della negazione riuniti (ne pas...) precedono il
verbo all’infinito:
Je préfère ne pas y aller
ATTENZIONE:
Dopo sans non appare nessuno dei due elementi della negazione:
Elle est partie sans le voir
12. 1 La negazione può riferirsi al gruppo nominale
Tu veux la (balle) rouge?
Non pas la rouge, la bleu
J’ai vu quelqu’un
Je n’ai vu personne
Elle a entendu quelque chose
Elle n’a rien entendu
Il y en avait un(e)
Il n’y en avait aucun(e)
Quelqu’un est venu
(Plus) personne n’est venu
Attenzione:
Dopo sans, attenzione alla diversa posizione di rien e personne
voir personne
Ils sont partis sans
rien voir
avoir vu personne
Ils sont partis sans
avoir rien vu
12. 2 La negazione doppia (si negano due elementi della frase)
Ils ont des frères  Ils n’ont ni frères ni soeurs
et des soeurs.
Je bois de la bière  Je ne bois ni bière ni vin
et du vin
Je ne bois ni de la bière ni du vin, mais de l’eau
Elles aiment les gâteaux  Elles n’aiment ni les gâteaux ni le
et le champagne
champagne
Elle a dansé et chanté  Elle n’a ni dansé ni chanté
Il veut travailler et  Il ne veut ni travailler ni continuer ses études
continuer ses études
Attenzione:
Ni lui ni ses frères ne sont venus
Ils n’ont écrit ni l’un ni l’autre = Aucun des deux n’a écrit
Elles n’ont écrit ni l’une ni l’autre = Aucune des deux n’a écrit
Ils n’ont répondu ni les uns ni les autres = Aucun d’eux n’a
repondu
Il ne dit ni oui ni non
12. 3 La negazione può riferirsi ad un avverbio
toujours
ne plus
encore
déjà
ne... pas encore
Il l’aime encore  Il ne l’aime plus
Il a déjà lu le journal  Il n’a pas encore lu le journal
ATTENZIONE:
ne... que...
= seulement
ne... plus que...
Il n’a lu que le titre ( = Il a lu seulement le titre)
Elle n’a regardé que la première page
Je n’ai plus qu’une paire de chaussures
In italiano la forma restrittiva con “non... che” è poco frequente; si
preferisce usare soltanto o solo. In francese accade il contrario.
Ha guardato solo la prima pagina
Il n’a regardé que la première page
ATTENZIONE:
Ne
deve sempre precedere il verbo quando nella frase appare pas,
ni... ni, personne, rien, nul, jaimais, plus (che sostituiscono pas) o que
(frasi restrittive).
ATTENZIONE:
Personne
+ de + aggettivo
Rien
Personne d’autre
Rien de nouveau
13. Il gruppo nominale
1. Les enfants
sortent
de l’école (b)
2. Mes deux meilleurs amis
ont
des goûts très differents (a)
3. Jean
ouvre
cette porte
4. Elles
tournent
Gruppo nominale: soggetto
Gruppo
Gruppo nominale compl.
verbale:
(a) e ( c ) compl. ogg. (b)
predicato
compl. di luogo
nucleo
verbale
Nei gruppi nominali delle quattro frasi si trovano:
dei nomi comuni: amis, enfants, goûts, école, porte;
un nome proprio: Jean;
un pronome: elles
Sono i nuclei di questi gruppi nominali
Questi nuclei sono preceduti:
da determinanti: les, des, mes, cette, deux (articoli, aggettivi
possessivi, aggettivi dimostrativi, aggettivi numerali... )
Preceduti o seguiti da
- aggettivi qualificativi: meilleurs, différents che possono essere
seguiti a loro volta da un complemento del nome:
de l’école où j’allais
Si tratta di un gruppo posizionale: de l’école où j’allais.
L’ordine dei costituenti del gruppo nominale non è libero, ma segue
regole precise.
Questo specchietto indica l’ordine nel quale si possono disporre i
determinanti del nome (p. es. Tous ses premiers grands films) ed i casi
di incompatibilità (p. es. mai insieme successivamente articolo e
possessivo, né possessivo e dimostrativo)
Quel (le) (s)
le, la, les
Tout / toute
mon, ton, son
Tous /toutes
mes, tes, ses
ma ta sa
notre, votre, leur,
nos, vos, leurs
ce, cet, cette, ces
un (e)
du, de la, des, de l’
aucun (e), chaque, quelque (s), plusieurs
nul (le), pas un (e)
certains, beaucoup de, peu de...
13.1 Il nome
Numerali
E’ il costituente centrale, o nucleo, del gruppo nominale. Le
classificazioni possibili dei nomi sono varie. Per esempio, si possono
suddividere in:
animati, nomi che indicano esseri animati, persone o animali;
inanimati, tutti gli altri.
Agli animati ed agli inanimati corrispondono pronomi interrogativi e
pronomi negativi di diversa forma
ANIMATI
INANIMATI
Qui appelle?
Que se passe - t - il?
A qui parles - tu?
De quoi parles - tu?
Personne n’est - venu
Rien ne s’est passé
Nelle interrogative, per gli animali si usa di solito il pronome che
serve per gli inanimati: Qu’est - ce qui aboie?
13. 2 Nomi propri e nomi comuni
Questa è la classificazione tradizionale più frequente
I nomi propri indicano:
- una persona: Jean, Monsieur Durand
- un animale: Trompette (chienne), Minet (chat)
- dei titoli: Président, Docteur, Monsieur, Durand
- qualche inanimato (luoghi in genere): Paris, la France, le Mont
Blanc
Si tratta di un animato o di un inanimato ben definito.
Iniziano tutti con la lettera maiuscola.
I nomi comuni possono riferirsi a classi di animati o inanimati:
tigre, chaise, courage
13. 3 Altre classificazioni
Nomi concreti: homme, maison, chien
Nomi astratti: liberté, égalité, fraternité
Nomi numerabili (che possono essere contati e diventare plurali):
livre, femme, jardin
Nomi no numerabili (che indicano una qualità, una materia, un
gruppo indivisibile): eau, beurre, liberté.
ATTENZIONE:
Lo stesso vocabolo può appartenere sia ai numerabili che ai non
numerabili, ma il suo significato cambia:
Le vin est cher (non numerabile)
Les vins de Bordeaux sont chers (numerabili)
La forma del vocabolo può suggerire anche un’altra classificazione:
Nomi semplici: chien, plage, clef
Nomi composti: porte - clefs, aérotrain, vhemin de fer, pomme de
terre
Nomi derivati. Dépannage (da dépanner,  panne), pollution (da
polluer)
13.4 Il genere dei nomi
In francese i nomi comuni possono essere maschili o femminili:
Per gli animati il genere grammaticale è determinato dal sesso: ciò
vale per gli esseri umani: mâle/femelle, le garçons/la fille, le
boucher/la bouchère, e per gli animali domestici: le chien/la chienne,
le coq/la poule
ATTENZIONE:
Per gli inanimati si possono delineare alcune categorie. In genere
sono maschili:
- i nomi che finiscono in - age, - ment, - isme:
le bricolage, le moment, le tourisme
- i nomi di giorni, mesi e stagiono:
le dimanche, le printemps, cet été est plutôt frais.
In italiano alcuni di essi sono femminili: la domenica, la primavera,
quest’estate è fresca.
- i nomi di molte piante (non i frutti che sono femminili: la poire):
le poirier, le chêne, le palmier.
Spesso i nomi di piante sono maschili anche in italiano. Però: la
palma, la quercia.
Sono femminili:
- i nomi che finiscono in - tion, - tè, - ie, - eur:
la solution, la gravité, la compagnie
la couleur, la douleur, la belle fleur
In italiano i corrispondenti nomi in - ore sono tutti maschili.
ATTENZIONE:
sono maschili: le bonheur, le malheur, l’honneur, le coeur e i nomi
tecnici (le moteur ecc.).
ATTENZIONE
Spesso esiste una sola forma per il maschile e per il femminile:
l’architecte, le professeur, la vedette, la souris (il sorcio), la mouche,
l’éléphant, la sentinelle (quando indica un soldato).
Quando i nomi diventano femminili:
nell’orale
- se il nome termina con vocale non si percepisce alcun cambiamento.
- se il nome termina con consonante, questa, muta al maschile, verrà
pronunciata al femminile:
ORALE
Maschile

un ami n ami
Maschile
variazione del determinante + forma maschile
une amie yn ami
 variazione del determinante + consonante
sonora
un parent  parâ
une parente yn parãt
un Français [ frâs
une Française [yn frasz]
un berger 
une bergère yn br r
un sot 


une sotte yn s t
 variaz. Del determinante + vocale orale
(vocale nasale)
davanti
a n (denasalizzazione)
un cousin 

une cousine yn kuzin
un paysan  pizã
une paysanne yn pizan
un lion [ ljõ]
une lionne yn lj n
Nello scritto:
per formare il femminile, quando questo esiste, si aggiunge di solito
una - e alla forma maschile.
13. 2 Variazioni ortografiche
Nomi che
Variazione
finiscono in...
ortografica al
Maschile
femminile
- er, - ier
- (i) ère
un ouvrier
- en, - ien
2 nn
un lycéen
une lycéenne
un lion
une lionne
un chat
une chatte
- on, - an
- vocale + t
- vocale + tte
- el
- elle
- eau
un sot
une sotte
un colonel
une colonnelle
un jumeau
une jumelle
-x
- se
un époux
une épouse
-f
- ve
un veuf
une veuve
- eur
- euse
un vendeur
une vendeuse
invece: - teur
- trice
un directeur
un directrice
- teuse
un chanteur
une chanteuse
- esse
une prince
une princesse
une tigre
une tigresse
-e
13. 3 Forme particolari per il femminile
- nomi di animati umani:
compagnon
compagne
roi
reine
copain
copine
serviteur
servante
favori
favorite
speaker
speakerine
neveu
nièce
héros
héroïne
- nomi di animati non umani:
canard
cane
mulet
mule
dindon
dinde
loup
louve
13. 4 Nome unico con un solo genere:
Un agent, amateur, architecte, auteur, assassin, chef, défenseur,
déserteur, écrivain, guide, imposteur, ingénieur, juge, magistrat,
médecin, possesseur, professeur, sauveur, sculpteur, successeur,
témoin:
Cette femme est le seul témoin encore en vie
Attenzione: Il determinante resta maschile.
13. 5 Nome unico con due generi:
artiste
e tutti i nomi in - iste
bibliothécaire
e tutti i nomi in - aire
ed anche: aide, camarade, collègue, complice, concierge, élève,
enfant, esclave, garde, malade, patriote.
Russe, Belge, Slave, Tzigane
La camarade de ce Belge est une enfant
Il determinante diventa femminile
ATTENZIONE: I nomi di nazionalità sempre maiuscoli
13. 6 Nomi diversi per il maschile e per il femminile
un homme
une femme
un garçon
une fille
un oncle
une tante
un père
une mère
un taureau
une vache
un boeuf
un cheval
une jument
13. 7 Nomi che cambiano significato cambiando genere (omonimi)
ATTENZIONE:
le livre (lecture)
la livre (½ kilo)
le mousse (jeune marin)
la mousse (herbe)
le page (enfant au service des nobles)
le poêle (pour se chauffer)
la page (dans un livre)
la poêle (pour faire la
cuisine)
le vase (pour mettre des fleurs)
la vase (terre + eau)
l’aide (celui, celle qui aide)
l’aide (action d’aider)
le critique (personne qui critique)
la critique (action de
critiquer)
le garde (personne qui garde)
le manche (pour tenir un outil)
la garde (action de garder)
la manche (partie du
vêtement)
le mémoire (étude)
la mémoire (faculté)
le mode (grammatical)
la mode (vestimentaire)
le voile (vêtement)
la voile (pour les bateaux)
le poste (emploi)
la poste (bureau de poste)
le tour (promenade)
la tour (èdifice)
13. 8 Genere dei nomi geografici
- Nomi di nazione: se terminano in - e, sono di solito femminili:
La France, l’Italie, la Grèce
Eccezioni: Le Mexique, le Bengale, le Cambodge.
Se terminano con altra vocale o in consonante sono in genere
maschili:
Le Brésil, le Japon, le Pérou
- Nomi di città: valgono le stesse regole dei nomi di nazioni; si
riscontrano però molte eccezioni.
- Nomi di montagne: sono in genere maschili salvo: les Alpes, les
Andes, les Cévennes, les Pyrénées, les Vosges
ATTENZIONE: per riconoscere il genere bisogna basarsi sul
determinante.
Al singolare, quasi sempre è il determinante che fornisce
l’informazione relativa al genere.
13. 9 Il numero dei nomi
PLURALE DEI NOMI NUMERABILI:
Nella lingua parlata il singolare ed il plurale si distinguono
unicamente in base alla forma del determinante. Per i nomi che
iniziano per vocale o h muta la marca del plurale è sottoliveata anche
dal suono z della “liaison”.
l’école [lek l]
les écoles [lsek l]
cette école [stek l
ces écoles szek l
mon auto m noto
mes auto mzoto
Nella lingua scritta, di regola, il plurale si forma aggiungendo una s
alla forma del singolare:
une maison
des maisons
CASI PARTICOLARI
- I nomi che terminano con s, x o z non cambiano al plurale:
le fils l fis
les fils l fis
la voix la vwa
les voix l vwa
le nez l ne
les nes l ne
- I nomi che terminano in - au, - eau, - eu prendono una x al plurale:
le bateau l bato
les bateaux l bato
le jeu l ø]
les jeux [l ø]
ATTENZIONE:
un pneu
des pneus
- Prendono una x anche i seguenti 7 nomi:
bijou, caillou, chou, genou, hibou, joujou et pou
- In alcuni nomi la silla ba finale - al o - ail si trasforma al plurale in aux:
l’animal
les animaux
le cheval
les chevaux
le journal
les journaux
un travail
des travaux
un vitrail
des vitraux
13. 10 La pronuncia varia tra il singolare ed il plurale di alcuni nomi:
un boeuf [ bœf]
des bœfs [d bø]
un œuf [ n œf]
des œufs [d zø]
un os [ n os]
des os [d zo
un œil [ œj]
des yeux [d zjø]
cade la consonante
13. 11 Plurale dei nomi non numerabili
Di solito questi non hanno plurale. Se esso esiste, il nome assume un
altro significato:
la peinture (art du matière)
les peintures (les oeuvres)
le cuivre (le métal)
les cuivres (instruments de musique
en cuivre)
13. 12 Plurale dei nomi composti
- I nomi composti scritti in una sola parola seguono la regola
generale.
Le passeport
les passeports
ATTENZIONE
Monsieur
messieurs
Madamr
mesdames
Mademoiselle
mesdemoiselles
Bonhomme
bonshommes
Però: une dame , cette dame. Cade il possessivo (ma, mes) e il nome
ritorna semplice (dame, demoiselle) quando è preceduto da un
articolo (une, la, des), un agg. dimostrativo (cette, ces), un numero
(deux…), un agg. indefinito (quelques, certaines…):
La dame qui parle.Voilà deux demoiselles. J’ai connu quelques
dames.
- Se gli elementi del nome composto sono scritti separati o sono uniti
da un trattino d’unione, il plurale delle varie parti dipende dalla loro
natura grammaticale o dal senso. Se il 2° nome fa da complemento al
1° resta di solito invariato:
des timbres postes (des timbres pour la poste)
des arcs - en - ciel (il n’y a qu’un ciel)
REGOLA GENERALE: solo i nomi e gli aggettivo possono prendere
la marca del plurale:
des choux - fleurs, des sourds - muets
I verbi, gli avverbi e le preposizioni restano invece invariati:
des porte - avions, des contre - attaques
Il plurale dei nomi composti è molto irregolare anche in italiano, ma
con particolarità diverse.
13.13 Plurale dei nomi propri
I nomi propri prendono la marca del plurale quando indicano:
- i popoli: les Tunisiens, les Italiens
- le famiglie illustri: les Bourbons
- un insieme di paesi: les Indes, les Amériques
I nomi propri non prendono la marca del plurale quando.
- indicano intere famiglie: les Thibault
- sostituiscono dei nomi comuni: On ne rencontre pas des Einstein (de
génies) tous les jours.
- si indicano le opere con il nome del loro autore: elle possédait deux
Picasso.
13.14 L’ accordo in genere e in numero
Questi due accordi si fanno contemporaneamente.
Si fa l’accordo tra:
- nome e determinante: une table, des tables
- nome e aggettivo qualificativo: une table ronde, des tables rondes
- gruppo nominale (soggetto) e verbo (coniugato e participio passato):
Ton amie est venue/Tes amies sont venues
Il part. passato può restare invariato, o accordarsi col soggetto o col
complemento oggetto secondo i seguenti casi:
- se è coniugato con l’ausiliare être
il part. passato deve essere
accordato con il soggetto:
Ma soeur est venu
Elles sont descendues de la montagne
con i verbi riflessivi, si fa l’accordo solo se le particelle pronominali
rappresentano un compl. oggetto:
Ils se sont habillés
Ils se sont saluées (uno saluta l’altro)
invece: Ils se sont parlé (uno ha parlato all’altro)
- Se è coniugato con l’ausiliare avoir, il participio passato:
1) non si accorda se il complemento oggetto non c’è o se segue il part.
passato:
Ils ont reussi
Nous avons conduit cette voiture
I verbi intransitivi si coniugano con l’ausiliare avoir (salvo pochi
casi).
Non avendo essi per definizione il compl. oggetto, il loro participio
passato è sempre invariabile.
2) si deve accordare con il compl. oggetto se questo precede il part.
passato.
Il compl. oggetto è di solito un pronome personale:
J’ai mangé les fruits  Je les ai mangés
Il a vu Brigeitte  Il l’a vue
o il pronome relativo que
C’est l’histoire qu’il nous a racontée. Voilà les films que nous avons
vus.
ATTENZIONE:
En non è mai complemento oggetto, quindi il part. passato non si
accorda:
Voilà des fraises; j’en ai déjà mangé.
In italiano l’accordo del participio passato si fa anche nei seguenti
casi: Ecco delle fragole; io ne ho già mangiate.
ATTENZIONE:
Il participio passato si accorda con il complemento oggetto che
dipende da esso e non da altri verbi della preposizione. Pertanto,
spesso non vi è accordo del participio passato seguito da infinito.
Fait seguito da infinito non si accorda mai:
Il les a fait construire exprès
(in italiano invece: le ha fatte costruire apposta)
Attenzione alle interferenze: con i verbi di reciprocità, in italiano, si
fa sempre l’accordo col participio passato, senza distinzioni:
Si sono salutati
Si sono parlati
In italiano, quando i verbi intransitivi si coniugano con l’ausiliare
essere il participio passato si accorda:
Essi sono riusciti
Nell’orale è il determinante che prende la marca:
sa maison sa mzõ]
mes filles [m fij
ed anche l’aggettivo femminile, in certi casi:
une grande maison yn grad mzõ]
Nello scritto la marca del numero (plurale) segue la marca del genere:
les petites écolières
13. 14 Nomi alterati
Solo raramente in francese il diminutivo, il vezzeggiativo,
l’accrescitivo, e il peggiorativo vengono espressi con un unico nome:
un garçonnet (un ragazzetto)
un aiglon (un aquilotto)
une maisonnette (una casetta)
Voilà Louison! (ecco Lugino)
Il suffisso - on in francese è diminutivo, mentre - one in italiano è
accrescitivo: E’ un librone!
Di solito si fa precedere il nome da un aggettivo appropriato:
- accrescitivi: grand, gros
C’est un gros livre
- diminutivi: petit, jeune
Voilà un petit cadeau pour toi
(se esseri viventi)
C’est un jeune cheval
- vezzeggiativi: joli
Il m’a donné de jolies petites fleurs
- peggiorativi: vilain
Quel vilain temps!
13. 15 I determinanti del nome
Generalmente il nome è preceduto da un determinante: articolo,
aggettivo possessivo, aggettivo dimostrativo.
Il determinante è una forma dipendente che non può esistere in una
frase che non contenga un nome.
QUE(LE) (s)
Tout:mon,ton,son
ma,ta,sa mes tes,
ses
Toute: notre, votre,
leur, nos, vos, leur
Tous
Toutes: ce, cet,
cette, ces
Numerali
Alcuni
aggettivi
qualificativi
Nome
du, de la, des, de l’
aucun(e),chaque
quelque(s),
plusieurs
nul(le),pas un(e)
certains,beauco
up de,peu de
Questo specchietto indica l’ordine nel quale si possono disporre i
determinanti del nome (p. es. Tous mes premiers grands films) ed i
casi di incompatibilità (p. es. mai insieme successivamente articolo e
possessivo, né possessivo e dimostrativo).
In italiano è invece normale trovare: il mio amico (art. det. + agg.
poss.), un mio amico (art, indet. + agg. poss.), questo tuo amico (agg.
dim. + agg. poss.).
Attenzione a trasformare queste costruzioni secondo le seguenti forme
corrette francesi:
C’est mon ami (J’ai un seul ami, je ne parle que de celui - ci)
C’est un de mes amis (j’ai plusieurs amis; je parle d’un entre eux)
Je parlerai à chacun de mes amis
Ton ami va partir (j’accentue le lien d’amitié)
Cet ami va partir (j’indique un ami parmi beaucoup d’autres)
Cet ami à toi va partir (Je veux souligner le lien d’amitié et indiquer
Aggettivi
compl.
nome o
relativa
la personne à la fois)
ATTENZIONE: L’aggettivo possessivo è sempre usato davanti ai
nomi che indicano:
- oggetti personali: Donne - moi mon manteau
- rapporti affettivi di parentela o amicizia: Ton oncle t’appelle
- malattie ricorrenti: elle a sa migraine.
Negli stessi casi, in italiano non c’è possessivo: Dammi il cappotto, lo
zio ti chiama, ha il solito mal di testa.
Attenzione ad inserirlo quando ci esprimiamo in francese
ATTENZIONE: Mai dei due aggettivi possessivi davanti allo stesso
nome.
Il secondo possessivo in francese si presenta sotto forma di pronome e
segue il verbo:
Ma voiture et la sienne se trouvent là - bas.
L’italiano, invece, ammette entrambe le strutture:
La mia e la sua auto...
La mia auto e la sua…
13. 16 Uso dell’apostrofo
L’articolo determinativo le, la si apostrofa davanti ai nomi che
iniziano con vocale o h muta: l’arbre, l’homme, l’école
Si possono apostrofare anche me, te, se, que, si (solo davanti a il o
ils), ce sogg. del verbo essere (c’est lui)
ATTENZIONE:
Non si apostrofano mai une, ma, ta, sa, ce (agg. dimostrativo), qui
(pronome relativo soggetto).
13. 17. Il nome si trova raramente solo, non preceduto da
determinanti.
Fanno eccezione i seguenti casi:
- Nomi propri: Henri t’a téléphoné
Attenzione: se si tratta di tutta la famiglia: Les Durand
- I nomi contenuti nei proverbi, nei titoli di opere e nei manifesti:
Patience et longueur de temps font plus que force ni que rage
“Memoires de guerre”. Coiffeur pour dames: Défense d’afficher.
Chapitre V
- Il nome attributo: Il est ingénieur, catholique, Espagnol.
- I nomi preceduti da ni...ni...: Il n’avait ni foi ni loi.
Dopo ni...ni... non si mette né preposizione semplice, né preposizione
articolata: Il n’a ni livres ni cahiers.
- o da soit...soit...: Soit économie, soit misère il ne mangeait rien.
- i nomi contenuti in alcune locuzioni verbali: avoir peur, avoir faim,
avoir mal, faire justice, prendre femme
- i nomi che hanno funzione di complemento in un nome composto:
une pomme de terre.
- i nomi facenti parte di gruppi preposizionali non definiti:
par paresse, sans raison, avec autorité, de droit, à pied, puor mémoire.
13. 18 L’articolo determinativo
Può essere preceduto da preposizione.
le, la, l’ - les
Attenzione:
à + le = au
à + les = aux
de + le = du
de + les = des
Però de l’arbre, à l’ombre, à l’heure quando il nome inizia con vocale
o h muta.
In italiano vi sono forme composte contratte anche con altre
preposizioni: nel, col... che in francese si risolvono con il normale
accostamento dei due elementi distinti:
E’ nel giardino = il est dans le jardin
Le due principali funzioni dell’articolo determinativo sono:
la determinazione specifica e la generalizzazione.
13. 19 La determinazione può derivare:
- dalla situazione: si possono considerare le cose di cui si parla,
oppure si può fare riferimento ad una realtà ben conosciuta dalla
persona cui si parla: La table, le professeur
Va chez le boucher
- dal fatto che si tratta di persone o cose uniche:
Le roi, le soleil, la gauche (in opposizione a la droite), la terre,
la
feu, la Noël, la Seine.
- dal contesto linguistico:
con referente anteriore:
Voilà le livre que je voulais acheter
J’aime me promener dans les rues de Paris.
13. 20 La generalizzazione:
L’articolo determinativo indica che la cosa di cui si parla appartiene
ad una specie: Le beurre est cher
J’aime les enfants
Altri usi:
13. 21 Davanti ai nomi geografici:
Niente articolo davanti alla maggior parte dei nomi di città (ed ai
nomi, in genere maschili, di alcune isole):
Je vais à Paris
Elle vient de Madagascar
Si usa l’articolo determinativo davanti a:
- nomi di fiumi: la Seine, le Rhône, le Nil
- nomi di territori (nazioni, regioni): la France
Ils sont allés au Portugal
Nous rentrons des Etats - Unis
Attenzione:
Cuba Ils sont allés à Cuba
ATTENZIONE: En e de (preposizioni di luogo) non prendono
l’articolo davanti ai nomi di regioni, nazioni, isole e continenti
femminili
Il vient de France
Il va en Corse
ATTENZIONE: Davanti ai nomi maschili: au
Au Portugal. Au Brésil.
Se però questi iniziano con vocale: en
En Iran.
Se i nomi di nazione sono plurali: aux
Aux Etats - Unis. Aux Indes.
Se de non è preposizione di luogo, ma complemento di specificazione
si usa l’articolo:
Les guerres de la France
Les beautés de l’Italie
Se il luogo è determinato è preceduto da dans + articolo
Il vit en Allemagne / Il a vécu dans l’Allemagne de l’Après
guerre.
I dipartimenti, le regioni, le montagne, gli oceani sono pure preceduti
da dans + articolo:
Dans la Gironde, dans les Alpes, dans l’Atlantique, dans la
Manche.
ATTENZIONE:
En Bretagne, en Normandie, en Savoie (nomi di antiche regioni)
En Méditerranée, en Mer du Nord (nomi di mari)
13. 21 Dvanti ai nomi propri
Generalmente niente articolo determinativo, eccetto:
Les Durand (articolo plurale davanti ai nomi indicanti tutta la
famiglia, invariabili).
Le grand Racine, le petit Paul (nome proprio preceduto da un
aggettivo).
Ce n’était plus le Jean que nous avions connu (nome determinato:
quel Giovanni e non un altro).
Davanti ai nomi propri l’italiano usa spesso l’articolo: il Manzoni
scrisse... . Il francese lo rifiuta a meno che non si tratti di autori
italiani celebri del Rinascimento: il Tasso scrisse  Le Tasse écrivit...
13. 22 Davanti ai giorni della settimana
Niente articolo determinativo se si tratta di un giorno singolo, di fatto
occasionale: Venez me voir mardi (prochain)
Il est venu dimanche (soir)
Si mette l’articolo determinativo se si tratta di giorno ricorrente:
Le samedi soir, ils regardent la télévision ( = chaque
samedi)
13. 23 Davanti ai nomi di mesi e stagioni (preceduti da en):
Niente articolo:
En janvier, en avril dernier. En hiver, en été, en automne
però: Au printemps (vedi unità: Il genere dei nomi)
13. 24 L’articolo indeterminativo
maschile: un
Singolare
+ consonante un garçon 
+ vocale
femminile: une

un enfant  nãfã]
une fille
une amie
d + consonante des chats d a
Plurale
forma unica: des
dz + vocale
des amis dz ami
negazione della quantità
negazione della qualità
Elle n’a pas de chat (s)
Ce n’est pas un Apollon
Ce ne sont pas des amis
L’articolo indeterminativo indica:
- una quantità: un o des (parecchi)
J’ai acheté un livre (Je n’est pas acheté de livre) (vedi unità Art.
partitivo)
J’ai acheté des livres (negativo: Je n’est pas acheté de livres)
- una qualità:
C’est un ami (negativo: Ce n’est pas un ami, c’est un ennemi)
Ce ne sont des amis (negativo: Ce ne sont pas des amis)1.
- un nome che non è ancora stato definito : Un ami c’est utile
- un + nome proprio (con valore di nome comune):
Le musée vient d’acheter un Picasso ( un tableau peint par Picasso)
(negativo: Le musée n’a pas acheté de Picasso)
C’est un Apoll (trés bel homme)  Ce n’est pas un Apollon.
ATTENZIONE:
un e une possono essere aggettivi numerali: in questo caso, nella
forma negativa, non sono sostituiti da “de”:
J’ai un chat
Je n’ai pas un chat
(un seul)
( = je n’ai pas un seul chat, j’ai plus d’un
chat).
13. 24 L’articolo partitivo
singolare
plurale
negazione della quantità
maschile
femminile
de, de l’
de la, de l’
des
Je n’ai plus de pain
du pain
de la viande
des pains
Il n’y a pas d’eau
de l’air
de l’eau
des oeufs
negazione della qualità
Ce n’est pas du lait,
c’est de l’eau
1
In italiano si usa un - una sia alla forma affermativa che alla forma negativa: Ho comprato un libro; Non ho
N’achète
pas
viande,
de
mais
la
du
poisson
L’articolo partitivo è un uso particolare dell’articolo indeterminativo
davanti ai nomi non numerabili.
Indica una parte di un tutto (sostanza, qualità) non divisibile in
elementi numerabili. E’ obbligatorio in francese, salvo pochi casi.
Si distingue:
du lait (una certa quantità)
Donne - moi du lait
le lait (sostanza in genere)
J’aime le lait
un lait (una certa qualità di latte)
Le lait Nestlé est bon.
In italiano la preposizione articolata che dovrebbe precedere il nome
partitivo molto spesso si omette:
Ho buoni amici a Parigi
Ha messo del pane in tavola
Non vuole latte
Davanti al nome preso in senso partitivo:
- si usano le preposizioni articolate (vedi le prime 3 colonne dello
schema)
1) nelle frasi affermative: Elle a mis du pain sur la table
comprato un libro. C’è interferenza col francese un  de.
2) nelle frasi restrittive (indicano una affermazione, ma limitata da
ne... que): (vedi): Elle n’a que du pain sur la table
- si usa la preposizione de (invariabile)
nelle frasi negative: elle ne veut pas de lait
Je ne lis jamais de journaux
ATTENZIONE: se quello che si nega non è la quantità, ma la qualità
(e questo si verifica spesso quando nella frase c’è il verbo être ), si
usano le preposizioni articolate variabili:
Ce n’est pas du lait, c’est de l’eau
- dopo gli avverbi di quantità (plus de, moins de, beaucoup de, trop
de, autant de, qu de, ecc.):
Elle boit beaucoup de lait
Vous mangez peu de fruits
- quando il nome plurale è preceduto da un aggettivo:
J’ai de bons ami à Paris
La norma non vale se l’aggettivo forma, con il nome che lo segue, un
nome composto: Je mange souvent des petits pois (piselli)
Ce sont fdes jeunes gens que je connais (giovanotti)
ATTENZIONE: non si mette né preposizione semplice, né
preposizione articolata:
- dopo sans: Il va à l’école sans livres
Il travaille sans enthousiasme
- dopo avec + nome astratto: Il a agi avec fermeté
- dopo ni... ni... : Il n’a ni livres ni cahiers
- in alcune locuzioni verbali (avoir + nome):
avoir faim (soif, sommeil, chaud, froid...)
avoir tort (raison, besoin, envie...)
Attenzione: si usa il partitivo per:
Jouer du Mozart, di Chopin (un pezzo di musica di...)
Faire du cent à l’heure.
Non confondere il paetitivo con il compl. di specificazione che, anche
in francese, si esprime sempre con preposizione articolata:
Ho (dei) buoni amici a Parigi ( = partitivo)
I consigli dei buoni amici sono utili ( = compl. di specific.)
Les conseils des bons amis sont utiles.
13. 25 L’aggettivo dimostrativo
Singolare
Plurale
Maschile
Femminile
ce (+ consonante)
cette
cet (+ vocale o h muta)
ces
(forma unica)
ATTENZIONE:
Mai due aggettivi dimostrativi davanti allo stesso nome. Si accetta
invece un aggettivo e un pronome:
Ce livre - ci et celui - là parlent de la France
L’italiano ammette le due strutture: Questo e quel libro... (ossia due
aggettivi dimostrativi davanti al nome) e Questo libro e quello...
Gli aggettivi dimostrativi servono ad indicare la posizione di persone
o cose: Cet homme, cet avion, ce chien, cette maison, ces enfants.
Si possono rafforzare aggiungendo, dopo il sostantivo, le particelle ci (vicinanza) e - là (lontananza).
Vite! Déplace cette valise - là et ce paquet - ci.
Cette femme - là, je ne veux plus la voir.
L’italiano distingue la cosa vicina dalla cosa lontana usando due
aggettivi diversi (questo / quello; questa / quella). Attenzione
all’interferenza.
L’italiano distingue il vicino dal lontano con la diversa consonante (t
o l) all’interno del pronome e dell’aggettivo dimostrativo. Il francese
ottiene invece la distinzione con l’aggiunta di - ci e - là.
Attenzione a non confondere: celle = pronome (questa - quella)
con cette = aggettivo (questa - quella)
Là talvolta indica anche una presenza vicina: Je suis là.
ATTENZIONE: Per distinguere tra due cose nominate si usano
sempre - ci e - là: Ce livre - ci coûte plus cher que cette revue - là.
Di solito non si mette l’aggettivo dimostrativo davanti a nome seguito
da una frase relativa (che ha di per sé valore determinante):
Le livre que tu as acheté est très beau
però si può dire: Ce livre que tu as acheté... (celui - là seul, et pas un
autre) = Quel certo libro, proprio quel libro...
Quel libro che hai comprato è bello
è una struttura comune in italiano.
13. 26 Gli aggettivi possessivi
Singolare
Plurale
(si possiede una sola cosa)
(si possiedono più cose)
Persona
Maschile
Femminile
un
1ª
[ ] mon [ ]
[ma] ma, mon [ ] (1)
mes [m (z)  (1)
possessore
2ª
[ ] ton [ ]
[ta] ta, ton [ ] (1)
tes t (z)  (1)
3ª
[ ] son [ ]
[sa] sa, son [ ] (1)
ses s (z)  (1)
due o più
1ª
notre n tr
nos [no (z) ] (1)
possessori
2ª
votre v tr
vos [vo (z) ] (1)
3ª
leur lœr]
leurs [lœr]
(1) Da usare davanti a nomi inizianti con vocale o h muta: Mon école
est là, Mon heure va commencer.
La n finale non sarà più nasale: mon ami.
La s finale sarà pronunciata (liaison): tes amis sont là
ATTENZIONE:
Articolo determinativo, articolo indeterminativo, aggettivi possessivi,
aggettivi dimostrativi e aggettivi indefiniti sono incompatibili tra loro.
Pertanto le forme corrette francesi sono le seguenti:
C’est mon ami (j’ai un seul ami, je ne parle que de celui - ci)
C’est un de mes amis (j’ai plusieurs amis; je parle d’un entre
eux)
Je parlerai à chacun de mes amis (vedi pronomi indefiniti)
Ton ami va partir (j’accentue le lien d’amitié)
Cet ami va partir (j’indique un ami parmi beaucoup
d’autres)
Cet ami à toi va partir (je veux souligner le lien d’amitié et
indiquer la personne à la fois)
In italiano invece è normele trovare: il mio amico (art. determinativo
+ agg. possessivo);
un mio amico (art. indet. + agg. poss.), questo tuo amico (agg. dim. +
agg. poss.).
Attenzione nel trasformare queste costruzioni secondo le strutture
suddette.
ATTENZIONE:L’aggettivo possessivo è sempre usato davanti ai
nomi che indicano:
- oggetti personali: Donne - moi mon manteau
- rapporti affettivi di parentela o amicizia: Ton oncle t’appelle
- malattie ricorrenti: Elle a sa migraine.
Negli stessi casi in italiano, non c’è possessivo: Dammi il cappotto.
Lo zio ti chiama. Ha il solito mal di testa. Attenzione a inserirlo
quando ci si esprime in francese.
Attenzione: Due aggettivi possessivi non possono precedere lo stesso
nome. Il secondo aggettivo possessivo in francese si presenta sotto
forma di pronome e segue il verbo:
Ma voiture et la sienne se trouvent là - bas
L’italiano invece ammette entrambe le strutture: La mia auto e la
sua... La mia e la sua auto...
13. 27 Determinanti che indicano la quantità
Ci sono dei determinanti che indicano la quantità senza fissarne il
numero esatto:
AUCUN (E), (NE) PAS DE / PLUS DE, NUL (LE), PEU DE, UN
PEU DE, QUELQUE (S), CERTAINS / DIVERS / DIFFÉRENTS,
MOINS DE, AUTANT DE, ASSEZ DE, PLUS DE (DAVANTAGE),
BEAUCOUP DE, UN KILO / LITRE DE, TOUT LE, TOUT LES,
TANT DE, TELLEMENT DE, TROP DE.
ATTENZIONE: PEU DE, BEAUCOUP DE, PLUS DE, AUTANT
DE, ASSEZ DE, TANT DE, TROP DE, COMBIEN DE,
TELLEMENT DE, PAS DE, precedono sempre il nome, sono
invariabili e sono sempre seguiti da DE (e mai dall’articolo):
Tu bois beaucoup d’eau, trop d’eau
Il a peu de ressources
- moins de, autant de, plus de, que de si usano anche per formare il
comparativo.
In italiano invece poco, molto, troppo sono variabili e mai seguiti da
di:
Ho molti amici, ma pochi libri
I determinanti possono essere seguiti da:
- nomi numerabili:
J’ai peu de livres
J’ai autant de livres que lui
- nomi non numerabili:
J’ai peu d’argent sur moi J’ai autant d’argent que toi.
Ai determinanti suddetti si possono aggiungere i distributivi.
13. 28 Tout (e) - Chaque
Singolare
(non hanno plurale)
Maschile
Femminile
tout
toute
chaque
Tout homme doit respecter la loi (dovere comune a tutti)
Chaque homme a ses défauts (ciascuno ha i suoi).
In italiano ogni è forma unica, che indica sia la categoria presa in
senso generale, sia un elemento della specie preso nella sua
particolarità
(valore distributivo): Ogni uomo deve rispettare la legge
Ogni uomo ha i suoi difetti.
13. 29 Quelques = qualche, alcuni...
E’ usato quasi sempre al plurale perché si riferisce a più di una
persona o cosa: Elle a quelque amis.
Qualche non ha plurale in italiano, pur sottintendendo quasi sempre
un’idea di pluralità: Ha qualche amico (più d’uno). Attenzione
all’interferenza.
ATTENZIONE: Les quelques = i pochi, le poche, tutti i, tutte le:
Il a vu les quelques personne qui connaissaient son père
Certains = non tutti, alcuni:
Certains élèves trouvent que le français est facile a apprendre
ATTENZIONE: Un (e) certain (e) si usa al singolare quando si ignora
la precisa identità della persona o della cosa di cui si parla:
Un certain M. Blot
13. 30 PLUS DE, UN PEU PLUS DE, BEAUCOUP PLUS DE: hanno
valore comparativo:
Il y a plus de femmes que d’hommes
Attenzione: da non confondere con ne... plus de negazione della
quantità:
Je n’ai plus d’argent
PLUSIEURS, DIVERS, DIFFÉRENTS: stesso significato di plus
d’un (deux, trois, quatre...):
plusieurs
J’ai diverses choses à vous dire
différents
Divers e différents si usano però preceduti da les... se significano tous
les...:
toutes les
diverses
Je vous di les différentes choses que j’ai à vous dire
quelques
AUTRES = altri (vedi pronomi indefiniti)
QUELCONQUE = qualunque (in senso dispregiativo)
N’IMPORTE QUEL = qualunque (di qualsiasi specie)
On m’a donné des produits quelconques
J’assiste volontiers à n’importe quel film (policier, d’aventures...)
13. 31 TOUT
Senza articolo = chaque (vedi)
Tout travail mérite salaire
Con l’articolo: Tout le (la), tous les... indica la totalità:
Tous les hommes sont mortels
Tout può precedere anche altri determinanti (vedi anche determinanti
del nome): tout ce..., tout cette..., tous / toutes ces..., tout mon..., toute
ma..., tous / toutes mes..., tout un...
ATTENZIONE: tout non può precedere du, de la, des.
13. 32 Numeri cardinali
0 zéro
1 un
11 onze
21 vingt et un
2 deux
12 douze
22 vingt - deux
3 trois
13 treize
23 vingt - trois
4 quatre
14 quatorze
24
vingt
-
quatre
5 cinq
15 quinze
25 vingt - cinq
6 six
16 seize
26 vingt - six
7 sept
17 dix - sept
27 vingt - sept
8 huit
18 dix - huit
28 vingt - huit
9 neuf
19 dix - neuf
29 vingt - neuf
10 dix
20 vingt
30 trente
40 quarante
100 cent
200 deux cent
50 cinquante
101 cent un
201 deux cent un
60 soixante
102 cent deux
202 deux cent deux
70 soixante et onze
103 cent trois
600 six - cents
72 soixante - deux
104 cent quatre
601 six cent un
80 quatre - vingts
105 cent cinq
1000 mille
81 quatre - vingt - un
106 cent six
1001 mille un
82 quatre - vingt - deux
107 cent sept
1101 mille cent un
90 quatre - vingt - dix
108 cent huit
1000000 un million
91 quatre - vingt - onze
109 cent neuf
110 cent dix
ATTENZIONE: Dal 70 al 99 si procede per somma di numeri
(soixante - dix = 60 + 10 = 70, soixante - quinze = 60 + 15 =75) o per
moltiplicazione (quatre - vingts = 4 × 20 = 80) o per moltiplicazione e
somma (quatre - vingt - neuf = 4 × 20 = 80 + 9 = 89, quatre - vingt qutorze = 4 × 20 = 80 + 14 = 94).
Al di sotto di cento bisogna mettere un trattino d’unione tra le varie
parti di un numero composto:
cinquante - sept, quatre - vingt - quinze
Mai il trattino d’unione:
- quando c’è la congiunzione et: soixante et un.
- quando il numero supera il 100: huit cent trois.
I cardinali sono invariabili ad eccezione di:
- un che prende la marca del genere come per esempio in: Les mille et
une nuits;
- quatre - vingts, che perde però la marca del plurale se è seguito da
altri numeri: quatre - vingt - trois;
- cent, che prende la marca del plurale: deux cents, trois cents...
ma non quando è seguito da altri numeri: trois cent trente - deux.
ATTENZIONE: si pronuncia la consonante finale
7 Sept [st, 5 cinq  , 6 six sis, 8 huit it, 10 dix dis
Se il numero si trova isolato
Se precede una parola che inizia con consonante si pronuncerà:
5  , 6 si, 8 i, 10 di
mentre se precede una parola che inizia con vocale o h muta la
consonante finale si pronuncerà con la liaison:
6 siz six homme siz m
9 in neuf heures si pronuncia nœv œr]
10 [diz] dix heures [dizœr], 20 in 22 - 23 - 24... 29 si pronuncia [v t]
13. 33 I numeri cardinali
- possono essere usati come nomi nei sguenti casi:
Deux et deux font quatre
J’ai eu un zéro en mathématiques
- possono essere preceduti da altri determinanti (articoli, aggettivi
possessivi, aggettivi dimostrativi):
Je vous présente mes deux enfants. Ces trois garçon sont
insupportables. Les trois hommes sont partis.
ATTENZIONE:
Le deux mai
Le premier mai
Les années trente (de 1930 à
1939).
Luis XIV (quatorze), Henry II (deux), invece François premier (solo
con premier).
Dopo i nomi di re, in italiano si usa invece l’ordinale: Luigi XIV
(quattordicesimo), Enrico II (secondo).
ATTENZIONE:
Paragraphe trois, acte deux, scène un
- Nelle date che indicano solo l’anno niente articolo:
Il a travaillé de 1950 à 1969 (dal... al)
Invece: Il a travaillé du premier janvier 1950 au 31 décembre 1969
In italiano invece si usa sempre la preposizione articolata.
- per indicare i secoli
Au XIXe siècle
Au XIXe et XXe siècle (se sono più di uno)
“Nell’800”, “Nel XIX secolo” sono equivalenti in italiano. La prima
forma però non è accettabile in francese.
Anche la preposizione iniziale è diversa: nel = su.
13. 34 Numeri ordinali
1er premier / première
11 onzième
100 centième
2e deuxième
12 duzième
101 cent unième
3 troisième
13 troisième
1000 millième
4 quatrième
14 quatorzième
5 cinquième
15 quinzième
6 sixième
16 seizième
7 septième
17 dix - septième
8 huitième
18 dix - huitième
9 neuvième
19 dix - neuvième
10 dixième
20 vingtième
Pour la troisième fois
Ce deuxième voyage
I numeri frazionari:
1/2 un demi o la moitié
1/5 le cinquième, un cinquième
1/3 le tiers, un tiers
1/6 le sixième, un sixième ecc.
1/4 le quart, un quart
un kilo et demi (1,5 kg)
une heure et demie
un demi - kilo (1/2 kg)
une demi heure
Attenzione: se demi precede il nome resta invariato
13. 35 I moltiplicativi
Le double o deux fois
Le triple
o trois fois
per i successivi si preferirà: quatre fois, cinq fois, six fois, sept fois...
ecc., salvo che per:
cent: le centuple.
Quatre fois cinq vingt (4  5 = 20)
13. 36 Nomi che indicano un numero approssimativo
Solo nei seguenti casi:
8 une huitaine de jours
15 une quinzaine de jours
10 une dizaine de jours
20 une vingtaine de jours
12 une douzaine de jours
30 une trentaine de jours
1000 une millier de jours
Con gli altri numeri si usano le seguenti forme:
environ, à peu près:
Dans six jours environ
Il y avait environ cinq cents
personnes
Dans à peu près huit jours
13. 37 I determinanti interrogativi e/o esclamativi
Singolare
Plurale
Maschile
quel
quels
Femminil
quelle
quelles
e
Quel precede il nome a cui si riferisce la domanda o l’esclamazione.
Di regola, si accorda in genere e numero con il nome:
Dans quelle rue habitez - vous? Quel avion! Quelle belle journée!
L’esclamazione può anche essere espressa con:
La belle journée! (articolo + aggettivo + nome)
L’italiano dirà preferibilmente soprattutto nelle esclamative: In che
via abitate? Che aeroplano! Che bella giornata!
13. 38 Gli aggettivi qualificativi
L’aggettivo qualificativo “qualifica” il nome ed indica una qualità
inerente alla cosa o alla persona di cui si parla.
Une fleur rouge, tra tutti i fiori possibili (si può trattare solo di un
fiore che ha la particolarità di essere rosso).
Le petit enfant (il bimbo si distingue dagli altri perché è piccolo).
Rouge e petit sono chiamati aggettivi attributivi e fanno parte del
gruppo nominale.
Ma nelle frasi: La fleur est rouge, l’enfant est petit, rouge et petit sono
aggettivi predicativi. Non fanno parte del gruppo nominale, ma vi
sono collegati tramite il verbo être.
ATTENZIONE: La qualità può essere espressa in altri modi:
- per mezzo di un complemento del nome: une fleur du jardin
- per mezzo di una proposizione relativa: l’enfant qui mange du
chocolat.
13. 39 Accordo dell’aggettivo qualificativo
L’aggettivo qualificativo si accorda in genere e numero con il nome a
cui si riferisce.
Les petites filles
agg. qualif. Attributivo femm. Plur.
Ces valise sont lourdes agg. predicat. femm. plur.
Attenzione: l’aggettivo riferito a due o più nomi sarà plurale:
La mère et la fille étaient absentes (2 nomi femm.  agg. femm.
plur.)
Le père et la fille étaient absents (1 masch. + 1 femm.  agg. masch.
Plur.)
Attenzione: gli aggettivi di colore si accordano (des feuilles vertes).
Restano invariati se il colore è indicato con un sostantivo (marron,
orange) o forma un aggettivo composto con un altro aggettivo o
nome:
Des chassures marron
Une chemise bleu ciel
Une voiture vert foncé
13. 40 Le marche del genere (maschile / femminile)
Nella lingua scritta il femminile degli aggettivi si forma aggiungendo
una e alla fine dell’aggettivo maschile.
Se l’aggettivo maschile finisce in e, al femminile resta invariato:
utile / utile
Un livre utile
Une chose utile
Se l’aggettivo maschile finisce in è aggiunge regolarmente la marca
del femminile:
tourné / tournée
Il a la tête tournée
Il segno grafico e non fa variare la pronuncia del vocabolo quando
questo termina con una vocale:
joli / jolie
bleu / bleue
Se l’aggettivo termina in consonante muta al maschile, la e del
femminile fa pronunciare questa consonante:
vert / verte
grand / grande
petit / petite
[vr vrt
grã] [grãd]
[pti ptit
13. 41 Cambiamento d’ortografia
Senza variazioni di pronuncia:
- el: naturel / naturelle - bel / belle
cruel / cruelle - nul / nulle
- eil: pareil / pareille
con variazioni di pronuncia:
- et: muet / muette
ATTENZIONE: complet / complète - inquiet / inquiète, secret /
secrète - concret / concrète, discret / discrète
- en: européen / européenne
- ien: ancien / ancienne
- on: bon / bonne
- an: paysan / paysanne
- s: gros / grosse - gras / grasse - bas / basse - épais / épaisse
- il: gentil / gentille
- er: léger / légère
- f: neuf / neuve - actif /active - bref /brève
- eux: hereux / hereuse - joyeux / joyeuse
- x: jaloux / jalouse
- eur: flatteur / flatteuse - trompeur /trompeuse - moquer / moqueuse
ATTENZIONE: blanc / blanche, roux / rousse, favori / favorite, franc
/ franche, doux / douce, frais / fraîche, sec / sèche, long / longue.
13. 42 Casi particolari
Alcuni aggettivi hanno due forme per il maschile e una sola forma per
il femminile:
M: bel
beau
davanti a nome iniziante con
un bel avion
vocale o h muta
un bel homme
F: belle
M: nouvel
nouveau
davanti a nome iniziante con
vocale o h muta
le Nouvel An
F: nouvelle
M: vieil
vieux
davanti a nome iniziante con
vocale o h muta
un vieil ami
F: vieille
M: fol
fou
davanti a nome iniziante con
vocale o h muta
un fol amour
F: folle
13. 43 Le marche del numero (singolare / plurale)
Nella lingua scritta si aggiunge una s alla fine dell’aggettivo
singolare:
un petit garçon / de petits garçons
une femme rousse / des femmes rousses
Questa s non produce alcuna modificazione della pronuncia.
Gli aggettivi che, al singolare, terminano con s o x non variano al
plurale:
un homme hereux / des hommes hereux
un ciel bas / des ciels bas
Gli aggettivi che, al singolare, terminano in eau prendono una x al
plurale:
un jour nouveau / des jours nouveaux
La maggior parte degli aggettivi che, al singolare, terminano in al,
trasformano al in aux al plurale:
un sourir amical / des sourires amicaux
ATTENZIONE: banal, fatal, glacial, naval prendono una s al plurale:
des combats navals
13. 43 Posizione dell’aggettivo qualificativo
Secondo i casi, alcuni aggettivi qualificativi possono trovarsi:
- in genere davanti al nome (anteposti)
- sempre dopo il nome (postposti)
- ora prima ora dopo il nome.
Aggettivi qualificativi che precedono il nome:
Solo pochi aggettivi vengono messi prima del nome in funzione
attributiva. La maggior parte di essi è contenuta nello schema
seguente.
Quando se ne usa più di uno nella stessa frase, si deve rispettare
l’ordine suggerito in tale schema.
Pertanto si dirà: Un bon petit garçon
mentre non si sentirà mai dire: un petit bon garçon.
1
2
3
4
5
Determi
autre
nouveau
mauvais
grand
Altri
nanti
numerali
jeune
faux
petit
aggettivi
cardinali
vieux
bon
o compl.
e
vrai
beau
del
ordinali
joli
NOME
nome
premier
o
deuxièm
proposiz
e
ione
.............
relativa
dernier
nombreu
x
D’autres jolies petites filles
Les premiers vrais beaux jours de l’année
13. 44 Aggettivi qualificativi posti sempre dopo il nome:
Sono:
- gli aggettivi attributivi (indicano una qualità specifica che permette
d’identificare ciò di cui si parla):
une idée originale
des chaussures rouges (tutti gli aggettivi di colore seguono sempre il
nome)
- i participi e gli aggettivi verbali:
un verre cassé
un journal intéressant
nos salutations distinguées
In italiano l’aggettivo verbale e quello derivato dal participio passato
possono precedere il nome: ... i nostri distinti saluti.
13. 45 Aggettivi qualificativi posti ora prima ora dopo il nome
Molti aggettivi qualificativi che di solito seguono il nome possono
talvalta precederlo. In questo caso il loro significato tende a fondersi
con quello del nome ed aggiunge di solito a quest’ultimo un valore
più morale che fisico:
un bonhomme affreux (molto brutto) un affreux bonhomme (terrible,
inquietante).
L’aggettivo precede il nome in alcune frasi fatte:
à plat ventre
faire la sourde oreille.
13. 46 Alcuni aggettivi cambiano significato secondo che precedono
o seguono il nome:
un brave homme (bon, honnête)
un homme brave (courageux)
un certain livre (un livre particulier) une nouvelle certaine (sûre)
mon cher livre (aimé)
le dernier mois de l’année (le 12e)
un livre cher (coûteux)
le mois dernier (celui d’avant)
un dur métier (fatigant)
un metal dur ( mou)
un grand homme (important)
un homme grand (par la taille)
ma propre chemise (bien à moi)
ma chemise propre ( sale)
une simple question (une question seulement) une question simple
(sans problème)
un petit homme (sans idéaux) un homme petit (par la taille)
13. 47 Il comparativo
Si parla di comparativo quando la qualità espressa dall’aggettivo
mette a confronto due o più cose o persone.
Se l’aggettivo esprime il valore massimo di una persona o cosa
rispetto a tutto il gruppo di cui fa parte si ha il superlativo relativo.
Maggioranza
COMPARATIVO
SUPERLATIVO
plus grand que...
le plus grand (de, du, de la, des)
la plus grande (de, du, de la, des)
les plus grand (e) s (de, du, de la, des)
Minoranza
moins grand que...
le moins grand (de, du, de la, des)
la moins grande (de, du, de la, des)
les moins grand (e) s (de, du, de la, des)
Uguaglianza
aussi grand que...
Nel comparativo di qualità il paragone fa perno sull’aggettivo:
Pierre est aussi grand que son frère
Pierre est aussi grand que gros
Comparativo di qualità
plus (aggettivo)... que...
(aggettivo)
aussi (aggettivo)... que...
moins (aggettivo)... que...
Il paragone può imperniarsi però anche su un nome o su un verbo:
plus de (nome)... que...
Comparativo di qualità
autant de (nome)... que...
moins de (nome)... que...
Pierre a autant d’argent que son frère
ATTENZIONE: plus de (nome)... que de (nome)...
autant de (nome)... que de (nome)...
moins de (nome)... que de (nome)...
Pierre a autant d’argent que de bonne volonté
Comparativo d’azione
(verbo)
plus que...
autant que...
moins que...
Pierre travaille autant que son frère
Anche in italiano, nel comparativo d’azione i due elementi
comparativi si riuniscono (più di = plus de).
Autant si usa solo con i nomi ed i verbi, mentre con gli aggettivi si
deve usare aussi.
Attenzione: Tanto (i), in italiano può essere
aggettivi che con i nomi ed i verbi.
usato sia con gli
Il secondo termine di paragone è sempre introdotto da que (o da que
de).
ATTENZIONE: Si useranno plus de, moins de se questi sono seguiti
da un numero (in questo caso infatti hanno perduto il valore
comparativo e si usano come avverbi di quantità).
Il a gagné plus de dix mille francs
In italiano, il secondo termine di paragone può essere introdotto
variamente (più...di, tanto...quanto, così...come) o può limitarsi ad un
solo elemento: come: E’ ricco come te. Queste differenze tra le due
lingue sono fonte di frequenti errori.
Superlativo relativo:
Di solito l’aggettivo è posto dopo il nome, ma deve sempre essere
preceduto dall’articolo (le, la, les) che si accorda in genere e numero
con il nome a cui il superlativo si riferisce.
C’est le journal le plus intéressant
Ce sont les journaux les plus lus
In italiano il superlativo relativo si può presentare in due forme:
E’ il giornale più interessante (senza articolo)
E’ il più interessante giornale
Attenzione: Comparativi e superlativi irregolari:
bon
mauvais
meilleur (e)
pire
le (la) meilleur (e)
le (la) pire
petit
(o plus mauvais(e) que)
(le (la) plus mauvais(e))
moidre
le (la) moindre
(o plus petit(e) que)
(le (la) plus petit(e))
13. 48 Usi particolari del comparativo e del superlativo
Se più comparativi o superlativi si susseguono si deve ripetere: plus,
moins, aussi, le plus, le moins davanti ad ogni aggettivo:
Rien n’est plus simple, plus facile, plus agréable à la fois
ATTENZIONE: alcuni avverbi possono rafforzare il comparativo:
bien, beaucoup, de beaucoup:
Sa femme est plus âgée que lui
Sa femme est bien plus âgée que
lui
Elle est la plus âgée
Elle est de beaucoup la plus âgée
13. 49 Forme irregolari
supérieur = plus haut
Il habite à l’étage supérieur
inférieur = plus bas
Cet article est de qualité trés inférieure
Attenzione:
majeur = plus grand
La majeure partie des gens présents
Il est majeur = il a plus de 18 ans (è maggiorenne)
mineur = plus petit
Des oevres mineures
Il est mineur = il n’a pas encore 18 ans (è minorenne)
Le Lac Majeur, l’Asie Mineure (nomi geografici)
Maggiore non corrisponde a majeure: E’ il maggiore (il primogenito)
= Il est l’ainé.
E’ maggiore di lui (età) = Il est plus âgé que lui
E’ maggiore di lui (statura) = Il est plus grand que lui
Ha maggiori possibilità = Il a plus de chances
Lo stesso accade per minore.
E’ il minore (ultimogenito) = Il est le cadet
E’ minore di lui (età) = Il est moins âgé que lui
E’ minore di lui (statura) = Il est moins grand que lui
Ha minori possibilità = Il a moins de chances
13. 50 Il superlativo assoluto
Per esprimere il grado assoluto dell’aggettivo è sufficiente farlo
precedere da avverbi di intensità come:
très, fort, bien, tout à fait, extrêmement...ecc.
très
fort
Il est
bien
beau
tout à fait
extrêmement
In italiano, il superlativo assoluto, oltre alle forme comuni in - issimo
o con l’avverbio molto + aggettivo, si ottiene anche, ma più
raramente, con assai + agg. : E’ assai bello. Attenzione a non tradurlo
con assez, che in francese ha altro significato:
C’est assez difficile = E’ abbastanza difficile
Il superlativo assoluto si può anche esprimere usando:
- alcuni prefissi: extra, sur, super, archi, ultra:
C’est surfait!
C’est archifaux!
C’est super - extra! (linguaggio familiare)
- il suffisso - issime (ma molto raramente):
Un objet rarissime
Un prince richissime
- le espressioni: comme tout, comme pas un:
C’est simple comme tout
Il est menteur comme pas un
- le forme: on ne peut plus, tout ce qu’il y a de plus
C’est on ne peut plus vrai
C’est tout ce qu’il y a de plus vrai
13. 51 I pronomi
Un pronome è una parola che può sostituire un gruppo nominale. Di
solito sostituisce un nome determinato:
Donnez - moi aussi des oeufs - Bien, je les mets dans votre sac
Achète donc du jus d’orange - Je ne bois que ça
Ma chambre est grande - La sienne est grande aussi
Aucun ami n’est venu? - Non, personne n’est venu
Si tu trouves des pommess, achètes - en un kilo
Le parole in grassetto sostituiscono rispettivamente les oeufs, du jus
d’orange, sa chambre, aucun ami, des pommes, ossia dei gruppi
nominali contenenti un nome determinato. I pronomi possono
esprimere tutte le funzioni grammaticali del nome (soggetto, compl.
oggetto, compl. indiretto).
Alcuni pronomi possono anche sostituire: un aggettivo
Il est vraiment gran? Mais oui, il l’est
- un altro pronome:
Les siens sont beaux. Je les ai vus
- un gruppo di parole:
Danser toute la nuit, ça ne se fait pas
13. 52 I pronomi personali
pronomi uniti al verbo forme deboli (atone)
persona
soggetto
sing. 1ª
sing. 2ª
plur. 1ª
plur. 2ª
sing. 3ª
je
tu
maschile
compl. oggetto e di termine
prima del
dopo
il
verbo
verbo
me, m’
- moi
te, t’
- toi
nous
vous
complemento
(sia prima sia dopo il verbo)
compl.
compl. di
oggetto
termine
pronomi
separati dal
verbo
forme forti
(toniche)
moi
toi
femminile
I pronomi personali prendono le marche del genere e del numero dei
gruppi nominali che sostituiscono.
Attenzione: lui e leur valgono sia per il maschile che per il femminile:
J’appelle Hélène et je lui parle au téléphone
Je connais ce garçon; je lui parle souvent
leur è invariabile anche se riferito a nome plurale.
J’ai rencontré Hélène et Monique et je leur ai parlé
Il pronome personale complemento di termine ha in italiano due
forme distnte: una per il maschile ed una per il femminile:
Chiamo Elena e le parlo al telefono
Conosco quel ragazzo e gli parlo spesso
ATTENZIONE: Vous (2ª pers. plur.) è usato, nella forma di cortesia,
per indicare una sola persona.
Que faites vous aujourd’hui? - Je travaille
Est - ce que vous êtes prête? (in questo caso anche l’attributo è al
singolare).
In italiano per la forma di cortesia si usa “lei” + verbo alla terza
persona singolare: Che fa lei oggi? - Lavoro
E’ pronta?
13. 53 La forma del pronome può variare secondo che questo è unito
direttamente al verbo o ne è separato.
- pronomi uniti al verbo (forme deboli) (vedi schema precedente)
Tu ne me parles pas?
Parle - moi! (posti subito
(posto subito prima del verbo)
Dis - le - leur dopo il verbo)
- pronomi separati dal verbo:
Sono le forme forti (toniche) dei pronomi che si usano:
- se il pronome è preceduto da preposizione (compl. indiretto), se una
pausa lo separa dal resto della frase (soggetto) o se è seguito da un
infinito:
Je les ai entendus venir derrière
Eux, ils ne nous ont rien dit
Moi, faire cela?
- nella forma di insistenza: c’est...qui, c’est...que
C’est toi qui l’as dit.
- per attirare l’attenzione su due atteggiamenti contrastanti:
Moi, je parle et toi, tu n’écoutes pas
- quando ci sono più soggetti pronomi
Toi et lui, vous ne comprenez rien
- in una risposta (senza verbo coniugato) che riprende (frase eco) il
concetto della frase precedente.
J’aime les gâteaux - Moi aussi
Je ne veux pas partir - Moi non plus
Qui vient avec nous? - Moi
In italiano:
a) il tono della voce è sufficiente per sottolineare il contrasto:
Io, parlo e tu, non mi ascolti
b) non si introduce un terzo pronome riassuntivo dei primi due:
Tu e lui non capite nulla.
13. 54 I pronomi personali soggetti
Il pronome personale soggetto è un mezzo per indicare la persona,
soggetto del verbo. E’ obbligatorio esprimere il pronome soggetto.
Infatti, siccome un verbo come chanter al presente indicativo ha solo
cinque forme scritte diverse (chante, chantes, chantons, chantez,
chantent) e addirittura solo tre forme distinguibili tra loro all’orale, è
unicamente attraverso il pronome soggetto espresso che è possibile
conoscere la persona che agisce (ed il genere del soggetto alla 3ª
persona).
Il chante
Elles chantent
In italiano è spesso superfluo esprimere il soggetto, dato che le varie
persone hanno desinenze diverse: Canto, canta, cantano.
ATTENZIONE: il pronome soggetto precede immediatamente il
verbo
Tra il pronome soggetto ed il verbo coniugato possono inserirsi solo:
ne negativo e/o i pronomi personali complementi atoni (forme
deboli), y e en compresi.
Je ne sais pas. Je ne le sais pas. J’en veux, J’y vais
- On è un pronome soggetto indefinito che si usa sempre seguito da
un verbo alla 3ª persona singolare.
On a vu de beaux tableaux au Louvre
On può indicare qualsiasi persona, secondo la situazione.
On dit souvent des mensonges (= Les gens disent...)
On a faim (= Ces personnes ont faim / Nous avons faim)
Alors, on se promène aujourd’hui? (= Tu te promènes / Vous vous
promenez)
Si richiede una strurrura completamente diversa, in italiano.
Si sono visti dei bei quadri
Se però sostituiamo il si con l’uomo, la gente, si ottiene una struttura
uguale a quella francese: La gente ha visto molti...
e cioè: variazione dell’ausiliare (essere  avere) verbo alla 3ª persona
singolare.
On dit qu’il fera froid cet hiver (0 Quelqu’un dit.../ Des gens disent...)
Attenzione: On a fermè la porte (e non Ils ont fermé la porte, se non si
sa esattamente chi compie l’azione).
In italiano è molto frequente la 3ª persona plurale: hanno chiuso la
porta.
Se e soi sono i pronomi complementi da usare riferiti a on
On se souvient de vous
On a toujours besoin d’un plus petit que soi
- Il è il soggetto impersonale per i verbi mancanti di soggetto esplicito
(tale soggetto non rimanda né ad una persona né ad una cosa precisa).
Il est arrivé des touristes. Il est cinq heures. Il reste du gâteau. Il faut,
il pleut, il fait froid, il est tard...
La frase italiana, nei casi paralleli, inizia col verbo senza soggetto e
alla terza persona singolare o plurale, secondo il numero del nome a
cui si riferisce: Sono arrivati dei turisti. Sono le cinque. Resta un po’
di torta.
13. 55 La costruzione base del francese è:
soggetto + verbo + compl. oggetto + altri compl.
La costruzione: verbo + pronome personale soggetto viene chiamata
inversione.
Si fa l’inversione:
- nelle interrogative dirette: Que dites - vous? Où va - t - elle?
- in talune forme esclamative: Est - elle bête!
- con i verbi incidentali in un discorso diretto: Oui, dit - il, je suis là.
Se il verbo è alla forma composta, l’inversione si fa all’ausiliare, ossia
sulla forma coniugata del nucleo verbale:
Qu’avez - vous dit?
Où est - elle allée?
Attenzione: se la desinenza del verbo alla 3ª pers. sing., non finisce
con - t o - d, tra il verbo ed il soggetto si deve inserire una -t eufonica:
Parle - t - il?
- Altra forma d’inversione è quella del doppio soggetto (o pronom de
reprise).
Si presenta così:
soggetto sostantivo + verbo + soggetto di richiamo.
Si ricorre a questa forma quando il soggetto è un nome proprio o
comune:
Tes amis sont - ils partis?
Pourquoi ta soeur ne va - t - elle pas lui parler?
Attenzione: Se la frase però inizia con un aggettivo o avverbio
interrogativo (salvo pourquoi) anche il soggetto sostantivo si sposta
dopo il verbo. (vedi interrogative di secondo tipo): Où sont allés tes
amis?
13. 56 Pronomi personali riflessivi
- Questo pronome si riferisce sempre alla persona che è soggetto del
verbo:
Tu te lèves?
Ils se promènent
Vous vous en servez.
Il pronome riflessivo ha forme sue proprie solo alla 3ª persona:
- forma debole (atona) se per il complemento oggetto e per il compl.
di termine
- forma forte (tonica) soi per i complementi separati dal verbo e
preceduti da preposizione.
Attenzione: per le altre persone si usano i pronomi personali
complementi della 2ª e 3ª colonna dello specchietto precedente:
Nous nous levons tôt.
Tu te lèves tard
Il pronome riflessivo non tollera complementi indiretti davanti al
verbo. Questi dovranno essere posti dopo il verbo, preceduti da
appropriata preposizione:
Il s’est approché de lui
Quand il se présente devant moi...
L’italiano accetta sia il doppio pronome davanti al verbo, sia la
struttura parallela a quella francese:
Si è avvicinato a lui / Gli si è avvicinato
13. 57 Uso di soi, lui, eux / elle, elles
pronome
pronome soggetto
esempi
indefiniti singolari:
Chacun pour soi
on, personne, chacun,
On a souvent besoin d’un plus
ceci,
petit que soi. Cela va de soi.
riflessivo
soi
cela,
ça,
quiconque, tout
Lui,
eux,
elles, se.
elle,
Il, ils, elle, elles
La plupart ne pensent qu’à eux.
+ indefiniti plurali:
Elles se regardent dans la glace.
plusieurs, la plupart
In italiano si usa sempre sé: Ognuno per sé.
La maggior parte pensa a sé
13. 58 I pronomi personali complementi
- complemento oggetto:
me / m’, te / t’, lui, nous, vous, le, la / l’, les
- complemento di termine:
me / m’, te / t’, lui, nous, vous, leur
lui e leur valgono sia per il maschile che per il femminile
J’appelle Hélène et je lui parle au téléphone
Je connais ce garçon; je lui parle souvent
leur è invariabile anche se riferito a nome plurale:
J’ai rencontré Hélène et Monique et je leur ai parlé
Questi pronomi si possono usare anche davanti a voicì e voilà.
Tu viens? - Oui, me voilà.
Le fa pure funzione di pronome neutro, equivale a cela e può
sostituire un intero gruppo o una frase:
Tu n’es pas contente, je le vois (= Je vois que tu n’es pas contente)
Il se déplacera s’il le faut (= s’il faut qu’il se déplace)
Lo in funzione di pronome neutro è più raro in italiano: Si sposterà, se
occorre.
13. 59 Y e i complementi che si costruiscono con la prep. à
- Quando il complemento introdotto da à è un nome di persona (e
talvolta di animale) si può usare sia il pronome lui, leur, sia à lui, à
elle, à eux, à elles, secondo il verbo.
- Se il complemento introdotto da à è un nome di animale o di cosa, lo
si sostituisce col pronome y:
Je pense à mes amis
Je pense à eux
Vous ressemblez à votre frère
Vous lui ressemblez
Elle s’adapte à sa nouvelle vie
Elle s’y adapte
Verbi che reggono la preposizione à:
Compl. indiretto
s’attaquer à, faire attention à, s’habituer à,
animato o
s’opposer à, penser à, s’interesser à
inanimato
Compl. indiretto
assister à, croire à, se décider à, jouer à, se mettre
à
solo inanimato
prendre part à, se préparer à, réfléchir à, travailler
à
faire face à...
Ils font face à ce nouveau problème
Ils y font face
Attenzione: con alcuni verbi che normalmente
reggono la
preposizione à si usa però lui, leur (senza à) quando reggono:
Compl. indiretto
animato o
échapper à, resister à
inanimato
Compl. indiretto
faire mal à, faire peure à, rendre service à, rendre
solo animato
visite à.
Vous faites peur à ces enfants
Vous leur faites peur
13. 60 En e i complementi introdotti da de
- Quando il complemento introdotto da de è un nome di persona si
usa: de lui, d’elle, d’eux, d’elles
- se il complemento è un nome d’animale o un inanimato si usa en:
Elle se moque de son ami
Elle se moque de lui
Il se plaint du froid
Il s’en plaint
Verbi che reggono:
Compl. indiretto
avoir assez de, se charger de, se contenter de,
se
animato o
inanimato
débarrassez de, discuter de, (se) douter de, se
moquer de, se passer de, avoir peur de, profiter
de, servir de, se souvenir de.
Compl. indiretto
s’apercevoir de, avoir envie de, avoir
l’habitude
inanimato
de, jouer de, se rendre compte de
Attenzione: Se il complemento è rappresentato da un infinito, il suo
pronome complemento è le o l’:
Il a décidé de partir
Il l’a décidé
Altri verbi che accettano la stessa costruzione:
accepter de, défendre de, demander de, éviter de, mériter de, ordonner
de, oublier de permettre de, promettre de, proposer de.
Attenzione: certi verbi non tollerano il pronome complemento:
s’arrêter de, commencer de, finir de, choisir de, se dépêcher de, avoir
raison / tort de.
Tu continues de jouer? - Oui, je continue.
13. 61 Se un complemento oggetto è preceduto da una indicazione
della quantità (partitivo), si sostituisce con:...en + verbo + indicazione
della quantità:
Tu as acheté des oeufs? - Oui, j’en ai acheté six.
La stessa regola vale anche per i nomi non numerabili:
Tu as portè du beurre? - Oui, j’en ai porté (une livre).
E’ errato sostituire “des oeufs” e “du beurre” con les, le.
Attenzione se la frse è negativa, non deve mai apparire l’indicazione
della quantità (si tratta infatti di quantità 0).
Jean a une voiture. Moi, je n’en ai pas
Tu veux du lait? - Non, je n’en veux pas
Attenzione: Si usa en in espressioni come:
s’en aller, en vouloir a quelqu’un, s’en faire (= se faire du souci).
Il s’en va. Ne t’en fais pas.
13. 62 Posizione dei pronomi personali complementi
Il pronome personale complemento (compl. oggetto e compl. di
termine - vedi specchietto) in genere precede il verbo.
Y e en seguono la stessa costruzione:
N’en prenez pas
Je ne le leur ai jamais dit.
Nous y allons
In italiano, il pron. Pers. compl. di termine può sia precedere il verbo
coniugato, sia seguirlo (ed il pronome sarà preceduto da a). Loro
segue sempre il verbo: Quando mi parla... / Quando parla a me... /
Egli parla a loro.
In francese deve sempre precederlo: Quand il me parle... / Il leur
parle.
Ordine di precedenza in cui devono essere posti i pronomi personali
complementi, se nella stessa frase davanti al verbo ce ne sono due:
Gli accoppiamenti 1 - 3 e 3 - 4 sono inaccettabili.
Je les leur ai vite données
4 e 5 si trovano uniti solo nell’espressione il y en a
Vous m’en enverrez
me (m’)
te (t’)
le
se (s’)
la
l’
nous
lui
y
en
leur
vous
les
se (s’)
1
2
3
4
Non vi possono essere più di due pronomi consecutivi
5
Nous porterons ces lettres à mes parents pour M.Ledoux
Vous les leur porterons pour M.Ledoux
Vous avez porté ces paquets à la maison
Vous les y avez portés
ATTENZIONE: Tu le lui envoies tout de suite
- Se i pronomi pers. compl. sono preceduti da preposizione (pour, sur,
avec...) la loro posizione può variare. Possono trovarsi all’inizio della
frase (prima del gruppo nominale) o dopo il verbo + compl. oggetto.
Avec lui, il n’y a pas de danger
Je l’ai fait pour toi (J’ai fait ce travail pour toi).
La diversa costruzione tra le due lingue genere ha frequenti errori.
Glielo  le lui: Glielo mandi subito  Tu le lui envoies tout de suite.
Se il verbo è all’infinito, il pronome personale complemento lo
precede:
Il a dit de le donner à ce monsieur.
Se il verbo è composto (ausiliare + part. passato), il pronome
personale complemento precede l’ausiliare:
Il leur a recommandé de rentrer à l’heure
- Se il verbo è coniugato con devoir, pouvoir, vouloir... il pronome
personale precede l’ausiliare:
Je dois lui parler
- Se vi sono più verbi, in frasi coordinate, il pronome personale
complemento deve essere ripetuto davanti ad ogni verbo:
Il me parle et me dit que...
- Se nella stessa frase ci sono 2 pron. Pers. complemento oggetto (o 2
compl. di termine), essendo impossibile metterli entrambi davanti al
verbo, si riassumono con nous o vous, e i due pron. Pers. seguiranno
poi il verbo:
Il nous a vus, toi et moi
Je vous écrirai, à toi et moi
In italiano:
- il pronome personale segue l’infinito:
Ha detto di darlo a...
Il a dit de le donner à...
- il pron. Pers. può sia precedere il verbo servile, sia seguire l’infinito:
Gli devo parlare
Je dois lui parler
Devo parlargli
- niente pronome riassuntivo:
Ha visto te e me
Il nous a vus, toi et moi
13. 63 Se il verbo è all’imperativo affermativo, i pronomi personali
complementi lo seguono. Se vi sono contemporaneamente due
pronomi personali (compl. oggetto e di termine) si metteranno
nell’ordine indicato nei seguenti schemi:
- le
- moi
- m’
- la
- les
- toi
- t’
- nous
- nous
- vous
- vous
- lui
- lui
- leur
- leur
Donnez - les - nous
- en
-y
usato solo
Portez - leur - en
Vas - y
Attenzione:
- tra il verbo e i pronomi personali che lo seguono ci deve essere il
trattino d’unione.
- i pronomi me e te, spostandosi dopo il verbo, si trasformano in moi e
toi:
Tu me parle  Parle - moi
- non si dirà mai Rendez - vous - y, ma piuttosto: Rendez - vous là bas.
- Eccezionalmente, per ragioni eufoniche, la desinenza della 2ª pers.
sing. dei verbi del 1° gruppo finisce con s all’imperativo, quando
questo è seguito da y o en:
Parles - en à ton ami
Portes - y Nadine
In italiano i pron. pers. compl. seguono il verbo non solo alla forma
imperativa affermativa, ma anche alla forma imperativa negativa:
Parlami. Non parlarmi.
In francese all’imperativo neg. Segue la regola generale:
Ne me parle pas
I pronomi indefiniti
13. 64 Pronomi indefiniti che indicano la quantità
pronome indefinito
soggetto
aucun (e)
Aucune d’elles ne
pas un (e)
personne (per le persone)
rien (per le cose)
Quantità 0: Aucun (e), pas un (e), personne (per le persone), rien (per
le cose). Possono essere usati come:
- soggetto: Aucune d’elles ne parle
Personne ne viendra
Rien n’a changé
- compl. oggetto: Je n’en ai pris aucun
Je n’ai vu personne
Je ne sais rien
- compl. di termine: Ca n’appartient à aucun d’entre nous
Je n’ai rien à dire à personne
Ca ne change rien à rien
Attenzione: Aucun (e), personne, rien, pas un soggetti di una frase
esigono sempre ne prima del verbo coniugato (vedi ne... que...)
Personne ne viendra
Rien n’est plus intéressant que cela
Personne
+ de + aggettivo
Rien
Personne d’autre
Rien de nouveau.
In italiano invece una negazione è sufficiente:
Nessuno verrà
- Personne = negazione totale riferita a persone
- Aucun (e) = negazione totale riferita a cose
negazione ristretta ad un gruppo di persone
Il n’y a personne dans la rue (= la rue est vide)
Il n’y a aucun de mes amis dans la rue (= la rue n’est pas vide; il y a
d’autres gens).
J’ai des livres, mais je n’en lis aucun
Quantità uno: (l’) un (e), quelqu’un, quelque chose
Esempi: Ce sac est à l’un de vous
Quelqu’un me l’a dit
A quelque chose malheur est bon
Quantità due o più: certains, plusieurs, autres
Esempi: Certains pensent aux conséquences de leurs actes (= Il y en a
qui pensent...)
Combien de livres avez - vous achetés? J’en acheté plusieurs. J’en ai
d’autres.
Quantità totalità: tout / toute
tous / toutes
tout le monde
Esempi: Prenez tout si vous voulez
Jouer le tout pour le tout
Elles sont toutes venues
Tout le monde peut entrer
Quantità parti di un insieme considerate singolarmente: chacun (e)
Esempi: A chacun sa vérité
Il y a un cadeau pour chacune
- la totalità può essere espressa da tous (se ci si riferisce ad un nome
già citato) o da tout le monde (se non si indicano persone ben
individuabili):
Tout le monde en parle (= on ne sait pas exactement qui
parle)
J’ai invité des ami; ils arriveront tous à cinq heures (tous mes
amis)
Anche in questo caso l’italiano ha una forma unica: tutti + verbo alla
3ª pers. plurale: Tutti ne parlano
Attenzione: Tout le monde + verbo alla 3ª persona singolare
Tous + verbo alla 3ª pers. plurale (Non si trova mai
all’inizio di un discorso. La “s” finale è sonora).
- Quelqu’un è variabile: Quelqu’un  quelques - uns
Quelqu’une  quelques - unes
- Autres, sia aggettivo che pronome indefinito:
- se è usato in senso partitivo sarà preceduto da d’ :
J’ai d’autres problèmes
J’en ai d’autres
- se è complemento di specificazione, sarà preceduto da des:
Pense aussi aux difficultés des autres!
Pense aussi aux difficultés des autres élèves!
In italiano, altri, aggettivo o pronome, partitivo o compl. di
specificazione è sempre preceduto da degli (sottinteso spesso se il
senso è partitivo).
Ho degli altri problemi.
Ne ho degli altri.
Pensa alle difficoltà degli altri!
13. 65 I pronomi indefiniti che permettono l’identificazione.
Possono indicare:
- identità: le (s) même con valore di pronome
Leurs problèmes sont toujours les mêmes
Quel programme as - tu regardé? Le même qu’hier
pronome personale + même (s):
Il te le dira lui - même
Faites - le vous - même
- diversità: l’un
l’une
l’autre
les uns
les unes
les autres
Vous n’aimez pas ce livre, alors lisez l’autre
L’un parle de sport, l’autre de politique
Aimez - vous les uns les autres
- determinazione imprecisa: quoi que ce soit
quoi que ce soit
quiconque
qui
n’importe quoi
le quel
Quoi que ce soit que vous fassiez, ce sera bien.
Il ne faut pas le dire à qui que ce soit.
Quiconque le demandera pourra l’obtenir
N’importe qui peut faire çà (= tout le monde)
J’achèterai n’importe lequel
Quiconque (= chiunque) si usa se in relazione con 2 verbi, come nei
due casi seguenti: Quiconque le demandera pourra l’obtenir
(quiconque = sogg. di due verbi).
Attenzione: I due verbi retti da quiconque saranno sempre allo stesso
modo e allo stesso tempo. E’ il tempo della frase secondaria che si
adegua al tempo della principale: Quiconque le saurait, devrait le dire.
- Ce livre sera envoyé à quiconque le demandera (quiconque = compl.
di un verbo e soggetto dell’altro).
Spesso, in italiano, i due verbi retti da “chiunque” appartengono a
modi e tempi diversi: Chiunque lo domandi, lo potrà ottenere
Chiunque lo sapesse, dovrebbe dirlo.
Le frasi negative non rispettano la regola generale:
Ne parlez pas de cette histoire à quiconque.
Comunque quiconque si usa di rado; i concetti delle frasi precedenti
sarebbero più comunemente espressi come segue:
Tous ceux qui le demanderont pourront l’obtenir
Ce livre sera enviyez à tous ceux qui le demanderont
Attenzione: Non si confonda: quoi que ce soit = qualunque cosa (per
le cose) con qui que ce soit = chiunque (per le persone).
13. 66 I pronomi dimostrativi
Si dividono in:
semplici: maschile singolare: celui
maschile plurale: ceux
femminile singolare: celle
femminile plurale: celles
composti: maschile singolare: celui - ci / celui - là
maschile plurale: ceux - ci / ceux - là
femminile singolare: celle - ci / celle - là
femminile plurale: celles - ci / celles - là
- forme invariabili:
singolare: ce
plurale: ceci
cela, ça
I pronomi dimostrativi semplici si usano solo se seguiti da:
- de + gruppo nominale:
Jean a porté la table. - Celle de la cuisine? - Non celle de la salle à
manger
- pronome relativo (qui, que, à qui, où...) + preposizione (vedi
pronomi relativi):
Donne - moi le livre. Lequel? Celui qui est sur la
table.
Attenzione: Non mettete mai un aggettivo dopo un pronome
dimostrativo.
Sostituite il pronome dimostrativo con l’articolo:
Quel livre veux - tu? Le rouge?
con un giro di parole:
Celui qui est tombé .....= quello caduto
In italiano, il pronome dimostrativo si usa normalmente davanti agli
aggettivi: quello rosso?
Attenzione: Non si confonda: celle = pronome (questa, quella)
con
cette o aggettivo (questa, quella)
L’italiano distingue il vicino dal lontano con la diversa consonante (t o l)
all’interno del pronome e dell’aggettivo dimostrativo. Il francese ottiene
invece la distinzione con l’aggiunta di - ci e - là.
- I pronomi dimostrativi composti si usano per:
- indicare persone o oggetti:
vicini: - si usa il pronome seguito da - ci (=ici)
lontani: - si usa il pronome seguito da - là (=là - bas)
Serve anche per rifiutare qualcosa o allontanarla dalle proprie
preoccupazioni: Qu’est - ce qu’il veut encore, celui - là?
- per mettere in opposizione due persone o cose che si stanno indicando:
Quel gâteaux est - ce que tu préfères?
Celui - ci ou celui - là?
Attenzione: Mai due aggettivi dimostrativi davanti a un nome (vedi
determinanti del nome) Si accetta invece un aggettivo e un pronome:
Ce livre - ci et celui - là parlet de la France
L’italiano ammette le due strutture: Questo libro e quello
Questo e quel libro (ossia due aggettivi
dimostrativi davanti al nome)
13.67 Uso di ceci - cela - ça
- Ceci, cela = questo, quello (neutri, sostituibili da “ciò”)
Ceci est vrai, cela est faux
- Ça sostituisce abitualmente cela nel francese parlato:
Comment ça va?
A part ça, quoi de neuf?
Ça m’est égal.
Ça ne se dit pas
Allons à la campagne. - Ça, c’est une excellent idée
Tu penses qu’on a un examen à passer? - Je ne pense qu’a ça
13.68 Uso di ce:
- se seguito da un pronome relativo (qui, que, dont.....):
Ce que j’aime le plus en elle, c’est sa gentilesse
Ce qui m’ennui, c’est de ne pas savoir la vérité
Ce que je veux c’est qu’elle arrive tout de suit
Ce qui
nome
+ verbo + c’est + de + infinito
Ce que
que + verbo coniugato
Attenzione:
invece
Ce qui
+ verbo + est + aggetivo
Ce que
Ce que tu dis est incompréhensible
- se seguito dal verbo être (est, sera, serait....):
per mettere in risalto un nome o un gruppo nominale o preposizionale:
C’est mon ami
In italiano invece, la frase inizia direttamente col verbo: è, ora, sarà...
Non c’è alcun prenome soggetto iniziale
C’est
la jeune femme
(soggetto)
vous
la piéce (c.
oggetto)
aujourd’hui
à lui
pour elle
avec plaisir
en France
est sortie
qui
que
que
le dites
vous avez vue
Je arrive
tu l’as donnè
vous l’avait fait
j’irai vous voir
je passerai mes
vacances
In alcuni casi, il verbo être deve essere preceduto da il anziché da ce:
nomi di:
- professioni
- nazionalità
- religioni
Il est
+aggettivo
o
+nome
invece
nomi propri
pronomi
c’est
+determinante
+nome
Il est anglais
elle est anglaise
il est protestant
Il est médecin
Il est cuisinier
C’est
un
Anglais (c’est
une...)
que j’ai connu
(e) à Londres
C’est le frère de
Sylvie
C’est
notre
médecin
C’est
ce
cuisinier qui a
inventè ce gâteu
il est
C’est
C’est Jean (Qui
est-ce?)
C’est Madame
Meunier
C’est
elle(Lequel estce)
C’est celui que
j’ai vendu
ce qui
ce que
Avverbi
quantità
Avverbi
tempo
il est
di
di
c’est
C’est ce qui
l’inquiète
C’est ce que
vous
m’aviez
montré.
c’est
c’est
assez.
C’est trop. C’est
beaucoup.
Il est tard. Il est
tôt. Il était une
fois...
C’était
hier.
C’est
aujourd’hui.
C’est lundi.
Il
est
cinq
heures
Tiens!
C’est
midi!
Il est grand, le
château.
Elle est haute, la
tour Eiffel.
Il est inutile de
protester.
Il est inutile que
tu pleures.
Versailles, c’est
grand.
La tour Eiffel,
c’est haut.
Protester, c’est
inutile.
il est
il est
c’est
Ore
il est
c’est
Aggettivi
il est + de +
infinito
+ que + verbo
coniugato
C’est
Si usa la stessa costruzione se, anziché être, il verbo è devoir être o
pouvoir être: C’est Pierre - Ce doit être Pierre
13. 69 I pronomi possessivi
masch
1ª pers.
femm.
masch
2ª pers.
femm.
masch
3ª pers.
femm.
Un solo possessore
un solo
più oggetti
oggetto
le mien
les miens
la mienne
le tien
les miennes
les tiens
la tienne
le sien
les tiennes
les siens
la sienne
les siennes
più possessori
un solo
più oggetti
oggetto
le (la) nôtre
les nôtres
le (la) vôtre
les vôtres
le (la) leur
les leurs
Il pronome possessivo è sempre preceduto dall’articolo.
Ma voiture est là. Où est la tienne?
Nous avons plusieurs vélos. En fait nous avons chacun le nôtre.
A qui sont ces cartes? - Ce sont les miennes (= elles sont à moi)
Attenzione: Due aggettivi possessivi non possono precedere lo stesso
nome (vedi incompatibilità dei determinanti). Il secondo possessivo in
francese si presenta sotto forma di pronome e segue il verbo:
Ma voiture et la sienne se trouvent là - bas.
L’italiano, invece, ammette entrambe le strutture: La mia e la sua
auto... La mia auto e la sua....
13. 70 I pronomi interrogativi
Quando si vuole interrogare, si usa il pronome qui per le persone e
que o quoi per le cose.
soggetto
compl. oggetto
complementi
persone
qui
qui
de
sur
cose
...................
que
de
sur
indiretti
à
qui
pour
ecc.
à
pour
ecc.
quoi
- Qui est venu? Qui as - tu vu?
Qui soggetto è sempre seguito da un verbo al singolare.
- Que se passe - t - il?
All’inizio della frase interrogativa, per le cose, si usa sempre que.
Fa eccezione:
Quoi de neuf? (Quoi + de + aggettivo)
(vedi frasi interrogative)
- Quoi si usa in inizio di frase (interrogativa diretta o indiretta)
quando è preceduto da preposizione:
De quoi parlent - ils? A quoi est - ce que ça sert?
soggetto
compl. oggetto
persone
Qui est - ce qui...
Qui est - ce que...
cose
Qui est - ce qui...
Qu’est - ce que...
I pronomi di questo schema sono usati più spesso delle forme brevi
qui e que.
Attenzione: Qu’est - ce qui tombe? È l’unica forma possibile per il
soggetto riferito a cosa.
Que tombe? Non è accettabile in francese.
- Que, qu’est - ce qui e qu’est - ce que nelle frasi interrogative
indirette si trasformano in ce qui (soggetto) e ce que (compl. oggetto):
Qu’est - ce qu’on voit là bas? - Il ne sait pas ce qu’on voit là - bas
Qu’est - ce qui t’ennui? - Je veux savoir ce qui t’ennui.
In italiano, “che cosa”, è forma unica sia per interrogativa diretta sia
per l’interrogativa indiretta:
Che cosa si vede...?
Non so che cosa si vede...
Qu’est - ce qu’il veut?  Je ne sais pas ce qu’il veut
Che cosa vuole? Non so che che cosa voglia.
Per le persone si usa sempre qui:
Qui (est - ce qui) parle?  Il ne veut pas me dire qui parle.
- I pronomi lequel / lesquels, laquelle / lesquelles, e le loro forme
composte duquel / desquels, de laquelle / desquelles, auquel /
auxquels, à laquelle / auxquelles, avec lequel /avec lesquels ecc...
implicano un’idea di scelta e richiedono nella frase una precisazione
(possono riferirsi a un nome già espresso o essere seguiti da un
compl. di specificazione).
De ces deux chapeaux, lequel préfères - tu?
Auquel de ces hommes parlait - il?
Attenzione: Quel est ton nom? (quel + v. essere + nome determinato).
In italiano, l’unico pronome interrogativo corrispondente è quale (i)
(preceduto o meno da preposizione):
Di questi due cappelli, quale preferisci?
A quale di questi uomini parli?
Qual è il tuo nome?
14. IL GRUPPO VERBALE
(ins. parte italiana corrispondente)
Consideriamo le sei frasi seguenti:
1. Sylvie mange
2. Sylvie va au cinéma
3. Sylvie voudrait aller au cinéma avec ses amis
4. Sylvie n’ira pas au cinéma
5. Sylvie est prête
6. Sylvie est venu souvent
Il gruppo verbale di queste frasi è stato sottolineato.
Si nota subito che il gruppo verbale può essere formato da uno o più
vocaboli.
14. 1
Il gruppo verbale si compone di due parti di cui una sola è
rappresentata da un verbo e contiene una forma variabile (mange, va,
voudrait, ira, est...): si tratta del nucleo verbale.
- L’altra parte può essere un gruppo nominale o un aggettivo o un
avverbio.
Si tratta dei complementi del verbo.
Il nucleo verbale presenta almeno un elemento la cui forma varia in
funzione della persona, del tempo, del modo cui esso appartiene.
14. 2 Le marche della persona
Sono rappresentate:
- dai pronomi personali che possono sostituire un gruppo nominale
alla 3ª persona e che sono sempre presenti quando si tratta della 1ª e
2ª persona, salvo all’imperativo (vedi frasi imperative)
- dalle desinenze che si aggiungono alla radice del verbo, ossia
all’elemento che è comune a tutte le forme, tempi e persone del verbo
(chant).
Le desinenze da sole non permettono però di distinguere sempre
chiaramente la persona a cui ci si riferisce (je chante, il chante).
In italiano invece le desinenze sempre diverse permettono di
individuare senza equivoci le varie persone e dispensano quindi
dall’uso costante del soggetto: Canto, canti...
Attenzione: nell’orale, tutti i verbi francesi, salvo tre (gli ausiliari être
e avoir e il verbo aller), hanno una forma unica per le tre persone
singolari del presente indicativo: per certi verbi questa stessa forma
orale vale anche per la 3ª persona plurale:
chanter: je / tu / il / ils [ãt]
courir: je / tu / il / ils
[kur]
voir: je / tu / il / ils
[vwa]
- All’imperfetto, sempre nell’orale, le tre persone singolari e la 3ª
plurale sono identiche per tutti i verbi:
je / tu / il / ils
[ãt
kur
vwaj
- Nello scritto, la desinenza precisa meglio la persona a cui l’azione
del verbo si riferisce; in vari casi però le desinenze possono essere
identiche.
Questo avviene con:
- la 1ª e la 3ª pers. sing. del presente indicativo dei verbi del 1°
gruppo:
(je / il chante)
- la 1ª e la 2ª pers. sing. del presente indicativo dei verbi appartenenti
agli altri gruppi: (je / tu mangerais)
Attenzione: La desinenza mette in evidenza l’opposizione singolare /
plurale (numero):
Je chante
nous chantons
Pierre boit
Pierre et Jean boivent
14. 3 Le marche del tempo e le marche del modo
Le varie forme verbali sono raggruppate in serie che vengono
chiamate modi del verbo. In ogni modo si distinguono vari tempi
(vedi schemi successivi). “Tempi” e “modi” sono parole utili solo per
classificare. Non si deve però attribuire loro un valore assoluto. Un
tempo grammaticale può avere valori diversi nel tempo reale:
Il vient (maintenant)
Il vient demain.
Questi valori sono chiariti sia dal contesto, sia da un complemento di
tempo che accompagna il verbo:
Il vient tous les jours...
Un passato prossimo può acquistare così valore di futuro:
J’ai fini dans cinq minutes
Analogamente, ai vari modi possono corrispondere valori diversi nel
tempo reale.
Chi parla usa:
- l’infinito quando indica stati o azioni, prese in senso generale. Il
valore di questo modo è quello che più si avvicina a quello di un
nome:
Marcher est agréable
La marche est agréable
- l’indicativo quando considera l’azione come un fatto che si realizza
in un dato momento:
Elle ouvre la porte (en ce moment) (adesso)
- l’imperativo quando vuole esprimere la sua volontà di vedere
l’azione realizzata:
Ouvre la porte!
- il congiuntivo quando prospetta la possibilità di realizzare l’azione,
ma senza situarla nel tempo. E’ per questo che indica di solito quello
che si vuole o si desidera...
Il désire que tu vienne
14. 3 Le marche del tempo e del modo sono contenute nella desinenza
che viene aggiunta alla radice; talvolta però esse sono presenti nella
radice stessa che può variare secondo il modo e il tempo:
p. es. aller (andare): va (indicativo - imperativo)
aille (congiuntivo) oppure v - ais
allons (presente)
allais (imperfetto)
ira (futuro)
- Le desinenze dell’indicativo presente, dell’imperativo e del
participio passato possono variare secondo il gruppo a cui appartiene
il verbo. (vedi schemi seguenti).
Je chante
Je finis
Je prends
Il mange
Il finit
Il prend
14. 4 Nei tempi composti le marche del tempo, del modo e della
persona appaiono nell’ausiliare être o avoir (per la coniugazione vedi
paragrafi seguenti).
Être e avoir sono seguiti dal participio passato del verbo che indica
l’azione. Tutti questi tempi presentano un aspetto compiuto,
conclusivo (azione conclusa nel passato).
Attenzione: Di solito è l’ausiliare avoir che serve per formare i tempi
composti.
Restano esclusi i verbi pronominali (tipo je me suis levé, verbi che
sono sempre accompagnati da una particella pronominale riferita al
soggetto, vedi paragrafo) e una serie di quattordici verbi: ALLER /
VENIR, MONTER / DESCENDRE, ENTRER / SORTIR, ARRIVER
/ PARTIR, NAITRE / MOURIR, TOMBER / RESTER, PASSER /
DEVENIR e loro composti, che prendono l’ausiliare être.
In quest’ultimo caso il participio passato si accorda in genere e
numero con il soggetto:
Elles sont venues
Ma soeur est venu
Attenzione: con i verbi riflessivi, si fa l’accordo del participio passato
solo se le particelle pronominali rappresentano un complemento
oggetto (vedi verbi riflessivi):
Ils se sont habillés
Ils se sont salués (uno saluta l’altro)
invece: Ils se sont parlé (uno ha parlato all’altro)
- Se è coniugato con l’ausiliare avoir, il participio passato:
- non si accorda se il compl. oggetto non c’è o se segue il part. passato
Ils ont réussi
Nous avons conduit cette voiture
Attenzione: I verbi intransitivi si coniugano con l’ausiliare avoir
(salvo i quattordici verbi suddetti). Non avendo essi per definizione il
compl. oggetto, il loro participio passato è sempre invariabile.
- Il part. passato si deve accordare con il compl. oggetto se questo lo
precede. Il compl. oggetto di solito è un pronome personale:
J’ai mangé les fruits  Je les ai mangés
Il a vu Brigitte  Il l’a vu
- o il pronome relativo que:
C’est histoire qu’il nous a racontée
Voilà les films que nous avons vus
Attenzione: en non è mai compl. oggetto, quindi il part. passato non si
accorda: Voilà des fraises; j’en ai déjà mangé.
Attenzione: il part. pass. Si accorda con il compl. oggetto che dipende
da esso e non da altri verbi della proposizione. Pertanto, spesso, non
vi è accordo del part. pass. Seguito da infinito.
Fait seguito da infinito non si accorda mai:
Il les a fait construire exprès
- L’ausiliare être serve pure per il passivo, che non ha in francese altra
forma: Les chats mangent les oiseaux
Les oiseaux sont mangés par les chats.
(Attenzione a non confondere il passato prossimo coniugato con
l’ausiliare être con la forma passiva, vedi frasi passive).
L’italiano può invece servirsi anche di venire:
Gli uccelli vengono mangiati....
- AVOIR fa funzione di ausiliare per il verbo être:
Nous avons été appelés.
Attenzione: être non può mai essere l’ausiliare di sé stesso. Grave
rischio di errore. L’italiano usa essere come ausiliare di sé stesso.
Siamo stati chiamati
Passando da una lingua all’altra può cambiare l’ausiliare.
14. 5 Semi ausiliari
Sono dei verbi che servono per indicare l’aspetto o la modalità del
verbo che precedono:
aller, devoir, être sur le piont de, être en train de,être pour,
faillir, manquer de, faire, ne faire que de, laisser, paraître,
sembler, pouvoir, venir de, vouloir.
14. 6 Oltre che semi - ausiliari aller e venir sono anche verbi di moto:
semi - ausiliare
verbi di moto
Il va faire son travail
Il va à la Sorbonne
Il vient de faire son travail
Il vient de la Sorbonne.
Con valore di semi - ausiliare si coniugano solo al presente e
all’imperfetto:
Il va pleuvoir (futuro imminente)
Il allait pleuvoir
Il vient de pleuvoir (passato recente)
Il venait de pleuvoir
Negli altri tempi i verbi aller e venir sono solo verbi di moto.
In italiano si usa: stare per + infinito (per il futuro imminente)
ausiliare + appena + part. pass. (per il pass. recente)
Sta per piovere
E’ appena piovuto
Attenzione:
Il est en train de lire (ha già cominciato, non ha ancora finito =
sta leggendo).
Non confondere: Sta per leggere (azione futura) e sta leggendo
(azione in corso).
14. 6 Il semi - ausiliare faire
- Faire è usato al posto di un altro verbo o gruppo verbale e assume
allora un significato indefinito:
Il lit
Que fait - il?
- Faire + infinito (faire è la causa di un’azione)
Pierre fait tomber Hélène (Hélène tombe).
Il soggetto Pierre è la causa di quello che succede a Hélène
Jean fait apprendre sa leçon à Jacques (Jacques apprend sa leçon)
- Se faire + infinito: Il se fait comprendre en français
Un bruit se fasait entendre
14. 7 L’aspetto
Il nucleo verbale può anche indicare l’aspetto, cioè rivelare il modo in
cui si svolge l’azione espressa dal verbo.
Il se lève tôt (tous le matins): aspetto di ripetizione (interattivo).
Il s’est levé tôt (ce matin): aspetto conclusivo (l’azione si è conclusa
recentemente.
Il se leva: aspetto puntuale; l’azione si è conclusa da tempo. Conta
solo il fatto che l’azione sia avvenuta.
Il vient de se lever: l’azione ha avuto luogo in un passato recente.
Il va se lever: l’azione sta per avvenire in un futuro prossimo.
In tal modo si può far risaltare il fatto che l’azione è presentata per se
stessa, che ha una certa durata, che viene ripetuta, che è conclusa, che
inizia, che è appena avvenuta, che sta per avvenire.
L’aspetto viene spesso sottolineato da altre parole (p. es. da
complementi di tempo: tous les matins, ce matin), dall’insieme del
contesto, da altre forme verbali come venir de, aller, ecc...Il nucleo
verbale ha analoghe funzioni anche in italiano.
14. 8 La modalità
Il nucleo verbale può esprimere una modalità, cioè il punto di vista
del parlante e la colorazione intellettuale, morale, affettiva, che egli
dà a ciò che dice.
Qu’il vienne! Augurio, desiderio di colui che parla (locutore); il verbo
è al congiuntivo.
Il vient: fatto reale presentato senza nessun giudizio da parte del
locutore. Il verbo è all’indicativo.
Viens: ordine dato dal locutore; il verbo è all’imperativo.
L’atteggiamento del locutore è spesso espresso o con l’aiuto di altri
verbi:
Je désire qu’il vienne (desiderio)
Je veux qu’il vienne (volontà)
Je crois qu’il viendra (probabilità)
Je suis certain qu’il viendra (certezza)
Je crois pouvoir venir (probabilità + possibilità)
o da frasi la cui interpretazione dipende dall’intonazione con cui si
pronunciano.
S’il pouvait venir (desiderio)
Il viendra! (volontà)
14. 9 La coniugazione
Un verbo può avere più di settanta forme diverse nei suoi vari modi e
tempi. L’insieme di queste forme costituisce la coniugazione. I verbi
più semplici, quelli appartenenti al 1° gruppo, che si coniugano come
chanter, ne hanno più di trenta nello scritto e solo sedici nell’orale.
(In italiano le forme verbali sono molto più numerose, anche nei verbi
regolari). Ognuna di queste forme si compone di radice e desinenza:
finiss - ons
radice + desinenza
Attenzione: La radice non coincide sempre con la forma base
dell’infinito (ossia l’infinito senza la desinenza - er, - ir, - oir, - re
ils chant - aient
ils chanter - ont
tu fini - s
ils finiss - ent
ils finir - ont
je bois
nous buv - ons
ils boir - ont
Presentiamo qui di seguito la classificazione tradizionale dei verbi
suddivisi in tre gruppi, classificazione basata sulla desinenza
dell’infinito:
1° gruppo: verbi con l’infinito in - er (esclusi aller e envoyer).
2° gruppo: verbi con l’infinito in - ir e con il participio presente in issant.
3° gruppo: gli altri verbi, detti irregolari.
14. 10 Verbi del primo gruppo in - er
Costituiscono la coniugazione più numerosa (comprendente i 9/10
dei verbi francesi), la più regolare e quella che ha meno forme diverse
(16 nell’orale e 30 nello scritto). I nuovi verbi che entrano a far parte
della lingua francese appartengono tutti a questa coniugazione.
Verbo modello: chanter
Questa coniugazione, comprendente parecchie migliaia di verbi e
aperta a tutti i verbi di nuova formazione (filmer, téléviser...), è quindi
una coniugazione viva. Parecchi verbi appartenenti a questo gruppo
presentano delle particolarità ortografiche rispetto alla coniugazione
regolare. Li studieremo secondo questi tipi:
acheter (se lever), appeller (jeter), espérer, essayer, placer, manger
CHANTER
Indicativo
Presente
Je chant - e
tu chant - es
il chant - e
nous chant - ons
vous chant - ez
ils chant - ent
Trapassato prossimo
J’avais chanté
tu avais chanté
il avait chanté
nous avions chanté
vous avez chanté
ils avaient chanté
Imperfetto
Je chant - ais
tu chant - ais
il chant - ait
nous chant - ions
vous chant - iez
ils chant - aient
Passato remoto
Je chant - ai
tu chant - as
il chant - a
nous chant - âmes
vous chant - âtes
ils chant - èrent
Passato prossimo
J’ai chanté
tu as chanté
il a chanté
nous avons chanté
vous avez chanté
ils ont chanté
Futuro
Je chanterai
tu chanteras
il chantera
nous chanterons
vous chanterez
ils chanteront
Futuro anteriore
J’aurai chanté
tu auras chanté
il aura chanté
nous aurons chanté
vous aurez chanté
ils auront chanté
Condizionale
Presente
Je chanter - ais
tu chanter - ais
il chanter - ait
nous chanter - ions
Passato
J’aurais chanté
tu aurais chanté
il aurait chanté
nous aurions chanté
Imperativo
chant - e
chant - ons
chant - ez
vous chanter - iez
ils chanter - aient
vous auriez chanté
ils auraient chanté
Congiuntivo
Presente
Que je chant - e
que tu chant - es
qu’ il chant - e
que nous chant - ions
que vous chant - iez
qu’ils chant - ent
Imperfetto
que je chant - asse
que tu chant - asses
qu’il chant - ât
que nous chant - assions
que vous chant - assiez
qu’ils chant - assaent
Infinito
Presente
chanter
Passato
avoir chant - è
Participio
Presente
chant - ant
Passato
chant è (e)
Passato composto
ayant chant - è
Il condizionale è considerato in francese come un tempo (futuro nel
passato vedi futuro e condizionale).
Il participio presente e passato composto in francese copre un’area più
ampia che in italiano e talvolta corrisponde al gerundio italiano.
Il participio presente, infatti, può essere usato come aggettivo (si
accorda in genere e numero con il nome che qualifica):
Une réponse satisfaisante
Des choses plus intéressantes
encoore
e come verbo: (è invariabile e può avere un soggetto e reggere dei
complementi):
Une secrétaire sachant l’anglais
Les renseignements concernant l’affaire.
Questa struttura è molto frequente in francese, perché snellisce il
periodo, sostituendo una frase relativa introdotta da qui o da que.
In questi casi, invece, l’italiano, anziché il participio presente,
preferisce la frase relativa: “Una segretaria che conosce l’inglese”.
Il participio presente inoltre, può formare con il suo soggetto una vera
proposizione indipendente e, soprattutto nel francese scritto, può
sostituire una più lunga frase causale:
La crise économique devenent plus intense, il perdit beaucoup
d’argent. (comme la crise économique devenait...)
Ses amis l’y encourageant, il décide de monter une affaire. (puisque
ses amis l’encourageaient à faire cela...).
Si deve rispettare la struttura base della lingua:
soggetto + verbo + compl.
In italiano, invece, il soggetto segue il verbo:
Diventando grave la crisi economica, egli decise...
Incoraggiandolo i suoi amici, egli decise...
In questi casi il participio presente francese corrisponde al gerundio
italiano.
Attenzione: Analogamente al verbo chanter, nella forma attiva, quasi
tutti i verbi si coniugano con l’ausiliare avoir nei tempi composti.
14. 11 Variazioni fonetiche e ortografiche della radice
Verbi che hanno una e nella penultima sillaba dell’infinito.
Radice con alternanza [  : prendono un accento grave sulla e o
raddoppiano la consonante quando la desinenza inizia con e muta:
et / ett
t] [t]  Verbi come appeler: Indicativo presente
el / ell
[l] [l]
Altri verbi:
j’appelle
tu appelles
il appelle
nous appellons
vous appelez
ils appellent
se rappeler
jeter...
futuro
j’appellerai
condizionale
j’appellerais
et / èt
t] [t]  Verbi come acheter: Indicativo presente
j’achète
tu achètes
il achète
nous achetons
vous achetez
ils achètent
Altri verbi:
se lever, emmener futuro
se promener, geler... j’achèterai
condizionale
j’achèterais
Attenzione: Raddoppiano la consonante soltanto i verbi in - ter o in ler (salvo acheter, geler e pochi altri di uso raro).
Tutti gli altri verbi con e muta nella penultima sillaba dell’infinito si
coniugano come acheter.
14. 12 Verbi che hanno una è nella penultima sillaba dell’infinito:
espérer, préférer, accélér, considérér
s’inquiéter, suggérer, protéger
Trasformano è in è alla 1ª, 2ª, 3ª pers. sing. e alla 3ª pers. plur. Del
presente indicativo.
Indicativo
presente
espérer
j’espére
tu espéres
il espére
nous espérons
vous espérez
ils espérent
futuro
condizionale
j’espérerai
j’espérerais
14. 13 Verbi con infinito che termina in - yer:
tutoyer, appuyer, essayer, payer,
s’ennuyer, nettoyer
envoyer (al futuro: j’enverrai)
y  i quando è seguita da e muta
Indicativo
presente
davanti a e muta
j’essaie
tu essaies
il essaie
nous essayons
davanti a vocale pronunciata
vous essayez
ils essaient
futuro
je paierai
condizionale je m’ennuierais
14. 14 Verbi con l’infinito che termina in:
- cer: commencer, avancer, annoncer, placer, forcer, prononcer
- ger: manger, changer, nager, neiger, ranger, arranger, déranger,
protéger
solo davanti a a e o: c  c e g  ge
cç
davanti a e e i
davanti a e e o
g  ge
je place
nous avancions
tu changes
nous nagion
je plaçais
nous avançons
tu changeais
nous nageons
14 . 15 Verbi del secondo gruppo in - ir
Sono poco più di trecento i verbi che si coniugano come finir e che
hanno tre radici: la forma base dell’infinito, fini - , una seconda
radice, finiss - , usata per le terze persone plurali del presente, per
tutto l’imperfetto indicativo, per tutto il congiuntivo e per il participio
presente, e la radice finir - , che coincide con l’infinito, per il futuro e
per il condizionale. I verbi come courir o couvrir, il cui participio
presente è courant e couvrant, non fanno parte del secondo gruppo.
Anche questa coniugazione è considerata “viva”, ma per un unico
caso:
atterrir, amerrir, alunir (toccare la superficie di un
pianeta).
FINIR
Indicativo
Presente
Je fini - s
tu fini - s
il fini - t
nous finiss - ons
vous finiss - ez
ils finiss - ent
Imperfetto
je finiss - ais
tu finiss - ais
il finiss - ait
nous finiss - ions
vous finiss - iez
ils finiss - aient
Passato prossimo
j’ai fini
tu as fini
il a fini
nous avons fini
vous avez fini
ils ont fini
Trapassato prossimo
j’avais fini
tu avais fini
il avait fini
nous avions fini
vous aviez fini
ils avaient fini
Passato remoto
je fin - s
tu fini - s
il fini - t
nous finî - mes
vous finî - tes
ils fini - rent
Futuro
je finir - ai
tu finir - as
il finir - a
nous finir - ons
vous finir - ez
ils finir - ont
Passato
j’aurais fini
tu aurais fini
il aurait fini
nous aurions fini
vous auriez fini
ils auraient fini
Imperativo
fini - s
finiss - ons
finiss - ez
Futuro anteriore
j’aurai fini
tu auras fini
il aura fini
nous aurons fini
vous aurez fini
ils auront fini
Condizionale
Presente
Je finir - ais
tu finir - ais
il finir - ait
nous finir - ions
vous finir - iez
ils finir - aient
Congiuntivo
Presente
que je finiss - e
que tu finiss - es
qu’il finiss - e
que nous finiss- ions
que vous finiss - iez
qu’il finiss - ent
Infinito
Presente Passato
fin - ir
avoir fini
Imperfetto
que je fin - isse
que tu fin - isses
qu’il fin - ît
que nous fin- issions
que vous fin - issiez
qu’ils fin - issent
Participio
Presente Passato
finiss- ant
fini,
finie
Passato composto
ayant fni
14. 16 Verbi del terzo gruppo, detti “verbi irregolari”
A questo gruppo appartengono tutti gli altri verbi e cioè: aller, i
verbi in - ir diversi dalla coniugazione regolare di finir (con
participio presente in - issant), i verbi in oir, i verbi in - re.
Questa coniugazione viene chiamata morta perché non trova posto
in essa nessun nuovo verbo; anzi molti dei suoi verbi tendono a
sparire, sostituiti da sinonimi appartenenti al primo gruppo. Fanno
però parte di questo gruppo parecchi verbi importanti, molto usati e
di cui non esistono sinonimi nel primo gruppo; è pertanto
necessario conoscere bene tutte le loro complesse coniugazioni.
ALLER
Nei tempi composti, si coniuga con l’ausiliare être. E’ intransitivo.
Non si può usare alla forma passiva.
Indicativo
Presente
Je vais
tu vas
il va
nous allons
vous allez
ils vont
Imperfetto
j’allais
tu allais
il allait
nous allions
vous alliez
ils allaient
Passato prossimo
je suis allé
tu es allé
il est allé
nous sommes allés
vous êtes allés
ils sont allés
Trapassato prossimo
j’étais allé
tu étais allé
il était allé
nous étions allé
vous étiez allés
ils étaient allés
Passato remoto
j’allai
tu allas
il alla
nous allâmes
vous allâtes
ils allèrent
Futuro
j’irai
tu iras
il ira
nous irons
vous irez
ils iront
Condizionale
Presente
j’irais
tu irais
il irait
nous irions
vous iriez
ils iraient
Passato
je serais allé
tu serais allé
il serait allé
nous serions allés
vous seriez allés
ils seraient allés
Imperativo
va
allons
allez
Congiuntivo
Presente
que j’aille
que tu ailles
qu’il aille
Imperfetto
que j’allasse
que tu allasses
qu’il allât
Futuro anteriore
je serai allé
tu seras allé
il sera allé
nous serons allé
vous serez allé
ils seront allé
que nous allions
que vous alliez
qu’ils aillent
que nous allassions
que vous allassiez
qu’ils allassent
Infinito
Presente
aller
Participio
Presente Passato
allant
allé, allée
Passato
être allé
Passato composto
étant allé
Nella forma interrogativa, si intercala la lettera - t tra il verbo (alla
3ª persona singolare del presente indicativo) e il pronome soggetto:
va - t - il?
- Nell’imperativo, la 2ª persona singolare prende una s se seguita da
y e en: vas - y!
- S’en aller si coniuga come aller (p. es. je m’en vais, ecc...)
Attenzione all’imperativo! Va - t - en, allons - nous - en, allez vous - en ( v. posizione dei pronomi personali complementi)
AVOIR
Indicativo
Presente
j’ai
tu as
il a
nous avons
vous avez
ils ont
Imperfetto
j’avais
tu avais
il avait
nous avions
vous aviez
ils avaient
Passato prossimo
j’ai eu
tu as eu
il a eu
nous avont eu
vous avez eu
ils ont eu
Trapassato prossimo
j’avais eu
tu avais eu
il avait eu
nous avions eu
vous aviez eu
Passato remoto
j’eus
tu eus
il eut
nous eûmes
vous eûtes
Futuro
j’aurai
tu auras
il aura
nous aurons
vous aurez
ils avaient eu
ils eurent
ils auront
Condizionale
Presente
j’aurais
tu aurais
il aurait
nous aurions
vous auriez
ils auraient
Passato
j’aurais eu
tu aurais eu
il aurait eu
nous aurions eu
vous auriez eu
ils auraient eu
Imperativo
aie
ayons
ayez
Congiuntivo
Presente
que j’aie
que tu aies
qu’il ait
que nous ayons
que vous ayez
qu’ils aient
Imperfetto
que j’eusse
que tu eusses
qu’il eût
que nous eussions
que vous eussiez
qu’ils eussent
Infinito
Presente Passato
avoir
avoir eu
Participio
Presente Passato
ayant
eu, eue
Futuro anteriore
j’aurai eu
tu auras eu
il aura eu
nous aurons eu
vous aurez eu
ils auront eu
Passato composto
ayant eu
Il verbo avoir, usato da solo, indica possesso: i’ai une poupée
Il verbo avoir usato come ausiliare permette di formare:
a) i suoi stessi tempi composti: Ils ont eu tort
b) i tempi composti di quasi tutti i verbi transitivi attivi e
intransitivi:
Vous auriez réussi, si vous aviez travaillé
In italiano, invece, alcuni verbi intransitivi si coniugano con avere,
altri con essere:
Voi sareste riusciti....
Attenzione: La 1ªe la 2ª persona plurale del presente congiuntivo e
dell’imperativo si scrivono: ayons, ayez
ÊTRE
Indicativo
Presente
je suis
tu es
il est
nous sommes
vous êtes
ils sont
Imperfetto
j’étais
tu étais
il était
nous étions
vous étiez
ils étaient
Passato prossimo
j’ai été
tu as été
il a été
nous avons été
vous avez été
ils ont été
Trapassato prossimo
j’avais été
tu avais été
il avait été
nous avions été
vous aviez été
ils avaient été
Passato remoto
je fus
tu fus
il fut
nous fûmes
vous fûtes
ils furent
Futuro
je serai
tu seras
il sera
nous serons
vous serez
ils seront
Passato
j’aurais été
tu aurais été
Imperativo
sois
soyons
Futuro anteriore
j’aurais été
tu auras été
il aura été
nous aurons été
vous aurez été
ils auront été
Condizionale
Presente
je serais
tu serais
il serait
nous serions
vous seriez
ils seraient
il aurait été
nous aurions été
vous auriez été
ils auraient été
Congiuntivo
Presente
que je sois
que tu sois
qu’il soit
que nous soyons
que vous soyez
qu’ils soient
Imperfetto
que je fusse
que tu fusses
qu’il fût
que nous fussions
que vous fussiez
qu’ils fussent
Infinito
Presente
être
Participio
Presente Passato
étant
été
Passato
avoir être
soyez
Passato composto
ayant été
Il verbo être usato da solo significa “esistere”: Je pense donc je suis.
Il verbo être usato con un attributo funge da copula: Il est
sympatique.
Il verbo être usato come ausiliare permette di formare:
a) tutti i tempi dei verbi passivi: Elle sera aimée
i tempi composti dei verbi pronominali, che si possono coniugare
sia con due pronomi (soggetto + particella pronominale) sia con un
nome
a) + particella pronominale relativa al nome:
Je me suis levé. Les enfants se sont levé aussi
b) i tempi composti di alcuni verbi intransitivi (aller, venir, monter,
descendre, entrer, sortir, arriver, partir, naître, mourir, tomber,
rester, passer, devenir: Le train était arrivé à l’heure.
Attenzione: Être, nei tempi composti, si coniuga con avoir. Non è
mai ausiliare di se stesso: Vous avez été applaudi.
Invece in italiano si coniuga sempre con essere: Voi siete stati
applauditi.
Attenzione: Été, participio passato del verbo être, è invariabile.
L 1ª e la 2ª persona plurale del presente
congiuntivo e
dell’imperativo si scrivono: soyons, soyez
14 . 17 Quadro generale dei verbi del 3° gruppo:
(esclusi avoir, être, aller, vedi pagine precedenti).
Indicativo
Infinito
acquérir
(conquer
ir,
quérir,
requérir)
Persone
j’
tu
il / elle
nous
vous
ils / elles
Presente
acquiers
acquiers
acquiert
acquérons
acquérez
acquièrent
Imperfetto
acquérais
acquérais
acquérait
acquérions
acquériez
acquéraient
Pass. rem.
acquis
acquis
acquit
acquîmes
acquîtes
acquirent
Congiuntivo
Presente
Imperfetto
Imperativo
que j’
acquières
acquières
acquière
acquérions
acquériez
que j’
acquisse
acquisses
acquît
acquissions
acquissiez
acquiers
acquérons
acquérez
Participio
Presente
acquérant
Participio
Passato
acquis
Futuro
acquerrai
acquerras
acquerra
acquerrons
acquerrez
acquerront
acquièrent
Infinito
s’asseoir
Congiuntivo
Presente
que je m’asseye
Infinito
battre
Congiuntivo
Presente
que je batte
Infinito
boire
Congiuntivo
Presente
que je boive
tu boives
il boive
nous buvions
acquissent
Indicativo
Presente
je m’assieds
tu t’assieds
il s’assied
nous asseyons
vous asseyez
ils s’asseyent
Imperfetto
que je m’assisse
Indicativo
Presente
je bats
tu bats
il bat
nous battons
vous battez
ils battent
Imperfetto
que je batisse
Indicativo
Presente
je bois
tu bois
il boit
nous buvons
vous buvez
ils boivent
Imperfetto
que je busse
tu busses
il bût
nous bussions
Imperfetto
je m’asseyais
Imperativo
assieds
asseyons - nous
asseyez - vous
Imperfetto
battais
Imperativo
bats
battons
battez
Imperfetto
je buvais
Imperativo
bois
buvons
buvez
Passato remoto
je m’assis
Participio
Presente
s’asseyant
Futuro
je
m’assiérai
Passato
assis
Paasato remoto
battis
Futuro
battrai
Participio
Presente
battant
Passato
battu
passato remoto
je bus
futuro
je boirai
Participio
Presente
buvant
Passato
bu
vous buviez
ils boivent
Infinito
conclure
Congiuntivo
Presente
que je conclue
conclues
conclue
concluions
concluiez
concluent
Infinito
vous bussiez
ils bussent
Indicativo
Presente
je conclus
tu conclus
il conclut
nous concluons
vous concluez
ils concluent
Imperfetto
que je conclusse
Indicativo
Presente
je cours
courir
Congiuntivo
Presente
que je connaisse
Imperfetto
que je connusse
Imperfetto
je concluais
passato remoto
je conclus
tu conclus
il conclut
nous conclûmes
vous conclûtes
ils conclurent
Imperativo
conclus
concluons
concluez
Participio
Presente
concluant
Imperfetto
je courais
Imperativo
connais
connaissons
connaissez
passato remoto
je courus
Participio
Presente
connaissant
futuro
je
conclura
i
Passato
conclu
futuro
je
courrai
Passato
connu
Così si coniugano paraître, connaître e tutti i loro composti. I verbi
in - aître prendono un accento circonflesso sulla “i” che precede la
“t”, come accade per tutti i verbi in - oître.
Infinito
Indicativo
Presente
Imperfetto
courir
je cours
je courais
passato
remoto
je courus
Congiuntivo
Presente
Imperfetto
Imperativo
Participio
Presente
futuro
je
courrai
Passato
que je coure
Infinito
craindre
Congiuntivo
Presente
que je craigne
que je courusse
cours
courons
courez
Indicativo
Presente
Imperfetto
je crains
tu crains
il craint
nous craignons
vous craignez
ils craignent
je cragnais
tu cragnais
il cragnait
nous craignions
vous craigniez
ils craignaient
Imperfetto
que je craignisse
Imperativo
crains
craignons
craignez
courant
couru
passato
remoto
je craignis
futuro
Participio
Presente
craignant
Passato
craint
je
craindrai
Allo stesso modo si coniugano tutti i verbi in - aindre, - eindre, oindre.
Infinito
croire
Congiuntivo
Presente
que je croie
Infinito
cueillir
Indicativo
Presente
Imperfetto
je crois
tu crois
il croit
nous croyons
vous croyez
ils croient
je croyais
tu croyais
il croyait
nous croyons
vous croyez
ils croyaient
Imperfetto
que je crusse
Indicativo
Presente
je cueille
tu cueilles
Imperativo
crois
croyons
croyez
Imperfetto
je cueillais
passato
remoto
je crus
Participio
Presente
croyant
passato
remoto
je cueillis
futuro
je croirai
Passato
cru
futuro
je cueillerai
il cueille
nous cueillons
vous cueillez
ils cueillent
Congiuntivo
Presente
que je cueille
Infinito
devoir
Congiuntivo
Presente
que je deive
Imperfetto
que je cueillisse
Indicativo
Presente
je dois
tu dois
il doit
nous devons
vous devez
ils doivent
Imperfetto
que je dusse
Imperativo
cueille
cueillons
cueillez
Imperfetto
je devais
Imperativo
dois
devons
devez
Participio
Presente
cueillant
Passato
remoto
je dus
Participio
Presente
devant
Passato
cueilli
Futuro
je devrai
Passato
dû
Il participio passato femminile e plurale si scrivono senza accento
circonflesso (^): due, rendue, dus ecc...
Infinito
dire
Congiuntivo
Presente
Indicativo
Presente
Imperfetto
je dis
tu dis
il dit
nous disons
vous dites
ils disent
je disais
Imperfetto
Imperativo
Passato
remoto
je dis
tu dis
il dit
nous dîmes
vous dîtes
ils dirent
Participio
Presente
Futuro
je dirai
Passato
que je dise
Infinito
écrire
Congiuntivo
Presente
que j’écrive
Infinito
envoyer
Congiuntivo
Presente
que j’envoie
Infinito
faire
que je disse
Indicativo
Presente
j’écris
tu écris
il écrit
nous écrivons
vous écrivez
ils écrivent
Imperfetto
que j’écrivisse
Indicativo
Presente
dis
disons
dites
disant
Imperfetto
Passato
remoto
j’écrivis
j’écrivais
Imperativo
écris
écrivons
écrivez
Imperfetto
j’envoie
tu envoies
il envoie
nous envoyons
vous envoyez
ils envoient
j’envoyais
Imperfetto
que j’envoyasse
Imperativo
envoie
envoyons
envoyez
Indicativo
Presente
je fais
tu fais
il fait
nous faisons
vous faites
ils font
Imperfetto
je faisais
Participio
Presente
écrivant
Passato
remoto
j’envoyai
Participio
Presente
envoyant
Passato
remoto
je fis
tu fis
il fit
nous fîmes
vous fîtes
ils firent
dit
Futuro
j’écrirai
Passato
écrit
Futuro
j’enverr
ai
Passato
envoyé
Futuro
je ferai
Congiuntivo
Presente
que je fasse
Infinito
falloir
Congiuntivo
Presente
qu’il faille
Infinito
fuir
Congiuntivo
Presente
que je fuie
tu fuies
il fuie
nous
fuyions
vous fuyiez
ils fuient
Imperfetto
que je fisse
tu fisses
il fit
nous fissions
vous fissiez
ils fissent
Imperativo
fais
faisons
faites
Condizionale
je ferais
Indicativo
Presente
Imperfetto
il faut
il fallait
Passato
remoto
il fallut
Imperfetto
qu’il fallût
Imperativo
manca
Participio
passato
fallu
Indicativo
Presente
Imperfetto
je fuis
tu fuis
il fuit
nous
fuyons
vous fuyez
ils fuient
je fuyais
tu fuyais
il fuyait
nous
fuyions
vous fuyiez
ils fuyaient
Imperfetto
que
je
fuisse
Imperativo
fuis
fuyons
fuyez
Passato
remoto
je fuis
tu fuis
il fuit
nous
fuîmes
vous fuîtes
ils fuirent
Participio
Presente
fuyant
Participio
Pres. faisant
pass. fait
Futuro
il faudra
Futuro
je fuirai
tu fuiras
il fuira
nous
fuirons
vous fuirez
ils fuiront
Passato
fui
Infinito
lire
Congiuntivo
Presente
que je lise
Infinito
mettre
Congiuntivo
Presente
que je mette
Infinito
mourir
Congiuntivo
Indicativo
Presente
Imperfetto
je lis
tu lis
il lit
nous lisons
vous lisez
ils lisent
je lisais
Imperfetto
que
je
lusse
Imperativo
lis
lisons
lisez
Indicativo
Presente
je mets
tu mets
il met
nous mettons
vous mettez
ils mettent
Imperfetto
que je misse
Indicativo
Presente
je meurs
tu meurs
il meurt
nous mourons
vous mourez
ils meurent
Imperfetto
je mettais
Imperativo
mets
mettons
mettez
Imperfetto
je meurais
Passato
remoto
je lus
Participio
Presente
lisant
Passato
remoto
je mis
Participio
Presente
mettant
Passato
remoto
je mourus
Participio
Futuro
je lirai
Passato
lu
Futuro
je mettrai
Passato
mis
Futuro
je
mourrai
Presente
que
je
meure
Imperfetto
que
mourusse
Infinito
Indicativo
Presente
mouvoir
Congiuntivo
Presente
que
je
meuve
je
Imperativo
meurs
mourons
mourez
Presente
mourant
Passato
mort
Imperfetto
Passato
remoto
je mus
Futuro
je meus
tu meus
il meut
nous mouvons
vous mouvez
ils meuvent
je mouvais
Imperfetto
que je musse
Imperativo
meus
mouvons
mouvez
Participio
Presente
mouvant
je
mouvrai
Passato
mû
Emouvoir si coniuga come mouvoir, ma il suo part. pass. “ému” non
prende l’accento circonflesso.
Infinito
naître
Congiuntivo
Presente
que je naisse
Indicativo
Presente
Imperfetto
je nais
tu nais
il naît
nous
naissons
vous naissez
ils naissent
je naissais
Imperfetto
que
je
naquisse
Imperativo
nais
naissons
naissez
Passato
remoto
je naquis
Participio
Presente
naissant
Futuro
je naîtrai
Passato
né
Infinito
ouvrir
Congiuntivo
Presente
que j’ouvre
Infinito
partir
Congiuntivo
Presente
que je parte
Indicativo
Presente
Imperfetto
j’ouvre
j’ouvrais
Imperfetto
que
j’ouvrisse
Imperativo
ouvre
ouvrons
ouvrez
Indicativo
Presente
Imperfetto
Je pars
tu pars
il part
nous
partons
vous partez
ils partent
je partais
Imperfetto
que
je
partisse
Imperativo
pars
partons
partez
Passato
remoto
j’ouvris
Participio
Presente
ouvrant
Passato
remoto
je partis
Participio
Presente
partant
Futuro
j’ouvrirai
Passato
ouvert
Futuro
je partirai
Passato
parti
I verbi sentir, servir, sortir, dormir e partir, nella 1ª, 2ª, 3ª persona
singolare del pres. ind. perdono la t, m, v finale della radice.
Infinito
plaire
Congiuntivo
Presente
que je plaise
Indicativo
Presente
je plais
tu plais
il plait
nous plaisons
vous plaisez
ils plaisent
Imperfetto
que je plusse
Imperfetto
je plaisais
Imperativo
plais
plaisons
plaisez
Passato
remoto
je plus
Participio
Presente
plaisant
Futuro
je plairai
Passato
plu