GIUSEPPE LANDOLFI GRAMMATICA COMPARATA DEL FRANCESE E DELL’ ITALIANIO http://franceseitaliano.altervista.org/ INTRODUZIONE Attualmente, grazie alle nuove acquisizioni sulla natura del linguaggio e sui processi di apprendimento da una parte, all’attenzione sulle componenti sociali e politiche dell’uso della lingua, dall’altra viene ridimensionato il ruolo dei mali didattici. Hanno acquisito maggiore importanza gli aspetti umani coinvolti nel processo di apprendimento e in questo ambito si caricano di significato la personalità dell’insegnante, l’uso sociale della lingua, il bisogno delle persone di comunicare. In un periodo in cui si parla sempre di più di una Europa Unita assume sempre più importanza lo studio delle lingue straniere. Gli errori che i soggetti in apprendimento fanno e il significato di questi errori, l’influenza del contesto culturale e sociale verso una lingua straniera e l’abilità dell’insegnante a sviluppare una metodologia adatta, sostanziano l’intera problematica didattica. Per quanto possano essere individualizzate le programmazioni, a tutti gli allievi vengono richiesti degli obiettivi minimi, traducibili in abilità e competenze che devono essere verificate e valutate. In classe gli insegnanti sono costretti ad adattare approccio, tecniche e materiali a seconda dei bisogni degli allievi e delle situazioni contingenti. Nel corso degli anni si è passati dal “metodo tradizionale” (letture di autori, traduzioni, temi e versioni), al “metodo diretto” (analisi grammaticale, fonetica, forma orale), dal metodo “audio - orale” a quello “audio - visuale”, fino a giungere al più moderno “approccio nazionale funzionale”, che all’innovativo concetto di “funzione” della lingua, cioè alle caratteristiche psico sociali - culturali dell’uso di un codice, affianca il concetto di “nozione” (di base), vale a dire la conoscenza delle regole grammaticali che rendono coerente tale uso. In questo ambito, l’obiettivo dell’insegnamento della lingua straniera è la “competenza comunicativa”, valutare le interferenze culturali e linguistiche che possono ritardare l’apprendimento, individuare gli elementi linguistici contrastanti in L2 e L1, focalizzare gli errori più frequenti fatti dagli allievi nel processo di acquisizione della L2 e mettere in pratica le osservazioni fatte nel modo più diretto possibile per selezionare e ordinare gli elementi linguistici da insegnare. E in anni ed anni di insegnamento mi sono reso conto che una delle fonti di errori era paradossalmente la scarsa conoscenza della lingua italiana. Il non conoscere la differenza tra un articolo determinativo ed un articolo indeterminativo crea problemi anche nell’uso della L2. Questo è uno dei motivi che mi ha spinto a scrivere questo manuale, pensando in un primo tempo ad un uso e consumo personale (mio e dei miei studenti). Inutile dire che non ho scoperto niente di nuovo. La grammatica contrastiva si studiava all’università già da molto tempo, infatti man mano che scrivevo, i nomi di Fries e Lado ritornavano ciclicamente nella mia memoria e con essi i loro scritti: “La caratteristica fondamentale di questo nuovo approccio all’insegnamento delle lingue è una nuova base su cui costruire i materiali didattici. E questo nuovo approccio è basato su: a) un’analisi scientifica e descrittiva della lingua da imparare, nel nostro caso il francese; b) un’analisi scientifica e descrittiva simile alla precedente della lingua di colui che apprende, nel nostro caso l’italiano; c) un confronto sistematico di queste due analisi descrittive allo scopo di scoprire le differenze strutturali dei due sistemi di linguaggio”. (Fries) Da questo punto di partenza si sono poi sviluppate le ricerche di Lado e di Uriel Weinrich che per primo parla di “interferenze” e di “transfer”. “Indicheremo con il nome di fenomeni di interferenza quegli esempi di deviazione dalle norme dell’una e dell’altra lingua che compaiono nel discorso dei bilingui come risultato della loro familiarità con più di una lingua”. Quindi il termine di “interferenza” viene applicato per indicare il riflesso negativo della lingua materna o di un’altra lingua quando essa è fonte di errori. L’interferenza positiva, quella che aiuta ad impadronirsi di una nuova competenza linguistica, viene invece chiamata “transfer”. Inutile dire che nessuno studio può elencare tutti i casi di possibili interferenze, e lungi da me l’idea di accostarmi a tali insigni studiosi, ma scopo del libro, che non sarà sicuramente esente da errori, e anzi invito tutti coloro che ne troveranno a segnalarmeli (indirizzo emait. [email protected]), è cercare di occuparsi almeno delle opposizioni produttive, quelle cioè che consentono una migliore conoscenza delle due lingue. Una classica opposizione è quella tra “e” aperta ed “e” chiusa, che nel francese orale difficilmente si coglie, e il non coglierla comporta inevitabilmente problemi anche nella produzione del testo scritto: les spectateurs qui arrivent/le spectateur qui arrive les fils des voisins s’amusent/le fils des voisin s’amuse Gli allievi rivelano molto spesso delle difficoltà a produrre anche semplici testi, e non parlo solo di testi in lingua, ma anche in italiano. Alcuni riescono ad elaborare solo pochi concetti con una enorme fatica mentale. E’ necessario dunque motivare gli allievi a scrivere. E in questo la diffusione di un potente mezzo di comunicazione come INTERNET ci dà una mano, in quanto molti contatti avvengono tramite testi scritti. Solo un uso frequente della scrittura ne migliora le capacità. La produzione di un testo scritto serve a rivelare l’abilità operativa di saper organizzare un testo, saper scrivere con grafi comprensibile, saper svolgere una elaborazione personale, saper sviluppare una comprensione più o meno profonda. Studi recenti hanno mostrato che la “coesione”, la rete di riferimento che rende un testo un “tutto unificato”, l’abilità a soddisfare i rapporti grammaticali e la connessione sintattica (punteggiatura, ortografia, morfosintassi) è l’elemento che crea le più grandi difficoltà a coloro che apprendono una L2. A volte bisogna comprendere a cosa fa riferimento un pronome, ma per farlo bisogna prima sapere che cos’è un pronome. Comprendere come le parti di un testo sono collegate tra loro è fondamentale. Come abbiamo visto precedentemente l’opposizione “e” aperta “e” chiusa è molto diffusa, ma in un caso è importantissima, vale a dire nell’opposizione “je - j’ai”, quando je è seguito da un verbo al passato remoto. Non è che la confusione tra i due fonemi provochi un controsenso, ma spesso è il contesto che lo rende inaccettabile. Un dettato tratto da René di Chateaubriand: “j’ai couté la vie à ma mère en venant au mond; j’ai été tiré de son sein avec le fer” ha generato negli studenti scritture tipo “je coutai”, per quanto tale forma sia esclusa dalla presenza di “j’ai été tiré”. Lo stesso sintagma è stato fonte anche di un altro errore, dovuto ad una omofonia totale: ”j’écoutai” al posto di “j’ai couté”, rendendo la frase del tutto assurda. Tali errori evidenziano un’altra opposizione “je coutai/j’écoutai”. Il compito come si vede è assai arduo, in quanto la pronuncia dei parlanti francesi è fluttuante in questo campo. Ma tali errori si possono evitare invitando i discenti a riflettere sui problemi legati alla coesione. Molto utili si rivelano esercizi del tipo: j’ai couté à mes parents de gros sacrifices je coutai cher à mes parents lorsque j’étais en France j’écoutai ses conseils avec attention Ecco come la fonetica entra in correlazione con problemi morfosintattici o di lessico, ed ecco come il possedere le nozioni grammaticali rende più efficace ed il più possibile esente da errori l’uso della lingua straniera. Altre fonti perenni di errori restano le marche del numero, il passaggio al discorso indiretto e le interferenze lessicali - sintattiche (“perdere il treno = manquer le train”, ma “perdere la parola = perdre la parole”, “vado a dormire = je vais dormir” e non “je vais à dormir). Per concludere, avendo parlato di fonetica, non si può fare a meno di citare l’opera “Fondamenti di fonologia” in cui Trubeckoj sente l’esigenza di due diversi tipi di studio, non più una sola scienza dei suoni ma due: una dedicata alla “parola” e l’altra alla “lingua”. La scienza dei suoni della “parola” ha a che fare con fenomeni fisici concreti e deve usare metodi propri delle scienze naturali (fisica, acustica, medicina). La scienza dei suoni della “lingua” deve usare metodi di pura scienza linguistica (psicologia sociale). Chiamiamo la scienza dei suoni della “parola” FONETICA e la scienza dei suoni della “lingua” FONOLOGIA. Vale a dire che la fonetica vera e propria deve occuparsi unicamente del lato materiale o acustico del linguaggio. La fonologia, invece, deve studiare quali differenze di suono in una data lingua sono collegate a differenze di significato. Finalmente abbiamo terminato con la terminologia scientifica e possiamo passare a parlare di: 1.1 Vocali e consonanti Secondo il Petit Robert, la “Voyelle” è: “Son èmis par la voix sans bruit d’air, phonème caractérisé par une résonance de la cavitè buccale plus ou moins ouverte, parfois en communication avec la cavitè nasale” La “Consonne”: “Phonème produit par le passage de l’air à travers la gorge, la bouche, formant obstacles” Tra le due categorie dunque non esiste tanto una differenza qualitativa, bensì una quantitativa, nel senso che le vocali si differenziano dalle consonanti per un maggior grado di sonorità e di apertura. La vocale “a” si realizza di solito con massima apertura orale e minima elevazione linguale; la “e” e la “i” sono vocali “plateali”, si realizzano all’altezza del palato e la seconda è più chiusa della prima; la “o” e la “u” sono vocali velari, si realizzano all’altezza del velo pendulo e la seconda è più chiusa della prima. In entrambe si realizza una spinta in avanti delle labbra (protrusione labiale o procheilìa) che non si ha invece per la “e” e per la “i”. Esiste una vocale “centrale”, di suono indistinto, chiamata con termine ebraico “scevà”, che corrisponde abbastanza bene alla cosiddetta “e muta” del francese, ed è presente in sillaba non accentata in molte parole dei dialetti italiani centro - meridionali. Nel caso delle consonanti distinguiamo innanzitutto tra “modo di articolazione” e “luogo di articolazione”. Secondo il modo le consonanti possono essere “sorde” (pronunciate senza vibrazione delle corde vocaliche: “p”, “t”, “k” in italiano) o “sonore” (pronunciate con vibrazione delle corde vocaliche: “b”, “d”, “g” di gatto in italiano). Secondo il grado di apertura del punto in cui avviene l’articolazione distinguiamo inoltre tra “occlusive o momentanee”, che sono pronunciate con una chiusura completa degli organi deputati alla fonazione (es. “t”), e “fricative o durature”, per la pronuncia delle quali gli organi di fonazione si accostano semplicemente, lasciando passare tra di loro l’aria proveniente dai polmoni (es. “s”). In base al luogo di articolazione le principali consonanti sono “k” (occlusiva velare sorda: es. “casa”), “g” (occlusiva velare sonora: es. “gatto”), “h” (fricativa velare sorda: es. tedesco “Haus” = casa), “k” (occlusiva palatale sorda: es. it. “chiesa”; dove è espressa graficamente con la sequenza “chi”), “g” (occlusiva palatale sonora: es. it. “ghiaia”), “t” (occlusiva dentale sorda: es. terra), “d” (occlusiva dentale sonora: es. dono), “th” (fricativa interdentale sorda: es. inglese “thing” = cosa), mentre il corrispondente suono sonoro è in inglese “the” = il, lo; “p” (occlusiva labiale sorda: es. pane), “b” (occlusiva labiale sonora: es. bere), “f” (fricativa labiodentale sorda: es. fare), “v” (fricativa labiodentale sonora: es. vaso). Esistono anche le labiovelari, consonanti la cui articolazione avviene all’altezza del velo pendulo con simultanea protrusione delle labbra: le troviamo nei suoni iniziali di it. “quasi” (labiovelare sorda) e “guasto” (labiovelare sonora). “Nasali”, in quanto l’aria proveniente dai polmoni risuona nelle fosse nasali, sono “m” (con articolazione labiale) e “n” (con articolazione dentale). Si dicono “affricate” quelle consonanti che sono il risultato di una occlusione seguita immediatamente da una fricazione con lo stesso luogo di articolazione (es. “z” di zio, che è sorda ed è la somma di t + s). Infine la “r” si può definire “vibrante” e la “l” “laterale” in quanto nel caso della prima l’organo di fonazione principale è l’apice della lingua che vibra e nel caso della seconda l’aria passa lateralmente alla lingua. L’insieme delle vocali e delle consonanti costituisce l’alfabeto. Nella lingua italiana abbiamo: A B C D E F G H I L M N O P Q R S T U V Z nella forma maiuscola a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z nella forma minuscola (a) (bi) (ci) (di) (e) (effe) (gi) (acca) (i) (elle) (emme) (enne) (o) (pi) (cu) (erre) (esse) (ti) (u) (“vu” o “vi”) (zeta) cui però bisogna aggiungere altre lettere (prestiti di lingue straniere) entrate nell’uso comune J K W X Y (i lunga) (cappa) (“vu” o “vi” doppia) (ics) (ipsilon). In italiano, le vocali “a”, “i”, “u” hanno ciascuna un proprio ed unico suono: “anima”, “voci”, “umida”. Le vocali “e”, “o” hanno ora suono aperto, ora suono chiuso. I due suoni vengono distinti dagli accenti fonici: accento grave (`) per il suono aperto accento acuto (´) per il suono chiuso. La “e” della parola “immènsa” ha suono aperto (accento grave). La “e” della parola “crésta” ha suono chiuso (accento acuto). La “o” della parola “talvòlta” ha suono aperto (accento grave). La “o” della parola “sólchi” ha suono chiuso (accento acuto). Nella lingua parlata quindi le vocali diventano sette, in quanto sette sono i suoni che corrispondono ai cinque segni delle vocali. Non si possono formulare regole precise circa l’esatta pronuncia dei suoni aperti o chiusi delle vocali “e” ed “o”. Nei casi dubbi può essere d’aiuto un buon vocabolario. L’accento è molto importante in italiano: alcune parole, che le grammatiche chiamano “omografe”, perché scritte nella stessa maniera, generano confusione e impongono di rigore l’accento: àltero (verbo) altero (agg.) àncora (sost.) ancora (avv.) àmbito (sost.) ambito (part.) attàcchino (verbo) attacchino (sost.) bàcino (verbo) bacino (sost.) bràmino (verbo) bramino (sost.) càmpano (verbo) càpito (pres. ind.) capito (part.) circùito (sost.) circuito (part.) cómpito (sost.) compito (agg.) condòmini (propr. del condominio) condomini (pl. di condominio) dècade (sost.) decade (verbo) desìderi (verbo) desideri (sost.) diménticati (imperativo) dimenticati (part.) esàmino (verbo) esamino (sost. diminutivo) ètere (aria) etere (cortigiana) férmati (imperativo) fermati (part.) ìmpari (agg.) impari (verbo) ìindice (sost.) indice (verbo) ìntimo (agg.) intimo (verbo) intùito (sost.) intuito (verbo) ìsolano (verbo) isolano (agg.) méndico (verbo) mendico (sost.) nèttare (sost.) nettare (verbo) òccupati (imp.) occupati (part.) pàgano (verbo) pagano (sost.) pèrdono (verbo) perdono (sost.) persèguito (verbo) perseguito (part.) pòrtale (imp.) portale (sost.) prèdica (sost.) predica (verbo) pròtesi (sost.) protesi (part.) pròvino (verbo) provino (sost.) rasségnati (imp.) rassegnati (part.) regìa (sost.) regia (agg.) rùbino (verbo) rubino (sost.) scrìvano (verbo) scrivano (sost.) sùbito (avv.) subito (part.) tèndine (sost. sing.) tendine (sost. pl.) tùrbina (verbo) turbina (sost.) venèfici (agg.) venefici (sost.) vìola (verbo) viola (sost.) vìolino (verbo) violino (sost.) vòlano (verbo) volano (sost.) C’è addirittura una parola con tre possibilità di accentazione: Mancando il “capitano”, il tenente “capitanò” l’assalto: cose che “càpitano”. Come si è visto tra la parola piana (accento sulla penultima) e la sdrucciola (accento sulla terzultima) generalmente si opta per l’accento sulla sdrucciola: Non è “ancora” il momento di levar l’àncora. Alcuni vocaboli richiedono un’attenzione ancora maggiore perché il loro significato non dipende dalla collocazione dell’accento (prìncipi e princìpi), bensì dalla sua natura: grave o acuto. Accétta è una scure; accètta è la terza persona sing. Del verbo accettare. Bótte (recipiente) ha la vocale tonica stretta, le bòtte (percosse l’hanno larga: Il garzone ruppe la bótte e il padrone lo riempì di bòtte. Lètto (sost. e verbo), invece, conserva la stessa pronuncia e lo stesso accento. Le parole che hanno la stessa pronuncia e lo stesso suono, ma significato diverso, sono dette omofone (uguale suono). Il significato di una parola omofona è suggerito dal senso della frase: I commensali hanno riso quando è stato servito il riso senza condimento. Per piacere non fàccia la faccia burbera quando mi incontra. Altri esempi di parole omografe: téma (timore) tèma (argomento) cólto (agg.) còlto (verbo) mózzo (marinaio) mòzzo (perno di una ruota di bicicletta) impòste (finestre) impóste (tasse) pésca (il pescare) pèsca (frutta) vènti (sost.) vénti (numero) collèga (nome) colléga (verbo) còppa (bicchiere) cóppa (insaccato) fòro (piazza) fóro (buco) lègge (verbo) légge (decreto) pèste (malattia) péste (orme) pòrci (maiali) pórci (porre noi stessi) scòpo (fine) scópo (verbo) vòlgo (verbo) vólgo (popolo) Per lo stesso timore di ambiguità si accentano i monosillabi “sé” (pronome), “sì” (avverbio), “dà” (verbo), ecc. vedi pagina... Le consonanti italiane si distinguono secondo il luogo del suono in: Labiali: p - b - f - v - m Dentali: t - d - s - z Gutturali: c - g - q Palatali: c - g (seguite da e - i) - n Le consonanti si distinguono anche secondo l’intensità del suono (modo). Si chiamano allora “mute” se prive di suono: la consonante “h” di hai; “sibilanti” se suonano come un soffio: f - v - s - z; “liquide se hanno suono scorrevole: l - r; “nasali” se hanno un suono nasale: m - n. Consonante “C” Nelle parole: centri - cittadine cattedrale - particolare - cui - chiusi la consonante “c” ha suono: “palatale” davanti alle vocali “e” - “i” “gutturale” negli altri casi. Consonante “g” Nelle parole: ingente - immagini legata - godere - glaciale - grida - luoghi la consonante “g” ha suono: “palatale” davanti alle vocali “e” - “i” “gutturale” negli altri casi. Consonante “s” Nelle parole: sbaglio - sdentato - sgonfio - sleale - svelto la consonante “s” ha suono dolce. Invece, nelle parole: sale - asso - arso - scatola la “s” ha suono aspro. Seguita da altre consonanti la “s” è chiamata “impura”. La lettera “s” non ha di per sé un suono dolce o aspro; tale diversità dipende dalle vocali che la precedono o la seguono. Consonante “z” Nelle parole: azalea - zaino - zelo - zoo la consonante “z” ha suono dolce perché è tra due vocali e perché è seguita da vocale in principio di parola. Invece nelle parole: bozzolo - pazzo - grazioso - paziente - oziare la “z” ha suono aspro perché doppia e perché seguita dalle vocali io ie - ia. Consonante “q” La consonante “q” ha suono gutturale ed è sempre seguita dalla vocale “u”: quando - tranquilla - conquistare. Consonanti “p” - “b” Le consonanti “p” e “b” sono sempre precedute dalla “m”. Ma si dice: benpensante - benportante. Consonante “h” La consonante “h” viene usata per rendere gutturale il suono di “c” e “g” davanti alle vocali “e” ed “i”. Ma viene anche usata nelle esclamazioni: ah! eh! uh! ohi! ecc. La consonante “h” serve anche a distinguere: “ho” verbo da “o” congiunzione “hai” verbo da “ai” preposizione articolata “hanno” verbo da “anno” nome. Oggi solo queste quattro voci del presente indicativo del verbo avere iniziano con la lettera “h”. Qualche tempo fa per esse si ricorreva all’accento: “ò” per “ho”, “ài” per “hai”, “à” per “ha”, “ànno” per “hanno”. Questa scrittura si può ritrovare solo in alcuni scrittori. Raddoppiamento delle consonanti. All’interno di una parola tutte le consonanti, con la sola eccezione dell’ “h”, possono raddoppiarsi. Ma si dice: acqua - nacque in quanto la consonante “q” si raddoppia soltanto nella parola “soqquadro” e nei suoi derivati (negli altri casi diventa “cq”). La consonante “b” non si raddoppia nelle parole terminanti in “bile”: contabile - nobile - terribile. La consonante “g” non si raddoppia davanti a “ione”: ragione - prigione - stagione. Si raddoppia davanti a “gine”, ma solo se la parte che precede ha un proprio significato: stupidaggine - testardaggine (ma “immagine” - “indagine” perché “imma” e “inda” non hanno significato). La consonante “z” non si raddoppia davanti a “io”, “ia”, “ie”, “ione”: spazio - mestizia - azienda - abitazione Fanno eccezione: pazzia - razzia - carrozziere - corazziere ecc. Si scrive inoltre: controfigura - sottomarino in quanto le parole contro e sotto non raddoppiano la consonante che segue. Al contrario le parole “contra”, “sopra”, “fra”, “se”, “su” raddoppiano la consonante che segue. Digrammi Diverse consonanti possono trovarsi unite in modo da esprimere un suono solo. E’ il caso del digramma (parola greca che significa lettera doppia) Digrammi “ch” - “gh” I digrammi “ch” - “gh” hanno suono gutturale: chiasso - chiave - ghisa - ghianda Digramma “gl” Nelle parole: battaglia - foglia - figlia - maglia il digramma “gl” si trova davanti alla vocale “i” e ha suono palatale. Però, nelle parole: glaciale - gleba - globo - glutine “gl” ha suono gutturale e non costituisce digramma in quanto forma due suoni distinti. Nelle parole: glicerina - glicine - anglicano - negligenza “gl” ha suono gutturale pur trovandosi davanti alla vocale “i”. Digramma “gn” Scrivo: guadagnare - ingegnere - cognizione - ognuno Il digramma “gn” ha suono nasale davanti a qualsiasi vocale. Digramma “sc” Il digramma “sc” ha suono palatale davanti alle vocali “e” - “i”: mascella - scervellato - uscire - scintilla Però nelle parole: scultura - stordiscono - vasca “sc” ha suono gutturale e non costituisce digramma in quanto forma due suoni distinti. Divisione delle parole in sillabe. La sillaba è quella particella della parola che, riferiscono le grammatiche, viene pronunziata con una sola emissione di fiato. E’ costituita da una o più lettere, ma non deve mancare la presenza di una vocale in quanto le consonanti da sole non si possono pronunziare. Per la divisione delle parole in sillabe occorre conoscere alcune regole che suggeriscono quando due o più vocali, due o più consonanti appartengono alla stessa sillaba o devono essere separate. Dittongo1 Le vocali del dittongo appartengono alla stessa sillaba: gua - da - gno, muo - re, Gui - do Trittongo Le vocali del trittongo (tre vocali) appartengono alla stessa sillaba: tuoi, a - iuo - la, ba - ciai. 1 Incontro di due vocali pronunciate con una sola emissione di fiato. I dittonghi “io” - “ie”, che si possono trovare solo in sillaba accentata: scuola - cielo - muovo - viene sono detti “mobili” perché nelle parole derivate o nella Iato Scompongo in sillabe: so - la - tì - o, co - stù - i, Do - ro - tè - a, te - à - tro. Le vocali dello iato (incontro di due vocali pronunziate separatamente9 non appartengono alla stessa sillaba. Consonanti doppie Le consonanti doppie si separano: cit - tà, ca - val - li, car - ret - ta. Consonanti “cq” Le consonanti “cq” si separano: ri - sciac - quarsi, ac - quo - so, ac - qua - ti - co Consonante “s” La consonante “s”, quando si trova davanti ad altra consonante, si unisce ad essa: fru - sta, ri - spo - se, di - scor - so. Consonanti consecutive Le consonanti consecutive (due o più di due) si uniscono alla vocale che segue qualora insieme formino un gruppo di lettere che possa stare in principio di parola: pa - dro - ne, en - tra - va, gua - da - gna - to coniugazione dei verbi perdono la prima vocale e su quella che rimane non cade più l’accento: SCUOLA SCOLARO, CIELO - CELESTE, VENE - VENITE. (con i gruppi di lettere “dro” - “tra” - “gna” iniziano parole come: dromedario - trave - gnaulare). Parole con prefisso Molte parole con prefisso (“cis” - “dis” - “in” - “tras” ecc.)si dividono come se fossero due parole distinte oppure seguendo le regole generali: cis - pa - da - na, dis - to - glie - re ci - spa - da - na, di - sto - glie - re Parole con apostrofo Quando c’è l’apostrofo la divisione avviene: del - l’a - si - no, l’a - mi - co E’ ammissibile l’apostrofo in fin di riga. Si può cioè scrivere: dell’/antico - tutt’/altro - un’/anima In questo caso, mi sembra che la questione di una divisione sillabica non sia neppure da considerare: qui si tratta della semplice spezzettatura di un nesso sintattico, imposta da un limite di spazio. Anzi l’apostrofo impedisce un autentico errore morfologico, a cui l’orecchio potrebbe pericolosamente assuefarsi: dello/antico, tutto/altro, allo/estremo. Accento Le sillabe colpite dall’accento si chiamano “toniche”, le altre si dicono “àtone”. L’accento a sua volta può essere di due specie: acuto (´) e grave (`) L’accento “acuto” secondo le grammatiche italiane dovrebbe porsi sulle vocali “i” ed “u” quando vanno accentate (compì, più) e sulle vocali “e” ed “o” quando hanno suono chiuso (baléna, dignitóso); l’accento “grave” si pone sulla vocale “a” quando va accentata (papá) e sulle vocali “e” ed “o” quando hanno suono aperto (pèrdere, cappòtto). Esiste anche un terzo tipo di accento, il “circonflesso” (^) che un tempo era molto usato per indicare parole contratte, cioè ridotte (vôto per vuoto, fêro per fecero, principî per principii). Oggi però, tale accento è inutile. Noi tutti siamo abituati alla doppia i, laddove sussista possibilità di confusione: assassinii da assassinio; assassini da assassino Così come siamo pure abituati, quando scriviamo, a segnare indistintamente gli accenti da sinistra a destra, cioè nella forma dell’accento grave. Mentre i puristi non trovano niente da ridire per le vocali “i” ed “u”, dato che in questi casi, l’accentazione non porta alcun mutamento di suono, essi però, esortano a sforzarci di segnarci correttamente gli accenti almeno sulla “e” e sulla “o”. Regola non rispettata nemmeno dagli scrittori, dato che in romanzi famosi si trovano le “e” di perché, benché, accentate gravi, invece che acute come prescrive la regola. Le parole, secondo la posizione dell’accento, si dividono in “tronche”, quando l’accento cade sull’ultima sillaba: virtù, bontà, papà, “piane”, quando l’accento cade sulla penultima: amore, fratelli, “sdrucciole”, quando l’accento cade sulla terzultima: tavola, libero possibile, “bisdrucciole”, quando l’accento cade sulla quartultima: meritano, scivolano, “trisdrucciole”, quando l’accento cade sulla quintultima: liberamelo. In genere l’accento tonico non viene segnato nel corpo della parola. E’ obbligatorio scrivere l’accento sulle tronche: città, varietà, bontà e su alcuni monosillabi per distinguerli dagli omografi: sì (avv. Affermativo) si (pronome) sé (pronome) se (congiunzione) né (cong. neg.) ne (pronome) dì (nome) di (preposizione semplice) dà (verbo) da (preposizione semplice) lì (avv. Di luogo) li (pronome) là (avv. Di luogo) la (articolo o pronome) è (verbo) e (congiunzione) tè (nome) te (pronome) Sono lieto se Mario fa tutto da sé; verrò da te a prendere un tè; Luigi mi dà il sapone da barba. Rifiutano l’accento: qui, qua, so, sto, sta, va, tre (però nei composti, si scrive ventitrè, trentatrè), re, fu, su, ecc. Sull’accentazione di “se stesso” (e non “sé stesso”), dove il rischio di confusione con la congiunzione “se” è fugato dalla presenza dell’aggettivo “stesso”, i vocabolari, non è una novità, discordano: Il Palazzi consiglia: sé stesso Il Devoto - Oli: se stesso Lo Zingarelli: sé stesso Il Migliorini: sé stesso però ammette che taluni usano se stesso Il Garzanti: sé stesso e se stesso. Poiché siamo in tema di accenti, non sarà male ricordare che si dice: gòmena, gratùito, Friùli, acrocòro, adùlo, àlacre, alchìmia, anòdino, arterioscleròsi, callìgufo, cesàreo, congrèga, cosmpolìta, dàrsena, dissuadére, edìle, edùle, infingardìa, insalùbre, ippòdromo, leccornìa, madìceo, mollìca, protòtipo, salùbre, scandinàvo, scòrbuto, surrògo, svalùto, utensìle, valùto, zaffìro. La Rai, i mezzi di comunicazione di massa, il linguaggio della pubblicità portano non lievi responsabilità, riguardo a errori madornali come gratuìto (e non gratùito), leccòrnia (e non leccornìa), bàule (e non baùle). Gli isòtopi si son mutati in “isotòpi” (non mancano che gli “isogatti”), gli archètipi in “archetìpi”. Elisione e apostrofo L’elisione è la soppressione della vocale finale (non accentata) di una parola che si trova davanti ad un’altra parola che inizia per vocale. In sostituzione della vocale soppressa si mette l’apostrofo: c’è - dell’umiltà - un’arma anziché: ci è - della umiltà - una arma L’elisione è obbligatoria con gli articoli “lo” - “la” - “una” e con le preposizioni articolate formate con gli articoli “lo”, “la”: lo amico = l’amico, la estasi = l’estasi, una epoca = un’epoca, dello orso = dell’orso, sullo incontro = sull’incontro. Per evitare confusione si scriverà: all’assistente (se è uomo), alla assistente (se è donna). L’elisione è facoltativa dopo l’articolo “gli” (solo davanti a parole che iniziano per “i”), dopo le particelle “ci” e “vi” (solo davanti a parole che iniziano per “i” ed “e”: gl’inni - gl’insetti c’introdusse - v’erano La preposizione “di” si elide: d’aprile - d’intesa - una prova d’intelligenza ma si dirà: tintura di iodio perché la “i” seguita da vocale è considerata semiconsonantica; difatti si dice senza elisione, lo iodio, lo Ionio, lo iato. Per evitare confusione con “di”, la preposizione “da” non si elide: difetto da eliminare casa da affittare Eccezioni: d’ora in poi, d’altra parte, d’altronde, d’accordo sin d’allora. E’ preferibile non apostrofare mai l’articolo “le”: le amiche, le altezze, le epoche, le unità. L’elisione è facoltativa dopo gli aggettivi: bello e quello, bella e quella buona, nessuna e alcuna, grande, Santo e Santa: bell’anello - quell’intruso - bell’età - quell’uscita - buon’amica nessun’assenza - alcun’alunna - grand’uomo - Sant’Antonio Sant’Anna. Troncamento Il troncamento è invece la caduta della vocale o della sillaba finale, tanto se la parola seguente comincia con la vocale quanto se comincia con consonante, e non vuole l’apostrofo. (Ciò avviene con i vocaboli che, una volta caduta la vocale finale terminano con le consonanti “l” - “m” - “n” - “r”: signor giudice, mal di testa, suor Angelica, fra Michele, nessun interesse, nessun vantaggio, per quel che mi riguarda. Se le consonanti L - N - R sono doppie, cade tutta la sillaba finale per quel che mi riguarda anziché per quel che mi riguarda. Altri esempi: siam giovani - buon amico san tutto - per tempo anziché: siamo giovani - buono amico sanno tutto - porre tempo. Si deve però scrivere: bella spada - uno gnocco - quello psicologo in quanto il troncamento non avviene davanti a parola che inizia per “s impura” - “z” - “gn” - “ps”. Ricapitolando, nell’elisione l’apostrofo ricorda la caduta di una vocale che faceva parte integrante della parola: “Quest’inverno” è un’elisione, dove la “o” è scomparsa, ma non dimenticata, e scriviamo al suo posto un apostrofo. Invece nel troncamento la vocale o la sillaba soppressa non è sostituibile da alcun segno ortografico, la nuova parola vive autonomamente. Da “buono” abbiamo i troncamenti: buon amico, buon diavolo dove “buon” è parola autonoma, che si può premettere tanto ad “amico” (iniziale vocalica) quanto a “diavolo” (iniziale consonatica), senza bisogno di apostrofo. Si scriverà dunque: qual era (e non qual’era) perché “qual” è un troncamento. Difatti davanti a consonante noi diciamo: Qual buon vento ti porta? Pertanto scriveremo buon uomo (e non buon’uomo) perché diciamo anche buon giorno. Scriveremo nobil uomo perché davanti a consonante scriviamo “nobil donna2. Invece pover’uomo vuole l’apostrofo perché se fosse un troncamento la forma “pover” dovrebbe valere anche davanti a consonante e avremo “pover cane2, o pover diavolo” cose che nessuno si sogna di scrivere. “Grande” davanti a vocale subisce l’elisione: grand’uomo, grand’ammiraglio davanti a consonante subisce il troncamento: gran capo, gran modo, gran farabutto Davanti a “s” impura e a “z”, le opinioni divergono. C’è chi scrive: gran zizzania concedendo il troncamento, chi invece lo rifiuta e preferisce: il grande zaino, il grande spavento. Comunque è buona norma evitare il troncamento davanti a “s impura”, “z”, “gn”, “ps”. “Bello” si elide davanti a vocale. dell’arnese, sei bell’e spacciato e si tronca davanti a consonante che non sia “s impura”, “z”: bel ragazzo, bel divertimento, bello specchio, bello zaino. Al riguardo diventa “begli” davanti a vocale, a “s impura” e “z”: begli ornamenti, begli specchi, begli zaini. Davanti alle altre consonanti, fa il plurale “bei”: bei libri, bei quadri però diventa “belli” se è posposto al nome: In quella casa ho visto quadri belli. “Santo” si tronca davanti a nome che comincia con consonante o con “i” semiconsonantica: San Giuseppe, San Jacopo Davanti a vocale si elide: Sant’Anna, Sant’Ignazio Resta intero davanti a “s impura”: Santo Stefano, Santo Spirito però davanti a “z” si tronca: San Zeno Eccezionalmente alcuni troncamenti vogliono l’apostrofo. Si tratta degli imperativi va’ (vai), sta’ (stai), fa’ (fai), di’ (dici) che altrimenti si confonderebbero con il presente indicativo, terza persona singolare: egli va, egli sta, egli fa Troncamenti sono anche considerati mo’ (modo), po’ (poco) e il meno usato que’ (quei). Accanto ai troncamenti con apostrofo che vengono usati abbastanza frequentemente, ve ne sono altri che si incontrano raramente, e solo in poesia. Si tratta delle preposizioni: a’ (ai), da’ (dai), ne’ (nei), co’ (coi), su’ (sui) dei monosillabi: mi’ (mio), tu’ (tuo), su’ (suo), i’ (io), e’ (egli), vo’ (voglio) e degli imperativi: to’ (togli), gua’ (guarda), ve’ (vedi), mi’ (mira) L’apostrofo si usa anche davanti ai numeri che cominciano per vocale: l’8 settembre e per abbreviare l’indicazione degli anni: la guerra del ’48 però è consigliabile scrivere: la rivoluzione dell’Ottantanove, perché in questo caso le cifre richiederebbero due apostrofi (la rivoluzione dell’89). Regola generale: per operare un troncamento occorre che la sillaba finale contenga una delle seguenti consonanti: “m”, “n”, “l”, “r”. Non è pensabile, per esempio, un troncamento in “b”: “un superbo ingegno”. Segni d’interpunzione (o segni di punteggiatura) I segni d’interpunzione: (,) virgola - (;) punto e virgola - (: ) due punti - (.) punto fermo - (!) punto esclamativo - (?) punto interrogativo. La poesia moderna tende a sopprimere i segni d’interpunzione. Taluni sono scomparsi anche dalla prosa. Per esempio, il punto esclamativo. Resiste però il neutrale punto fermo. Dall’uso corrente sono stati eliminati i puntini di sospensione ( . . . ), accusati di provincialismo, di reticenze e di promesse non mantenute, come succede quando preannunciano una battuta umoristica, e per quasi dicano: adesso preparatevi a ridere, e arriva una battuta triste. Persino le virgolette (“) tendono a scomparire. Nella prosa moderna il “discorso diretto” viene incorporato nel contesto senza segni distintivi (il figlio disse al padre non m’importa di ciò che pensi e se ne andò). Malgrado l’opinione del futurista Marinetti, che nel suo furore contro il passato vagheggiava un mondo senza punteggiatura, è bene non essere avari di segni. Spesse volte si incontrano cartelli del tipo: “Qui si vendono impermeabili per bambini di gomma” Per evitare dubbi sulla consistenza muscolare dei piccoli clienti, bastava inserire una virgola: “Qui si vendono impermeabili per bambini, di gomma” o meglio ancora: “Impermeabili di gomma per bambini” La virgola è indispensabile. Essa rappresenta la pausa più breve (i segni d’interpunzione indicano a chi legge l’obbligo di fermarsi). La pausa più lunga è affidata al punto fermo; al punto e virgola, una pausa intermedia. La virgola è d’obbligo nei vocativi: Mario, che cosa hai fatto? Al principio e alla fine di un inciso, di un’apposizione, di espressioni parentetiche, che si possono chiudere tra parentesi e togliere dal contesto, senza danneggiarne il senso compiuto: Marconi, genio italico, inventò il radiotelegrafo Cesare, varcato il Rubicone, marciò verso Roma La virgola si usa anche nelle elencazioni: Al mercato ho comprato mele, pere, arance e prugne. I “due punti” (indicano una pausa quasi come quella del punto e virgola)si usa quando si vogliono riferire parole di altre persone e per chiarire o completare quanto detto in precedenza scrivo: Mamma ha comprato: carne, pesce, uova, frutta I due punti si usano prima di una enumerazione. Il punto interrogativo (?) si usa alla fine di una interrogazione. Segni ortografici (per indicazioni varie): (´`) accenti, (‘) apostrofo, ( . . . ) puntini di sospensione, ( ) parentesi, (“) virgolette, ( - ) lineetta, (= ) lineette, (-) tratto d’unione, ( * ) asterisco, ecc. Alcuni di questi segni sono stati già trattati. Restano da considerare li parentesi tonde ( ) usate per racchiudere parole o frasi che vengono isolate dal resto del discorso in quanto non hanno con esso un preciso legame: La lettura (mi auguro che tu non l’abbia dimenticato) è utilissima per il buon uso della punteggiatura. Le parentesi quadre [ ] si usano per introdurre parole estranee al testo: Jolly [ pr. Jolly ] La lineetta ( _ ) sostituisce le virgolette nel discorso diretto: - Sei stato a prendere il fresco? - Sì - E come si stava? Le lineette ( = ) vengono usate per spezzare la parola in fondo alla riga. Sono sostituite a volte da un semplice trattino ( - ) Il trattino d’unione (- ) è usato per congiungere due termini: il confine italo - francese L’asterisco ( * ) era ed è usato al posto di un nome che non si conosce o si vuol tacere: Il signor * è indisponente Parte seconda L’alfabeto francese Il francese usa un alfabeto di 26 lettere per trascrivere 35 suoni diversi. Quindi non c’è esatta corrispondenza tra suoni e lettere, pertanto il francese non ha scrittura fonetica. L’italiano ha sempre scrittura fonetica per le vocali e quasi sempre per le consonanti (salvo “ch” e “sc”). Dato che le lettere dell’alfabeto sono insufficienti a rappresentare tutti i suoni di una lingua, per dare la trascrizione esatta della pronuncia di una parola bisogna far ricorso ad uno speciale alfabeto, che consenta di rappresentare ciascun suono con un segno diverso. Il sistema di trascrizione più largamente diffuso e generalmente accettato è quello dell’alfabeto fonetico internazionale (v. vocabolario Petit Robert fotocopia). A gruppi di lettere diversi può corrispondere un identico suono: Per esempio: Ë = in, ain, aim (fin, impossible, bain, faim) = ch, sch (chaud, schéma) A una lettera possono corrispondere più suoni: s = s, z (pense, “s” sorda, poison, “s” sonora) A un suono possono corrispondere lettere diverse: i = i, y v = v, w Alcune lettere non si pronunciano e muta: un (e) petit (e) fill (e) (“e” non accentata in fine di parola) 2 d, p, s, t: in fine di parola: trop, grand, petit, maisons h: “en haut” (“h” aspirata iniziale rifiuta la “liaison”) Sedici vocali i: lit, ville y: rue, vu u: vous e: bébé, café Ø: peut, heureux o: auto, nos : sept, père œ: seul, beurre a: chat, pat : le a: passe, nation Ê: pain, fin œ: un, brun ô: bon, oncle : port, note ã: dans, chanter La “e” breve La “e” (breve) si pronuncia se si trova all’inizio di un gruppo: Que veux - tu? Reprends du fromage Demain tu iras la voir Le docteur va arriver Si può invece sopprimere la seconda e del gruppo: Ne m(e) prends pas d(e) billet Je l(e) connais biens Je r(e)garde la télévision le soir Non si pronuncia mai la e, es, ent (desinenza verbale) alla fine di un gruppo o di un vocabolo. 2 La vocale tra parentesi non si pronuncia Il va à la post(e) - Ell(es) dis(ent) qu’il est bêt(e) Si pronuncia la “e” breve del pron. Pers. “le” dopo un verbo all’imperativo: Donnez - le - Apportez - le All’interno di un gruppo: Si pronuncia la e preceduta da due o più consonanti pronunciate: Tous les vendredi - Apprenez bien vos leçon - exactement Non si pronuncia la e preceduta da una sola consonante pronunciata: Ell(e) n’a pas l(e) temps - La p(e)tite maison - d(e)vant la gare - Il pass(e)ra dans la s(e)main(e) - cett(e) photo - laiss(e) - moi r(e)garder. Le vocali intermedie chiuse: e ø o aperte: œ o sono pronunciate aperte o chiuse secondo che siano seguite o meno da una consonante pronunciata in sillaba accentata: chiuse: assez ase peu pø beau bo aperte: bête bt seul sœl porte port Se la sillaba finisce con (z) (s sonora) i suoni o e eu sono chiusi: rose roz heureuse ørøz Semivocali w vois vwa loin i fille fij pied pje vaille vaj y lui suis tuer lyi lw syi tye Sedici consonanti In francese vi sono 16 consonanti, poiché jn, nasale palatale è sostituita da molti francofoni con n + j. Si pronuncia: Champagne ãpanj come panier panje Le sei occlusive e le sei fricative sono raggruppate in due serie parallele: una serie sorda (p, t, k, f, s, ) e una serie sonora (b, d, g, v, z, ) Le altre quattro consonanti si pronunciano talvolta come sorde, talvolta come sonore, secondo gli elementi fonetici che le circondano: in “peuple”, l è sordo come “r” in “prend”. Di solito in francese nessun suono particolare segnala le consonanti doppie: grammaire gramr Il ritmo della frase Il ritmo è caratterizzato da: - posto fisso dell’accento, sempre sull’ultima sillaba del gruppo ritmico o della parola, se pronunciata isolata. - accento di gruppo. Nell’enunciato la parola perde il suo accento a vantaggio dell’accento del gruppo. L’accento cade sull’ultima sillaba del gruppo. Notate come l’accento si sposta da una parola all’altra: la maison la grande maison la grande maison blanche la grande maison grande et rouge. L’accento di gruppo permette di spezzare l’enunciato in gruppi di significato che coincidono con le unità sintattiche: Elle est arrivée / hier / avec son père et sa mère In italiano ogni parola ha il suo accento tonico, salvo qualche preposizione o articolo: elena cánta giocándo nel práto Nadine chánte en jouant dans le pré L’accento di regola, cade sull’ultima sillaba del gruppo ritmico (accento ritmico): Si tu es fatigué / nous prendrons l’autobus / à la prochaine station. L’accento è sottolineato da una differenza di tono, di livello di voce e da una modificazione della curva melodica. Si tu es fatigué, nous prendrons l’autobus à la prochaine station. Bonjour, madame Ledoux - C’est ici - Philippe est là - C’est son bureau Un altro accento può integrare il primo per sottolineare quello che sente o pensa chi parla. E’ l’accento di insistenza che poggia sulla prima o sulla seconda sillaba che si vuol mettere in risalto: C’est une règle absolue - Elle est adorable - C’est une spectacle ........ La sillaba che esprime le reazioni personali del locutore è pronunciata con più forza delle altre. L’intonazione della frase semplice dichiarativa è ascendente nella prima parte e discendente nella seconda. Se chi parla attribuisce particolare valore a un gruppo di significato rispetto agli altri, può situare il tono più alto della voce alla fine del gruppo che intende sottolineare. L’intonazione sale: - alla fine della frase in sospeso (esitazione, pausa) - nelle domande (in genere) Vous étiez là. Vous étiez là? Nelle frasi imperative l’intonazione è discendente: Venez! Viens ici! Nelle frasi esclamative, l’intonazione si sposta in forma molto accentuata o verso l’alto (più frequentemente) e allora indica sorpresa, o verso il basso (rimprovero, delusione). Vous étiez là. Gli accenti In francese esistono quattro accenti. Si possono usare solo sulle vocali. Di solito niente accento sulle maiuscole: A Paris accento acuto: (è) solo sulla “e” chiusa pronunciata in fine di parola o di sillaba (seguita da una sola consonante): bébé, répéter L’accento acuto non è mai seguito da una “d”, da una “f” o da una “z” finali: pied, clef, nez accento grave (à, è, ù): è frequente soprattutto sulla “e” (aperta): il achète, sempre in fin di sillaba o davanti a “s” finale: mocès. Permette di distinguere “à” preposizione da “a” (terza persona singolare del presente verbo “avoir”), “la” articolo da “là” avverbio di luogo, “ou” congiunzione da “où” interrogativo o relativo: çà - ça, dès - des. L’accento circonflesso (^): si può trovare su tutte le vocali, ma non è molto frequente. Sostituisce molto spesso una “s” caduta: pâte, bête, île, tôt, dû (part. pass. di “devoir” per non confonderlo con “du” prep. articolata), crû (part. Pass. Di croître) cru (part. Pass. Di croire), mûr (agg.) mur (nome). Nelle corrispondenti parole italiane “l” e “s” spesso sopravvive: pasta, bestia, tosto... Dieresi (tréma) (¨): si può trovare su “e”, “i”, “u”. Scioglie i dittonghi, staccando una vocale dall’altra: haïr (però je hais), aiguë, saül Dieresi (tréma) (¨): si può trovare su “e”, “i”, “u”. Scioglie i dittonghi, staccando una vocale dall’altra: haïr (però Je hais), aiguë, saül Elisione L'elisione è la soppressione di una delle vocali finali “a”, “e”, “i” davanti ad una parola che comincia per vocale o "h" muta: S'il vient Le elisioni che si fanno nella pronuncia non sono sempre segnate nella scrittura: fidèle ami, faible escorte Quando l’elisione risulta nella scrittura, la vocale caduta è rimpiazzata da un apostrofo: l’or, d’abord, l’heure L'elisione è obbligatoria negli articoli “la” et “le”: l’église, l'homme - nel pronome atono “la” davanti ai pronomi “en”, “y”, o davanti ad un verbo: Cette voix, je l'entends - Elle a bien agi: je l'en félicite. Elle refuse de partir: je 1’y contraindrai. (ma: Laisse-la entrer; envoie-la ouvrir: perchè “la” è accentato) - Nei pronomi “je”, “me”, “te”, “se”, “le” atono, seguiti dai pronomi “en”, “y” o davanti ad un verbo: J'ai, il m’entend, on l’aperçoit, il s’y perd (ma: Fais - le asseoir, perchè “le” è accentato) nel caso di “de”, “ne”, “que”, “jusque”, “lorsque” , “puisque”, “quoique”, e nelle locuzioni congiuntive composte con “que”: faible d’Esope, il n’a pas, ce qu’on a, je veux qu’il parte, jusqu’ici, lorsqu’il dit. Lorsqu’à des proposition... Lorsqu’en 1637... Puisqu’on veut - Quoiqu’un homme soit mortel - Avant qu’il vienne. - nel pronome “ce” seguito da “en” e davanti la “e” o la “a” inìziale di una forma semplice o composta del verbo “être”: C'est, ç’a été, c’eut été, c’en est fait - in presq’ile, quelqu’un (o quelqu’ une), ma non in “presque entier”, “presque achevé”, “quelque autre” - in “entre”, elemento dei cinque verbi “s'entr’aimer”, “entr’apercevoir”, “s’entr’appeler”, “s’entr’ avertir”, “s’entr’ égorger”. Senza apostrofo: “entre eux”, “entre amis”, “entre autres” - nella congiunzione “si” seguita da “il” (o “ils”): S’il vient, s'ils viennent, dis - moi s’il part Non si apostrofano mai: “une”, “ma”, “ta”, “sa”, “ce” (agg. dimostrativo); “qui” (pron. relativo soggetto). L'elisione non ha luogo davanti al nome “un” (cifra o numero),davanti a “huit”, “huitaine”, “huitième”, “uhlan”, “yacht”, “yak”, “yole”, “yucca” ecc. Nè davanti ad alcuni nomi propri come “Yemen”, “Yucatan” ecc. C’è discordanza di pareri riguardo “oui”, “onze”, “onzième”. Per alcuni nomi è possibile l’apostrofo: Il suffit de oui, la bonne soeur fit signe que oui Altri invece l'ammettono in determinati casi: Je crois qu’oui, je lui fit signe qu’oui, je pense qu'oui, il dit qu’oui, par un beau soleil d'onze heures, l’onzième volume. Anche per “ouate” (ovatta si esita: si dice più spesso “1a ouate”che “1’ouata”). Liaison (legamento) Si fa la “liaison” tra una consonante normalmente non pronunciata,ma scritta, e la vocale iniziale (o “h” + vocale) della parola che segue. Le consonanti mute finali “s”, “t”, “d”, “x”, “z”, si pronunciano con suono (z): les idées jolies mes tes de bonne idées anniversaires belles ses attendent l’avion nos amis Ils habitent à Paris vos allumettes ouvrent le livre leurs étudiants arrivent ces des Elles ont vingt ans avions offrent un cadeau Vous avez des amis - Nous sommes en France - Vous êtes avec lui Je suis à Paris. Beaux De jolis elle appareils chez grands petits dix hommes six oeufs (non si pronuncia la “f”) - suono (n) un autre cadeau son autre sac un appartement mon appartement eux un anniversaire ton anniversaire - suono (t) C’est une femme C’est mon grand ami Quand il vient (d) - (t) quando la parola che segue inizia con vocale: grand effort La “liaison” è obbligatoria all’interno di un gruppo ritmico, ma non si effettua mai tra un gruppo e l'altro. Il les ont apportés / en autobus Mes parents / ont acheté / des oeufs Niente liaison con “et”: Il est grand /et / américain e tra “mais” e “oui”: mais /oui - con le parole che finiscono in “rt” si lega con “r” e non con “t”. un court entretien: kurãtrtj Enchaînement consonantico Tra l’ultima consonante di un vocabolo e la vocale iniziale della parola successiva non c’è interruzione di suono: Il a un (e) amie Il est sept (h)eures Avec un (e) amie C’est une bonn(e) idée Ell (e) attend Il est toujour (s) avec elle Cett(e) étudiant (e) est française Echaînement vocalico Tra 1’ultima vocale di una parola e 1a vocale iniziale della parola successiva non c’è interruzione di suono: Il va au cinéma. Elle atten(d) un ami. Elle me(t) une robe. Il va achete( r ) une chemise. Il est chez Hélène. Il veut un chapeau. Il y a une carte postale. La “cedille” (,) si pone sotto la “c” per addolcire il suono davanti ad “a”, “o”, “u” e dunque per indicare che la consonante deve essere pronunciata come “s” sorda: Avança, leçon, reçu Il “trait d'union” (-). Serve a legare le parole: Arc - en - ciel, dit - il, toi- même. Il trait d’union è usato: - nei nomi composti - tra il verbo e il pronome personale (o “ce”, “on”) che lo segue: Dis - je, voit - on, est - ce vrai? - tra il verbo all’imperativo e i pronomi personali complemento, che formano con esso un solo gruppo fonetico, senza pausa: Crois - rnoi, prends - le, dites - le - moi , faites - le - moi savoir. Senza trait d’union: Veuille me suivre, viens me le raconter - prima e dopo la consonante eufonica: Repliqua - t - il, chante - t - elle, convainc - t - on? - nei numeri composti, tra le parti che sono minori di cento: quatre - vingt - dix - huit, cinq cent vingt - cinq - davanti a “ci” e “là” congiunti dalle diverse forme del pronome “celui” o ai nomi preceduti da aggettivo dimostrativo: Celui .- ci, ceux - là, cette personne - ci, ces chose - là - nelle espressioni composte in cui siano usate “ci” e “là”: Ci - contre, ci - joint, là - haut, jusque - là par - ici, par - là ecc. - tra il pronome personale e l’aggettivo “même”: moi - même, nous - même ecc. Divisione in sillabe Francese e italiano rispettano sostanzialmente la stessa divisione in sillaba, eccetto con 1’ “s” impura (seguita da consonante): it. un a - spet - to fr. un as-pect - non si dividono mai le sillabe tra due vocali che formano dittongo: ca - mion (e non ca-mi-on) - si divide tra due consonanti, purchè la seconda non sia una “r” o “1”: ar - tic1e, per - mis - sion, as - su -rer invece: théâtre - théa-tre, tableau - ta - bleau - si divide dopo la prima di tre consonanti consecutive, se la terza è “r” o “l”: en - tre - prise, ar-bre, exem - ple altrimenti si divide tra la seconda e la terza consonante: comp - ter Come in ita1iano, le lettere maiuscole si usano all'inizio della frase e all'inizio di un nome proprio (sia esso nome che cognome): Victor Hugo L’ALPHABET FRANCAIS A B C D E F G H I J K LM a b c d e f g h i j k l m [a] [be] [se] [de] [ f [e] [a] i i ka l m N O P Q R S T U V W X Y Z n o p q r s t u v w x y z n o pe ky r s te y ve dublve iks igrk zed Les signes ortographiques é: accent aigu; è: accent grave; ê: accent circonflexe; ë: le tréma (Noël); l’: l’apostrophe (f.); grand - père: le trait d’union. Les signes, de ponctuation (.) le point - (,) la virgule1 - (;) le point et virgule - (...) les points de suspension - ( ) les parenthèses (f.) - (?) le point d’ interrogation; (!) le point d’exclamation - (“”) les guillemets (m.) - ( - ) le tiret. Tableau de la prononciation française Accent tonique [aksã t nik] a) sur la dernière syllabe: caméra, mercredi b) sur la pénultième, si la dernière syllabe est muette, c’est - à - dire si elle se termine par - e, - es, - ent (desinence verbale): idole, parole, ils parlent. Consonnes finales: pied, trop, 1it, assez, dix mots (en général les consonnes “de”, “p”, “t”, “s”,”x”, “z” ne se prononcent pas à la fin du mot) Division des syllabes: es - prit, a - pos - to - lat, pos - tal. (comme en italien, sauf pour le “s” devant consonne) Les sons et les mots l. Les voyelles 1. Le son [i] s’ècrit: i, y 2. Le son [e] s’écrit: è (en syllabe ouverte) ami, type clé, début e (en syllabe finale fermée) nez, parler, pied ai (dans les verbes et dans certains mots en 1 La virgola non va mai posta: - tra soggetto e verbo, tra verbo e complemento oggetto - prima di “et” e “on”. syllabe ouverte) 3. Le son [ (e ouvert) s’écrit: ai j’ai, j’irai, gai. la laine, il avait ei pleine, reine è père, mère, fière e la pierre, le fer, la mer ê forêt, prêt, arrêt 4. Le son [a] (a antérieur) s’écrit: a lac, bras, table 5. Le son [a] (a postérieur) s’écrit: a vase â pâte 6. Le son [o] (o fermé) a’écrit: eau beau, l’eau, le marteau au le taureau o Monaco, dodo 7. Le son [ ] (o ouvert) s’écrit: o l’or, le trésor, le port 8. Le son [u] s’écrit: le souper, vous, nous ou 9. Le son [w] (sèmi - voyelle) s’écrit: ou (devant voyelle): oui 10. Le son [wa] s’écrit: oi 11. Le son [ (e atone) s’écrit: e roi, Blois le livre de lecture, je parle le premier (dans les monosyllabes et en syllabe ouverte non finale, précédé par deux consonnes) 12. Le son ø s’écrit: eu bleu, le pneu, le feu, heureux, il peut 13. Le son [œ] s’écrit: œ, œ u, eu l’œil, l’œuf, le bœuf, l’heure 14. Le son [y] (“u” pour les lèvres, “i” pour la langue) s’écrit: u mur, dur s’écrit: eu par exception: j’eus, j’ai eu 15. Le son [ ] (semi - voyelle) est toujours suivi de i: huit, nuit Les nasales 1.Le son [ nasal s’écrit: in, im1 vin grimper yn, ym syncope, sympatique, thym ain, ein saint, plein en (après i) bien, mien 2. Le son ã nasal s’écrit:an, am (1) blanc, rampe en, em encre, empire 3. Le son [] nasal s’écrit: on, om (1) ombre, son 4. Le son [œ] nasal s’écrit: un un son importun. La mouillèe (i semi - voyelle) Le son [ j ] s’ècrit: (i suivi d’une voyelle): pied, lion y (entre voyelles): payer - ill -: piller [ pije ], sillage 1 Se però “m”, “n”, fanno parte della sillaba che segue o sono seguiti da un’altra “n” o “m”, la vocale mantiene il suono primitivo. Es. homme, fine, ennemi -il (à la fine du mot prècèdè de voyelle): vieil [ vijεj ] mais: tranquille, mille, ville, village, illogique 8le mot italien a aussi deux “1” Les consonnes 1. Le son [ f ] s’ècrit: f, ph fable, photographie 2. Le son [ ] s’ècrit: J jouet, Jean, je joue, jeter g (devant e i) manger, gigot 3. Le son [ k ] s’ècrit: c q, qu k 4.Le son [ s ] s’ècrit: s cancan. Cocorico coq, qui, que, quoique kilo, kèpi se, ses, s’est c, ç c’est, ça, ce, garçon- ci sc science, scène 5. Le son [ z ] s’écrit: s, z rose, bise, zéro, zézayer 6. Le son [ t ]s’écrit: t, th théÂtre, synthèse 7. Le son [ ] s’écrit: ch, sch chat, chocolat, schéma 8. Le son [ ] s’écrit: gn ignorant, peigne 9. H ne se prononce pas, mais influe sur l’article qui le précède. Liaison Eccezione: femme [fam], evidemment Les mots français ne se prononcent jamais seuls, mais par groupes phonétiques: Il avait invité des amis [ ilavεvite dezami ] Le signe [ : ] marque un allongement de la voyelle: la chaise de Pierre Parte terza L’articolo “Il” insieme con “lo” e “la” è articolo determinativo, perché determina con precisione una certa persona o cosa. “Il” deriva dal latino: ille pater (quel padre), illa mater (quella madre) col passare del tempo si sono trasformati in il (le) pater, (il) la mater cioè “il” padre, “la” madre. “Un” e “uno” sono articoli indeterminativi, perché non determinano la persona o la cosa. Restano nel vago. Dammi il libro (quel certo libro) Dammi un libro (uno qualsiasi) “Uno” non ha plurale. In senso contabile, il plurale di uno sarebbe “due”, “tre” ecc. Il plurale di uno è “alcuni”: Ho bevuto un bicchiere un topo Ho bevuto alcuni bicchieri alcuni topi “Uni” si usa come pronome: Gli uni leggono, gli altri giocano A differenza di altre parti del discorso (verbo, aggettivo, avverbio, pronome, nome) che godono di una relativa mobilità, l’articolo sta incollato al nome e può muoversi solo con esso. Il plurale di “il”, “lo”, “la”, è “i”, “gli”, “le”. “Uno” , “lo”, “gli” si usano: - davanti a “s” impura uno stupido, lo studente, gli sconosciuti - davanti a “z” uno zoccolo, lo zoppo, gli zaini - davanti a “ps”, “gn”, “pn”, “x” uno psichiatra, lo xilofono, gli pneumatici Si evita così il suono contiguo di tre consonanti: il psichiatra darebbe un cacofonico gruppo “lps”. Il plurale di “Dio” è “gli dei” (e non “i dei”) “Gli” si apostrofa davanti a parola che comincia con “i” gl’inglesi (non scrivere mai gl’europei, ma volendo si può scrivere anche gli inglesi). “Lo” davanti a vocale si elide: l’insetto l’amore, l’urto “Lo” e “gli” davanti a “i” semiconsonante (cioè seguita da vocale) non si elidono: lo iato, lo Ionio, gli iati “La” si elide davanti ai nomi che iniziano per vocale l’aurora, l’ombra “Le” non si elide davanti ai nomi che iniziano per vocale le ansietà, le estremità “Un” non si elide un arco (e non un’arco) perché “un” è troncamento di “uno”. “Una” si elide davanti ai nomi che iniziano per vocale “a”: un’afa, un’antenna, un’adunanza mentre davanti a nomi che iniziano con altre vocali l’uso oscilla tra l’elisione e la non elisione: un’età e una età, un’ombra e una ombra Presenza e assenza dell'articolo I nomi maschili di persona rifiutano l’articolo (è dialettale dire il Mario, il Giovanni) che è invece accettato, specie nell’uso familiare, da quelli femminili (la Graziella, l’Antonietta9. I cognomi degli illustri sono usati, anche senza articolo: Manzoni, il Manzoni Carducci, il Carducci Per le donne è ai rigore l'articolo, tanto se illustri: la Garbo, la Jotti quanto se oscure. La bianchi, la Rossi Quando il nome proprio è preceduto da un titolo, purchè non sia “ser”, “messer”, “maestro”, “fra”, “san”, “don”, “donna” si premette l’articolo: il cavalier Anselmo, il dottor Zivago però non si dice: il fra Cristoforo, il messer Ludovico, la donna Rachele Articolo con nomi geografici Mari, monti, fiumi, continenti e regioni vogliono l’articolo: il Tirreno, il Cervino, il Po (ho pescato nel Po, ma: ho pescato “in” Arno), la Lombardia, l’Europa. Davanti ai nomi di città l'articolo si omette, Torino, Milano, Recanati, Barletta tranne: il Cairo, La Spezia, L’Aquila, La Mecca, L’Avana, L’Aia Però si dirà: La Torino Risorgimentale La Milano industriale La Firenze dei Medici in quanto l’articolo viene usato davanti ai nomi di città accompagnati da un aggettivo o da un complemento di specificazione. Le nazioni vogliono l’articolo: La Spagna, il Belgio, la Germania tranne: Israele, Haiti, Cuba, San Marino, Monaco, Andorra Le grandi isole vogliono l'articolo: la Sicilia, la Sardegna, il Madagascar però lo respingono: Cipro, Creta, Cuba, Ischia, Capri, Caprera, Ponza, Rodi, Malta, la Capraia, la Maddalena, la Gorgona Articolo con nomi di parentela accompagnati da aggettivi possessivi. Con padre, madre, sorella, cugino ed altri termini di parentela preceduti dal possessivo non va l’articolo, pertanto si dirà: mio padre, tua sorella, tua madre, suo zio, nostro nipote, suo cugino, nostro cognato, vostro genero, vostra suocera. Tali nomi, usati al singolare e preceduti da un aggettivo possessivo (escluso “loro”), rifiutano l’articolo. Eccezioni: il mio babbo, la tua mamma, il suo papà perché i nomi di parente1a, quando sono alterati o di tono affettuoso vogliono l’artico1o davanti al possessivo: il mio nonnino Tali nomi quando sono usati al p1urale o accompagnati da un aggettivo vogliono l’articolo: i miei fratelli, il mio adorato padre, il suo ricco zio i suoi suoceri, i loro figli, i vostri simpatici cugini. E così quando il possessivo segue il nome: il figlio suo, la madre tua “Il” riacquista l’originario valore etimologico di “ille” (quello) quando assume funzioni di dimostrativo: Alessandro “il Grande”, Plinio “il Giovane” Si usa omettere l'articolo: - davanti ai nomi dei giorni quando sono sottintesi gli aggettivi “prossimo” e “scorso”: Giovedì (prossimo) non andrò a scuola Domenica (scorsa) ho visitato gli scavi di Pompei mentre: Odio il lunedì (tutti i lunedì) - davanti ai nomi dei mesi quando non sono accompagnati da aggettivi: Febbraio è il mese più corto - davanti ai nomi usati nelle elencazioni: Nella vecchia abitazione c’erano quadri, poltrone, vasi, specchi - davanti ai nomi nelle frasi interrogative: Hai libri e quaderni da prestarmi? - davanti ai nomi usati nelle frasi negative: Non ho tempo e denaro da sprecare - davanti ai nomi che compaiono in brevi frasi: Ho sonno. Avverto fame e sete. Vai a destra. Mi chiama per nome. Preposizioni articolate La preposizione articolata è l’unione di una preposizione semplice (“di” - “a” - “da” - “in” - “con” - “su” - “per”) con un articolo determinativo (“il” - “lo” - “la” - “i” - “gli” - “le”). Ecco lo specchietto di tutte le preposizioni articolate: su il lo 1a di del dello della dei degli a al allo alla agli alle in nel nello nella nei negli nelle con col sul sullo sulla sui i gli ai le delle coi sugli sulla per Nello specchietto sono rimasti vuoti gli spazi corrispondenti a quelle forme che non vengono. più usate ( si possono trovare solo nelle opere poetiche ) Si dice: con lo zio, per il viale, per la strada D’altra parte anche a “col” e a “coi” si preferiscono le forme “con il” e “con i”. Articolo partitivo La preposizione “di” composta con gli articoli può acquistare valore partitivo. Attenzione a: L’auto di mio padre ha la leva “del” cambio rotta La scuola dove studio ha intorno “del” verde “Del” ha valore diverso nelle due frasi: nella prima è preposizione articolata, nella seconda è articolo partitivo: del, dello, dei, degli, della, delle hanno valore partitivo quando significano “un po’”, “una certa quantità”, “alcuni”: Ho bevuto del vino. Ho trovato degli amici comprensivi. Le grammatiche consigliano di non abusare del partitivo, costrutto derivato proprio dalla lingua francese. Si eviti ad esempio di dire: Il pianista aveva delle mani bellissime Essendo soltanto due, non v’è pericolo di sbagliare affermando che “il pianista aveva mani bellissime”. Si obbedisce così ad un’altra regola, stilistica non grammaticale, che suggerisce di eliminare il superfluo. Nella comunicazione linguistica, tutto ciò che è inutile è dannoso. La pubblicità a volte esorta: “Pulitevi i vostri denti col dentifricio...” “Lubrificate la vostra auto con l’olio...” Anche questo è un uso ricalcato sul modello francese. Basterà dire: “Pulitevi i denti...” “Lubrificate la vostra auto...” SCHEMA RIASSUNTIVO Articolo determinativo Articolo indeterminativo singolare: il - lo Maschile: un - uno Maschile Femminile: una plurale: i - gli singolare: la Femminile plurale: le Parte quarta Il nome è la parte del discorso che serve a nominare le cose, le persone animali, le cose, gli eventi. Si chiama anche sostantivo perchè indica una sostanza, contrapposto in ciò all’aggettivo, che indica una qualità o un’altra connotazione aggiuntiva (da “adjectivum”, che si aggiunge). Il nome può essere “concreto” quando indica cose che cadono sotto i sensi, “astratto” quando indica sentimenti, qualità, idee percepibili con la mente: “cane, pietra, sedia” sono concreti “bontà, virtù, bellezza” sono astratti Tuttavia è meglio non insistere su questo punto, perché a voler essere precisi, troveremo il confine tra i due gruppi assai evanescente ed opinabile. Astratti sono quei nomi, insegnano le grammatiche tradizionali, che indicano cose che non si possono vedere né toccare né sentire. Se “bontà” è astratto, “angoscia” e “affanno” sono astratti o concreti? Astratti, rispondono le grammatiche tradizionali, eppure in un certo qual modo vengono percepite dai nostri sensi. Alcuni nomi sono poi in alcuni casi astratti e in altri concreti. Il nome può essere “comune” quando indica uno o più individui, senza distinguerli da altri appartenenti alla stessa specie: ragazzo, monte, fiume, signora, viso e “proprio” quando si riferisce ad un determinato individuo, isolandolo dal resto della specie: Antonio, Cervino, Adige, Itali Il nome proprio non ha plurale, tranne quando ha valore traslato: i Cesari = gli imperatori di Roma oppure indica una famiglia: gli Scipioni, i Fabii Al nome proprio vanno assimilati i cognomi: Peertini, Quasimodo, Ungaretti, Guttuso - gli pseudonimi: Alberto Moravia (all’anagrafe Alberto Pincherla) Ignazio Silone (Secondino Tranquilli) Collodi (Carlo Lorenzini) Giosuè Carducci (Enotrio Romano) Trilussa (Carlo Alberto Salustri) - i soprannomi: Carlo Magno, Giuliano l’Apostata, Scipione l’Africano - i nomi patronimici: il Pelide Achille (figlio di Peleo) il Laerziade (Ulisse, figlio di Laerte) i Merovingi (discendenti di Meroveo) i Napoleonidi (discendenti di Napoleone) - i nomi patronimici, indicanti la patria d’origine : l’Aretino (nato ad Arezzo) il Perugino (nato a Perugia) il Veronese (Paolo Caliari, nato a Verona) l’Urbinate (Raffaello Sanzio, nato ad Urbino) - i titoli di libri e di opere d'arte: Decamerone, Giudizio Universale Il cognome va sempre posposto al nome, ma la burocrazia, la consuetudine dell’appello per ordine alfabetico, a scuola, in caserma, agli sportelli degli uffici, ha soffocato l’individualità presente nel nome. I ben parlanti, però, diranno sempre Dante Alighieri, non Alighieri Dante. Illustri o meschini, noi esistiamo prima come persone e poi come famiglia. Così nella busta di una lettera scriveremo “al dott. Mario Rossi”, non a “Rossi dott. Mario”. Riguardo alla struttura, il nome può essere: - primitivo, quando non deriva da nessun altro (casa, mano, suono) In questo caso gli elementi costitutivi delle parole sono la “radice” e la “desinenza”(giardin - o, sol - e, mar - e) - derivato, quando deriva da un altro (casalinga, manovale, suonatore) In quest’ultimo caso, il significato della parola primitiva rnuta profondamente . Nel caso di: giardiniere, sole, mareggiata, casalinga tra radice e desinenza s’inserisce un. “suffisso” mentre in de - merito, re - azione s’inserisce un “prefisso” (la radice rimane) La radice unita a prefisso o suffisso determina il “tema” della parola. Nelle parole primitive radice e tema si identificano. Quando invece si verifica un mutamento parziale superficiale, e il senso nella sostanza rimane intatto, abbiamo il nome alterato: donna, donnone, donnina, donnetta, donnaccia Donnone è accrescitivo (da notare il passaggio al maschile, quasi a potenziare la forza muscolare), donnina vezzeggiativo, donnetta diminutivo, donnaccia dispregiativo. In pratica, il nome alterato equivale a un sostantivo più un aggettivo: donnone = donna grossa, donnina = donna graziosa donnetta = donna piccola, donnaccia = donna scostumata Attenzione: signorina non è una signora piccola, è una donna non sposata. Esistono dei nomi che a prima vista sembrano dei nomi alterati: Esempi: il “bottone” non è una grossa botte il “rubinetto” non è un piccolo rubino il “burrone” non è un grosso pezzo di burro il “brigantino” non è un piccolo brigante il “limone non è una grossa lima il “mulino” non è un piccolo mulo la “focaccia” non è una spregevole foca Altri invece che in origine erano alterati, ma che hanno assunto nell’uso un significato non alterato: cavalletto (da “piccolo cavallo” a strumento in legno, metallo o plastica che serve per diversi usi) cannone (in orgine “grossa canna”) cartella e cartuccia (ambedue in origine “ piccola carta) Il nome alterato ha scarsa presenza nell’uso corrente, ed è peccato perché offre una varietà di sfumature, di mezze tinte e mezzi toni, che arricchiscono il pensiero. Qualche altra desinenza: - ello: vinello - uzzo: labbruzzo - otto: ragazzotto - astro: poetastro - onzolo: pretonzolo - iccio: sudaticcio - acchione: matttacchione - icciolo: porticciolo - uncolo: ladruncolo - uccio: tesoruccio - erelIo: vechierello -.iciattolo: mostriciatto - ucolo: avvocatucolo - occio: grassoccio - olo: figliolo - ognolo: amarognolo Non manca il diminutivo dell'accrescitivo, come “palla” che si gonfia in “pallone” e poi si ridimensiona in “palloncino”. Così pure abbiamo il dispregiativo del diminutivo. Di un cane diciamo “cagnetto”, e se vogliamo aggiungere che è anche cattivo diciamo “cagnettaccio”. Attenzione, quando scrivo: Dopo pochi minuti la “nuvola” si è risolta in fitta pioggia Ben presto il “nuvolone” ha offuscato il sole Il nome femminile “nuvola” con 1’aggiunta del suffisso “one” si muta nel maschile “nuvolone”. Anche altri suffissi (“ottolo”, “etta”, “ino”) cambiano il genere del nome. Qualche esempio: La via (f) il viottolo(m) il sapone (m) la saponetta (f) la villa (f) il villino (rn) Generi dei nomi E’ opinione molto diffusa e altrettanto errata che tutte le parole uscenti in “a” siano femminili, perciò non di rado 1’anagrafe registra neonate chiamate Vania (sebbene zio Vania di Cechov, fosse uomo), Leonida (considerato femminuccia nonostante il virile coraggio dimostrato alle Termopoli) e persino Enea. E’ pur vero che la maggioranza dei nomi in “a” sono femminili ma non tutti. Sono maschili: il pirata, il boia, il problema, l’elettrocardiogramma, il teorema, il telegramma e molti altri Ma nel popolo, osserva il Panzini, l’equivalenza tra la desinenza in “a” e il genere femminile è talmente sentita che spesso si sente dire “una inglesa”, “una francesa”. Al genere femminile appartengono inoltre: - i nomi dei frutti: la noce, la pera, la pesca Fanno eccezione : il fico, il cedro, il limone, il dattero - i nomi di città e di isole: Messina, Sardegna Fanno eccezione: il Pireo, Il Cairo, Il Madagascar ecc. Genere maschile Inversamente, tutti i nomi in “o” sono maschili, con alcune eccezioni: la radio, la mano, la dinamo, l’eco (che però al plurale è maschile: gli echi). Appartengono a tale genere: - molti nomi di fiumi, laghi e monti: Volturno, Cervino, Trasimeno Fanno eccezione: la Dora, la Senna, le Alpi, le Ande ecc. - i nomi dei giorni della settimana e dei mesi Fa eccezione: la domenica - molti nomi di piante e di alberi da frutto Fanno eccezione: la vite, la palma, la quercia, la felce ecc. - i nomi dei metalli Genere comune Esistono molti nomi che hanno una sola forma e per il maschile (il genere si distingue dall’articolo o dall’aggettivo che li accompagna): il nipote (m) la nipote (f) il giornalista (m) la giornalista (f) un parente (m) una parente (f) un farmacista (m) una farmacista (f) famoso cantante (m) famosa cantante (f) bravo insegnante (m) brava insegnante (f) un barista (m) una barista (f) Particolarità del genere Contralto - soprano sono nomi di genere femminile, ma indicano persone di sesso femminile. Esistono poi nomi di genere femminile che possono riferirsi ad entrambi i sessi: la spia, la guida, la persona, la sentinella, la vedetta, la guardia (non hanno il maschile) Tra i nomi di animali, alcuni presentano due nomi per indicare i due sessi: lupo (m) - lupa (f), gallo (m) - gallina (f), pecora (f) - montone (m), cane (m) - cagna (f), maiale (m) - scrofa (f), leone (m) - leonessa (f), gatto (m) - gatta (f) Per altri specificheremo: la pantera maschio la pantera femmina il cigno maschio il cigno femmina il leopardo maschio il leopardo o la femmina del leopardo) Formazione del femminile I nomi con desinenza in “o” hanno il femminile in “a” amico (m) - amica (f), cuoco (m) - cuoca (f), femmina pettegolo (m) - pettegola (f) ma: avvocato (m) - avvocatessa (f) - I nomi con desinenza in “e” hanno il femminile in “a” o in “essa”: infermiere (m) - infermiera (f), signore (m) signora (f), leone (m) - leonessa (f), professore (m) - professoressa (f) - I nomi in “a” hanno il femminile in “essa”: duca - duchessa, poeta - poetessa - I nomi che terminano in “tore” hanno il femminile in “trice” lavoratore - lavoratrice, attore - attrice ma: dottore - dottoressa, impostore - impostora Il nome femminile “mucca” è diverso dal maschile “bue”. In italiano esistono nomi che hanno il femminile completamente diverso dal maschile: Babbo - mamma, padre - madre, uomo - donna, maschio - femmina, cavaliere - dama, marito - moglie, fratello - sorella, genero - nuora, celibe - nubile, montone - pecora Attenzione: il femminile di re è regina, di doge dogaressa, di pastore pastora, di frate suora, di cavaliere amazzone (a cavallo) e dama (in salotto) Altri esempi: re - regina, dio - dea, stregone - strega, compare - comare, camoscio - camozza Alcuni nomi, cambiando genere, mutano completamente il significato. I più frequenti sono: il testo (opera scritta) - la testa (parte del corpo), il boa (serpente) - la boa (segnale galleggiante), il fronte (schieramento di un esercito) - la fronte (parte del corpo umano), il mento (parte del volto umano) - la menta (pianta erbacea), il modo (maniera) - la moda (usanza di breve durata), il buco (cavità che passa da parte a parte) - la buca (cavità di terreno), il capitale (somma di danaro) - la capitale (città principale di uno stato), il pianeta (astro che non ha luce propria) - la pianeta (parametro sacerdotale), il fine (scopo) - la fine (termine di un’azione), il lama (animale) - la lama (parte tagliente del coltello), il collo (parte del corpo oppure cassa) la colla (adesivo), il figlio (pezzo di carta) - la foglia (appendice della pianta), l’arco (arma) - l’arca (sarcofago), il carico (peso) - la carica (energia), il lancio (effetto del lanciare) - la lancia (arma), il maglio (grosso martello) - la maglia (intrecciatura del filo), il pieno (carico completo) - la piena (aumento della portata di un corso d’acqua), il palo (legno lungo e dritto) - la pala (attrezzo), il manico (impugnatura di un oggetto) - la manica (parte del vestito), il galero (cappello cardinalizio) - la galera (carcere). L’emancipazione femminile ha creato problemi linguistici ignoti nel passato anche recente. Un tempo le professioni e le cariche erano tutte in salda mano maschile. La società patriarcale riconosceva alla donna il diritto di scegliere uno di questi tre mestieri: casalinga, serva, cortigiana. Poi un po’ alla volta la donna è uscita dalle mura domestiche ed è andata a scuola ad insegnare: nasce il femminile di maestro, maestra. Ad un livello superiore fece la professoressa. Poi la donna si laureò in medicina, curò i malati e fece la dottoressa, che non è la moglie del dottore, come principessa lo è del principe, e fattoressa del fattore, bensì indica una condizione professionale. Ma qual è il femminile di sindaco? Fino ad ieri sindachessa era la moglie del sindaco, nulla vieta di usare questo termine per indicare questa funzione, svolta da una donna. Più volte si legge sui giornali: “in tribunale l’avvocato Maria Rossi ha pronunciato una brillante, applauditissima arringa”. Ma grammaticalmente si potrebbe scrivere “avvocata”, trattandosi del participio passato del verbo latino “ad - vocare” (chiamare uno come consigliere). D’altronde il femminile di convocato è convocata. Per la stessa ragione, meglio deputata che deputatessa. Per il ministro donna il discorso si fa più difficile, signora ministra non è usato, ed ha preso piede “ministro”, riferito ad una donna. Lo stesso avviene per la signora capotreno, per il direttore responsabile di un rotocalco e per la pilota. Numero del nome. I nomi col singolare in “a” cambiano al plurale la “a” in “e” se femminili sera - sere, paura - paure, signorina - signorine Eccezioni: ala - ali, arma - armi; i nomi maschili cambiano al plurale la “a” in “i” dramma - drammi, poeta - poeti, pilota - piloti. I nomi col singolare in “o” cambiano al plurale la “o” in “i” tempo - tempi, argomento - argomenti, gruzzolo - gruzzoli. I nomi col singolare in “e” cambiano al plurale la “e” in “i” classe - classi, dimostrazione - dimostrazioni, lezione - lezioni. Particolarità sul numero de1 nome Nomi col singolare in “co”. Per questi nomi è consigliabile consultare il vocabolario e scegliere. In parecchi casi, infatti i vocabolari sono discordanti. Per esempio il Palazzi assegna a “manico” il plurale manichi, lo Zingarelli manichi e manici. Per stomaco, lo Zingarelli registra stomachi e stomaci, contraddetto dal Palazzi, che prescrive testualmente “stomachi” e non stomaci, che è errore. Una regola proposta da alcuni assegna il plurale “ci” ai nomi sdruccioli, vale a dire con l’accento sulla terzultima sillaba: (sdruccioli): canonico - canonici medico - medici sindaco - sindaci - il plurale in “chi” ai nomi piani, con accento sulla penultima sillaba: (piani): cieco - ciechi palco - palchi fico - fichi Eccezioni: (nomi piani) amico - amici nemico - nemici porco - porci greco - greci (ecc.) (nomi sdruccioli) valico - valichi carico - carichi Nomi col singolare in “go”. Stesso discorso per i nomi in “go”: plurale in “gi” per i nomi sdruccioli (accento sulla terzultima sillaba); (sdruccioli): teologo - teologi, asparago - asparagi plurale in “ghi” per i nomi piani (accento sull’ultima sillaba): (piani): castigo - castighi, albergo - alberghi, lago - laghi mago - maghi (ma attenzione ai “Re Magi”) Eccezioni: (sdruccioli): dialogo - dialoghi, obbligo - obblighi, catalogo - cataloghi, astrologo - astrologi o astrologhi. Nomi col singolare in “ga” e “ca” Le sillabe “ga” e “ca” cambiano al plurale in “ghi” e “chi” se i nomi sono maschili: collega - colleghi, stratega - strateghi duca - duchi, monarca - monarchi. Le sillabe “ga” e “ca” cambiano al plurale in “ghe” e “che” se i nomi sono femminili: paga - paghe, vanga - vanghe amica - amiche, barca - barche Eccezione: Belga al plurale maschile fa Belgi Nomi col singolare in “cia” e “gia” 1) Le sillabe “cia” e “gia” cambiano al plurale in “cie”e “gie” (conservano la “i”) se precedute da vocale e se la vocale “i” è atona (senza accento) ciliegia - ciliegie, valigia - valigie socia - socie, audacia - audacie 2) Le sillabe “cia” e “gia” cambiano al plurale in “ce” e “ge” (perdono la “i”) se sono precedute da consonante e se la vocale “i” è atona (senza accento). Lancia - lance, provincia - province, pioggia - piogge, spiaggia - spiagge 3) Se la “i” è tonica, la “i” si conserva, “cia” e “gia” cambiano al plurale in “cie” e “gie” farmacia - farmacie, bugia - bugie Lingua viva La regola sui plurali dei nomi che terminano in “cia” e “gia” (con “i” atona) è tra le più contrastate dall’uno comune. Oggi 1 si tende a far sparire la “i” quando “cia” e “gia” sono precedute da vocale, in contrasto con la regola, per cui si vede spesso scritto “valige”, “ciliege”; al contrario si troverà “mancie”, “guance”, “striscie”, “provincie”, “faccie”, “pioggie”, “scheggie”, “traccie”. Nomi col singolare in “io” I nomi in “io” conservano la “i” se è tonica (le vocali “io” cambiano al plurale in “ii”): zio - zii, mormorio - mormorii, vocio - vocii. Altrimenti la perdono (se la “i” è atona le vocali “io” cambiano al plurale in “i”: bacio - baci, figlio - figli, premio - premi, specchio specchi, studio - studi. Attenzione: principio al plurale va scritto “principii”, oppure accentato “princìpi”, per non confonderlo con “prìncipi” plurale di “principe”. Stesso discorso per “conservatorio”: al plurale va scritto conservatorii (più raro conservatori) per distinguerlo dai conservatori (partito politico). Alcuni nomi col singolare in “o” formano il plurale in “a”, ma diventano femminili: centinaio - centinaia il migliaio - la migliaia il paio - le paia l’uovo - le uova. Attenzione: “mille” fa “mila”: Ha percorso “mille” chilometri in bicicletta Ha percorso due “mila” chilometri in bicicletta. I nomi col singolare in “ie” restano di solito invariati al plurale: la barbarie - le barbarie, la serie - le serie, la specie - le specie ecc. Ma: l’effigie - le effigi, la mogli - le mogli, la superficie - le superfici. Alcuni nomi formano l plurale irregolarmente: uomo - uomini, dio - dei, bue - buoi, tempio - templi. Attenzione alle seguenti frasi: La parola “abete” si scrive con una bi (e non “con un bi”) Gradirei una spremuta d’arancia (e non “una spremuta d’arancio”) 1 Ad eccezione dei casi in cui si possa far confusione: si scrive sempre “camicie” perché c’è il “camice”; Gli aerei hanno ali enormi (e non “ale enormi”) I tuoi vizi sono molti (e non “i tuoi vizii”) Mi hanno regalato due belle camicie (e non “due belle camice”) Ti piace la recitazione dei monologhi? (e non “dei monologi”) Nomi difettivi Vi sono nomi che al plurale mantengono invariata la desinenza del singolare Es. la città - le città Altri nomi indeclinabili: boa, boia, gorilla, nonnulla, sosia, vaglia (nomi in “a”) auto, dinamo (nomi in “o”) analisi, brindisi, dieresi, estasi, oasi, stasi (nomi in “i”) caffè, falò, nudità, tribù, virtù (nomi terminanti con vocale accentata) re, gru, dì, tè (nomi monosillabi) bi, effe, acca, elle, erre, zeta, (nomi delle lettere dell’alfabeto) bazar, caos, gas (nomi terminanti in consonante) contachilometri, contagocce, portalettere, tagliacarte, stuzzicadenti (nomi composti da verbo e nome Enea, Luca, Bandiera (nomi propri maschili in “a” e “ferocie” perché c’è l’aggettivo “feroce”. cognomi). Nomi difettivi Vi sono nomi che mancano del singolare o del plurale. Nomi difettivi del singolare: forbici, annali, brache, calzoni, esequie, frattaglie, redini, sponsali, spezie, viscere. Nomi difettivi del plurale: sangue, fame, sete, aria, fiele, miele, pepe, sale, senape, avena, grano, orzo, riso, argento, bronzo, oro, ottone. Alcuni nomi possono trovarsi al plurale, ma assumono un diverso significato: Gli argenti (oggetti d’argento), gli ori (oggetti d’oro), gli ottoni (strumenti musicali d’ottone), i bronzi (opere di bronzo), i ferri (gli strumenti), le uve (vari tipi di uva). Nomi sovrabbondanti Vi sono nomi con cui due forme di plurale: Braccio: i bracci (della bilancia ecc.) le braccia (del corpo .umano) Frutto: i frutti (della terra ecc.) la frutta (da tavola) Fondamento. I fondamenti (d’una scienza) le fondamenta (d’una casa) Muro: i muri (d’un edificio) le mura (che cingono una città) Grido: i gridi (degli animali.) le grida (degli uomini) Riso: i risi (qualità di piante) le risa (atto del ridete) Dito: i diti (singolarmente considerati diti mignoli) le dita (nel loro complesso) Anello: gli anelli (delle dita, di una catena) le anella (dei capelli) Budello: i budelli (passaggi lunghi e stretti) le budella (dell’intestino) 0sso: gli ossi (degli animali) le ossa (dell'uomo) Membro: i membri (d’una società) le membra (del corpo umano) Labbro: i labbri (del vaso, d’una ferita) le labbra (dell’uomo) Gesto: i gesti (movimenti del corpo) le gesta imprese gloriose) Filo: i fili (dell'erba, del telegrafo ecc.) le fila (di una congiura, dell’ordito) Ciglio: i cigli (del burrone, della strada) le ciglia (degli occhi) Corno: i corni (del dilemma, strumenti musicali, arnesi da caccia) le Corna (degli animali) Cervello: i cervelli (delle ersone) le cervella (degli animali e nella frase: farsi saltare le cervella) Fuso: i fusi (rocchetti per la filatura ecc. ) le fusa (del gatto) Nomi composti Se sono formati da due sostantivi mutano, generalmente al plurale solo il secondo: arcobaleno, arcobaleni, ferrovia - ferrovie cassapanca - cassapanche, pescecane - pescecani ma: pescespada - pescispada, pomodoro fa pomodori, pomidoro e pomidori. Se sono formati da un sostantivo e da un aggettivo, mutano al plurale la desinenza finale o la desinenza di entrambe 8In genere se formati da sostantivo più aggettivo, entrambi vanno al plurale: terracotta - terrecotte, cassaforte - casseforti, pellerossa pellirosse Eccezioni: palcoscenico - palcoscenici, camposanto - camposanti Se formati da aggettivo più sostantivo, muta al plurale solo il sostantivo: francobolli - francobolli, bassorilievo - bassorilievi, biancospino - biancospini, granduca - granduchi ma: mezzaluna - mezzelune. I nomi formati dall’unione di due verbi restano invariati: verbo il dormiveglia - i dormiveglia, il lasciapassare - i lasciapassare, il saliscendi - i saliscendi, il parapiglia - i parapiglia. I nomi formati dall’unione di un verbo e di un sostantivo maschile in genere mutano al plurale solo il sostantivo: paragrafo - paragrafi, asciugamano - asciugamani, grattacielo - grattacieli ma alcuni restano invariati: il copriletto - i copriletto, il cavatappi - i cavatappi, l’attaccapanni - gli attaccapanni In genere i nomi formati dal nome di un verbo più sostantivo femminile: restano l plurale invariato: il fendinebbia - i fendinebbia, il portacenere - i portacenere ma il battimano diventa i battimani. In genere i nomi formati dall’unione di un verbo e di un avverbio restano invariati: il posapiano - i posapiano, il benestare - i benestare, il rompitutto - i rompitutto, il tuttofare i tuttofare ma: il benestante - i benestanti, il maleducato - i maleducati, il sottotenente i sottotenenti I nomi formati dall’unione di una preposizione o avverbio e di un sostantivo talvolta restano invariati, talvolta mutano al plurale la desinenza finale: contrattempo - contrattempi. dopopranzo - dopopranzi, sottopassaggio - sottopassaggi ma: il sottoscala - i sottoscala, il doposcuola - i doposcuola il senzatetto - i senzatetto Nomi formati col sostantivo “capo” I nomi formati col sostantivo “capo” possono mutare al plurale talvolta il primo elemento, talvolta il secondo, talvolta entrambe le parole: capoclasse - capiclasse, capostazione - capostazione capobandito - capibanditi, capocronista - capicronisti capomacchinista - capomacchinisti, capostipite capostipiti “Capoclasse”, “capofila”, “caposquadra” usati al femminile restano invariati: la capoclasse - le capoclasse, la capofila - le capofila la caposquadra - le caposquadra Molti nomi composti ammettono due plurali: capocomico: capocomici e capicomici capocuoco: capocuochi e capicuochi capoluogo: capoluoghi e capiluoghi altopiano: altopiani e altipiani bassopiano: bassopiani e bassipiani Una regola fissa non esiste: Non la danno nemmeno i vocabolari: Garzan Palazzi Zingar Miglio Devot ti elli rini o - Oli i capilista i le capilista capolista capoliste le capolista capileste capilista capilist a capoluog capoluog capoluog capoluog capoluog o hi hi hi hi capoluog capiluogh capiluogh capiluogh capiluogh hi i i capocuoc i i capocuoc capocuoc capocuoc capocuoc hi capicuoch hi hi hi o capicuoch i capicuoch capiluogh capicuoch i i i capifila capifila capifila capitreno capitreno capitreno capitreni (preferibil capotreni i i capilifa capoflila le capifila capofile capotreno capitreno capotreni capitreno e a capitreni) Parte quinta L’aggettivo qualificativo L’aggettivo qualificativo muta la vocale finale col variare del genere e del numero. Gli aggettivi maschili singolari in “o” hanno il plurale in “i” maestoso - maestosi quelli femminili singolari in “a” hanno il plurale in 2e” vicina - vicine Gli aggettivi maschili singolari in “go” e “co” hanno il plurale in “ghi”, “ci”, “chi”: largo - larghi, pratico - pratici, stanco - stanchi quelli femminili singolari in “ga” e “ca” hanno il plurale in “ghe” e “che” lunga - lunghe, stanche - stanchi Gli aggettivi maschili e femminili in “e” hanno il plurale in “i”: luccicante - luccicanti, ambulante - ambulanti Plurale dell’aggettivo “bello” Al plurale l’aggettivo “bello”, davanti ai nomi che cominciano per vocale, s impura, z, gn, ps, x muta in “begli” begli alberi, begli scarponi Davanti ai nomi che cominciano per consonante (tranne naturalmente s impura, z, gn, ps, x) l’aggettivo si tronca in “bei” bei motoscafi, bei tuffi Attenzione: l’aggettivo “bello”, posto dopo il nome, al plurale fa belli: paesaggi beli - tramonti belli Come “bello” si comporta l’aggettivo determinativo “quello”. Quei piroscafi - quei rumori - quegli psicologi Del singolare di “bello”, “buono”, “grande”, “quello”, “Santo” si è già parlato a proposito di elisine e troncamento. Aggettivi invariabili l’aggettivo “pari” e i suoi composti “dispari” sono invariabili pari condizione - pari condizioni numero dispari - numeri dispari Aggettivi alterati Anche gli aggettivi qualificativi hanno l’alterazione, che avviene, come per i nomi, mediante l’aggiunta di un suffisso: riccone - pallidino - cattivello - verdastro Aggettivi primitivi e derivati Gli aggettivi qualificativi possono essere come i nomi “primitivi” e “derivati”: alto - basso - amaro - dolce - bello - brutto sono “primitivi” n quanto non derivano da altre parole. Invece affettuoso - benevolo - caritatevolo - ozioso sono derivati in quanto hanno origine rispettivamente da: “affetto”, “bene”, “carità”, “ozio”. Aggettivi composti Gli aggettivi qualificativi formati da due aggettivi mutano solo da desinenza del secondo termine: rossovivo - rossovivi, sacrosanta - sacrosante, variopinto - variopinti La stessa regola vale anche quando i due aggettivi sono uniti da un trattino . aereo-navale, aereo-navali italo-francese, italo-francesi Aggettivi avverbiali Molti aggettivi qualificativi, in determinate espressioni, assumono il significato di avverbio. Alcuni (“svelto” e “serio”) mutano genere e numero, altri (“piano” e “forte”) rimangono invariati: cammina svelto - camminate svelti parla piano - parlate piano Aggettivi con due significati Esistono alcuni aggettivi che assumono significati differenti: Quel muratore si serve prevalentemente del braccio sinistro Fui avvisato della sinistra notizia Nella prima frase “sinistro” significa “contrario di destro”, mentre nella seconda ha il significato di “funestra, luttuosa” Altri esempi: Sono giunti allo zoo diversi (parecchhi) animali. Sono giunti allo zoo animali diversi (differenti) Rare (poche) persone hanno partecipato alla riunione Persone rare (illustri) fanno parte del consiglio Per domani ci è stato assegnato un semplice (solo) riassunto Il professore oggi ha spiegato una poesia semplice (facile) Concordanza dell’aggettivo L’aggettivo concorda in genere e in numero con il sostantivo al quale si riferisce: cielo limpido - viaggi meravigliosi gita costosa - buone feste Se si riferisce a più nomi di cosa di genere diverso è preferibile usare l’aggettivo al maschile plurale o concordarlo col nome più vicino: Il mio libro, il mio quaderno e la mia penna sono nuovi I portici e le verande ampie caratterizzano i palazzi di oggi Se si riferisce, invece, a nomi di persona di genere diversi è regola usare l’aggettivo al maschile plurale: Quel vecchietto e quella vecchietta sono veramente simpatici I fanciulli e le fanciulle studiosi frequentano con assiduità la scuola. Gradi dell’aggettivo Lingua viva Molte volte nei testi delle canzoni.(ma non solo in quelli) compaiono frasi del tipo: “azzurro più intenso”, “cielo più immenso” ecc. Questi tipi di frasi calpestano la grammatica, non potendosi mettere al comparativo aggettivi che, per loro natura, non sopportano confronti, come immenso, infinito, smisurato, sterminato, onnisciente, onnipresente ecc. Sono valori che trascendono ogni possibilità di misurazione e quindi di paragone. Esiste il pericolo che la capillare penetrazione del mezzo audiovisivo diffonda tra le masse, anche negli strati più sensibili alla corretta italianità, una codificazione dell’errore spacciandola per espressione ortodossa (l’ha detto la tv!). Nelle condizioni di immenso si trovano molti altri aggettivi, come enorme, gigantesco, colossale, sublime. Di essi, come degli altri già citati, non si può costruire il comparativo (più enorme) né il superlativo (il più enorme di tutti, enormissimo) poiché indicano già di per sé una qualità espressa al grado massimo. Quando un negoziante insiste: “Le consiglio questo impermeabile grigio, è più impermeabile di quello verde” rispetta forse la verità, ma non la grammatica. Se sono veramente impermeabili, l’acqua non deve passare in nessuno dei due. Pertanto se vorrà essere in regola con la grammatica (e con la verità) il negoziante dirà: “Questo grigio è meno impermeabile di quello verde”, correndo però il rischio di poter far nascere il dubbio che l’acqua penetri in entrambi. Esistono dunque aggettivi che rifiutano ogni possibilità di gradazione, esprimendo una qualità che non permette alcun aumento o diminuzione. Mancano di gradi: - gli aggettivi che appartengono al linguaggio geometrico: triangolare, circolare, esagonale, cubico, quadrato, quadrangolare ecc. - gli aggettivi che indicano periodi di tempo: mensile, giornaliero, estivo, settimanale, trimestrale, settembrino. - gli aggettivi che indicano appartenenza ad una fede, ad una ideologia: buddista, ateo, monarchico, socialdemocratico. - gli aggettivi che indicano nazionalità o cittadinanza: greco, svedese, sardo. - gli aggettivi che indicano materia: ferreo, legneo, marmoreo, argenteo. - gli aggettivi: colossale, enorme, eterno, finale, immenso, mondiale, sterminato, gigantesco, ecc, che hanno già in sé la qualità superlativa. Il comparativo di maggioranza si forma premettendo all’aggettivo “più”: “Mario è più diligente di Luigi”. Il superlativo relativo premette “il più”: “Mario è il più diligente di tutti”. Il superlativo assoluto, vale a dire non limitato, non condizionato da confronti diretti, si ottiene aggiungendo “issimo”: Mario è diligentissimo”. Grado comparativo Scrivo: Il missile è più veloce dell’aereo L’aereo è meno veloce del missile L’auto è tanto veloce quanto il treno. Nel primo caso si ha il comparativo di maggioranza: più... di...; più... che... Nel secondo il comparativo di minoranza: meno... di...; meno... che... Nel terzo il comparativo di uguaglianza: tanto... quanto... ; così... come... Le due persone, animali cose fra cui avviene il paragone sono rispettivamente chiamate “primo e secondo termine di paragone”. Scrivo: Deplorevole è la disattenzione, ma più (della disattenzione) l’indisciplina. Il ferro è più utile che prezioso Sono più infreddolito che affamato E’ nella natura umana perdonare più che condannare. Dagli esempi si deduce che: - uno dei due termini di paragone può essere sottinteso (prima fase); - il paragone può avere luogo tra due aggettivi: in tal senso il secondo aggettivo è sempre preceduto da “che” (seconda frase) - “che” e non “di” si usa quando il paragone avviene tra due participi o due infiniti (terza e quarta frase). Grado superlativo Il superlativo assoluto si forma: - aggiungendo al tema del positivo le terminazioni - issimo per il maschile e - issima per il femminile: brav - o bravissimo bravissima - premettendo all’aggettivo positivo un avverbio (molto, assai, troppo ecc.) largo - molto largo pratico - assai pratico - premettendo all’aggettivo prefissi come “arci”, “extra”, “sopra”, “stra”, “onni” ecc. milionario - arcimilionario fine - extrafine - sopraffine carico - stracarico potente - onnipotente - unendo al positivo un altro aggettivo con funzione rafforzativa: pieno - pieno zeppo, ubriaco - ubriaco fradicio, stanco - stanco morto, vecchio - vecchio decrepito - ripetendo l’aggettivo: lento lento, vicino vicino Superlativo relativo Qui il superlativo esprime sempre una qualità di grado massimo (o minimo), ma posta in relazione ad un determinato gruppo di persone: Antonio è “il più alto “di tutti Da questi esempi: più energico - il più energico meno comprensiva - la meno comprensiva si deduce che il superlativo relativo si forma premettendo l’articolo determinativo al comparativo di maggioranza o minoranza. Comparativi e superlativi irregolari Alcuni aggettivi hanno doppio comparativo e doppio superlativo Positivo comparativo superlativo assoluto superlativo relativo buono cattivo grande piccolo alto più buono buonissimo il migliore migliore ottimo il più buono più cattivo cattivissimo peggiore pessimo più grande grandissimo il maggiore maggiore massimo il più grande più piccolo piccolissimo minore minimo più alto altissimo il peggiore il più cattivo il minore il più piccolo superiore sommo o supremo basso interno più basso bassissimo inferiore infimo più interno intimo interiore esterno più esterno estremo esteriore vicino molto più vicino vicinissimo viciniore (raro) prossimo più moltissimo plurimo Taluni aggettivi vogliono il superlativo in “errimo” e in “entissimo”: acre acerrimo aspro asperrimo celebre celeberrimo integro integerrimo misero miserrimo salubre saluberrimo maledico maledicentissimo benefico beneficentissimo malefico maleficentissimo munifico munificentissimo magnifico magnificentissimo benevolo benevolentissimo malevolo malevolentissimo Tranne “acerrimo”, “integerrimo”, “celeberrimo” e “munificentissimo” tutti gli altri superlativi in “errimo” e in “entissimo” si usano raramente. Al loro posto è prevalsa la forma dei superlativi avverbiali: molto aspro - molto celebre - assai misero veramente salubre - molto benefico - veramente magnifico assai benevolo - assai malevolo Però si può trovare: asprissimo - uva asprissima miserissimo - condizione miserissima Tra i comparativi e i superlativi irregolari troviamo anche: ulteriore (comparativo) ultimo (superlativo assoluto) Chi scrive: Mario è il ragazzo il più diligente di tutti cade in un francesismo deplorato dalle grammatiche. Tuttavia nello “Zibaldone” di Leopardi si legge: La donna la più bella e similmente il Manzoni: L’uomo il più felice di questo mondo Con gli aggettivi uscenti in due vocali (estraneo, idoneo) è consigliabile ricorrere ad un avverbio: assai estraneo (invece di estraneissimo) molto idoneo (invece di idoneissimo) L’aggettivo ampio ha due forme di superlativi: ampissimo, amplissimo Lingua viva Stando allo schema degli aggettivi che hanno doppio comparativo e doppio superlativo (buono - più buono - migliore, buonissimo ottimo) è errato dire “viveva in condizioni della più infima miseria”, “era il suo più intimo amico”, “si rivolse alla farmacia più prossima”. Trattandosi di superlativi non è lecito superlativizzarli. Equivarrebbe a dire: il più buonissimo. Ma fino a quando? Nella lingua moderna non è difficile trovare parole che, pur avendo già in sé l’idea del superlativo, aggiungono il suffisso “issimo” alla loro radice: esse tendono a perdere col tempo il valore di superlativo. Una volta si inorridiva al solo pensiero che qualcuno osasse fare il superlativo di un sostantivo. Adesso abbiamo: il campionissimo, la finalissima, l’ultimissima edizione del giornale, la partitissima, la canzonissima, e persino la poltronissima e un’auto chiamata “kilometrissima”. Non ci si deve quindi scandalizzare quando si trova scritto primissimo, intimissimo e il più intimo, il più prossimo: espressioni ormai entrate nell’uso comune e non bastano gli anatemi dei puristi a scacciarle. La norma vieta anche di costruire il comparativo del comparativo. E’ errato dire “Prima cala l’inflazione e più migliorerà l’esportazione”. Sono stati commessi due errori. Primo: la costruzione regolare vuole: Quanto prima... tanto più... Secondo: più migliorerà equivale a “diventerà più migliore” e dire “più migliore” non è lecito. Basta dire: Quanto prima calerà l’inflazione, tanto migliore sarà l’esportazione. Un altro avverbio molto usato (al posto di “molto” e “assai”) è “estremamente: Il romanzo è estremamente affascinante Mio figlio è estremamente preparato in matematica E così “ulteriore” ha preso il posto di “nuovo”, “altro”, “successivo” Si avrà un ulteriore abbassamento della temperatura Ulteriori particolari saranno dati col telegiornale della notte L’uso di “cioè” è quasi del tutto scomparso; gli umoristi ne hanno fatto un simbolo di balbuzie mentale e di idee insistenti. In compenso resiste il participio passato di esigere, con funzioni di aggettivo: “esatto”. Il fatto dipende forse dalla fortuna dei programmi a base di “quiz”: “La risposta è esatta”. L’approvazione può esprimersi con “esatto”: “Sei andato a sciare?” “Esatto” Coloro che usano il “si” spesso lo sbagliano, scrivendolo senza accento. Nelle campagne elettorali di referendum fanno bella mostra di sé, cartelloni con: “VOTA NO - VOTA SI”. Altri aggettivi molto usati sono: grosso, valido, stimolante, carismatico, rozzo. Aggettivi determinativi Aggettivo possessivo Maschile Femminile singolare plurale singolare plurale mio miei mia mie tuo tuoi tua tue suo suoi sua sue nostro nostri nostra nostre vostro vostri vostra vostre loro loro loro loro proprio propri propria proprie altrui altrui altrui altrui I nomi di parentela usti al singolare e preceduti da un aggettivo possessivo (escluso “loro”), rifiutano l’articolo (v. pag... ): mio padre, tua sorella, sua cugina, vostro genero Al contrario: la madre tua, il figlio suo, in quanto il possessivo segue il nome. I nomi di parentela usati al plurale e preceduti da un aggettivo possessivo (compreso “loro”) vogliono l’articolo: i miei fratelli, i nostri cugini ecc. Aggettivo dimostrativo Maschile Femminile singolare plurale singolare plurale questo questi questa queste codesto (cotesto) codesti (cotesti) codesta (cotesta) codeste (coteste) quello quelli quella quelle stesso stessi stessa stesse medesimo medesimi medesima medesime tale tali tale tali altro altri altra altre “Questo” indica la vicinanza rispetto a chi parla. “Codesto” indica la vicinanza rispetto a chi ascolta (ma non tutti condividono questa rappresentazione). “Quello” indica la lontananza da chi parla e da chi ascolta. “Questa” si abbrevia in “sta” nelle parole “stamattina”, “stasera”, “stanotte”. “Codesto” si usa per rivolgere istanza a enti, istituti, uffici ecc. Il sottoscritto chiede a codesta Direzione... “Stesso” e “medesimo” si usano per indicare identità: E’ sempre lo stesso (medesimo) mendicante che bussa “Stesso”, posto dopo un nome ha il significato di: in persona, proprio lui; viene usato quindi per richiamare l’attenzione sul nome cui si riferisce: Il preside stesso ha consegnato la pagella agli alunni “Tale” è usato nel significato di: come quello, di quella specie: Tale spettacolo è di una bellezza incomparabile “Altro” è usato nel significato di: “diverso” Mi è stato detto di compilare un altro modulo Aggettivo numerale Numeri cardinali Numeri ordinari 1 I uno primo 2 due II secondo 3 tre III terzo 4 quattro IV quarto 5 cinque V quinto 6 sei VI sesto 7 sette VII settimo 8 otto VIII ottavo 9 nove IX nono 10 dieci X decimo 11 undici XI undicesimo 12 dodici XII dodicesimo 13 tredici XIII tredicesimo 14 quattordici XIV quattordicesimo 15 quindici XV quindicesimo 20 venti XX 30 trenta XXX trentesimo 40 quaranta XL quarantesimo ventesimo quadragesimo 50 cinquanta L cinquantesimo quinquagesimo 100 cento C centesimo 500 cinquecento D cinquecentesimo 1000 mille M 2000 duemila MM duemillesimo Scrivo: millesimo Uno scienziato - mille abitanti una scienziata - diecimila abitanti trentun banchi - cinquantun aule venti e uno zaino - ottanta e uno scolaro un milione di dollari - sei milioni di dollari un miliardo d lire - sei miliardi di lire “Uno” (“una”) e “mille” (“mila”) sono declinabili (sono gli unici numerali cardinali che si declinano). I composti di “uno” quando precedono il sostantivo, possono usarsi nella forma tronca al maschile e al femminile. Con “venti e uno”, “ottanta e uno” ecc. il sostantivo richiede il singolare, tuttavia si trova scritto anche: ottantuno zaini. “Milione” e “miliardo” sono usati come sostantivi e formano il plurale regolarmente. Lingua viva Il sistema di numerazione in uso presso di noi procede sempre di mille in mille, per cui un milione è uguale a mille migliaia, un bilione o miliardo a mille milioni, un trilione a mille bilioni o miliardi ecc. Presso i tedeschi, gli inglesi ed altri popoli nordici, invece, dal milione in poi si procede di milione in milione. In quei paesi, quindi, il bilione è un milione di milioni (quello che noi chiamiamo trilione), mentre il trilione è quello che noi chiamiamo quintilione ( un milione di miliardi). Negli Stati Uniti un bilione è uguale ad un miliardo, come in Italia. Numeri ordinali Il primo uomo nello spazio fu Yuri Gagarin Il colore della terza automobile mi piace molto Il primo gennaio (ma il sedici settembre) Il secolo XX (o ventesimo) - Papa Paolo VI (o sesto) La regina Elisabetta II (o seconda) I numerali ordinali sono declinabili. Con l’ordinale viene indicato il primo giorno del mese. Gli ordinali sono usati per indicare i secoli e per distinguere papi, sovrani, principi. In tali casi si preferiscono le cifre romane. I segni fondamentali della numerazione romana sono: I (1) V (5) X (10) L (50) C (100) D (500) M (1000) L’accostamento di tali segni determina gli altri numeri: IX (9) XC (90) LV (55) MD (1500) I numeri a sinistra del numero maggiore devono intendersi sottratti, quelli a destra aggiunti. Numeri distributivi Scrivo: Le scimmiette entrarono in gabbia tre alla volta Ogni sette giorni vado in campagna “Tre alla volta”, “ogni sette” sono aggettivi numerali moltiplicativi (determinano quante volte viene moltiplicata una certa quantità). Eccone altri: Triplo - quadruplo - decuplo - centuplo - multiplo duplice - quadruplice ecc. Numeri frazionari “Un terzo”, “tre quinti”, “un millesimo” sono aggettivi numerali frazionari. Eccone altri: due terzi - quattro sesti - nove decimi ecc. Numerali collettivi Scrivo: Mi sono ferito ad ambo le mani Ambedue sono state punite Entrambi sono stati premiati “Ambo”, “ambedue”, “entrambi” sono aggettivi numerali collettivi e indicano l’insieme di un determinato numero di cose o esseri. “Ambo” ed “ambedue” sono indeclinabili; “entrambi” al femminile fa “entrambe”. Scrivo: Mio fratello ha superato il biennio di ingegneria In poesia la quartina è l’insieme di quattro versi. “Biennio” e “quartina” sono aggettivi collettivi con valore di sostantivi, così come: trio, terno, quartetto, decina, quindicina, centinaio, migliaio. “Decina”, “quindicina”, “ventina” ecc. indicano un insieme di cose o esseri in modo approssimativo. Aggettivo indefinito “Molti” indica una quantità in modo indeterminato: ...molti forestieri corsero ad ammirarlo. E’ aggettivo indefinito. Questi aggettivi possono dividersi in quattro gruppi: 1) ogni, qualche, qualsiasi, qualsivoglia, qualunque, appartengono al primo gruppo e sono usati solo al singolare maschile e femminile; 2) certo, altro, poco, molto, parecchio, tanto, troppo, tutto, alquanto, altrettanto sono usati in entrambi i generi e i numeri; 3) ciascuno, nessuno sono usati solo al singolare e variano nel genere; 4) alcuno, taluno, sono usati quasi sempre al plurale e variano nel genere. Esempi: Ogni sera vado a letto tardi - Nessun alunno era presente in classe. Alcuni animali trascorrono l’inverno in letargo. Aggettivo interrogativo Scrivo: Che libri leggi nelle ore libere? In quali pianure italiane si coltiva il riso? Quanta benzina consuma la “Fiat Uno” ogni cento chilometri? Desidero sapere che libri leggi nelle ore libere Dimmi in quali pianure italiane si coltiva il riso Sono curioso di sapere quanta benzina consuma la “Fiat Uno” ogni cento chilometri. Che... ? è invariabile in genere e in numero quale... ? è invariabile soltanto nel genere quanto... ? è invariabile in genere e in numero Aggettivo esclamativo Gli aggettivi “che”, “quale”, “quanto” sono usati anche nelle frasi esclamative: Che bel film abbiamo visto! Quanta nebbia nel tratto Milano - Torino! Aggettivo sostantivato Quando l’aggettivo non è unito al nome ed è preceduto da un articolo assume la funzione di sostantivo: Il saggio va ascoltato e rispettato Non dargli retta: è un ambizioso e un falso A quanto pare i vostri intendono agire da soli Il suffisso di un aggettivo spesso aiuta a capirne il significato: - ibile, - abile, indicano possibilità, potenzialità leggibile, vendibile, transitabile - oso, abbondanza disponibilità d’una cosa: famoso, spiritoso, glorioso, misericordioso - ano, - ino, - ese, appartenenza toscano, musulmano, argentino, trentino, inglese - ando, - endo, necessità, azione che deve o sta per compiersi: esaminando, corrigendo, venerando - esco, appartenenza trecentesco, libresco, militaresco - ardo, apprezzamento negativo codardo, infingardo, testardo, bugiardo, patriottardo, bastardo, beffardo. Il prefisso (particella che si premette alla parola): In, dis, s, indicano negazione: felice - infelice, certo - incerto, attento - disattento, ordinato disordinato, fortunato - sfortunato, conosciuto - sconosciuto; anti ha valore avversativo, di opposizione: antidemocratico, antinevralgico, antisportivo, antifascista; a (corrispondente all’alfa privativo dei greci) denota privazione, mancanza estraneità: apolitico, apatico, agnostico. Nota che per indicare un avversario del comunismo si dice anticomunista, invece con acomunista si indica chi non è comunista, ma non è nemmeno contrario al comunismo. Gli è semplicemente indifferente. Altri prefissi: arci: arcinoto, arcimiliardario auto: autobiografico, autocritico contro: controproducente, contraddittorio, controverso extra: extravergine, extraterritoriale, extraparlamentare foto: fotoelettrico, fotosensibile inter: internazionale, interurbano, intercomunicante para: parastatale, paramedico, paramilitare pre: prenatale, preordinato, prepotente radio: radioattivo, radioterapeutico, radiofonico sopra: soprannaturale, sovrabbondante sotto: sottomultiplo, sottosviluppato, sottoposto stra: straricco, straordinario, stragrande sub: subalterno, subacqueo, suburbano super: supersonico, superalcolico, superfluido tele: televisivo, telericevente, telesettivo ultra: ultravioletto, ultramoderno, ultrasensibile Lingua viva L’aggettivo, come l’articolo, è sempre accompagnato da un sostantivo. Però l’articolo lo precede sempre; l’aggettivo invece può precederlo oppure seguirlo. Con qualche sfumatura nel significato. Premesso al sostantivo, l’aggettivo perde rilevo: E’ caduta la bianca neve Ma se per uno strano fenomeno meteorologico cadesse neve colorata di rosso, diremmo: E’ caduta neve rossa Mettendo in risalto, con l’aggettivo in posizione finale, la eccezionalità dell’evento, che invece passerebbe in secondo piano qualora dicessimo: E’ caduta la neve rossa In altri casi non si tratta più di sfumature, ma di un totale mutamento di senso, come nelle copie che seguono: “un certo giorno” è diverso da “un giorno certo” Con il “povero nonno” alludiamo al nonno scomparso, mentre il “nonno povero” è il vivo e vegeto, ma da lui non ci aspettiamo alcuna eredità. Chi si ciba di “puro latte” non è detto che si cibi di “latte puro”. I “libero docente” non va confuso col “docente libero”, il “gentiluomo” con l’uomo gentile, e la “buona società” non sempre è una “società buona”. L’aggettivo “mezzo” “Mezzo” è un aggettivo che si concorda col sostantivo quando lo precede: E’ stato un mezzo disastro Ho bevuto mezza bottiglia Non amo i mezzi termini ma quando lo segue, prende forma avverbiale, invariabile: Ho dormito due ore e mezzo Ho mangiato una mela e mezzo E’ avverbio anche quando si accompagna ad un aggettivo o participio per attenuarne il significato: Erano mezzo ubriachi Maria era mezzo vestita Mezzi ubriachi... mezza vestita sono forme popolari. Parte sesta Il pronome Il pronome è quella parte del discorso che sostituisce il nome (dal latino “pro” al posto di, in luogo di “nomen” nome). I pronomi si distinguono in: pronomi personali io - tu - egli - ella - esso - essa - noi - voi - essi - esse hanno, nel discorso, funzione di soggetto. Me - te - lui - lei - noi - voi - loro - sé hanno funzione di complemento Mi - ti - ci - vi- lo - la - li - le - gli - si - ne costituiscono le particelle pronominali e hanno, nel discorso, funzione di complemento. Dei pronomi personali, “tu” è il più vilipeso dal corrente linguaggio cinematografico, televisivo e salottiero, molti addirittura lo considerano dialettale, e pensano di ingentilire il loro modo di esprimersi esclamando: l’hai detto te; te non devi pensare a queste cose io e te ci ameremo sempre “Te” non è soggetto, e la sua sostituzione strisciante al “tu” nella funzione di soggetto suona ancora come errore. Invece è accettata, sempre nella funzione di soggetto, la sostituzione di “lui” ad “egli”: Ho visto tuo padre, egli mi ha detto (ma anche: lui mi ha detto) “Egli” e “lui” si usano riferiti a persone; “esso” si riferisce agli animali e alle cose: Non scherzare col cane, esso può morderti Ingenti furono i danni dell’incendio: esso fu domato solo dopo tre ore. “Essa” invece può essere riferita anche a persona: Sono venuto senza moglie: essa è a letto ammalata “A lui” si può sostituire con “gli”: Non ho telefonato a Luigi, però gli ho scritto una lettera E’ errore grave scrivere: Non ho telefonato a Luigi, però “ci” ho scritto una lettera “Ci” non sta mai per “gli”. “Ci” pronome è complemento oggetto di “noi”: Tu ci punisci oppure funge da complemento di termine, al plurale: Tu ci (a noi) hai dato una delusione “Ci” davanti a “i” si apostrofa: Egli c’invito a cena Qualcuno lo apostrofa anche davanti ad altra vocale: C’era una volta ( la grammatica lo consente) I puristi preferiscono però: Ci eravamo tanto amati Invece è errore grave apostrofare: perché c’hai lasciati?, gli amici c’hanno rovinato. “Gli” si usa da solo oppure composto con “lo”, “la”, “le”, “ne”, “li”: glielo dissi, gliela consegnai, gliene parlerò glieli invierò per posta Tali pronomi accoppiati possono agganciarsi ad una voce verbale (imperativo, infinito, gerundio) formando con essa una sola parola: diteglielo che no accetto raccomandazioni voleva fargliela di nascosto, ma non c’è riuscito. Adesso “gli” si usa anche per “loro”, “a loro” Entrati gli amici, gli offrì da bere ma è ancora sentito come errore grave il “gli” nel senso di “a lei”: Quando la zia mi telefonò gli dissi... (le dissi) Mario, incontrata la fidanzata, gli diede un bacio (le diede) Quadro completo dei pronomi personali singolare: io - me - mi Prima persona plurale: noi - ce - ci singolare: tu - te - ti Seconda persona plurale: voi - ve - vi singolare: egli, ella, essa, esso, lui, lei Terza persona gli, lo, le, la, sé, si, ne plurale essi, esse, loro, li, le, sé, si, ne Pronome “ne” Scrivo: E’ svogliata, ma ne apprezzo la cordialità (di lei) Sono distratti, ma ne (di loro) apprezzo la bontà E’ influente e ne (da lui) spero validi aiuti Sono saggi e ne avrò utili consigli (da loro) Il pronome “ne” funge da complemento diverso dal complemento oggetto e di termine: di lui, da loro ecc. Attenzione: con le voci dell’imperativo “da’”, “di’”, “fa’”, “sta’”, “va’”, ecc. le particelle pronominali mi, me, ti, te, ci, ce, lo, la, li, le, ne raddoppiano la consonante: Dacci oggi il nostro pane quotidiano Fallo per me, stanne lontano Dinne quello che vuoi, ma mi piace Pronomi me, te, se, ce, ve Le particelle pronominali “mi, ti, ci, si, vi” quando si accompagnano ai pronomi “lo, la, li, le, ne” si mutano in “me, te, se, ve, ce”. Ecco il quadro completo me lo me la me li me le me ne te lo te la te li te le te ne se lo se la se li se le se ne ce lo ce la ce li ce le ce ne ve lo ve la ve li ve le ve ne Attenzione: I pronomi “ me lo”, “te lo”, “se lo” ecc. possono agganciarsi ad una voce verbale (imperativo, infinito, gerundio) formando con essa un’unica parola: E’ mio interesse parlartene oggi stesso Conducetemela qui al più presto. Lingua viva L’uso capriccioso della lingua, che oggi consacra come regola quello che fino a ieri era considerato un errore, non è esente da stranezze. Talvolta mette il pronome là dove non sarebbe necessario; talaltra sopprime l’aggettivo interrogativo, ritenendo sufficiente il tono. Il popolaresco “a me mi piace” ad esempio, è adoperato da molti scrittori, che non intendono rinunciare alla carica affettiva e polemica racchiusa nella ripetizione. Alcuni distinguono addirittura tre gradi di intensità: mi piace Teresa, a me piace Teresa, a me mi piace Teresa. E per scoraggiare i possibili rivali, ne aggiunge un quarto: Teresa piace a me. Si cade in una ripetizione anche quando si urla: La camicia la voglio stirata frase più energica di: Voglio stirata la camicia Tuttavia si consiglia di usare parcamente queste ripetizioni, che se troppo frequenti diventano fastidiose ed ambigue. Se leggiamo: Il figlio il padre lo prese a schiaffi non si capisce bene chi dia e chi prenda lo schiaffo. Scriveremo perciò: Il padre prese a schiaffi il figlio oppure: Il figlio prese a schiaffi il padre Anche il “ne” è usato più del necessario. La frase essenziale: Che dici di questo romanzo? diventa: Che ne dici di questo romanzo? Dove il ne è pleonastico (sovrabbondante) ma considerato più indispensabile del necessario. Al contrario si sottrae all’interrogativo “che cosa” l’aggettivo “che”. La frase: Che cosa hai fatto? diventa Cosa hai fatto. Pronomi e verbi servili Con i verbi servili (potere, dovere, volere) il pronome si può accoppiare indifferentemente al servile o all’infinito: io non devo amarlo - io non lo devo amare tu non puoi lasciarla - tu non la puoi lasciare Se c’è il verbo fare, il pronome si congiunge a questo verbo e non all’infinito: gli faccio vedere io (non: faccio vedergli) le feci parlare (non: feci parlarle) Attenzione: nelle esclamazioni il pronome personale prende la forma del complemento, non del soggetto: te beato! - povero me! (non: tu beato! povero io!) Lo stesso accade quando il pronome personale è predicato dei verbi essere, sembrare, parere: io non sono te (non: io non sono tu) tu non sei me (non: tu non sei io) Eccezione: io non sono io Nota la frase: Morto io (oppure morto me) gli altri si arrangeranno Le due forme sono indifferenti, purché il pronome sia soggetto. Se invece è complemento oggetto, vuole la forma del complemento: Interrogato me, l’insegnante spiegò la lezione Pronome relativo Il pronome relativo “che”, “il quale” ecc. istituisce una relazione, un collegamento tra due proposizioni, facendo, nella seconda, le veci di un nome contenuto nella prima: La città, che abbiamo visitata, è molto bella “che” è invariabile (equivale a “il quale, i quali, le quali, la quale) e funge da soggetto e da complemento oggetto. “Che” preceduto dall’articolo determinativo o dalla proposizione articolata, significa “ciò”, “la qual cosa”: Quel ragazzo si impegna molto a scuola, il che dimostra la sua buona volontà Sei venuto a trovarmi dopo l’incidente, del che (della qual cosa) ti ringrazio Altri pronomi relativi: “Cui” - invariabile e di solito preceduto da una preposizione: Ho visto finalmente quel film di cui tutti parlano Quando “cui” è preceduto dall’articolo o dalla preposizione articolata equivale a “di cui” Nell’isola di Pasqua ci sono statue enormi la cui origine (l’origine delle quali) è incerta Al posto di “a cui” si può scrivere semplicemente “cui” Perché vuoi sapere chi era la persona cui (a cui) ho telefonato oggi? “Chi” - si usa soltanto al singolare e riferito a persona. Corrisponde a “colui che”, “colei che”: Chi (colui) che non vuol venire torni a casa dove (ove) e “donde” - corrispondono rispettivamente a “nel quale”, “nella quale” ecc.: Questa è la piazza dove (nella quale) ti ho conosciuto e a “del quale”, “dalla quale” ecc. Il luogo donde (dal quale) venne rimase sconosciuto “quanto” - che nel discorso assume anche altre funzioni, è pronome relativo quando significa “quello che”, “quelli che”: Ho ascoltato quanto (quello che) hai detto “chiunque” - è pronome relativo quando significa: qualunque persona che: Chiunque bussi, non rispondere “checché” (poco usato) - ha i significati: qualunque cosa che, qualunque sia la cosa che: Checché tu faccia, non mi importa nulla Attenzione: nella frase “Sono malato, per cui resto a letto” cui non fa le veci di alcun nome, è un pronome abusivo che non sostituisce nulla, perciò si dovrà cambiare la frase in: Sono malato, ragione per cui resto a letto Attenzione: “che” può essere anche - pronome relativo: il pane che hai mangiato - pronome interrogativo: che fai ? - aggettivo interrogativo: che ora è ? - aggettivo esclamativo: che uomo! Che bella giornata! - congiunzione comparativa: è più intelligente che studioso - congiunzione imperativa: che nessuno si muova - congiunzione finale: guardava che non fuggissero - congiunzione causale: godo che tu sia guarito - congiunzione consecutiva: era così forte che vinse - congiunzione dichiarativa: penso che pioverà “che” pronome è preceduto raramente da preposizioni, tuttavia si notino le frasi: “non ha di che vivere”; “grazie, non c’è di che” Le grammatiche consigliano di evitare, come inutile francesismo, la frase: E’ per questo che ti voglio bene e l’altro stilema: Non è che io sia esperto di queste faccende sostituendole con: Per questo ti voglio bene Non sono esperto di queste cose La costruzione “è...che...” è accettabile solo in funzione personale: E’ lui che ti ha salvato. Si consiglia, inoltre, di usare il meno possibile “il quale, la quale, i quali, le quali”. Siccome appesantiscono il discorso è meglio sostituirli con il “che”. A volte però accade che siano indispensabili per motivi di chiarezza: Ecco le pesche del podere che non abbiamo venduto. E’ poco chiaro se sono invendute le pesche o il podere. Se sono le pesche a non essere state vendute, cacceremo ogni ambiguità scrivendo: Ecco le pesche del podere, le quali non abbiamo venduto Pronomi possessivi Dai sei pronomi possessivi derivano sei aggettivi e pronomi possessivi: mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro. A questi va aggiunto un settimo aggettivo, “proprio”, necessario in qualche caso per evitare confusione, e “altrui” che è un po’ meno usato. Se dico: Carlo presta a Mario la sua auto si capisce che l’auto è di Carlo. Ma se dico: Carlo saluta Mario e sale sulla sua auto nasce il dubbio: l’auto è di Carlo o di Mario. Per far capire che l’auto è di Carlo, dirò: Carlo saluta Mario e sale sulla propria auto Tranne “loro” e “altrui” (indeclinabili) gli altri pronomi possessivi variano nel genere e nel numero e richiedono sempre l’articolo determinativo: I miei libri ed i suoi I tuoi quaderni e i loro Il tuo quaderno ed il loro Pronome dimostrativo Questo, quello (e anche “stesso”, “medesimo”, “codesto”, “tale” sono simili alle forme corrispondenti degli aggettivi dimostrativi: I suoi gusti sono sempre gli stessi “Codesti”, “costoro” (e anche colui, colei, coloro, costui) non hanno riscontro con gli aggettivi, sono riferiti a persona e usati con un certo senso di spregio: Chi è costui? “Ciò” è invariabile e sta per: questo, questa cosa, quello, quella cosa. “Questo” e “quello” quando fungono da soggetto e sono riferiti a persona singolare maschile nominata precedentemente possono trovarsi sostituiti da: “questi” (per la persona più vicina) “quegli” (per la persona più lontana): Cavour e Mazzini furono due grandi artefici del Risorgimento italiano: questi era repubblicano, quegli monarchico. Anche “lo”, “la”, “le”, “li”, “ne”, “ci”, possono essere pronomi dimostrativi: Come sta tua cugina? Non la vedo da molto tempo. Molti i concorrenti iscritti al torneo, ma al momento dell’inizio delle gare, se ne sono presentati solo dieci. Posseggo molti libri, ma ne ho letti ben pochi. Appena giungemmo tutti ci (pron. Personale) salutarono. Mi hai offeso, ma ti prego di non pensarci (pron. Dimostrativo) più. Pronome indefinito “Chiunque” è pronome relativo indefinito, che introduce una preposizione subordinata, col verbo al congiuntivo. Si eviti pertanto di dire: Parlava con chiunque e si preferisca: Parlava con chiunque incontrasse oppure: Parlava con tutti, con chicchessia Lo stesso discorso vale per “dovunque”: Dovunque tu vada, ti seguirò Si eviti di usarlo al posto di “dappertutto”: Questa medicina si trova dappertutto (non: dovunque) Analogamente reggono il congiuntivo “comunque” e “qualunque”: Qualunque cosa tu faccia, sbagli Comunque sia, non ci credo Si eviti la frase sospesa: Gli scriverò comunque e si preferisca: Gli scriverò in ogni caso (in ogni modo) Posposto ad un sostantivo l’aggettivo qualunque acquista un significato spregiativo: Un medico qualunque Qualunque non tollera di essere seguito da “che”: Qualunque cosa che Mario dica, non gli credo ha un “che” di troppo. “Niente”, “nulla”, “nessuno” vogliono il “non”, se seguono il verbo: Non feci niente di male Non mi disse nulla Non entrò nessuno Se lo precedono, rifiutano il “non”: Niente di male feci, nulla mi disse, nessuno entrò I pronomi indefiniti sono: alcuno - alquanto - altrettanto - altro - certo - ciascuno molto - nessuno - parecchio - poco - quanto - taluno tanto troppo - tutto - uno - tale - ognuno - qualcuno chiunque chicchessia - qualcosa - niente - nulla - chi “Uno” varia solo nel genere (uno - una), ma assume la forma plurale e varia quindi anche nel numero in correlazione con “altri” (gli uni e gli altri). “Ognuno”, “qualcuno” sono usati solo al singolare maschile e femminile: Ognuno (ognuna) rispetti il regolamento “Chiunque”, “chicchessia” sono usati solo al singolare per entrambi i generi. Significano: qualunque persona: Chiunque è libero di esprimere le proprie idee “Chi” è usato nel significato di “qualcuno”, “alcuni”: Chi gira a destra, chi a sinistra C’è chi dorme e chi veglia Pronome interrogativo ed esclamativo “Chi” può incontrarsi anche nelle interrogazioni dirette e indirette: Chi credi di essere? I pronomi interrogativi sono: Chi... ? che... ? quale... ? quanto... ? quanti... ? Qualche esempio di interrogazione indiretta: Dimmi con chi vai alla festa Fammi sapere quali sono le tue intenzioni Ti ho chiesto quanto vale quell’auto usata. Gli stessi pronomi possono essere usati per introdurre un’esclamazione: Quanto ho sofferto oggi! Che sento! Che bello! La nota regola che impone all’aggettivo di appoggiarsi ad un sostantivo, non viene violata allorquando diciamo “che bello!”, intendendosi non “bello2 aggettivo, ma sostantivato, vale a dire “il bello, la bellezza”. Parte settima La phrase Noi pensiamo e parliamo, non attraverso parole separate, ma attraverso unioni di parole. Ognuna di queste unioni, logicamente e grammaticalmente organizzata, è una frase. La frase semplice (phrase simple) La frase semplice è l’insieme di due elementi fondamentali: un soggetto che indica la persona o l’oggetto che compie l’azione o si trova in una certa situazione; un predicato che dice qualcosa a proposito del soggetto. L’intonazione normale di una frase è ascendente nella prima parte (soggetto) e discendente nella parte del predicato, se si tratta di una frase dichiarativa. Soggetto e predicato sono funzioni grammaticali e indicano i rapporti esistenti tra le due parti della frase semplice. Queste funzioni sono espresse da un gruppo che ha come elemento principale un nome, chiamato “gruppo nominale”, e da un gruppo il cui elemento principale è un verbo e che viene chiamato “gruppo verbale”. Talvolta alcuni elementi della frase possono essere soppressi, come per esempio: - all’imperativo, il soggetto: Travaillez - in una risposta, la parte che si conosce già e si sottintende: Qu’est - ce que tu regardes? La neige (Je regarde la neige) “Travaillez” e “la neige” restano comunque delle frasi. Talvolta si possono aggiungere altri elementi come: - i complementi del verbo: Partez / le plus vite possible Ils sont partis / enfin FRASE SEMPLICE TIPO DEL GRUPPO Les Gruppo nominale frères petits Gruppo verbale jouent enfin. Quand je vous le dirrai. Partez Il observe Les garçon sortent Determi nanti e aggettiv i nucleo nominal e nucleo verbale verbo FUNZIONE COMPLEMENTO SOGGETTO les petits frères. (l) du cinéma. (2) gruppo nominal e avverbi o o gruppo nominal e proposi zionale compl. del verbo (l) compl. Oggetto (2)com pl.indir etto PREDICATO DI FRASE TIPO DEL GRUPPO GRUPPO NOMINALE 7. 2 I diversi tipi di frase La frase dichiarativa affermativa semplice del tipo Mes parents sont arrivés à cinq heures La chance a tourné può essere considerata come la struttura di base della frase francese. L’intonazione di questa frase è del tipo ascendente discendente. L’intonazione discendente caratterizza il predicato. Un secondo tipo di frase semplice è: Cet enfant est malade Le ciel est bleu con la sequenza: SOGGETTO VERBO ATTRIBUTO Questo tipo di frase presenta pure un attributo. Il soggetto è collegato ad un aggettivo o ad un secondo gruppo nominale tramite un verbo come ÊTRE, SEMBLER, PARAÎTRE, AVOIR L’AIR (Cette femme a l’air heureuse) o come DEVENIR, RESTER, VIVRE, MOURIR (Elle restera jeune très longtemps). Gli altri tipi di frase sono il risultato di trasformazioni. 7. 3 Le frasi interrogative Le frasi interrogative appartengono a due tipi: PRIMO TIPO: L’interrogazione riguarda l’intera frase (interrogazione totale). La risposta è OUI, SI, NON. La si può ottenere in vari modi: 1) Trasformando l’intonazione discendente in intonazione ascendente: Elles sont arrivées Elles sont arrivées? In italiano la curva di intonazione è diversa nelle frasi interrogative: Sono arrivate? 2) Facendo precedere la frase affermativa da EST- CE - QUE (est - ce - qu’ davanti a vocale): Est - ce qu’elles sont arrivées? L’intonazione può anche restare discendente. 3) Spostando il soggetto (se è un pronome) dopo la forma verbale coniugata (inversione del soggetto): Elles sont arrivées Sont - elles arrivés? Di regola in italiano niente inversione 4) Aggiungendo un pronome (dello stesso genere e numero del soggetto sostantivo) dopo la forma verbale coniugata: Tes soeurs sont arrivées Tes soeurs sont - elles arrivées? 5) Facendo seguire la frase dichiarativa da n’est - ce pas? Elles sont arrivées, n’est - ce pas? Analoga struttura italiana: frase affermativa + non è vero? RIASSUNTO 1 Elles sont arrivées? arrivées? 2 Est - ce qu’elles sont Elles viendront? Est - ce que tes soeurs viendront? 3 4 Sont - elles arrivées? Tes soeurs sont - elles arrivées? Viendront - elles? Tes soeurs viendront - elles? 5 Elles sont arrivées, n’est - ce pas Le forme 1, 2 e 5 sono le più frequenti nel francese parlato. Le forme 3 e 4 si trovano quasi esclusivamente nel francese scritto oppure in frasi contenenti brevi forme verbali di uso molto frequente come: Où vas - tu? Comment allez - vous? Attenzione: Inversione del soggetto - Se alla terza persona singolare, il verbo finisce in - t (il vient) o - d (il prend) non bisogna dimenticare di inserire il trattino d’unione (-): Connaît - il l’anglais? Prend - elle l’avion? - Se alla terza persona singolare il verbo non finisce con - t o - d, aggiungete - t (i trattini d’unione saranno due): Aime - t - il français? Ira - t - il à la montagne? 7. 4 Interro - negativa Neigera - t- il en janvier? Prendra - t - il le train? L’interrogazione può essere espressa anche in forma negativa. Si avrà allora una frase interrogativa - negativa, che unisce i caratteri di entrambe le forme: Tu ne pars pas? Est - ce que vous n’irez pas? Ne vas - tu pas? In questo caso, la risposta affermativa viene data con SI e non più con OUI: Tu ne pars pas? Si, je pars Est - ce qu’elles ne sont pas arrivèes? Si, elles sont là Vos soeurs ne viendront - elles pas? Si La risposta affermativa in italiano è sempre SI . NON, OUI, SI, possono bastare come risposta. La risposta può, però, anche riprendere il gruppo verbale contenuto nella domanda: Si, elles viendront. 7. 5 Interrogazione parziale SECONDO TIPO: L’interrogazione riguarda solo un gruppo nella frase: Les garçons sortent de l’école. D’où sortent les garçon? La trasformazione interrogativa si effettua in tre tempi: 1° TEMPO: Sostituzione Il gruppo a cui si riferisce la domanda viene sostituito da un elemento o da un gruppo di elementi interrogativi: Les garçons sortent de l’ècole d’où? Queste frasi si possono sentire spesso nella conversazione corrente: Les garçons sortent d’où? Tes soeurs arrivent quand? 2° TEMPO: Spostamento dell’elemento interrogativo all’inizio della frase: D’où… (D’où les garçons sortent? È inaccettabile) 3° TEMPO: Aggiunta di un segnale interrogativo. Secondo i casi si può scegliere tra - D’où est - ce que les garçon sortent? (est -ce que è forma più regolare ed essa è quasi sempre accettabile) - D’où les garçons sortent - ils? Si aggiunge un pronome personale dopo il verbo solo se il soggetto è un nome. Se il soggetto è un pronome, si sposta quest’ultimo dopo il verbo (inversione): Où vas - tu? D’où sortent les garçon? (L’inversione è possibile solo raramente se il soggetto è un nome). L’intonazione è discendente. Attenzione: Il soggetto espresso con un nome può essere spostato dopo il verbo solo: - se la frase inizia con QUAND, COMBIEN, COMMENT, OÙ, D’OÙ, QUEL (Variabile), DE QUI, À QUI... Comment s’appelle votre amie? Combien de livres lira ta soeur, pendant les vacances? - se è soggetto di una frase relativa introdotta da “que” compl. Ogg.: Voilà le livre que lit mon frère. 7. 6 L’interrogazione riguarda solo il soggetto, nome di persona. Esempio: André est venu - Qui est venu? Si usa solo il 1° tempo (sostituzione), dato che il 2° tempo è già automaticamente realizzato ed il terzo tempo è impossibile in quanto QUI (soggetto) deve restare all’inizio della frase. Si può dire anche QUI EST - CE QUI EST VENU? Il pronome interrogativo QUI si usa per le persone. QUI soggetto è sempre seguito da un verbo al singolare: Qui as - tu vu? Per le cose si usa QUE o QUOI. All’inizio della frase interrogativa, per le cose si usa sempre QUE. Eccezione: QUOI DE NEUF? (Quoi + de + aggettivo). QUOI si usa in inizio di frase (interrogativa diretta o indiretta) quando è preceduto da preposizione: De quoi parlent - ils? A quoi est - ce que ça sert? Persone Cose Soggetto QUI ........... Compl. Ogg. QUI QUE de sur à qui pour ecc. de sur à quoi pour ecc. ATTENZIONE: Persone Cose Soggetto Qui est - ce qui Qu’est - ce qui... compl. Ogg. Qui est - ce que Qu’est - ce que... I pronomi di questo schema sono usati più spesso delle forme brevi QUI e QUE. ATTENZIONE: Qu’est - ce qui tombe? È l’unica forma possibile per il soggetto riferito a cosa. (Que tombe non è accettabile in francese) QUE, QU’EST - CE QUI e QU’EST - CE QUE nelle frasi interrogative indirette si trasformano in “CE QUI” (soggetto) e “CE QUE” (complemento ogg.) Qu’est - ce qu’il veut? Je ne sais pas ce qu’il veut. CHE COSA è invece l’unica forma italiana sia per le interrogative dirette sia per le interrogative indirette: Che cosa vuole? Non so che cosa voglia. 7.7. L’interrogazione riguarda il soggetto, nome di cosa. La niege tombe Ci si serve unicamente della forma: Qu’est - ce qui tombe? Attenzione - Dopo QUI o QUOI soggetto, il verbo è sempre al singolare - Qui est - ce qui (per le persone), Qu’est - ce qui (per le cose) servono a porre domande relative al soggetto. 7.8. L’interrogazione riguarda il verbo: La niege tombe 1 Tempo: fait quoi? Il verbo TOMBE è sostituito da FAIRE, verbo con significato generico e dall’elemento interrogativo QUOI 2 Tempo: QUOI si sposta all’inizio della frase e si trasforma in QUE. ATTENZIONE: QUOI è sempre sostituito da QUE quando si viene a trovare all’inizio di una frase interrogativa. 3 Tempo: Inserimento di EST - CE QUE o inversione Qu’est - ce que la niege fait? Oppure Que fait la niege? 7.9. L’interrogazione riguarda l’attributo Ces enfants son grands (qualità) sont ces enfants? Comment Comment ces enfants sont - ils? est - ce que ces enfants sont? Ces enfants sont nombreux (quantità) Combien Combien sont ces enfants? Cette voiture est rouge (colore) De quelle couleur De quelle couleur est cette voiture? QUEL (quelle, quels, quelles) è un aggettivo interrogativo che si accorda in genere e numero con il nome a cui si riferisce. I pronomi LEQUEL / LESQUELS, LAQUELLE / LESQUELLES, e le loro forme composte DUQUEL / DESQUELS, DE LAQUELLE / DESQUELLES, AUQUEL / AUXQUELS, À LAQUELLE / AUXQUELLES ecc. implicano un’idea di scelta e richiedono nella frase una precisazione (possono riferirsi a un nome già espresso o essere seguiti da un complem. di specificazione): De ces deux chapeaux, lequel prèfères - tu? Auquel de ces hommes parlait - il? ATTENZIONE: Quel est ton nom? (quel + v. essere + nome determinato) In italiano vi è un unico corrispondente, QUALE (i) preceduto o meno da preposizione: Di questi due cappelli, quale preferisci? A quale di questi uomini parli? Qual è il tuo nome? Il est cinq heures Quelle heure Quelle heure est - il? Il est médecin (professione) Quoi Qu’est - ce qu’il est? 7.10. L’interrogazione riguarda il complemento oggetto 1 Tempo: Ils terminent leur repas Quoi? 2 Tempo: QUOI si trasforma in QUE passando all’inizio della frase 3 Tempo: Qu’est - ce qu’ils terminent? Que terminent - ils? Vous avez vu Jean Qui Qui avez - vous vu? Qui - est - ce que vous avez vu? Qu’est - ce que (per le cose) Qui est - ce que (per le persone) servono a fare domande relative al complemento oggetto. 7.11. L’interrogazione riguarda il complemento di termine. Cette voiture appartient à mon frère à qui est - ce que cette voiture appartient? A qui appartient cette voiture? cette voiture appartient - elle? Ils jouent au football à quoi? A quoi est - ce qu’ils jouent? jouent - ils? Attenzione: Se il verbo è all’infinito o al participio presente si usa: Pour faire quoi? oppure Pour quoi faire? En faisant quoi? oppure En quoi faisant 7.12. L’interrogazione riguarda un complemento di tempo, di luogo, di modo, di causa. TEMPO : Les parents sont partis en 1975 Ils sont partis quand? est - ce qu’ils sont partis? Quand sont - ils partis? vos parents sont - ils partis? LUOGO: Ils vivaient en France. est - ce qu’ils vivaient? Ils vivaient où? Où vivaient - ils? vos parents vivaient - ils? MODO: Ils sont venus en voiture est - ce qu’ils sont venus? Ils sont venus comment? Comment sont - ils venus? vos parents sont - ils venus? CAUSA: Ils sont venus parce qu’ils voulaient travailler. est - ce qu’ils sont venus? Ils sont venus pourquoi? Pourquoi sont - ils venus? vos parents sont - ils venus? 7.13. Risposta all’interrogazione totale (riferita all’intera frase) Può essere sufficiente rispondere con OUI, SI (in risposta ad una domanda espressa in forma interrogativa - negativa) e NON: Tu ne pars pas? Si, je pars Oui Aime - t - il le français? Non 7.14. Risposte negative brevi o ellittiche. C’est ennuyeux? - non, pas du tout. Je vous ai fait mal? - non, ce n’est rien Il y a encore du lait? - non, plus du tout. Voulez - vous une cigarette? - non, merci. Tu veux du dessert? - non, merci, pas du dessert. Je ne fume pas, et vous? - Moi, non plus. 7.15. Risposta all’interrogazione parziale. E’ limitata alla parola o al grippo a cui si riferisce l’interrogazione: A quelle vitesse roulait - il? - A 100 kilomètres à l’heure. De quelle couleur était sa veste? - Rouge. Combien coûte la viande? - Cher 8.1 Le frasi imperative Si ottengono sopprimendo il soggetto della frase dichiarativa alla seconda persona singolare e plurale e alla prima persona plurale del presente indicativo: Tu passes de bonnes vacances Passe de bonnes vacances Nous partons vite Partons vite L’intonazione è discendente. L’imperativo esprime un ordine, un consiglio, un invito, un desiderio, un incoraggiamento secondo l’intonazione e il contesto: Asseyez - vous Passez de bonnes vacances Parle! Dors! Ne dors pas tout le temps! La forma negativa si costruisce regolarmente: Ne + verbo coniugato + pas Ne parle pas ATTENZIONE: I verbi in er (1 gruppo + aller) alla seconda persona singolare non prendono la “s”: Tu ne me donnes pas le journal Ne me donne pas le journal In italiano invece la seconda persona singolare dell’imperativo negativo è irregolare e si forma con l’infinito: Dormi Non dormire! Parla Non parlare! L’imperativo può esprimere un’ipotesi: Faites - lui confiance, il vous volera (Si vous lui faites confiance) Se il verbo è all’imperativo affermativo, i pronomi personali complementi lo seguono: Se vi sono contemporaneamente due pronomi personali, compl. ogg. e complemento indiretto si mettono nell’ordine indicato nei seguenti schemi: - le - la - les - moi - m’ - toi - t’ - nous - nous - vous - vous (usato - lui - lui solo) - leur - leur - en -y Attenzione: - tra il verbo e i pronomi personali che lo seguono ci deve essere il trattino d’unione. - i pronomi “me” e “te”, spostandosi dopo il verbo, si trasformano in “moi” e “toi”: Tu me parles Parle moi - non si dirà mai Rendez - vous - y, ma piuttosto: Rendez - vous là bas. - eccezionalmente, per ragioni eufoniche, la desinenza della seconda pers. sing. dei verbi del 1 gruppo finisce con “s” all’imperativo, quando questo è seguito da “y” o “en” : Parles - en à ton ami: portes - y Nadine, le film est très beau. ATTENZIONE: Con être e avoir si usano, per l’imperativo, le corrispondenti persone del congiuntivo presente, senza soggetto. que tu aies de la chance Aie de la chance Je veux que nous soyons heureux Soyons heureux - L’imperativo non ha né la terza persona singolare né la terza persona plurale. In caso di necessità si usano le corrispondenti persone del congiuntivo esortativo: Qu’il aille à la mer! Qu’ils viennent me voir! Je veux, je désire que... 9. Le frasi esclamative Tutte le frasi dichiarative o interrogative possono trasformarsi in frasi esclamative, se pronunciate con intonazione ascendente o discendente o molto accentuata. La sorpresa, l’ammirazione, lo stupore, l’indignazione ecc. possono riferirsi ad uno solo degli elementi della frase o alla frase intera. Spesso la frase inizierà con un elemento esclamativo: Il gruppo nominale: QUEL..., QUE DE..., COMBIEN DE...: Quel (excellent) film nous avons vu! Quel tableau! Que de monde! L’aggettivo attributivo: COMME..., QUE..., CE QUE... Comme il est mignon! Que c’est beau! Ce qu’il est beau! Il verbo: COMBIEN, CE QUE Combien je regrette! Ce que je regrette! La frase: COMMENT, QUE, POURVU QUE, QUAND Comment, vous partez! Que j’ai eu peur! Pourvu qu’il ne la trouve pas! Quand je vous le disais! L’esclamazione si riduce spesso ad una frase ellittica o ad una sola parola. Idiot! (Tu es / vous êtes un idiot) Félicitations! (Je vous fais mes félicitations) Quoi! Comment! Non! 10. Le frasi enfatiche. E’ possibile mettere in risalto un elemento o un gruppo della frase: - mettendo all’inizio della frase un elemento che di solito si trova in posizione successiva: Nous partirons après - demain Après - demain nous partirons Les vacances sont finies Finies, les vacances - mettendo un gruppo nominale soggetto o compl. oggetto all’inizio della frase e riprendendolo poi con il pronome personale corrispondente: Mon frère est venu hier Mon frère, il est venu hier J’ai envoyé sa lettre Sa lettre, je l’ai envoyée - usando c’est... qui... (se si tratta di un soggetto) c’est... que... (se si tratta di un compl. ogg. o di un compl. indiretto): Mon frère est venu hier C’est mon frère qui est venu hier J’ai envoyé sa lettre C’est sa lettre que j’ai envoyée J’ai téléphoné à ma mère C’est à ma mère que j’ai téléphoné Una analoga struttura esiste anche in italiano, solo che il verbo “essere” non è preceduto dal soggetto e non si fa distinzione tra “che” soggetto e “che” complemento oggetto: E’ mio fratello che è venuto E’ la sua lettera che ho spedito ATTENZIONE: I pronomi personali complementi subiscono variazioni se usati all’interno della struttura “c’est... que” e “c’est... qui” Tu me l’as dit C’est toi qui me l’as dit C’est à moi que tu l’as dit Tu leur as donné ce livre C’est à eux (elles) que tu l’as donné 11. Le frasi passive 12. Perché una frase attiva (che contiene un verbo con un tempo semplice o composto) possa essere trasformata in passiva, bisogna che il verbo sia transitivo, cioè che regga un complemento oggetto: Tous ses amis ont félicité Jean Jean a été félicité par tous ses amis. “Tout ses amis” soggetto compl. d’agente preceduto da par. “Jean”, compl. oggetto soggetto “ont félicité” verbo attivo “a été félicité” verbo passivo coniugato con être. Una analoga trasformazione avviene in italiano dove il compl. d’agente è introdotto con “da”. L’ausiliare être, oltre che per il passivo, serve per formare i tempi composti dei verbi pronominali (je me suis levé) e una serie di quattordici verbi e loro composti: ALLER / VENIR; MONTER / DESCENDRE; ENTRER / SORTIR; ARRIVER / PARTIR; NAITRE / MOURIR; TOMBER /RESTER; PASSER /DEVENIR. Per gli altri verbi, di solito, i tempi composti sono formati col verbo avoir. ATTENZIONE: Avoir fa funzione di ausiliare per il verbo être: Nous avons été appelés Questo è un grave rischio di errore: l’italiano usa essere come ausiliare di se stesso: Siamo stati chiamati. Être non è mai l’ausiliare di se stesso. Il senso della frase non muta, ma la prima parola, soggetto della frase passiva, viene messa in risalto. ATTENZIONE: Il verbo avere non ha la forma passiva: Jean a un frère non può esser trasformata in frase passiva Dopo certi verbi il compl. d’agente è preceduto da de : être aimé (suivi, précédé, composé, fait) de… 11.1 Il soggetto della frase attiva è indefinito Se il soggetto della frase attiva è indefinito: ON, QUEL’UN, DES GENS… alla forma passiva si sopprime il compl. d’agente. Quelqu’un a perdu son sac Un sac a été perdu Il compl. d’agente par quelqu’un cade perché non aggiunge nessuna informazione utile ATTENZIONE: Se il soggetto della frase attiva è un pronome personale, la forma passiva non è accettabile: Tu manges une pomme Une pomme est mangée par toi (errore) Fanno eccezione i casi in cui si voglia mettere in risalto un contrasto tra due complementi d’agente: La maison n’a pas été construite par lui, mais par moi 11.2 Altre costruzioni possono ugualmente dare un senso passivo alla frase: - Quando si tratta di una situazione abituale o di un fatto generale: Les journaux d’information se vendent bien Ce vin se boit très frais. Quando l’azione è in corso: Le repas se prépare (est en train d’être préparé). La course se termine - La costruzione con ON: Ici, on parle français On ouvre la porte avec une clé ON è un pronome soggetto indefinito che si usa sempre seguito da un verbo alla terza persona singolare: On dit souvent des mensonges (= Les gens disent…) On a faim (nous avons faim) On dit qu’il fera froid cet hiver (= Quelqu’un dit…) ATTENZIONE: Nella frase passiva, il part. Passato deve essere preceduto dall’ausiliare être: Le vin est vendu In italiano il participio passato può essere preceduto sia da ESSERE che da VENIRE: Il vino è venduto viene 12. Le frasi negative A qualunque tipo appartenga, una frase può essere positiva o negativa. La negazione può riferirsi all’intera frase: ne…pas, ne…plus, ne…jamais… stanno a cavallo del verbo coniugato. Ils n’aiment pas le pain Ils n’ont pas aimé le pain La negazione si compone sempre di due elementi: di solito ne…pas; il pas può però essere sostituito da PERSONNE, RIEN, AUCUN (E), NUL, JAMAIS, PLUS, NI. In italiano non esiste il corrispettivo di pas . È perciò spesso sufficiente un solo elemento negativo. I pronomi complementi precedono il verbo: Elles n’y vont jamais Ne lui en donnez pas ATTENZIONE: Entrambi gli elementi della negazione riuniti (ne pas...) precedono il verbo all’infinito: Je préfère ne pas y aller ATTENZIONE: Dopo sans non appare nessuno dei due elementi della negazione: Elle est partie sans le voir 12. 1 La negazione può riferirsi al gruppo nominale Tu veux la (balle) rouge? Non pas la rouge, la bleu J’ai vu quelqu’un Je n’ai vu personne Elle a entendu quelque chose Elle n’a rien entendu Il y en avait un(e) Il n’y en avait aucun(e) Quelqu’un est venu (Plus) personne n’est venu Attenzione: Dopo sans, attenzione alla diversa posizione di rien e personne voir personne Ils sont partis sans rien voir avoir vu personne Ils sont partis sans avoir rien vu 12. 2 La negazione doppia (si negano due elementi della frase) Ils ont des frères Ils n’ont ni frères ni soeurs et des soeurs. Je bois de la bière Je ne bois ni bière ni vin et du vin Je ne bois ni de la bière ni du vin, mais de l’eau Elles aiment les gâteaux Elles n’aiment ni les gâteaux ni le et le champagne champagne Elle a dansé et chanté Elle n’a ni dansé ni chanté Il veut travailler et Il ne veut ni travailler ni continuer ses études continuer ses études Attenzione: Ni lui ni ses frères ne sont venus Ils n’ont écrit ni l’un ni l’autre = Aucun des deux n’a écrit Elles n’ont écrit ni l’une ni l’autre = Aucune des deux n’a écrit Ils n’ont répondu ni les uns ni les autres = Aucun d’eux n’a repondu Il ne dit ni oui ni non 12. 3 La negazione può riferirsi ad un avverbio toujours ne plus encore déjà ne... pas encore Il l’aime encore Il ne l’aime plus Il a déjà lu le journal Il n’a pas encore lu le journal ATTENZIONE: ne... que... = seulement ne... plus que... Il n’a lu que le titre ( = Il a lu seulement le titre) Elle n’a regardé que la première page Je n’ai plus qu’une paire de chaussures In italiano la forma restrittiva con “non... che” è poco frequente; si preferisce usare soltanto o solo. In francese accade il contrario. Ha guardato solo la prima pagina Il n’a regardé que la première page ATTENZIONE: Ne deve sempre precedere il verbo quando nella frase appare pas, ni... ni, personne, rien, nul, jaimais, plus (che sostituiscono pas) o que (frasi restrittive). ATTENZIONE: Personne + de + aggettivo Rien Personne d’autre Rien de nouveau 13. Il gruppo nominale 1. Les enfants sortent de l’école (b) 2. Mes deux meilleurs amis ont des goûts très differents (a) 3. Jean ouvre cette porte 4. Elles tournent Gruppo nominale: soggetto Gruppo Gruppo nominale compl. verbale: (a) e ( c ) compl. ogg. (b) predicato compl. di luogo nucleo verbale Nei gruppi nominali delle quattro frasi si trovano: dei nomi comuni: amis, enfants, goûts, école, porte; un nome proprio: Jean; un pronome: elles Sono i nuclei di questi gruppi nominali Questi nuclei sono preceduti: da determinanti: les, des, mes, cette, deux (articoli, aggettivi possessivi, aggettivi dimostrativi, aggettivi numerali... ) Preceduti o seguiti da - aggettivi qualificativi: meilleurs, différents che possono essere seguiti a loro volta da un complemento del nome: de l’école où j’allais Si tratta di un gruppo posizionale: de l’école où j’allais. L’ordine dei costituenti del gruppo nominale non è libero, ma segue regole precise. Questo specchietto indica l’ordine nel quale si possono disporre i determinanti del nome (p. es. Tous ses premiers grands films) ed i casi di incompatibilità (p. es. mai insieme successivamente articolo e possessivo, né possessivo e dimostrativo) Quel (le) (s) le, la, les Tout / toute mon, ton, son Tous /toutes mes, tes, ses ma ta sa notre, votre, leur, nos, vos, leurs ce, cet, cette, ces un (e) du, de la, des, de l’ aucun (e), chaque, quelque (s), plusieurs nul (le), pas un (e) certains, beaucoup de, peu de... 13.1 Il nome Numerali E’ il costituente centrale, o nucleo, del gruppo nominale. Le classificazioni possibili dei nomi sono varie. Per esempio, si possono suddividere in: animati, nomi che indicano esseri animati, persone o animali; inanimati, tutti gli altri. Agli animati ed agli inanimati corrispondono pronomi interrogativi e pronomi negativi di diversa forma ANIMATI INANIMATI Qui appelle? Que se passe - t - il? A qui parles - tu? De quoi parles - tu? Personne n’est - venu Rien ne s’est passé Nelle interrogative, per gli animali si usa di solito il pronome che serve per gli inanimati: Qu’est - ce qui aboie? 13. 2 Nomi propri e nomi comuni Questa è la classificazione tradizionale più frequente I nomi propri indicano: - una persona: Jean, Monsieur Durand - un animale: Trompette (chienne), Minet (chat) - dei titoli: Président, Docteur, Monsieur, Durand - qualche inanimato (luoghi in genere): Paris, la France, le Mont Blanc Si tratta di un animato o di un inanimato ben definito. Iniziano tutti con la lettera maiuscola. I nomi comuni possono riferirsi a classi di animati o inanimati: tigre, chaise, courage 13. 3 Altre classificazioni Nomi concreti: homme, maison, chien Nomi astratti: liberté, égalité, fraternité Nomi numerabili (che possono essere contati e diventare plurali): livre, femme, jardin Nomi no numerabili (che indicano una qualità, una materia, un gruppo indivisibile): eau, beurre, liberté. ATTENZIONE: Lo stesso vocabolo può appartenere sia ai numerabili che ai non numerabili, ma il suo significato cambia: Le vin est cher (non numerabile) Les vins de Bordeaux sont chers (numerabili) La forma del vocabolo può suggerire anche un’altra classificazione: Nomi semplici: chien, plage, clef Nomi composti: porte - clefs, aérotrain, vhemin de fer, pomme de terre Nomi derivati. Dépannage (da dépanner, panne), pollution (da polluer) 13.4 Il genere dei nomi In francese i nomi comuni possono essere maschili o femminili: Per gli animati il genere grammaticale è determinato dal sesso: ciò vale per gli esseri umani: mâle/femelle, le garçons/la fille, le boucher/la bouchère, e per gli animali domestici: le chien/la chienne, le coq/la poule ATTENZIONE: Per gli inanimati si possono delineare alcune categorie. In genere sono maschili: - i nomi che finiscono in - age, - ment, - isme: le bricolage, le moment, le tourisme - i nomi di giorni, mesi e stagiono: le dimanche, le printemps, cet été est plutôt frais. In italiano alcuni di essi sono femminili: la domenica, la primavera, quest’estate è fresca. - i nomi di molte piante (non i frutti che sono femminili: la poire): le poirier, le chêne, le palmier. Spesso i nomi di piante sono maschili anche in italiano. Però: la palma, la quercia. Sono femminili: - i nomi che finiscono in - tion, - tè, - ie, - eur: la solution, la gravité, la compagnie la couleur, la douleur, la belle fleur In italiano i corrispondenti nomi in - ore sono tutti maschili. ATTENZIONE: sono maschili: le bonheur, le malheur, l’honneur, le coeur e i nomi tecnici (le moteur ecc.). ATTENZIONE Spesso esiste una sola forma per il maschile e per il femminile: l’architecte, le professeur, la vedette, la souris (il sorcio), la mouche, l’éléphant, la sentinelle (quando indica un soldato). Quando i nomi diventano femminili: nell’orale - se il nome termina con vocale non si percepisce alcun cambiamento. - se il nome termina con consonante, questa, muta al maschile, verrà pronunciata al femminile: ORALE Maschile un ami n ami Maschile variazione del determinante + forma maschile une amie yn ami variazione del determinante + consonante sonora un parent parâ une parente yn parãt un Français [ frâs une Française [yn frasz] un berger une bergère yn br r un sot une sotte yn s t variaz. Del determinante + vocale orale (vocale nasale) davanti a n (denasalizzazione) un cousin une cousine yn kuzin un paysan pizã une paysanne yn pizan un lion [ ljõ] une lionne yn lj n Nello scritto: per formare il femminile, quando questo esiste, si aggiunge di solito una - e alla forma maschile. 13. 2 Variazioni ortografiche Nomi che Variazione finiscono in... ortografica al Maschile femminile - er, - ier - (i) ère un ouvrier - en, - ien 2 nn un lycéen une lycéenne un lion une lionne un chat une chatte - on, - an - vocale + t - vocale + tte - el - elle - eau un sot une sotte un colonel une colonnelle un jumeau une jumelle -x - se un époux une épouse -f - ve un veuf une veuve - eur - euse un vendeur une vendeuse invece: - teur - trice un directeur un directrice - teuse un chanteur une chanteuse - esse une prince une princesse une tigre une tigresse -e 13. 3 Forme particolari per il femminile - nomi di animati umani: compagnon compagne roi reine copain copine serviteur servante favori favorite speaker speakerine neveu nièce héros héroïne - nomi di animati non umani: canard cane mulet mule dindon dinde loup louve 13. 4 Nome unico con un solo genere: Un agent, amateur, architecte, auteur, assassin, chef, défenseur, déserteur, écrivain, guide, imposteur, ingénieur, juge, magistrat, médecin, possesseur, professeur, sauveur, sculpteur, successeur, témoin: Cette femme est le seul témoin encore en vie Attenzione: Il determinante resta maschile. 13. 5 Nome unico con due generi: artiste e tutti i nomi in - iste bibliothécaire e tutti i nomi in - aire ed anche: aide, camarade, collègue, complice, concierge, élève, enfant, esclave, garde, malade, patriote. Russe, Belge, Slave, Tzigane La camarade de ce Belge est une enfant Il determinante diventa femminile ATTENZIONE: I nomi di nazionalità sempre maiuscoli 13. 6 Nomi diversi per il maschile e per il femminile un homme une femme un garçon une fille un oncle une tante un père une mère un taureau une vache un boeuf un cheval une jument 13. 7 Nomi che cambiano significato cambiando genere (omonimi) ATTENZIONE: le livre (lecture) la livre (½ kilo) le mousse (jeune marin) la mousse (herbe) le page (enfant au service des nobles) le poêle (pour se chauffer) la page (dans un livre) la poêle (pour faire la cuisine) le vase (pour mettre des fleurs) la vase (terre + eau) l’aide (celui, celle qui aide) l’aide (action d’aider) le critique (personne qui critique) la critique (action de critiquer) le garde (personne qui garde) le manche (pour tenir un outil) la garde (action de garder) la manche (partie du vêtement) le mémoire (étude) la mémoire (faculté) le mode (grammatical) la mode (vestimentaire) le voile (vêtement) la voile (pour les bateaux) le poste (emploi) la poste (bureau de poste) le tour (promenade) la tour (èdifice) 13. 8 Genere dei nomi geografici - Nomi di nazione: se terminano in - e, sono di solito femminili: La France, l’Italie, la Grèce Eccezioni: Le Mexique, le Bengale, le Cambodge. Se terminano con altra vocale o in consonante sono in genere maschili: Le Brésil, le Japon, le Pérou - Nomi di città: valgono le stesse regole dei nomi di nazioni; si riscontrano però molte eccezioni. - Nomi di montagne: sono in genere maschili salvo: les Alpes, les Andes, les Cévennes, les Pyrénées, les Vosges ATTENZIONE: per riconoscere il genere bisogna basarsi sul determinante. Al singolare, quasi sempre è il determinante che fornisce l’informazione relativa al genere. 13. 9 Il numero dei nomi PLURALE DEI NOMI NUMERABILI: Nella lingua parlata il singolare ed il plurale si distinguono unicamente in base alla forma del determinante. Per i nomi che iniziano per vocale o h muta la marca del plurale è sottoliveata anche dal suono z della “liaison”. l’école [lek l] les écoles [lsek l] cette école [stek l ces écoles szek l mon auto m noto mes auto mzoto Nella lingua scritta, di regola, il plurale si forma aggiungendo una s alla forma del singolare: une maison des maisons CASI PARTICOLARI - I nomi che terminano con s, x o z non cambiano al plurale: le fils l fis les fils l fis la voix la vwa les voix l vwa le nez l ne les nes l ne - I nomi che terminano in - au, - eau, - eu prendono una x al plurale: le bateau l bato les bateaux l bato le jeu l ø] les jeux [l ø] ATTENZIONE: un pneu des pneus - Prendono una x anche i seguenti 7 nomi: bijou, caillou, chou, genou, hibou, joujou et pou - In alcuni nomi la silla ba finale - al o - ail si trasforma al plurale in aux: l’animal les animaux le cheval les chevaux le journal les journaux un travail des travaux un vitrail des vitraux 13. 10 La pronuncia varia tra il singolare ed il plurale di alcuni nomi: un boeuf [ bœf] des bœfs [d bø] un œuf [ n œf] des œufs [d zø] un os [ n os] des os [d zo un œil [ œj] des yeux [d zjø] cade la consonante 13. 11 Plurale dei nomi non numerabili Di solito questi non hanno plurale. Se esso esiste, il nome assume un altro significato: la peinture (art du matière) les peintures (les oeuvres) le cuivre (le métal) les cuivres (instruments de musique en cuivre) 13. 12 Plurale dei nomi composti - I nomi composti scritti in una sola parola seguono la regola generale. Le passeport les passeports ATTENZIONE Monsieur messieurs Madamr mesdames Mademoiselle mesdemoiselles Bonhomme bonshommes Però: une dame , cette dame. Cade il possessivo (ma, mes) e il nome ritorna semplice (dame, demoiselle) quando è preceduto da un articolo (une, la, des), un agg. dimostrativo (cette, ces), un numero (deux…), un agg. indefinito (quelques, certaines…): La dame qui parle.Voilà deux demoiselles. J’ai connu quelques dames. - Se gli elementi del nome composto sono scritti separati o sono uniti da un trattino d’unione, il plurale delle varie parti dipende dalla loro natura grammaticale o dal senso. Se il 2° nome fa da complemento al 1° resta di solito invariato: des timbres postes (des timbres pour la poste) des arcs - en - ciel (il n’y a qu’un ciel) REGOLA GENERALE: solo i nomi e gli aggettivo possono prendere la marca del plurale: des choux - fleurs, des sourds - muets I verbi, gli avverbi e le preposizioni restano invece invariati: des porte - avions, des contre - attaques Il plurale dei nomi composti è molto irregolare anche in italiano, ma con particolarità diverse. 13.13 Plurale dei nomi propri I nomi propri prendono la marca del plurale quando indicano: - i popoli: les Tunisiens, les Italiens - le famiglie illustri: les Bourbons - un insieme di paesi: les Indes, les Amériques I nomi propri non prendono la marca del plurale quando. - indicano intere famiglie: les Thibault - sostituiscono dei nomi comuni: On ne rencontre pas des Einstein (de génies) tous les jours. - si indicano le opere con il nome del loro autore: elle possédait deux Picasso. 13.14 L’ accordo in genere e in numero Questi due accordi si fanno contemporaneamente. Si fa l’accordo tra: - nome e determinante: une table, des tables - nome e aggettivo qualificativo: une table ronde, des tables rondes - gruppo nominale (soggetto) e verbo (coniugato e participio passato): Ton amie est venue/Tes amies sont venues Il part. passato può restare invariato, o accordarsi col soggetto o col complemento oggetto secondo i seguenti casi: - se è coniugato con l’ausiliare être il part. passato deve essere accordato con il soggetto: Ma soeur est venu Elles sont descendues de la montagne con i verbi riflessivi, si fa l’accordo solo se le particelle pronominali rappresentano un compl. oggetto: Ils se sont habillés Ils se sont saluées (uno saluta l’altro) invece: Ils se sont parlé (uno ha parlato all’altro) - Se è coniugato con l’ausiliare avoir, il participio passato: 1) non si accorda se il complemento oggetto non c’è o se segue il part. passato: Ils ont reussi Nous avons conduit cette voiture I verbi intransitivi si coniugano con l’ausiliare avoir (salvo pochi casi). Non avendo essi per definizione il compl. oggetto, il loro participio passato è sempre invariabile. 2) si deve accordare con il compl. oggetto se questo precede il part. passato. Il compl. oggetto è di solito un pronome personale: J’ai mangé les fruits Je les ai mangés Il a vu Brigeitte Il l’a vue o il pronome relativo que C’est l’histoire qu’il nous a racontée. Voilà les films que nous avons vus. ATTENZIONE: En non è mai complemento oggetto, quindi il part. passato non si accorda: Voilà des fraises; j’en ai déjà mangé. In italiano l’accordo del participio passato si fa anche nei seguenti casi: Ecco delle fragole; io ne ho già mangiate. ATTENZIONE: Il participio passato si accorda con il complemento oggetto che dipende da esso e non da altri verbi della preposizione. Pertanto, spesso non vi è accordo del participio passato seguito da infinito. Fait seguito da infinito non si accorda mai: Il les a fait construire exprès (in italiano invece: le ha fatte costruire apposta) Attenzione alle interferenze: con i verbi di reciprocità, in italiano, si fa sempre l’accordo col participio passato, senza distinzioni: Si sono salutati Si sono parlati In italiano, quando i verbi intransitivi si coniugano con l’ausiliare essere il participio passato si accorda: Essi sono riusciti Nell’orale è il determinante che prende la marca: sa maison sa mzõ] mes filles [m fij ed anche l’aggettivo femminile, in certi casi: une grande maison yn grad mzõ] Nello scritto la marca del numero (plurale) segue la marca del genere: les petites écolières 13. 14 Nomi alterati Solo raramente in francese il diminutivo, il vezzeggiativo, l’accrescitivo, e il peggiorativo vengono espressi con un unico nome: un garçonnet (un ragazzetto) un aiglon (un aquilotto) une maisonnette (una casetta) Voilà Louison! (ecco Lugino) Il suffisso - on in francese è diminutivo, mentre - one in italiano è accrescitivo: E’ un librone! Di solito si fa precedere il nome da un aggettivo appropriato: - accrescitivi: grand, gros C’est un gros livre - diminutivi: petit, jeune Voilà un petit cadeau pour toi (se esseri viventi) C’est un jeune cheval - vezzeggiativi: joli Il m’a donné de jolies petites fleurs - peggiorativi: vilain Quel vilain temps! 13. 15 I determinanti del nome Generalmente il nome è preceduto da un determinante: articolo, aggettivo possessivo, aggettivo dimostrativo. Il determinante è una forma dipendente che non può esistere in una frase che non contenga un nome. QUE(LE) (s) Tout:mon,ton,son ma,ta,sa mes tes, ses Toute: notre, votre, leur, nos, vos, leur Tous Toutes: ce, cet, cette, ces Numerali Alcuni aggettivi qualificativi Nome du, de la, des, de l’ aucun(e),chaque quelque(s), plusieurs nul(le),pas un(e) certains,beauco up de,peu de Questo specchietto indica l’ordine nel quale si possono disporre i determinanti del nome (p. es. Tous mes premiers grands films) ed i casi di incompatibilità (p. es. mai insieme successivamente articolo e possessivo, né possessivo e dimostrativo). In italiano è invece normale trovare: il mio amico (art. det. + agg. poss.), un mio amico (art, indet. + agg. poss.), questo tuo amico (agg. dim. + agg. poss.). Attenzione a trasformare queste costruzioni secondo le seguenti forme corrette francesi: C’est mon ami (J’ai un seul ami, je ne parle que de celui - ci) C’est un de mes amis (j’ai plusieurs amis; je parle d’un entre eux) Je parlerai à chacun de mes amis Ton ami va partir (j’accentue le lien d’amitié) Cet ami va partir (j’indique un ami parmi beaucoup d’autres) Cet ami à toi va partir (Je veux souligner le lien d’amitié et indiquer Aggettivi compl. nome o relativa la personne à la fois) ATTENZIONE: L’aggettivo possessivo è sempre usato davanti ai nomi che indicano: - oggetti personali: Donne - moi mon manteau - rapporti affettivi di parentela o amicizia: Ton oncle t’appelle - malattie ricorrenti: elle a sa migraine. Negli stessi casi, in italiano non c’è possessivo: Dammi il cappotto, lo zio ti chiama, ha il solito mal di testa. Attenzione ad inserirlo quando ci esprimiamo in francese ATTENZIONE: Mai dei due aggettivi possessivi davanti allo stesso nome. Il secondo possessivo in francese si presenta sotto forma di pronome e segue il verbo: Ma voiture et la sienne se trouvent là - bas. L’italiano, invece, ammette entrambe le strutture: La mia e la sua auto... La mia auto e la sua… 13. 16 Uso dell’apostrofo L’articolo determinativo le, la si apostrofa davanti ai nomi che iniziano con vocale o h muta: l’arbre, l’homme, l’école Si possono apostrofare anche me, te, se, que, si (solo davanti a il o ils), ce sogg. del verbo essere (c’est lui) ATTENZIONE: Non si apostrofano mai une, ma, ta, sa, ce (agg. dimostrativo), qui (pronome relativo soggetto). 13. 17. Il nome si trova raramente solo, non preceduto da determinanti. Fanno eccezione i seguenti casi: - Nomi propri: Henri t’a téléphoné Attenzione: se si tratta di tutta la famiglia: Les Durand - I nomi contenuti nei proverbi, nei titoli di opere e nei manifesti: Patience et longueur de temps font plus que force ni que rage “Memoires de guerre”. Coiffeur pour dames: Défense d’afficher. Chapitre V - Il nome attributo: Il est ingénieur, catholique, Espagnol. - I nomi preceduti da ni...ni...: Il n’avait ni foi ni loi. Dopo ni...ni... non si mette né preposizione semplice, né preposizione articolata: Il n’a ni livres ni cahiers. - o da soit...soit...: Soit économie, soit misère il ne mangeait rien. - i nomi contenuti in alcune locuzioni verbali: avoir peur, avoir faim, avoir mal, faire justice, prendre femme - i nomi che hanno funzione di complemento in un nome composto: une pomme de terre. - i nomi facenti parte di gruppi preposizionali non definiti: par paresse, sans raison, avec autorité, de droit, à pied, puor mémoire. 13. 18 L’articolo determinativo Può essere preceduto da preposizione. le, la, l’ - les Attenzione: à + le = au à + les = aux de + le = du de + les = des Però de l’arbre, à l’ombre, à l’heure quando il nome inizia con vocale o h muta. In italiano vi sono forme composte contratte anche con altre preposizioni: nel, col... che in francese si risolvono con il normale accostamento dei due elementi distinti: E’ nel giardino = il est dans le jardin Le due principali funzioni dell’articolo determinativo sono: la determinazione specifica e la generalizzazione. 13. 19 La determinazione può derivare: - dalla situazione: si possono considerare le cose di cui si parla, oppure si può fare riferimento ad una realtà ben conosciuta dalla persona cui si parla: La table, le professeur Va chez le boucher - dal fatto che si tratta di persone o cose uniche: Le roi, le soleil, la gauche (in opposizione a la droite), la terre, la feu, la Noël, la Seine. - dal contesto linguistico: con referente anteriore: Voilà le livre que je voulais acheter J’aime me promener dans les rues de Paris. 13. 20 La generalizzazione: L’articolo determinativo indica che la cosa di cui si parla appartiene ad una specie: Le beurre est cher J’aime les enfants Altri usi: 13. 21 Davanti ai nomi geografici: Niente articolo davanti alla maggior parte dei nomi di città (ed ai nomi, in genere maschili, di alcune isole): Je vais à Paris Elle vient de Madagascar Si usa l’articolo determinativo davanti a: - nomi di fiumi: la Seine, le Rhône, le Nil - nomi di territori (nazioni, regioni): la France Ils sont allés au Portugal Nous rentrons des Etats - Unis Attenzione: Cuba Ils sont allés à Cuba ATTENZIONE: En e de (preposizioni di luogo) non prendono l’articolo davanti ai nomi di regioni, nazioni, isole e continenti femminili Il vient de France Il va en Corse ATTENZIONE: Davanti ai nomi maschili: au Au Portugal. Au Brésil. Se però questi iniziano con vocale: en En Iran. Se i nomi di nazione sono plurali: aux Aux Etats - Unis. Aux Indes. Se de non è preposizione di luogo, ma complemento di specificazione si usa l’articolo: Les guerres de la France Les beautés de l’Italie Se il luogo è determinato è preceduto da dans + articolo Il vit en Allemagne / Il a vécu dans l’Allemagne de l’Après guerre. I dipartimenti, le regioni, le montagne, gli oceani sono pure preceduti da dans + articolo: Dans la Gironde, dans les Alpes, dans l’Atlantique, dans la Manche. ATTENZIONE: En Bretagne, en Normandie, en Savoie (nomi di antiche regioni) En Méditerranée, en Mer du Nord (nomi di mari) 13. 21 Dvanti ai nomi propri Generalmente niente articolo determinativo, eccetto: Les Durand (articolo plurale davanti ai nomi indicanti tutta la famiglia, invariabili). Le grand Racine, le petit Paul (nome proprio preceduto da un aggettivo). Ce n’était plus le Jean que nous avions connu (nome determinato: quel Giovanni e non un altro). Davanti ai nomi propri l’italiano usa spesso l’articolo: il Manzoni scrisse... . Il francese lo rifiuta a meno che non si tratti di autori italiani celebri del Rinascimento: il Tasso scrisse Le Tasse écrivit... 13. 22 Davanti ai giorni della settimana Niente articolo determinativo se si tratta di un giorno singolo, di fatto occasionale: Venez me voir mardi (prochain) Il est venu dimanche (soir) Si mette l’articolo determinativo se si tratta di giorno ricorrente: Le samedi soir, ils regardent la télévision ( = chaque samedi) 13. 23 Davanti ai nomi di mesi e stagioni (preceduti da en): Niente articolo: En janvier, en avril dernier. En hiver, en été, en automne però: Au printemps (vedi unità: Il genere dei nomi) 13. 24 L’articolo indeterminativo maschile: un Singolare + consonante un garçon + vocale femminile: une un enfant nãfã] une fille une amie d + consonante des chats d a Plurale forma unica: des dz + vocale des amis dz ami negazione della quantità negazione della qualità Elle n’a pas de chat (s) Ce n’est pas un Apollon Ce ne sont pas des amis L’articolo indeterminativo indica: - una quantità: un o des (parecchi) J’ai acheté un livre (Je n’est pas acheté de livre) (vedi unità Art. partitivo) J’ai acheté des livres (negativo: Je n’est pas acheté de livres) - una qualità: C’est un ami (negativo: Ce n’est pas un ami, c’est un ennemi) Ce ne sont des amis (negativo: Ce ne sont pas des amis)1. - un nome che non è ancora stato definito : Un ami c’est utile - un + nome proprio (con valore di nome comune): Le musée vient d’acheter un Picasso ( un tableau peint par Picasso) (negativo: Le musée n’a pas acheté de Picasso) C’est un Apoll (trés bel homme) Ce n’est pas un Apollon. ATTENZIONE: un e une possono essere aggettivi numerali: in questo caso, nella forma negativa, non sono sostituiti da “de”: J’ai un chat Je n’ai pas un chat (un seul) ( = je n’ai pas un seul chat, j’ai plus d’un chat). 13. 24 L’articolo partitivo singolare plurale negazione della quantità maschile femminile de, de l’ de la, de l’ des Je n’ai plus de pain du pain de la viande des pains Il n’y a pas d’eau de l’air de l’eau des oeufs negazione della qualità Ce n’est pas du lait, c’est de l’eau 1 In italiano si usa un - una sia alla forma affermativa che alla forma negativa: Ho comprato un libro; Non ho N’achète pas viande, de mais la du poisson L’articolo partitivo è un uso particolare dell’articolo indeterminativo davanti ai nomi non numerabili. Indica una parte di un tutto (sostanza, qualità) non divisibile in elementi numerabili. E’ obbligatorio in francese, salvo pochi casi. Si distingue: du lait (una certa quantità) Donne - moi du lait le lait (sostanza in genere) J’aime le lait un lait (una certa qualità di latte) Le lait Nestlé est bon. In italiano la preposizione articolata che dovrebbe precedere il nome partitivo molto spesso si omette: Ho buoni amici a Parigi Ha messo del pane in tavola Non vuole latte Davanti al nome preso in senso partitivo: - si usano le preposizioni articolate (vedi le prime 3 colonne dello schema) 1) nelle frasi affermative: Elle a mis du pain sur la table comprato un libro. C’è interferenza col francese un de. 2) nelle frasi restrittive (indicano una affermazione, ma limitata da ne... que): (vedi): Elle n’a que du pain sur la table - si usa la preposizione de (invariabile) nelle frasi negative: elle ne veut pas de lait Je ne lis jamais de journaux ATTENZIONE: se quello che si nega non è la quantità, ma la qualità (e questo si verifica spesso quando nella frase c’è il verbo être ), si usano le preposizioni articolate variabili: Ce n’est pas du lait, c’est de l’eau - dopo gli avverbi di quantità (plus de, moins de, beaucoup de, trop de, autant de, qu de, ecc.): Elle boit beaucoup de lait Vous mangez peu de fruits - quando il nome plurale è preceduto da un aggettivo: J’ai de bons ami à Paris La norma non vale se l’aggettivo forma, con il nome che lo segue, un nome composto: Je mange souvent des petits pois (piselli) Ce sont fdes jeunes gens que je connais (giovanotti) ATTENZIONE: non si mette né preposizione semplice, né preposizione articolata: - dopo sans: Il va à l’école sans livres Il travaille sans enthousiasme - dopo avec + nome astratto: Il a agi avec fermeté - dopo ni... ni... : Il n’a ni livres ni cahiers - in alcune locuzioni verbali (avoir + nome): avoir faim (soif, sommeil, chaud, froid...) avoir tort (raison, besoin, envie...) Attenzione: si usa il partitivo per: Jouer du Mozart, di Chopin (un pezzo di musica di...) Faire du cent à l’heure. Non confondere il paetitivo con il compl. di specificazione che, anche in francese, si esprime sempre con preposizione articolata: Ho (dei) buoni amici a Parigi ( = partitivo) I consigli dei buoni amici sono utili ( = compl. di specific.) Les conseils des bons amis sont utiles. 13. 25 L’aggettivo dimostrativo Singolare Plurale Maschile Femminile ce (+ consonante) cette cet (+ vocale o h muta) ces (forma unica) ATTENZIONE: Mai due aggettivi dimostrativi davanti allo stesso nome. Si accetta invece un aggettivo e un pronome: Ce livre - ci et celui - là parlent de la France L’italiano ammette le due strutture: Questo e quel libro... (ossia due aggettivi dimostrativi davanti al nome) e Questo libro e quello... Gli aggettivi dimostrativi servono ad indicare la posizione di persone o cose: Cet homme, cet avion, ce chien, cette maison, ces enfants. Si possono rafforzare aggiungendo, dopo il sostantivo, le particelle ci (vicinanza) e - là (lontananza). Vite! Déplace cette valise - là et ce paquet - ci. Cette femme - là, je ne veux plus la voir. L’italiano distingue la cosa vicina dalla cosa lontana usando due aggettivi diversi (questo / quello; questa / quella). Attenzione all’interferenza. L’italiano distingue il vicino dal lontano con la diversa consonante (t o l) all’interno del pronome e dell’aggettivo dimostrativo. Il francese ottiene invece la distinzione con l’aggiunta di - ci e - là. Attenzione a non confondere: celle = pronome (questa - quella) con cette = aggettivo (questa - quella) Là talvolta indica anche una presenza vicina: Je suis là. ATTENZIONE: Per distinguere tra due cose nominate si usano sempre - ci e - là: Ce livre - ci coûte plus cher que cette revue - là. Di solito non si mette l’aggettivo dimostrativo davanti a nome seguito da una frase relativa (che ha di per sé valore determinante): Le livre que tu as acheté est très beau però si può dire: Ce livre que tu as acheté... (celui - là seul, et pas un autre) = Quel certo libro, proprio quel libro... Quel libro che hai comprato è bello è una struttura comune in italiano. 13. 26 Gli aggettivi possessivi Singolare Plurale (si possiede una sola cosa) (si possiedono più cose) Persona Maschile Femminile un 1ª [ ] mon [ ] [ma] ma, mon [ ] (1) mes [m (z) (1) possessore 2ª [ ] ton [ ] [ta] ta, ton [ ] (1) tes t (z) (1) 3ª [ ] son [ ] [sa] sa, son [ ] (1) ses s (z) (1) due o più 1ª notre n tr nos [no (z) ] (1) possessori 2ª votre v tr vos [vo (z) ] (1) 3ª leur lœr] leurs [lœr] (1) Da usare davanti a nomi inizianti con vocale o h muta: Mon école est là, Mon heure va commencer. La n finale non sarà più nasale: mon ami. La s finale sarà pronunciata (liaison): tes amis sont là ATTENZIONE: Articolo determinativo, articolo indeterminativo, aggettivi possessivi, aggettivi dimostrativi e aggettivi indefiniti sono incompatibili tra loro. Pertanto le forme corrette francesi sono le seguenti: C’est mon ami (j’ai un seul ami, je ne parle que de celui - ci) C’est un de mes amis (j’ai plusieurs amis; je parle d’un entre eux) Je parlerai à chacun de mes amis (vedi pronomi indefiniti) Ton ami va partir (j’accentue le lien d’amitié) Cet ami va partir (j’indique un ami parmi beaucoup d’autres) Cet ami à toi va partir (je veux souligner le lien d’amitié et indiquer la personne à la fois) In italiano invece è normele trovare: il mio amico (art. determinativo + agg. possessivo); un mio amico (art. indet. + agg. poss.), questo tuo amico (agg. dim. + agg. poss.). Attenzione nel trasformare queste costruzioni secondo le strutture suddette. ATTENZIONE:L’aggettivo possessivo è sempre usato davanti ai nomi che indicano: - oggetti personali: Donne - moi mon manteau - rapporti affettivi di parentela o amicizia: Ton oncle t’appelle - malattie ricorrenti: Elle a sa migraine. Negli stessi casi in italiano, non c’è possessivo: Dammi il cappotto. Lo zio ti chiama. Ha il solito mal di testa. Attenzione a inserirlo quando ci si esprime in francese. Attenzione: Due aggettivi possessivi non possono precedere lo stesso nome. Il secondo aggettivo possessivo in francese si presenta sotto forma di pronome e segue il verbo: Ma voiture et la sienne se trouvent là - bas L’italiano invece ammette entrambe le strutture: La mia auto e la sua... La mia e la sua auto... 13. 27 Determinanti che indicano la quantità Ci sono dei determinanti che indicano la quantità senza fissarne il numero esatto: AUCUN (E), (NE) PAS DE / PLUS DE, NUL (LE), PEU DE, UN PEU DE, QUELQUE (S), CERTAINS / DIVERS / DIFFÉRENTS, MOINS DE, AUTANT DE, ASSEZ DE, PLUS DE (DAVANTAGE), BEAUCOUP DE, UN KILO / LITRE DE, TOUT LE, TOUT LES, TANT DE, TELLEMENT DE, TROP DE. ATTENZIONE: PEU DE, BEAUCOUP DE, PLUS DE, AUTANT DE, ASSEZ DE, TANT DE, TROP DE, COMBIEN DE, TELLEMENT DE, PAS DE, precedono sempre il nome, sono invariabili e sono sempre seguiti da DE (e mai dall’articolo): Tu bois beaucoup d’eau, trop d’eau Il a peu de ressources - moins de, autant de, plus de, que de si usano anche per formare il comparativo. In italiano invece poco, molto, troppo sono variabili e mai seguiti da di: Ho molti amici, ma pochi libri I determinanti possono essere seguiti da: - nomi numerabili: J’ai peu de livres J’ai autant de livres que lui - nomi non numerabili: J’ai peu d’argent sur moi J’ai autant d’argent que toi. Ai determinanti suddetti si possono aggiungere i distributivi. 13. 28 Tout (e) - Chaque Singolare (non hanno plurale) Maschile Femminile tout toute chaque Tout homme doit respecter la loi (dovere comune a tutti) Chaque homme a ses défauts (ciascuno ha i suoi). In italiano ogni è forma unica, che indica sia la categoria presa in senso generale, sia un elemento della specie preso nella sua particolarità (valore distributivo): Ogni uomo deve rispettare la legge Ogni uomo ha i suoi difetti. 13. 29 Quelques = qualche, alcuni... E’ usato quasi sempre al plurale perché si riferisce a più di una persona o cosa: Elle a quelque amis. Qualche non ha plurale in italiano, pur sottintendendo quasi sempre un’idea di pluralità: Ha qualche amico (più d’uno). Attenzione all’interferenza. ATTENZIONE: Les quelques = i pochi, le poche, tutti i, tutte le: Il a vu les quelques personne qui connaissaient son père Certains = non tutti, alcuni: Certains élèves trouvent que le français est facile a apprendre ATTENZIONE: Un (e) certain (e) si usa al singolare quando si ignora la precisa identità della persona o della cosa di cui si parla: Un certain M. Blot 13. 30 PLUS DE, UN PEU PLUS DE, BEAUCOUP PLUS DE: hanno valore comparativo: Il y a plus de femmes que d’hommes Attenzione: da non confondere con ne... plus de negazione della quantità: Je n’ai plus d’argent PLUSIEURS, DIVERS, DIFFÉRENTS: stesso significato di plus d’un (deux, trois, quatre...): plusieurs J’ai diverses choses à vous dire différents Divers e différents si usano però preceduti da les... se significano tous les...: toutes les diverses Je vous di les différentes choses que j’ai à vous dire quelques AUTRES = altri (vedi pronomi indefiniti) QUELCONQUE = qualunque (in senso dispregiativo) N’IMPORTE QUEL = qualunque (di qualsiasi specie) On m’a donné des produits quelconques J’assiste volontiers à n’importe quel film (policier, d’aventures...) 13. 31 TOUT Senza articolo = chaque (vedi) Tout travail mérite salaire Con l’articolo: Tout le (la), tous les... indica la totalità: Tous les hommes sont mortels Tout può precedere anche altri determinanti (vedi anche determinanti del nome): tout ce..., tout cette..., tous / toutes ces..., tout mon..., toute ma..., tous / toutes mes..., tout un... ATTENZIONE: tout non può precedere du, de la, des. 13. 32 Numeri cardinali 0 zéro 1 un 11 onze 21 vingt et un 2 deux 12 douze 22 vingt - deux 3 trois 13 treize 23 vingt - trois 4 quatre 14 quatorze 24 vingt - quatre 5 cinq 15 quinze 25 vingt - cinq 6 six 16 seize 26 vingt - six 7 sept 17 dix - sept 27 vingt - sept 8 huit 18 dix - huit 28 vingt - huit 9 neuf 19 dix - neuf 29 vingt - neuf 10 dix 20 vingt 30 trente 40 quarante 100 cent 200 deux cent 50 cinquante 101 cent un 201 deux cent un 60 soixante 102 cent deux 202 deux cent deux 70 soixante et onze 103 cent trois 600 six - cents 72 soixante - deux 104 cent quatre 601 six cent un 80 quatre - vingts 105 cent cinq 1000 mille 81 quatre - vingt - un 106 cent six 1001 mille un 82 quatre - vingt - deux 107 cent sept 1101 mille cent un 90 quatre - vingt - dix 108 cent huit 1000000 un million 91 quatre - vingt - onze 109 cent neuf 110 cent dix ATTENZIONE: Dal 70 al 99 si procede per somma di numeri (soixante - dix = 60 + 10 = 70, soixante - quinze = 60 + 15 =75) o per moltiplicazione (quatre - vingts = 4 × 20 = 80) o per moltiplicazione e somma (quatre - vingt - neuf = 4 × 20 = 80 + 9 = 89, quatre - vingt qutorze = 4 × 20 = 80 + 14 = 94). Al di sotto di cento bisogna mettere un trattino d’unione tra le varie parti di un numero composto: cinquante - sept, quatre - vingt - quinze Mai il trattino d’unione: - quando c’è la congiunzione et: soixante et un. - quando il numero supera il 100: huit cent trois. I cardinali sono invariabili ad eccezione di: - un che prende la marca del genere come per esempio in: Les mille et une nuits; - quatre - vingts, che perde però la marca del plurale se è seguito da altri numeri: quatre - vingt - trois; - cent, che prende la marca del plurale: deux cents, trois cents... ma non quando è seguito da altri numeri: trois cent trente - deux. ATTENZIONE: si pronuncia la consonante finale 7 Sept [st, 5 cinq , 6 six sis, 8 huit it, 10 dix dis Se il numero si trova isolato Se precede una parola che inizia con consonante si pronuncerà: 5 , 6 si, 8 i, 10 di mentre se precede una parola che inizia con vocale o h muta la consonante finale si pronuncerà con la liaison: 6 siz six homme siz m 9 in neuf heures si pronuncia nœv œr] 10 [diz] dix heures [dizœr], 20 in 22 - 23 - 24... 29 si pronuncia [v t] 13. 33 I numeri cardinali - possono essere usati come nomi nei sguenti casi: Deux et deux font quatre J’ai eu un zéro en mathématiques - possono essere preceduti da altri determinanti (articoli, aggettivi possessivi, aggettivi dimostrativi): Je vous présente mes deux enfants. Ces trois garçon sont insupportables. Les trois hommes sont partis. ATTENZIONE: Le deux mai Le premier mai Les années trente (de 1930 à 1939). Luis XIV (quatorze), Henry II (deux), invece François premier (solo con premier). Dopo i nomi di re, in italiano si usa invece l’ordinale: Luigi XIV (quattordicesimo), Enrico II (secondo). ATTENZIONE: Paragraphe trois, acte deux, scène un - Nelle date che indicano solo l’anno niente articolo: Il a travaillé de 1950 à 1969 (dal... al) Invece: Il a travaillé du premier janvier 1950 au 31 décembre 1969 In italiano invece si usa sempre la preposizione articolata. - per indicare i secoli Au XIXe siècle Au XIXe et XXe siècle (se sono più di uno) “Nell’800”, “Nel XIX secolo” sono equivalenti in italiano. La prima forma però non è accettabile in francese. Anche la preposizione iniziale è diversa: nel = su. 13. 34 Numeri ordinali 1er premier / première 11 onzième 100 centième 2e deuxième 12 duzième 101 cent unième 3 troisième 13 troisième 1000 millième 4 quatrième 14 quatorzième 5 cinquième 15 quinzième 6 sixième 16 seizième 7 septième 17 dix - septième 8 huitième 18 dix - huitième 9 neuvième 19 dix - neuvième 10 dixième 20 vingtième Pour la troisième fois Ce deuxième voyage I numeri frazionari: 1/2 un demi o la moitié 1/5 le cinquième, un cinquième 1/3 le tiers, un tiers 1/6 le sixième, un sixième ecc. 1/4 le quart, un quart un kilo et demi (1,5 kg) une heure et demie un demi - kilo (1/2 kg) une demi heure Attenzione: se demi precede il nome resta invariato 13. 35 I moltiplicativi Le double o deux fois Le triple o trois fois per i successivi si preferirà: quatre fois, cinq fois, six fois, sept fois... ecc., salvo che per: cent: le centuple. Quatre fois cinq vingt (4 5 = 20) 13. 36 Nomi che indicano un numero approssimativo Solo nei seguenti casi: 8 une huitaine de jours 15 une quinzaine de jours 10 une dizaine de jours 20 une vingtaine de jours 12 une douzaine de jours 30 une trentaine de jours 1000 une millier de jours Con gli altri numeri si usano le seguenti forme: environ, à peu près: Dans six jours environ Il y avait environ cinq cents personnes Dans à peu près huit jours 13. 37 I determinanti interrogativi e/o esclamativi Singolare Plurale Maschile quel quels Femminil quelle quelles e Quel precede il nome a cui si riferisce la domanda o l’esclamazione. Di regola, si accorda in genere e numero con il nome: Dans quelle rue habitez - vous? Quel avion! Quelle belle journée! L’esclamazione può anche essere espressa con: La belle journée! (articolo + aggettivo + nome) L’italiano dirà preferibilmente soprattutto nelle esclamative: In che via abitate? Che aeroplano! Che bella giornata! 13. 38 Gli aggettivi qualificativi L’aggettivo qualificativo “qualifica” il nome ed indica una qualità inerente alla cosa o alla persona di cui si parla. Une fleur rouge, tra tutti i fiori possibili (si può trattare solo di un fiore che ha la particolarità di essere rosso). Le petit enfant (il bimbo si distingue dagli altri perché è piccolo). Rouge e petit sono chiamati aggettivi attributivi e fanno parte del gruppo nominale. Ma nelle frasi: La fleur est rouge, l’enfant est petit, rouge et petit sono aggettivi predicativi. Non fanno parte del gruppo nominale, ma vi sono collegati tramite il verbo être. ATTENZIONE: La qualità può essere espressa in altri modi: - per mezzo di un complemento del nome: une fleur du jardin - per mezzo di una proposizione relativa: l’enfant qui mange du chocolat. 13. 39 Accordo dell’aggettivo qualificativo L’aggettivo qualificativo si accorda in genere e numero con il nome a cui si riferisce. Les petites filles agg. qualif. Attributivo femm. Plur. Ces valise sont lourdes agg. predicat. femm. plur. Attenzione: l’aggettivo riferito a due o più nomi sarà plurale: La mère et la fille étaient absentes (2 nomi femm. agg. femm. plur.) Le père et la fille étaient absents (1 masch. + 1 femm. agg. masch. Plur.) Attenzione: gli aggettivi di colore si accordano (des feuilles vertes). Restano invariati se il colore è indicato con un sostantivo (marron, orange) o forma un aggettivo composto con un altro aggettivo o nome: Des chassures marron Une chemise bleu ciel Une voiture vert foncé 13. 40 Le marche del genere (maschile / femminile) Nella lingua scritta il femminile degli aggettivi si forma aggiungendo una e alla fine dell’aggettivo maschile. Se l’aggettivo maschile finisce in e, al femminile resta invariato: utile / utile Un livre utile Une chose utile Se l’aggettivo maschile finisce in è aggiunge regolarmente la marca del femminile: tourné / tournée Il a la tête tournée Il segno grafico e non fa variare la pronuncia del vocabolo quando questo termina con una vocale: joli / jolie bleu / bleue Se l’aggettivo termina in consonante muta al maschile, la e del femminile fa pronunciare questa consonante: vert / verte grand / grande petit / petite [vr vrt grã] [grãd] [pti ptit 13. 41 Cambiamento d’ortografia Senza variazioni di pronuncia: - el: naturel / naturelle - bel / belle cruel / cruelle - nul / nulle - eil: pareil / pareille con variazioni di pronuncia: - et: muet / muette ATTENZIONE: complet / complète - inquiet / inquiète, secret / secrète - concret / concrète, discret / discrète - en: européen / européenne - ien: ancien / ancienne - on: bon / bonne - an: paysan / paysanne - s: gros / grosse - gras / grasse - bas / basse - épais / épaisse - il: gentil / gentille - er: léger / légère - f: neuf / neuve - actif /active - bref /brève - eux: hereux / hereuse - joyeux / joyeuse - x: jaloux / jalouse - eur: flatteur / flatteuse - trompeur /trompeuse - moquer / moqueuse ATTENZIONE: blanc / blanche, roux / rousse, favori / favorite, franc / franche, doux / douce, frais / fraîche, sec / sèche, long / longue. 13. 42 Casi particolari Alcuni aggettivi hanno due forme per il maschile e una sola forma per il femminile: M: bel beau davanti a nome iniziante con un bel avion vocale o h muta un bel homme F: belle M: nouvel nouveau davanti a nome iniziante con vocale o h muta le Nouvel An F: nouvelle M: vieil vieux davanti a nome iniziante con vocale o h muta un vieil ami F: vieille M: fol fou davanti a nome iniziante con vocale o h muta un fol amour F: folle 13. 43 Le marche del numero (singolare / plurale) Nella lingua scritta si aggiunge una s alla fine dell’aggettivo singolare: un petit garçon / de petits garçons une femme rousse / des femmes rousses Questa s non produce alcuna modificazione della pronuncia. Gli aggettivi che, al singolare, terminano con s o x non variano al plurale: un homme hereux / des hommes hereux un ciel bas / des ciels bas Gli aggettivi che, al singolare, terminano in eau prendono una x al plurale: un jour nouveau / des jours nouveaux La maggior parte degli aggettivi che, al singolare, terminano in al, trasformano al in aux al plurale: un sourir amical / des sourires amicaux ATTENZIONE: banal, fatal, glacial, naval prendono una s al plurale: des combats navals 13. 43 Posizione dell’aggettivo qualificativo Secondo i casi, alcuni aggettivi qualificativi possono trovarsi: - in genere davanti al nome (anteposti) - sempre dopo il nome (postposti) - ora prima ora dopo il nome. Aggettivi qualificativi che precedono il nome: Solo pochi aggettivi vengono messi prima del nome in funzione attributiva. La maggior parte di essi è contenuta nello schema seguente. Quando se ne usa più di uno nella stessa frase, si deve rispettare l’ordine suggerito in tale schema. Pertanto si dirà: Un bon petit garçon mentre non si sentirà mai dire: un petit bon garçon. 1 2 3 4 5 Determi autre nouveau mauvais grand Altri nanti numerali jeune faux petit aggettivi cardinali vieux bon o compl. e vrai beau del ordinali joli NOME nome premier o deuxièm proposiz e ione ............. relativa dernier nombreu x D’autres jolies petites filles Les premiers vrais beaux jours de l’année 13. 44 Aggettivi qualificativi posti sempre dopo il nome: Sono: - gli aggettivi attributivi (indicano una qualità specifica che permette d’identificare ciò di cui si parla): une idée originale des chaussures rouges (tutti gli aggettivi di colore seguono sempre il nome) - i participi e gli aggettivi verbali: un verre cassé un journal intéressant nos salutations distinguées In italiano l’aggettivo verbale e quello derivato dal participio passato possono precedere il nome: ... i nostri distinti saluti. 13. 45 Aggettivi qualificativi posti ora prima ora dopo il nome Molti aggettivi qualificativi che di solito seguono il nome possono talvalta precederlo. In questo caso il loro significato tende a fondersi con quello del nome ed aggiunge di solito a quest’ultimo un valore più morale che fisico: un bonhomme affreux (molto brutto) un affreux bonhomme (terrible, inquietante). L’aggettivo precede il nome in alcune frasi fatte: à plat ventre faire la sourde oreille. 13. 46 Alcuni aggettivi cambiano significato secondo che precedono o seguono il nome: un brave homme (bon, honnête) un homme brave (courageux) un certain livre (un livre particulier) une nouvelle certaine (sûre) mon cher livre (aimé) le dernier mois de l’année (le 12e) un livre cher (coûteux) le mois dernier (celui d’avant) un dur métier (fatigant) un metal dur ( mou) un grand homme (important) un homme grand (par la taille) ma propre chemise (bien à moi) ma chemise propre ( sale) une simple question (une question seulement) une question simple (sans problème) un petit homme (sans idéaux) un homme petit (par la taille) 13. 47 Il comparativo Si parla di comparativo quando la qualità espressa dall’aggettivo mette a confronto due o più cose o persone. Se l’aggettivo esprime il valore massimo di una persona o cosa rispetto a tutto il gruppo di cui fa parte si ha il superlativo relativo. Maggioranza COMPARATIVO SUPERLATIVO plus grand que... le plus grand (de, du, de la, des) la plus grande (de, du, de la, des) les plus grand (e) s (de, du, de la, des) Minoranza moins grand que... le moins grand (de, du, de la, des) la moins grande (de, du, de la, des) les moins grand (e) s (de, du, de la, des) Uguaglianza aussi grand que... Nel comparativo di qualità il paragone fa perno sull’aggettivo: Pierre est aussi grand que son frère Pierre est aussi grand que gros Comparativo di qualità plus (aggettivo)... que... (aggettivo) aussi (aggettivo)... que... moins (aggettivo)... que... Il paragone può imperniarsi però anche su un nome o su un verbo: plus de (nome)... que... Comparativo di qualità autant de (nome)... que... moins de (nome)... que... Pierre a autant d’argent que son frère ATTENZIONE: plus de (nome)... que de (nome)... autant de (nome)... que de (nome)... moins de (nome)... que de (nome)... Pierre a autant d’argent que de bonne volonté Comparativo d’azione (verbo) plus que... autant que... moins que... Pierre travaille autant que son frère Anche in italiano, nel comparativo d’azione i due elementi comparativi si riuniscono (più di = plus de). Autant si usa solo con i nomi ed i verbi, mentre con gli aggettivi si deve usare aussi. Attenzione: Tanto (i), in italiano può essere aggettivi che con i nomi ed i verbi. usato sia con gli Il secondo termine di paragone è sempre introdotto da que (o da que de). ATTENZIONE: Si useranno plus de, moins de se questi sono seguiti da un numero (in questo caso infatti hanno perduto il valore comparativo e si usano come avverbi di quantità). Il a gagné plus de dix mille francs In italiano, il secondo termine di paragone può essere introdotto variamente (più...di, tanto...quanto, così...come) o può limitarsi ad un solo elemento: come: E’ ricco come te. Queste differenze tra le due lingue sono fonte di frequenti errori. Superlativo relativo: Di solito l’aggettivo è posto dopo il nome, ma deve sempre essere preceduto dall’articolo (le, la, les) che si accorda in genere e numero con il nome a cui il superlativo si riferisce. C’est le journal le plus intéressant Ce sont les journaux les plus lus In italiano il superlativo relativo si può presentare in due forme: E’ il giornale più interessante (senza articolo) E’ il più interessante giornale Attenzione: Comparativi e superlativi irregolari: bon mauvais meilleur (e) pire le (la) meilleur (e) le (la) pire petit (o plus mauvais(e) que) (le (la) plus mauvais(e)) moidre le (la) moindre (o plus petit(e) que) (le (la) plus petit(e)) 13. 48 Usi particolari del comparativo e del superlativo Se più comparativi o superlativi si susseguono si deve ripetere: plus, moins, aussi, le plus, le moins davanti ad ogni aggettivo: Rien n’est plus simple, plus facile, plus agréable à la fois ATTENZIONE: alcuni avverbi possono rafforzare il comparativo: bien, beaucoup, de beaucoup: Sa femme est plus âgée que lui Sa femme est bien plus âgée que lui Elle est la plus âgée Elle est de beaucoup la plus âgée 13. 49 Forme irregolari supérieur = plus haut Il habite à l’étage supérieur inférieur = plus bas Cet article est de qualité trés inférieure Attenzione: majeur = plus grand La majeure partie des gens présents Il est majeur = il a plus de 18 ans (è maggiorenne) mineur = plus petit Des oevres mineures Il est mineur = il n’a pas encore 18 ans (è minorenne) Le Lac Majeur, l’Asie Mineure (nomi geografici) Maggiore non corrisponde a majeure: E’ il maggiore (il primogenito) = Il est l’ainé. E’ maggiore di lui (età) = Il est plus âgé que lui E’ maggiore di lui (statura) = Il est plus grand que lui Ha maggiori possibilità = Il a plus de chances Lo stesso accade per minore. E’ il minore (ultimogenito) = Il est le cadet E’ minore di lui (età) = Il est moins âgé que lui E’ minore di lui (statura) = Il est moins grand que lui Ha minori possibilità = Il a moins de chances 13. 50 Il superlativo assoluto Per esprimere il grado assoluto dell’aggettivo è sufficiente farlo precedere da avverbi di intensità come: très, fort, bien, tout à fait, extrêmement...ecc. très fort Il est bien beau tout à fait extrêmement In italiano, il superlativo assoluto, oltre alle forme comuni in - issimo o con l’avverbio molto + aggettivo, si ottiene anche, ma più raramente, con assai + agg. : E’ assai bello. Attenzione a non tradurlo con assez, che in francese ha altro significato: C’est assez difficile = E’ abbastanza difficile Il superlativo assoluto si può anche esprimere usando: - alcuni prefissi: extra, sur, super, archi, ultra: C’est surfait! C’est archifaux! C’est super - extra! (linguaggio familiare) - il suffisso - issime (ma molto raramente): Un objet rarissime Un prince richissime - le espressioni: comme tout, comme pas un: C’est simple comme tout Il est menteur comme pas un - le forme: on ne peut plus, tout ce qu’il y a de plus C’est on ne peut plus vrai C’est tout ce qu’il y a de plus vrai 13. 51 I pronomi Un pronome è una parola che può sostituire un gruppo nominale. Di solito sostituisce un nome determinato: Donnez - moi aussi des oeufs - Bien, je les mets dans votre sac Achète donc du jus d’orange - Je ne bois que ça Ma chambre est grande - La sienne est grande aussi Aucun ami n’est venu? - Non, personne n’est venu Si tu trouves des pommess, achètes - en un kilo Le parole in grassetto sostituiscono rispettivamente les oeufs, du jus d’orange, sa chambre, aucun ami, des pommes, ossia dei gruppi nominali contenenti un nome determinato. I pronomi possono esprimere tutte le funzioni grammaticali del nome (soggetto, compl. oggetto, compl. indiretto). Alcuni pronomi possono anche sostituire: un aggettivo Il est vraiment gran? Mais oui, il l’est - un altro pronome: Les siens sont beaux. Je les ai vus - un gruppo di parole: Danser toute la nuit, ça ne se fait pas 13. 52 I pronomi personali pronomi uniti al verbo forme deboli (atone) persona soggetto sing. 1ª sing. 2ª plur. 1ª plur. 2ª sing. 3ª je tu maschile compl. oggetto e di termine prima del dopo il verbo verbo me, m’ - moi te, t’ - toi nous vous complemento (sia prima sia dopo il verbo) compl. compl. di oggetto termine pronomi separati dal verbo forme forti (toniche) moi toi femminile I pronomi personali prendono le marche del genere e del numero dei gruppi nominali che sostituiscono. Attenzione: lui e leur valgono sia per il maschile che per il femminile: J’appelle Hélène et je lui parle au téléphone Je connais ce garçon; je lui parle souvent leur è invariabile anche se riferito a nome plurale. J’ai rencontré Hélène et Monique et je leur ai parlé Il pronome personale complemento di termine ha in italiano due forme distnte: una per il maschile ed una per il femminile: Chiamo Elena e le parlo al telefono Conosco quel ragazzo e gli parlo spesso ATTENZIONE: Vous (2ª pers. plur.) è usato, nella forma di cortesia, per indicare una sola persona. Que faites vous aujourd’hui? - Je travaille Est - ce que vous êtes prête? (in questo caso anche l’attributo è al singolare). In italiano per la forma di cortesia si usa “lei” + verbo alla terza persona singolare: Che fa lei oggi? - Lavoro E’ pronta? 13. 53 La forma del pronome può variare secondo che questo è unito direttamente al verbo o ne è separato. - pronomi uniti al verbo (forme deboli) (vedi schema precedente) Tu ne me parles pas? Parle - moi! (posti subito (posto subito prima del verbo) Dis - le - leur dopo il verbo) - pronomi separati dal verbo: Sono le forme forti (toniche) dei pronomi che si usano: - se il pronome è preceduto da preposizione (compl. indiretto), se una pausa lo separa dal resto della frase (soggetto) o se è seguito da un infinito: Je les ai entendus venir derrière Eux, ils ne nous ont rien dit Moi, faire cela? - nella forma di insistenza: c’est...qui, c’est...que C’est toi qui l’as dit. - per attirare l’attenzione su due atteggiamenti contrastanti: Moi, je parle et toi, tu n’écoutes pas - quando ci sono più soggetti pronomi Toi et lui, vous ne comprenez rien - in una risposta (senza verbo coniugato) che riprende (frase eco) il concetto della frase precedente. J’aime les gâteaux - Moi aussi Je ne veux pas partir - Moi non plus Qui vient avec nous? - Moi In italiano: a) il tono della voce è sufficiente per sottolineare il contrasto: Io, parlo e tu, non mi ascolti b) non si introduce un terzo pronome riassuntivo dei primi due: Tu e lui non capite nulla. 13. 54 I pronomi personali soggetti Il pronome personale soggetto è un mezzo per indicare la persona, soggetto del verbo. E’ obbligatorio esprimere il pronome soggetto. Infatti, siccome un verbo come chanter al presente indicativo ha solo cinque forme scritte diverse (chante, chantes, chantons, chantez, chantent) e addirittura solo tre forme distinguibili tra loro all’orale, è unicamente attraverso il pronome soggetto espresso che è possibile conoscere la persona che agisce (ed il genere del soggetto alla 3ª persona). Il chante Elles chantent In italiano è spesso superfluo esprimere il soggetto, dato che le varie persone hanno desinenze diverse: Canto, canta, cantano. ATTENZIONE: il pronome soggetto precede immediatamente il verbo Tra il pronome soggetto ed il verbo coniugato possono inserirsi solo: ne negativo e/o i pronomi personali complementi atoni (forme deboli), y e en compresi. Je ne sais pas. Je ne le sais pas. J’en veux, J’y vais - On è un pronome soggetto indefinito che si usa sempre seguito da un verbo alla 3ª persona singolare. On a vu de beaux tableaux au Louvre On può indicare qualsiasi persona, secondo la situazione. On dit souvent des mensonges (= Les gens disent...) On a faim (= Ces personnes ont faim / Nous avons faim) Alors, on se promène aujourd’hui? (= Tu te promènes / Vous vous promenez) Si richiede una strurrura completamente diversa, in italiano. Si sono visti dei bei quadri Se però sostituiamo il si con l’uomo, la gente, si ottiene una struttura uguale a quella francese: La gente ha visto molti... e cioè: variazione dell’ausiliare (essere avere) verbo alla 3ª persona singolare. On dit qu’il fera froid cet hiver (0 Quelqu’un dit.../ Des gens disent...) Attenzione: On a fermè la porte (e non Ils ont fermé la porte, se non si sa esattamente chi compie l’azione). In italiano è molto frequente la 3ª persona plurale: hanno chiuso la porta. Se e soi sono i pronomi complementi da usare riferiti a on On se souvient de vous On a toujours besoin d’un plus petit que soi - Il è il soggetto impersonale per i verbi mancanti di soggetto esplicito (tale soggetto non rimanda né ad una persona né ad una cosa precisa). Il est arrivé des touristes. Il est cinq heures. Il reste du gâteau. Il faut, il pleut, il fait froid, il est tard... La frase italiana, nei casi paralleli, inizia col verbo senza soggetto e alla terza persona singolare o plurale, secondo il numero del nome a cui si riferisce: Sono arrivati dei turisti. Sono le cinque. Resta un po’ di torta. 13. 55 La costruzione base del francese è: soggetto + verbo + compl. oggetto + altri compl. La costruzione: verbo + pronome personale soggetto viene chiamata inversione. Si fa l’inversione: - nelle interrogative dirette: Que dites - vous? Où va - t - elle? - in talune forme esclamative: Est - elle bête! - con i verbi incidentali in un discorso diretto: Oui, dit - il, je suis là. Se il verbo è alla forma composta, l’inversione si fa all’ausiliare, ossia sulla forma coniugata del nucleo verbale: Qu’avez - vous dit? Où est - elle allée? Attenzione: se la desinenza del verbo alla 3ª pers. sing., non finisce con - t o - d, tra il verbo ed il soggetto si deve inserire una -t eufonica: Parle - t - il? - Altra forma d’inversione è quella del doppio soggetto (o pronom de reprise). Si presenta così: soggetto sostantivo + verbo + soggetto di richiamo. Si ricorre a questa forma quando il soggetto è un nome proprio o comune: Tes amis sont - ils partis? Pourquoi ta soeur ne va - t - elle pas lui parler? Attenzione: Se la frase però inizia con un aggettivo o avverbio interrogativo (salvo pourquoi) anche il soggetto sostantivo si sposta dopo il verbo. (vedi interrogative di secondo tipo): Où sont allés tes amis? 13. 56 Pronomi personali riflessivi - Questo pronome si riferisce sempre alla persona che è soggetto del verbo: Tu te lèves? Ils se promènent Vous vous en servez. Il pronome riflessivo ha forme sue proprie solo alla 3ª persona: - forma debole (atona) se per il complemento oggetto e per il compl. di termine - forma forte (tonica) soi per i complementi separati dal verbo e preceduti da preposizione. Attenzione: per le altre persone si usano i pronomi personali complementi della 2ª e 3ª colonna dello specchietto precedente: Nous nous levons tôt. Tu te lèves tard Il pronome riflessivo non tollera complementi indiretti davanti al verbo. Questi dovranno essere posti dopo il verbo, preceduti da appropriata preposizione: Il s’est approché de lui Quand il se présente devant moi... L’italiano accetta sia il doppio pronome davanti al verbo, sia la struttura parallela a quella francese: Si è avvicinato a lui / Gli si è avvicinato 13. 57 Uso di soi, lui, eux / elle, elles pronome pronome soggetto esempi indefiniti singolari: Chacun pour soi on, personne, chacun, On a souvent besoin d’un plus ceci, petit que soi. Cela va de soi. riflessivo soi cela, ça, quiconque, tout Lui, eux, elles, se. elle, Il, ils, elle, elles La plupart ne pensent qu’à eux. + indefiniti plurali: Elles se regardent dans la glace. plusieurs, la plupart In italiano si usa sempre sé: Ognuno per sé. La maggior parte pensa a sé 13. 58 I pronomi personali complementi - complemento oggetto: me / m’, te / t’, lui, nous, vous, le, la / l’, les - complemento di termine: me / m’, te / t’, lui, nous, vous, leur lui e leur valgono sia per il maschile che per il femminile J’appelle Hélène et je lui parle au téléphone Je connais ce garçon; je lui parle souvent leur è invariabile anche se riferito a nome plurale: J’ai rencontré Hélène et Monique et je leur ai parlé Questi pronomi si possono usare anche davanti a voicì e voilà. Tu viens? - Oui, me voilà. Le fa pure funzione di pronome neutro, equivale a cela e può sostituire un intero gruppo o una frase: Tu n’es pas contente, je le vois (= Je vois que tu n’es pas contente) Il se déplacera s’il le faut (= s’il faut qu’il se déplace) Lo in funzione di pronome neutro è più raro in italiano: Si sposterà, se occorre. 13. 59 Y e i complementi che si costruiscono con la prep. à - Quando il complemento introdotto da à è un nome di persona (e talvolta di animale) si può usare sia il pronome lui, leur, sia à lui, à elle, à eux, à elles, secondo il verbo. - Se il complemento introdotto da à è un nome di animale o di cosa, lo si sostituisce col pronome y: Je pense à mes amis Je pense à eux Vous ressemblez à votre frère Vous lui ressemblez Elle s’adapte à sa nouvelle vie Elle s’y adapte Verbi che reggono la preposizione à: Compl. indiretto s’attaquer à, faire attention à, s’habituer à, animato o s’opposer à, penser à, s’interesser à inanimato Compl. indiretto assister à, croire à, se décider à, jouer à, se mettre à solo inanimato prendre part à, se préparer à, réfléchir à, travailler à faire face à... Ils font face à ce nouveau problème Ils y font face Attenzione: con alcuni verbi che normalmente reggono la preposizione à si usa però lui, leur (senza à) quando reggono: Compl. indiretto animato o échapper à, resister à inanimato Compl. indiretto faire mal à, faire peure à, rendre service à, rendre solo animato visite à. Vous faites peur à ces enfants Vous leur faites peur 13. 60 En e i complementi introdotti da de - Quando il complemento introdotto da de è un nome di persona si usa: de lui, d’elle, d’eux, d’elles - se il complemento è un nome d’animale o un inanimato si usa en: Elle se moque de son ami Elle se moque de lui Il se plaint du froid Il s’en plaint Verbi che reggono: Compl. indiretto avoir assez de, se charger de, se contenter de, se animato o inanimato débarrassez de, discuter de, (se) douter de, se moquer de, se passer de, avoir peur de, profiter de, servir de, se souvenir de. Compl. indiretto s’apercevoir de, avoir envie de, avoir l’habitude inanimato de, jouer de, se rendre compte de Attenzione: Se il complemento è rappresentato da un infinito, il suo pronome complemento è le o l’: Il a décidé de partir Il l’a décidé Altri verbi che accettano la stessa costruzione: accepter de, défendre de, demander de, éviter de, mériter de, ordonner de, oublier de permettre de, promettre de, proposer de. Attenzione: certi verbi non tollerano il pronome complemento: s’arrêter de, commencer de, finir de, choisir de, se dépêcher de, avoir raison / tort de. Tu continues de jouer? - Oui, je continue. 13. 61 Se un complemento oggetto è preceduto da una indicazione della quantità (partitivo), si sostituisce con:...en + verbo + indicazione della quantità: Tu as acheté des oeufs? - Oui, j’en ai acheté six. La stessa regola vale anche per i nomi non numerabili: Tu as portè du beurre? - Oui, j’en ai porté (une livre). E’ errato sostituire “des oeufs” e “du beurre” con les, le. Attenzione se la frse è negativa, non deve mai apparire l’indicazione della quantità (si tratta infatti di quantità 0). Jean a une voiture. Moi, je n’en ai pas Tu veux du lait? - Non, je n’en veux pas Attenzione: Si usa en in espressioni come: s’en aller, en vouloir a quelqu’un, s’en faire (= se faire du souci). Il s’en va. Ne t’en fais pas. 13. 62 Posizione dei pronomi personali complementi Il pronome personale complemento (compl. oggetto e compl. di termine - vedi specchietto) in genere precede il verbo. Y e en seguono la stessa costruzione: N’en prenez pas Je ne le leur ai jamais dit. Nous y allons In italiano, il pron. Pers. compl. di termine può sia precedere il verbo coniugato, sia seguirlo (ed il pronome sarà preceduto da a). Loro segue sempre il verbo: Quando mi parla... / Quando parla a me... / Egli parla a loro. In francese deve sempre precederlo: Quand il me parle... / Il leur parle. Ordine di precedenza in cui devono essere posti i pronomi personali complementi, se nella stessa frase davanti al verbo ce ne sono due: Gli accoppiamenti 1 - 3 e 3 - 4 sono inaccettabili. Je les leur ai vite données 4 e 5 si trovano uniti solo nell’espressione il y en a Vous m’en enverrez me (m’) te (t’) le se (s’) la l’ nous lui y en leur vous les se (s’) 1 2 3 4 Non vi possono essere più di due pronomi consecutivi 5 Nous porterons ces lettres à mes parents pour M.Ledoux Vous les leur porterons pour M.Ledoux Vous avez porté ces paquets à la maison Vous les y avez portés ATTENZIONE: Tu le lui envoies tout de suite - Se i pronomi pers. compl. sono preceduti da preposizione (pour, sur, avec...) la loro posizione può variare. Possono trovarsi all’inizio della frase (prima del gruppo nominale) o dopo il verbo + compl. oggetto. Avec lui, il n’y a pas de danger Je l’ai fait pour toi (J’ai fait ce travail pour toi). La diversa costruzione tra le due lingue genere ha frequenti errori. Glielo le lui: Glielo mandi subito Tu le lui envoies tout de suite. Se il verbo è all’infinito, il pronome personale complemento lo precede: Il a dit de le donner à ce monsieur. Se il verbo è composto (ausiliare + part. passato), il pronome personale complemento precede l’ausiliare: Il leur a recommandé de rentrer à l’heure - Se il verbo è coniugato con devoir, pouvoir, vouloir... il pronome personale precede l’ausiliare: Je dois lui parler - Se vi sono più verbi, in frasi coordinate, il pronome personale complemento deve essere ripetuto davanti ad ogni verbo: Il me parle et me dit que... - Se nella stessa frase ci sono 2 pron. Pers. complemento oggetto (o 2 compl. di termine), essendo impossibile metterli entrambi davanti al verbo, si riassumono con nous o vous, e i due pron. Pers. seguiranno poi il verbo: Il nous a vus, toi et moi Je vous écrirai, à toi et moi In italiano: - il pronome personale segue l’infinito: Ha detto di darlo a... Il a dit de le donner à... - il pron. Pers. può sia precedere il verbo servile, sia seguire l’infinito: Gli devo parlare Je dois lui parler Devo parlargli - niente pronome riassuntivo: Ha visto te e me Il nous a vus, toi et moi 13. 63 Se il verbo è all’imperativo affermativo, i pronomi personali complementi lo seguono. Se vi sono contemporaneamente due pronomi personali (compl. oggetto e di termine) si metteranno nell’ordine indicato nei seguenti schemi: - le - moi - m’ - la - les - toi - t’ - nous - nous - vous - vous - lui - lui - leur - leur Donnez - les - nous - en -y usato solo Portez - leur - en Vas - y Attenzione: - tra il verbo e i pronomi personali che lo seguono ci deve essere il trattino d’unione. - i pronomi me e te, spostandosi dopo il verbo, si trasformano in moi e toi: Tu me parle Parle - moi - non si dirà mai Rendez - vous - y, ma piuttosto: Rendez - vous là bas. - Eccezionalmente, per ragioni eufoniche, la desinenza della 2ª pers. sing. dei verbi del 1° gruppo finisce con s all’imperativo, quando questo è seguito da y o en: Parles - en à ton ami Portes - y Nadine In italiano i pron. pers. compl. seguono il verbo non solo alla forma imperativa affermativa, ma anche alla forma imperativa negativa: Parlami. Non parlarmi. In francese all’imperativo neg. Segue la regola generale: Ne me parle pas I pronomi indefiniti 13. 64 Pronomi indefiniti che indicano la quantità pronome indefinito soggetto aucun (e) Aucune d’elles ne pas un (e) personne (per le persone) rien (per le cose) Quantità 0: Aucun (e), pas un (e), personne (per le persone), rien (per le cose). Possono essere usati come: - soggetto: Aucune d’elles ne parle Personne ne viendra Rien n’a changé - compl. oggetto: Je n’en ai pris aucun Je n’ai vu personne Je ne sais rien - compl. di termine: Ca n’appartient à aucun d’entre nous Je n’ai rien à dire à personne Ca ne change rien à rien Attenzione: Aucun (e), personne, rien, pas un soggetti di una frase esigono sempre ne prima del verbo coniugato (vedi ne... que...) Personne ne viendra Rien n’est plus intéressant que cela Personne + de + aggettivo Rien Personne d’autre Rien de nouveau. In italiano invece una negazione è sufficiente: Nessuno verrà - Personne = negazione totale riferita a persone - Aucun (e) = negazione totale riferita a cose negazione ristretta ad un gruppo di persone Il n’y a personne dans la rue (= la rue est vide) Il n’y a aucun de mes amis dans la rue (= la rue n’est pas vide; il y a d’autres gens). J’ai des livres, mais je n’en lis aucun Quantità uno: (l’) un (e), quelqu’un, quelque chose Esempi: Ce sac est à l’un de vous Quelqu’un me l’a dit A quelque chose malheur est bon Quantità due o più: certains, plusieurs, autres Esempi: Certains pensent aux conséquences de leurs actes (= Il y en a qui pensent...) Combien de livres avez - vous achetés? J’en acheté plusieurs. J’en ai d’autres. Quantità totalità: tout / toute tous / toutes tout le monde Esempi: Prenez tout si vous voulez Jouer le tout pour le tout Elles sont toutes venues Tout le monde peut entrer Quantità parti di un insieme considerate singolarmente: chacun (e) Esempi: A chacun sa vérité Il y a un cadeau pour chacune - la totalità può essere espressa da tous (se ci si riferisce ad un nome già citato) o da tout le monde (se non si indicano persone ben individuabili): Tout le monde en parle (= on ne sait pas exactement qui parle) J’ai invité des ami; ils arriveront tous à cinq heures (tous mes amis) Anche in questo caso l’italiano ha una forma unica: tutti + verbo alla 3ª pers. plurale: Tutti ne parlano Attenzione: Tout le monde + verbo alla 3ª persona singolare Tous + verbo alla 3ª pers. plurale (Non si trova mai all’inizio di un discorso. La “s” finale è sonora). - Quelqu’un è variabile: Quelqu’un quelques - uns Quelqu’une quelques - unes - Autres, sia aggettivo che pronome indefinito: - se è usato in senso partitivo sarà preceduto da d’ : J’ai d’autres problèmes J’en ai d’autres - se è complemento di specificazione, sarà preceduto da des: Pense aussi aux difficultés des autres! Pense aussi aux difficultés des autres élèves! In italiano, altri, aggettivo o pronome, partitivo o compl. di specificazione è sempre preceduto da degli (sottinteso spesso se il senso è partitivo). Ho degli altri problemi. Ne ho degli altri. Pensa alle difficoltà degli altri! 13. 65 I pronomi indefiniti che permettono l’identificazione. Possono indicare: - identità: le (s) même con valore di pronome Leurs problèmes sont toujours les mêmes Quel programme as - tu regardé? Le même qu’hier pronome personale + même (s): Il te le dira lui - même Faites - le vous - même - diversità: l’un l’une l’autre les uns les unes les autres Vous n’aimez pas ce livre, alors lisez l’autre L’un parle de sport, l’autre de politique Aimez - vous les uns les autres - determinazione imprecisa: quoi que ce soit quoi que ce soit quiconque qui n’importe quoi le quel Quoi que ce soit que vous fassiez, ce sera bien. Il ne faut pas le dire à qui que ce soit. Quiconque le demandera pourra l’obtenir N’importe qui peut faire çà (= tout le monde) J’achèterai n’importe lequel Quiconque (= chiunque) si usa se in relazione con 2 verbi, come nei due casi seguenti: Quiconque le demandera pourra l’obtenir (quiconque = sogg. di due verbi). Attenzione: I due verbi retti da quiconque saranno sempre allo stesso modo e allo stesso tempo. E’ il tempo della frase secondaria che si adegua al tempo della principale: Quiconque le saurait, devrait le dire. - Ce livre sera envoyé à quiconque le demandera (quiconque = compl. di un verbo e soggetto dell’altro). Spesso, in italiano, i due verbi retti da “chiunque” appartengono a modi e tempi diversi: Chiunque lo domandi, lo potrà ottenere Chiunque lo sapesse, dovrebbe dirlo. Le frasi negative non rispettano la regola generale: Ne parlez pas de cette histoire à quiconque. Comunque quiconque si usa di rado; i concetti delle frasi precedenti sarebbero più comunemente espressi come segue: Tous ceux qui le demanderont pourront l’obtenir Ce livre sera enviyez à tous ceux qui le demanderont Attenzione: Non si confonda: quoi que ce soit = qualunque cosa (per le cose) con qui que ce soit = chiunque (per le persone). 13. 66 I pronomi dimostrativi Si dividono in: semplici: maschile singolare: celui maschile plurale: ceux femminile singolare: celle femminile plurale: celles composti: maschile singolare: celui - ci / celui - là maschile plurale: ceux - ci / ceux - là femminile singolare: celle - ci / celle - là femminile plurale: celles - ci / celles - là - forme invariabili: singolare: ce plurale: ceci cela, ça I pronomi dimostrativi semplici si usano solo se seguiti da: - de + gruppo nominale: Jean a porté la table. - Celle de la cuisine? - Non celle de la salle à manger - pronome relativo (qui, que, à qui, où...) + preposizione (vedi pronomi relativi): Donne - moi le livre. Lequel? Celui qui est sur la table. Attenzione: Non mettete mai un aggettivo dopo un pronome dimostrativo. Sostituite il pronome dimostrativo con l’articolo: Quel livre veux - tu? Le rouge? con un giro di parole: Celui qui est tombé .....= quello caduto In italiano, il pronome dimostrativo si usa normalmente davanti agli aggettivi: quello rosso? Attenzione: Non si confonda: celle = pronome (questa, quella) con cette o aggettivo (questa, quella) L’italiano distingue il vicino dal lontano con la diversa consonante (t o l) all’interno del pronome e dell’aggettivo dimostrativo. Il francese ottiene invece la distinzione con l’aggiunta di - ci e - là. - I pronomi dimostrativi composti si usano per: - indicare persone o oggetti: vicini: - si usa il pronome seguito da - ci (=ici) lontani: - si usa il pronome seguito da - là (=là - bas) Serve anche per rifiutare qualcosa o allontanarla dalle proprie preoccupazioni: Qu’est - ce qu’il veut encore, celui - là? - per mettere in opposizione due persone o cose che si stanno indicando: Quel gâteaux est - ce que tu préfères? Celui - ci ou celui - là? Attenzione: Mai due aggettivi dimostrativi davanti a un nome (vedi determinanti del nome) Si accetta invece un aggettivo e un pronome: Ce livre - ci et celui - là parlet de la France L’italiano ammette le due strutture: Questo libro e quello Questo e quel libro (ossia due aggettivi dimostrativi davanti al nome) 13.67 Uso di ceci - cela - ça - Ceci, cela = questo, quello (neutri, sostituibili da “ciò”) Ceci est vrai, cela est faux - Ça sostituisce abitualmente cela nel francese parlato: Comment ça va? A part ça, quoi de neuf? Ça m’est égal. Ça ne se dit pas Allons à la campagne. - Ça, c’est une excellent idée Tu penses qu’on a un examen à passer? - Je ne pense qu’a ça 13.68 Uso di ce: - se seguito da un pronome relativo (qui, que, dont.....): Ce que j’aime le plus en elle, c’est sa gentilesse Ce qui m’ennui, c’est de ne pas savoir la vérité Ce que je veux c’est qu’elle arrive tout de suit Ce qui nome + verbo + c’est + de + infinito Ce que que + verbo coniugato Attenzione: invece Ce qui + verbo + est + aggetivo Ce que Ce que tu dis est incompréhensible - se seguito dal verbo être (est, sera, serait....): per mettere in risalto un nome o un gruppo nominale o preposizionale: C’est mon ami In italiano invece, la frase inizia direttamente col verbo: è, ora, sarà... Non c’è alcun prenome soggetto iniziale C’est la jeune femme (soggetto) vous la piéce (c. oggetto) aujourd’hui à lui pour elle avec plaisir en France est sortie qui que que le dites vous avez vue Je arrive tu l’as donnè vous l’avait fait j’irai vous voir je passerai mes vacances In alcuni casi, il verbo être deve essere preceduto da il anziché da ce: nomi di: - professioni - nazionalità - religioni Il est +aggettivo o +nome invece nomi propri pronomi c’est +determinante +nome Il est anglais elle est anglaise il est protestant Il est médecin Il est cuisinier C’est un Anglais (c’est une...) que j’ai connu (e) à Londres C’est le frère de Sylvie C’est notre médecin C’est ce cuisinier qui a inventè ce gâteu il est C’est C’est Jean (Qui est-ce?) C’est Madame Meunier C’est elle(Lequel estce) C’est celui que j’ai vendu ce qui ce que Avverbi quantità Avverbi tempo il est di di c’est C’est ce qui l’inquiète C’est ce que vous m’aviez montré. c’est c’est assez. C’est trop. C’est beaucoup. Il est tard. Il est tôt. Il était une fois... C’était hier. C’est aujourd’hui. C’est lundi. Il est cinq heures Tiens! C’est midi! Il est grand, le château. Elle est haute, la tour Eiffel. Il est inutile de protester. Il est inutile que tu pleures. Versailles, c’est grand. La tour Eiffel, c’est haut. Protester, c’est inutile. il est il est c’est Ore il est c’est Aggettivi il est + de + infinito + que + verbo coniugato C’est Si usa la stessa costruzione se, anziché être, il verbo è devoir être o pouvoir être: C’est Pierre - Ce doit être Pierre 13. 69 I pronomi possessivi masch 1ª pers. femm. masch 2ª pers. femm. masch 3ª pers. femm. Un solo possessore un solo più oggetti oggetto le mien les miens la mienne le tien les miennes les tiens la tienne le sien les tiennes les siens la sienne les siennes più possessori un solo più oggetti oggetto le (la) nôtre les nôtres le (la) vôtre les vôtres le (la) leur les leurs Il pronome possessivo è sempre preceduto dall’articolo. Ma voiture est là. Où est la tienne? Nous avons plusieurs vélos. En fait nous avons chacun le nôtre. A qui sont ces cartes? - Ce sont les miennes (= elles sont à moi) Attenzione: Due aggettivi possessivi non possono precedere lo stesso nome (vedi incompatibilità dei determinanti). Il secondo possessivo in francese si presenta sotto forma di pronome e segue il verbo: Ma voiture et la sienne se trouvent là - bas. L’italiano, invece, ammette entrambe le strutture: La mia e la sua auto... La mia auto e la sua.... 13. 70 I pronomi interrogativi Quando si vuole interrogare, si usa il pronome qui per le persone e que o quoi per le cose. soggetto compl. oggetto complementi persone qui qui de sur cose ................... que de sur indiretti à qui pour ecc. à pour ecc. quoi - Qui est venu? Qui as - tu vu? Qui soggetto è sempre seguito da un verbo al singolare. - Que se passe - t - il? All’inizio della frase interrogativa, per le cose, si usa sempre que. Fa eccezione: Quoi de neuf? (Quoi + de + aggettivo) (vedi frasi interrogative) - Quoi si usa in inizio di frase (interrogativa diretta o indiretta) quando è preceduto da preposizione: De quoi parlent - ils? A quoi est - ce que ça sert? soggetto compl. oggetto persone Qui est - ce qui... Qui est - ce que... cose Qui est - ce qui... Qu’est - ce que... I pronomi di questo schema sono usati più spesso delle forme brevi qui e que. Attenzione: Qu’est - ce qui tombe? È l’unica forma possibile per il soggetto riferito a cosa. Que tombe? Non è accettabile in francese. - Que, qu’est - ce qui e qu’est - ce que nelle frasi interrogative indirette si trasformano in ce qui (soggetto) e ce que (compl. oggetto): Qu’est - ce qu’on voit là bas? - Il ne sait pas ce qu’on voit là - bas Qu’est - ce qui t’ennui? - Je veux savoir ce qui t’ennui. In italiano, “che cosa”, è forma unica sia per interrogativa diretta sia per l’interrogativa indiretta: Che cosa si vede...? Non so che cosa si vede... Qu’est - ce qu’il veut? Je ne sais pas ce qu’il veut Che cosa vuole? Non so che che cosa voglia. Per le persone si usa sempre qui: Qui (est - ce qui) parle? Il ne veut pas me dire qui parle. - I pronomi lequel / lesquels, laquelle / lesquelles, e le loro forme composte duquel / desquels, de laquelle / desquelles, auquel / auxquels, à laquelle / auxquelles, avec lequel /avec lesquels ecc... implicano un’idea di scelta e richiedono nella frase una precisazione (possono riferirsi a un nome già espresso o essere seguiti da un compl. di specificazione). De ces deux chapeaux, lequel préfères - tu? Auquel de ces hommes parlait - il? Attenzione: Quel est ton nom? (quel + v. essere + nome determinato). In italiano, l’unico pronome interrogativo corrispondente è quale (i) (preceduto o meno da preposizione): Di questi due cappelli, quale preferisci? A quale di questi uomini parli? Qual è il tuo nome? 14. IL GRUPPO VERBALE (ins. parte italiana corrispondente) Consideriamo le sei frasi seguenti: 1. Sylvie mange 2. Sylvie va au cinéma 3. Sylvie voudrait aller au cinéma avec ses amis 4. Sylvie n’ira pas au cinéma 5. Sylvie est prête 6. Sylvie est venu souvent Il gruppo verbale di queste frasi è stato sottolineato. Si nota subito che il gruppo verbale può essere formato da uno o più vocaboli. 14. 1 Il gruppo verbale si compone di due parti di cui una sola è rappresentata da un verbo e contiene una forma variabile (mange, va, voudrait, ira, est...): si tratta del nucleo verbale. - L’altra parte può essere un gruppo nominale o un aggettivo o un avverbio. Si tratta dei complementi del verbo. Il nucleo verbale presenta almeno un elemento la cui forma varia in funzione della persona, del tempo, del modo cui esso appartiene. 14. 2 Le marche della persona Sono rappresentate: - dai pronomi personali che possono sostituire un gruppo nominale alla 3ª persona e che sono sempre presenti quando si tratta della 1ª e 2ª persona, salvo all’imperativo (vedi frasi imperative) - dalle desinenze che si aggiungono alla radice del verbo, ossia all’elemento che è comune a tutte le forme, tempi e persone del verbo (chant). Le desinenze da sole non permettono però di distinguere sempre chiaramente la persona a cui ci si riferisce (je chante, il chante). In italiano invece le desinenze sempre diverse permettono di individuare senza equivoci le varie persone e dispensano quindi dall’uso costante del soggetto: Canto, canti... Attenzione: nell’orale, tutti i verbi francesi, salvo tre (gli ausiliari être e avoir e il verbo aller), hanno una forma unica per le tre persone singolari del presente indicativo: per certi verbi questa stessa forma orale vale anche per la 3ª persona plurale: chanter: je / tu / il / ils [ãt] courir: je / tu / il / ils [kur] voir: je / tu / il / ils [vwa] - All’imperfetto, sempre nell’orale, le tre persone singolari e la 3ª plurale sono identiche per tutti i verbi: je / tu / il / ils [ãt kur vwaj - Nello scritto, la desinenza precisa meglio la persona a cui l’azione del verbo si riferisce; in vari casi però le desinenze possono essere identiche. Questo avviene con: - la 1ª e la 3ª pers. sing. del presente indicativo dei verbi del 1° gruppo: (je / il chante) - la 1ª e la 2ª pers. sing. del presente indicativo dei verbi appartenenti agli altri gruppi: (je / tu mangerais) Attenzione: La desinenza mette in evidenza l’opposizione singolare / plurale (numero): Je chante nous chantons Pierre boit Pierre et Jean boivent 14. 3 Le marche del tempo e le marche del modo Le varie forme verbali sono raggruppate in serie che vengono chiamate modi del verbo. In ogni modo si distinguono vari tempi (vedi schemi successivi). “Tempi” e “modi” sono parole utili solo per classificare. Non si deve però attribuire loro un valore assoluto. Un tempo grammaticale può avere valori diversi nel tempo reale: Il vient (maintenant) Il vient demain. Questi valori sono chiariti sia dal contesto, sia da un complemento di tempo che accompagna il verbo: Il vient tous les jours... Un passato prossimo può acquistare così valore di futuro: J’ai fini dans cinq minutes Analogamente, ai vari modi possono corrispondere valori diversi nel tempo reale. Chi parla usa: - l’infinito quando indica stati o azioni, prese in senso generale. Il valore di questo modo è quello che più si avvicina a quello di un nome: Marcher est agréable La marche est agréable - l’indicativo quando considera l’azione come un fatto che si realizza in un dato momento: Elle ouvre la porte (en ce moment) (adesso) - l’imperativo quando vuole esprimere la sua volontà di vedere l’azione realizzata: Ouvre la porte! - il congiuntivo quando prospetta la possibilità di realizzare l’azione, ma senza situarla nel tempo. E’ per questo che indica di solito quello che si vuole o si desidera... Il désire que tu vienne 14. 3 Le marche del tempo e del modo sono contenute nella desinenza che viene aggiunta alla radice; talvolta però esse sono presenti nella radice stessa che può variare secondo il modo e il tempo: p. es. aller (andare): va (indicativo - imperativo) aille (congiuntivo) oppure v - ais allons (presente) allais (imperfetto) ira (futuro) - Le desinenze dell’indicativo presente, dell’imperativo e del participio passato possono variare secondo il gruppo a cui appartiene il verbo. (vedi schemi seguenti). Je chante Je finis Je prends Il mange Il finit Il prend 14. 4 Nei tempi composti le marche del tempo, del modo e della persona appaiono nell’ausiliare être o avoir (per la coniugazione vedi paragrafi seguenti). Être e avoir sono seguiti dal participio passato del verbo che indica l’azione. Tutti questi tempi presentano un aspetto compiuto, conclusivo (azione conclusa nel passato). Attenzione: Di solito è l’ausiliare avoir che serve per formare i tempi composti. Restano esclusi i verbi pronominali (tipo je me suis levé, verbi che sono sempre accompagnati da una particella pronominale riferita al soggetto, vedi paragrafo) e una serie di quattordici verbi: ALLER / VENIR, MONTER / DESCENDRE, ENTRER / SORTIR, ARRIVER / PARTIR, NAITRE / MOURIR, TOMBER / RESTER, PASSER / DEVENIR e loro composti, che prendono l’ausiliare être. In quest’ultimo caso il participio passato si accorda in genere e numero con il soggetto: Elles sont venues Ma soeur est venu Attenzione: con i verbi riflessivi, si fa l’accordo del participio passato solo se le particelle pronominali rappresentano un complemento oggetto (vedi verbi riflessivi): Ils se sont habillés Ils se sont salués (uno saluta l’altro) invece: Ils se sont parlé (uno ha parlato all’altro) - Se è coniugato con l’ausiliare avoir, il participio passato: - non si accorda se il compl. oggetto non c’è o se segue il part. passato Ils ont réussi Nous avons conduit cette voiture Attenzione: I verbi intransitivi si coniugano con l’ausiliare avoir (salvo i quattordici verbi suddetti). Non avendo essi per definizione il compl. oggetto, il loro participio passato è sempre invariabile. - Il part. passato si deve accordare con il compl. oggetto se questo lo precede. Il compl. oggetto di solito è un pronome personale: J’ai mangé les fruits Je les ai mangés Il a vu Brigitte Il l’a vu - o il pronome relativo que: C’est histoire qu’il nous a racontée Voilà les films que nous avons vus Attenzione: en non è mai compl. oggetto, quindi il part. passato non si accorda: Voilà des fraises; j’en ai déjà mangé. Attenzione: il part. pass. Si accorda con il compl. oggetto che dipende da esso e non da altri verbi della proposizione. Pertanto, spesso, non vi è accordo del part. pass. Seguito da infinito. Fait seguito da infinito non si accorda mai: Il les a fait construire exprès - L’ausiliare être serve pure per il passivo, che non ha in francese altra forma: Les chats mangent les oiseaux Les oiseaux sont mangés par les chats. (Attenzione a non confondere il passato prossimo coniugato con l’ausiliare être con la forma passiva, vedi frasi passive). L’italiano può invece servirsi anche di venire: Gli uccelli vengono mangiati.... - AVOIR fa funzione di ausiliare per il verbo être: Nous avons été appelés. Attenzione: être non può mai essere l’ausiliare di sé stesso. Grave rischio di errore. L’italiano usa essere come ausiliare di sé stesso. Siamo stati chiamati Passando da una lingua all’altra può cambiare l’ausiliare. 14. 5 Semi ausiliari Sono dei verbi che servono per indicare l’aspetto o la modalità del verbo che precedono: aller, devoir, être sur le piont de, être en train de,être pour, faillir, manquer de, faire, ne faire que de, laisser, paraître, sembler, pouvoir, venir de, vouloir. 14. 6 Oltre che semi - ausiliari aller e venir sono anche verbi di moto: semi - ausiliare verbi di moto Il va faire son travail Il va à la Sorbonne Il vient de faire son travail Il vient de la Sorbonne. Con valore di semi - ausiliare si coniugano solo al presente e all’imperfetto: Il va pleuvoir (futuro imminente) Il allait pleuvoir Il vient de pleuvoir (passato recente) Il venait de pleuvoir Negli altri tempi i verbi aller e venir sono solo verbi di moto. In italiano si usa: stare per + infinito (per il futuro imminente) ausiliare + appena + part. pass. (per il pass. recente) Sta per piovere E’ appena piovuto Attenzione: Il est en train de lire (ha già cominciato, non ha ancora finito = sta leggendo). Non confondere: Sta per leggere (azione futura) e sta leggendo (azione in corso). 14. 6 Il semi - ausiliare faire - Faire è usato al posto di un altro verbo o gruppo verbale e assume allora un significato indefinito: Il lit Que fait - il? - Faire + infinito (faire è la causa di un’azione) Pierre fait tomber Hélène (Hélène tombe). Il soggetto Pierre è la causa di quello che succede a Hélène Jean fait apprendre sa leçon à Jacques (Jacques apprend sa leçon) - Se faire + infinito: Il se fait comprendre en français Un bruit se fasait entendre 14. 7 L’aspetto Il nucleo verbale può anche indicare l’aspetto, cioè rivelare il modo in cui si svolge l’azione espressa dal verbo. Il se lève tôt (tous le matins): aspetto di ripetizione (interattivo). Il s’est levé tôt (ce matin): aspetto conclusivo (l’azione si è conclusa recentemente. Il se leva: aspetto puntuale; l’azione si è conclusa da tempo. Conta solo il fatto che l’azione sia avvenuta. Il vient de se lever: l’azione ha avuto luogo in un passato recente. Il va se lever: l’azione sta per avvenire in un futuro prossimo. In tal modo si può far risaltare il fatto che l’azione è presentata per se stessa, che ha una certa durata, che viene ripetuta, che è conclusa, che inizia, che è appena avvenuta, che sta per avvenire. L’aspetto viene spesso sottolineato da altre parole (p. es. da complementi di tempo: tous les matins, ce matin), dall’insieme del contesto, da altre forme verbali come venir de, aller, ecc...Il nucleo verbale ha analoghe funzioni anche in italiano. 14. 8 La modalità Il nucleo verbale può esprimere una modalità, cioè il punto di vista del parlante e la colorazione intellettuale, morale, affettiva, che egli dà a ciò che dice. Qu’il vienne! Augurio, desiderio di colui che parla (locutore); il verbo è al congiuntivo. Il vient: fatto reale presentato senza nessun giudizio da parte del locutore. Il verbo è all’indicativo. Viens: ordine dato dal locutore; il verbo è all’imperativo. L’atteggiamento del locutore è spesso espresso o con l’aiuto di altri verbi: Je désire qu’il vienne (desiderio) Je veux qu’il vienne (volontà) Je crois qu’il viendra (probabilità) Je suis certain qu’il viendra (certezza) Je crois pouvoir venir (probabilità + possibilità) o da frasi la cui interpretazione dipende dall’intonazione con cui si pronunciano. S’il pouvait venir (desiderio) Il viendra! (volontà) 14. 9 La coniugazione Un verbo può avere più di settanta forme diverse nei suoi vari modi e tempi. L’insieme di queste forme costituisce la coniugazione. I verbi più semplici, quelli appartenenti al 1° gruppo, che si coniugano come chanter, ne hanno più di trenta nello scritto e solo sedici nell’orale. (In italiano le forme verbali sono molto più numerose, anche nei verbi regolari). Ognuna di queste forme si compone di radice e desinenza: finiss - ons radice + desinenza Attenzione: La radice non coincide sempre con la forma base dell’infinito (ossia l’infinito senza la desinenza - er, - ir, - oir, - re ils chant - aient ils chanter - ont tu fini - s ils finiss - ent ils finir - ont je bois nous buv - ons ils boir - ont Presentiamo qui di seguito la classificazione tradizionale dei verbi suddivisi in tre gruppi, classificazione basata sulla desinenza dell’infinito: 1° gruppo: verbi con l’infinito in - er (esclusi aller e envoyer). 2° gruppo: verbi con l’infinito in - ir e con il participio presente in issant. 3° gruppo: gli altri verbi, detti irregolari. 14. 10 Verbi del primo gruppo in - er Costituiscono la coniugazione più numerosa (comprendente i 9/10 dei verbi francesi), la più regolare e quella che ha meno forme diverse (16 nell’orale e 30 nello scritto). I nuovi verbi che entrano a far parte della lingua francese appartengono tutti a questa coniugazione. Verbo modello: chanter Questa coniugazione, comprendente parecchie migliaia di verbi e aperta a tutti i verbi di nuova formazione (filmer, téléviser...), è quindi una coniugazione viva. Parecchi verbi appartenenti a questo gruppo presentano delle particolarità ortografiche rispetto alla coniugazione regolare. Li studieremo secondo questi tipi: acheter (se lever), appeller (jeter), espérer, essayer, placer, manger CHANTER Indicativo Presente Je chant - e tu chant - es il chant - e nous chant - ons vous chant - ez ils chant - ent Trapassato prossimo J’avais chanté tu avais chanté il avait chanté nous avions chanté vous avez chanté ils avaient chanté Imperfetto Je chant - ais tu chant - ais il chant - ait nous chant - ions vous chant - iez ils chant - aient Passato remoto Je chant - ai tu chant - as il chant - a nous chant - âmes vous chant - âtes ils chant - èrent Passato prossimo J’ai chanté tu as chanté il a chanté nous avons chanté vous avez chanté ils ont chanté Futuro Je chanterai tu chanteras il chantera nous chanterons vous chanterez ils chanteront Futuro anteriore J’aurai chanté tu auras chanté il aura chanté nous aurons chanté vous aurez chanté ils auront chanté Condizionale Presente Je chanter - ais tu chanter - ais il chanter - ait nous chanter - ions Passato J’aurais chanté tu aurais chanté il aurait chanté nous aurions chanté Imperativo chant - e chant - ons chant - ez vous chanter - iez ils chanter - aient vous auriez chanté ils auraient chanté Congiuntivo Presente Que je chant - e que tu chant - es qu’ il chant - e que nous chant - ions que vous chant - iez qu’ils chant - ent Imperfetto que je chant - asse que tu chant - asses qu’il chant - ât que nous chant - assions que vous chant - assiez qu’ils chant - assaent Infinito Presente chanter Passato avoir chant - è Participio Presente chant - ant Passato chant è (e) Passato composto ayant chant - è Il condizionale è considerato in francese come un tempo (futuro nel passato vedi futuro e condizionale). Il participio presente e passato composto in francese copre un’area più ampia che in italiano e talvolta corrisponde al gerundio italiano. Il participio presente, infatti, può essere usato come aggettivo (si accorda in genere e numero con il nome che qualifica): Une réponse satisfaisante Des choses plus intéressantes encoore e come verbo: (è invariabile e può avere un soggetto e reggere dei complementi): Une secrétaire sachant l’anglais Les renseignements concernant l’affaire. Questa struttura è molto frequente in francese, perché snellisce il periodo, sostituendo una frase relativa introdotta da qui o da que. In questi casi, invece, l’italiano, anziché il participio presente, preferisce la frase relativa: “Una segretaria che conosce l’inglese”. Il participio presente inoltre, può formare con il suo soggetto una vera proposizione indipendente e, soprattutto nel francese scritto, può sostituire una più lunga frase causale: La crise économique devenent plus intense, il perdit beaucoup d’argent. (comme la crise économique devenait...) Ses amis l’y encourageant, il décide de monter une affaire. (puisque ses amis l’encourageaient à faire cela...). Si deve rispettare la struttura base della lingua: soggetto + verbo + compl. In italiano, invece, il soggetto segue il verbo: Diventando grave la crisi economica, egli decise... Incoraggiandolo i suoi amici, egli decise... In questi casi il participio presente francese corrisponde al gerundio italiano. Attenzione: Analogamente al verbo chanter, nella forma attiva, quasi tutti i verbi si coniugano con l’ausiliare avoir nei tempi composti. 14. 11 Variazioni fonetiche e ortografiche della radice Verbi che hanno una e nella penultima sillaba dell’infinito. Radice con alternanza [ : prendono un accento grave sulla e o raddoppiano la consonante quando la desinenza inizia con e muta: et / ett t] [t] Verbi come appeler: Indicativo presente el / ell [l] [l] Altri verbi: j’appelle tu appelles il appelle nous appellons vous appelez ils appellent se rappeler jeter... futuro j’appellerai condizionale j’appellerais et / èt t] [t] Verbi come acheter: Indicativo presente j’achète tu achètes il achète nous achetons vous achetez ils achètent Altri verbi: se lever, emmener futuro se promener, geler... j’achèterai condizionale j’achèterais Attenzione: Raddoppiano la consonante soltanto i verbi in - ter o in ler (salvo acheter, geler e pochi altri di uso raro). Tutti gli altri verbi con e muta nella penultima sillaba dell’infinito si coniugano come acheter. 14. 12 Verbi che hanno una è nella penultima sillaba dell’infinito: espérer, préférer, accélér, considérér s’inquiéter, suggérer, protéger Trasformano è in è alla 1ª, 2ª, 3ª pers. sing. e alla 3ª pers. plur. Del presente indicativo. Indicativo presente espérer j’espére tu espéres il espére nous espérons vous espérez ils espérent futuro condizionale j’espérerai j’espérerais 14. 13 Verbi con infinito che termina in - yer: tutoyer, appuyer, essayer, payer, s’ennuyer, nettoyer envoyer (al futuro: j’enverrai) y i quando è seguita da e muta Indicativo presente davanti a e muta j’essaie tu essaies il essaie nous essayons davanti a vocale pronunciata vous essayez ils essaient futuro je paierai condizionale je m’ennuierais 14. 14 Verbi con l’infinito che termina in: - cer: commencer, avancer, annoncer, placer, forcer, prononcer - ger: manger, changer, nager, neiger, ranger, arranger, déranger, protéger solo davanti a a e o: c c e g ge cç davanti a e e i davanti a e e o g ge je place nous avancions tu changes nous nagion je plaçais nous avançons tu changeais nous nageons 14 . 15 Verbi del secondo gruppo in - ir Sono poco più di trecento i verbi che si coniugano come finir e che hanno tre radici: la forma base dell’infinito, fini - , una seconda radice, finiss - , usata per le terze persone plurali del presente, per tutto l’imperfetto indicativo, per tutto il congiuntivo e per il participio presente, e la radice finir - , che coincide con l’infinito, per il futuro e per il condizionale. I verbi come courir o couvrir, il cui participio presente è courant e couvrant, non fanno parte del secondo gruppo. Anche questa coniugazione è considerata “viva”, ma per un unico caso: atterrir, amerrir, alunir (toccare la superficie di un pianeta). FINIR Indicativo Presente Je fini - s tu fini - s il fini - t nous finiss - ons vous finiss - ez ils finiss - ent Imperfetto je finiss - ais tu finiss - ais il finiss - ait nous finiss - ions vous finiss - iez ils finiss - aient Passato prossimo j’ai fini tu as fini il a fini nous avons fini vous avez fini ils ont fini Trapassato prossimo j’avais fini tu avais fini il avait fini nous avions fini vous aviez fini ils avaient fini Passato remoto je fin - s tu fini - s il fini - t nous finî - mes vous finî - tes ils fini - rent Futuro je finir - ai tu finir - as il finir - a nous finir - ons vous finir - ez ils finir - ont Passato j’aurais fini tu aurais fini il aurait fini nous aurions fini vous auriez fini ils auraient fini Imperativo fini - s finiss - ons finiss - ez Futuro anteriore j’aurai fini tu auras fini il aura fini nous aurons fini vous aurez fini ils auront fini Condizionale Presente Je finir - ais tu finir - ais il finir - ait nous finir - ions vous finir - iez ils finir - aient Congiuntivo Presente que je finiss - e que tu finiss - es qu’il finiss - e que nous finiss- ions que vous finiss - iez qu’il finiss - ent Infinito Presente Passato fin - ir avoir fini Imperfetto que je fin - isse que tu fin - isses qu’il fin - ît que nous fin- issions que vous fin - issiez qu’ils fin - issent Participio Presente Passato finiss- ant fini, finie Passato composto ayant fni 14. 16 Verbi del terzo gruppo, detti “verbi irregolari” A questo gruppo appartengono tutti gli altri verbi e cioè: aller, i verbi in - ir diversi dalla coniugazione regolare di finir (con participio presente in - issant), i verbi in oir, i verbi in - re. Questa coniugazione viene chiamata morta perché non trova posto in essa nessun nuovo verbo; anzi molti dei suoi verbi tendono a sparire, sostituiti da sinonimi appartenenti al primo gruppo. Fanno però parte di questo gruppo parecchi verbi importanti, molto usati e di cui non esistono sinonimi nel primo gruppo; è pertanto necessario conoscere bene tutte le loro complesse coniugazioni. ALLER Nei tempi composti, si coniuga con l’ausiliare être. E’ intransitivo. Non si può usare alla forma passiva. Indicativo Presente Je vais tu vas il va nous allons vous allez ils vont Imperfetto j’allais tu allais il allait nous allions vous alliez ils allaient Passato prossimo je suis allé tu es allé il est allé nous sommes allés vous êtes allés ils sont allés Trapassato prossimo j’étais allé tu étais allé il était allé nous étions allé vous étiez allés ils étaient allés Passato remoto j’allai tu allas il alla nous allâmes vous allâtes ils allèrent Futuro j’irai tu iras il ira nous irons vous irez ils iront Condizionale Presente j’irais tu irais il irait nous irions vous iriez ils iraient Passato je serais allé tu serais allé il serait allé nous serions allés vous seriez allés ils seraient allés Imperativo va allons allez Congiuntivo Presente que j’aille que tu ailles qu’il aille Imperfetto que j’allasse que tu allasses qu’il allât Futuro anteriore je serai allé tu seras allé il sera allé nous serons allé vous serez allé ils seront allé que nous allions que vous alliez qu’ils aillent que nous allassions que vous allassiez qu’ils allassent Infinito Presente aller Participio Presente Passato allant allé, allée Passato être allé Passato composto étant allé Nella forma interrogativa, si intercala la lettera - t tra il verbo (alla 3ª persona singolare del presente indicativo) e il pronome soggetto: va - t - il? - Nell’imperativo, la 2ª persona singolare prende una s se seguita da y e en: vas - y! - S’en aller si coniuga come aller (p. es. je m’en vais, ecc...) Attenzione all’imperativo! Va - t - en, allons - nous - en, allez vous - en ( v. posizione dei pronomi personali complementi) AVOIR Indicativo Presente j’ai tu as il a nous avons vous avez ils ont Imperfetto j’avais tu avais il avait nous avions vous aviez ils avaient Passato prossimo j’ai eu tu as eu il a eu nous avont eu vous avez eu ils ont eu Trapassato prossimo j’avais eu tu avais eu il avait eu nous avions eu vous aviez eu Passato remoto j’eus tu eus il eut nous eûmes vous eûtes Futuro j’aurai tu auras il aura nous aurons vous aurez ils avaient eu ils eurent ils auront Condizionale Presente j’aurais tu aurais il aurait nous aurions vous auriez ils auraient Passato j’aurais eu tu aurais eu il aurait eu nous aurions eu vous auriez eu ils auraient eu Imperativo aie ayons ayez Congiuntivo Presente que j’aie que tu aies qu’il ait que nous ayons que vous ayez qu’ils aient Imperfetto que j’eusse que tu eusses qu’il eût que nous eussions que vous eussiez qu’ils eussent Infinito Presente Passato avoir avoir eu Participio Presente Passato ayant eu, eue Futuro anteriore j’aurai eu tu auras eu il aura eu nous aurons eu vous aurez eu ils auront eu Passato composto ayant eu Il verbo avoir, usato da solo, indica possesso: i’ai une poupée Il verbo avoir usato come ausiliare permette di formare: a) i suoi stessi tempi composti: Ils ont eu tort b) i tempi composti di quasi tutti i verbi transitivi attivi e intransitivi: Vous auriez réussi, si vous aviez travaillé In italiano, invece, alcuni verbi intransitivi si coniugano con avere, altri con essere: Voi sareste riusciti.... Attenzione: La 1ªe la 2ª persona plurale del presente congiuntivo e dell’imperativo si scrivono: ayons, ayez ÊTRE Indicativo Presente je suis tu es il est nous sommes vous êtes ils sont Imperfetto j’étais tu étais il était nous étions vous étiez ils étaient Passato prossimo j’ai été tu as été il a été nous avons été vous avez été ils ont été Trapassato prossimo j’avais été tu avais été il avait été nous avions été vous aviez été ils avaient été Passato remoto je fus tu fus il fut nous fûmes vous fûtes ils furent Futuro je serai tu seras il sera nous serons vous serez ils seront Passato j’aurais été tu aurais été Imperativo sois soyons Futuro anteriore j’aurais été tu auras été il aura été nous aurons été vous aurez été ils auront été Condizionale Presente je serais tu serais il serait nous serions vous seriez ils seraient il aurait été nous aurions été vous auriez été ils auraient été Congiuntivo Presente que je sois que tu sois qu’il soit que nous soyons que vous soyez qu’ils soient Imperfetto que je fusse que tu fusses qu’il fût que nous fussions que vous fussiez qu’ils fussent Infinito Presente être Participio Presente Passato étant été Passato avoir être soyez Passato composto ayant été Il verbo être usato da solo significa “esistere”: Je pense donc je suis. Il verbo être usato con un attributo funge da copula: Il est sympatique. Il verbo être usato come ausiliare permette di formare: a) tutti i tempi dei verbi passivi: Elle sera aimée i tempi composti dei verbi pronominali, che si possono coniugare sia con due pronomi (soggetto + particella pronominale) sia con un nome a) + particella pronominale relativa al nome: Je me suis levé. Les enfants se sont levé aussi b) i tempi composti di alcuni verbi intransitivi (aller, venir, monter, descendre, entrer, sortir, arriver, partir, naître, mourir, tomber, rester, passer, devenir: Le train était arrivé à l’heure. Attenzione: Être, nei tempi composti, si coniuga con avoir. Non è mai ausiliare di se stesso: Vous avez été applaudi. Invece in italiano si coniuga sempre con essere: Voi siete stati applauditi. Attenzione: Été, participio passato del verbo être, è invariabile. L 1ª e la 2ª persona plurale del presente congiuntivo e dell’imperativo si scrivono: soyons, soyez 14 . 17 Quadro generale dei verbi del 3° gruppo: (esclusi avoir, être, aller, vedi pagine precedenti). Indicativo Infinito acquérir (conquer ir, quérir, requérir) Persone j’ tu il / elle nous vous ils / elles Presente acquiers acquiers acquiert acquérons acquérez acquièrent Imperfetto acquérais acquérais acquérait acquérions acquériez acquéraient Pass. rem. acquis acquis acquit acquîmes acquîtes acquirent Congiuntivo Presente Imperfetto Imperativo que j’ acquières acquières acquière acquérions acquériez que j’ acquisse acquisses acquît acquissions acquissiez acquiers acquérons acquérez Participio Presente acquérant Participio Passato acquis Futuro acquerrai acquerras acquerra acquerrons acquerrez acquerront acquièrent Infinito s’asseoir Congiuntivo Presente que je m’asseye Infinito battre Congiuntivo Presente que je batte Infinito boire Congiuntivo Presente que je boive tu boives il boive nous buvions acquissent Indicativo Presente je m’assieds tu t’assieds il s’assied nous asseyons vous asseyez ils s’asseyent Imperfetto que je m’assisse Indicativo Presente je bats tu bats il bat nous battons vous battez ils battent Imperfetto que je batisse Indicativo Presente je bois tu bois il boit nous buvons vous buvez ils boivent Imperfetto que je busse tu busses il bût nous bussions Imperfetto je m’asseyais Imperativo assieds asseyons - nous asseyez - vous Imperfetto battais Imperativo bats battons battez Imperfetto je buvais Imperativo bois buvons buvez Passato remoto je m’assis Participio Presente s’asseyant Futuro je m’assiérai Passato assis Paasato remoto battis Futuro battrai Participio Presente battant Passato battu passato remoto je bus futuro je boirai Participio Presente buvant Passato bu vous buviez ils boivent Infinito conclure Congiuntivo Presente que je conclue conclues conclue concluions concluiez concluent Infinito vous bussiez ils bussent Indicativo Presente je conclus tu conclus il conclut nous concluons vous concluez ils concluent Imperfetto que je conclusse Indicativo Presente je cours courir Congiuntivo Presente que je connaisse Imperfetto que je connusse Imperfetto je concluais passato remoto je conclus tu conclus il conclut nous conclûmes vous conclûtes ils conclurent Imperativo conclus concluons concluez Participio Presente concluant Imperfetto je courais Imperativo connais connaissons connaissez passato remoto je courus Participio Presente connaissant futuro je conclura i Passato conclu futuro je courrai Passato connu Così si coniugano paraître, connaître e tutti i loro composti. I verbi in - aître prendono un accento circonflesso sulla “i” che precede la “t”, come accade per tutti i verbi in - oître. Infinito Indicativo Presente Imperfetto courir je cours je courais passato remoto je courus Congiuntivo Presente Imperfetto Imperativo Participio Presente futuro je courrai Passato que je coure Infinito craindre Congiuntivo Presente que je craigne que je courusse cours courons courez Indicativo Presente Imperfetto je crains tu crains il craint nous craignons vous craignez ils craignent je cragnais tu cragnais il cragnait nous craignions vous craigniez ils craignaient Imperfetto que je craignisse Imperativo crains craignons craignez courant couru passato remoto je craignis futuro Participio Presente craignant Passato craint je craindrai Allo stesso modo si coniugano tutti i verbi in - aindre, - eindre, oindre. Infinito croire Congiuntivo Presente que je croie Infinito cueillir Indicativo Presente Imperfetto je crois tu crois il croit nous croyons vous croyez ils croient je croyais tu croyais il croyait nous croyons vous croyez ils croyaient Imperfetto que je crusse Indicativo Presente je cueille tu cueilles Imperativo crois croyons croyez Imperfetto je cueillais passato remoto je crus Participio Presente croyant passato remoto je cueillis futuro je croirai Passato cru futuro je cueillerai il cueille nous cueillons vous cueillez ils cueillent Congiuntivo Presente que je cueille Infinito devoir Congiuntivo Presente que je deive Imperfetto que je cueillisse Indicativo Presente je dois tu dois il doit nous devons vous devez ils doivent Imperfetto que je dusse Imperativo cueille cueillons cueillez Imperfetto je devais Imperativo dois devons devez Participio Presente cueillant Passato remoto je dus Participio Presente devant Passato cueilli Futuro je devrai Passato dû Il participio passato femminile e plurale si scrivono senza accento circonflesso (^): due, rendue, dus ecc... Infinito dire Congiuntivo Presente Indicativo Presente Imperfetto je dis tu dis il dit nous disons vous dites ils disent je disais Imperfetto Imperativo Passato remoto je dis tu dis il dit nous dîmes vous dîtes ils dirent Participio Presente Futuro je dirai Passato que je dise Infinito écrire Congiuntivo Presente que j’écrive Infinito envoyer Congiuntivo Presente que j’envoie Infinito faire que je disse Indicativo Presente j’écris tu écris il écrit nous écrivons vous écrivez ils écrivent Imperfetto que j’écrivisse Indicativo Presente dis disons dites disant Imperfetto Passato remoto j’écrivis j’écrivais Imperativo écris écrivons écrivez Imperfetto j’envoie tu envoies il envoie nous envoyons vous envoyez ils envoient j’envoyais Imperfetto que j’envoyasse Imperativo envoie envoyons envoyez Indicativo Presente je fais tu fais il fait nous faisons vous faites ils font Imperfetto je faisais Participio Presente écrivant Passato remoto j’envoyai Participio Presente envoyant Passato remoto je fis tu fis il fit nous fîmes vous fîtes ils firent dit Futuro j’écrirai Passato écrit Futuro j’enverr ai Passato envoyé Futuro je ferai Congiuntivo Presente que je fasse Infinito falloir Congiuntivo Presente qu’il faille Infinito fuir Congiuntivo Presente que je fuie tu fuies il fuie nous fuyions vous fuyiez ils fuient Imperfetto que je fisse tu fisses il fit nous fissions vous fissiez ils fissent Imperativo fais faisons faites Condizionale je ferais Indicativo Presente Imperfetto il faut il fallait Passato remoto il fallut Imperfetto qu’il fallût Imperativo manca Participio passato fallu Indicativo Presente Imperfetto je fuis tu fuis il fuit nous fuyons vous fuyez ils fuient je fuyais tu fuyais il fuyait nous fuyions vous fuyiez ils fuyaient Imperfetto que je fuisse Imperativo fuis fuyons fuyez Passato remoto je fuis tu fuis il fuit nous fuîmes vous fuîtes ils fuirent Participio Presente fuyant Participio Pres. faisant pass. fait Futuro il faudra Futuro je fuirai tu fuiras il fuira nous fuirons vous fuirez ils fuiront Passato fui Infinito lire Congiuntivo Presente que je lise Infinito mettre Congiuntivo Presente que je mette Infinito mourir Congiuntivo Indicativo Presente Imperfetto je lis tu lis il lit nous lisons vous lisez ils lisent je lisais Imperfetto que je lusse Imperativo lis lisons lisez Indicativo Presente je mets tu mets il met nous mettons vous mettez ils mettent Imperfetto que je misse Indicativo Presente je meurs tu meurs il meurt nous mourons vous mourez ils meurent Imperfetto je mettais Imperativo mets mettons mettez Imperfetto je meurais Passato remoto je lus Participio Presente lisant Passato remoto je mis Participio Presente mettant Passato remoto je mourus Participio Futuro je lirai Passato lu Futuro je mettrai Passato mis Futuro je mourrai Presente que je meure Imperfetto que mourusse Infinito Indicativo Presente mouvoir Congiuntivo Presente que je meuve je Imperativo meurs mourons mourez Presente mourant Passato mort Imperfetto Passato remoto je mus Futuro je meus tu meus il meut nous mouvons vous mouvez ils meuvent je mouvais Imperfetto que je musse Imperativo meus mouvons mouvez Participio Presente mouvant je mouvrai Passato mû Emouvoir si coniuga come mouvoir, ma il suo part. pass. “ému” non prende l’accento circonflesso. Infinito naître Congiuntivo Presente que je naisse Indicativo Presente Imperfetto je nais tu nais il naît nous naissons vous naissez ils naissent je naissais Imperfetto que je naquisse Imperativo nais naissons naissez Passato remoto je naquis Participio Presente naissant Futuro je naîtrai Passato né Infinito ouvrir Congiuntivo Presente que j’ouvre Infinito partir Congiuntivo Presente que je parte Indicativo Presente Imperfetto j’ouvre j’ouvrais Imperfetto que j’ouvrisse Imperativo ouvre ouvrons ouvrez Indicativo Presente Imperfetto Je pars tu pars il part nous partons vous partez ils partent je partais Imperfetto que je partisse Imperativo pars partons partez Passato remoto j’ouvris Participio Presente ouvrant Passato remoto je partis Participio Presente partant Futuro j’ouvrirai Passato ouvert Futuro je partirai Passato parti I verbi sentir, servir, sortir, dormir e partir, nella 1ª, 2ª, 3ª persona singolare del pres. ind. perdono la t, m, v finale della radice. Infinito plaire Congiuntivo Presente que je plaise Indicativo Presente je plais tu plais il plait nous plaisons vous plaisez ils plaisent Imperfetto que je plusse Imperfetto je plaisais Imperativo plais plaisons plaisez Passato remoto je plus Participio Presente plaisant Futuro je plairai Passato plu