Indice 1. introduzione.......................................................................................1 2. Le onde...............................................................................................2 2.1 Le onde superficiali................................................................2 2.2 Le onde sismiche....................................................................3 2.2.1 Le onde di Volume.......................................................3 2.2.2 Le onde Superficiali.....................................................5 3. Le faglie..............................................................................................7 4. Le placche tettoniche........................................................................9 5. I Vulcani............................................................................................12 5.1 Tipi di Vulcano.......................................................................12 6 I terremoti...........................................................................................17 6.1 La classificazione dei terremoti...........................................17 6.2 Le fasi di un terremoto..........................................................18 6.3 Il ciclo Sismico.......................................................................18 7. I Sismogrammi.................................................................................20 8. L'intensità di un terremoto..............................................................23 9. La previsione dei terremoti.............................................................25 10. Terremoti e Vulcani........................................................................27 11. Conclusioni....................................................................................31 12. Bibliografia.....................................................................................32 1. Introduzione Il tema del lavoro di maturità dell'anno scolastico 2011/2012 era la sismologia, ho deciso di osservare i possibili collegamenti e le possibili divergenze tra i vulcani e i terremoti. L'obiettivo del mio lavoro di maturità è quello di mettere a confronto due realtà, quella dei vulcani e quella dei terremoti per trovare le correlazioni. Ho scelto questo argomento perché è interessante osservare come due mondi apparentemente diversi, ma strettamente legati tra di loro, possano portare ad un'unica soluzione, ovvero la previsione dei terremoti. È noto a tutti perché la previsione esatta di un terremoto non è possibile, e lo spiegherò anche nel mio lavoro per quale motivo non è possibile prevedere quando si manifesterà un terremoto. Però, e ciò è il mio obiettivo, se si mettesse in relazione il fatto che è possibile prevedere le eruzioni vulcaniche con i terremoti si potrebbe avere dei risultati interessanti. Questo è quanto riguarda il mio obiettivo, non vado oltre per evitare di svelare ulteriori dettagli del mio lavoro. 1 2. le onde 2.1 Le onde superficiali Prima di iniziare il tema vero e proprio del mio lavoro di maturità è necessario che faccia una premessa riguardante le onde, le faglie, i terremoti e i vulcani. Cominciamo innanzi tutto dalle onde, prendiamo come esempio un sasso lanciato in uno lago calmo, dopo che il sasso ha urtato lo specchio d'acqua si nota che si sono formati degli avvallamenti e delle creste, come si nota nella figura 1, le distanze tra due creste oppure due avvallamenti è chiamata lunghezza d'onda (λ), mentre è chiamata ampiezza d'onda (A) la distanza tra la superficie dell'acqua in quiete, ovvero quando non ci sono onde, e la cresta. Figura 1 : Parametri geometrici di un'onda [Fonte: http://www.diodati.org/scritti/2002/g_colori/img/onda.gif] È chiamato periodo (T) l'intervallo di tempo, misurato in secondi, che occorre ad una particella per tornare allo stesso punto dopo uno spostamento, se dividiamo la lunghezza d'onda per il periodo otteniamo la velocità dell'onda, chiamata anche velocità di propagazione dell'onda (v), misurata in m/s, usando le formule si ha: λ = v*T T = λ/v v = λ/T Il numero di oscillazione che avvengono in un secondo è chiamata frequenza (ν) e si misura in Hertz (1/secondi , oppure in cicli/secondi). Ora che si conosce questo dato possiamo riscrivere la formula v = λ/T e ottenere così: v=λ/T= λ/ 2 E con questo ho concluso la parte riguardante le onde superficiali, ovvero che si propagano solamente in superficie. 2. 2 Le onde sismiche 2.2.1 Le onde di Volume Considerando l'esempio del capitolo precedente si è detto che le onde si propagano in superficie. Oltre a queste si generano anche altre onde,le quali, si propagano fino a raggiungere il fondo del nostro ipotetico stagno. È importante citare il fatto che se sostituissimo l'acqua con un altro fluido si potrebbe notare che le onde, generate dall'impatto del sasso con lo specchio d'acqua e dall' impatto con quel fluido, sono diverse, pertanto si può notare che le proprietà del mezzo e le sue caratteristiche influiscono sulla formazione e sulla propagazione delle onde. Se esse attravversassero un mezzo compatto ed elastico la loro velocità aumenterebbe, mentre essa, la velocità, diminuirebbe se le onde attraversassero dei mezzi meno elastici e meno compatti. Invece, per quanto riguarda i mezzi a densità variabile la velocità varia in continuazione, quindi non si avranno delle traiettorie lineari bensì delle curve. Un classico esempio lo si può osservare nel globo terrestre, dove, in prossimità del limite tra i vari involucri della terra, la velocità varia in modo brusco. I vari involucri terrestri sono tre, e principalmente sono: ▪ Crosta terrestre1 ▪ Mantello2 ▪ Nucleo3 I limiti, citati precendenza, in sostanza sono due e li si è dato il nome di discontinuità di Mohorovic (tra la crosta terrestre e il mantello), mentre all'altro limite gli si è dato il nome di dicontinuità di Gutenberg (tra il mantello e il nucleo). 1 È lo strato più esterno dell'interno terrestre 2 È lo strato intermedio, ovvero tra i due limiti, 3 È il guscio centrale, racchiuso nel secondo limite. 3 Conclusa questa premessa iniziale si può ora descrivere le caratteristiche delle onde sismiche, che si dividono in due grandi categorie, le onde di volume o di corpo (dall'inglese “body wave”) e le onde di superficie (“surface wave”) cominciamo dalle prime, ovvero le onde di volume che si dividono ulteriormente in due sottocapitoli ovvero in: • Onde longitudinali4 • Onde trasversali5 Le prime si chiamano anche onde di compressione oppure onde P (Prime) perché sono le prime che arrivano al sismografo, e quindi sono le più veloci6, e la velocità è data dalla seguente equazione: Dove: • k indica il modulo di compressibilità7 • µ indica il modulo di rigidità8 • δ indica la densità dei materiali Le seconde, le onde trasversali, si chiamano anche onde di taglio, oppure onde S perché sono le seconde ad arrivare al sismografo, e anche perché le particelle del mezzo, vibrano perpendicolarmente rispetto alla direzione dell'onda. Contrariarmente alle onde P questo tipo di onde hanno una componente H (orrizzontale) e V (Verticale) ottendendo così onde S che vibrano su un piano orrizzontale (onde SH) e su uno verticale (onde SV) e, la velocità è situata tra 2.3 e 4.6 km/s ed è data dall'equazione: 4 5 6 7 8 Chiamate così perché la vibrazione avviene logitudinalmente rispetto alla direzione di propagazione La vibrazione avviene perpendicolarmente rispetto alla direzione di propagazione Tra 4 e 8 km/s nella crosta terrestre Esprime la resistenza che il materiale attraversato da questo tipo di onde oppone alla variazione di volume. La forza tende a variare la forma, questa costante tende ad esprimere la resistenza che i vari materiali oppongo a queste forze. 4 Come si può notare dalla formula questo tipo di onde dipendono esclusivamente dalla rigidità µ e dalla densità ρ delle rocce. Ecco ora una raffigurazione di come si propagano i due tipi di onde, dapprima le onde P ed in seguito le onde S: 2.2.2 Le onde Superficiali Come si potrebbe intuire già dal titolo queste onde, a differenza delle onde di volume, si propagano solo ed esclusivamente in superficie, e, tra questa categoria, si possono notare due tipologie principali: Le onde di Love, chiamate anche onde L e le onde di Rayleigh oppure onde R. Cominciamo ora a descrivere le prime, ovvero le onde di Love: Questo tipo di onde si generano principalmente in presenza di stratificazioni e il loro moto è simile a quello delle onde SH citate nel capitolo precedente con la particolarità che rallentano il loro moto al crescere della profondità arrivando addirittura ad annullarsi con l'avvicinarsi alle discontinuità. D'altra parte ci sono le onde di Rayleigh, le cui caratteristiche consistono nel propagarsi lungo la superficie del terreno e nel moto ellittico e retrogrado rispetto alla direzione di propagazione e quindi tendono a non generare alcun movimento 5 trasversale oppure perpendicolare. Questo per quanto riguarda le due tipologie di onde separate, ora osserviamo le caratteristiche delle due tipologie non più separatamente bensì insieme. Generalmente, la lunghezza d'onda di questo tipo di onde cresce a dipendenza della profondità delle superficie di discontinuità, se ne deduce quindi, dato che la velocità aumenta al crescere della profondità, che le onde lunghe, ovvero quel tipo di onde che hanno una lunghezza d'onda elevata, avranno una velocità maggiore rispetto alle onde corte poiché saranno in grado di penetrare ad una profondità maggiore. Dopo aver appreso come si muovono le onde osserviamo ora il percorso che compiono. Tutto parte dall'ipocentro, o anche chiamato punto di origine di un terremoto, da qui le onde si propagano in tutte le direzioni dove sono soggette continuamente a riflessioni e rifrazioni influenzando così la velocità. È grazie soprattutto a questa caratteristica che si è potuto determinare la struttura interna della Terra quindi a individuare la presenza delle discontinuità citate in precedenza e a studiarne le caratteristiche. 6 3. Le faglie: Il piano sul quale avviene lo spostamento è denominato piano di faglia. Questo può avvenire su un piano verticale dove le labbra sono simmetriche, mentre se lo spostamento è inclinato, come nello schema sottostante, abbiamo una parte, quella superiore che prende il nome di tetto, mentre quella inferiore prende il nome di muro. A dipendenza di come si muovono quest'ultimi assumono due nomi diversi quali: • Faglie dirette • Faglie inverse Oltre a quello verticale, le faglie possono assumere un movimento orizzontale dove prendono il nome di faglie trascorrenti alle quali appartengono le faglie sismogenetiche, ovvero quelle faglie che generano eventi sismici, come la faglia di Denali in Alaska, oppure la faglia nord-atonolica nella Turchia conosciuta per i terremoti devastanti che riesce a creare. Tra le faglie sismogenetiche, troviamo le faglie sismogenetiche primarie, che sono quelle che, in tempi recenti, hanno causato terremoti di magnitudo elevato. Non ci sono soltanto quelle faglie che causano terremoti ma pure quelle che si attivano in occasione di un sisma che vengono chiamate faglie capaci. Schematizzando il tutto: 7 4. Le placche tettoniche La placca tettonica è uno strato di roccia solida alquanto massiccia e di forma irregolare la cui lunghezza può variare da centinaia di chilometri fino ad un migliaio di chilometri e il cui spessore può variare da 15 chilometri fino a 200 chilometri e che, sia che la lunghezza che lo spessore, continua a variare nel tempo. Sostanzialmente le placche si dividono in due categorie: ◦ Placca oceanica ◦ Placca continentale I due tipi di placche, a dipendenza della loro massa, possono adagiarsi una sopra all'altra. E dato che le placche sono in continuo movimento, l'attrito che generano fa sì che si accumuli energia e quando le due placche non riescono più a sopportare lo sforzo si viene a creare un terremoto. Esemplificando: Prendiamo due bambini che si tengano per mano e che si dirigano, sempre tenendosi per mano, l'uno nella direzione opposta dell'altro. È chiaro che dopo un determinato lasso di tempo la forza esercitata dai due fa sì che le mani si stacchino completamente. Un terremoto segue lo stesso principio appena descritto con l'unica differenza che quando l'energia accumulata dalla due litosfere supera la soglia massima la placca non si stacca ma compie un salto causando il rilascio dell'energia. Le placche sono definite da tre tipi di margini: • Divergenti • Convergenti • Trasformi Il primo si riscontra lungo gli assi delle dorsali oceaniche o chiamati anche centri di espansione dalla quale si origina una nuova crosta per effetto del magma che si raffredda risalendo dal mantello. La velocità di espansione è di circa 2.5 centimetri all'anno. Il secondo dipende esclusivamente dal tipo di litosfera coinvolta nel processo e può 8 realizzarsi tra una placca oceanica con una continentale, tra due placce continentali oppure tra due placche oceaniche. Innanzittutto è importante spiegare che con convergenza di due placche si intende l'avvicinamento di esse e, a dipendenza della lora massa si vanno a creare diversi eventi. Dapprima osserviamo una convergenza tra una placca oceanica e una continentale: Illustrazione 1: Fenomeno di convergenza tra una placca oceanica e una continentale [Fonte: http://www.vialattea.net/spaw/image/ geologia/ArcoInsulare/10subduzOce anCont.jpg] Come si nota da questo schema lo scontro tra questi due tipi di placche porta alla formazione di montagne e vulcani, un famoso esempio sono le Ande, le quali si sono formate dallo scontro di queste due placche appunto. Ora osserviamo il secondo tipo di convergenza, ovvero quello tra due placche oceaniche: Illustrazione 2: Convergenza tra due placche oceaniche [Fonte: http://farm5.static.flickr.com/4124/507094836 6_562bdcae1b.jpg] 9 Come si nota dallo schema, lo scontro tra queste due placche porta alla creazione di fosse. La fossa delle Marianne ne è un esempio. Infine Passiamo all'ultima convergenza, ovvero quella tra due placche continentali: Illustrazione 3: Convergenza tra due placche continentali [Fonte: http://www.vialattea.net/spaw/image/geologia/9999Urali/PA SQUI31.jpg] In questo caso non abbiamo un fenomeno di subduzione (ovvero quel fenomeno che serve ad indicare lo scorrimento di una placca, generalmente quella più pesante, verso il basso) dato che le due placche tendono ad opporsi a questo fenomeno. Pertanto dato che tutte e due si oppongono non avremo un movimento verso il basso, bensì tendono a curvarsi verso l'alto portando così alla creazione delle catene montuose. Infine l'ultimo margine dove le placche scorrono orizzontalmente dove una scorre accanto all'altra 10 5. I Vulcani I vulcani sono sostanzialmente montagne coniche chiamate anche coni vulcanici. La loro creazione è dovuta alla frattura della crosta terrestre dalla quale esce la lava, che è formata da rocce fuse. All'interno della crosta terrestre è presente il magma, che non è altro che lava composto, oltre che da rocce, da vapori e gas. Un vulcano è composto dalla camera magmatica, dentro alla quale si forma e si crea il magma, da un camino, ovvero il condotto attraverso il quale scorre il magma, e infine dal cratere, ovvero da dove esce il magma. 5.1 Tipi di vulcano. Il primo geologo a classificare i vulcani fu Alfred Lacroix9, il quale li divise, studiando la composizione del magma e della camera magmatica, in base al tipo di attività eruttiva oppure in base all'apparato vulcanico esterno. Quest'ultimo si divide in due categorie, esse sono: ◦ Vulcani a scudo ◦ Vulcani a cono I primi, quelli a scudo, presentano dei fianchi con bassa pendenza e ciò, alla vista dell'occhio umano, va ad assumere una forma di scudo appunto adagiato sul terreno. C'è da notare che la maggior parte dei vulcani presenti sul globo terrestre sono a scudo, il più grande dei quali viene dalle Hawaii: 9 Mâcon, 4 febbraio 1863 – Parigi, 12 marzo 1948 (Fonte : http://www.wikipedia.org) 11 Illustrazione 4: Mauna Loa [Fonte:http://hawaiianairlines.net/wp-content/uploads/2011/12/Maunaloa.jpg] Questo vulcano si chiama Mauna Loa ed ha un altezza di 4000 metri sopra il livello del mare mentre la base, situata sotto il livello del mare, ha un altezza di 5000 metri, pertanto con i suoi 9000 metri di altezza e 250 chilometri (lunghezza della base) è il vulcano a scudo più grande del pianeta. I vulcani a cono invece hanno i fianchi più ripidi e sono caratterizzati da lave acide, causando così diffilcoltà durante la risalita della lava e del magma. Poiché il magma è molto viscoso, all'interno del camino del vulcano spesso il magma va a creare un tappo causando così un accumulo di magma. Una volta che le pressioni, che si vanno a formare sotto al tappo, non riescono a superare la barriera che si è creata dal magma andranno a creare un eruzione esplosiva che potrebbero addirittura distruggere l'intero vulcano. Passiamo ora al secondo tipo di classificazione proposto da Lacroix, ovvero quella classificazione in base all' attività eruttiva, ossia: 1. Vulcani ad eruzione di tipo hawaiano 2. Vulcani ad eruzione di tipo stromboliano 3. Vulcani ad eruzione di tipo vulcaniano 4. Vulcani ad eruzione di tipo pliniano e peleano (ultra-pliniano) 5. Grandi caldere ("supervulcani") 12 Le caratteristiche del primo tipo di vulcano, ossia quello hawaiano, sono quelle di avere un' eruzione abbastanza tranquilla, le cui lave fuoriescono senza causare esplosioni. L'espansione di queste va a formare un vulcano piatto, quella tipologia che abbiamo definito precedentemente, i vulcani a scudo. Alcuni esempi sono il Manua Kea, descritto in precedenza, il Kilauea rappresentato qua sotto: Illustrazione 5: Kilauea [Fonte: http://images.pictureshunt.com/pics/k/kila uea_volcano-12179.jpg] e il vulcano Erebus in Antartide, ecco una foto: Illustrazione 6: Erebus [Fonte: http://static.panoramio.com/photos/original/3577 483.jpg] Il secondo tipo di vulcano è lo stromboliano, le cui caratteristiche sono di avere un magma fluido che ribolle nel cratere, causando così frequenti esplosioni con conseguente lancio di materiale, un esempio ne è lo Stromboli in Italia: 13 Illustrazione 7: Stromboli [Fonte: http://geology.com/volcanoes/stromboli/strombo li-volcano.jpg] Passando ora al terzo tipo di vulcano, troviamo i vulcani vulcaniani ossia quel tipo di vulcano il cui magma è molto viscoso che ostruisce il condotto vulcanico. Con lo squarciamento di esso ne consegue esplosione dovuta alla tensione dei gas. In questa categoria rientra il Vesuvio, famoso per i disastri che a causato a Pompei nel 79 dopo Cristo, ecco un immagine di questo vulcano con i suoi 1281 metri di altezza: Illustrazione 8: Vesuvio [Fonte: http://www.areavacanze.it/resources/images/escursio ni/vesuvio.jpg] Come quarto tipo ci sono i vulcani peleani, il cui magma è talmente viscoso che diventa solido nel condotto vulcanico, impededendo così la fuoriuscita del magma, causando così un eruzione esplosiva con conseguente distruzione parziale o totale del vulcano dovuta anche al fatto che le nubi ardenti (quel tipo di nubi che hanno un 14 elevata temperatura) che si sono formate sono talmente pesanti da crollare al terreno e seguire la fiancata del vulcano distruggendo tutto ciò che incontra. Un esempio di vulcano che rientra in questa categoria è il vulcano La Pelée situato nell'isola della Martinica: Illustrazione 9: La Pelée [Fonte: http://www.areavacanze.it/resources/images /escursioni/vesuvio.jpg] L'eruzione di questo vulcano era talmente potente che in pochi minuti morirono i 30'000 abitanti della città di St. Pierre. Infine l'ultima categoria sono i supervulcani, o chiamati anche Grandi Caldere perché in realtà non è che sono considerati vulcani dato che sono privi dell'edificio vulcanico. Fino ad ora non sono ancora state rilevate eruzioni da parte di questo tipo di vulcano, però si stima che essi abbiano un periodo di eruzione di centinaia di migliaia di anni. Questo tipo di Caldere hanno una lunghezza situata tra i 10 e i 15 chilometri. Un supervulcano famoso è quello a Yellowstone, località che è famosa per i geyser, i quelli rientrano nel vulcanesimo secondario. Oggi, come detto, non si sono rilevate eruzioni da parte di questo vulcano, però, secondo gli scienzati, 1.3 milioni anni fa un eruzione, che generò la caldera, eruttò circa 280 chilometri cubici di ceneri e altri solidi vulcanici. Ecco un'idea dell'immensità di quest'eruzione: 15 Illustrazione 10: Eruzione del supervulcano [Fonte: http://www.theblaze.com/wpcontent/uploads/2011/01/Caldera-Ashfall620x418.jpg] 16 6. I terremoti I terremoti non sono altro che lo spostamento di un'elevata massa sotto alla crosta terrestre, e possono essere di due tipi: ▪ Tettonici ▪ Vulcanici Si definiscono terremoti tettonici quei terremoti che sono causati dalle masse rocciose spinte oltre il loro limite di elasticità. Per capirci meglio riprendo l'esempio fatto nel capitolo 4, ossia quello dei bambini che,tenendosi per mano, corrono l'uno nella direzione opposta dell'altro. Riprendo quest'esempio per chiarire meglio il concetto di limite di elasticità, che nel nostro caso non è altro che quella soglia che se non viene superata fa sì che le mani dei due ragazzi restino attaccate. Questo tipo di terremoti è in grado di sprigionare elevate quantità di energia, ed interessare elevate aree, che possono estendersi per migliaia di chilometri quadrati. L'altra categoria di terremoti sono i terremoti vulcanici, ovvero sono quei terremoti che si manifestano prima e durante l'attività vulcanica. A differenza dei terremoti tettonici i terremoti vulcanici non liberano grandi quantità di energia né tantomeno ricoprono un area vasta come i terremoti tettonici. 6.1 Classificazione dei terrmoti La classificazione più usata si basa sulla posizione dell ipocentro rispetto alla superficie terrestre e i terremoti si suddividono in tre categorie ◦ Superficiali ◦ Intermedi ◦ Profondi I primi vanno da una profondità di 0 chilometri (ovvero sulla superficie) a 70 chilometri, i secondi da 70 a 300 chilometri. Infine gli ultimi vanno da 300 chilometri fino a circa 700 chilometri. 17 6.2 Le fasi di un terremoto I sismologi hanno individuato tre fasi che caratterizzano un evento sismico, ovvero: • Moto delle masse rocciose • Accumulo di energia elastica • Liberazione dell'energia accumulata La prima non è altro che il movimento di una massa collegato con l'interno della Terra. La seconda è una fase assai lenta, ed ha inizio solo quando le formazioni rocciose hanno una rigidità sufficientemente alta. L'ultima, ovvero il rilascio dell'energia può avvenire dopo poco o dopo molto tempo dall'accumulo dell'energia, a dipendenza dell'attrito che si è formato tra i due lati delle labbra. L'attrito tra le due masse, oltre a determinare il tempo del rilascio dell'energia, determina anche l'intensità di un terremoto. Maggiore è l'attrito maggiore sarà l'intensità. 6.3 Il ciclo sismico Nel sottocapitolo 6.2 abbiamo definito le fasi che caratterizzano un evento sismico, in questo capitolo parleremo del fatto che queste fasi si susseguono in un ciclo continuo, ovvero che il moto, l'accumulazione e il rilascio si susseguono in continuazione. Questo tipo di ciclio è stato suddiviso dai sismologi in tre stadi: ▪ Stadio inter-sismico ▪ Stadio co-sismico ▪ Stadio post-sismico Nel primo stadio, ovvero stadio inter-sismico si colloca tra un sisma e il sisma successivo, in altre parole avviene un accumulo di energia subito dopo l'avvento du un terremoto, la quale verrà rilasciata parzialmente come onde sismiche. Questo 18 stadio è largamente diffuso ed è di vitale importanza per quanto riguarda la previsione dei terremoti. Durante lo stadio co-sismico, ossia quello stadio nel corso di un sisma, avviene una trasformazione dell'energia elastica in energia cinetica, facendo vibrare così il sottosuolo, in poche parole è qui che avviene il sisma vero e proprio. Infine abbiamo lo stadio post-sismico che è quello stadio dopo il sisma. In questa fase abbiamo un lento ritorno alla normalità, in poche parole le faglie cercano di risistemarsi ricercando una nuova condizione di equilibrio. 19 7. I Sismogrammi Che cos'è un sismogramma? Un sismogramma è un grafico ottenuto tramite l'utilizzo di un sismografo che descrive il movimento del terreno durante un terremoto. Ecco un esempio di sismogramma: Illustrazione 11: Sismogramma del Liceo di Bellinzona che ha rilevato il terremoto avvenuto in giappone Ci sono due tipi di sismogrammi, quelli che registrano il movimento orizzontale del terreno e quelli che rilevano il movimento verticale del terreno. A cosa servono i sismogrammi? Grazie alle rilevazioni dei sismogrammi gli studiosi sono in grado di determinare la potenza, ossia il magnitudio di un terremoto, la durata del sisma, il luogo dell'epicentro e dell'ipocentro, la direzione del movimento. Oltre a questa mole di dati, grazie ai sismogrammi è possibile determinare quali sono le onde P, le onde S e le onde L ecco un esempio: 20 Illustrazione 12: Rappresentazione degli arrivi in un sismografo [Fonte: http://www.menichella.it/sismolab/fasi.jpg] Come detto in precedenza grazie ai sismografi è possibile misurare la distanza di un epicentro e di un ipocentro. Vediamo come la distanza che intercorre tra l'epicentro e la stazione di registrazione viene chiamata distanza epicentrale (∆) ed è data dalla formula: ∆= (Vp/ 0.73) * (ts-tp) Dove ts e tp sono il tempo di arrivo delle onde S e rispettivamente onde P. In base a questi dati è possibile osservare: se la distanza epicentrale è al disotto dei 100 chilometri allora gli scienzati definiscono i terremoti come terremoti locali, se si situa tra i 100 e i 1400 chilometri allora i terremoti sono regionali. Infine se è maggiore di 1400 chilometri sono definiti telesismi. Un altro metodo usato dagli scienziati, usando sempre la distanza epicentrale, è quello della triangolizzazione. Si prendono in campione tre stazioni di rilevamento. Ognuna di queste tre stazioni fa centro ad un ipotetico cerchio il cui raggio è uguale alla distanza epicentrale appena trovata. Così facendo si ottengono tre cerchi. L'intersezione dei tre determina con buona probabilità il luogo dell' ipocentro del terremoto. In precedenza si è citato il fatto che tramite i sismogrammi si può determinare la potenza del terremoto. In poche parole la Magnitudo. La scala maggiormente utilizzata per misurare l'intensità di un terremoto è la scala Richter. Ecco un esempio: 21 Ecco una tabella10 che mostra l'intensità in base ai chilogrammi di tritolo e in base alla frequenza giornaliera: 10 Tratta da : https://lh3.googleusercontent.com/dg4IBmokSMA/TXolxuUGVvI/AAAAAAAABDg/pa1rRQ5NBfw/scala+richter.png 22 8. L'intensità di un terremoto L'intensità di un terremoto è l'effetto che è stato provocato dal movimento del terreno. La scala maggiormente utilizzata è la scala Mercalli11, ovvero: 11 Tratta da: http://pro.unibz.it/staff2/fzavatti/corso/img/scala-mercalli.jpg 23 Come si può osservare questa scala è soggettiva piuttosto che scientifica pertanto quindi non da un idea precisa dell'energia rilasciata da un terremoto, perché può darsi che un terremoto con elevata energia causi pochi danni alle strutture, per esempio perché si trova ad una profondità elevata. 24 9. La previsione dei terremoti È risaputo, oramai da tanto tempo, che alla domanda “è possibile determinare con esattezza l'ora e il luogo di un terremoto?” la risposta è no perché è al di fuori delle nostre capacità. Pertanto quindi non è possibile fare una previsione deterministica dei terremoti, però è possibile fare una previsione probabilistica, ovvero quel tipo di previsione che si basa sulla probabilità che possa accadere un terremoto, di una certa magnitudo in una certa regione ed in un determinato lasso di tempo. Questa voglia delle persone di saper prevedere con esattezza un terremoto è dovuto al fatto che quest'ultimo, grazie alla sua capacità distruttiva, causa molta paura alla gente e, col passare degli anni e dei terremoti, essa tende ad aumentare. Comunque si può sostenere che con la previsione del dove può succedere un sisma abbiamo fatto passi da gigante, difatti oggigiorno abbiamo due tipi di previsione : ◦ A breve termine ◦ A lungo termine La previsione a lungo termine si basa sostanzialmente sulla statistica delle analisi effettuate osservando il comportamento delle strutture sismogenetiche attive. Questo tipo di previsione è basato sull'ipotesi degli scienziati che i terremoti si ripetano sempre in un'area specifica con caratteristiche che non variano mai. Riassumendo gli scienziati vogliono stabilire se le faglie, principalmente quelle che causano terremoti di grandi proporzioni, si rompono periodicamente oppure no. Passiamo ora alla previsione a breve termine che si basa su dei fenomeni precursori, ossia dei fenomeni, dei segnali anomali associati ai terremoti. Sono stati forniti diversi modelli per prevedere i terremoti basati su questo tipo di fenomeni. Uno di questo è la dilatanza, ossia che spiega l'aumento di volume delle rocce sottoposte a tensione. Queso aumento è dovuto alle microfratture che si producevano all'interno di esse. Questo fenomeno può essere diviso in sei fasi: La prima fase è quella della compressione delle rocce. La seconda è chiamata appunto dilatanza, ossia che viene raggiunto il limite di compresibilità delle rocce e vengono a crearsi delle microfratture. La terza è il riempimento di queste microfratture tramite acqua e gas per lubrificare le fratture ma anche per produrne 25 di nuove. Nella quarta fase avviene una variazione del materiale roccioso. Nella quinta avviene la manifestazione del terremoto vero e proprio ed infine la sesta fase consiste nella continuazione di queste fasi fino ad arrivare ad una nuova condizione di equilibrio. C'è da sottolineare il fatto che oggigiorno si verificano una marea di terremoti anche se di piccola magnitudo. A mio avviso, al posto di concentrarsi esclusivamente sui terremoti di magnitudo elevata bisognerebbe concentrarsi maggiormente su quelli di magnitudo minore dato che ce ne sono in quantità maggiore e quindi le stesse ricorrenze che si potrebbero ottenere osservando i piccoli terremoti si potrebbero avere anche con i terremoti di grandi intensità. 26 10. Terremoti e Vulcani Nei capitoli precedenti abbiamo potuto osservare come si forma un vulcano e come si manifesta un terremoto. Ora mettiamo in correlazione questi due fenomeni, ovvero mi concentrerò su terremoti che hanno causato eruzioni vulcaniche e di eruzioni vulcaniche che hanno causato terremoti, il primo fra tutti è il famosissimo monte Sant'Elena (St. Helens in inglese), ecco come si presentava prima dell'eruzione: Illustrazione 14: Monte Sant'Elena prima della fatidica eruzione del 1980 [Fonte: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/8c/Sthelens1.jpg] Ecco come si presentò lo stesso monte dopo l'eruzione vulcanica: 27 Illustrazione 15: Monte Sant'Elena dopo l'eruzione vulcanica [Fonte:http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/dc/ MSH82_st_helens_plume_from_harrys_ridge_05-19-82.jpg] Tutto ebbe inizio alle 15:37 del 20 marzo 1980 un terremoto del magnitudo di 4.1 fu registrato dai sismografi sul monte in questione. Da quel momento i rilevamenti sismici furono intensificati tramite l'utilizzo di nuovi sismografi che rivelano un ulteriore terremoto di magnitudo di 4.0 il 21 marzo. L'eruzione iniziò lentamente il 27 marzo e si concluse il 18 maggio, sempre dello stesso anno, alle 18:30. Il 18 maggio alle 8:32 un ulteriore terremoto, questa volta di magnitudo 5.2, situato sotto il vulcano fece crollare il fianco nord, causando anche una frana che andò a valle. Dopo l'evento vulcanico, diminuirono la quantità di terremoti ma aumentò l'intensità di essi. Un altro esempio di eruzioni vulcaniche causate da terremoti lo si può osservare in Ecuador. Le eruzioni in questione derivano dal vulcano Tungurahua, qui raffigurato: 28 Il 22 aprile di quest' anno un terremoto di magnitudo 4.7 risvegliò il vulcano causando l'emissione di cenere e massi incandescenti. Infine un ultimo esempio di eruzione vulcanica dovuta ad un sisma lo si ha in Birmania dove, il 26 novembre, un terremoto causò un aumento delle temperature nel sottosuolo con conseguenti eruzioni vulcaniche e con una dispersione di materiale pari a 5 ettari di terreno. Infine un altra eruzione vulcanica alquanto distruttiva, importante da citare, è l'eruzione del Krakatoa qui raffigurato prima dell'eruzione: [fonte: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/2a/Krak atoa_01.JPG] 29 e qui è raffigurato dopo l'eruzione: Illustrazione 16: [fonte: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/com mons/4/49/Krakatoa_eruption_lithograph.jp g] Insomma tutti e due i fenomeni, sia vulcanici che sismici, sono alquanto distruttivi e incutono timore nella gente, con la fortuna, che i primi, i fenomeni vulcanici, si possono prevedere mentre i terremoti no. Dato che le eruzioni vulcaniche sono prevedibili e causano terremoti, a volte anche violenti, è possibile mettere in salvo la gente in modo da evitare morti inutili come è stato fatto in molti casi. Pertanto, i terremoti sono ancora un ramo molto inesplorato, del quale non si può prevedere con certezza quando può avvenire. Quindi sarebbe meglio, fino a quando non si arriva ad un punto nel quale è possibile prevedere i terremoti, far sì che si eviti i disastri, come per esempio i crolli degli edifici, insomma come disse Charles Richter: “non sono i terremoti che causano il maggior numero di morti, ma le costruzioni degli uomini”. 30 11. Conclusioni Lavorare a questo lavoro di maturità è stato molto interessante e ringrazio il professor Sposetti per questa fantastica opportunità che mi ha permesso di esplorare il fantastico mondo dei vulcani e dei terremoti. Ho trovato difficoltà soprattuto nel redarre il testo dato che fu soggetto a repentini cambiamenti, spero comunque che sia stato abbastanza chiaro e utile per le generazioni future che intendono seguire il mio stesso cammino. 31 12. Bibliografia – Un'introduzione alla vulcanologia : Magmi Eruzioni Vulcani / Massimo Cortini, Roberto Scandone. - Napoli : Liguori, 1987 – Vulcani : la descrizione scientifica, la genesi, la storia, l'attivita' : 40 immagini dal satellite SPOT / Francoise Girault, Philippe Bouysse, Jean-Philippe Rancon. - Novara : Istituto Geografico De Agostini, c1999 – Catastrofi naturali : eruzioni vulcaniche, alluvioni, terremoti, uragani, tifoni, tsunami / Vittorio Rioda. - Colognola ai Colli : Demetra, 2000. – AAVV "Eruzioni vulcaniche" in Le Scienze quaderni n. 93, dicembre 1996 Milano – Viaggi fra i terremoti / Curzio Malaparte. - Firenze : Vallecchi, 1963 – I terremoti prima del Mille in Italia e nell'area mediterranea : storia, archeologia, sismologia / ING ; a cura di Emanuela Guidoboni. - Bologna : SGA, 1989 – http://www.wikipedia.org/ – http://www.thedayafter.it/2011_04_01_archive.html – http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/articoli/articolo1029346.shtml 32