Prof. Maurizio Dallocchio
Presidente SDA Università Bocconi
LE REGOLE DELLA COMPETITIVITÀ: IL MANIFESTO DELLA QUALITÀ
E DELL’ AUTONOMIA PROFESSIONALE
Spesso dice il relatore di essersi posto il quesito oggi al centro del convengo: come
essere competitivi offrendo prestazioni di qualità.
E per analizzare il problema, ha cercando di dimostrare, anche con dati economici,
come la competizione spinta non sia un bene assolutamente e univocamente da
accettare come tale, difendibile a fronte di qualsiasi attacco e come le dimensioni delle
attività professionali -argomento particolarmente attuale in quella odontoiatrica dove il
72 per cento delle attività vengono svolte dal medico dentista unico professionista
presente nello studiopossano incidere sulla competitività dello studio.
Quando si parla di professioni, dice, si parla di qualche cosa di straordinariamente
importante anche in termini economici.
I professionisti incidono sul prodotto interno lordo mondiale nell'ordine del 6-6,5 per
cento, con varie differenze, ovviamente, da paese a paese. Per fare un paragone il PIL
legato ai prodotti griffati incide per lo 0,4%.
Anche a livello occupazionale le professioni generano dei benefici importanti nell'ordine del 3-3,5% della occupazione mondiale.
Il professionista, in media, genera reddito, genera domanda di beni, genera consumi
e, in essenza, che genera ricchezza per i sistemi nei quali è incastonato. I professionisti sono poi forti pagatori di imposte, per via dei propri redditi.
E se questo quadro può sinteticamente collocare il professionista nel "mondo" economico, due sono i punti secondo il prof. Dallocchio sempre da ricercare e difendere
nello svolgere la sua attività: la qualità delle prestazioni erogate e l'autonomia.
"Non è vero come si legge spesso sui giornali -afferma il relatore- che le nostre professioni sfruttano una posizione di dominio sul mercato, sul consumatore o se preferite sul paziente".
Un pregiudizio, verso i professionisti, che non tiene conto del loro ruolo di tutela verso
l'assistito. Ogni volta che come cittadini ci rivolgiamo ad un professionista, abbiamo la
certezza che la prestazione ricevuta è resa nel nostro interesse.
La certezza di ricevere una prestazione con una qualità minima garantita, che rispetta
i dettati deontologici.
Questo vale per le prestazioni del notaio, del medico, dell'avvocato, del dentista.
E quando si tratta di salute questo valore di garanzia deve essere assoluto. Qualità ed
autonomia sono i termini che Dallocchio giudica come l'essenza di ogni professione. Se
non c'è autonomia non può esserci qualità, afferma.
Stabiliti i valori dell'essere professionista, il relatore sposta l'attenzione sull'argomento
competitività: oggi a seguito della globalizzazione del mercato, particolarmente evocata.
Sbagliato, dice, per quanto riguarda beni e servizi considerare la competizione come
bene da difendere in assoluto; è invece un bene da difendere in modo intelligente e
non dovrebbe essere estremizzata in tutti i campi.
Come consumatore dobbiamo avere la possibilità di giudicare se due beni sono uguali
e stabilito questo sceglieremo, magari, in base al prezzo.
Ma quando parliamo di servizi, diventa più difficile poter confrontare. Spesso, in tema
di servizi, il taglio delle tariffe comporta tagli di spese ma anche di investimenti come
quelli sull'innovazione, sulla ricerca, sul rispetto dell'etica.
Spesso riducendo all'estremo il margine di profitto per trasferirne i benefici sui clienti
finali, si ottiene un bene totalmente indifferenziato.
Chi regola quindi questo mercato, e in Italia sono troppi gli Enti che lo fanno, deve
agire con intelligenza permettendo di investire non solo in funzione della produzione a
basso costo ma anche verso il livello qualitativo.
Se un sistema competitivo controllato può avere un senso per beni e servizi indifferenziati non ha alcun senso nel momento in cui parliamo di servizi professionali ad
altissima qualità ed altamente differenziati.
"Non credo -spiega Dallocchio- che nessuno di noi, come professionista abbia, rispetto
al proprio collega, esattamente lo stesso atteggiamento, posto davanti ad un analogo
problema, nei confronti del medesimo paziente.
E questo evidentemente manifesta un'elevata differenziazione della prestazione. Come
si fa a regolamentare in modo, come dire, rigido ed oggettivo qualche cosa che per
sua natura è differente in termini di qualità, in termini di competenza, in termini di
cultura, in termini di risultato? È totalmente impossibile".
Qualsiasi generalizzazione è pesantemente lesiva della qualità della prestazione erogata.
Perché, evidentemente, se si va verso un meccanismo garante di un unico parametro,
il prezzo per esempio, non ci si può che allineare rispetto ad un unico standard.
Ed il prezzo è un parametro molto sentito, in maniera teorica, nella professione odontoiatrica; svolta principalmente da privati e dove il servizio pubblico non interviene a
differenza di altri paesi.
Ed il relatore usa il termine "teoricamente" perché, dice, quando si vede il problema
impersonalmente si vorrebbe che il dentista avesse un prezzo fisso basso, ma quando
lo si individualizza pensando al proprio dentista, scopriamo che lo stesso paziente è
meno sensibile al prezzo, non ricerca una prestazione standard ma di qualità. Molte
sono le indicazioni che evidenziano come non sia forte la fiducia nella categoria di
dentista da parte dei pazienti, fiducia che diventa assoluta quando però si considera il
proprio.
Ci si scaglia su di un sistema, ma nello stesso tempo il rappresentante del sistema
èrispettato, è credibile e da lui si ricerca la qualità. Per cui, il paradosso, alimentato
sicuramente anche dalla stampa, è che si richiede per sé stessi il massimo della qualità e forse con una elasticità al prezzo molto modesta ma in generale, si è pronti ad
aggredire la categoria.
Anche guadando i modelli assistenziali odontoiatrici attivi negli altri paesi, notiamo
come quello italiano sia a garanzia di qualità. Sopratutto paragonandolo ai modelli che
si basano sulle assicurazioni, sui terzi paganti. I terzi paganti, le assicurazioni,
difendono il proprio conto economico, sostiene Dallocchio, e laddove si introduce uno
standard, laddove si introduce una griglia d'inquadramento, la qualità non può che
scadere.
Una soluzione, avanzata dal relatore per mantenere un buon livello di qualità contenendo i costi, può essere quella di agire sulle dimensioni dello studio professionale.
"Esiste una stretta correlazione fra capacità competitiva e dimensioni", afferma.
La crescita dimensionale comporta sicuramente un maggior potere negoziale nei
confronti dei fornitori, comporta un accentramento delle funzioni che non sono strategiche.
In realtà, per la professione di dentista è strategico svolgere con grande competenza,
con perizia e con un aggiornamento adeguato, una serie di operazioni che sono
concentrate logisticamente e temporalmente sul proprio paziente.
Tutto il resto, a partire dalla gestione dello studio è, come dire, satellitare rispetto alla
operazione principalmente svolta.
Crescendo dimensionalmente, è del tutto evidente che si generano dei benefici, perché servizi estranei a quelli strategicamente svolti, possono essere gestiti in modo
accentrato godendo, di nuovo, dei benefici in termini di economie di scala, economie
di apprendimento ma anche potenziando gli investimenti tecnologici.
Nell'economia, sono i costi fissi a creare problemi di gestione.
Il dentista di oggi, rispetto a quello degli anni 70, è molto più a rischio nella gestione
della sua impresa perché sono aumentati di molto i costi fissi.
Il consiglio conclusivo del prof. Dallocchio è quello di battersi perchè la qualità sia e
continui ad essere il punto focale dell'essere professionisti, perchè l'autonomia possa
continuare ad essere totale.
Ma anche di guardare positivamente verso le aggregazioni, verso la concentrazione,
verso la crescita dimensionale dei propri studi perché, dice, "questo è un argomento
che lascia risorse, che lascia potenza, che lascia un segno positivo nella vostra
economia".