Interazionismo simbolico - Formazione Online

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INTERAZIONISMO SIMBO LICO
Cfr., G. Lapassade, In campo. Contributo alla sociologia qualitativa, tr, it., Pensa MultiMedia,
lecce 1995, pp. 7 e ss..
L’interazionismo simbolico - una delle correnti della sociologia americana - si è sviluppato
grazie all’apporto di due movimenti di ricerca: quello che si aggrega nella Scuola sociologica di
Chicago e quello che si sviluppa a partire dalle suggestioni dei lavori di G. Herbert Mead. Sarà poi
un professore della stessa Università di Chicago, Herbert Blumer, che effettuerà la sintesi di questi
due lavori. Egli scrive:
“La società umana è stata spesso considerata come una forma di interazione simbolica,
anche se una tale prospettiva non ha mai trovato una formulazione compiuta. Affermazioni parziali,
e generalmente sporadiche, si trovano negli scritti di un certo numero di eminenti studiosi, sia fra i
Sociologi che fra i cultori di altre discipline”.
Passiamo ora ad esaminare - sia pure in sintesi - dapprima gli orientamenti della Scuola
sociologica di Chicago ed in seguito l’opera di Mead, per concludere - infine - con la prospettiva di
Blumer.
La Scuola sociologica di Chicago
Il Dipartimento di sociologia di Chicago è stato inaugurato verso la fine del secolo scorso.
Inizialmente, nell‘ambito di questo nuovo dipartimento, la sociologia e l’antropologia non si
presentano ancora come due discipline distinte. Al contrario, nel lavoro sul campo, i sociologi di
Chicago riprenderanno, per applicano allo studio delle società moderne, il metodo degli
antropologi. Questo orientamento è stato definito fra il 1900 e il 1920 dai professori di sociologia
del dipartimento, ed in particolare da Thomas, Park e Burgess.
Thomas ha pubblicato tra il 1918 e il 1920 con Florian Znaniecki un corposo studio dedicato al
“contadino polacco’’ immigrato negli Stati Uniti. Per realizzare questa inchiesta, gli autori hanno
studiato la corrispondenza tra gli immigrati e i loro parenti rimasti nel paese natale, hanno
sollecitato delle biografie di immigrati, esaminato la stampa della comunità polacca negli Stati
Uniti. In breve hanno messo in opera, per dirla con Garfìnkel. una “tecnologia delle inchieste” che
sarà inclusa più tardi nell’ambito della ‘sociologia qualitativa’.
L’utilizzazione delle biografie e dei racconti di vita è dunque uno dei punti forti di questo nuovo
metodo della ricerca antropologica.
Park e Burgess hanno pubblicato nel 1921 un Introduzione alla Sociologia, che rappresenta una
sintesi della Scuola sociologica di Chicago.
Park, che aveva esercitato per lungo tempo la professione di giornalista investigatore, ha
trasferito la sua conoscenza tecnica dell’intervista giornalistica nel campo della sociologia.
evidenziando l’importanza del metodo antropologico per lo studio delle società moderne.
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In un articolo su «la città» pubblicato nel 1915. scriveva:
“Fin qui l’antropologia, la scienza dell’uomo, si è dedicata principalmente allo studio dei popoli
primitivi. Ma l’uomo civilizzato è un oggetto di ricerca assai più interessante, senza contare che è
più facile da osservare e da studiare… I metodi di paziente osservazione realizzati da antropologi
come Boas e Lowie per studiare la vita e le abitudini degli indiani del Nord America possono
applicarsi in modo ancor più produttivo allo studio dei costumi, delle credenze, delle pratiche
sociali e delle concezioni generali della vita che regnano nel quartiere di Little Italy o nel quartiere
del North Side a Chicago”…
I sociologi di Chicago. che volevano studiare la città moderna, sono così diventati i fondatori
dell’antropologia urbana. Per fare questo, hanno puntato la loro attenzione su gruppi
particolarmente rivelatori delle contraddizioni sociali interne alla città.
Essi si ponevano allo stesso tempo dei problemi pratici: fino al 1920 la Scuola di assistenti
sociali dell’Università faceva parte del Dipartimento di sociologia; molti degli insegnanti e degli
studenti di Chicago erano essi stessi operatori sociali.
L’interazionismo simbolico, che è emerso da questa sociologia, svilupperà quest’orientamento.
Gli interazionisti delle generazioni successive dedicheranno molte ricerche a varie forme di
devianza sociale.
Svilupperanno altresì, a livello della “tecnologia della ricerca”, l’orientamento qualitativo delle
prime generazioni, insistendo particolarmente sull’osservazione partecipante, che era stata già
praticata dai pionieri di Chicago prima ancora che fosse teorizzata.
Blumer. che darà alla corrente interazionista il suo nome di battesimo, è stato egli stesso studente
a Chicago…
Il contributo di Blumer
Per Blumer, che ha prodotto una sintesi delle prospettive dei sociologi di Chicago e di Mead,
l’interazionismo simbolico implica tre postulati:
 gli esseri umani agiscono sulle cose in funzione del senso che essi Stessi attribuiscono loro.
L’uomo abita in due mondi diversi: il mondo “naturale”, nel quale è un organismo con
tendenze e istinti e in cui il mondo esterno esiste indipendentemente da lui; e il mondo
sociale, in cui l’esistenza dei simboli, come il linguaggio, gli permette d’attribuire dei
significati agli oggetti;
 questa attribuzione di significati a degli oggetti attraverso dei simboli è un processo continuo.
L’azione non è una semplice conseguenza di attributi psicologici come le “tendenze”, le
“attitudini” o la “personalità”; essa non è semplicemente determinata da fattori sociali esterni
come le strutture o i ruoli sociali, ma risulta da un processo continuo di attribuzione di senso
che si produce sempre sotto forma di flusso e che è soggetto a cambiamenti. L’individuo
costruisce, modifica, assembla, pesa i pro e i contro, e negozia;
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 questo processo si realizza in un contesto sociale. Ogni individuo allinea la propria azione con
quella degli altri. Lo fa mettendosi al posto dell’altro, costruendo da sé degli schemi
interpretativi della reazione probabile dell’altro. Costruisce il modo in cui gli altri possono
volere e possono agire in tale circostanza e il modo in cui egli stesso potrebbe agire, potrebbe
cercare di dirigere le impressioni che gli altri hanno di lui, di rappresentare un ruolo, di
influenzare la definizione della situazione da parte degli altri.
A tutte le forme di determinismo psicologico e sociologico, Blumer oppone una sociologia della
libertà: «Il pensiero sociologico raramente riconosce o tratta le società umane come entità composte
da individui che posseggono un “sé”. Al contrario, esse presuppongono che gli esseri umani, visti
come semplici organismi dotati di una qualche forma di organizzazione. rispondano a delle forze
che agiscono su di essi».
Generalmente, benché non esclusivamente, queste forze vengono individuale nella società, sia in
termini di “sistema sociale”, “struttura sociale”, “cultura”, che in termini di “posizioni sociali”,
“ruoli sociali”, “costumi”, “istituzioni”, “rappresentazioni collettive”, “situazioni sociali”, “norme
sociali” e “valori”.
Si suppone che il comportamento degli individui in quanto membri di una società sia
un’espressione dell’influenza esercitata da tali fattori. Questa è la posizione logica che lo studioso
necessariamente assume quando spiega il comportamento delle persone, con l’uno o l’altro di questi
fattori. Gli individui che costituiscono una società umana vengono considerati strumenti attraverso
cui tali fattori agiscono, per cui l’azione sociale non ne è che l’espressione. Questa prospettiva nega,
o almeno ignora, che gli esseri hanno un “sé”, cioè che essi agiscono per mezzo di indicazioni
rivolte a se stessi…
Tali concezioni, insomma, non considerano l’azione sociale come qualcosa che gli individui
producono per mezzo di un processo di interpretazione. Al contrario: l’azione è considerata un
prodotto di fattori psicologici e sociali che agiscono sugli individui.
Sulla base di questa critica alla sociologia deterministica, definita anche da altri autori
interazionisti come sociologia normativista, positivista, etc., Blumer costruirà una sua originale
teoria della società:
«La società umana dev’essere vista come un insieme di individui agenti e la vita della società
come l’insieme delle loro azioni. Le unità agenti possono essere individui singoli, collettività i cui
membri agiscono per un fine comune o organizzazioni che agiscono per conto di terzi.
Aggiungo che ogni schema di società che pretenda di essere un’analisi realistica non può non
tener conto della constatazione empirica che la società umana consiste di unità agenti.
Inoltre è necessario tenere nella dovuta considerazione le condizioni in cui agiscono tali unità. In
primo luogo l’azione ha luogo entro una situazione e a questa si riferisce, Qualunque sia l’unità
agente - un individuo, una famiglia, una scuola, una chiesa. un’organizzazione economica, un
sindacato, un corpo legislativo, ecc. - l’azione specifica si forma sulla base della situazione entro cui
essa si sviluppa. Ciò porta ad identificare una seconda condizione di grande importanza. e cioè che
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l’azione si forma e si costruisce attraverso l’interpretazione della situazione. L’unità agente deve
necessariamente identificare ciò di cui deve tener conto: i compiti, le opportunità, gli ostacoli, i
mezzi, le domande, i disagi, i pericoli, e così via: essa deve in qualche modo valutarli e decidere
sulla base di questa valutazione.
Tale comportamento interpretativo può essere sia dell’individuo che guida la propria azione, che
della collettività di individui che agiscono di concerto o degli “agenti” la cui attività venga svolta
per conto di un gruppo o di un’organizzazione. La vita di gruppo consiste di unità che agiscono per
mezzo di atti diretti ad affrontare la situazione in cui esse vengono a trovarsi.
Questa concezione dell’azione sociale e del comportamento interpretativo ha delle conseguenze
immediate per la metodologia della ricerca empirica:
“Per capire il processo interpretativo è necessario che lo studioso assuma il ruolo dell’unità
agente che sta studiando. Poiché questa interpreta la situazione in rapporto ad oggetti designati e
valutati, a significati e decisioni acquisite. il processo deve essere visto dal punto di vista delle unità
agenti. E’ il riconoscimento di questo fatto ciò che rende così rilevante il lavoro di ricerca di
studiosi quali RE. Park e W.l. Thomas. Tentare di afferrare il processo interpretativo con
l’atteggiamento distaccato del cosiddetto osservatore “obiettivo”, rifiutando di assumere il ruolo
dell’unità agente. significa mischiare la peggiore forma di soggettivismo: in questi casi è probabile
che l’osservatore oggettivo sostituisca le proprie congetture al processo interpretativo così come
viene sviluppato dall’unità agente».
Questa affermazione di Blumer evidenzia bene l’opposizione tra due atteggiamenti sociologici:
• l’orientamento positivista della sociologia dominante che finisce col sostituire agli
atteggiamenti degli attori i pregiudizi del ricercatore;
• l’orientamento dell’interazionismo simbolico che si sforza, al contrario, di rispettare le
prospettive che gli attori esplicano nei comportamenti quotidiani.
In quest’ultima versione, dunque, il ricercatore si sforza di scoprire le modalità con cui gli attori
istituiscono le situazioni, assumendo egli stesso il ruolo di attore sociale, in quanto osservatore
partecipante.
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