Le informazioni riportate non sostituiscono in alcun modo il parere del medico, hanno solo scopo divulgativo/informativo, devono essere valutate da personale altamente specializzato e riflettono solo l’opinione di scrive (nota dell’autore, Dr. A. Castiglione). Introduzione alla genetica Parlare di geni e genetica può essere molto complesso per i non addetti ai lavori. Questa piccola introduzione ha la scopo di fornire semplici e chiari esempi che possano permettere un rapido orientamento tra nomi scientifici, sigle incomprensibili e mutazioni complesse. Innanzitutto, è opportuno avere bene in mente cosa sia il DNA, com’è organizzato nelle cellule, quali funzioni svolge e quali informazioni è in grado di custodire e tramandare di generazione in generazione. Poi è importante capire la differenza tra una mutazione patologica, una variante genetica o un polimorfismo. Poiché in realtà la maggior parte di medici o specialisti non ha mai visto direttamente il DNA o la trascrizione di un gene, un semplice ragionamento, per quanto astratto, può essere davvero molto utile e dare importanti riferimenti anche a chi non ha modo e tempo di frequentare laboratori o biblioteche. Di tutti gli esempi che ho pensato o che ho trovato sui libri, secondo me, quello che più aiuta una famiglia a capire cosa sia un cromosoma o la differenza tra un gene e un allele, è certamente quello di tipo “enciclopedico”. Secondo questo pratico e semplice modello noi possiamo paragonare il DNA ad una lunghissima sequenza di lettere (le basi azotate) dell’alfabeto ed il codice genetico, alle regole della lingua che è in grado di interpretare questa sequenza. Questa fila lunghissima di lettere è ordinata all’interno di un grosso volume: ogni volume rappresenta un nostro cromosoma. Vi sono tanti volumi quanti cromosomi e tutti insieme, i volumi, compongono la nostra enciclopedia. Ogni gene, di un cromosoma, può essere paragonato alle singole voci enciclopediche: le frasi di queste voci sono gli esoni di un gene ed ogni sillaba, che compone le parole del nostro testo, corrisponde ad una tripletta di basi, cioè corrisponde ad un aminoacido, l’ingrediente essenziale delle nostre proteine. Il DNA: l’enciclopedia della vita Ogni cellula del nostro organismo possiede, normalmente, 46 cromosomi: 23 di origine paterna e 23 di origine materna. Due (X e Y) di questi 46 cromosomi determinano il sesso e sono pertanto detti cromosomi sessuali, uno di origine paterna (X o Y) e uno di origine materna (X o X): la combinazione casuale di questi determina il sesso del nascituro: X paterno con X materno (femmina), Y paterno con X materno (maschio), X paterno con l’altro X materno (femmina), Y paterno con l’altro X materno (maschio). In definitiva, poiché il sesso femminile è determinato dalla presenza di due cromosomi X, la mamma non può che dare uno dei 2 cromosomi X, che avrà ereditato, a sua volta, uno dalla madre e uno dal padre. Attenzione perché il fatto che abbiano lo stesso nome X, non significa affatto che siano identici, sono sicuramente simili in molti aspetti, ma non sono assolutamente identici, non sono cioè una copia esatta dello stesso cromosoma. Agli altri 44 cromosomi (22 di origine paterna e 22 di origine materna) sono stati attribuiti dei numeri (dal numero 1 al 22): quindi noi oltre ai 2 cromosomi sessuali chiamati X e Y, abbiamo 22 cromosomi numerati da 1 a 22 da parte materna e altri 22 cromosomi, sempre numerati dal numero 1 al 22 da parte paterna. Questi numeri, per convenzione, sono accoppiati e non interscambiabili: cioè ad un numero 1 paterno, corrisponde un numero 1 materno e così via, inoltre ogni cromosoma 1 ha delle caratteristiche biochimiche, molecolari, strutturali che lo distinguono dagli altri e che permettono di identificarlo sempre come cromosoma 1. Anche in questo caso però, pur avendo lo stesso nome, pur avendo cose in comune, pur portando informazioni simili, il cromosoma 1 (e questo vale per tutti gli altri cromosomi) materno non è esattamente identico a quello paterno. Le informazioni riportate non sostituiscono in alcun modo il parere del medico, hanno solo scopo divulgativo/informativo, devono essere valutate da personale altamente specializzato e riflettono solo l’opinione di scrive (nota dell’autore, Dr. A. Castiglione). Immaginiamo ora di considerare i cromosomi come i volumi di una grande enciclopedia, un’enciclopedia di 22 volumi, più un’appendice X o Y (i cromosomi sessuali): questa enciclopedia contiente tante informazioni utili, tanti consigli, tanti modi per vivere, crescere, affrontare la vita, difenderci e ci spiega anche come conservare e tramandare ai nostri stessi figli questo indispensabile bagaglio. Ognuno dei nostri genitori ci regala la sua enciclopedia (22 volumi + un’appendice per i caratteri sessuali). Alla fine avremo due enciclopedie simili, ma non identiche, organizzate in maniera analoga, ma non identica, con argomenti equivalenti ma non spiegati nello stesso identico modo, insomma pur essendo molto simili, sono indispensabili entrambi, anche perché non dimentichiamo che le appendici X e Y sono invece completamente diverse tra loro e a ben vedere in queste due enciclopedie (quella del papà e quella della mamma) sono molto più le differenze di quanto non siano le somiglianze, anche se parlano delle stesse cose, ci spiegano le stesse formule e ci descrivono gli stessi stratagemmi. Cerchiamo di capire meglio questa enorme variabilità all’interno della somiglianza. Il codice genetico Adesso che abbiamo un’immagine, per quanto astratta, più vicina alla nostra realtà quotidiana (la nostra enciclopedia) cerchiamo di capire meglio cosa sia un cromosoma, cosa sia il DNA, un gene o il codice genetico. Il DNA è la lunga e continua sequenza di lettere (basi) che noi troviamo nelle pagine della nostra enciclopedia: molto importante perché in definitiva è lì che sono le nostre informazioni, ma una lunga sequenza di lettere, senza una lingua per interpretarle, senza una punteggiatura per distinguerle ci può dire veramente molto poco. Un cromosoma è il modo in cui questa lunghissima sequenza di “lettere dell’alfabeto” viene impacchettata, confezionata e anche conservata formando così un’entità a sé (un volume). Dove sono conservati questi volumi? Trattandosi di libri molto importanti necessitano di un luogo ordinato, sicuro, ma anche semplice da raggiungere per tutte le volte che ne abbiamo bisogno: diciamo che la nostra libreria con i volumi ben ordinati delle nostre enciclopedie, si trova nel nucleo della cellula, nel punto più sicuro delle nostre cellule e ogni cellula ha nel suo nucleo un’intera libreria ben arredata con tutti i suoi 46 volumi, in modo da non doverne mai chiedere uno in prestito ad una cellula vicina. Un gene può essere paragonato ad una voce della nostra enciclopedia, ogni voce spiega in modo più o meno completo ed esaustivo quello che la voce stessa enuncia, dandoci informazioni magari su come utilizzare, costruire o modificare un determinato oggetto. Il prodotto ottenuto dalle informazioni portate e contenute da quella voce enciclopedica (il nostro gene) è una proteina, ecco perché spesso nei testi di genetica, nei referti, sentirete spesso di parlare del gene e della sua proteina. Il gene e il suo prodotto corrispondente (proteina) possono avere nomi molti diversi tra loro, o a volte essere usati in maniera interscambiabile: questo può generare confusione in chi ascolta. Proviamo a spiegare meglio tutti questi passaggi. Mettiamo ad esempio che il nostro organismo abbia fame è che voglia farsi una bella torta! Dove troverà la ricetta per farsi una torta? Nella nostra enciclopedia ovviamente! Come facciamo a sapere dove andare a cercare la nostra ricetta (la voce enciclopedica che ci spiega come fare una torta)? Abbiamo bisogno di segnali, riferimenti, segnalibri. Quanti modi ci sono per organizzare un libro di ricette? Tantissimi, possono essere ad esempio in ordine alfabetico, oppure possono essere divise per portata, oppure per difficoltà, oppure in ordine casuale; potrebbe bastare il numero della pagina per trovare la ricetta che sto cercando, o semplicemente potrebbe andare bene una torta qualsiasi: io ho fame, non m’interessa una torta in particolare basta pescare tra le torte. La nostra enciclopedia della vita è in grado di organizzarsi in tutti questi modi e questo è possibile perché utilizza una serie di segnalibri che permettono alle cellule di trovare subito quello di cui hanno bisogno. Ovviamente si tratta di segnali biochimici, molecolari, ma noi per semplicità pos- Le informazioni riportate non sostituiscono in alcun modo il parere del medico, hanno solo scopo divulgativo/informativo, devono essere valutate da personale altamente specializzato e riflettono solo l’opinione di scrive (nota dell’autore, Dr. A. Castiglione). siamo immaginare delle linguette che escono dai bordi del volume con indicate le lettere, così posso subito andare alla lettera T, oppure posso pensare ad un codice colore: i dolci sono tutti in giallo! Così so subito che lì ci sarà sicuramente qualcosa di buono da mangiare! Posso inoltre pensare che la copia di enciclopedia di origine paterna sia organizzata in modo da dare più enfasi ai numeri delle pagine (un segno ogni 100 pagine), mentre la copia di origine materna dia più risalto alla bontà del dolce (un segnalibro per le voci più importanti, o per quelle preferite), insomma vedete quanti modi ci possono essere per tracciare una semplice ricetta? Ed io posso scegliere: se ho il numero della pagina con la ricetta della mia torta mi converrà seguire il segno lasciato dal mio papà sui numeri di pagina, in altri casi mi converrà seguire i segnalibri che la mamma mi ha lasciato nella sua copia dell’enciclopedia. Ma andiamo avanti: adesso finalmente abbiamo capito in che volume è la nostra ricetta e finalmente siamo pronti per fare la nostra torta! Bene. Uova, zucchero, farina, ingredienti, dosi, tempo di cottura: c’è scritto tutto, anche come smaltire i rifiuti, ma c’è ancora un piccolo problema. Dove si trova la nostra enciclopedia? Nella libreria della cellula che è nel nucleo della cellula, abbiamo detto, ma lì non abbiamo zucchero, uova e farina. Avete mai visto una libreria così importante ed imponente in una cucina? Oppure vi pare che burro uova e zucchero possano stare vicino a volumi tanto pregiati? Come facciamo? Dobbiamo andare in cucina. Quindi via in cucina! Però un momento, non vorrete mica portarvi un grosso volume enciclopedico in cucina, per leggere magari poche righe contenute in una pagina, con in più il rischio di sporcare, ungere e rovinare il prezioso volume! Ma non se ne parla nemmeno! Possiamo fare però una copia del solo gene che ci interessa: ecco una semplice fotocopia della parte che mi serve per fare la torta in cucina, senza rischiare di perdere o danneggiare l’originale. Mi sembra un’ottima idea. La copia del gene che ci interessa tradurre in proteina è detta RNA messaggero. Benissimo, ora fatta la mia copia, posso portarla dritto in cucina, fuori, lontano dalla preziosa libreria! E quante volte posso usare quella copia? Tutte le volte che voglio. Se penso che anche domani rifarò la stessa torta, me la terrò lì in cucina, se invece ritengo che la prossima torta la cucinerò tra un anno, sarà meglio cestinare quel foglio piuttosto che tenerlo lì a non far niente, anzi il termine giusto sarebbe riciclare quel foglio, riportalo magari nella fotocopiatrice e sul retro stampare un’altra ricetta! Ma torniamo alla nostra torta: ora che abbiamo trascritto (copiato) il nostro gene (dal DNA all’RNA messaggero), dobbiamo realizzare il nostro dolce, dobbiamo cioè tradurre (dall’RNA messaggero alla proteina) un codice (una lingua ad esempio è un codice di segni e significati) in un prodotto (il dolce, la nostra proteina) di cui noi possiamo e vogliamo usufruire. La traduzione di ciò che è scritto nel nostro DNA (che noi abbiamo temporaneamente fotocopiato per comodità e sicurezza) segue regole molto precise, perché quello che deve essere fatto con quelle informazioni deve essere molto chiaro. Il codice genetico è quindi il modo in cui il nostro DNA deve essere interpretato e letto per avere le giuste informazioni ed è anche il modo in cui il DNA è organizzato affinché l’interpretazione sia più semplice e lineare possibile. Andiamo a leggere la nostra ricetta e ad un tratto troviamo scritto “ mescolareconmore”. Bene, il testo non presenta interruzioni, per motivi di spazio, così possono entrare più informazioni nella stessa pagina, ma io per fortuna so bene interpretare quello che v’è scritto e posso “separare mentalmente” per arrivare ad un’interpretazione chiara: “mescolare con more”, perché magari la mia ricetta prevede una torta alle more. Però a ben vedere, nonostante la frase sia così piccola e apparentemente inequivocabile, ci potrebbe essere un’alternativa: “mescola re con more”. Io potrei non sapere come si fa una torta, potrei essere un bimbo, che non ha mai fatto una torta e quindi potrei credere o che per fare le torte occorre un “re”, oppure che il “re” sia un ingrediente di cui ignoravo l’esistenza. Ecco che allora bisogna fissare delle regole. Diciamo che le sillabe che compongono le parole della nostra enciclopedia devono essere per forza di tre lettere (triplette di DNA) allora diventerà “mes-col-are”, bene ora so che si tratta di mescolare e non di “mescola Le informazioni riportate non sostituiscono in alcun modo il parere del medico, hanno solo scopo divulgativo/informativo, devono essere valutate da personale altamente specializzato e riflettono solo l’opinione di scrive (nota dell’autore, Dr. A. Castiglione). re”. Qualche volta però si dovrà pure andare a capo o mettere qualche spazio per non generare troppa confusione: quindi potremmo trovare scritto “mescolareconmoreepoi” “mescolareconzucchero”. Ok. Ora possiamo dire che la parte scritta, la nostra sequenza di lettere organizzata in una frase, corrisponde all’ESONE di un gene, mentre la parte bianca, gli spazi (che nel nostro gene sono comunque sempre fatti da DNA e non da spazi vuoti) corrispondono agli INTRONI. Ecco in definitiva come troveremmo scritto il nostro gene: “mes’col’are’con’mor’eee’poi”xxxyyyzzz”mes’col’are’con’zuc’che’roo’xxxyyyzzz” come se fosse ESONE-INTRONE-ESONE-INTRONE. Ora dovrebbe essere più semplice capire cosa significa che un gene è composto da 2 esoni, oppure da 21: sarebbe come dire che la nostra ricetta completa è composta da 2 o da 21 frasi; solitamente questo indica indirettamente che la ricetta (il mio gene, o meglio la proteina che dovrò formare) sarà più o meno complessa. Gene o allele Abbiamo stabilito che ogni voce della nostra enciclopedia, organizzata in volumi, corrisponde a uno dei nostri geni. Quali altri conclusioni possiamo trarre da ciò che fin qui è stato detto? Possiamo intanto immaginare che alcuni geni possano ripetersi in diversi volumi, magari delle voci indispensabili che noi vogliamo avere sempre a portata di mano, come i formulari che si trovano in fondo ai testi di fisica e matematica, o come le tavole periodiche della chimica, o l’elenco dei verbi irregolari inglesi. Possiamo anche a ragione immaginare che alcuni geni pur se non identici, portino informazioni simili: per esempio “lampada” e “lanterna”. Queste voci possono essere sullo stesso cromosoma o su cromosomi differenti. Ma non solo: la stessa voce può essere scritta in due lingue diverse; la nostra ricetta della torta, pur portando allo stesso prodotto, pur utilizzando gli stessi ingredienti, può essere scritta in inglese, francese o italiano. Possono cioè esistere diverse versioni dello stesso gene. Queste diverse versioni prendono il nome di alleli. Quante versioni possono esserci di un gene? In un essere umano di solito possono esserci due versioni dello stesso gene (una versione materna e una paterna), ciò non significa che debbano essere per forza diverse. All’interno di un’intera popolazione, le versioni disponibili di un gene possono essere molte di più: 5-6 anche 10! Come facciamo a capire qual è la versione più diffusa, quella di riferimento, quella per così dire ufficiale? Anche questa può variare, come le lingue: in Italia la versione ufficiale, la più diffusa, sarà quella in italiano, in Francia sarà quella in francese e così via, così come ci potranno essere delle versioni diffuse in tutto il mondo, in inglese ad esempio, che è una delle lingue più parlate al mondo. Per convenzione i genetisti hanno deciso di chiamare l’allele di un gene (cioè la versione di un gene) più diffuso “wild type” (wt). E tutti gli altri? Le altre possono essere considerate varianti alleliche, o polimorfismi o mutazioni, ma più avanti vedremo di spiegare meglio questi termini. Prima cerchiamo di fissare un concetto fondamentale: se l’allele più diffuso in una popolazione è detto wild type, è possibile che con il tempo, un altro allele, dello stesso gene, possa diventare “wild type”, magari perché si diffonde più dell’altro? La risposta è sì. Pensate ai romani: qual era la lingua “wild type” allora? Il latino. Ora è l’inglese se pensiamo alla popolazione mondiale, oppure l’italiano se pensiamo alla nostra penisola. Quindi l’allele di riferimento può cambiare anche modificando la nostra popolazione in esame. Adesso che abbiamo più o meno capito cos’è un allele, possiamo facilmente capire i termini omozigosi ed eterozigosi. Ogni volta che prendiamo ad esempio un gene dobbiamo ricordarci delle due copie dell’enciclopedia (una paterna ed una materna), simili, ma non identiche, e delle possibili versioni del gene in esse contenute. Per la nostra “torta alle more”, il nostro gene, dovremo tener presente due copie in due possibili versioni “torta alle more paterna” e “torta alle more materna”. Se le due versioni delle due copie Le informazioni riportate non sostituiscono in alcun modo il parere del medico, hanno solo scopo divulgativo/informativo, devono essere valutate da personale altamente specializzato e riflettono solo l’opinione di scrive (nota dell’autore, Dr. A. Castiglione). del gene sono identiche allora si parla di OMOZIGOSI, se sono diverse si parla di ETEROZIGOSI, pur riferendosi allo stesso gene. Quindi: stesso gene alleli diversi tante combinazioni. Varianti, polimorfismi e mutazioni Rimaniamo sulla “torta alle more”. Quante varianti della stessa ricetta ci potranno essere? Tante, infinite. Ad esempio una “torta alle more” potrà avere la frutta a pezzi, un’altra la frutta frullata, una ricetta suggerirà qualche mora sopra, un’altra solo more in mezzo. Tutte varianti della stessa ricetta e della stessa torta ed in definitiva tutte buonissime. Ma alcune varianti non portano sempre a risultati accettabili, così come è possibile che delle varianti migliorino la ricetta originale (wild type). Pensiamo ad esempio, che per qualche motivo, magari per un semplice errore di stampa, in una delle nostre copie non ci sia scritto “mescolareconmore”, ma “mescolareconmora”. Una sola lettere può modificare l’interpretazione di tutta la frase: nel secondo caso difatti potremmo intendere con una sola mora, o nella migliore delle ipotesi con il frutto mora, cioè senza intendere una quantità precisa, con il sapore mora. In questo caso poco male perché alla fine sempre di torta alle more si tratterà, magari meno gustosa, ma in sostanza sarà mangiabile come le altre. Poniamo però il caso che invece di “mescolare con more”, dovessimo trovare scritto (o magari dovessimo sbagliare noi leggendo) “mescolare con amore”. Molto bello, interessante, magari anche meglio delle more, ma senz’altro il sapore della torta potrebbe essere molto diverso. Eppure, se gli ingredienti fondamentali della torta rimangono “zucchero, uova e farina”) non si può certo negare che quella torta, mescolata con amore, possa egregiamente svolgere il suo compito di dolce. Tutte queste sono “varianti”, cioè sequenze diverse di DNA, all’interno del nostro gene. Non tutte le varianti però sono così innocue: “mescolare con mare”, ad esempio. Beh, questa volta mescolare i nostri ingredienti con l’acqua di mare potrebbe compromettere tutto il risultato, e ammesso che si riesca ad arrivare a creare una torta mescolandola con l’acqua di mare, il sapore potrebbe essere davvero disgustoso e quel dolce immangiabile. Per fortuna ci può soccorrere la copia della ricetta sull’altra enciclopedia (vi ricordate? Ne abbiamo due) che potrebbe contenere la versione corretta della ricetta e quindi comunque non ci sarà impossibile gustare un buon dessert. Ma se anche l’altra copia fosse danneggiata, magari proprio con la stessa versione errata della ricetta, oppure con un’altra versione “mescolare con muro”, in grado di portare in modo diverso a “torte alle more” francamente non edibili? A quel punto non avremo più la possibilità di assaggiare una gustosa “torta alle more” perché tutte le copie del nostro gene sono inutilizzabili. In conclusione e molto semplicemente, potremmo definire una variante del gene, un allele che non compromette il prodotto, il polimorfismo sempre come una variante della sequenza del gene, ma che, pur non stravolgendo il prodotto, ne altera qualche caratteristica, con ripercussioni possibili e difficilmente quantificabili sull’uso del prodotto; infine una mutazione è quella che porta ad un prodotto con caratteristiche decisamente diverse dall’originale. Varianti, polimorfismi e mutazioni rispondono anche a regole di frequenza nella popolazione: così come abbiamo detto che il wild type è la versione di un gene più diffusa nella popolazione, possiamo affermare che le varianti sono altre versioni, meno diffuse ma piuttosto comuni, i polimorfismi sono invece rari e le mutazioni sono rarissime. Anche per wild type, varianti, polimorfismi e mutazioni vale il concetto di omozigosi ed eterozigosi così come espresso in precedenza: se le copie delle nostre ricette sono mutate su entrambe i volumi delle nostre enciclopedie (quello del papà e quello della mamma) allora la nostra mutazione sarà in OMOZIGOSI, se invece una sola copia è mutata, sarà in ETEROZIGOSI SEMPLICE, in ultimo se entrambe saranno mutate, ma in modo diverso (sull’enciclopedia del papà c’è scritto “mescolare con mare” e sull’enciclopedia della mamma “mescolare con muro”) si parlerà di ETEROZIGOSI COMPOSTA. Le informazioni riportate non sostituiscono in alcun modo il parere del medico, hanno solo scopo divulgativo/informativo, devono essere valutate da personale altamente specializzato e riflettono solo l’opinione di scrive (nota dell’autore, Dr. A. Castiglione). Questa è di fatto una descrizione più o meno accurata del nostro genotipo, cioè di ciò che è sommariamente scritto, per una data voce enciclopedica, nei volumi delle nostre enciclopedie. Ciò che invece si otterrà da ciò che è scritto, viene identificato del termine fenotipo, cioè come il genotipo si manifesterà nell’organismo. Dominanza e recessivita Negli esempi precedenti abbiamo visto come piccole variazioni del DNA possano portare anche a conseguenze importanti e come il nostro gene “torta alle more”, del gruppo delle torte, della grande famiglia dei dolci, possa produrre tutto fuorché una torta. Fortunatamente abbiamo visto anche che, se una copia del gene “torta alle more” è compromessa, utilizzando l’altra copia, ammesso che questa non sia compromessa, è comunque possibile arrivare a fare una torta alle more. Ci sono delle condizioni però che non permettono di ottenere delle proteine se si dispone di una sola copia corretta del gene, oppure possono esserci proteine difettose, ottenute a partire da DNA con informazioni sbagliate, che possono impedire l’utilizzo della versione corretta del gene, presente sull’altro cromosoma. Come in definitiva si valuta la somma e la differenza di questi effetti? Sul fenotipo. Se un carattere prevale su un altro questo carattere sarà DOMINANTE, se invece il carattere è in grado di manifestarsi solo quando l’altro carattere, dominante è assente, allora il carattere sarà RECESSIVO. Attenzione però perché il carattere dominante e recessivo può essere determinato o da varianti dello stesso gene (alleli) oppure dall’espressione di un gene che di fatto copre il prodotto di un altro gene. Torniamo all’esempio della “torta alle more”: “mescolare con mare” porta a torte non buone e non mangiabili, ma per fortuna, nel caso in cui l’altra copia del gene non sia alterata, ciò non ci impedirà di saper fare delle buone torte alle more, basterà attingere alla ricetta giusta. Mettiamo però che nella nostra cucina, non ci siano abbastanza ingredienti per fare due torte e che tutto lo zucchero e tutta la farina siano state consumate per fare la “torta con mare”. In questo caso il risultato definitivo, DOMINANTE, potrebbe essere quello di non riuscire comunque a fare una torta. Se invece abbiamo abbastanza ingredienti, solo nel caso in cui entrambe le copie siano alterate con la ricetta “mescolare con mare”, non si riuscirà a produrre una torta degna di questo nome, manifestandosi cioè come carattere RECESSIVO. I geni della sordita Ora che abbiamo un po’ giocato con termini ed esempi è arrivato il momento di fare il grande salto, di imparare a parlare il linguaggio dei grandi, è arrivato il momento di usare una terminologia più appropriata e scientifica. Torneremo ai nostri cari ed elementari esempi solo per le situazioni più complesse o per rinfrescare qualche concetto. Iniziamo introducendo delle sigle, dei nomi. Le due sigle con le quali dovrete più familiarizzare sono GJB2 e SLC26A4. Cosa sono queste sigle? Sono i nomi che i ricercatori/biologi/medici/ hanno dato a due geni, sono cioè due delle migliaia di voci contenute nei volumi delle nostre enciclopedie, anzi, nei nostri cromosomi. Il primo GJB2 si trova nel cromosoma 13 (vol. 13 dell’enciclopedia) e di questo gene (costituito da due esoni) ognuno di noi ha due copie, o meglio due versioni, due alleli, uno sul cromosoma 13 di origine paterna e uno sul cromosoma 13 di origine materna. Il gene SLC26A4 si trova sul cromosoma 7. Per pura convenzione i geni umani vengono indicati con sigle in MAISCUOLO E IN CORSIVO. Cosa producono questi geni? Prima dovremmo chiederci a quale gruppo o famiglia appartengono. Vi ricordate la torta di more? Fa parte del gruppo delle torte, che rientra nella famiglia dei dolci. Anche per i geni vale qualcosa del genere. È importante però tenere presente che il fatto di appartenere ad un gruppo, non vuol dire che i geni siano raggruppati, il fatto di appartenere ad una stessa famiglia non vuol dire che i geni siano Le informazioni riportate non sostituiscono in alcun modo il parere del medico, hanno solo scopo divulgativo/informativo, devono essere valutate da personale altamente specializzato e riflettono solo l’opinione di scrive (nota dell’autore, Dr. A. Castiglione). tutti sullo stesso cromosoma. Dunque, il gene GJB2 (che sta per Gap Junction Protein B 2), porta alla sintesi di una proteina del gruppo B appartenente alla famiglia delle giunzioni cellulari, tale proteina è detta connessina 26 (il numero 26 viene dal peso molecolare della proteina che è di circa 26 kiloDalton, kD). Quindi connessina è il nome generico che si dà alle proteine ottenute da questa famiglia di geni, mentre il peso molecolare identifica i geni ed i loro prodotti, raggruppati differentemente in base a caratteristiche chimico-fisiche. Spesso sentirete parlare in modo intercambiabile di GJB2 e connessina, come se fossero la stessa cosa e questo più che altro per motivi pratici, per comodità. Di fatto sono due cose nettamente distinte: GJB2 è il gene (ricetta), connessina 26 è il prodotto del gene, una proteina (torta) di 226 aminoacidi. Sebbene questa rimarcatura possa sembrare accademica e poco utile, non è assolutamente così soprattutto tenendo conto di quanto segue: il gene è trascritto in mRNA (RNA messaggero) e poi tradotto in proteina. Un difetto della proteina può originare da un difetto in uno qualunque di questi passaggi: ciò significa che avere un gene integro o non mutato non esclude la possibilità di avere una proteina non funzionante o non utilizzabile, così come avere un gene mutato non necessariamente impedisce la funzione della proteina e soprattutto non necessariamente si traduce in malattia. Ecco perché è molto importante distinguere tra genotipo (ciò che il DNA dice) e fenotipo (c’è che il corpo manifesta). Il gene SLC26A4 (Solute Carrier Protein 26 A 4) è il quarto membro del gruppo A, della famiglia 26 delle proteine responsabili del trasporto di soluti e porta alla sintesi della proteina pendrina. Il gene è localizzato sul cromosoma 7 ed è molto più grande di quello della connessina, è costituito infatti da 21 esoni (ecco perché le indagini di tale gene sono molto più lunghe e costose) che portano ala formazione di una proteina di 780 aminoacidi. Questi due geni, GJB2 e SLC26A4, sono ritenuti, quando mutati, responsabili della maggior parte delle ipoacusie su base genetica. Le proteine sono entrambe ampiamente presenti a livello cocleare (e non solo) dove ricoprono ruoli importanti: proteine non funzionanti possono portare alla perdita uditiva (e non solo). Ovviamente sono tantissimi altri i geni potenzialmente responsabili d’ipoacusia: si ritiene che siano più di 100 i geni potenzialmente coinvolti nell’ipoacusia e oltre 400 sono le sindromi, i possibili quadri clinici con i quali mutazioni di questi geni si possono manifestare. Quando il fenotipo è caratterizzato solo dall’ipoacusia, si parla di forma non sindromica di ipoacusia, quando invece l’ipoacusia rientra in quadro più complesso che coinvolge altri organi e apparati con altre manifestazioni cliniche, allora siamo di fronte ad una forma sindromica. Non necessariamente però una forma non sindromica è meno grave di una forma sindromica o viceversa. Ogni caso va valutato a sé, anche in presenza del coinvolgimento degli stessi geni, anche in presenza della stessa identica mutazione in due soggetti diversi. Questo concetto prende il nome di variabilità fenotipica ed è geneticamente descritto dalla PENETRANZA e dalla ESPRESSIVITÀ. In breve, la penetranza esprime quanto un gene riesce a manifestarsi in una popolazione, l’espressività si riferisce invece a quanto un carattere di un gene si “esprime” appunto, con quale intensità, in un individuo.