Emocromatosi genetica

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EMOCROMATOSI GENETICA
G. Forte, G. Biscaglia, F. Terracciano, F.R. de Filippo
DEFINIZIONE
L'emocromatosi genetica è una malattia ereditaria caratterizzata da un progressivo
accumulo di ferro nell'organismo.
Si possono distinguere:
Emocromatosi HFE-correlata (emocromatosi classica o tipo 1), dovuta a mutazioni
del gene HFE, il cui prodotto controlla il passaggio del ferro dagli enterociti al sangue;
Emocromatosi non HFE-correlate, che raggruppano le forme giovanili (tipo 2 a e
b), legate in parte a difetti a carico della emojuvenilina e in parte a un difetto a carico
del gene per la epcidina, e le forme dell’adulto (tipo 3 e 4) determinate da mutazioni
del gene del recettore 2 della trasferrina (TfR2), e di quello per la ferroportina 1
(Fpn1).
Classificazione OMIM
Tipo
Proteina alterata
Localizzazione
Esordio
I
HFE
6p
Adulto
IIa
Emojuvenilina
(HJE)
1q21
Giovanile
IIb
Epcidina (Hpd)
19
Giovanile
III
Recettore 2
trasferrina (TfR2)
7q22
Adulto
IV
Ferroportina 1
(Fpn1)
2q32
Adulto
Esistono altre forme di sovraccarico di ferro geneticamente determinate che vanno distinte
dall'emocromatosi in termini di eziopatogenesi, ma che conducono a complicanze cliniche
simili: il sovraccarico di ferro da eritropoiesi inefficace, come quello che si realizza in corso
di sindromi talassemiche e nelle anemie diseritropoietiche ereditarie, il
sovraccarico di ferro da aceruloplasminemia congenita e il sovraccarico di ferro da
ipotrasferrinemia ereditaria.
La maggior parte delle conoscenze relative alla clinica, alla diagnosi e alla terapia
dell'emocromatosi genetica sono desunti dagli studi sulla forma classica e buona parte di
questi dati può essere applicata anche alle altre forme di emocromatosi.
CLINICA
L' emocromatosi classica, a trasmissione recessiva, esordisce più frequentemente tra la
quarta e la quinta decade di vita. E’ possibile riscontrare all’anamnesi una storia familiare di
patologie epatiche o cardiache non legate ad altra causa. Il quadro clinico è dato
dall’interessamenti di più distretti, qui di seguito riepilogati:
cute
fegato
pancreas endocrino
cuore
iperpigmentazione
epatopatia cronica, epatocarcinoma su cirrosi
diabete mellito
cardiomiopatia, scompenso cardiaco
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EMOCROMATOSI GENETICA
gonadi
ipogonadismo
ipofisi
ipopituitarismo
articolazioni
artropatia
La probabilità di manifestare fenotipicamente la malattia è dieci volte maggiore nei maschi
rispetto alle femmine. La penetranza della malattia, viene calcolata attorno al 50%.
L' emocromatosi giovanile (tipo 2) si manifesta, in genere, prima dei trent'anni e con
complicanze più severe soprattutto a carico di ipofisi (ipopituitarismo), gonadi
(ipogonadismo) e del cuore (cardiopatia dilatativa, morte improvvisa, scompenso cardiaco).
Le altre forme di emocromatosi sono più rare, ma presentano quadri clinici simili
all'emocromatosi classica.
DIAGNOSI
L'obiettivo è quello di identificare soggetti affetti prima che si sviluppino i danni conseguenti
all'accumulo di ferro.
TEST BIOCHIMICI
Il sospetto che un paziente possa essere affetto da emocromatosi genetica si può basare su a
test biochimici di comune esecuzione:
-
saturazione della transferrina
-
ferritina sierica
La saturazione della transferrina è l'esame di 1° livello per l'emocromatosi di tipo 1, 2 e 3.
E' semplice, poco costoso e sensibile; corrisponde al rapporto tra la sideremia e la capacità
della transferrina di legare il ferro (capacità ferro legante totale); tuttavia in molti laboratori la
capacità ferro legante totale non viene misurata direttamente, ma viene dedotta dalla
concentrazione della transferrina circolante dopo correzione per una costante (mg di
transferrina moltiplicati per 1,24):
Sideremia
Saturazione della transferrina = --------------
(%)
TIBC
=
Sideremia
-----------------------------Transferrinemia X 1,24
Il cut-off prescelto sulla base dei dati disponibili in letteratura è 45%.
In due forme di sovraccarico di ferro geneticamente determinato, la percentuale di saturazione
è sempre (aceruloplasminemia) o spesso (emocromatosi di tipo 4) normale. In questi casi è la
ferritina il primo indice dello stato del ferro ad aumentare.
La ferritina sierica misura l'entità del sovraccarico di ferro: andrebbero valutati criticamente
valori > 300 µg/L nella donna e > 400 µg/L nell'uomo; tuttavia i valori limite della ferritina
variano in funzione dell'età e del sesso dell'individuo in esame, in particolare nella donna in età
fertile o nell'infanzia.
Se il sovraccarico di ferro è in fase iniziale, la ferritina può essere normale. Nel caso di
ferritina elevata (in presenza di una saturazione della transferrina normale), vanno escluse
tutte le cause che possono determinare un incremento aspecifico della ferritina: stati
infiammatori acuti e cronici, neoplasie, sindrome iperferritinemia-cataratta, abuso alcolico,
necrosi tissutali ed in particolare epatica).
TEST GENETICI
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Valori di saturazione della transferrina e di ferritina alterati, non spiegabili con una patologia
nota, impongono un approfondimento diagnostico mediante i test genetici disponibili.
L’analisi molecolare del genoma prevede come primo step lo studio di un gene HFE. Si
conoscono numerose mutazioni a carico di questo gene: alcune di queste sono responsabili di
semplici sostituzioni, altre portano alla sintesi di proteine tronche. In ogni caso si realizza
un’alterazione funzionale della proteina che funziona male e lascia passare più ferro. Le
principali alterazioni ad oggi note sono riportate qui di seguito.
Alterazioni HFE
Abbreviazione
Cys282Tyr
C282Y
Hys63Asp
H63D
Ser65Cys
S65C
Glu168Stop
E168X
Trp169Stop
W169X
Molte delle mutazioni ad oggi identificate sono rare e private (una per ciascun nucleo
familiare): uno screening mutazionale richiede pertanto l’analisi di sequenza dell'intero gene
anziché l’utilizzo di sonde di DNA per la ricerca di mutazioni note.
Attualmente esistono in commercio test per identificare alcune delle mutazioni HFE descritte in
letteratura. E' necessaria un'analisi dei costi e delle frequenze delle varie mutazioni per
stabilire l'utilità di eseguire un unico test omnicomprensivo rispetto all'esecuzione di un'analisi
in sequenza (partendo dalle mutazioni maggiori C282Y e H63D e aggiungendo via via le altre
mutazioni nei casi con genotipo incompleto). L'analisi di tutte le mutazioni del gene HFE
conferma la diagnosi nell'80% circa dei casi in Italia.
E' importante ricordare che l'emocromatosi non dovrebbe essere diagnosticata od esclusa solo
sulla base del risultato del test genetico. Questa considerazione si basa sulla dimostrata
esistenza di individui con genotipo a rischio senza espressione di sovraccarico di ferro e di
forme di emocromatosi non correlate al gene HFE, alcune delle quali ancora non definibili dal
punto di vista genetico.
BIOPSIA EPATICA
Una biopsia epatica con valutazione del ferro parenchimale è indispensabile per la diagnosi in
quella parte di casi fenotipicamente emocromatosici (con biochimica suggestiva) ma non
portatori di una mutazione maggiore o comunque identificabile.
Il sovraccarico di ferro può essere valutato semiquantitativamente, mediante i metodi di Perls
e Tirmann-Schmelzer, oppure quantitavamente, determinando la concentrazione epatica di
ferro (hepatic iron concentration – HIC - v.n.<150mg/100g di tessuto secco).
Nei casi geneticamente definiti la biopsia epatica ha un insostituibile valore prognostico poiché
permette di definire l'esistenza di una fibrosi o cirrosi epatica e quindi stabilire le modalità del
follow-up.
TERAPIA
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La terapia dell’emocromatosi consiste nel rimuovere il ferro in eccesso fino a raggiungere la
ferrodeplezione (assenza di depositi di ferro) o la normalizzazione dei depositi di ferro. Ciò può
essere ottenuto mediante talassoterapia o terapia ferrochelante.
La talassoterapia consiste nella aferesi di una quantità di sangue equivalente a quello di una
trasfusione (con un salasso di 350 mL si rimuovono circa 175 mg di ferro), sino ad una
marcata diminuzione della ferritina. I pazienti con sovraccarico di ferro hanno una grande
disponibilità di ferro in eccesso. Questa grande quantità di ferro, depositata in gran parte nel
fegato, viene rapidamente messa a disposizione per costruire nuovi globuli rossi, cosicché i
pazienti con emocromatosi sono in grado di sostenere un ritmo di salassi settimanali, senza
sviluppare anemia. La terapia va impostata con ritmo settimanale, eccetto in casi specifici
(pazienti con sovraccarico di ferro lieve, di età superiore ai 60 anni), in cui deve essere
quindicinale. Il salasso stimola anche l'assorbimento del ferro a livello intestinale, per cui un
regime di salassi troppo blando, dilazionato nel tempo, si accompagnerebbe ad un
contemporaneo riaccumulo di ferro che vanificherebbe in gran parte la terapia.
Nell'emocromatosi classica la diminuzione dei valori di ferritina precede quella della
percentuale di saturazione della transferrina. Ciò è dovuto al fatto che prima viene rimosso il
ferro depositato nei tessuti, di cui la ferritina costituisce l'indicatore, e solo successivamente
comincia a diminuire il ferro circolante nel sangue e di conseguenza anche la saturazione della
transferrina. Quando il valore di ferritina scende sotto i 50 mg/L e la percentuale di saturazione
della transferrina sotto il 30%, si può dire che il paziente è ferrodepleto. Raggiunti questi valori
il paziente viene inserito in un regime di mantenimento variabile da individuo a individuo (da 2
salassi a 10 salassi annui) per mantenere il risultato ottenuto; tale regime che va continuato
fino ad età avanzata. L'efficacia della salassoterapia nei pazienti con emocromatosi viene dagli
studi di sopravvivenza. Dopo 10 anni di osservazione, la sopravvivenza è del 95% nei pazienti
trattati contro il 10% dei pazienti non trattati Nei pazienti senza cirrosi trattati con regolare
salassoterapia, la sopravvivenza a 20 anni è del tutto sovrapponibile a quella dei soggetti
normali. I pazienti con emocromatosi, nel rispetto degli specifici criteri di restrizione alle
donazioni di sangue, possono effettuare la terapia nei centri trasfusionali.
La terapia ferro-chelante, di maggior complessità e minore efficacia, limita il suo utilizzo a
situazioni specifiche in cui esiste una controindicazione assoluta alla salassoterapia (anemia
associata all'emocromatosi, cardiopatia, cirrosi di grado avanzato); sono disponibili la
desferrioxamina (Desferal), somministrabile per via parenterale, e il deferiprone (Ferriprox).
La desferrioxamina, disponibile in flaconcini da 500mg la cui posologia va calcolata in base al
peso corporeo (20-40 mg/Kg/die), può essere somministrato per via sottocutanea oppure per
via endovenosa lenta, previa opportuna diluizione. Tra gli effetti collaterali più importanti
ricordiamo: fenomeni di ipersensibilità, disturbi visivi e uditivi.
Il deferiprone è un chelante somministrabile per via orale disponibile in compresse da 500mg
al dosaggio di 75 mg/Kg/die. E’ stato studiato in pazienti affetti da talassemia maior (ßtalassemia) con accumulo di ferro post-trasfusionale che non avevano risposto bene alla
terapia con la desferrioxamina. Nella maggior parte di questi pazienti si sono osservate
significative riduzioni dei livelli di ferritina nel sangue e una riduzione significativa della
concentrazione di ferro nel fegato (valutato con la biopsia epatica). Attulamente per il suo
utilizzo esistono precise condizioni d’impiego: allergia alla desferrioxamina, tossicità della
desferrioxamina, opportuna l'associazione con la desferrioxamina. In ogni caso l’utilizzo del
deferiprone è da considerarsi sperimentale nelle forme di sovraccarico marziale non
trasfusionale.
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EMOCROMATOSI GENETICA
BIBLIOGRAFIA
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