UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA Scuola di Dottorato di Ricerca in Medicina e Chirurgia BIOTECNOLOGIE BIOMEDICHE X ciclo nuova serie LA NAD CHINASI, ENZIMA CHIAVE DELLA BIOSINTESI DEL NAD(P) + IN MYCOBACTERIUM TUBERCULOSIS, QUALE TARGET PER LA PROGETTAZIONE RAZIONALE DI NUOVI INIBITORI AD ATTIVITA’ ANTIBIOTICA Dottorando Docente guida Dott. Samuele Agostinelli A.A. 2008/09-2010/11 Prof. Giulio Magni Indice INDICE 1 INTRODUZIONE 4 1.1 La tubercolosi 4 1.1.1 Cenni storici ed epidemiologici 4 1.1.2 Caratteristiche biologiche di M. tuberculosis 6 1.1.3 Caratteristiche genetiche di M. tuberculosis 8 1.1.4 Il trattamento farmacologico della tubercolosi e lo s viluppo di ceppi multiresistenti 9 + 1.2 Enzimi della biosintesi del NAD(P) come target per lo sviluppo di nuovi antibiotici 11 1.3 Biosinte si del NAD(P) + 13 1.3.1 Via de novo 13 1.3.2 Vie di recupero 1.4 Le funzioni cellulari del NAD(P) 14 + 1.5 L’enzima NAD china si 16 18 1.5.2 Proprieta’ molecolari e cinetiche 19 1.5.3 Proprieta’ strutturali 25 1.6 C5orf33: una putativa nad chinasi 29 1.7 Progettazione di inibitori mediante Structure-Ba sed Drug De sign 32 2 MATERI ALI E METODI 35 2.1 Clonaggio ed espressione dei geni nadF, hnadk e c5orf33 35 2.1.1 Vettori plasmidici di clonaggio e di espressione 35 2.1.2 Clonaggio dei geni c5orf33, nadF e hnadk in E. coli 40 2.1.3 Espressione delle proteine C5orf33, mtppnk e hNADK in E. coli 41 2.2 Determinazione dell’attività enzimatica 42 2.2.1 Saggio spettrofotometrico continuo 42 2.2.2 Saggio in HPLC 43 2.3 Purificazione delle proteine C5orf33, mtppnk e hNADK 44 2.3.1 Purificazione dell’enzima mtppnk 44 2.3.2 Purificazione dell’enzima hNADK 45 2.3.3 Purificazione della C5orf33 45 2.4 La resina di affinità NiNTA 46 2.5 Analisi elettroforetiche 47 2.5.1 Elettroforesi in condizioni denaturanti su gel di poliacrilammide (SDS -PAGE) 47 2.5.2 Western Blot 48 3 RISULTATI E DIS CUSSIONE 50 3.1 La NAD china si da M. tuberculosi s (mtppnk) 50 3.1.1 Clonaggio ed espressione del gene nadF in E. coli 50 3.1.2 Purificazione della proteina ricombinante 51 2 Indice 3.2 La NAD china si umana (hNADK) 53 3.2.1 Clonaggio ed espressione del gene hnadk in E. coli 53 3.2.2 Purificazione della proteina ricombinante 53 3.3 La proteina C5orf33 57 3.3.1 Clonaggio ed espressione del gene c5orf33 in E. coli e purificazione della prot eina ricombinante 3.3.2 Saggi di valut azione dell’attività NAD chinasica 3.4 Saggi di inibizione dell’attività NAD china sica + 3.4.1 Analoghi del NA D 57 57 60 60 3.4.1.1 Modifiche del 2’-OH della porzione adenilica 62 3.4.1.2 Sostituzione della nicotinammide 64 3.4.1.3 Analoghi della di -5’-tioadenosina 68 3.4.2 Analoghi del polifosfato 76 3,4,3 Diadenosine n-fosfato 78 3.5 Analisi di Modeling Molecolare 83 4 CONCLUSIONI 89 5 BIBLIOGRAFIA 96 3 Introduzione 1 1.1 1.1.1 INTRODUZIONE La tubercolosi Cenni storici ed epidemiologici La tubercolosi (TB) è causata dal Mycobacterium tuberculosis, che venne identificato e descritto il 24 marzo 1882 da Robert Koch che per questa scoperta ricevette il Premio Nobel per la Medicina nel 1905 [1]. Koch non credeva che la tubercolosi bovina, causata dal Mycobacterium bovis, e quella umana fossero simili, il che ritardò il riconoscimento del latte infetto come fonte di infezione. Nel 1890 Koch annunciò un estratto, in glicerina, del micobatterio come "rimedio" per la TB, chiamandolo tubercolina. Non era efficace, ma venne adottato in seguito come test per la tubercolosi pre-sintomatica [2]. Il primo vero successo nell'immunizzazione contro la tubercolosi venne sviluppato da Albert Calmette e Camille Guérin a partire da un ceppo attenuato di M. bovis. Questo ceppo, ottenuto attraverso una serie di passaggi in coltura durati molti anni a partire dal 1908 [3], fu finalmente capace di fornire protezione contro M. tuberculosis. Il vaccino era chiamato "BCG" (Bacillo Calmette-Guérin) e venne utilizzato per la prima volta sulle persone nel 1921 in Francia, ma solo dopo la seconda guerra mondiale ricevette un ampio consenso anche negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Germania [4]. La tubercolosi, o "consunzione" come veniva comunemente chiamata, ebbe una larga diffusione nel XIX secolo fino ad assumere un carattere endemico agli inizi del secolo successivo, colpendo soprattutto i ceti più poveri della popolazione. Nel XX secolo la tubercolosi uccise circa 100 milioni di persone [5]. Miglioramenti delle condizioni igienico-sanitarie della popolazione ridussero l’incidenza della malattia ancor prima dell'arrivo degli antibiotici, anche se la tubercolosi continuò a rappresentare una considerevole minaccia alla salute pubblica, tanto che, quando nel 1913 il Medical Research Council venne formato nel Regno Unito, il suo scopo principale fu la ricerca sulla tubercolosi. Fu solo nel 1946, con lo sviluppo dell'antibiotico streptomicina, che un trattamento efficace e una cura divennero possibili [6]. Si scoprì infatti la sensibilità del batterio alla streptomicina, successivamente all’isoniazide ed infine, nel 1965, alla rifampicina [7]. Nei primi anni di trattamento con gli antibiotici si ebbe un rapido declino della malattia, ma la speranza che la tubercolosi potesse essere definitivamente sconfitta venne vanificata negli anni ottanta dal fenomeno dell'insorgenza dei ceppi resistenti agli antibiotici, che interessò non solo i Paesi in via di sviluppo ma anche quelli industrializzati. Il risorgere della tubercolosi costrinse nel 1993 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) a dichiarare lo stato di emergenza globale della salute pubblica, per l’enorme carico 4 Introduzione sanitario, economico e sociale che accompagnava tale fenomeno. La TB è, infatti, ancora oggi trattata con strumenti diagnostici e farmaci di vecchia concezione, mentre una diagnosi precoce e l’uso di trattamenti adeguati e innovativi potrebbero incidere significativamente sulla riduzione della malattia. Un fattore ulteriore che contribuì al ritorno della malattia fu la nuova emergenza del virus dell’immunodeficienza umana (HIV). La TB tende ad interagire in modo drammatico con il virus HIV e la combinazione delle due infezioni è letale: una malattia accelera il decorso dell’altra. L’HIV indebolisce il sistema immunitario: infatti esiste una forte correlazione tra lo sviluppo della malattia e l’indebolimento delle difese immunitarie. La maggior parte delle persone contagiate dal micobatterio non sviluppano subito la malattia perché il sistema immunitario riesce a tenere sotto controllo l’infezione. Chi è sieropositivo, e viene infettato dal M. tuberculosis, si ammala di TB molto più facilmente di chi è infetto ma non sieropositivo. La TB è infatti la principale causa di morte tra le persone sieropositive. In Africa, l’HIV è il fattore che di fatto ha determinato l’incremento d’incidenza della TB negli ultimi 10 anni. Secondo quanto riporta il “Global tuberculosis control 2011” dell’ Oms, si stima che 1,1 milioni di casi di tubercolosi verificatisi nel 2010 hanno riguardato persone HIV positive. L’82% circa dei casi di TB in soggetti HIV-positivi si sono verificati nella Regione africana. La TB è anche una malattia fortemente associata alle condizioni in cui vivono le persone. L’abbassamento delle difese immunitarie, infatti, può dipendere dal fatto di vivere in condizioni igieniche molto scarse e di soffrire di uno stato di malnutrizione e cattive condizioni generali di salute. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, per esempio, le decine di milioni di rifugiati che vivono in condizioni molto precarie in diversi Paesi del mondo, a seguito di guerre o di catastrofi naturali, sono a rischio molto alto di sviluppare TB. La necessità di tenere sotto controllo la TB nei campi profughi e rifugiati, soprattutto in zone dove l’incidenza della malattia è già molto alta come in Africa, costituisce quindi una priorità assoluta. Secondo quanto riportato nel rapporto “Global tuberculosis control 2011” si stima che nel 2010 vi siano stati globalmente circa 8,8 milioni di casi incidenti di tubercolosi, 1,1 milioni di decessi per TB tra persone HIV-negative e 350 mila decessi tra persone HIV-positive. Per riuscire a ridurre significativamente l’incidenza di questa malattia nel mondo, è nata nel 2000 l’alleanza globale Stop TB, un network di oltre 400 organizzazioni internazionali, Paesi e associazioni pubbliche e private coordinate dall’Oms. Il 24 marzo 2006 in occasione della giornata mondiale contro la tubercolosi, l’Oms ha lanciato la II “Stop TB strategy”. L’obiettivo è diffondere iniziative di controllo della tubercolosi nel mondo e al contempo combattere la diffusione delle co-infezioni tra TB e HIV e il problema della MDR-TB (multidrug resistant tuberculosis). La nuova strategia “Stop TB” fa seguito al Piano globale per fermare la tubercolosi (2006-2015) lanciato nel gennaio 2006, un piano 5 Introduzione ambizioso che prevede la spesa di oltre 56 miliardi di dollari per il trattamento di almeno 50 milioni di malati, il dimezzamento dell’incidenza e della mortalità e la possibilità di salvare oltre 14 milioni di vite nei prossimi 10 anni. Il Piano globale definisce le azioni e i finanziamenti necessari a rafforzare il processo di sviluppo della diagnostica, dei farmaci e dei vaccini [8]. 1.1.2 Caratteristiche biologiche di M. tuberculosis Il bacillo di Koch (Mycobacterium tuberculosis) appartenente alla famiglia delle Mycobacteriacee, è il bacillo responsabile della tubercolosi nell'uomo. Assieme al M. bovis, (responsabile della tubercolosi nei bovini e raramente nell’uomo), al Mycobacterium africanum (isolato solo in alcuni Paesi dell’Africa centrale) e al Mycobacterium microti costituisce il cosiddetto Mycobacterium tuberculosis complex. Il M. tuberculosis è unicellulare, non mobile, non sporigeno, delle dimensioni di 0.2-0.6 x 1-10 μm e si presenta come bacillo ripiegato o leggermente curvo. E’ un aerobio obbligato, con un optimum di temperatura a 37°C, ed è un parassita intracellulare facoltativo, preferenzialmente di macrofagi. Il bacillo si dimostra sensibile al calore (a 120°C viene ucciso in pochi minuti), ma non al freddo (si mantiene vitale per alcuni mesi a -75°C); notevole è anche la resistenza all’essiccamento, agli acidi e agli alcali, che appare superiore a quella degli altri batteri. Gli aspetti più caratteristici del bacillo e che rappresentano ostacoli difficili da superare per lo studio e la messa a punto di una cura efficace, sono la crescita lenta, la quiescenza e la complessa parete cellulare [9]. Il tempo di generazione del M. tuberculosis, in terreni sintetici o in animali infettati, è tipicamente di circa 24 ore. Questa caratteristica contribuisce alla natura cronica della malattia poiché impone lunghi trattamenti di terapia [9]. Per quiescenza del bacillo si intende la sopravvivenza della cellula batterica per lunghi periodi in stato di inattività all’interno del tessuto infettato. Questo stato di quiescenza potrebbe essere il risultato dell’azione della risposta cellulo-mediata dell’ospite, che riesce a contenere ma non a sconfiggere l’infezione. Non appena il livello del sistema immunitario diminuisce a causa dell’età o del verificarsi di stati di immunodeficienza, il batterio può riattivarsi spesso anche dopo decenni dall’infezione, causando di nuovo la malattia [10]. Le basi molecolari che regolano la quiescenza e la riattivazione del bacillo rimangono ancora oscure, anche se molto probabilmente sono geneticamente programmate. La parete cellulare (Fig.1) del M. tuberculosis, batterio Gram+, è unica tra i procarioti. Essa è formata da uno strato di peptidoglicano rivestito da uno strato di arabinogalattano che collega il peptidoglicano ad una frazione più periferica costituita da acidi micolici 6 Introduzione (isolati per la prima volta da Stodola et al. nel 1938, da un estratto di M. tuberculosis), cioè acidi grassi a lunga catena α-alchilati e β-idrossilati. All’esterno di questo triplice strato sono presenti dei lipidi non comuni e complessi quali glicolipidi, peptidoglicolipidi detti micosidi ed infine vere e proprie cere [11, 12]. La membrana citoplasmatica è incapsulata da uno strato di peptidoglicano. Lo scheletro della catena di peptidoglicano è connesso all’arabinogalattano attraverso una insolita regione linker formata da un disaccaride fosfato. L’arabinogalattano è un polisaccaride a catena ramificata costituito da una catena galattoso-prossimale connessa alla catena arabinoso-distale. Le estremità esaarabinofuranosili dell’arabinogalattano sono esterificate dagli acidi micolici. Le catene degli acidi micolici nella Fig.1 sono mostrate perpendicolari alla membrana citoplasmatica, con le catene esposte in interazione con le catene micoliche del trealoso dimicolato. Un altro abbondante componente associato non covalentemente alla parete cellulare micobatterica è il lipoarabinomannano immunogenico, legato alla membrana plasmatica da un linker fosfatidilinositolo. I piccoli soluti idrofilici diffondono attraverso dei canali proteici pieni di acqua, le porine, mentre i composti idrofobici usano la via dei lipidi. Alcune di queste molecole potrebbero contribuire alla longevità micobatterica, essere responsabili della risposta infiammatoria dell’ospite ed avere un ruolo nella patogenesi. L’alta concentrazione lipidica nella parete cellulare è stata inoltre associata ad altre proprietà del batterio, quali la natura idrofobica della cellula, con conseguente formazione di tipici aggregati detti clumps, e la notevole resistenza a molti antibiotici, alla lisi osmotica e a stress ossidativi che ne determinano la sopravvivenza all’interno dei macrofagi. Fig.1. Composizione della parete cellulare di M. tuberculosis. 7 Introduzione 1.1.3 Caratteristiche genetiche di M. tuberculosis La sequenza completa del genoma del ceppo più studiato di M. tuberculosis, l’H37Rv, è stata determinata solo recentemente [13]. L’analisi della sequenza genomica ha lo scopo di aumentare la conoscenza delle proprietà biologiche di questo patogeno e favorire così lo sviluppo di nuovi interventi profilattici e terapeutici. Il cromosoma circolare del batterio è di 4.4 megabasi (Mb) e possiede circa 4000 geni. Esso rappresenta la sequenza genomica batterica più grande ad oggi disponibile dopo quella di Escherichia coli K12. Il genoma è ricco in DNA ripetitivo, in particolare di sequenze di inserzione, elementi mobili genetici e profagi. Trattandosi comunque di elementi stabili si può ipotizzare che il trasferimento orizzontale di materiale genetico all’interno dell’ancestore del M. tuberculosis complex è avvenuto probabilmente prima che il bacillo tubercolare adottasse la sua nicchia specializzata. E’ stato ipotizzato inoltre che tale progenitore derivi da un batterio del suolo, e che il bacillo che infetta l’uomo derivi da quello che infetta il bovino in seguito all’addomesticazione del bestiame. Il complesso manca di diversità genetica interceppo e i cambiamenti nucleotidici sono molto rari [14]. Questo è un elemento favorevole allo sviluppo di vaccini, dato che la maggior parte delle proteine è identica in tutti i ceppi. Una delle caratteristiche più peculiari di questo microrganismo è l’elevato contenuto in G+C, che è del 65,6%, relativamente costante lungo tutto il genoma. In accordo con tale caratteristica, il codone di inizio della traduzione GTG è usato più frequentemente rispetto ad altri batteri sebbene il codone d’inizio ATG rimanga comunque quello più usato dal microrganismo. E’ stato osservato inoltre che in M. tuberculosis un numero minore di geni rispetto a quanto accade in altri batteri è trascritto nella stessa direzione della forca di replicazione. Poiché una trascrizione dei geni che avviene nella stessa direzione della forca di replicazione è ritenuta più efficiente [15, 16], è possibile che una minore efficienza di espressione dei geni possa essere all’origine della crescita lenta del microrganismo [13]. Dalla sequenza genomica risulta chiaro che il bacillo tubercolare è potenzialmente in grado di sintetizzare tutti gli amminoacidi essenziali, vitamine e cofattori enzimatici. Il microrganismo è dotato, inoltre, di tutti gli enzimi necessari per la glicolisi, la via dei pentoso fosfati e i cicli dell’acido tricarbossilico e del gliossilato. Pochi organismi producono tanti tipi diversi di molecole lipofiliche come il M. tuberculosis. Queste molecole sono rappresentate da semplici acidi grassi, come l’acido palmitico, così come da molecole altamente complesse a lunga catena, come l’acido micolico, costituente principale della parete. Oltre ai sistemi di biosintesi dei lipidi comuni ai batteri, i micobatteri contengono anche sistemi che generalmente si trovano nelle piante e nei mammiferi. Ancora più impressionante è però la loro capacità lipolitica; infatti solo nel metabolismo 8 Introduzione degli acidi grassi vengono impiegati circa 250 enzimi a differenza dei 50 impiegati dall’ E. coli. 1.1.4 Il trattamento farmacologico della tubercolosi e lo sviluppo di ceppi multiresistenti Attualmente i protocolli standard prevedono la somministrazione di farmaci quali l’isoniazide (INH), la rifampicina (RMP), la pirazinammide (PZA) e l’etambutolo (EMB) in regime di terapia multipla per una fase iniziale di trattamento di circa due mesi, seguita da una ulteriore fase di 4 mesi di trattamento con INH e RMP. Il M. tuberculosis ha subito mostrato una spiccata sensibilità all’INH. Il principale antibiotico antitubercolare agisce inibendo la sintesi degli acidi micolici, componenti essenziali della parete cellulare del batterio (Tab.1). Si tratta di un profarmaco che viene convertito nella sua forma attiva dall'enzima catalasi-perossidasi del batterio, KatG, [17]. Nella sua forma attiva, l’antibiotico inibisce l’enzima enol-ACP reduttasi, (InhA) coinvolto nella sintesi degli acidi micolici, legandosi al cofattore NADH nel sito attivo di InhA [18]. Il più comune meccanismo di resistenza nei confronti dell’INH è legato alla comparsa di mutazioni a carico dei geni inhA e katG [19-21]. Recentemente è stato anche osservato che mutanti difettivi nei meccanismi di ossidazione del NADH e quindi con un aumento del rapporto intracellulare NADH/NAD +, presentano un’aumentata resistenza all’INH. Tale resistenza potrebbe derivare o da un’interferenza nella perossidazione di KatG e/o dallo spostamento del legame INH-NADH dal sito attivo di InhA [22]. Scoperta nel 1959 nei laboratori Lepetit a Milano da un gruppo di ricercatori italiani mentre analizzavano dei batteri presenti in un terreno proveniente dalla Costa Azzurra, la Rifampicina (RMP) è un antibiotico battericida del gruppo delle rifamicine (Tab.1). E’ un composto semisintetico derivato dalla Amycolaptosis rifamycinica. Ci sono varie rifamicine da cui essa deriva, ma la forma con un gruppo 4-metil-1-piperazinaminile è quello clinicamente più efficace. Data la sua natura lipofilica, viene utilizzata per trattare la forma meningitica della tubercolosi, che richiede la penetrazione attraverso la barriera ematoencefalica e la distribuzione nel sistema nervoso centrale. La RMP agisce direttamente sulla sintesi dell’mRNA, interagendo con la subunità β dell'RNA polimerasi eubatterica. Questo blocca la trascrizione messaggero degli mRNA, impedendo così la sintesi dei polipeptidi. L’antibiotico non è in grado invece di arrestare l'allungamento dell'mRNA una volta avvenuto il legame dell’RNA polimerasi con il filamento senso di DNA. La maggior parte dei ceppi RMP-resistenti ha mutazioni a carico del gene rpoB che codifica per la subunità β dell’enzima RNA polimerasi [22]. Mutazioni sostitutive di aminoacidi aromatici come la fenilalanina, il triptofano e la tirosina con aminoacidi non aromatici causerebbero un indebolimento del legame RMP-RNA 9 Introduzione polimerasi. Recentemente è stato proposto un nuovo meccanismo di inattivazione, osservato principalmente in Mycobacterium smegmatis, naturalmente resistente all’antibiotico. In questo batterio il principale meccanismo di inattivazione della RMP è la sua ribosilazione che avviene attraverso un intermedio ADP-ribosilato [23]. La pirazinamide (PZA) è un analogo strutturale della nicotinammide (Tab.1) [24]. Entrambe le molecole vengono convertite nelle loro forme attive - acido pirazinoico e nicotinico, rispettivamente - dallo stesso enzima, la nicotinamidasi/pirazinamidasi, codificato dal gene pncA. L’acido pirazinoico svolge la sua attività antibatterica agendo sull’inibizione della biosintesi degli acidi micolici [25]. Dati recenti mettono in evidenza che la maggior parte degli isolati clinici resistenti alla PZA hanno mutazioni a carico del gene pncA che portano alla perdita dell’attività enzimatica, con conseguente inattivazione dell’antibiotico [26]. L’etambutolo (EMB) è un farmaco batteriostatico che agisce soprattutto nei confronti della forma di M. tuberculosis che si trova in attiva fase di replicazione. L’EMB impedisce la formazione della parete cellulare, inibendo l’enzima arabinosil trasferasi implicato nella sintesi dell’arabinogalattano (Tab.1). Tab.1. Farmaci antitubercolari di prima linea e rispettivi target cellulari. L’introduzione di chemioterapici e antibiotici attivi sul micobatterio ha radicalmente trasformato la prognosi e l’evoluzione della tubercolosi. Purtroppo, però, la diffusione di trattamenti incompleti o non correttamente somministrati ha portato all’insorgenza di ceppi resistenti agli antibiotici. Una forma di TB resistente ai farmaci particolarmente pericolosa è la MDR-TB (MultiDrug Resistant), provocata da 10 Introduzione batteri resistenti almeno ai due medicinali di prima linea antitubercolari più potenti, l’isoniazide e la rifampicina. La MDR-TB va quindi curata necessariamente con farmaci di seconda linea. I farmaci di seconda linea come i fluorochinoloni, l’acido p-aminosalicilico, la kanamicina, la cicloserina, l’etionamide, l’amikacina, la capreomicina e il tiacetazone, sono farmaci cardine per le forme di TB resistenti ai farmaci di prima linea, ma sono purtroppo meno efficaci, più tossici e più costosi [27]. Infatti il trattamento di seconda linea necessita di tempi molto più lunghi, costosi ed inefficaci poiché nessun nuovo farmaco è stato introdotto negli ultimi 40 anni. Secondo l’Oms, la MDR-TB è ormai presente praticamente in ogni area del mondo e costituisce uno dei problemi più importanti nel controllo e nel trattamento della TB. In alcuni casi, attualmente ancora piuttosto rari, la MDR-TB può trasformarsi in una forma di infezione ancora più difficile da trattare, in quanto resistente anche ai farmaci di seconda linea, e definita per questo XDR-TB (eXtensively Drug Resistant). In particolare, la XDR-TB è la forma di tubercolosi resistente anche a tutti i fluorochinoloni e ad almeno tre dei farmaci di seconda linea iniettabili (capreomicina, kanamicina e amikacina). I meccanismi più conosciuti per lo sviluppo di ceppi multiresistenti sono legati quindi alla comparsa, nel tempo, di mutazioni a carico dei geni che codificano l a proteina bersaglio principale degli antibiotici. Esiste tuttavia una buona percentuale di ceppi resistenti che non rientra in questa categoria; per questi ceppi sono stati proposti alcuni meccanismi di resistenza ed altri ancora in corso di studio. Nuovi farmaci, quindi, sono necessari per ridurre la durata della terapia, sradicare i ceppi multiresistenti, e colpire i bacilli latenti cioè non in replicazione [28]. Infatti gli attuali protocolli terapeutici richiedono 6-9 mesi di chemioterapia e hanno un effetto minore o addirittura minimo nei confronti dei bacilli quiescenti [29]. Questo minor effetto potrebbe riflettere la diminuzione di attività dei vari enzimi target in vivo o in condizioni di quiescenza. Sebbene si presume che alcune vie metaboliche siano importanti per il mantenimento della vitalità della cellula in tutte le condizioni anche quando il bacillo è in fase quiescente, si conosce ancora poco circa l’adattamento del metabolismo di M. tuberculosis in condizioni in vivo [30]. 1.2 Enzimi della biosintesi del NAD(P)+ come target per lo sviluppo di nuovi antibiotici Il numero sempre crescente di patogeni microbici antibiotico-resistenti [31] rappresenta una seria sfida per la medicina moderna. La maggior parte degli antibiotici esistenti utilizzano un numero limitato di strutture chimiche di base, e sono rivolti solamente contro alcune delle funzioni cellulari, come la biosintesi della parete cellulare, la replicazione del DNA, la trascrizione e la traduzione [32]. L’identificazione di funzioni cellulari inesplorate 11 Introduzione come potenziali target è un prerequisito per lo sviluppo di nuovi antibiotici. La scelta di una funzione bersaglio ottimale è un passo cruciale nel lungo e costoso processo di sviluppo di un farmaco e richiede la migliore comprensione possibile dei relativi processi biologici nei patogeni batterici così come nei loro ospiti. Le sequenze genomiche complete di molteplici specie batteriche, tra cui molti agenti patogeni importanti, sono state rese disponibili negli ultimi anni [33]. L’abbondanza di dati genomici ha permesso lo sviluppo di nuove tecniche sperimentali e computazionali postgenomiche allo scopo di scoprire nuovi target molecolari [32, 34-39]. Ogni nuovo potenziale antibiotico deve soddisfare una serie di criteri prima che sia approvato per l’uso, e la scelta di un target appropriato è il primo passo in questo processo. In generale, un target (i) dovrebbe fornire un’adeguata selettività e spettro, in maniera tale che il farmaco sia altamente selettivo nei confronti del microrganismo rispetto all’ospite umano, ma sia anche attivo contro il desiderato spettro di patogeni; (ii) dovrebbe essere essenziale per la crescita e la vitalità del patogeno, almeno nelle condizioni di infezione; (iii) dovrebbe essere conosciuta la funzione del target, in modo tale da poter allestire saggi di valutazione della sua attività e relativa inibizione da parte delle molecole inibitorie. L’identificazione di potenziali nuovi target può procedere da uno di questi criteri, ma alla fine tutti dovranno essere soddisfatti nell’obiettivo finale. Gli enzimi sono considerati una delle più importanti classi di target per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici. Tra i vari metabolismi studiati, la via biosintetica del NAD(P)+ rappresenta una buona fonte di enzimi bersaglio per la ricerca di nuove sostanze farmacologiche efficaci. Nei batteri, infatti, gli enzimi coinvolti nella biosintesi dei nucleotidi piridinici sono interessanti target candidati per lo sviluppo di potenziali antibiotici. Quando il target è rappresentato dallo stesso enzima in entrambi gli organismi, l’agente patogeno e l’ospite, possono essere indicate come target le differenze strutturali fra i due enzimi, ad esempio quelle esistenti a livello del sito attivo. A questo scopo, le strutture tridimensionali degli enzimi nella loro apoforma o in complesso con differenti ligandi depositate nelle banche dati proteiche sono di grande aiuto per il design di nuovi farmaci. Le analisi computazionali dei genomi di centinaia di batteri hanno chiaramente mostrato come i target enzimatici sono spesso limitati agli enzimi NMNAT, NADS e NADK. Infatti, l’essenzialità di questi tre enzimi è stata confermata sperimentalmente in diverse specie microbiche qualificando tali molecole come buoni target per inibitori ad ampio spettro di azione [40]. Gli enzimi del metabolismo del NAD+ rappresentano target interessanti anche in molte condizioni patologiche umane non dovute ad infezione batterica, come il cancro, l’ infiammazione e la neurodegenerazione [41]. In tutte queste condizioni patologiche, è comunemente accettato che sussista una maggiore velocità di degradazione del NAD +, 12 Introduzione dovuta ad aumentate reazioni di consumo del NAD + stesso. Le analisi sul contributo degli enzimi chiave della biosintesi del dinucleotide ai livelli cellulari di NAD + in condizioni normali e patologiche sono un prerequisito per il design di farmaci in grado di modulare in maniera appropriata l’omeostasi del NAD + nelle varie condizioni patologiche. Tali analisi possono anche dare indicazioni sulla tossicità differenziale dei farmaci e quindi i loro possibili effetti collaterali sull’omeostasi del NAD + nella cellula umana ospite. 1.3 Biosintesi del NAD(P)+ Il primo dinucleotide piridinico a essere isolato e caratterizzato chimicamente fu il NADP, la forma fosforilata del NAD. Negli anni ’30, Warburg e Christian isolarono e purificarono un cofattore chiamato “Coferment II” coinvolto nella reazione catalizzata dall’enzima glucoso-6-fosfato deidrogenasi [42]. Questi autori determinarono rapidamente che il NADP conteneva due basi, tre fosfati e due ribosi [42]. Le due basi furono identificate come adenina e nicotinammide, legate ciascuna ad una molecola di ribosio, mentre per quanto riguarda i tre fosfati, fu erroneamente pensato che fossero collegati tutti fra loro attraverso legami fosfoanidridici. Solamente 20 anni più tardi, Kornberg e Pricer determinarono la struttura corretta, con il terzo fosfato in posizione 2’-OH della subunità adenilica (Fig.2) [43]. In tutti gli organismi, la biosintesi del NAD(P)+ può avvenire sia a partire da precursori semplici (via de novo), sia attraverso il riciclo dei prodotti di degradazione dei nucleotidi piridinici (via di recupero, o salvage pathway) [44]. Fig.2. Struttura del NAD+ e del NADP. 1.3.1 Via de novo Negli eubatteri la via de novo inizia con la sintesi dell’acido chinolinico (QA) da parte del complesso enzimatico NadA-NadB [45]. Il primo enzima coinvolto in questo processo, l’Laspartato ossidasi (NadB, EC 1.4.3.16), codificato dal gene nadB, produce acido imminoaspartico da L-aspartato. Questo intermedio imminico instabile si decompone ad 13 Introduzione ossalacetato ed ammoniaca se la chinolinato sintetasi (NadA, EC 2.5.1.72), il prodotto del gene nadA, non è disponibile per catalizzare la condensazione tra l’acido imminoaspartico e il diidrossiacetonfostato in QA (Fig.3). Recentemente è stato scoperto che alcuni procarioti sono capaci di sintetizzare il NAD de novo dal triptofano [46], una via che precedentemente veniva considerata esclusiva degli eucarioti. Infatti, nei mammiferi incluso l’uomo, la sintesi di QA avviene a partire dall’aminoacido triptofano attraverso una serie di reazioni enzimatiche, che complessivamente prende il nome di via delle chinurenine (kynurenine pathway). In entrambi i gruppi di organismi, il QA viene convertito a nicotinato mononucleotide (NaMN) dalla chinolinato fosforibosiltrasferasi (NadC, EC 2.4.2.19), enzima codificato dal gene nadC. Esso viene adenilato a nicotinato adenin dinucleotide (NaAD+) dalla nicotinato mononucleotide adenililtrasferasi (NadD, EC 2.7.7.18), codificata dal gene nadD nei batteri e dagli enzimi NMN adeniltrasferasi nei mammiferi (NMNAT, EC 2.7.7.18). Questi ultimi sono in grado di sintetizzare NAD + a partire anche dal suo immediato precursore nicotinamide mononucleotide (NMN). Infine, l’enzima NAD sintetasi (NadE, EC 6.3.5.1), codificato dal gene nadE, catalizza la reazione di amidazione del NaAD +, con produzione di NAD +. Il NADP+ è sintetizzato tramite la fosforilazione del NAD +, catalizzata dall’enzima NAD chinasi (EC 2.7.1.23), codificato dal gene nadF (Fig.3) [47]. 1.3.2 Vie di recupero Il NAD+ viene degradato e riutilizzato attraverso diverse vie di recupero (PNC – pyridine nucleotide cycle) che utlizzano come precursori alcuni derivati piridinici preformati, tra i quali la nicotinammide, l’acido nicotinico e l’NMN. L’acido nicotinico e la nicotinammide possono essere assimilati dall’ambiente, ma sono anche prodotti attraverso la degradazione intracellulare del NAD+. Il NAD+ viene degradato in diverse forme da enzimi differenti, quali la NAD glicoidrolasi (EC 3.2.2.5), la DNA ligasi (EC 6.5.1.1), la NAD(P) nucleosidasi (EC 3.2.2.5), la poli(ADP-riboso) polimerasi (EC 2.4.2.30), le mono-ADP-ribosiltrasferasi (EC 2.4.2.31) e la NAD pirofosfatasi (EC 3.6.1.22) [48]. Per i patogeni, questa via di recupero offre la possibilità di ottenere questo cofattore direttamente dal loro ospite. La nicotinammide può essere riciclata a NAD + attraverso l’azione dell’enzima nicotinammide deamidasi (pncA, EC 3.5.1.19) che converte la nicotinammide in acido nicotinico, e della nicotinato fosforibosiltrasferasi (pncB, EC 2.4.2.11) che fosforibosila l’acido nicotinico prodotto dalla prima reazione a NaMN. L’NaMN così prodotto può essere riciclato a NAD+ attraverso l’attività dei due enzimi comuni sia alla via de novo che alle vie di recupero sopra descritti: la nicotinato mononucleotide adenililtrasferasi - NadD nei 14 Introduzione batteri, NMN(NaMN)AT nei mammiferi - e la NAD sintetasi. La via biosintetica che porta alla formazione di NAD + dall’acido nicotinico è detta via di Preiss-Handler. Tale via si ritrova in numerosi procarioti ed eucarioti, inclusi i mammiferi, e ciò lascia dedurre la natura universale del pathway metabolico. La sequenza genomica di M. tuberculosis codifica tutti gli enzimi della via biosintetica de novo del NAD(P)+ (nadA, nadB, nadC, nadD, nadE, e nadF) così come tutti i geni necessari per una completa e funzionale via di recupero di Preiss-Handler (pncA e i due putativi omologhi pncB) [13, 49]. Inizialmente fu ipotizzato che la via di Preiss-Handler non fosse funzionale nella cellula micobatterica [48, 50, 51], nonostante la presenza dei due geni omologhi pncB all’interno del genoma [13]. Tale ipotesi era basata sull’osservazione di livelli molto bassi di incorporazione di nicotinammide esogena nelle cellule in replicazione in condizioni aerobiche, e di un caratteristico accumulo di acido nicotinico extracellulare, derivante dall’attività di deamidazione della Nam prodotta dalla degradazione del NAD +. Studi recenti hanno messo in evidenza che molto probabilmente la via di Preiss-Handler viene indotta o durante la crescita in vivo o in seguito all’esposizione a condizioni di bassa ossigenazione, quali quelle riscontrate nei granulomi tubercolari, dove i microrganismi possono diventare dormienti e sviluppare un’infezione latente. E’ stato dimostrato che in tali condizioni l’attività di degradazione del NAD + è considerevolmente aumentata [52]. Infatti in M. tuberculosis è riportata anche un’attività NAD glicoidrolasica [51, 53], sebbene il gene corrispondente non sia stato ancora identificato. L’importanza della via di recupero della Nam a NAD + attraverso la Preiss-Handler è anche legata al fatto che nel genoma di M. tuberculosis è assente l’omologo del gene nadV, che codifica per l’enzima nicotinammide fosforibosiltrasferasi. Tale enzima ricicla la Nam a NAD+ attraverso la formazione del suo immediato precursore NMN. Pertanto, i dati fino ad oggi osservati hanno chiarito l’importanza relativa della via de novo e della via di recupero, mostrando come quest’ultima sia funzionale e molto importante in M. tuberculosis. Tuttavia, poiché l’organismo mostra una notevole flessibilità nel passare dalla via di recupero alla via de novo, risulta evidente che solamente gli enzimi comuni ad entrambe le vie (NadD, NadE) rappresentano potenziali bersagli farmacologici sia per la tubercolosi attiva che per quella latente. La NAD chinasi di M. tuberculosis (mtppnk) è l’unico enzima preposto alla formazione di NADP. Come già descritto in precedenza, il gene è essenziale per la sopravvivenza del micobatterio, e non essendoci vie alternative alla produzione di questo metabolita, l’enzima è considerato un ottimo target farmacologico. 15 Introduzione Fig.3. Metabolismo del NAD(P)+ in M. tuberculosis: in rosso sono indicati i geni che codificano gli enzimi implicati nella sintesi de novo; in blu quelli implicati nelle vie di recupero e in verde il gene che codifica per la NAD chinasi responsabile della sintesi del NADP. Abbreviazioni: L-Asp = L-aspartato; IA = acido imminoaspartico; Na = acido nicotinico; NaAD = desamido-NAD; Nam = nicotinammide; NaMN = nicotinato mononucleotide; NMN = nicotinammide mononucleotide; QA = acido chinolinico. 1.4 Le funzioni cellulari del NAD(P)+ I dinucleotidi NAD + e NADP sono cofattori essenziali in tutti gli organismi viventi e funzionano come accettori di idrogeno (NAD +, NADP) e donatori di idrogeno (NADH, NADPH) nelle reazioni di ossidoriduzione della cellula. La similarità dei potenziali redox fra le due coppie NADH/NAD+ e NADPH/NADP+ ha sollevato la questione del perché esista l’esigenza, da parte della cellula, di produrre e mantenere due coppie redox distinte ma con potenziali riducenti simili. Infatti diverse deidrogenasi NAD(P) dipendenti possono usare indistintamente entrambi i coenzimi. Nonostante ciò, il mantenimento e la separazione delle due coppie redox ad alto potenziale sembra essere essenziale per il corretto svolgimento delle funzioni cellulari. Mentre la coppia NAD +/NADH viene utilizzata principalmente nelle reazioni cataboliche come glicolisi e ossidazione degli acidi grassi (rilevante in questo senso è il ruolo del NADH nella catena respiratoria mitocondriale con concomitante produzione di ATP), il 16 Introduzione NADP e la sua forma ridotta NADPH partecipano alle reazioni di riduzione dei processi anabolici. Ad esempio la sintesi degli acidi grassi è un processo di riduzione che richiede ATP e NADPH. Il NADP ridotto è necessario per la produzione di triacilgliceroli, fosfolipidi e steroidi, come il colesterolo, acidi biliari e ormoni steroidei. Anche la biosintesi di alcuni aminoacidi quali acido glutammico e prolina sono NADPH-dipendenti. La sintesi degli aminoacidi, a sua volta, non solo è fondamentale per la sintesi proteica, ma anche per fornire molecole che rappresentano i costituenti fondamentali di altre molecole quali ad esempio i nucleotidi. Il NADPH è anche essenziale per la riduzione di ribonucleotidi a deossiribonucleotidi ad opera della ribonucleotide reduttasi e, quindi, è indirettamente coinvolto nella sintesi del DNA. Il NADPH inoltre svolge un ruolo chiave in tutti i meccanismi di detossificazione e difesa ossidativa delle cellule. Spesso la detossificazione da parte del fegato di sostanze come farmaci e tossine coinvolge il sistema della monoossigenasi microsomiale. L’idrossilazione citocromo P-450-dipendente converte composti organici relativamente insolubili in molecole più idrofiliche, allo scopo di facilitarne la degradazione e la secrezione. Gli enzimi del complesso citocromo P-450 (CYP) sono conservati in tutti gli organismi, dai batteri all’uomo, e la rigenerazione di questo complesso è operata dalle citocromo P450 reduttasi NADPH-dipendenti. Esse trasferiscono elettroni dal NADPH alla loro catena di trasporto elettronico FAD-FMN prima di eventualmente donarli al gruppo eme del CYP [54]. Lo stress ossidativo è causato da uno squilibrio fra la produzione di specie reattive all’ossigeno (ROS) e i sistemi di difesa ossidativi. I ROS e i loro derivati tossici possono accumularsi attraverso vari meccanismi processi, mentre i meccanismi adibiti alla prevenzione e alla rimozione dei danni ossidativi comprendono il glutatione, le tioredoxine, la catalasi, la superossido dismutasi e la glutatione S-trasferasi [55]. Il mantenimento e la rigenerazione di tutti i sistemi di difesa richiede sempre il NADPH come agente riducente. L’immediata rigenerazione del NADPH necessaria in condizioni di stress ossidativo avviene attraverso la via dei pentoso fosfati. Infatti l’aumentata sensibilità delle cellule allo stress ossidativo è spesso associata con una disfunzione delle deidrogenasi NADP-dipendenti, che forniscono equivalenti riducenti in forma di NADPH. L’enzima maggiormente implicato in questo fenomeno è la glucosio6-fosfato deidrogenasi (G6PD), che catalizza lo step limitante nella via dei pentoso fosfati. Infatti, le cellule esposte a stress ossidativo reagiscono con un rapido aumento dell’espressione e dell’ attività della G6PD [56]. L’inibizione della G6PD rende le cellule più suscettibili ai danni ossidativi [57], mentre l’overespressione dell’enzima sembra svolgere un ruolo protettivo [57, 58]. 17 Introduzione Oltre ad essere un fondamentale agente antiossidante, il NADPH può anche contribuire alla generazione dei ROS attraverso l’attività delle NADPH ossidasi (NOX), una famiglia di enzimi in grado di generare anioni superossido (O 2• - ) che possono essere rapidamente convertiti in altri ROS. L’attività degli enzimi NOX contribuisce così alle vie di trasduzione del segnale operata dai ROS, coinvolte in diversi processi quali la crescita cellulare, l’apoptosi, la migrazione e rimodellamento della matrice extracellulare [59, 60]. Mentre il NADPH è di vitale importanza come serbatoio di donatore di elettroni, la forma ossidata, NADP, è di norma molto meno abbondante nelle cellule a causa della sua immediata riduzione a NADPH. Tuttavia, solamente il NADP è soggetto ad ulteriori conversioni. I prodotti di degradazione del NADPH non sono conosciuti, mentre il NADP può essere degradato in diversi derivati. La NADP fosfatasi (NADPasi), che catalizza la rimozione del gruppo fosfato dal NADP, è stata osservata nei semi quiescenti di Avena Sativa L. [61] e fegato di ratto [62]. Tuttavia, finora, non è stato né purificato nessuno dei due enzimi né identificato il gene corrispondente. Inoltre, Il NADP può essere trasformato in acido nicotinico adenin dinucleotide fosfato (NaADP) attraverso la reazione catalizzata dalla NAD glicoidrolasi (NADasi) a pH acido [63]. Il NaADP rappresenta il più potente agente mobilizzatore di calcio intracellulare ad oggi conosciuto. Esso partecipa nella ricognizione del Ca 2+ in una grande varietà di sistemi biologici ed agisce indipendentemente dagli altri secondi messaggeri, come ADP-riboso ciclico e inositolo 1,4,5-trifosfato (IP3) [63]. Così come per il corrispondente NAD-derivato ADP-riboso ciclico, la forma 2’-fosforilata (cADPRP) è un potente induttore del rilascio di Ca2+ dagli spazi intracellulari [64]. E’ stato dimostrato che il cADPRP è un metabolita endogeno nei mammiferi, sebbene presente a livelli inferiori rispetto al cADPR. Il cADPRP potrebbe essere connesso con lo stress ossidativo attraverso il rilascio del Ca2 + intracellulare [65]. 1.5 L’enzima NAD chinasi La generazione del NADP è catalizzata dall’enzima NAD chinasi (NADK, EC 2.7.1.23), che trasferisce un gruppo fosfato, il più delle volte dall’ATP, al 2’-idrossile del ribosio della parte adenosinica del NAD+ (Fig.4). Così, la sintesi di NADP dipende strettamente dalla disponibilità di NAD + e può essere considerata come un importante processo di consumo del NAD+. Nel 1950, l’attività NAD chinasica fu, per la prima volta, arricchita in estratti da Saccharomyces cerevisiae [43] e da allora è stata studiata in diversi organismi. Tuttavia, solo 50 anni dopo furono identificati i primi geni codificanti NADK batteriche [66], il che permise finalmente lo studio di questo enzima a livello molecolare. Le principali caratteristiche cinetiche e molecolari delle NAD chinasi umane e batteriche sono state descritte, incluse le più recenti conoscenze riguardanti la caratterizzazione strutturale. Di 18 Introduzione particolare importanza sono gli studi approfonditi sulla NAD chinasi di M. tubercolosis [67, 68], in quanto è stato dimostrato il suo ruolo essenziale nella vitalità della cellula batterica [49], confermando l’ enzima come potenziale target per farmaci antitubercolari innovativi [40]. Fig.4. Meccanismo della reazione catalizzata dalla NADK. 1.5.1 Proprietà molecolari e cinetiche NAD chinasi batteriche Negli ultimi anni sono state identificate e caratterizzate diverse NAD chinasi batteriche. Nel 2000, il primo gene codificante una NAD chinasi è stato identificato in M. tuberculosis, attraverso studi di omologia di sequenza di sequenze aminoacidiche parziali ottenute da una preparazione omogenea enzimatica da Micrococcus flavus [66]. Successivamente, sono stati identificati i geni codificanti per le NAD chinasi di Thermotoga maritima [69], E. coli [70], M. flavus [71], B. subtilis [72], Sphingomonas ps. A1 [73], e gli arche batteri Pyrococcus horikoshii [74] e Archaeoglobus fulgidus [75]. L’allineamento delle strutture primarie ha rilevato la presenza di domini altamente conservati: un motivo GGDG, una regione ricca di glicine, un motivo GXXGF/L e un breve motivo NE/D (Fig.5). Il loro ruolo nel legame con i substrati e nella catalisi della reazione enzimatica è stato confermato sia da esperimenti di mutagenesi che da studi strutturali [67, 68, 76-78]. 19 Introduzione Fig.5. Allineamento delle sequenze primarie delle NAD chinasi archebatteriche, eubatteriche ed umana, con Clustal W. I residui aminoacidici identici e simili sono indicati con asterischi e punti, rispettivamente. In giallo sono messe in evidenza le signatures altamente conservate. E.col = Escherichia coli; Sph.A1 = Sphingomonas sp.A1; H.sap = Homo sapiens; T.mar = Thermotoga maritima; M.tub = Mycobacterium tuberculosis; P.hor = Pyrococcus horikoshii; A.ful = Archaeoglobus fulgidus; B.sub = Bacillus subtilis. 20 Introduzione Tutti i geni identificati, sono stati poi successivamente clonati ed espressi nel corso degli anni dai diversi gruppi di ricerca all’interno di cellule E. coli, sottoforma di proteine ricombinati iperespresse, allo scopo di determinarne le caratteristiche molecolari, strutturali e funzionali. Le NAD chinasi batteriche esistono in soluzione come oligomeri (Tab.2) formati da un numero di unità monomeriche diverso ma il peso molecolare del singolo monomero, circa 30 KDa, è simile in tutte le forme. Il fosforil donatore naturale è l’ATP ma può essere rimpiazzato da altri nucleotidi trifosfato, come GTP, nucleotidi pirimidinici, e i loro deossiderivati, che vengono utilizzati con varia efficienza a seconda delle diverse NAD chinasi (Tab.2). I nucleotidi mono- e di-fosfato non vengono invece usati come substrati. A seconda dell’organismo, le NAD chinasi sono o strettamente nucleoside trifosfato dipendenti, come nel caso degli enzimi di E. coli e Sphingomonas sp. [70-73], o possono anche utilizzare il polifosfato inorganico (poli(P)) come fosforil donatore [66, 68, 71, 72, 74]. Il poli(P) è un polimero composto da residui di ortofosfato inorganico legati fra loro da legami fosfoanidridici ad alta energia, ed è presente in quasi tutti gli organismi viventi, e rappresenta una fonte primitiva di energia [79, 80]. Le NAD chinasi capaci di fosforilare il NAD + anche in presenza del poli(P) sono state trovate in M. flavus [66, 71], M. tuberculosis [66, 68], B. subtilis [72] e P. horikoshii [74], e sono state recentemente rinominate poli(P)/ATP-NAD chinasi, per distinguerle dalle NAD chinasi strettamente ATP-dipendenti, indicate come ATP-NAD chinasi. Altri composti fosforilati quali il glucosio-6-fosfato, il p-nitrofenilfosfato e il fosfoenolpiruvato non vengono utilizzati come donatori di fosfato. 21 Introduzione Tab.2. Proprietà molecolari e cinetiche delle NAD chinasi ricombinanti batteriche. A valori di attività relativa (%); B esametafosfato contenente 13-18 residui di orto fosfato; C miscela di poli(P) di differente lunghezza D attività saggiata in presenza di ATP (poli(P)); valori di attività relativa (%); E attività saggiata in presenza di ATP (poli(P)); F valore di S0.5; G valori di Km e Kcat/Km; nd: dato non determinato. Sia le NAD chinasi ATP dipendenti che quelle poli(P)/ATP dipendenti sono strettamente specifiche nei confronti del NAD +, e composti come l’adenosina, ADP, AMP e ADP-riboso non vengono fosforilati. Molto recentemente è stata dimostrata però la capacità delle NAD chinasi eubatteriche di fosforilare la forma ridotta del NAD +: è stato infatti visto come le NAD chinasi di M. flavus e M. tuberculosis siano in grado di fosforilare il NADH, seppur con bassa efficienza [81]. Al contrario, gli enzimi di E. coli e di Sphingomonas sp. possiedono una specificità stringente nei confronti del NAD+ [73, 81]. Analisi di allineamento multiplo di sequenze e la risoluzione della struttura cristallografica della NAD 22 Introduzione chinasi di M. tuberculosis in complesso con il NAD + , hanno permesso l’ identificazione dei residui aminoacidici putativi discriminanti fra le NAD chinasi e le NADH chinasi [81]. In particolare, è stato dimostrato che l’Arg175 nella NAD chinasi di E. coli è uno dei residui cruciali responsabili per conferire stretta specificità nei confronti del NAD+. Esperimenti di mutagenesi hanno dimostrato che sostituendo questo aminoacido con aminoacidi quali glicina o un aminoacido polare, l’enzima di E. coli può assumere una specificità di substrato più rilassata e quindi non più strettamente NAD + dipendente [81]. L’attività della NAD chinasi è strettamente dipendente da ioni metallici bivalenti. Come mostrato in Tab.2, i cofattori metallici più efficienti degli enzimi eubatterici sono Mn 2 + e Mg 2+: nelle NAD chinasi di B. subtilis ed E. coli Ca2+ e Zn2+ promuovono l’attività catalitica in una maniera comparabile rispetto al Mg2+ [70, 72]. L’enzima dall’archebatterio P. horikoshii mostra un comportamento differente, in cui è maggiormente attivato da ioni Cu2+, che, al contrario, supporta solo in parte la catalisi negli eubatteri [74]. La stessa sensibilità nei confronti degli ioni metallici è mantenuta anche quando l’ATP è rimpiazzato con il poli(P). Tutti gli enzimi eubatterici esibiscono valori di pH ottimale fra 7.0 e 9.0 in presenza di ATP, mentre sono stati osservati valori di optimum di pH significativamente più bassi quando l’ATP è rimpiazzato dal poli(P). Le analisi cinetiche effettuate su tutti gli enzimi batterici hanno rivelato un differente comportamento cinetico a seconda del microrganismo in esame. Più nello specifico, le NAD chinasi di E. coli [70, 82] e M. flavus [66] mostrano un comportamento cinetico lineare nei confronti di tutti i substrati utilizzati, mentre l’enzima di M. tuberculosis segue cinetiche non lineari, esibendo una cooperatività positiva nei confront i di tutti i substrati [68]. Del tutto particolare risulta il comportamento cinetico degli enzimi di B. subtilis e P. horikoshii: infatti, la NAD chinasi di B. subtilis esibisce una marcata cooperatività positiva nei confronti di entrambi i donatori di fosfato [72], mentre l’enzima di P. horikoshii mostra una cinetica non lineare solamente quando l’ATP viene sostituito con il poli(P) [74]. Entrambi gli enzimi mostrano una cinetica lineare nei confronti del fosforil accettore. Mentre in presenza di poli(P) l’attività della NAD chinasi di B. subtilis ha evidenziato un’attività del 50% rispetto a quella misurata quando l’ATP viene usato come substrato [72], le NAD chinasi di M. tuberculosis e degli archebatteri mostrano una significativa preferenza per il poli(P) [68, 74]. In particolare, l’enzima di micobatterio esibisce un’efficienza catalitica 6 volte più alta in presenza del polimero, dovuta sia ad un incremento della Vmax della reazione sia ad una più elevata affinità per il poli(P) rispetto all’ATP, e per il NAD+ quando l’ATP è rimpiazzato con il poli(P) [68]. Tutte le NAD chinasi eubatteriche fino ad ora caratterizzate, con l’eccezione dell’enzima di E. coli, sono inibite dal prodotto NADP. Il NADPH e il NADH sono potenti modulatori 23 Introduzione allosterici negativi dell’enzima di E. coli, dal momento che la loro presenza risulta in una pronunciata curva di saturazione sigmoidale del NAD + [82]. I nucleotidi ridotti inoltre sono in grado di inibire sia la NAD chinasi di M. flavus che quella di M. tuberculosis [66, 68]. E’ stato osservato, inoltre, che il chinolinato (QA), un metabolita centrale nella biosintesi del NADP, sia un potente attivatore alloserico della NAD chinasi di B. subtilis [72]. NAD chinasi eucariotiche Negli organismi eucarioti sono state isolate e caratterizzate poche NAD chinasi. Tre isoforme furono identificate in S. cerevisiae, due delle quali localizzate nel citosol (Utr1p, Yef1p) e la terza (Pos5p) nel mitocondrio [83]. Delle tre NAD chinasi trovate in Arabidopsis thaliana, NADK1 ha localizzazione citosolica [84, 85], NADK2 risiede nei cloroplasti [85, 86], mentre la localizzazione di NADK3 è stata recentemente identificata nei perossisomi [85]. Nonostante la maggiore complessità dei mammiferi rispetto ad altri eucarioti, al momento è stata identificata solamente una NADK citoplasmatica. La presenza di un’attività capace di convertire il NAD + in NADP nell’uomo è stata dapprima osservata in estratti di placenta [87] e successivamente in quelli di leucociti polimorfonucleati [88] e globuli rossi [89]. Tuttavia la caratterizzazione dell’enzima umano da una preparazione parzialmente purificata ottenuta da neutrofili è stata ottenuta solamente più di 20 anni più tardi [90]. In questo lavoro era stato osservato che l’enzima era calmodulina/Ca2+ dipendente, in quanto la velocità massima della reazione aumentava significativamente in presenza dei due effettori [90]. Dall’altro lato, i valori di Km per il NAD+ e per l’ATP (0,3 mM e 0,4 mM, rispettivamente) non venivano influenzati dalla loro presenza. L’optimum di pH dell’enzima era nel range 7.5-9.0 e la sua massa molecolare nativa era di 169 KDa [90]. Nel 2001, tramite ricerche di omologia di sequenza, è stato identificato il cDNA della NAD chinasi umana [91]. Il gene è collocato sul cromosoma 1p36.21-36.33, ed è espresso nella maggior parte dei tessuti, ad eccezione del muscolo scheletrico. Le proprietà dell’enzima ricombinante, purificato da cellule di E. coli, sono schematizzate in Tab.3 [91]. La NAD chinasi umana è composta da 4 subunità identiche di 49 KDa ciascuna. La sua attività catalitica è ottimale a 55°C e nel range di pH 7.0-8.0. L’enzima richiede un catione bivalente come Zn2 +, Mn2 + e Mg2+ in ordine di efficienza. La NAD chinasi umana è altamente selettiva per i substrati NAD + e ATP, mostrando valori di Km di 0,54 e 3,3 mM, rispettivamente. L’enzima ricombinante non è inoltre calmodulina-dipendente, e mostra proprietà molecolari e catalitiche significativamente differenti da quelle esibite dall’enzima purificato da neutrofili umani. Ciò porta all’ipotesi che nell’uomo possano esistere diverse isoforme della NAD chinasi. Tuttavia, ulteriori studi saranno necessari per stabilire o meno definitivamente l’esistenza di una NAD chinasi umana calmodulina-dipendente, la cui 24 Introduzione presenza è stata chiaramente dimostrata sia nelle uova di riccio di mare [48,49] che nelle piante [50,58]. Tab.3. Proprietà molecolari e cinetiche della NAD chinasi ricombinante umana. A valori di attività relativa (%); B esametafosfato contenente 13-18 residui di orto fosfato; C attività saggiata in presenza di ATP; valori di attività relativa (%); D attività saggiata in presenza di ATP; nd: dato non determinato. 1.5.2 Proprietà strutturali La prima struttura cristallografica di una NAD chinasi, risolta nella sua apoforma, è stata quella di M. tuberculosis (mtppnk). [77]. L’organizzazione quaternaria superiore indica che è un tetramero, con la minima unità funzionale formata da due subunità monom eriche (Fig.6). 25 Introduzione Fig.6. Rappresentazione a nastri del tetramero della NAD chinasi di M. tuberculosis (mtppnk). Ognuna delle quattro subunità è colorata diversamente. Ogni subunità consiste di un dominio N-terminale e di un dominio C-terminale. Il primo è composto da una struttura simile ad un Rossmann fold, una struttura secondaria in cui ogni α-elica è intervallata da un foglietto β: i foglietti β giacciono tutti su un piano mentre le eliche si trovano al di sopra del piano d’interazione dei β-sheets. E’ una struttura secondaria tipica di quelle proteine in grado di legare i nucleotidi in cui poiché ogni Rossmann fold può legare un nucleotide, i domini capaci di legare dinucleotidi quali il NAD+ consistono in genere di coppie di Rossmann fold, in cui ogni Rossmann fold lega una parte mononucleotidica del cofattore. Nel caso della NAD chinasi di M. tuberculosis la struttura α/β è del tipo β-α-β-β-β-α-β-β-α,. I foglietti sono comunque disposti in maniera parallela (Fig.7-A) e le eliche si trovano al di sopra e al di sotto del piano descritto dai foglietti β (Fig.7-B). Fig.7: Dominio N-terminale della mtppnk visto da due differenti proiezioni (A e B). αeliche: giallo; β-sheets: verde; random coils: bianco. 26 Introduzione Il dominio C-terminale è invece composto da 12 foglietti a β-sandwich, connessi da foglietti β antiparalleli. L’architettura molecolare della proteina è completata da una lunga coda C-term, che favorisce la dimerizzazione. I contatti inter-subunità sono dati interamente dal contributo di residui del dominio C-term. All’interfaccia dei domini è presente una fessura dove è situato il sito attivo; sia il dominio GGDG che alcuni residui della regione ricca di glicine altamente conservata (come i residui Asp189-Val210) sono collocati in questa fessura [77]. La sequenza consenso GGDG è altamente conservata all’interno di una superfamiglia di enzimi, che comprende le diacilglicerolo chinasi (DGK), le sfingosina chinasi (SK), le NAD chinasi (NADK) e le fosfofrutto chinasi (PFK) [78]. E’ stato dimostrato che, nella famiglia delle PFK, tale motivo è coinvolto nel legame con l’ADP [78, 92]. Mutagenesi diretta del motivo GGDG nella NAD chinasi micobatterica ha condotto alla completa perdita di attività enzimatica [67, 78]. La mutagenesi sito-diretta invece nei confronti della regione ricca in glicine ha dimostrato la sua essenzialità nella catalisi e il suo coinvolgimento nel legame del NAD+ [68]. La risoluzione della struttura dell’enzima in complesso con il NAD + ha rivelato quali sono i residui di entrambe le subunità del dimero funzionale che giocano un ruolo importante nel legame del substrato dinucleotidico [67]. Fra i residui che interagiscono con il dinucleotide, Asp85 e Gly86 (coinvolti nel legame con il difosfato e l’adenina, rispettivamente) provengono dal motivo GGDG, e Asp189 e Tyr202 (che interagiscono con l’anello piridinico) e Thr200 (che interagisce con l’anello dell’adenina) risiedono nella regione ricca di glicine [67]. Inoltre, anche il motivo conservato NE rappresentato da Asn159 e Glu160, è coinvolto nel legame con il NAD + [67]. Più recentemente è stata risolta la struttura della NAD chinasi di Archaeoglobus fulgidus, in complesso con l’ATP, il NAD+ e il NADP [76]. La struttura generale dell’enzima archebatterico è simile alla struttura della NAD chinasi micobatterica. Il legame dei differenti ligandi non ha effetti significativi sulla conformazione proteica complessiva. Il substrato NAD+ e il prodotto NADP mostrano la stessa modalità di legame e le interazioni dei dinucleotidi con l’enzima sono simili a quelle osservate nell’enzima micobatterico complessato con il NAD+. Nella struttura dell’enzima complessato con il NADP, il gruppo fosfato in 2’-OH del ribosio del NADP forma legami idrogeno con i residui appartenenti al motivo GGDG. Nella struttura dell’enzima complessato con l’ATP, è stato visto che la porzione AMP della molecola di ATP si lega nello stesso sito di legame della porzione nicotinammide ribosidica delle molecole di NAD/NADP, con l’anello dell’adenina dell’ATP posizionato con lo stesso orientamento dell’anello nicotinammidico del NAD/NADP. La coda fosfato dell’ATP fuoriesce dal sito attivo, e tutti e tre i gruppi fosfato sono impegnati in un legame di coordinazione dello ione magnesio (Fig.8). Dall’altro lato, lo ione magnesio è coordinato da una subunità pirofosfato costituita probabilmente dai fosfati β e 27 Introduzione γ di una seconda molecola di ATP legata, con la porzione AMP disordinata e coinvolta nelle interazioni con il motivo GGDG (Fig.8). Gli autori hanno proposto che la prima molecola di ATP si lega fortunosamente all’enzima in assenza di NAD +, e che la seconda molecola di ATP sia il reale fosforil donatore. Pertanto il motivo GGDG potrebbe giocare un ruolo chiave nel trasferimento del fosfato [76]. Fig.8: Struttura tridimensionale della NAD chinasi di A. fulgidus. Rappresentazione del sito di legame per l’ATP nella struttura NAD chinasi-ATP in A. fulgidus. Le molecole coinvolte sono mostrate in ciano. L’ATP, il pirofosfato (P-P) e i residui che interagiscono con il NADP sono mostrati secondo il modello ball-and-stick. Il magnesio e l’acqua sono mostrati come sfere. I legami idrogeno sono mostrati come linee tratteggiate in nero. A partire da queste osservazioni, è stato ipotizzato il meccanismo di fosforilazione del NAD+ (Fig.9). Il modello spiega come i due substrati si leghino al sito attivo in un ordine preciso. Il NAD + è il primo substrato a legarsi, seguito dal fosforil donatore (ATP o poly(P)) [76]. In questo modello, il sito di legame per il dinucleotide è formato da due subsiti: il sito per l’AMP (subsito A) ed il sito per la nicotinammide (subsito N). Prima che avvenga la fosforilazione, il substrato NAD + si lega al subsito A tramite la sua porzione AMP ed al subsito N tramite la porzione nicotinammide ribosidica. Durante la fosforilazione, la porzione AMP della molecola di ATP va ad occupare parzialmente il subsito A, spostando la porzione AMP del NAD +. Dopo la fosforilazione, la porzione AMP del NADP torna nel subsito A, con conseguente rilascio di ADP. Tale meccanismo dovrà essere confermato da successivi studi cinetici. 28 Introduzione Fig.9. Meccanismo di fosforilazione proposto per la NAD chinasi (mostrata come un rettangolo). Il subsito della nicotinammide e il subsito dell’AMP sono indicati come Subsito A e Subsito N, rispettivamente. 1.6 C5orf33: una putativa NAD chinasi Mentre è noto che nel M. tuberculosis esiste solo una NAD chinasi, di cui è stata risolta la struttura tridimensionale, per quanto riguarda le NAD chinasi eucariotiche le informazioni sono ancora poche, soprattutto a livello di caratterizzazione strutturale. Negli organismi eucarioti è possibile trovare più di un gene che codifica per una NADK. Infatti nel lievito S. cerevisiae esistono tre tipi di NAD chinasi, due citoplasmatiche (Utr1p e Yef1p) e una mitocondriale (Pos5p) [93-95]. Come già descritto, in A. thaliana ci sono tre geni distinti che codificano per tre NADK a diversa localizzazione subcellulare. Fino ad oggi nei mammiferi, ed in particolare nell’uomo, è stata identificata e caratterizzata una unica proteina (hNADK). Tuttavia i primi lavori avevano osservato e descritto l’attività di una NAD chinasi calmodulina-dipendente. Poiché l’attività della NADK ricombinante non è influenzata da tale composto, ciò ci ha indotto ad intraprendere la ricerca e lo studio di una potenziale seconda NAD chinasi umana. E’ stata pertanto ritrovata, in banche dati di sequenze proteiche, una sequenza aminoacidica umana riconosciuta appartenente alla famiglia delle NAD chinasi, e denominata C5orf33. L’annotazione come putativa NAD chinasi deriva da un approccio informatico, che necessita ovviamente di una verifica sperimentale. Infatti la proteina presenta un elevato grado di conservazione di alcune signatures caratteristiche del gruppo delle NAD chinasi: il dominio GGDG (rosso), altamente conservato fra le diacilglicerolo chinasi, le sfingosina chinasi, le NAD chinasi e le 6fosfofruttochinasi; la regione ricca di glicine (verde), caratteristica peculiare solo della famiglia delle NAD chinasi, in quanto direttamente coinvolta nel legame del NAD +, ed infine il motivo NE (blu), coinvolto anch’esso nel legame del NAD+ (Fig.10). 29 Introduzione Fig.10. Allineamento delle sequenze della C5orf33 (c5-33) e della NAD chinasi umana (nadk), eseguito con il programma LALIGN (Matrice BLOSUM50). Con i “:” sono indicati gli amminoacidi identici, con “.” Sono indicati gli amminoacidi simili, cioè aventi stesse caratteristiche chimico-fisiche. Il gene di questa proteina umana è situato sul cromosoma 5, Open Reading Frame (ORF) 33. Sono state depositate in banca dati (UniProtKB) tre isoforme. L’isoforma 1 è molto simile alla hNADK. Pertanto al fine di verificare se realmente questa sequenza corrisponde ad un’altra NAD chinasi si è provveduto ad iperesprimere la C5orf33 in forma ricombinante, in modo tale da produrne una quantità sufficiente da purificare attraverso cromatografia di affinità per saggiarne l’eventuale attività NAD chinasica. Poiché il cDNA della C5orf33 umana non è stato ancora oggi isolato, si è deciso di utilizzare il cDNA da Mus musculus, data l’elevata omologia di sequenza con quello umano (Fig.11) e la disponibilità in commercio. Tale ricerca contribuisce all’approfondimento delle conoscenze di questa importante via metabolica nell’uomo che sta alla base di un corretto processo di individuazione del target farmacologico. 30 Introduzione Fig.11. Allineamento delle sequenze della C5orf33 umana (human) e murina (mouse), eseguito con il programma LALIGN (Matrice BLOSUM50). Con i “:” sono indicati gli amminoacidi identici, con “.” Sono indicati gli amminoacidi simili, cioè aventi stesse caratteristiche chimico-fisiche. Sono sottolineate le signatures. 31 Introduzione 1.7 Progettazione di inibitori mediante Structure-Based Drug Design Le NAD chinasi umana e da M. tuberculosis sono caratterizzate da una bassa omologia di sequenza (Fig.12). In particolare l’enzima umano presenta una lunga regione N-terminale, non presente in quello batterico, che potrebbe essere implicata nella regolazione in vivo della proteina attraverso l’interazione con altre proteine. Fig.12. Allineamento delle sequenze della NAD + chinasi di M. tuberculosis e umana, eseguito con il programma LALIGN (Matrice BLOSUM50). Con i “:” sono indicati gli amminoacidi identici, con “.” Sono indicati gli amminoacidi simili, cioè caratteristiche chimico-fisiche uguali. Sono sottolineate le signatures. 32 Introduzione Queste differenze significative, anche a livello della sequenza di legame con il NAD +, sono state utilizzate per la progettazione di molecole ad attività inibitoria altamente selettive per la NAD chinasi micobatterica, attraverso un approccio chimico razionale basato sulla conoscenza della struttura dell’enzima (Structure-Based Drug design). Poiché la struttura dell’enzima da M. tuberculosis è disponibile in complesso con il NAD + e nella sua apoforma [67, 77, 96], studi di simulazione di legame di analoghi dei substrati della reazione al sito attivo dell’enzima sono stati utilizzati sia per la sintesi di potenziali inibitori che per l’individuazione dei determinanti molecolari dell’enzima batterico. L’ATP, il substrato donatore di fosfato, è una molecola utilizzata da centinaia di enzimi in ambiente biologico, in quanto rappresenta la principale forma di accumulo di energia immediatamente disponibile. I legami ad alta energia dell’ATP sono quelli che legano fra loro i tre gruppi fosfato. Tali legami possono venire scissi per mezzo di una reazione di idrolisi; dopo la loro rottura, essi liberano una grande quantità di energia (34 kJ/mole). L’idrolisi può essere sia parziale, con liberazione di una molecola di adenosina difosfato (ADP) e di un gruppo fosfato, che totale, dove si forma una molecola di adenosina monofosfato (AMP) e due gruppi fosfato. Quasi tutte le reazioni cellulari e i processi dell'organismo che richiedono energia vengono alimentati dalla conversione di ATP in ADP; tra di esse vi sono, ad esempio, la trasmissione degli impulsi nervosi, la contrazione muscolare, i trasporti attivi attraverso le membrane plasmatiche, la sintesi delle proteine e la divisione cellulare. come Pertanto, composti analoghi di questo coenzima potrebbero andare ad interagire con una grande quantità di target enzimatici, dando luogo a fenomeni di tossicità cellulare diffusa. Tuttavia negli ultimi anni sono stati sviluppati molti inibitori della classe delle proteine china siche, la maggior parte dei quali si lega al dominio di legame dell’ATP, una regione altamente conservata. Questi inibitori mostrano una buona selettività nei confronti dei loro targets. Per esempio il Gleevec ®, un inibitore della protein chinasi Bcr-Abl utilizzato nel trattamento della leucemia mieloide cronica (CML) si lega al sito per l’ATP ed è abbastanza selettivo [97]. Tuttavia, nel caso della NAD chinasi, poichè la molecola di ATP rimane prevalentemente esposta al solvente durante il legame nel sito attivo [76], e l’interazione con l’enzima non è quindi così forte, tale molecola non è stata scelta per la sintesi di analoghi. E’ stato osservato invece che il NAD + si lega più saldamente al sito attivo dell’enzima instaurando un numero maggiore di interazioni. Inoltre la molecola del NAD+ (Fig.13) rappresenta un modello molto duttile dal punto di vista strutturale: essa infatti presenta molti legami singoli attorno ai quali può avvenire rotazione libera; di conseguenza l’intera molecola, può assumere molte conformazioni che a seconda del contesto chimico-fisico, possono essere a minore o maggiore energia, quindi più o meno favorite. Vengono definite isomeri conformazionali (o conformeri) tutte quelle conformazioni derivanti da orientazioni non sovrapponibili di una molecola che 33 Introduzione prendono origine dalla presenza di uno o più singoli legami attorno ai quali la molecola può ruotare più o meno liberamente. In genere ad ogni singola conformazione corrisponde una diversa relazione spaziale tra i gruppi di atomi e quindi una diversa capacità di interazione con un bersaglio biologico. Fig.13. I possibili gradi di libertà conformazionale della molecola del NAD +. La determinazione della conformazione che il ligando naturale assume al momento dell’interazione con il sito attivo è di fondamentale importanza per la conoscenza delle basi molecolari dell’azione biologica. Nel caso di una molecola come il NAD+ , avente un gran numero di conformeri, è importante stabilire non tanto la conformazione più stabile (al minimo energetico) ma quella attiva (o farmacoforica), in quanto l’intorno biologico può permettere alla molecola in esame di superare barriere conformazionali ed assumere una conformazione che sarebbe altrimenti sfavorita. Inoltre, il NAD+ presenta al suo interno molti gruppi funzionali: una regione neutra idrofobica rappresentata dall’anello aromatico dell’adenina, una carica positiva netta nella regione dell’anello nicotinammidico, una regione con carica negativa a livello dei gruppi fosfato, e regioni in grado di formare legami idrogeno quali gli ossidrili degli zuccheri, il gruppo ammidico della nicotinammide, e l’ammina primaria eterociclica dell’adenina, con caratteristiche basiche. Sfruttando da un lato la capacità di questa molecola di formare una grande varietà di interazioni, come il π-stacking, interazioni elettrostatiche ed idrofobiche, dall’altro la capacità di inserire delle costrizioni conformazionali a diversi livelli, sono stati sintetizzati gli analoghi del NAD +, allo scopo di trovare un inibitore selettivo nei confronti della mtppnk. 34 Materiali e Metodi 2 2.1 MATERIALI E METODI Clonaggio ed espressione dei geni nadF, hnadk e c5orf33 Mediante ricerche di omologia di sequenza in banca dati, eseguite con il programma BLAST [98], è stato possibile individuare nel genoma del M. tuberculosis, nel genoma umano e di topo Mus musculus i geni di interesse per il clonaggio. Per gli esperimenti di clonaggio e di espressione in forma ricombinante dei geni di interesse sono stati utilizzati i vettori pGEM®-T Easy Vector, pT7-7, pET-15b e pET-28c. 2.1.1 Vettori plasmidici di clonaggio e di espressione Il pGEM ®-T Easy Vector (Promega, Fig.14) è un plasmide ad alto numero di copie, utilizzato per clonare rapidamente i prodotti ottenuti dalla reazione a catena della polimerasi (PCR), mediante il cosiddetto TA cloning. Il plasmide linearizzato, infatti, possiede all’estremità 3’ un residuo di deossitimidina; questa caratteristica permette un’efficiente ligazione con un prodotto di PCR, ottenuto con una Taq DNA polimerasi, che aggiunge all’estremità 5’ dell’amplificato, un’unità di deossiadenosina. Fig.14. Mappa del vettore pGEM®-T Easy. I batteri usati per la trasformazione con il pGEM ricombinante sono cellule TOP10, derivate dal ceppo di E. coli K12 e progettate per una stabile replicazione dei plasmidi ad alto numero di copie. Tali cellule producono forme mutate dei geni recA ed endA, con conseguente riduzione dei fenomeni di ricombinazione e di digestione del DNA estraneo. Queste proprietà aumentano notevolmente la stabilità degli inserti e rendono le cellule batteriche TOP10 particolarmente adatte al clonaggio. 35 Materiali e Metodi Il vettore pT7-7 (Fig.15) è un vettore d’espressione, derivato del plasmide pBR322, di 2473 paia di basi [99]. Fig.15. Mappa del vettore di espressione pT7-7. Esso contiene: l’origine di replicazione del plasmide multicopia ColE1 che permette al pT7-7 di replicarsi nel momento in cui viene inserito in cellule di E.coli; il gene che codifica per la β-lattamasi che, idrolizzando l’ampicillina, conferisce alla cellula ospite la resistenza a tale antibiotico (ampR ), ed infine il promotore forte φ10 localizzato a monte di un polilinker costituito da nove differenti siti di restrizione e dentro il quale viene inserito il gene da clonare. L’espressione del gene è sotto il controllo del promotore per la RNA polimerasi del batteriofago T7 (T7lac). Tale polimerasi è altamente selettiva per i promotori del fago T7, come ad esempio φ10, sotto il controllo del quale, nel pT7-7, si trova il gene da esprimere. Nel genoma delle cellule di E.coli (DE3) utilizzate per l’espressione è presente un vettore fagico λDE3, che contiene il gene per l’RNA polimerasi del batteriofago T7 la cui espressione è sotto il controllo del promotore lacUV5. Quest’ultimo è un allele mutante del promotore lac, in cui lo scambio delle due basi in posizione 8 e 9 nella sequenza di Pribnow-Schaller aumenta l’efficienza della trascrizione di un fattore di 2.5. Il promotore lacUV5 è un promotore isopropiltiogalattoside (IPTG)inducibile: in presenza di IPTG viene indotta la trascrizione del gene che codifica per la T7 RNA polimerasi. La trascrizione di questo gene, da parte della RNA polimerasi dell’ E.coli, è controllata dal repressore lac codificato dal gene lacI. Normalmente, le molecole di repressore lac prodotte dalla cellula si legano all’operatore impedendo il legame della RNA polimerasi al promotore lacUV5 e di conseguenza l’espressione della T7 RNA polimerasi è inibita. L’espressione dell’enzima è indotta, invece, in presenza di IPTG, analogo del lattosio, che legandosi al repressore lac, permette alla RNA polimerasi di trascrivere il gene della T7 RNA polimerasi. Quest’ultima riconosce il promotore φ10 sul vettore pT7-7 e inizia a sua volta la trascrizione del gene di interesse. Anche in assenza di induttore, tuttavia, si osserva un certo livello di espressione della T7 RNA polimerasi. Questo è probabilmente dovuto al fatto che le molecole di repressore lac non sono sufficienti ad occupare tutti i siti operatori disponibili. 36 Materiali e Metodi Anche nel vettore pET15b (Fig.16) l’espressione del gene di interesse è sotto il controllo del promotore della T7 RNA polimerasi. Tutti i vettori della serie pET differiscono dal pT77 per la presenza di una copia del gene lacI nel plasmide. Le molecole di repressore lac codificate da questo gene, si legano sia al promotore lacUV5, reprimendo la trascrizione della T7 RNA polimerasi, sia all’operatore del promotore T7lac nel vettore per bloccare la trascrizione del gene di interesse. Pertanto, mentre con il pT7-7 si ottiene una considerevole espressione della proteina di interesse anche prima dell’induzione con IPTG, con i vettori pET l’espressione è strettamente controllata. Fig.16. Mappa del vettore di espressione pET-15b. In particolare il pET-15b è stato progettato per ottenere alti livelli di espressione del polipeptide di interesse fuso con una coda di sei residui di istidina (6-His tag) che generalmente è posizionata a monte del dominio N-terminale. La presenza di un sito di taglio per la trombina permette di rimuovere tale coda, una volta che la proteina ricombinante è stata purificata mediante cromatografia di affinità su resine a ioni nickel che legano le code di istidine. Il sistema di selezione delle cellule batteriche che hanno internalizzato il plasmide ricombinante si basa sulla resistenza all’antibiotico β-lattamico ampicillina. L’ampicillina è un antibiotico ad ampio spettro, in grado di penetrare attraverso la parete cellulare di batteri Gram + e Gram -. Esso agisce come un inibitore competitivo dell’enzima trans peptidasi, che interviene nella biosintesi della parete cellulare, portando alla lisi cellulare. 37 Materiali e Metodi Il gene per la resistenza all’ampicillina (bla), portato dal vettore, codifica per l’enzima βlattamasi. Tale enzima è in grado di aprire in maniera irreversibile l’anello β-lattamico dell’antibiotico, inattivandone le proprietà antibatteriche. Pertanto, in presenza di ampicillina, cresceranno solo quelle cellule che avranno acquisito il vettore ricombinante. Il vettore pET-28c (Fig.17) presenta caratteristiche analoghe al pET-15b. Una sostanziale differenza è la presenza a valle del polylinker di una seconda sequenza 6-Histag, che rende possibile l’inserimento della coda di istidine anche al C-terminale. Inoltre il sistema di selezione si basa sulla resistenza all’antibiotico kanamicina che, interagendo con la subunità 30S dei ribosomi procariotici, inibisce la traslocazione del ribosoma durante la sintesi proteica. Il gene per la resistenza alla kanamicina, portato dal vettore, codifica per la 3’-fosforibosiltrasferasi, o neomicina fosfotrasferasi (NPTII/Neo) che è in grado di inattivare, attraverso fosforilazione diretta, un’ampia gamma di antibiotici aminoglicosidici fra cui la kanamicina. Fig.17. Mappa del vettore di espressione pET28a. Gli analoghi vettori pET28b e pET28c sono riportati nel riquadro e differiscono da pET28a per la mancanza di 1bp nel pET28b (5368bp totali) e 2bp nel pET28c (5367bp totali), in ambedue i casi sottratte a livello del sito unico di restrizione BamHI. 38 Materiali e Metodi I ceppi batterici utilizzati per l’espressione in forma ricombinante dei geni di interesse sono cellule di E.coli BL21 (DE3) e Rosetta (DE3). Le cellule BL21 (DE3) rappresentano il ceppo di E. coli maggiormente usato negli esperimenti di routine di espressione di proteine ricombinanti ed hanno il vantaggio di essere deficienti in proteasi intracellulari. Le Rosetta (DE3) sono derivate delle BL21 utili nei casi in cui è necessario iperesprimere un gene ricco in codoni scarsamente rappresentati nel codice genetico dell’organismo utilizzato per l’espressione. Il pattern dei tRNA utilizzati da ogni cellula per la traduzione di un mRNA è differente e caratteristico da organismo ad organismo, ed in particolare ci sono differenze fra i pattern procariotici ed eucariotici: questo fatto a volte può rendere problematica la traduzione della proteina eucariotica. In sistemi di espressione procariotici può infatti accadere che una o più triplette dell’mRNA che codifica per una proteina eucariotica debba essere tradotta da un tRNA che nel sistema di traduzione della cellula batterica è raramente presente [100]. Questo generalmente causa un rallentamento della traslocazione del ribosoma, fino al completo distacco del complesso traduzionale con la formazione di una proteina tronca. Nelle cellule Rosetta (DE3) è mantenuto il vettore pRARE che codifica per alcuni tRNA i cui anticodoni sono complementari ai codoni rari AUA, AGG, AGA, CUA, CCC e GGA (Fig.18). La trascrizione di questi tRNA rende così il codon usage totale della cellula batterica più simile a quello di una cellula eucariotica, con una probabilità considerevolmente minore di ottenere proteine tronche. Fig.18. Mappa del vettore pRARE. Il sistema di selezione di questo plasmide si basa sulla resistenza all’antibiotico cloramfenicolo che inibisce la sintesi proteica. legandosi alla subunità 50S ribosomiale. La resistenza al cloramfenicolo è conferita dal gene cat, presente nel plasmide, che codifica l’enzima cloramfenicolo acetiltrasferasi (CAT). Tale enzima, acetilando il gruppo 39 Materiali e Metodi idrossilico del cloramfenicolo, ne impedisce l’attacco al ribosoma, inibendo la sua attività batteriostatica. 2.1.2 Clonaggio dei geni c5orf33, nadF e hnadk in E. coli Il gene nadF di M. tuberculosis è stato amplificato, mediante PCR, dal cosmide MTC125 con i primers forward 5’-CTAGAATTCCAGTGACCGCTCATCGCAGT (che introduce un sito EcoRI all’estremità 5’) e reverse 5’- ATAGGATCCCTACTTTCCGCGCCAACCGGT (che introduce un sito BamHI all’estremità 3’). Le condizioni di amplificazione sono state le seguenti: 5 min a 94°C; 30 s a 94°C, 30 s a 55°C, 30 s a 72°C; 5 min a 72°C per 30 cicli. Nella miscela di reazione erano presenti 10 ng di cosmide, 0.5 pmol/μL di ogni primer, MgCl2 1.5 mM, DMSO al 2% e 0.04 Unità/μL di Taq polimerasi (Finnzymes High Fidelity). Il prodotto di PCR, di 924 bp, è stato purificato, dopo elettroforesi su gel di agarosio all’1%, con PCR purification kit (Roche) e dopo digestione con gli enzimi di restrizione EcoRI e BamHI, è stato ligato (T4 DNA ligasi, Fermentas) nel vettore pT7-7 precedentemente digerito con gli stessi enzimi, ottenendo così il plasmide ricombinante pT7-7-nadF. Il cDNA del gene hnadk è stato ottenuto da cellule di astrocitoma umano (MOG-G-UVW) mediante estrazione dell’RNA totale con il kit SV Total RNA Isolation System (Promega) seguendo le istruzioni della casa produttrice, e successiva retrotrascrizione con il kit First Strand cDNA Synthesis kit (Biotech. Dept. Bio Basic Inc.) in presenza di random primers. Il cDNA è stato amplificato, mediante PCR, con i primers: forward 5’- CGGCATATGGAAATGGAACAAGAAAAAATG (che introduce un sito NdeI all’estremità 5’) e reverse 5’-ATACCTAGGCTAGCCCTCCTCCTCCTCCTC (che introduce un sito BamHI all’estremità 3’) per il primo clonaggio all’interno di pGEM (Promega). Le condizioni di amplificazione sono state le seguenti: 3 min a 94°C; 1 min a 94°C, 1 min a 68°C e 2 min a 72°C per 5 cicli; 1 min a 94°C, 1 min a 80°C e 2 min a 72°C per ulteriori 30 cicli; 10 min a 72°C. Nella miscela di reazione sono presenti 10 ng di cDNA, 0.5 pmol/μL di ogni primer, MgCl2 3 mM, DMSO al 2% e 0.025 Unità/μL di Taq polimerasi (Finnzymes High Fidelty). Il prodotto della reazione di amplificazione, di 1355 basi, è stato purificato, dopo elettroforesi su gel di agarosio all’1%, con il PCR purification kit (Roche) e, quindi, clonato nel vettore pGEM-T Easy vector (Promega), seguendo le istruzioni della casa produttrice. Il costrutto è stato digerito con l’enzima NdeI, defosforilato con fosfatasi alcalina (Fermentas), e ligato (T4 DNA ligasi, Fermentas) nel vettore di espressione pET-15b, precedentemente digerito con lo stesso enzima secondo le modalità sopra descritte. 40 Materiali e Metodi Il cDNA del gene c5orf33 murino è stato amplificato, mediante PCR, dal plasmide pFLC1 (DNAFORMTM) con i primers forward 5’-CGGAATTCTCATGACTTGCTACCGGGGCTTC (che introduce un sito EcoRI all’estremità 5’) e reverse 5’- ATTGCGGCCGCTCACTGCTCTAGAATCA (che introduce un sito NotI all’estremità 3’). Le condizioni di amplificazione sono state le seguenti: 5 min a 94°C; 30 s a 94°C, 30 s a 55°C, 30 s a 72°C; 5 min a 72°C per 30 cicli. Nella miscela di reazione sono presenti 10 ng di plasmide, 0.5 pmol/μL di ogni primer, MgCl 2 1.5 m M, DMSO al 2% e 0.04 Unità/μL di Taq polimerasi (Finnzymes High Fidelity). Il prodotto di PCR, di 1388 bp, è stato clonato nel vettore pET-28c secondo le modalità già descritte nel precedente clonaggio, ottenendo così il costrutto pET-28c-c5orf33 2.1.3 Espressione delle proteine mtppnk, hNADK e C5orf33 in E. coli I costrutti ottenuti sono stati usati per trasformare tramite shock termico cellule di E. coli TOP10 (Invitrogen) per la propagazione plasmidica. La sequenza nucleotidica degli inserti è stata confermata mediante sequenziamento diretto. Per l’espressione della mtppnk singole colonie di E. coli BL21(DE3) (Novagen) trasformate con il costrutto pT7-7-nadF sono state inoculate in 1 L di terreno Luria-Bertani (LB) contenente ampicillina (100 μg/mL). Le cellule sono state fatte crescere aerobicamente a 37°C, fino a raggiungere una OD 600 di 0.6. Dopo aver indotto l’espressione con IPTG 1 m M, le cellule vengono mantenute in crescita a 37°C per altre 2 h, e raccolte ad una OD 600 finale di 1.8 dopo centrifugazione a 8000 x g per 10 min, con ottenimento di 2.3 g di pellet. Per l’espressione della hNADK, singole colonie di E. coli trasformate con il costrutto pET15b-hNADK sono state inoculate in 1 L di LB. BL21(DE3) ricombinanti (Novagen) sono state fatte crescere in terreno contenente ampicillina (100 μg/mL) nelle stesse modalità descritte sopra per l’espressione di mtppnk. Cellule Rosetta (Novagen) sono state fatte crescere aerobicamente a 37°C in terreno contenente ampicillina (100 μg/mL) e cloramfenicolo (34 μg/mL). Dopo induzione con IPTG 1 mM ad OD 600 di 0.6, la temperatura di crescita è stata abbassata a 20°C. Dopo 20 h la coltura raccolta ad un’OD600 finale di 2.1 è stata centrifugata a 8000 x g per 10 min, con ottenimento di un pellet di 6.4 g. Per l’espressione della proteina C5orf33 singole colonie di E. coli BL21 (DE3) (Novagen) trasformate con il costrutto pET-28c-c5orf33 sono state inoculate in 250 mL di LB contenente kanamicina (50 μg/mL). Le cellule sono state fatte crescere aerobicamente a 41 Materiali e Metodi 18°C, fino a raggiungere una OD 600 di 0.6. Dopo aver indotto l’espressione con IPTG 1 mM, le cellule vengono mantenute in crescita a 18°C per altre 5 h e raccolte ad una OD600 finale di 1.8. Dopo centrifugazione a 8000 x g per 10 min è stato ottenuto un pellet di 0.8 g. 2.2 2.2.1 Determinazione dell’attività enzimatica Saggio spettrofotometrico continuo I metodi spettrofotometrici derivano dalla necessità di avere saggi rapidi ed affidabili per la determinazione dell’attività in campioni provenienti da fonti diverse e a differenti gradi di purificazione. Si tratta di un saggio accoppiato condotto a 37°C in cui il NADP prodotto dalla reazione catalizzata dalla NAD chinasi è trasformato in NADPH in una seconda reazione catalizzata dall’enzima glucosio 6-fosfato deidrogenasi (G6PDH) il cui prodotto è rilevato dalla variazione dell’assorbanza ad una lunghezza d’onda di 340 nm. La miscela di reazione è costituita da una soluzione contenente Tris 100 m M, pH 8.0, KCl 100 mM, NaCl 100 mM, MgCl2 20 mM, ATP 3 mM, NAD + 1 mM, glucosio 6-fosfato 1 mM, 1 Unità di G6PDH ed una quantità appropriata di enzima ricombinante. La temperatura viene mantenuta a 37°C. La G6PDH è l’enzima che catalizza la prima reazione della via dei pentoso fosfati. E’ un enzima estremamente specifico per il NADP e catalizza una reazione essenzialmente irreversibile. ATP NAD ADP NAD chinasi, Mg2+ Glucosio6-fosfato NADP 6-fosfoglucono -lattone Glucosio-6-fosfato deidrogenasi, Mg2+ NADPH Tale enzima catalizza la deidrogenazione del glucosio 6-fosfato a 6-fosfoglucono-Δlattone, utilizzando come cofattore una molecola di NADP che ossidando il carbonio 1 del glucosio 6-fosfato, si riduce a sua volta. Il NADPH prodotto ha la particolare caratteristica di avere un secondo picco di assorbimento - oltre che a 260 nm dove assorbono gran parte dei nucleotidi - a 340 nm. L’attività enzimatica, espressa in U/mL, è calcolata misurando l’incremento lineare di assorbanza della miscela a 340 nm nell’unità di tempo (E/T) con la seguente formula: (U/mL) = (E/t) . Vmix . 1000/ . Venz 42 Materiali e Metodi dove: ΔE = aumento dell’assorbanza a 340 nm nell’intervallo di tempo Δt; Δt = intervallo di tempo nel quale avviene l’incremento lineare di assorbanza ΔE; Vmix = volume totale della miscela di saggio, espressa in mL; coefficiente di estinzione millimolare del NADPH ·cm -1); Ven z = volume di preparazione enzimatica nella miscela di saggio, espresso in μL. 2.2.2 Saggio in HPLC Il metodo per la valutazione dell’attività chinasica in HPLC, è stato utilizzato principalmente per i saggi enzimatici in presenza di potenziali inibitori, per avere una valutazione più precisa della percentuale d’inibizione. Con questo metodo, infatti, viene misurata direttamente la quantità di NADP prodotta nella miscela di reazione. La miscela di reazione (150 μL) viene allestita incubando, a 30°C per 30 min, un’opportuna quantità di campione in tampone Tris 50 m M, pH 8.0, contenente MgCl2 20 mM, ATP 1 mM, NAD+ 1 mM ed eventualmente l’inibitore 1 mM. La reazione viene bloccata aggiungendo un volume di HClO 4 1.2 M pari ad ½ del volume della miscela di reazione (concentrazione finale HClO 4 0,4 M). Dopo 10 min in ghiaccio, la miscela viene centrifugata per 3 min a 16000 g per allontanare le proteine precipitate, e neutralizzata con K2CO3 0.8 M fino al raggiungimento di un pH = 6.0. Una ulteriore centrifugazione a 16.000 g x 3 min serve ad allontanare il precipitato salino dal sovranatante, il quale verrà sottoposto a cromatografia a fase inversa in HPLC. A tale scopo viene utilizzata una colonna contenente la resina SUPELCOSILTM LC-18-T (25 cm x 4.6 mm, 5 μm) equilibrata in tampone fosfato di potassio 0.1 M, pH 6.0. L’eluizione viene effettuata applicando un gradiente discontinuo di metanolo nel tampone di equilibrazione. Il gradiente ha una durata di 35 min e il flusso viene mantenuto costante a 1.3 mL/min. La temperatura è mantenuta costante a 20°C e la lunghezza d’onda del rivelatore è impostata a 260 nm. Le caratteristiche del gradiente sono riportate in Tab.4: Tab.4. Gradiente per la separazione dei nucleotidi piridinici mediante cromatografia a fase inversa in HPLC. A = Tampone fosfato di potassio 0.1 M, pH 6.0. B = metanolo al 20% nel tampone A. 43 Materiali e Metodi Confrontando l’area del NADP ottenuta iniettando in colonna il campione con l’area del dinucleotide a concentrazione nota (standard) è possibile risalire alle moli di NADP iniettate. Tenendo conto delle diluizioni a cui viene sottoposta la miscela durante i passaggi di deproteinizzazione e neutralizzazione, si risale all’attività enzimatica espressa in Unità/mL (U/mL) utilizzando la seguente formula: Ae (U/mL) = N · D · 1000 / Venz · T dove: N = μmoli di NADP iniettate; D = fattore di diluizione della miscela di reazione, espresso in minuti; Ven z = volume di preparazione enzimatica aggiunto alla miscela di reazione, espresso in μL. Una Unità enzimatica è definita come la quantità di enzima che catalizza la formazione di 1 μmol di NADP al minuto a 37°C. 2.3 Purificazione delle proteine mtppnk, hNADK e C5orf33 2.3.1 Purificazione dell’enzima mtppnk Cellule di E. coli BL21, trasformate con il plasmide ricombinante pT7-7-nadF, provenienti da 1 L di coltura vengono risospese in 50 mL di tampone Tris 20 mM, pH 8.0, MgCl 2 1 mM, EDTA 0.2 mM, DTT 1 mM (tampone A), nel rapporto 1:20 contenente lisozima 1 mg/mL, PMSF 1 mM e 2 μg/mL di antipaina, aprotinina, chimostatina, leupeptina e pepstatina. La sospensione viene sonicata a 180 Watt con impulsi di 0.6 s, per 30 s, per 5 volte, a 4°C. Dopo centrifugazione a 20000 g per 30 min a 4°C, il sovranatante che rappresenta l’estratto grezzo, viene addizionato con NaCl 3 M per essere caricato su una colonna (19,6 cm 2 x 11 cm) contenente 220 mL di resina fenil sefaroso, equilibrata in tampone A, contenente NaCl 3 M. Dopo un lavaggio con lo stesso tampone di equilibrazione, l’eluizione viene effettuata applicando un gradiente continuo di NaCl da 3 M a 0 M, in 1 L + 1 L di tampone A. Il flusso viene mantenuto a 10 mL/min e vengono raccolte frazioni da 20 mL. L’enzima viene eluito alla fine del gradiente ed è necessario far passare attraverso la colonna un ulteriore volume di tampone A per eluirlo completamente. Le frazioni attive vengono riunite e concentrate a 0.4 mg/mL mediante ultrafiltrazione su membrana YM30 (Amicon Inc.). Il pool viene quindi dializzato contro il tampone contenente Tris 10 mM, pH 8.0, MgCl2 1 mM, EDTA 0.5 mM, DTT 1 mM (tampone B), e ulteriormente concentrato fino a 1 mg/mL. Aliquote di 1 mL vengono quindi caricate su TSK-DEAE-5PW (4 mL) in FPLC, equilibrata in tampone B. L’eluizione viene 44 Materiali e Metodi effettuata mediante un gradiente discontinuo di NaCl da 0 M a 0.3 M in tampone B. Il flusso è mantenuto a 1 mL/min e vengono raccolte frazioni di 0.5 mL. Le frazioni attive vengono riunite e concentrate a 6 mg/mL. 2.3.2 Purificazione dell’enzima hNADK Cellule di E. coli Rosetta (DE3), trasformate con il plasmide ricombinante pET-15bhNADK, provenienti da 1 L di coltura, vengono risospese in tampone Tris 100 mM, pH 8.0, MgCl2 1 mM, NaCl 500 m M, EDTA 0.2 mM, imidazolo 10 mM, (tampone A) nel rapporto 1:2, contenente lisozima 1 mg/mL, il cocktail di inibitori di proteasi specifico per proteine contenenti His-tag (Sigma) (50 μL/g di pellet), 50 μg/mL di antipaina, chimostatina, e 10 μg/mL di aprotinina, leupeptina e pepstatina, TCEP 1 mM. La sospensione viene sonicata a 100 Watt con impulsi di 0.5 s, per 30 s, per 5 volte, a 4°C. Dopo un trattamento a 60°C per 10 min, e centrifugazione a 20000 g per 30 minuti a 4°C, l’estratto grezzo viene filtrato con filtri da 0.2 μm e caricato su 800 μL di resina di affinità NiNTA equilibrata in tampone A. Dopo due lavaggi ,con tampone A contenente dapprima imidazolo 20 mM e poi 40 mM, l’eluizione viene effettuata, in tampone A contenente imidazolo 450 mM. Il flusso viene mantenuto a 0,2 mL/min per tutta la durata della purificazione, condotta sempre a 4°C, e vengono raccolte frazioni da 0.8 mL. Le frazioni attive vengono riunite e concentrate fino a 31 mg/mL tramite centrifugazione su membrana Amicon (cutoff 10 KDa, 2000 g, 4°C). Il pool ottenuto è stato caricato su colonna, contenente la resina SuperoseTM 12 10/300 GL (24 mL) per una cromatografia in gel filtrazione, precedentemente equilibrata con Tris 100 m M, pH 8.0, NaCl 300 mM, MgCl2 1 mM, TCEP 1 mM. Il flusso viene mantenuto a 0.5 mL/min e vengono raccolte frazioni da 0,25 mL. Le frazioni attive vengono riunite e concentrate secondo le modalità già descritte fino a 17 mg/mL. Il pool viene conservato a -20°C dopo aggiunta di glicerolo 20% (concentrazione finale: 13.6 mg/mL). 2.3.3 Purificazione della C5orf33 Cellule di E. coli BL21, trasformate con il costrutto pET-28c-c5orf33, provenienti da 250 mL di coltura, vengono risospese in 4 mL di tampone NaH2PO4 50 mM, pH 8.0, NaCl 300 mM, EDTA 0.3 m M, imidazolo 10 mM, β-mercaptoetanolo 1 m M (tampone A) nel rapporto 1:5 contenente fenilmetilsulfonilfluoruro (PMSF) 1 mM, lisozima 1 mg/mL, il cocktail di inibitori di proteasi specifico per proteine contenenti His-tag (Sigma) (50 μL/g di pellet), 2 μg/mL di antipaina, aprotinina, chimostatina, leupeptina e pepstatina. La sospensione viene sonicata a 50 Watt con impulso continuo, per 30 s, per 4 volte, a 4°C. Dopo centrifugazione a 20000 g per 30 minuti a 4°C, l’estratto grezzo viene fatto legare in batch a 4°C, su 200 μL di resina NiNTA equilibrata in tampone A. Dopo opportuni lavaggi in 45 Materiali e Metodi tampone A con imidazolo 25 mM, l’eluizione viene effettuata in un unico step, con tampone A contenente imidazolo 250 m M. La stessa procedura è stata utilizzata con l’estratto grezzo proveniente dalla lisi delle cellule di controllo BL21 (DE3) non ricombinanti. Tutte le frazioni del processo di purificazione sono state determinate come descritto in [101]. 2.4 La resina di affinità NiNTA L’espressione e la purificazione di proteine ricombinanti facilita la produzione e la caratterizzazione dettagliata di teoricamente tutte le proteine. Sebbene una grande varietà di sistemi di espressione eterologhi siano stati sviluppati nel corso degli anni e sono ancora oggi usati per produrre proteine ricombinanti, la purificazione delle proteine di interesse può essere ancora uno step problematico. Le procedure di purificazione classiche possono essere sempre impiegate, ma in molti casi le tecniche del DNA ricombinante hanno permesso la costruzione di proteine di fusione in cui specifici tag di affinità sono aggiunti alla sequenza proteica di interesse; l’utilizzo di questi tag di affinità semplifica la purificazione delle proteine di fusione ricombinanti, attraverso l’utilizzo di metodi cromatografici di affinità. La resina NiNTA agarose è composta da acido nitrilotriacetico (NTA) immobilizzato su una matrice di Sepharose CL-6B. Il gruppo funzionale della resina è l’acido nitrilotriacetico, un chelante di metalli tetradentato che occupa quattro dei sei siti di legame della sfera di coordinazione dello ione nickel; gli altri due siti possono interagire con gli anelli imidazolici dei 6 residui istidinici consecutivi presenti nella coda con cui viene funzionalizzata la proteina ricombinante (Fig.19). 46 Materiali e Metodi Fig.19. Modalità d’interazione della resina NiNTA con i residui di istidina. Questa coda (6xHis tag) può essere posta sia all’N- che al C-terminale della proteina di interesse. La resina NiNTA lega saldamente le proteine con code istidiniche permettendo la purificazione ad omogeneità anche di proteine ricombinanti che costituiscono una bassissima percentuale (<<1%) del contenuto proteico totale [102]. L’eluizione viene condotta utilizzando piò meno concentrazioni elevate di imidazolo o istidina che competono con i residui di istidina per il legame alla resina, oppure attraverso la proto nazione, abbassamento dal pH, dei residui di istidina che vengono respinti dalla carica positiva dello ione emtallico. La NiNTA agarose offre una elevata capacità di legame (5-10 mg di proteina con 6 residui di istidina all’estremità di fusione per millilitro di resina) con interazioni non aspecifiche molto ridotte. 2.5 Analisi elettroforetiche 2.5.1 Elettroforesi in condizioni denaturanti su gel di poliacrilammide (SDS- PAGE) La visualizzazione del contenuto proteico nelle diverse frazioni dell’espressione e purificazione è stata ottenuta mediante elettroforesi in condizioni denaturanti su gel di poliacrilammide (SDS-PAGE) [103]. Per l’analisi elettroforetica del contenuto proteico cellulare totale, le frazioni sono state risospese in Tris 60 mM, pH 6.8, contenente SDS 2%, β-mercaptoetanolo 5%, glicerolo 10%, blu di bromofenolo 0.01%, bollite per 5 min, prima di essere caricate su gel. Dopo la corsa elettroforetica a 150 V per circa 1 h, il gel è stato colorato per 45 minuti con la soluzione di Comassie Brilliant Blue R-250 0,1% (W/V), 47 Materiali e Metodi acido acetico 10% (V/V) e metanolo 50% (V/V). La decolorazione è stata ottenuta mantenendo il gel in agitazione in una soluzione di metanolo 50% (V/V) e acido acetico 10% (V/V) fino ad ottenere l’ottimale visualizzazione delle bande proteiche. 2.5.2 Western Blot Dopo la corsa elettroforetica i campioni sono stati trasferiti su una membrana di polivinildenfluoruro (PVDF, Millipore) precedentemente equilibrata per 3 s in metanolo (100%), 3 min in acqua e 30 s nel tampone di trasferimento costituito da acido cicloesilamminopropansulfonico (CAPS) 10 mM, pH 11.0, metanolo 10% v/v. Il gel, equilibrato nel tampone di trasferimento per 10 minuti, è stato messo a contatto con la membrana PVDF procedendo all’assemblaggio dei componenti come mostrato in Fig.20. Fig.20. Preparazione del sandwich per il trasferimento delle proteine dal gel al PVDF. Il sandwich così composto viene immerso nel tampone di trasferimento all’interno di una cameretta elettroforetica. Il trasferimento avviene a 4°C, in lieve agitazione, per 3 h a 250 mA. L’anticorpo primario, Stabilized Goat Anti-Mouse HRP-Conjugated presente all’interno del Kit SuperSignal® West Femto Maximum Sensitivity Substrate (Pierce), è specifico per le proteine ricombinanti purificate tramite tecnologia Ni-NTA, in quanto in grado di riconoscere il 6-His-tag, mentre l’anticorpo secondario è diretto contro le immunoglobuline della specie utilizzata per produrre l’anticorpo primario (pecora) ed è coniugato con l’enzima perossidasi di rafano. Lo standard di proteine per la determinazione dei pesi molecolari trasferito su membrana di PVDF è stato tagliato e colorato con una soluzione costituita da metanolo 50%, acido 48 Materiali e Metodi acetico 10% e Coomassie Blue Brilliant R-250 0.7%, e successivamente posta in una soluzione decolorante costituita da metanolo 50% e acido acetico 10%. Il resto della membrana invece, dopo un abbondante lavaggio in tampone Tris 10 mM, pH 7.5, NaCl 150 mM (TBS), è stato incubato per tutta la notte a 4°C in tampone composto da TBS e albumina sierica bovina (BSA) per bloccare i siti idrofobici della membrana di PVDF rimasti liberi dopo il trasferimento. Dopo un esteso lavaggio con tampone Tris 20 mM, pH 7.5, NaCl 500 mM, Tween 20 0.05% (v/v), Triton X-100 0.2% (v/v) (TBS-Tween/Triton) la membrana è stata incubata con l’anticorpo primario coniugato con HRP (Pierce) alla diluizione di 1:1000 a temperatura ambiente per un’ora. Previo lavaggio con TBSTween/Triton e poi TBS, la membrana è stata infine incubata con l’anticorpo secondario coniugato con perossidasi di rafano, diluito 1:1000 nella soluzione di TBS-Buffer addizionata di latte liofilizzato 10% per 1 h a temperatura ambiente. I segnali sono stati rilevati mediante chemioluminescenza attraverso il software Quantity One (ChemiDoc TM XRS, Biorad). 49 Risultati e discussione 3 RISULTATI E DISCUSSIONE 3.1 La NAD chinasi da M . tuberculosis (mtppnk) 3.1.1 Clonaggio ed espressione del gene nadF in E. coli Il gene nadF è stato amplificato, mediante PCR, dal cosmide MTC125 e clonato nel vettore pT7-7. La trasformazione di cellule di E. coli BL21 (DE3) con il plasmide ricombinante pT7-7-nadF ha consentito l’espressione di una proteina identica alla nativa, di 307 aminoacidi. Le modalità di clonaggio e le condizioni di espressione sono riportate in Materiali e Metodi. L’espressione della proteina ricombinante mtppnk è stata confermata dall’analisi elettroforetica delle cellule trasformate con il costrutto, che ha evidenziato la presenza di una banda di peso molecolare 33 KDa, corrispondente al peso molecolare atteso per la proteina ricombinante (Fig.21). Fig.21. SDS-PAGE delle frazioni solubili delle cellule trasformate con il plasmide ricombinante prima dell’induzione (BI) e dopo 2 ore dall’induzione (AI). La proteina viene espressa in forma solubile (come dimostra l’aumento di intensità della banda a 33 KDa in figura) ed è dotata di attività enzimatica, come dimostrato dalla presenza di elevati livelli di attività NAD chinasica nelle cellule trasformate con il plasmide ricombinante, rispetto a quelli calcolati nelle cellule di controllo, cioè nelle cellule trasformate col solo plasmide pT7-7. 50 Risultati e discussione 3.1.2 Purificazione della proteina ricombinante La proteina ricombinante mtppnk è stata purificata mediante due step cromatografici come descritto in Materiali e Metodi, allo scopo di ottenere una preparazionead elevato grado di purezza, da sottoporre a studi di cristallizzazione e per saggi di inibizione enzimatica. Il grafico dell’attività in rapporto all’OD280 (Fig.22) mostra come la prima preparazione proteica, ottenuta caricando l’estratto grezzo ricombinante su una resina fenil-sefaroso (PS), sia già sensibilmente purificata dal pattern di proteine presente nell’estratto grezzo iniziale. Le frazioni più attive (verde), derivanti dal primo step, sono state riunite in un pool che è stato sottoposto ad una seconda cromatografia su resina TSK-DEAE. Il profilo cromatografico risultante mostra come la chinasi ricombinante, eluita ad una concentrazione di NaCl di circa 200 mM, ha raggiunto un grado di purezza superiore rispetto allo step precedente (Fig.23). Fig.22. profilo di assorbanza a 280 nm ( cromatografia PS. ) e di attività ( ) delle frazioni della 51 Risultati e discussione Fig.23: profilo di assorbanza a 280 nm (blu) della cromatografia TSK-DEAE. Linea del gradiente in verde, frazioni in rosso. Il gel in Fig.24 mostra l’omogeneità della preparazione finale. Fig.24. SDS-PAGE delle frazioni relative ai due step cromatografici. PS: pool delle frazioni attive dopo cromatografia su resina fenil sefaroso. TSK-DEAE: pool delle frazioni attive dopo TSK-DEAE. La freccia indica la proteina mtppnk. La proteina d’interesse è stata quindi purificata, attraverso lo step PS, dalla maggior parte delle proteine, fra cui le proteasi idrofobiche, eliminate durante le prime fasi del gradiente. Il secondo step ha arricchito la preparazione della proteina ricombinante portandola ad una purezza > 95%. L’enzima così ottenuto, ad una concentrazione di 6 mg/ml è stato inviato al Dipartimento di Scienze Chimiche, Alimentari, Farmaceutiche e Farmacologiche (DISCAFF) dell’Università del Piemonte Orientale 'A. Avogadro' (Novara) per studi di cristallizzazione in presenza di un inibitore, al fine di indagare le modalità d’interazione molecolare con il sito attivo dell’enzima. 52 Risultati e discussione 3.2 3.2.1 La NAD chinasi umana (hNADK) Clonaggio ed espressione del gene hnadk in E. coli Il gene hnadk è stato amplificato, mediante PCR, dalla linea cellulare di astrocitoma umano MOG-G-UVW e clonato nel vettore pET-15b. La trasformazione di cellule di E. coli Rosetta (DE3) con il plasmide ricombinante pET15b-hNADK ha consentito l’espressione di una proteina più grande della proteina nativa, di circa 50 KDa, contenente la coda di istidine all’estremità N-terminale. Le modalità di clonaggio e le condizioni di espressione sono riportate in Materiali e Metodi. L’espressione della proteina ricombinante è stata confermata dall’analisi elettroforetica delle cellule trasformate con il costrutto, che ha evidenziato una banda di peso molecolare 50 KDa, corrispondente al peso molecolare atteso per la proteina ricombinante (Fig.25). Fig.25. SDS-PAGE delle frazioni solubili delle cellule Rosetta (DE3) trasformate con il plasmide ricombinante prima dell’induzione (BI) e dopo 20 ore (20h) dall’induzione. 3.2.2 Purificazione della proteina ricombinante La proteina ricombinante hNADK è stata purificata mediante due step cromatografici come descritto in Materiali e Metodi, allo scopo di ottenere una preparazione proteica omogenea ad elevato grado di purezza, che oltre ad essere utilizzata nei saggi enzimatici per la ricerca di potenziali inibitori, sarà sottoposta anche a studi di cristallizzazione. I primi tentativi di purificazione, condotti a partire da cellule BL21 (DE3) trasformate con il plasmide ricombinante, avevano sempre evidenziato la presenza oltre che della proteina ricombinante intera, di altri frammenti di più basso peso molecolare (Fig.26). 53 Risultati e discussione Fig.26. Purificazione della hNADK da BL21 (DE3). SDS-PAGE del pool NiNTA. Il western blot (Fig.27) condotto tramite anticorpi specifici diretti contro la coda di istidine (Ab anti-His tag) ha confermato che i frammenti che copurificano con la proteina di taglia attesa, contengono la coda di istidine. Inizialmente era stato ipotizzato che si trattasse di frammenti di degradazione della proteina di interesse. In realtà, un’analisi più accurata ha messo in evidenza che il cDNA della NAD chinasi umana è ricco di codoni scarsamente rappresentati nel codice genetico di E. coli. E’ riportato che questa condizione può determinare fenomeni di stop prematuro diversi durante il processo della traduzione con conseguente formazione di una o più proteine ricombinanti tronche al C-terminale, che avendo in comune l’N-terminale, cioè l’His tag, si comportano in maniera analoga durante la purificazione e quindi copurificano. Il western blot (Fig.numero) mostra come dopo purificazione della NAD chinasi umana ricombinante, espressa in cellule Rosetta (DE3), non siano più presenti i frammenti a basso peso molecolare, a conferma che erano proprio dovuti ad una non corretta traduzione della proteina. Fig.27. Western Blot del pool NiNTA ottenuto a partire da un lisato di cellule BL21 (DE3) e di cellule Rosetta (DE3). 54 Risultati e discussione Pertanto l’enzima ottenuto da tali cellule è stato purificato tramite due step cromatografici. Dal pool iniziale raccolto dopo una prima cromatografia su resina NiNTA, la gel filtrazione su resina SuperoseTM 12 10/300 GL (Fig.28) ha consentito di isolare le diverse forme dell’enzima umano: oltre alla forma predominante, corrispondente ad una proteina con peso molecolare di circa 175 kDa, ad indicare un probabile equilibrio fra la forma trimerica e quella tetramerica (PM monomero = 50 KDa), sono presenti anche altre forme aggregate a pesi molecolari più elevati, e con attività NAD chinasica più bassa. Fig.28. Profilo di assorbanza a 280 nm (blu) delle frazioni della gel filtrazione di hNADK espressa in Rosetta (DE3). Frazioni dell’eluizione in rosso. Sono state raccolte le frazioni più strettamente corrispondenti al picco predominante, in modo da ottenere un pool arricchito nella forma tetramerica ad attività specifica più elevata. Il gel in Fig.29 mostra l’omogeneità della preparazione finale. In Tab.5 è riportato lo schema riassuntivo della purificazione. Fig.29. SDS-PAGE delle frazioni relative alla purificazione della proteina ricombinante. EG: estratto grezzo. EG fil.: estratto grezzo filtrato. NiNTA: pool delle frazioni attive dopo cromatografia di affinità NiNTA. GF: pool delle frazioni attive dopo gel filtrazione. La freccia indica la hNADK. 55 Risultati e discussione Tab.5. Tabella di purificazione. La tabella mostra come la preparazione finale dell’enzima hNADK sia stata arricchita di solo 5 volte rispetto all’iniziale estratto grezzo a testimonianza del fatto che la proteina ricombinante viene espressa in maniera efficiente da queste cellule e rappresenta nell’estratto grezzo una buona percentuale delle proteine totali. (Fig.29). Il basso recupero in termini di unità enzimatiche è probabilmente dovuto al fatto che l’enzima si inattiva durante la prima cromatografia di affinità, dove si riscontra la perdita più consistente di unità enzimatiche. Da sottolineare tuttavia che il sistema di espressione e purificazione è stato ottimizzato notevolmente in quanto è stato possibile ottenere circa 7 mg di proteina altamente purificata da solo 1 L di coltura. Tale procedura ci permette di avere a disposizione una opportuna quantità di proteina pura da sottoporre a studi di cristallizzazione svolti in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Chimiche, Alimentari, Farmaceutiche e Farmacologiche (DISCAFF) dell’Università del Piemonte Orientale 'A. Avogadro' (Novara). 56 Risultati e discussione 3.3 3.3.1 La proteina C5orf33 Clonaggio ed espressione del gene c5orf33 in E. coli e purificazione della proteina ricombinante Il cDNA di c5orf33 di M. musculus è stato amplificato, mediante PCR, dal plasmide pFLC1 (DNAFORMTM) e clonato nel vettore pET-28c. La trasformazione di cellule di E. coli BL21 (DE3) con il plasmide ricombinante pET-28c-c5orf33 ha consentito l’espressione di una proteina più grande della proteina nativa, di circa 55 KDa, contenente la coda di istidine all’estremità N-terminale. Le modalità di clonaggio e le condizioni di espressione sono riportate in Materiali e Metodi. Non si osserva una significativa espressione della proteina ricombinante nell’estratto grezzo delle cellule di E. coli, come indicato dal gel in figura. Tuttavia è stato possibile arricchire in maniera significativa la preparazione iniziale tramite un unico step cromatografico su resina di affinità NiNTA (Fig.30, lane E 5.33). La preparazione è stata utilizzata per saggi di valutazione dell’attività NAD chinasica. Fig.30. SDS-PAGE delle frazioni relative alle diverse fasi della purificazione. ctrl: controllo positivo, rappresentato da cellule E. coli BL21 (DE3) senza vettore pET-28c; 5.33: cellule di E. coli BL21 (DE3) trasformate con il costrutto ricombinante pET-28c-c5orf33; EG: estratto grezzo; W: wash step con imidazolo 25 mM; E: eluizioni in tampone imidazolo 250 mM. 3.3.2 Saggi di valutazione dell’attività NAD chinasica L’attività NAD chinasica è stata condotta mediante saggio in HPLC come descritto in Materiali e Metodi. Nelle frazioni parzialmente purificate della proteina ricombinante non si è riscontrata nessuna formazione di NADP nel tempo. Allineando la sequenza amminoacidica della C5orf33 umana, con diverse NAD e NADH chinasi, sono state osservate mutazioni puntiformi rilevanti nella regione ricca di glicine 57 Risultati e discussione della C5orf33. In particolare l’aminoacido D conservato nelle NAD chinasi, viene sostituito da una serina conservata invece nelle NADH chinasi (Fig.31). Fig.31. Allineamento delle sequenze di NAD/NADH chinasi e C5orf33 umana, utilizzando Clustal W. I residui aminoacidici identici e simili sono indicati con asterischi e punti, rispettivamente. nadhk: NADH chinasi; nadk: NAD chinasi; arabidopsis: Arabidopsis thaliana; oryza: Oryza sativa; mycoplasma: Mycoplasma genitalium; hc5orf33: C5orf33 Homo sapiens; saccharomyces: Saccharomyces cerevisiae; streptomyces: Streptomyces coelicolor; synechocystis: Synechocystis sp; escherichia: Escherichia coli; salmonella: Salmonella typhimurium; clostridium: Clostridium acetobutylicum; homo: NAD chinasi Homo sapiens; xenopus: Xenopus laevis; mouse: Mus musculus; streptomyces: Streptomyces coelicolor. Con “*” sono indicati gli amminoacidi identici in tutte le specie allineate, con “:” quelli aventi caratteristiche chimico-fisiche analoghe, con “.” le situazioni in cui alcuni enzimi contengono amminoacidi differenti anche dal punto di vista chimicofisico. E’ stata quindi indagata la possibilità che l’enzima sia una NADH chinasi utilizzando il NADH come accettore di fosfato. Accanto a questo sono stati valutati anche substrati nucleotidici alternativi al NAD + quali l’acido nicotinico adenin dinucleotide (NaAD), nicotinammide, nicotinammide guanidin dinucleotide (NGD), nicotinammide inosin dinucleotide (NHD). Anche in questo caso l’esito è stato negativo, in quanto non è stata rilevata formazione dei corrispondenti nucleotidi fosforilati. E’ stata osservata anche un’altra differenza rilevante. La sostituzione della T, conservata nelle NAD chinasi e nelle NADH chinasi, nella C5orf33 viene sostituita da una lisina, amminoacido dalle caratteristiche chimico-fisiche differenti (Fig.32). 58 Risultati e discussione Fig.32. Allineamento delle sequenze di NAD/NADH chinasi e C5orf33 umana, utilizzando Clustal W. I residui aminoacidici identici e simili sono indicati con asterischi e punti, rispettivamente. NADK: NAD chinasi; NADHK: NADH chinasi; Zea mais: Zea mais; Arabidopsis: Arabidopsis thaliana; Oryza sativa: Oryza sativa; c5orf33: C5orf33 Homo sapiens; saccharomyces: Saccharomyces cerevisiae. Con “*” sono indicati gli amminoacidi identici in tutte le specie allineate, con “ :” quelli aventi caratteristiche chimico-fisiche analoghe, con “.” le situazioni in cui alcuni enzimi contengono amminoacidi differenti anche dal punto di vista chimico-fisico. Sono state successivamente allineate alcune sequenze delle C5orf33 di organismi diversi presenti nelle banche dati (Fig.33); dall’allineamento multiplo risultante si vede come sempre a livello di questa regione, nelle proteine derivanti da organismi meno evoluti era in origine presente la treonina. A livello del Branchiostoma lanceolatum (anfiosso), organismo di transizione fra i vertebrati e gli invertebrati, è avvenuta la prima mutazione di questa treonina in serina, amminoacido con caratteristiche chimico-fisiche sempre analoghe, contenente un gruppo ossidrilico nella catena laterale. Mentre nei vertebrati si è avuta una mutazione più drastica, passando da una serina a una lisina, amminoacido basico, con caratteristiche chimico-fisiche differenti. Fig.33. Allineamento delle sequenze di C5orf33, utilizzando Clustal W. I residui aminoacidici identici e simili sono indicati con asterischi e punti, rispettivamente. Caenorhabditis: Caenorhabditis elegans; Brugia: Brugia malawi; mouse: Mus musculus; human: Homo sapiens; rat: rattus norvegicus; gallus: Gallus gallus; xenopus: Xenopus laevis; amphioxus: Branchiostoma lanceolatum; mosquito: Culex quinquefasciatus; yellowfever: Aedes aegypti; anopheles: Anopheles gambiae; drosophila: Drosophila melanogaster. Con “*” sono indicati gli amminoacidi identici in tutte le specie allineate, con “:” quelli aventi caratteristiche chimico-fisiche analoghe, con “.” le situazioni in cui alcuni enzimi contengono amminoacidi differenti anche dal punto di vista chimico-fisico. 59 Risultati e discussione L’anfiosso è stato spesso utilizzato come elemento di paragone per capire come i vertebrati si sono evoluti e adattati. Anche se cefalocordati e vertebrati si sono divisi filogeneticamente più di 520 milioni di anni fa, il genoma dell’anfiosso contiene indizi circa l’evoluzione, in particolare come i vertebrati abbiano impiegato vecchi geni per nuove funzioni. Non è quindi da escludere l’ipotesi che la C5orf33 abbia modificato la sua funzione nel corso dell’evoluzione. E’ stato comunque dimostrato sperimentalmente che la C5orf33 è una proteina in grado di idrolizzare l’ATP: i diagrammi riportati (Fig.34) mostrano infatti la formazione di ADP, in presenza di ATP, solamente nei campioni contenenti la proteina ricombinante C5orf33. La proteina in esame è risultata essere quindi una chinasi, in grado di idrolizzare il γ-fosfato dell’ATP. ADP nmol ADP/mg 2000 1500 1000 ctrl c5orf33 500 0 30 60 120 minuti Fig.34. Attività ATPasica della proteina C5orf33 (rosso) e del controllo (blu) rappresentato dalle cellule non ricombinanti. 3.4 Saggi di inibizione dell’attività NAD chinasica 3.4.1 Analoghi del NAD+ La classe più numerosa di composti, saggiati come descritto in Materiali e Metodi nei confronti dell’enzima batterico e umano appartengono alla classe degli analoghi del NAD +, il substrato accettore di fosfato della NAD chinasi. La Fig.35 mostra nel dettaglio le interazioni che avvengono fra il substrato dinucleotidico naturale ed il sito attivo di mtppnk. L’anello nicotinico, entrando in stacking con l’anello della Tyr202, determina una restrizione conformazionale significativa per l’intera molecola (a), che viene ulteriormente bloccata a livello dell’adenina, da interazioni idrofiliche (b) con i residui della regione NE, con gli aminoacidi Thr197 e Tr200. I due ribosi interagiscono 60 Risultati e discussione mediante legame idrogeno dei numerosi gruppi OH con i residui idrofilici della regione NE e della Tyr202. a) b) Fig.35. Interazioni idrofobiche (a, verde) e legami idrogeno (b, fucsia) fra il NAD + e la NAD chinasi di M. tuberculosis, calcolate tramite il programma Ligand Explorer. NAD + rappresentato secondo il modello ball-and-stick. Enzima rappresentato secondo il modello a filamenti. La rappresentazione riportata in Fig.36 mostra più in dettaglio il tipo di interazione che viene a formarsi fra il substrato e i diversi residui aminoacidici delle due subunità enzimatiche coinvolte nella formazione del sito attivo. 61 Risultati e discussione Fig.36. Interazioni molecolari del NAD + all’interno del sito attivo di mtppnk, tramite il programma Ligplot. Le interazioni idrofobiche sono mostrate in rosso, le interazioni idrofiliche in verde. Rosso = O; Nero = C; Blu = N; Scaffold del NAD+ colorato in viola; Scaffold dei residui del sito attivo in arancione. 3.4.1.1 Modifiche del 2’-OH della porzione adenilica Poiché la reazione di fosforilazione è altamente specifica a livello del 2’-OH, la posizione del gruppo ossidrile durante la catalisi enzimatica è mantenuta stabile e rigida da legami idrogeno con una molecola d’acqua, con il gruppo carbossilico di Asp85 del motivo GGDG e il gruppo guanidinico dell’Arg109 proveniente da un loop lontano dal sito attivo, ma che si avvicina probabilmente con l’ingresso del NAD+ (Fig.37). Fig.37. NAD+ all’interno del sito attivo della NAD chinasi di M. tuberculosis. I legami idrogeno sono mostrati con una linea tratteggiata bianca. 62 Risultati e discussione I primi analoghi presentano modifiche a livello della posizione fosforilabile: l’OH in 2’ del riboso legato all’adenina. Sono stati quindi sintetizzati e saggiati i composti in cui la configurazione del gruppo in questione è stata invertita da ribo (come nel NAD+) ad arabino o rimpiazzato da un atomo di fluoro con entrambe le configurazioni (Fig.38). Fig.38. Analoghi del NAD+ con 2’-OH modificati: 1: 2’-fluoro ribo NAD+; 2: 2’-fluoro arabino NAD+ ; 3: arabino NAD+. Lo spostamento della configurazione ribo ad arabino determina un passaggio di conformazione del ribosio legato all’adenina da C3’-endo (tipica dei ribonucleosidi) a C2’endo che è tipicamente preferita dai 2’-deossinucleosidi. La sostituzione dell’ossidrile con un gruppo non fosforilabile, ha lo scopo di ottenere un composto in grado di interagire fortemente col sito attivo, ma che non essendo fosforilabile, è al tempo stesso in grado di bloccare l’attività catalitica dell’enzima. L’atomo di fluoro, della stessa taglia e polarità del gruppo ossidrile, permette alla molecola di preservare la conformazione C3’-endo del ribosio come quella osservata nel NAD +. Tab.6. Percentuali di inibizione dei composti 1, 2 e 3. I risultati mostrati in Tab.6 mettono in evidenza che, nonostante la differente conformazione, i due analoghi fluorurati hanno inibito in maniera significativamente identica l’enzima umano ma non quello batterico. D’altra parte invece, l’analogo 3 ha inibito nella stessa intensità entrambi gli enzimi (40% di inibizione alla conc. 1 mM). Poiché il 2’-OH può agire sia come donatore che come accettore di idrogeno, mentre il fluoro solo come accettore, il risultato di inibizione ottenuto sembra suggerire che i 63 Risultati e discussione sostituenti in 2’-OH, per inibire in maniera significativa l’enzima batterico, devono agire come donatori di idrogeno. E’ osservabile anche che l’attività inibitoria di questi composti è bassa ma potrebbero comunque competere con il NAD + la cui affinità per l’enzima è dell’ordine millimolare. 3.4.1.2 Sostituzione della nicotinammide Poiché l’adenosina è esposta al solvente e non interagisce molto con l’enzima, i successivi composti testati presentano modifiche a livello della nicotinammide. Per indagare l’importanza della carica positiva sulla molecola, l’ anello nicotinammidico è stato sostituito con un anello benzenico, con conseguente eliminazione della carica. Tale modifica dovrebbe aumentare le interazioni π-π con la Tyr202 dell’enzima e quindi rendere il composto risultante benzamide adenin dinucleotide (BAD) in grado di leg arsi più saldamente al sito attivo della molecola (Fig.39). Fig.39. Struttura del BAD. Come mostrato in Tab.7, il BAD ha mostrato un’elevata capacità di inibire la NAD chinasi umana (90% inibizione alla concentrazione 1 mM) e solo a concentrazioni più elevate si è osservata inibizione anche nei confronti dell’enzima micobatterico (36 % inibizione a 2 mM). Il BAD è risultato essere un inibitore competitivo dell’enzima umano, con un’affinità 6 volte superiore rispetto a quella del NAD + (Ki = 90 μM per il BAD, Ki = 540 μM per il NAD+) [104]. Tab.7. Percentuali di inibizione del BAD. Recentemente è stato osservato come il BAD sia in grado di inibire l’enzima inosina 5monofosfato 1 umana (IMPDH) [105-107]. Oltre ad esso, anche i composti quali l’acido micofenolico (MPA) e il suo derivato C2-MAD (Fig.40) sono risultati dei potenti inibitori competitivi della isoforma 2 dell’enzima umano (IMPDH2) con Ki rispettivamente di 7 nM, 330 nM e 16 nM [105, 108]. 64 Risultati e discussione Fig.40. Struttura dell’MPA e suoi derivati. La struttura cristallografica del complesso C2-MAD/IMPDH2 rivela chiaramente che l’adenosina del C2-MAD va a legarsi nel subsito A nella stessa maniera in cui l’adenosina del NAD+ si lega nel subsito A della NAD chinasi, mentre la subunità micofenolica va a legarsi nel subsito N, quello adibito al binding con la nicotinammide: l’anello a 6 termini aromatico del sostituente micofenolico mima la struttura della nicotinammide (Fig.41). Fig.41. Sovrapposizione del C2-MAD e NAD+ nella tasca di binding del cofattore della IMPDH2 umana. Dettaglio delle differenze nel binding del C2-MAD (bianco) e NAD + (viola). Pertanto sono stati testati alcuni composti derivati dell’acido micofenolico (Tab.8). Tab.8. Percentuali di inibizione dell’MPA e dei suoi derivati. 65 Risultati e discussione Le percentuali di inibizione dei primi due composti riportate in tabella indicano chiaramente che essi inibiscono la NAD chinasi di entrambi gli organismi, ma in maniera piuttosto blanda. Ciò potrebbe essere spiegato con la differente conformazione che le molecole sopra descritte assumono nel sito attivo delle deidrogenasi rispetto a quello delle NAD chinasi. La percentuale di inibizione aumenta in maniera più significativa solo per l’enzima umano se vengono introdotte modifiche anche a livello del gruppo pirofosfato con catene alifatiche ed aromatiche (composti 3 e 4) a testimonianza del fatto che i siti attivi dei due enzimi ospitano ed interagiscono in maniera diversa con le stesse molecole. Ulteriori sostituzioni possibili della nicotinammide possono essere effettuate con la tiazofurina (T), un C-nucleoside noto per essere convertito all’interno delle cellule in tiazofurin adenin dinucleotide (TAD), un potente inibitore della IMPDH umana, approvato dalla FDA ed utilizzato in alcune leucemie. Fig.42. Struttura del TAD e derivati. Il TAD ed alcuni suoi derivati (Fig.42), sono stati quindi saggiati come descritto in Materiali e Metodi, nei confronti delle due NAD chinasi. I derivati del TAD presentano sostituzioni a livello della posizioni 2’-OH fosforilabile, 3’-OH del ribosio legato all’adenosina oppure del gruppo pirofosfato. I risultati riportati in Tab.9 mostrano che in generale questi composti non hanno un elevato potere di inibizione nei confronti di nessuno dei due enzimi. 66 Risultati e discussione Tab.9. Percentuali di inibizione del TAD e dei suoi analoghi. Sono state esaminate molte strutture di proteine che legano il NAD + . Lo studio ha messo in evidenza come la maggior parte degli enzimi quali ad esempio le deidrogenasi, sistemano la molecola nel sito attivo in una conformazione estesa (Anti-Anti o Syn-Syn, Fig.43), con una distanza fra l’adenina e la nicotinammide (misurata a partire rispettivamente dall’azoto dell’NH 2 eterociclico e dal carbonio ammidico) di circa 16 e 17 Å. Le NAD chinasi invece hanno la particolare caratteristica di accogliere il NAD+ in una conformazione parzialmente ripiegata Anti-Anti, in cui la distanza fra le basi azotate è di circa 12 Å (conformazione twisted, o bent) [109]. Infine solo alcune reduttasi batteriche, sono in grado di legare il NAD + in una conformazione estremamente compatta, in cui la distanza fra le due basi azotate è minore di 6 Å. Fig.43. Conformazioni estesa (Syn-Syn e Anti-Anti) e ripiegata (Anti-Anti) del NAD+. Risulta evidente quindi che per favorire una inibizione altamente selettiva nei confronti delle NAD chinasi, le sostituzioni introdotte nelle molecole devono favorire l’assunzione della conformazione twisted. E’ per questo che uno dei motivi più probabili per cui il TAD e i suoi derivati non hanno prodotto inibizioni significative nei confronti delle chinasi è dovuto alla conformazione che 67 Risultati e discussione normalmente assume il TAD in ambiente biologico: l’interazione elettrostatica intramolecolare (Fig.44) fra lo zolfo avente parziale carica positiva e l’ossigeno del ribosio con una parziale carica negativa fa disporre l’anello della tiazofurina in modo tale che la distanza fra le due basi azotate sia di 15 Å [110]: ciò rende il TAD una molecola con una conformazione estesa che si lega meno saldamente al sito attivo dell’enzima. Fig.44. Conformazione del TAD, con interazione elettrostatica intramolecolare (δ + - δ-) che induce una parziale restrizione conformazionale. 3.4.1.3 Analoghi della di-5’-tioadenosina Quando fu risolta la struttura della NAD chinasi del batterio Gram + L. monocytogenes (LmNADK), sia in forma di apoenzima che in complesso con il substrato naturale NAD +, il prodotto NADP, e due ligandi non naturali [75] ad un grado di risoluzione inferiore a quello di altre NAD chinasi è stato possibile chiarire alcuni dettagli di legame. E’ stato confermato che l’aspartato presente nel motivo conservato GGDG ha un ruolo catalitico differente fra le fosfofruttochinasi (PFKs) e le NAD chinasi (NADKs): mentre nelle prime esso è coinvolto nell’attivazione dell’ATP, nelle NAD chinasi è coinvolto nell’attivazione del NAD+. E’ stato proposto che nelle NAD chinasi l’aspartato sia coinvolto nell’estrazione del protone dal 2’-idrossile del NAD+ per attivare il fosforil accettore. Questo spiega perché la NADK fosforili solamente il 2’-OH e non il 3’-OH ad esso adiacente dell’adenosina. Nella fig.45 si vede come le basi azotate siano le regioni della molecola del NAD + che interagiscono maggiormente con gli aminoacidi del sito attivo, mentre il gruppo carbossilico di Asp45, del motivo GGDG, ad una distanza di 2.8 Å dall’ossidrile coinvolto nella fosforilazione, va a formare legame idrogeno proprio con quest’ultimo, conferendo massima specificità alla reazione. La regione fortemente idrofilica dei fosfati interagisce solo con His223; è quindi lasciata libera di muoversi per il ripiegamento della molecola e riveste il ruolo di chelatore di ioni metallici bivalenti del gruppo difosfato del substrato, indicando un meccanismo catalitico substrato-dipendente (Fig.46). 68 Risultati e discussione Fig.45. Modalità di legame del NAD+ nel sito attivo di LmNADK. Fig.46: Ipotesi del meccanismo nella reazione di fosforilazione del NAD +. Il meccanismo di catalisi substrato-dipendente proposto per le NADK implica la chelazione del catione metallico Mg2 + da parte sia dei gruppi fosfato del donatore che del gruppo difosfato del substrato accettore. Il sito attivo è rappresentato dalla forma delimitata dalle linee spesse, dove sono presenti le cavità che rappresentano i due siti di binding per il NAD +. Il binding provoca una modificazione conformazionale, che fa sì che il complesso enzima-NAD+ possa entrare in contatto con l’ATP e il catione bivalente Mg 2 +: dopo la sua chelazione si ha la fosforilazione selettiva del 2’-idrossile dell’adenosina, mantenuto in posizione corretta dall’interazione con la catena laterale dell’aspartato45 (D45), e conseguente rilascio di ADP e NAD(P). 69 Risultati e discussione In questo studio è stato individuato un nuovo analogo del NAD + ad elevata capacità inibente: la di-5’-tio-adenosina (DTA, Fig.47). Tale molecola, ottenuta casualmente dalla ossidazione durante la reazione enzimatica di due molecole di 5’-tioadenosina, è risultata essere un potente inibitore competitivo di LmNADK (Ki = 0,02 mM), Una caratteristica chiave di questa molecola è la ridotta lunghezza del ponte che lega le due subunità adenosiniche: la ridotta libertà conformazionale rispetto al NAD + mantiene la molecola nella conformazione più compatta normalmente preferita da questa classe di enzimi Fig.47. Struttura della DTA. L’analisi di docking molecolare della DTA all’interno del sito attivo della mtppnk (b) in fig.48 e il dato reale della risoluzione della struttura cristallografica della mtppnk in complesso con il NAD + (a) hanno confermato che la conformazione twisted è preferita dall’enzima micobatterico [111]. a) b) Fig.48. Binding all’interno del sito attivo di mtppnk del NAD+ (a) attraverso la risoluzione della struttura cristallografica dell’enzima in complesso con il substrato, e DTA (b) risultato del docking molecolare. Si nota come entrambe le conformazioni dei ligandi siano bent, con una distanza fra le basi azotate molto simile. Poiché la struttura monomerica della LmNADK è molto simile a quella di M. tuberculosis: la DTA e alcuni derivati sono stati utilizzati nei saggi di inibizione dei due enzimi oggetto del nostro studio. 70 Risultati e discussione I risultati ottenuti sono stati incoraggianti, in quanto questa molecola, pur non essendo risultata selettiva per l’enzima micobatterico, ha mostrato una capacità inibente più elevata rispetto agli altri composti finora trattati così come mostrato in Tab.10. Tab.10. Percentuali di inibizione della DTA. Sono stati testati derivati della DTA che presentano sostituzioni a livello della nicotinammide. I primi analoghi saggiati sono stati il composto asimmetrico di-5’-tioadenosin tiazofurin dinucleotide (A-S-S-T) e l’analogo derivato simmetrico di-5’-tio-ditiazofurin dinucleotide (TS-S-T) (Fig.49). Nel primo caso si è osservata una moderata attività inibente nei confronti di entrambi gli enzimi (IC50 80 μM per la mtppnk e 110 μM per la hNADK), mentre il secondo composto è risultato completamente inattivo, a conferma del fatto che è necessaria almeno un’adenina nella struttura dell’analogo, in quanto il subsito A dell’enzima è estremamente selettivo per questa base azotata. Fig.49. Struttura dei derivati della DTA con modificazione a livello della nicotinammide. La modificazione delle adenine con l’inserimento di gruppi stericamente ingombranti, come gruppi fenile variamente funzionalizzati, è stata effettuata per una sistematica esplorazione dello spazio intorno allo scaffold ditioadenosinico utilizzato come modello (Fig.50). 71 Risultati e discussione Fig.50. Struttura degli analoghi della DTA. La maggior parte dei composti stericamente più ingombranti sono risultati inibitori selettivi nei confronti della chinasi umana (Tab.11). Tab.11. Percentuali di inibizione degli analoghi della DTA. Il motivo di questa selettività potrebbe essere la differente grandezza della tasca di accomodamento del substrato dei due enzimi (Fig.51), come è stato confermato dall’analisi computazionale, effettuata con il programma Chimera, delle superfici accessibili al solvente (SAS) delle strutture cristallografiche dei due enzimi. Questo permetterebbe a molecole con sostituenti più ingombranti di accedere più facilmente al sito attivo dell’enzima umano rispetto a quello batterico. 72 Risultati e discussione Fig.51. SAS della hNADK (bianca) e mtppnk (viola): le due proteine sono visualizzate con la stessa angolazione dopo un match maker che ha dato la miglior sovrapposizione possibile fra le tante combinazioni. La tasca di binding della mtppnk, dove all’interno è situato il NAD (verde) è visibilmente più piccola rispetto a quella della hNADK. Per favorire la assunzione della conformazione syn delle basi azotate del ligando sono stati sintetizzati analoghi della DTA con adenine funzionalizzate con alogeni quali fluoro, iodio e bromo. Gli alogeni quali Br e I sono atomi molto ingombranti stericamente e di peso molecolare elevato e aiutano la molecola ad orientare le basi azotate in conformazione syn perché in quella posizione sono impossibilitati a sostare sopra l’anello ribosidico: tendono quindi ad orientarsi dalla parte opposta, lasciando la nucleobase al di sopra del ribosio (Fig.52). In questo modo la conformazione generale della molecola risulta essere molto più compatta. Fig.52. Conformazione Anti e Syn delle basi puriniche all’interno di composti nucleosidici. 73 Risultati e discussione Questi composti sono risultati molto attivi nei confronti di entrambi gli enzimi. In particolare, il composto di-8-bromo-di-5’-tioadenosina (Di-8-Br-DTA, Fig.53), contenente due adenine funzionalizzate al C8 con un atomo di bromo, ha dato i valori più significativi di IC50, rispettivamente 6 μM per la chinasi umana e 19 μM per quella batterica. Il composto asimmetrico 8-bromo-di-5’-tioadenosina (8-Br-DTA) ha dato percentuali d’inibizione del tutto analoghe a quelle del corrispondente analogo simmetrico descritto precedentemente (IC50 rispettivamente di 6 μM per la chinasi umana e 14 μM per quella batterica), a dimostrare che non è necessaria la presenza di entrambi i bromi, e soprattutto che la conformazione estesa syn-syn (twisted) dei bromoderivati è preferita anche dall’enzima umano, oltreché da quello micobatterio (Tab.12). Fig.53. Struttura degli alogenoderivati della DTA. Tab.12. Percentuali di inibizione degli alogenoderivati della DTA. 74 Risultati e discussione Allo scopo di ottenere un’ulteriore restrizione conformazionale, sono stati preparati e saggiati composti con sostituzioni a livello degli anelli del ribosio. I composti di-2’-metil-di5’-tioadenosina (Di-2’MeDTA) e di-3’-metil-di-5’-tioadenosina (Di-3’MeDTA) sono stati funzionalizzati aggiungendo un metile in posizione rispettivamente 2’ e 3’, del riboso, allo scopo di bloccare lo zucchero in conformazione rispettivamente “North” e “South”, e l’adenina in “Anti” o “Syn” (Fig.54). Fig.54. Struttura dei derivati ribosio-metilati della DTA. L’analogo che ha mostrato una inibizione significativa, è quello con la sostituzione in 2’ a conferma del fatto che si tratta di una posizione critica rispetto all’interazione con il substrato. Il composto inibisce i due enzimi nella stessa intensità infatti la IC50 nei confronti dell’enzima batterico e umano sono rispettivamente 250 μM e 500 μM. Il secondo analogo è risultato inattivo nei confronti di entrambi gli enzimi a conferma del fatto che la posizione 3’ è praticamente ininfluente (Tab.13). Tab.13. Percentuali di inibizione degli analoghi ribosio-metilati della DTA. 75 Risultati e discussione Anche il ponte disolfuro, infine, che lega le due subunità mononucleotidiche, è stato modificato, con diversi sostituenti a carattere più o meno idrofilico, allo scopo di aumentare i gradi di libertà conformazionale (Fig.55). Fig.55. Analoghi della DTA. I composti 5’-metilen-DTA e 5’-etilen-DTA, analoghi della DTA, con rispettivamente un ponte metilendisolfurico ed etilendisolfurico, hanno dato percentuali d’inibizione ancora significative, intorno al 100%, per entrambi gli enzimi, ad una concentrazione 1 mM (Tab.14). Tab.14. Percentuali di inibizione degli analoghi della DTA. 3.4.2 Analoghi del polifosfato Per tentare di ottenere un composto selettivo nei confronti della NAD chinasi batterica, si è focalizzata l’attenzione su un altro aspetto della NAD chinasi di M. tuberculosis già ampiamente descritto nei capitoli introduttivi. Questo enzima infatti è in grado di utilizzare come donatore di fosfato, oltre all’ATP anche il polifosfato inorganico (poli(P)), con un’affinità addirittura superiore rispetto all’ATP [66]. Questa caratteristica rende la NAD chinasi micobatterica sostanzialmente diversa da quella umana. Fig.56. Struttura del polifosfato inorganico. Il polifosfato inorganico (Fig.56) è una molecola generalmente composta dalle 13 alle 18 unità di gruppi ortofosfato. Questa molecola può fungere da donatrice di gruppi fosfato 76 Risultati e discussione grazie alla scissione del legame fosfoanidridico terminale. Questa caratteristica rende tuttavia la molecola molto suscettibile all’azione di una grande quantità di enzimi intracellulari idrolitici che normalmente utilizzano queste fonti di fosfato per ricavare energia. Pertanto per eliminare questo problema sono stati sintetizzati analoghi fosfonati del polifosfato ottenuti sostituendo l’ossigeno anidridico con un gruppo alchilico a diversa lunghezza non facilmente idrolizzabile (Fig.57). Tale modifica inoltre dovrebbe bloccare la reazione di trasferimento del fosfato. Fig.57. Struttura dei fosfonati. Sono stati quindi saggiati i composti riportati in Tab.15 in cui è possibile osservare che il composto metilendifosfonato è risultato essere quello più interessante, in quanto l’unico in grado di inibire, seppur in maniera molto blanda (IC50 = 1.75 mM), la NAD chinasi batterica in maniera selettiva, mentre i composti etilendifosfonato e propilendifosfonato si sono rivelati inefficaci. Tab.15. Percentuali di inibizione dei fosfonati. Non essendo ancora conosciute le interazioni che polifosfato fa con i residui del sito attivo della chinasi batterica, si può solo ipotizzare che più di una molecola di metilendifosfonato vada ad interagire con l’enzima, provocando magari una variazione conformazionale dello stesso che consente poi ad una successiva molecola del metilendifosfonato di entrare nel sito attivo. Si tratta di composti che per la prima volta hanno mostrato una selettività nei confronti dell’enzima batterico (Fig.58) e anche se l’IC50 registrata non è molto alta non va dimenticato che le costanti di affinità dei substrati naturali nei confronti dell’enzima batterico sono dell’ordine del millimolare. 77 Risultati e discussione % inibizione 100 80 60 40 20 0 -20 -40 -60 1 mM mtppnk 2 mM hNADK 3 mM [Metilendifosfonato] Fig.58. Inibizione di hNADK e mtppnk da parte del metilendifosfonato, a diverse concentrazioni. In azzurro è mostrata la percentuale d’inibizione nei confronti della NAD chinasi di M. tuberculosis (mtppnk), in violetto quella nei confronti dell’enzima umano (hNADK). 3.4.3 Diadenosine n-fosfato L’ultima classe di composti saggiati comprende le diadenosine n-fosfato. La struttura cristallografica della NADK di L. monocytogenes in complesso con il composto sintetico di-adenosina difosfato (Ap2A) ha mostrato che il ligando adotta una conformazione molto simile a quella della DTA e del NAD +. Inoltre, è stato visto che l’Ap2A viene utilizzata come substrato alternativo, in grado di essere fosforilato (Ap2AP), al contrario della DTA e dei suoi analoghi (Fig.59-A). La figura sottostante mostra le modalità di legame del composto Ap2AP, in cui la regione del sito attivo che lega il fosfato in 2’ subisce una variazione conformazionale, come nel caso del NAD + prima (Fig.59-B) e dopo fosforilazione (Fig.59-C). 78 Risultati e discussione Fig.59. Modalità d’interazione di Ap2AP (A), NAD+ (B) e NADP (C) all’interno del sito attivo di LmNADK. Pertanto anche questo composto è stato testato nei confronti della mtppnk e di hNADK insieme ad altre di-adenosine-n-fosfato: la di-adenosina trifosfato (Ap3A), di-adenosina tetrafosfato (Ap4A) e di-adenosina pentafosfato (Ap5A) (Fig.60). 79 Risultati e discussione Fig.60. Struttura delle diadenosine-n-fosfato. Le percentuali d’inibizione dei diadenosinici sull’attività dei due enzimi (Tab.16) mette in evidenza che, alla concentrazione 1 mM, i composti hanno comportamenti differenti nei confronti delle due NAD chinasi. Aumentando la catena di gruppi fosfato da 3 a 4 unità, si ha un’inversione della selettività, a favore della NAD chinasi di M. tuberculosis. Tab.16. Percentuali di inibizione delle diadenosine n-fosfato. 80 Risultati e discussione I composti Ap4A e Ap5A, nonostante abbiano mostrato una blanda capacità inibente (IC50 rispettivamente 1.5 mM e 1.4 mM) possono essere considerati dei punti di partenza per la progettazione di inibitori più validi. La struttura ottenuta a 1.7 Å di AfNADK in complesso con l’ATP ha consentito di capire chiaramente le modalità d’interazione dell’ATP all’interno del sito attivo [76]. I fosfati dell’ATP protrudono dalla tasca del sito attivo, nello spazio occupato dal solvente. Tutti e tre i gruppi fosfato sono coinvolti nella coordinazione dello ione magnesio bivalente (Fig.61). Dall’altra parte, lo ione magnesio è coordinato da una molecola di pirofosfato, che occupa parte della tasca di binding dell’adenosina. Il pirofosfato è coinvolto nelle interazioni con il motivo GGDG (Fig.61). La molecola di pirofosfato, il magnesio, e la coda del fosfato della prima molecola di ATP sono situate in una tasca altamente basica, grazie alla presenza di molti amminoacidi a carattere basico, Arg54, Asn211, Arg72, Lys8 e Arg143, che si trovano anche nella tasca della NAD chinasi di M. tuberculosis. Fig.61. Rappresentazione del sito di legame dell’ATP nel complesso AfNADK-ATP. Le molecole A e B sono colorate in ciano e azzurro, rispettivamente. L’ATP, il pirofosfato (POP) sono mostrati secondo il modello ball-and-stick. Il magnesio e l’acqua sono mostrati come sfere. I legami idrogeno sono mostrati come linee tratteggiate scure. La presenza del gruppo pirofosfato nella struttura cristallografica è probabilmente la prova della presenza nella catalisi di una molecola di ADP, probabilmente quella da cui viene trasferito il gruppo fosfato sul NAD +: proprio la presenza di questa molecola di ADP che mantiene coordinato l’atomo di magnesio fa da innesco alla successiva reazione di fosforilazione. Il fatto che il pirofosfato mimi la presenza di una molecola di ADP è parzialmente confermato dalla sovrapposizione computazionale delle strutture di due 81 Risultati e discussione enzimi: la diacilglicerolo chinasi di Stafilococcus Aureus e la NAD chinasi di A. fulgidus appartenenti alla stessa superfamiglia di chinasi (Fig.62). Fig.62. Sovrapposizione del monomero degli enzimi diacilglicerolo chinasi di S. aureus (DgkB) (bianco) e NAD chinasi di A. fulgidus (AfNADK) (viola). Si nota come nella struttura della DgkB il gruppo pirofosfato (arancione) dell’ADP (giallo) va a posizionarsi con un’orientazione nello spazio molto simile al pirofosfato presente nella struttura della AfNADK, andando a coordinare lo ione magnesio nella stessa maniera (Fig.63). Fig.63. Sovrapposizione fra DgkB (bianco) e AfNADK (viola). ADP in DgkB = giallo; pirofosfato dell’ADP = arancione; ATP in AfNADK = verde; porzione trifosfato dell’ATP e gruppo pirofosfato = ciano. Poichè si osserva una buona omologia tra le strutture della chinasi di M. tuberculosis e A. fulgidus, gli analoghi Ap4A o la Ap5A potrebbero mimare la modalità di legame dell’ATP grazie alla loro lunga catena di fosfati. La capacità di competere con l’ATP per il legame al 82 Risultati e discussione sito attivo, e al tempo stesso l’assenza di un gruppo fosfato terminale, potrebbe bloccare l’enzima, che non è più in grado di effettuare l’idrolisi del fosfato per la fosforilazione del NAD. La blanda selettività mostrata da queste molecole nei confronti dell’enzima batterico è spiegata dalla capacità di quest’ultimo di utilizzare lunghe catene di fosfati in alternativa all’ATP. 3.5 Analisi di Modeling Molecolare Attraverso il programma Chimera è stata effettuata un’analisi computazionale delle strutture cristallografiche dell’enzima LmNADK in complesso con i vari ligandi, per indagare le interazioni che questi ultimi instaurano con i residui del sito attivo (Fig.64). Fig.64. Sovrapposizione dei differenti ligandi all’interno del sito attivo di LmNADK. Rosso: NAD+ ; Magenta: DTA; Ciano: Ap2A; Giallo: Ap2AP; Bianco: NADP. Tutti i ligandi presi in considerazione adottano la conformazione twisted, in cui le basi azotate vengono a trovarsi ad una distanza di circa 12 Å e sono perfettamente sovrapponibili, con la regione del pirofosfato che presenta una maggiore variabilità conformazionale. 83 Risultati e discussione Infatti mentre il gruppo pirofosfato dei ligandi naturali NAD + e NADP è disposto più verso la porzione adenosinica (selezione in verde, Fig.65), quello dei composti sintetici Ap2A e Ap2AP è disposto verso la regione della nicotinammide (selezione in giallo, Fig.65). Anche il linker disolfuro della DTA sembra disporsi verso la stessa regione degli altri ligandi non naturali. I ligandi non naturali DTA, Ap2A e Ap2AP hanno in comune la sostituzione della nicotinammide con un’altra adenina. Fig.65. Dettaglio della regione linker fra le due subunità mononucleotidiche di ogni singolo ligando. Rosso: NAD; Magenta: DTA; Ciano: Ap2A; Giallo: Ap2AP; Bianco: NADP. Fig.66. Dettaglio sulla sovrapposizione della regione dell’adenina. Rosso: NAD; Magenta: DTA; Ciano: Ap2A; Giallo: Ap2AP; Bianco: NADP. Mentre l’adenina dei ligandi naturali NAD e NADP si sovrappone perfettamente ad una delle due adenine degli altri ligandi non naturali (Fig.66), la nicotinammide si sovrappone all’altro anello di adenina (Fig.67), con rispettivamente l’NH2 eterociclico perfettamente sovrapposto all’NH2 del gruppo ammidico della nicotinammide (per fare legame idrogeno 84 Risultati e discussione con Ala185’ e Asp150’). L’ossigeno della nicotinammide è perfettamente sostituito nella funzione da N1 dell’adenina, per formare legame idrogeno con Ser166 (Fig.59). Una minima differenza è rappresentata da N3 dell’adenina (Fig.67, freccia), che non ha un corrispettivo nella struttura della nicotinammide. Tale posizione potrebbe essere sfruttata per aumentare le interazioni favorevoli di un eventuale ligando al sito dell’enzima. Fig.67. Dettaglio sulla sovrapposizione della regione della nicotinammide. Rosso: NAD; Magenta: DTA; Ciano: Ap2A; Giallo: Ap2AP; Bianco: NADP. Ad esempio per aumentare la capacità di formare legame idrogeno da parte di questa zona, si potrebbe sostituire l’azoto con l’ossigeno: come è noto infatti, i legami-H fra ossigeno ed idrogeno sono più forti di quelli fra azoto e idrogeno, a parità di collinearità fra la specie donatrice e la specie accettrice di legame-H, a causa della maggiore elettronegatività dell’ossigeno rispetto all’azoto La sovrapposizione delle strutture cristallografiche delle strutture di LmNADK con l’enzima mtppnk in complesso con il NAD +, indica che quest’ultimo assume la conformazione twisted ed è sovrapponibile alle strutture dei ligandi all’interno di LmNADK (Fig.68), ad eccezione del linker pirofosfato nel NAD + di mtppnk che va a posizionarsi in una zona intermedia fra quella dei ligandi naturali e quella dei ligandi sintetici di LmNADK, a causa della variabilità conformazionale di questa regione. 85 Risultati e discussione Fig.68. Conformazione twisted adottata dai differenti ligandi all’interno del corrispondente sito attivo. Rosso: NAD in LmNADK; Magenta: DTA in LmNADK; Ciano: Ap2A in LmNADK; Giallo: Ap2AP in LmNADK; Bianco: NADP in LmNADK; Blu: NAD in mtppnk. Composti ottenuti sostituendo all’adenina, biciclici aromatici come quello rappresentato in fig.69, avente come seconda unità ciclica un 1,2-ossazolo sostituito, potrebbero dare più efficaci capacità di binding con il sito attivo, dato che è stato già dimostrato che l’N1 dell’adenina forma legame idrogeno con l’ossidrile della catena laterale di Thr200 in mtppnk (e Thr161 in LmNADK). Anche la sostituzione della nicotinamide con il biciclico in figura potrebbe aumentare la forza di legame del ligando grazie all’instaurarsi di legami idrogeno fra l’ossigeno donatore del biciclico e l’ossidrile accettore di Ser205 in mtppnk (Ser166 in LmNADK). Fig.69. Sostituente biciclico aromatico dell’adenina. Va sottolineato e non escluso che l’introduzione del biciclico potrebbe portare ad una conseguente riduzione delle dimensioni e variazione di tutta la geometria della molecola, compresa la posizione del gruppo amminico primario eterociclico. Mentre l’adenina interagisce nel sito attivo degli enzimi, batterico e umano, sempre con una treonina (Thr325); la nicotinammide, nell’enzima umano non riesce ad instaurare legami-H in quanto Ser205 è sostituita da Ala330 (Fig.70). 86 Risultati e discussione Fig.70. Interazione del NAD+ in mtppnk (blu) e della DTA in LmNADK (magenta). La sovrapposizione delle 3 strutture enzimatiche mostra la differenza con l’enzima umano (giallo) a livello di Ala330. Legami-H rappresentati come linee tratteggiate bianche. La bromurazione come già detto favorisce la conformazione twisted. Inoltre la modificazione asimmetrica presumibilmente porterà a far interagire l’adenina con la regione in grado di legare l’adenina del NAD +, e il nuovo sostituente biciclico ad interagire con la regione della nicotinammide (Fig.71). Riuscire ad aumentare l’efficienza di quel legame-H con la catena laterale di Ser205 potrebbe fare la differenza in prospettiva di una discriminazione fra questi due enzimi così simili fra loro. Come già riportato, la tasca di binding di mtppnk ha dimensioni più ridotte di quella dell’enzima umano: l’introduzione di una modificazione che non provoca un aumento dell’ingombro sterico della DTA è un altro fattore che potrebbe giocare a favore nei confronti dell’inibizione dell’enzima batterico. Fig.71. Struttura di un potenziale nuovo inibitore selettivo nei confronti di mtppnk. La determinazione dell’azione biologica di isosteri conformazionalmente costretti, in cui viene introdotta una limitazione nel numero dei possibili conformeri attraverso il disegno di 87 Risultati e discussione analoghi che rappresentino uno o più conformeri a bassa energia (<0.5 Kc al/mol) parzialmente o completamente irrigiditi, oltre che dare informazioni sulla conformazione attiva del substrato naturale, ormai ampiamente elucidata, potrà incrementare la capacità di legame fino ad ottenere composti biologicamente attivi anche nell’ordine del basso nanomolare. Per questo motivo di grande interesse sarebbe riuscire a cristallizzare l’enzima batterico in presenza di un potente inibitore come ad esempio la Di-8Br-DTA, in grado di dare delucidazioni sulle modalità di binding di questo composto avente delle restrizioni conformazionali dovute alla presenza del bromo. Altre costrizioni rigide dovute all’inserimento di veri e propri legami covalenti potrebbero essere inserite a livello di analoghi del NAD + piuttosto che della DTA, in quanto si vede, dalla struttura che il ligando naturale adotta all’interno del sito attivo di mtppnk (Fig.72-A), come la regione del linker pirofosfato sia adattata in maniera ripiegata da poter essere costretta all’interno di un anello a 7 termini con l’aggiunta di un ponte metilenico fra il C5’ del riboso della porzione adenilica e l’O5’ della porzione nicotinammidica (Fig.72-B). Fig.72. A, NAD+ all’interno del sito attivo di mtppnk. In verde è mostrata la possibile costrizione conformazionale. B: Una delle possibili modificazioni, con sostituzione dell’O5’ della porzione nicotinammidica, che potrebbero portare ad un composto avente la conformazione twisted. 88 Conclusioni 4 CONCLUSIONI Lo sviluppo e la rapida diffusione di ceppi di M. tuberculosis multiresistenti alle convenzionali terapie farmacologiche ha imposto la necessità di individuare nuovi bersagli molecolari, come presupposto fondamentale per la progettazione e lo sviluppo di nuove molecole ad attività antitubercolare. A questo scopo ottimi candidati potrebbero essere rappresentati dai prodotti dei geni implicati nel controllo di funzioni metabolicamente essenziali per la vita della cellula del M. tuberculosis. Una di queste funzioni è rappresentata dalla biosintesi del NAD(P) +. La classe degli enzimi NAD chinasi rappresenta l’unica categoria di enzimi in grado di produrre NADP, implicato in molti processi biologici e fondamentale per la sopravvivenza della cellula. La risoluzione della struttura tridimensionale della NAD chinasi batterica, ha consentito di studiare a livello molecolare le interazioni enzima-substrato che avvengono durante il legame di quest’ultimo al sito attivo. Gli enzimi hNADK e mtppnk sono stati prodotti in forma ricombinante e successivamente purificati, in modo da utilizzare le preparazioni proteiche omogenee per saggi di inibizione dell’attività enzimatica da parte di composti sintetizzati chimicamente dal gruppo del Prof. KW. Pankiewicz del Center for Drug Design, University of Minnesota, Minneapolis. Si tratta di analoghi del NAD + e di altri substrati della reazione che vengono preparati sostituendo alcuni gruppi funzionali della molecola con altre molecole allo scopo di ottenere un nuovo composto in grado di interagire con il sito attivo dell’enzima in maniera più forte rispetto al substrato naturale. Tali determinanti molecolari vengono individuati sulla base di studi di simulazione di legame di tali composti alla struttura tridimensionale della NAD chinasi batterica, ottenuta recentemente in un lavoro di collaborazione del gruppo del Prof. Magni con il gruppo del Prof. Rizzi dell’Università del Piemonte Orientale [67, 68, 77, 96]. Allo scopo di ottenere una preparazione proteica omogenea e in quantità sufficienti per la determinazione della struttura tridimensionale, il protocollo di purificazione dell’enzima umano è stato ottimizzato, esprimendo il gene all’interno di cellule di E.coli Rosetta(DE3), che hanno permesso di risolvere il problema della contemporanea produzione e copurificazione di forme proteiche tronche della hNADK. Sono stati quindi saggiati analoghi del NAD con sostituzioni a livello della posizione 2’-OH del ribosio legato all’adenina, della nicotinammide, del ponte pirofosfato, e analoghi del polifosfato. I risultati di inibizione più significativi sono stati riportati in Tab.17 e mostrano come è stato possibile ottenere dei composti in grado di inibire significativamente, ma non in maniera selettiva, l’enzima NAD chinasi. 89 Conclusioni Tab.17. Tabella riassuntiva degli inibitori. 90 Conclusioni Tuttavia va sottolineato che i composti fin qui analizzati sono stati sintetizzati sulla base di studi di molecular modeling effettuati con la struttura tridimensionale della mtppnk non essendo, inizialmente, nota la struttura dell’enzima umano. Durante gli ultimi mesi di questo progetto, è stata depositata in una banca dati di strutture proteiche (PDB Bank) la struttura tridimensionale della hNADK a basso livello di risoluzione. Pertanto nell’ult ima parte di questo lavoro è iniziata una serie di studi di docking molecolare dei composti più significativi fin qui saggiati, con la proteina umana allo scopo di rilevare differenze significative di interazione a livello dei siti attivi delle due proteine, allo scopo di progettare altri inibitori. La sintesi di ligandi del sito attivo di un enzima, analoghi dei substrati naturali dell’enzima stesso, è uno degli approcci più utilizzati per la ricerca di nuovi inibitori. Tuttavia ultimamente, e allo scopo di trovare molecole in grado di discriminare proteine molto simili tra loro, dati recenti hanno inaugurato un nuovo tipo di approccio basato sulla individuazione delle interazioni che le subunità diverse di un enzima multimerico instaurano per il raggiungimento della forma biologicamente attiva. Questo tipo di approccio è stato utilizzato per la prima volta [112] in uno studio volto a colpire in maniera selettiva cellule tumorali durante la proliferazione di un carcinoma. La proteina p53 lega con elevata affinità la proteina MDM2, che ne regola l’attività trascrizionale e la stabilità. Poiche la proteina MDM2 viene iperespressa in alcuni tipi di tumore umano, è stato pensato di inibire l’interazione fra queste due proteine, in modo da stabilizzare p53 ed offrire così una strategia innovativa nella lotta al cancro. Storicamente è stato sempre difficile sviluppare piccole molecole in grado di inibire le interazioni proteina-proteina fra due proteine non enzimatiche. Ma la struttura cristallografica della proteina MDM2 rivelò una tasca idrofobica situata in profondità, che ha costituito il target della ricerca, e attraverso una sintesi combinatoriale fu sintetizzata una vasta gamma di composti, denominati Nutlins (Fig.73), che erano in grado di impedire l’interazione della proteina p53 con MDM2, con valori di IC 50 intorno al 100-300 nM. Fig.73. Strutture degli inibitori di MDM2. 91 Conclusioni Fu determinata la struttura cristallografica (risoluzione 2.3 Å) del complesso MDM2 umana-Nutlin-2: Nutlin-2 è in grado di legare il sito di binding per p53 mimando la struttura peptidica di quest’ultima con grande efficienza. Dallo studio di NMR è risultato che anche il composto Nutlin-3 è in grado di mimare perfettamente la struttura del ligando peptidico naturale p53, senza bisogno di un backbone peptidico (Fig.74) [112]. Lo scaffold imidazolinico rimpiazza il backbone ad elica del peptide ed è in grado di dirigere, in maniera piuttosto rigida, la proiezione dei tre gruppi all’interno delle tasche normalmente occupate da Phe19, Trp23 e Leu26 di p53. Questo scaffold imidazolinico rappresenta quindi un valido motivo per la progettazione di gruppi funzionali orientati nello spazio secondo una disposizione ad elica [113]. Fig.74. Dettaglio della sovrapposizione di Nutlin-3 con la regione di p53 coinvolta nell’interazione con MDM2. Nutlin-3: grigio, colorazione per eteroatomi e rappresentazione stick; catene laterali dei tre residui di p53 coinvolti nel binding: giallo, rappresentazione stick; gruppi carbonilici del backbone di p53: rosso, rappresentazione stick; backbone di p53: verde, rappresentazione a tubi. La mtppnk è formata da 4 subunità che interagiscono fra loro a formare la proteina biologicamente attiva. L’enzima presenta due siti attivi ciascuno dei quali deriva dalle interazioni di due coppie di monomeri. Dall’analisi computazionale della struttura di mtppnk in forma di apoenzima, si osserva che la maggior parte delle interazioni che tendono a stabilizzare la struttura oligomerica non avviene fra i due monomeri direttamente coinvolti nella formazione del sito attivo (AB-CD), ma bensì fra le coppie di monomeri adiacenti (AD-BC) (Fig.75). 92 Conclusioni Fig.75. Struttura quaternaria di mtppnk. Le regioni idrofobiche dove avvengono le maggiori interazioni fra le diverse sub unità sono cerchiate in giallo. Le interazioni sono per la maggior parte idrofobiche ed elettrostatiche che, come nel caso dell’interazione MDM2-p53, avvengono in zone ben profonde e protette dall’interfaccia idrofilica dell’intorno biologico. In seguito alla sovrapposizione delle strutture dell’apoenzima e in complesso con il NAD+ (Fig.76), è stata osservata una differenza conformazionale in una regione organizzata a loop (Gly166-Gly170) coinvolta nell’interazione fra le due subunità [67]. In particolare, la Leu169 di tale loop, che nell’apoenzima interagisce con la Gly258 dell’altra subunità, perde l’interazione dopo il legame del NAD +. Poichè, i residui in corrispondenza del loop non sono conservati fra le diverse NAD chinasi, è stato ipotizzato che il loop possa essere correlato con il comportamento allosterico dell’enzima micobatterico [67]. Fig.76. Variazione conformazionale della regione 166-170, dall’apoenzima (giallo) all’enzima in complesso con il NAD + (ciano). L’interazione fra Leu169 di una subunità e Gly258 di un’altra subunità è rappresentata da una linea tratteggiata gialla. 93 Conclusioni Viene definita allosteria quel processo in cui l’affinità di un ligando per il sito di legame è condizionata dal legame di un secondo ligando in un sito differente, lontano dal primo. Questo processo comporta il trasferimento di informazioni strutturali e/o dinamiche nell’intera macromolecola proteica, attraverso variazioni conformazionali correlate [114]. Questa regione coinvolge in interazioni elettrostatiche le due subunità che formano il sito catalitico ed è formata da Glu164-Lys165-Gly166-Pro167-Arg168. Si tratta di un loop disordinato che ha quindi una maggiore variabilità conformazionale rispetto a quelli che compongono un’α-elica o un foglietto β. Nell’apoenzima i loop dei due monomeri sono disposti ad X fra di loro, ed in particolare ognuna delle due catene laterali di Arg168 è in grado di formare legami idrogeno a livello dell’altro monomero sia con la catena laterale di Glu164 che con i legami peptidici del backbone di Lys165-Gly166 (Fig.77). La prolina è un amminoacido chiave per il ripiegamento in quanto la sua restrizione conformazionale costringe tutta la struttura ad assumere un orientamento ben preciso nello spazio. Fig.77. Interazioni legame idrogeno (rosso) a livello dell’Arg168. Verde: catena A; Ciano: catena B. Al contrario, non sono state rilevate interazioni fra le corrispondenti regioni loop Asp289Arg290-Gly291-Pro292-Ser293 nell’apoenzima umano, anche se la struttura del hNADK risolta ad un basso grado di risoluzione non ci consente di apprezzare la corretta disposizione nello spazio di tutte le catene laterali di questi amminoacidi. Dall’analisi computazionale riguardante la formazione di legami idrogeno risulta però che Arg290 di hNADK non forma interazioni forti come nel caso di Arg168 di mtppnk. Potrebbero essere sfruttate le particolari caratteristiche strutturali dell’arginina, amminoacido idrofilico con carattere basico conferito dall’anello guanidinico della catena laterale. Una caratteristica particolare dell’anello guanidinico è quella di poter mimare un sistema aromatico, in grado quindi di formare interazioni π-stacking con altri sistemi aromatici (Fig.78). 94 Conclusioni Fig.78. L-arginina. I tre doppietti di elettroni disposti sullo stesso piano formano un sistema aromatico. Quest’arginina è strettamente coinvolta nell’interazione fra le due subunità nell’enzima batterico, ma non in quello umano. Potrebbe essere un interessante determinante molecolare contro cui rivolgere la ricerca di un potenziale nuovo inibitore selettivo nei confronti di mtppnk. Va infine evidenziato che tale lavoro ha permesso l’ individuazione di diversi composti in grado di inibire selettivamente e in maniera significativa l’enzima umano. Anche gli inibitori della hNADK, infatti, sono composti interessanti da un punto di vista terapeutico, in quanto essi potrebbero essere impiegati per ridurre il fabbisogno di NADPH esogeno da parte di alcuni tipi di cellule [115, 116]. Il NADP, prodotto dall’enzima, viene immediatamente convertito nella forma ridotta NADPH dall’enzima malico, le NADP deidrogenasi, la glucosio-6-fosfato deidrogenasi [117]. E’ stato osservato che le attività di questi enzimi aumentano sensibilmente in condizioni di stress ossidativo e nelle cellule tumorali. In queste condizioni [118] i ROS, derivanti dalla reazione della NADPH ossidasi, svolgono un ruolo importante nell’angiogenesi fisiologica e patologica, rendendo quest’enzima un eccellente target per terapie antitumorali. La soppressione della NADPH ossidasi potrebbe essere attuata attraverso l’inibizione della NAD chinasi. Gli inibitori della NAD chinasi potrebbero quindi mostrare effetti antitumorali nei casi in cui le cellule tumorali richiedono livelli di NADH più elevati rispetto alle cellule sane. Il design di potenti inibitori della hNADK è perciò di grande interesse sia come strumento d’indagine per studi biochimici delle vie metaboliche del NAD+, sia come fonte di potenziali agenti terapeutici in disfunzioni correlate allo stress ossidativo e all’angiogenesi, come il cancro [109]. 95 Bibliografia 5 BIBLIOGRAFIA 1. Nobel Foundation. The Nobel Prize in Physiology or Medicine 1905. Accessed 7 ottobre 2006. 2. Waddington, K., To stamp out "so terrible a malady": bovine tuberculosis and tuberculin testing in Britain, 1890-1939. Med Hist, 2004. 48(1): p. 29-48. 3. Rosenthal, S.R., BCG vaccine. Am J Med Technol, 1957. 23(6): p. 354-60. 4. 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