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La Spondilite Assiale senza evidenza radiografica
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1. AxSpA IMS Survey: metodologia e campione
Survey quantitativa presso un campione di 60 centri italiani trattanti pazienti con
Spondiloatrite Assiale (universo di riferimento stimato: circa 450 centri trattanti patologie
reumatologiche autoimmuni) pari ad una copertura di 6.502 pazienti con Spondiloartrite
Assiale così ripartiti:
 3908 con Spondilite Anchilosante
 2594 con Spondilite Assiale senza evidenza radiografica.
La survey è stata condotta con interviste via web a reumatologi aventi le seguenti condizioni di
inclusione:
 almeno 10 pazienti con Spondiloartrite Assiale trattati personalmente
 prescrittori di biologici.
La survey ha avuto come tema la Spondilite Assiale senza evidenza radiografica (AxSpA) e ha
previsto:
 la raccolta di dati generali relativi a casistica del centro, approccio diagnostico e
terapeutico, con focus particolare sull’impiego dei farmaci biologici
 la compilazione di 2 schede-pazienti con AxSpA personalmente diagnosticati dal
reumatologo (gli ultimi due pazienti visitati, indipendentemente che fossero di prima
diagnosi o in follow up - 120 in totale), con la raccolta delle seguenti informazioni:
•
•
•
età e sesso
diagnosi:
◦ test diagnostici
◦ sintomatologia
◦ tempo dall’esordio della malattia
◦ percorso del paziente prima della diagnosi (figure mediche interpellate)
trattamento:
◦ farmaci prescritti come primo trattamento e successivi
◦ tempi di follow up e switch
◦ motivi di scelta del farmaco biologico prescritto
La survey IMS è stata condotta nel dicembre 2013.
Distribuzione delle 60 interviste quantitative via web
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2. Definizione della patologia
Figura 1
La AxSpa senza evidenza radiografica è ad oggi
sotto-diagnosticata
Nella diagnosi AxSpa senza evidenza
radiografica utilizzo sempre le linee guida
dall’ASAS/EULAR
E’ molto difficile identificare la AxSpa senza
evidenza radiografica
Quando tratto la AxSpa senza evidenza
radiografica, tendo a utilizzare i biologi al più
presto per prevenire danni irreversibili
La AxSpa senza evidenza radiografica è una
condizione a sé stante
La AxSpa senza evidenza radiografica è una
fase precoce della Spondilite Anchilosante
Base: 60 reumatologi /centri (2.594 pazienti AxSpA)
Dalla survey svolta emerge un quasi omogeneo consenso circa il fatto che la Spondilite Assiale
senza evidenza radiografica sia una patologia ad oggi sotto-stimata/sotto-diagnosticata (92%
dei reumatologi rispondenti).
La maggioranza dei reumatologi intervistati (80%) dichiara di fare riferimento alle
raccomandazioni ASAS/EULAR per la formulazione della diagnosi di malattia, ma nonostante
ciò l’identificazione della patologia non sembra sempre essere un processo semplice ed
immediato. Si può, quindi, ipotizzare che proprio questa difficoltà di diagnosi iniziale produca
un “sommerso” di spondiliti assiali senza evidenza radiografica, elemento in tendenza più
difficilmente riscontrabile in altre patologie reumatologiche (come, ad esempio, l’Artrite
Reumatoide).
Percentuali di accordo più basse emergono, invece, riguardo alla definizione del quadro clinico:
condizione a sé stante o fase precoce della Spondilite Anchilosante? Ciò può essere dovuto al
fatto che la definizione in ambito scientifico del quadro patologico stesso è abbastanza
recente. In attesa di vedere come evolverà il dibattito scientifico nel prossimo futuro ed avere
delucidazioni su una tematica ancora poco chiara, si delinea un’ampia fetta di sospensione di
giudizio: il 33% dei reumatologi rispondenti non prende posizione circa la definizione di
Spondilite Assiale senza evidenza radiografica come condizione a sé stante ed il 45% fa la
stessa cosa circa la definizione di malattia come fase precoce della Spondilite Anchilosante.
Tali percentuali elevate di “area grigia” sembrano ulteriormente confermare l’attuale presenza
in Italia di una difficoltà di diagnosi del quadro clinico in esame: non avere le idee chiare in
fase diagnostica comporta necessariamente non averle nemmeno circa la definizione della
patologia.
Si evidenzia disaccordo anche sull’uso precoce del biologico: circa un terzo degli intervistati
non prende posizione relativamente all’item “Quando tratto la AxSpa senza evidenza
radiografica tendo ad utilizzare i biologici al più presto per prevenire danni irreversibili” ed il
22% dichiara di non essere d’accordo con tale affermazione.
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Queste percentuali possono essere spiegate alla luce dell’attuale situazione italiana relativa
all’impiego del biologico nella Spondilite Assiale senza evidenza radiografica: il biologico non
ha, ad oggi, l’indicazione in questa specifica patologia o, se ce l’ha, non ha la rimborsabilità
(Humira); ciò può presumibilmente avere rallentato e creato dei limiti al loro impiego da parte
dei reumatologi.
Tuttavia, è da evidenziare che quasi la metà del campione ascoltato (46%) concorda
nell’utilizzare rapidamente/precocemente il biologico per evitare/prevenire danni irreversibili.
Si può ipotizzare che la definizione non certa di patologia (condizione a sé stante o fase
precoce della Spondilite Anchilosante?) tenda, in parte, a condurre ad un management “in
sicurezza” del paziente, nonostante la non indicazione e/o la non rimborsabilità del farmaco:
non si sa con certezza se il paziente evolverà in Spondilite Anchilosante, ma nel dubbio perché
non trattare evitando così il rischio di arrivare al danno irreversibile?
3. Dati epidemiologici
Figura 2
Base: 60 reumatologi /centri (2.594 pazienti AxSpA)
Il grafico mostrato in figura 2 conferma come la Spondiloartrite Assiale sia una patologia
difficile da identificare e, perciò, sotto-stimata (14%), in cui con elevata probabilità vi è un
“sommerso” di Spondiliti Assiali senza evidenza radiografica non ancora riconosciute e
diagnosticate.
Dalla survey condotta emerge che su 100 pazienti con Spondiloartrite Assiale, il 40% ha la
Spondilite Assiale senza evidenza radiografica.
Il rapporto dichiarato tra Spondilite Anchilosante e Spondilite Assiale senza evidenza
radiografica è di 60% vs 40%, un dato più che positivo se si considera la difficoltà diagnostica
evidenziata in precedenza.
Quali le ipotesi per spiegare queste percentuali?
Il 40% di Spondilite Assiale non radiografica citato dagli intervistati può essere letto secondo
due opposte visioni:
•
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una più positiva, secondo cui sarebbe in atto una spinta sempre maggiore alla diagnosi
precoce (graduale crescita della sensibilità ad inviare subito il paziente al reumatologo da
parte delle figure mediche che lo possono precedere)
•
una più negativa, secondo cui potrebbe trattarsi di errori diagnostici (sono realmente
pazienti con Spondilite Assiale non radiografica o sono pazienti a cui non è stata fatta la
radiografia ma soltanto la Risonanza Magnetica? L’affidarsi soltanto alla RM potrebbe
aver condotto ad una definizione del paziente in tal senso, anche laddove l’evidenza
radiografica fosse già presente, con conseguente sovrastima della numerosità del quadro
clinico).
Dalla survey, sulla base delle 120 schede paziente compilate dai reumatologi intervistati,
emerge inoltre che il paziente tipo con Spondilite Assiale senza evidenza radiografica è
giovane (tra i 30 ed i 45-50 anni) ed in 7 casi su 10 di sesso maschile.
4. Inquadramento diagnostico
Figura 3
Base: 120 pazienti con Spondilite Assiale senza evidenza radiografica, casistica raccolta mediante scheda paziente
Come mostrato nella tabella riportata in figura 3, la lombalgia infiammatoria emerge come il
sintomo più comunemente riferito dal paziente, seguito da dolore notturno e rigidità
mattutina: nel dichiarato dei reumatologi intervistati, una condizione di dolore che, se
persistente per più di 3 mesi in un soggetto giovane (< 45 anni) e se in incremento con il
riposo ed in miglioramento con il movimento, dovrebbe “allertare” il clinico ed indirizzarlo
verso la corretta diagnosi. Si può, quindi, osservare che già l’anamnesi rappresenta un
fondamentale punto di partenza per arrivare a formulare una diagnosi di Spondilite Assiale non
radiografica: il racconto del paziente sul tipo di dolore avvertito e la sua storia clinica possono
già fornire al reumatologo un importante indizio circa la patologia cui si trova di fronte.
Dalla survey risulta, inoltre, che la metà dei pazienti è riconosciuta positiva al gene HLA-B27.
Si evidenzia una percentuale più elevata di pazienti positivi ad HLA-B27 trattati con biologico
rispetto ai pazienti non trattati con biologico (55% vs 24%): alla luce della situazione italiana
mostrata in precedenza (non indicazione e/o non rimborsabilità del biologico in questo quadro
clinico), si può ipotizzare che la positività a tale test rappresenti, per il reumatologo, una
conferma in più per poter arrivare a prescrivere il biologico “in tranquillità”; da ciò deriverebbe
la differenza percentuale tra i due target considerati (trattati con bio e non trattati con bio).
Un ulteriore aspetto da evidenziare è la diversa complessità emersa tra i pazienti trattati con
biologico ed i pazienti non trattati con biologico: i primi tendono a presentare un quadro clinico
più “difficile” (più dolore notturno e rigidità mattutina -rispettivamente 87% e 84%-, più della
metà positivi al gene HLA-B27), mentre i secondi risultano avere una situazione meno
complicata (meno dolore notturno e rigidità mattutina -rispettivamente 67% e 71%-,
generalmente meno sintomi concomitanti). Sintomo comune ad entrambi i target e citato dalla
quasi totalità dei clinici rispondenti è la lombalgia infiammatoria.
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Si può, infine, osservare che il 62% dei pazienti descritti dai reumatologi rispondenti presenta
segni di infiammazione delle articolazioni sacroiliache, una percentuale che è possibile
interpretare in due diversi modi:
•
se si considerano i segni clinici di infiammazione è un valore che può essere considerato
corretto e nella media
•
in caso contrario, potrebbe essere indice di errore diagnostico (con la Risonanza
Magnetica, eseguita in fase di diagnosi nel 92% dei pazienti -come mostrano i dati
riportati in figura 4-, ci si aspetterebbe di trovare infiammazione alle articolazioni
sacroiliache nel 100% dei casi).
Figura 4
Base: 120 pazienti con Spondilite Assiale senza evidenza radiografica, casistica raccolta mediante scheda paziente
Come mostrato nella tabella riportata in figura 4, ogni paziente viene sottoposto ad almeno 4
esami per arrivare alla diagnosi di Spondilite Assiale senza evidenza radiografica. Nello
specifico, Risonanza Magnetica (92%) e PCR (89%) risultano essere i test diagnostici
maggiormente effettuati.
La Risonanza Magnetica è, in tendenza, considerato un test indispensabile nelle forme senza
evidenza radiografica per avere una diagnosi certa di Spondilite Assiale; viene solitamente
eseguita anche per indagare l’andamento di malattia (aiuta a definire l’edema osseo, se c’è
erosione articolare, se è una forma di malattia più o meno attiva): si tratta, quindi, di un
esame che consente di fare sia diagnosi che stadiazione.
La PCR va a confermare la diagnosi rilevata con Risonanza Magnetica, evidenziando
ulteriormente la presenza di infiammazione.
E’ da evidenziare la non elevata percentuale di impiego della radiografia come test diagnostico
(73%) rispetto ad un quasi omogeneo utilizzo dichiarato della Risonanza Magnetica: è
ipotizzabile che una buona parte dei clinici intervistati abbia eseguito soltanto la Risonanza
Magnetica e non la radiografia, arrivando a diagnosticare una Spondilite Assiale non
radiografica anche laddove, con elevata probabilità, l’evidenza radiografica era già presente
(un approccio diagnostico errato che, come già visto, spiegherebbe il precedente 40% di
Spondilite Assiale non radiografica citato in figura 2).
Il 79% dei reumatologi inclusi nella survey dichiara di utilizzare il test per la positività al gene
HLA-B27, un dato positivo che può essere ragionevolmente interpretato, come già
sottolineato, alla luce della attuale situazione italiana circa i farmaci biologici nella Spondilite
Assiale senza evidenza radiografica: si può ipotizzare che il fatto di non avere l’indicazione e/o
la rimborsabilità in questo quadro clinico spinga il reumatologo a ricercare più conferme
possibili per l’impiego di una classe di farmaci, nella realtà dei fatti, “off label” (impiego in
pazienti in cui li si ritiene assolutamente indispensabili e imprescindibili).
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Figura 5
Base: 120 pazienti con Spondilite Assiale senza evidenza radiografica, casistica raccolta mediante scheda paziente
Tra esordio e diagnosi passano mediamente 2-3 anni (media = 2,7 anni), ma l’11% dei clinici
rispondenti dichiara tempistiche anche più lunghe (dai 6 ai 10 anni, minoritariamente anche
oltre i 10 anni).
Infatti, prima di arrivare al reumatologo il paziente può incontrare diverse figure mediche.
Come mostrato nella tabella riportata in figura 6, mediamente il paziente viene visitato da
almeno altre due figure mediche prima di arrivare al reumatologo e questo, in molti casi, può
determinare un allungamento del percorso clinico.
Figura 6
Base: 120 pazienti con Spondilite Assiale senza evidenza radiografica, casistica raccolta mediante scheda paziente
Dalla survey risulta che le due figure mediche principalmente incontrate dal paziente prima di
arrivare al reumatologo sono medico di base (83%) ed ortopedico (65%).
Primo riferimento del paziente è solitamente il medico di medicina generale, che può tentare
un primo approccio terapeutico con antinfiammatori, per poi demandare, qualora non si
evidenzino risultati positivi, generalmente all’ortopedico o minoritariamente al fisiatra; dalla
survey condotta sembrerebbe meno frequente l’invio diretto al reumatologo.
L’ortopedico può, a sua volta, provare un trattamento antinfiammatorio o cortisonico e
chiedere, eventualmente, la consulenza del fisiatra o del neurologo; anche in questo caso,
l’invio diretto al reumatologo non risulta essere sempre immediato.
Nel suo percorso il paziente potrebbe arrivare ad incontrare anche altre figure, quali
fisioterapista, chiropratico, osteopata, etc.
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Gastroenterologo, dermatologo ed oculista possono entrare in gioco in presenza di patologie di
loro competenza (es. Morbo di Crohn, colite ulcerosa, uveite, psoriasi) associate a componente
articolare/assiale: in questi casi, sembrerebbe esserci un link più forte con il reumatologo in
quanto, trattandosi di patologie spesso associate tra loro, risulta più immediato il
riconoscimento, da parte di queste figure mediche, della sintomatologia e l’invio, quindi, allo
specialista corretto.
In definitiva, sembra delinearsi un percorso che può diventare più o meno lungo a seconda
della capacità delle diverse figure mediche incontrate di riconoscere i sintomi iniziali della
patologia e demandare, di conseguenza, il paziente allo specialista corretto (reumatologo).
5. Approccio terapeutico
Figura 7
Base: 60 reumatologi /centri (2.594 pazienti AxSpA)
Il 93% dei reumatologi rispondenti indica come primo trattamento d’elezione l’approccio
standard con i FANS. Come seconda terapia il 73% indica i farmaci biologici, mentre il 17% si
affida ad un Dmard.
Si può ipotizzare che questa percentuale dichiarata di impiego di metotrexato (17%) faccia
riferimento:
8
•
in parte ai casi in cui vi è un coinvolgimento artritico periferico, dove l’impiego del Dmard
ha un riconosciuto valore scientifico
•
in parte anche ai pazienti in cui non risulta essere presente tale interessamento
periferico, nonostante non esista alcuna evidenza circa la capacità di questa classe di
farmaci di interferire con l’evoluzione del danno spondilitico (un utilizzo non corretto che
potrebbe essere ragionevolmente legato alla non indicazione/non rimborsabilità dei
biologici in questo quadro clinico, fatto che si presume possa condurre diversi
reumatologi intervistati ad allungare il percorso terapeutico del paziente, posticipando
l’introduzione del farmaco biologico).
Figura 8
Base: 120 pazienti con Spondilite Assiale senza evidenza radiografica, casistica raccolta mediante scheda paziente
Come mostrato nel grafico riportato in figura 8, tutti i pazienti risultano avere una terapia
impostata, più dell’80% arriva alla seconda linea.
La pratica clinica rispecchia le raccomandazioni internazionali: il FANS in monoterapia si
conferma essere, generalmente, la prima terapia impostata, così come il biologico è la
seconda.
E’ da osservare che vi è comunque un 20% di rispondenti che dichiara un impiego in prima
linea del biologico: possiamo ipotizzare che si tratti di pazienti in cui era già stato impostato
un approccio terapeutico con FANS in precedenza da altri specialisti ed in cui il reumatologo
ha, per tale ragione, deciso di saltare lo step iniziale dell’antinfiammatorio.
La durata media della prima terapia con FANS è di circa 7 mesi: un dato che non rispecchia le
raccomandazioni internazionali (le quali suggeriscono di introdurre prima il biologico), ma che
può essere ragionevolmente interpretato, come già sottolineato nelle pagine precedenti, alla
luce della attuale situazione italiana dei farmaci biologici nella Spondilite Assiale senza
evidenza radiografica. Infatti, si può ipotizzare che, di fronte alla non indicazione e/o
rimborsabilità dei biologici in questo quadro clinico, molti reumatologi tendano a mantenere il
paziente in terapia con FANS il più a lungo possibile, rallentando, quindi, l’inserimento del
farmaco biologico. Con elevata probabilità, qualora ci fossero indicazione di utilizzo e
rimborsabilità della classe, tale durata media si ridurrebbe.
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6. Focus sull’approccio farmacologico con biologico
Figura 9
Base: 60 reumatologi /centri (2.594 pazienti AxSpA)
Dalla survey condotta emerge che circa un terzo dei pazienti con Spondilite Assiale senza
evidenza radiografica attualmente in carico ai reumatologi intervistati risulta in trattamento
con farmaco biologico: tale dato (34%) non è particolarmente elevato, ma può essere letto
comunque positivamente se si considera la situazione, già più volte evidenziata, del biologico
oggi in Italia (non indicazione e/o non rimborsabilità nel quadro clinico in esame).
Da un ascolto più “qualitativo” dei reumatologi coinvolti nella survey, si evidenzia, inoltre, che
la classe dei biologici ha rappresentato un importante cambiamento nel trattamento sia della
Spondilite Anchilosante che della Spondilite Assiale senza evidenza radiografica: ha consentito
nel primo caso il contenimento/blocco e nel secondo caso la prevenzione del danno articolare,
associando inoltre una tendenziale buona tollerabilità (terapia continuativa, non proponibile
con FANS). Tuttavia possono restare, in alcuni casi, ancora timori legati alla safety nel lungo
periodo (tumori, TBC).
Come mostrato nel grafico riportato in figura 10, i farmaci biologici tendono ad essere utilizzati
in monoterapia (79% del totale trattamenti), tranne nel caso in cui siano la prima terapia
impostata: infatti, l’81% dei pazienti in trattamento con biologico come prima terapia risulta
assumere in associazione anche FANS (nell’85% dei casi) o corticosteroidi (nel 10% dei casi) o
metotrexato (nel 5% dei casi).
Figura 10
Base: 99 pazienti con Spondilite Assiale non radiografica a cui è stato somministrato un biologico, casistica raccolta mediante
scheda paziente
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Figura 11
Base: 60 reumatologi /centri (2.594 pazienti AxSpA)
Relativamente ai tempi di trattamento, come evidenziato in figura 11, mediamente un
paziente rimane in terapia con un farmaco non biologico per circa 6 mesi prima di passare al
biologico.
Una volta impostata la terapia con un farmaco biologico, il primo incontro con il paziente per
verificare la risposta al trattamento viene effettuato mediamente dopo 3 mesi dall’inizio della
terapia. Il follow up prosegue, poi, in media ogni 3 mesi (tempistica che coincide con il piano
terapeutico di consegna del farmaco) e ad ogni visita vengono fatti ripetere, generalmente, gli
esami ematici per il controllo degli indici di flogosi (PCR e VES) e del Performance Status del
paziente. La Risonanza Magnetica ed altri esami “on demand” (es. ecografia addominale,
radiografia toracica, urinocoltura, etc.) possono essere richiesti mediamente ogni 12-18 mesi.
In caso di non risposta o perdita di risposta ad una terapia con biologico, i reumatologi
intervistati dichiarano di aspettare in media 6 mesi prima di effettuare uno switch ad altro
biologico.
Figura 12
Base: 60 reumatologi /centri (2.594 pazienti AxSpA)
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Come mostrato nel grafico riportato in figura 12, attualmente il biologico maggiormente
utilizzato risulta essere Humira (44% dei rispondenti), seguito da Enbrel (28%).
Figura 13
Base: 99 pazienti con Spondilite Assiale non radiografica a cui è stato somministrato un biologico, casistica raccolta mediante
scheda paziente
La preferenza terapeutica dichiarata si rispecchia anche nella pratica clinica (come mostrato
nel grafico riportato in figura 13): il biologico di prima scelta è, in più della metà dei casi,
Humira, mentre Enbrel e Simponi giocano un ruolo più importante nello switch. Con elevata
probabilità, nella scelta di passare ad Enbrel può pesare la logica del cambio di meccanismo
d’azione -recettore vs monoclonale-, mentre per Simponi potrebbe giocare a favore la
percezione, derivata dall’Artrite Reumatoide, di maggiore efficacia nello switch piuttosto che
come primo biologico utilizzato.
Relativamente allo switch, si può inoltre osservare che dalla survey risulta che il 18% dei
pazienti con Spondilite Assiale senza evidenza radiografica in trattamento con biologico è
passato ad un secondo biologico, il 3% è passato anche ad un terzo biologico.
Figura 14
Base: 99 pazienti con Spondilite Assiale non radiografica a cui è stato somministrato un biologico, casistica raccolta mediante
scheda paziente
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Infine, come dimostra il grafico in figura 14:
•
l’efficacia risulta essere la principale motivazione di scelta per Humira (56%), un’efficacia
sia sulla componente assiale che sulle forme extra-articolari ed extra-assiali: avendo
molteplici indicazioni, garantirebbe, nel dichiarato, una copertura anche delle patologie
potenzialmente associabili alla Spondilite Assiale, come psoriasi, colite ulcerosa, morbo
di Crohn, uveite, dattilite, etc.. Da evidenziare, inoltre, il fatto che, ad oggi, Humira è
l’unico biologico ad avere l’indicazione specifica nella Spondilite Assiale senza evidenza
radiografica (ma non la rimborsabilità)
•
la tollerabilità gioca, invece, un ruolo importante nella scelta di Enbrel. Nonostante alcuni
non lo considerino un trattamento specifico per la Spondilite Assiale senza evidenza
radiografica a causa della sua dichiarata minore efficacia sulle forme extra-articolari
(morbo di Crohn, colite ulcerosa, uveite, etc.), per diversi reumatologi intervistati questo
biologico garantirebbe, invece, un buon rapporto efficacia-safety in quanto recettore
•
la scelta di Remicade è guidata principalmente dalla rapidità d’azione, che lo rende,
attualmente, un farmaco riservato in tendenza alle forme di malattia più aggressive (es.
Risonanza Magnetica molto attiva con forte infiammazione). La formulazione endovena,
generalmente considerata un punto debole del prodotto sia a causa della scomodità per
il paziente (somministrazione ospedaliera del farmaco) che a causa delle difficoltà
gestionali per la struttura ospedaliera (personale dedicato, poltrone per l’infusione, …),
può diventare un driver di scelta importante di fronte a pazienti poco complianti in
quanto ne garantisce il monitoraggio più stretto rispetto al sottocute che il paziente può
somministrarsi in autonomia
•
la scelta di Simponi, il biologico meno citato nello studio (10% dei reumatologi
rispondenti), risulta essere principalmente guidata da efficacia e modalità di
somministrazione: un’efficacia “di classe” e tendenzialmente più valorizzata nello switch
(cfr. grafico in figura 12), associata ad una modalità di somministrazione estremamente
comoda per il paziente (sottocute mensile). Gioca, con elevata probabilità, a suo sfavore
il fatto di essere “l’ultimo arrivato” nel mercato degli anti-TNFα per quest’area
terapeutica.
Referenti della survey: Daniela Parola e Melania Gabrieli
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