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NUMERO 55 DEL 2 MARZO 2009
INFOEUROPA
NEWS E COMMENTI SU EUROPA, POLITICHE SOCIALI E SINDACATO
A cura di APICE – Associazione per l’Incontro delle Culture in Europa
In collaborazione con CISL LOMBARDIA – Dipartimento Internazionale
SOMMARIO
TRIBUNA EUROPA
NEWS
Terza Settimana europea per l’energia
sostenibile
di Nicola Strona
Tra il 9 e il 13 febbraio scorsi si è svolta la
Terza edizione della Settimana europea per
l’energia sostenibile (European Union
Sustainable Energy Week - EUSEW),
organizzata dalla Commissione europea DG Energia e Trasporti - in collaborazione
con le istituzioni europee e i principali
stakeholders
operanti
nel
settore
dell’energia sostenibile, che ha registrato
manifestazioni, conferenze, mostre,
seminari e proiezioni in varie città europee.
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8 › Dall'Europa e dal Mondo
Comunicati e attività di CES e CSI
_ CES: L’UE deve fare “di più”
_ CES: Delusione per le priorità 2010
_ CES: Riacquistare il debito pubblico
_ CSI: Giornata Mondiale Giustizia Sociale
_ CSI: Elezioni sindacali in Iraq
_ CSI: Negati diritti lavoratori in Giappone
_ CSI: Campagna FEDUSA in Sudafrica
_ CSI: Risoluzione Chevron in Birmania
11 › DOCUMENTI
_ Lotta alla povertà: richieste al futuro
Europarlamento
_ Disoccupazione: differenze tra regioni UE
11 › APPUNTAMENTI EUROPEI
INFORMAZIONE POLITICA
2 › Consiglio informale: no a distinzioni estovest
2 › Rinnovare «profondamente» la politica
euromediterranea
ECONOMIA
3 › Vertice di Berlino: regolare la finanza
internazionale
3 › Europarlamento: promuovere l’economia
sociale
4 › Maggior flessibilità per i Fondi strutturali
STRATEGIA DI LISBONA
4 › Incontro anticrisi tra Commissione e parti
sociali europee
5 › Italiano il record delle infrazioni nel
mercato interno
5 › Limitare l’impatto della crisi sui giovani
ALLARGAMENTO E MOBILITÀ DEI LAVORATORI
6 › Benefici duraturi dai cinque anni di
allargamento dell’UE
INFORMAZIONE SOCIALE
6 › Proposto un Ufficio europeo di sostegno
all’asilo
AMBIENTE, ENERGIA E CLIMA
7 › Patto dei sindaci europei per l’ambiente
Infoeuropa nasce dalla collaborazione tra APICE,
Associazione per l'incontro delle culture in Europa
presieduta da Franco Chittolina, e il D i p a r t i m e n t o
internazionale USR CISL Lombardia diretto da Rita Pavan.
Dall'inizio del 2008 la newsletter è realizzata da apiceuropa,
la società cooperativa nata dall'associazione Apice.
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INFORMAZIONE POLITICA
Consiglio informale: no a distinzioni est-ovest
«Abbiamo concordato che nessuno lascerà gli altri nei guai, ma abbiamo rifiutato tutte le
divisioni tra vecchi e nuovi, tra ricchi e poveri, tra chi fa parte della zona dell’euro e chi ne è
fuori», ha dichiarato il premier ceco e presidente di turno dell’UE, Mirek Topolanek, in merito al
Consiglio europeo straordinario svoltosi a Bruxelles. Il piano proposto dall’Ungheria, che
chiedeva di mobilitare 160-190 miliardi di euro a favore dei nuovi Stati membri dell’UE più
Ucraina e Croazia, era già stato bocciato dagli stessi Paesi dell’Europa centro-orientale nel
corso di un pre-Vertice convocato con una prassi inusuale dalla Polonia. La proposta è infatti
stata scartata perché considerata una «eccessiva drammatizzazione» e perché avrebbe messo
sullo stesso piano situazioni invece molto diversificate, dando «l’immagine di un ovest buono e
un est cattivo, mentre la realtà è molto più diversificata» ha detto il premier slovacco Robert
Fico. Gli aiuti saranno forniti, sulla base però di «accordi bilaterali e non collettivi», hanno
concordato i 27 Stati membri dell’UE, perché come ha osservato il presidente della
Commissione europea, José Manuel Barroso, «non possiamo agire per categorie di Paesi: nella
UE ci sono 27 Paesi e situazioni molto diverse». Altri, come il presidente francese Nicolas
Sarkozy, hanno insistito sul ruolo delle istituzioni finanziarie internazionali: d’altro canto la Banca
Mondiale, insieme alla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e alla Banca Europea per la
Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), hanno messo a disposizione dei Paesi in difficoltà
economico-finanziarie dell’Europa centro-orientale un piano da 24,5 miliardi di euro, oltre ai 25
miliardi di euro stanziati dalla Commissione europea, 6,5 miliardi proprio a favore dell’Ungheria
per evitare la bancarotta del suo sistema bancario. Le gravi difficoltà economico-finanziarie
riguardano infatti Ungheria e Lettonia nell’est ma anche Austria, Grecia e Irlanda nell’ovest,
dunque una divisione tra i due blocchi non avrebbe rispecchiato la realtà.
Sulla base di due documenti adottati dalla Commissione, riguardanti le linee guida per risolvere
il problema degli “asset tossici” detenuti dalle banche (di cui si ignora l’importo ma che stanno
bloccando l’attività creditizia) e la necessità di creare un quadro comune in cui inserire le varie
misure nazionali a sostegno del settore automobilistico, i 27 hanno evitato di cedere a tentazioni
nazionaliste e protezioniste affidando alla Commissione il compito di vigilare sul fatto che gli
interventi adottati non siano distorsivi della concorrenza nel mercato unico europeo. Gli
orientamenti anti-crisi espressi dal Vertice straordinario informale dovranno essere tradotti
velocemente in provvedimenti concreti, al fine di essere adottati dal Consiglio europeo “di
primavera” che si terrà nei giorni 19-29 marzo prossimi. (2 marzo 2009)
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Rinnovare la politica euromediterranea
Le due sponde del Mediterraneo «si stanno allontanando sotto il profilo economico, politico e
culturale» secondo il Parlamento europeo, che ha chiesto di rinnovare «profondamente» la
politica euromediterranea rafforzando il co-sviluppo dell’intera area. Secondo l’Europarlamento il
progetto di Unione per il Mediterraneo non è alternativo all’ampliamento dell’UE e non incide
sulle prospettive d’adesione, ma rappresenta invece «un passo avanti» verso l’integrazione
economica e territoriale e la cooperazione nell’ambito ecologico e climatico tra i Paesi del
Mediterraneo rispetto al «deludente» processo di Barcellona, a patto che «siano realizzate le
promesse e siano conseguiti risultati concreti e visibili». Le iniziative economiche e commerciali
per consentire la realizzazione di una zona di libero scambio reciprocamente vantaggiosa
devono «favorire la crescita economica della regione, un suo migliore inserimento nell’economia
mondiale e la riduzione del divario di sviluppo tra il nord e il sud del Mediterraneo, rafforzando la
coesione sociale» ha osservato il Parlamento europeo, sottolineando però la necessità di
valutare l’impatto sociale dei processi di liberalizzazione, soprattutto in termini di sicurezza
alimentare, perché l’obiettivo di un’area di libero scambio «non può essere valutato solo in
rapporto alla crescita economica». Facilitando l’accesso al credito e al microcredito deve essere
incoraggiata la creazione di piccole imprese, deve essere rafforzato il sostegno al Fondo
euromediterraneo di investimento e partenariato (FEMIP) e valorizzato il ruolo delle parti sociali
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nella prospettiva di istituire un Comitato economico e sociale euromediterraneo. La condizione
basilare affinché tutto ciò sia possibile è però quella di lavorare intensamente per creare
«un’area di pace e stabilità politica», condizioni «fondamentali per la sicurezza collettiva e
individuale», a partire da una soluzione del conflitto israelo-palestinese che incide sul dialogo
politico del partenariato euromediterraneo. L’UE deve quindi «assumere un ruolo guida» nella
composizione dei conflitti, «conquistando la fiducia di tutte le parti implicate», mentre deve
essere migliorata la «comprensione sociale e culturale tra i popoli» promuovendo il dialogo e la
conoscenza reciproca. Altre condizioni di fondo attengono alla promozione dello Stato di diritto,
della democrazia, del rispetto dei diritti dell’uomo e del pluralismo politico, contrastando le
persistenza di «violazioni molto gravi», il rispetto della libertà religiosa e di coscienza e dei diritti
delle minoranze, applicando effettivamente la clausola sui diritti dell’uomo negli accordi di
associazione. Così come deve essere rilanciata una gestione comune delle politiche migratorie,
«evitando una visione esclusivamente securitaria», e vanno ampliati i settori di cooperazione,
includendovi la gestione idrica, l’agricoltura, la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare,
l’energia, la formazione professionale, la cultura, la sanità e il turismo. (20 febbraio 2009)
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ECONOMIA
Vertice di Berlino: regolare la finanza internazionale
«Nessun mercato finanziario, nessun prodotto finanziario, nessun attore di mercato può agire
senza regolamentazione e sorveglianza», mentre chi non coopererà sarà soggetto a sanzioni:
su questi punti c’è stato accordo unanime durante il Vertice che ha riunito a Berlino i leader dei
Paesi europei membri del G20. All’incontro di Berlino, organizzato dalla cancelliera tedesca
Angela Merkel in preparazione del G20 che si terrà a Londra il 2 aprile prossimo, erano presenti
i capi di Stato e di governo dei Paesi europei appartenenti al G8 (Germania, Francia, Regno
Unito e Italia) più quelli spagnoli e olandesi, il premier ceco nella veste di presidente di turno
dell’UE, il presidente della BCE Jean-Claude Trichet, quello dell’Eurogruppo Jean-Claude
Juncker e il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso. Il documento finale
del Vertice descrive «tesa» la situazione dei mercati finanziari e sottolinea come siano più che
mai necessari riforme strutturali e investimenti pubblici. Secondo il premier britannico, Gordon
Brown, «le istituzioni internazionali hanno bisogno di almeno 500 miliardi di dollari», mentre
Angela Merkel ha sottolineato come interventi eccezionali siano giustificati dal fatto che si è di
fronte «alla crisi peggiore degli ultimi decenni».
Sotto accusa soprattutto i fondi speculativi, che con le loro volatilità e opacità hanno contribuito
in modo determinante alla crisi finanziaria internazionale. I fondi d’investimento ad alto rischio
(cosiddetti hedge funds) dovrebbero quindi rispondere ad autorità di supervisione e/o di mercato
competenti per i mercati in cui operano, nonché essere soggetti a obbligo di registrazione e ad
una raccolta dati di tipo «strutturale», per valutare meglio il settore e il potenziale di «rischio
sistemico». Anche le agenzie di rating dovrebbero essere soggette all’obbligo di registrazione e
la loro supervisione dovrebbe andare oltre l’approccio auto-regolatorio, mentre dovrebbero
essere introdotte sanzioni per i paradisi fiscali, cioè contro le giurisdizioni che non collaborano o
che non offrono un soddisfacente grado di trasparenza nelle aree della supervisione, della lotta
al riciclaggio, della lotta al finanziamento di attività terroristiche e nella sfera fiscale. (23 febbraio
2009)
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Europarlamento: promuovere l’economia sociale
Accesso agevolato al credito e sgravi fiscali, sviluppo del microcredito, introduzione di statuti
europei, inserimento nella concertazione sociale sono alcune misure proposte dal Parlamento
europeo per promuovere l’economia sociale e il terzo settore. Sviluppatasi attraverso forme
imprenditoriali organizzative e giuridiche particolari come cooperative, mutue, associazioni,
imprese e organizzazioni sociali e fondazioni, l’economia sociale comprende oggi circa due
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milioni di imprese nell’UE (10% del totale), prevalentemente piccole e medie, «che
contribuiscono a un modello economico sostenibile in cui gli individui sono più importanti del
capitale» e che rappresentano il 6% dei posti di lavoro totali.
Molti i vantaggi derivanti dall’economia sociale, che per questo va supportata e munita di
«premesse e condizioni politiche, legislative e operative adeguate» secondo l’Europarlamento.
Unendo redditività e solidarietà, l’economia sociale svolge infatti «un ruolo essenziale
nell’economia europea permettendo la creazione di posti di lavoro di qualità e il rafforzamento
della coesione sociale, economica e territoriale». Più in particolare, ha sottolineato il Parlamento
europeo, aiuta a rettificare tre tipi principali di squilibri sul mercato del lavoro: «La
disoccupazione, il precariato e l’esclusione sociale e lavorativa dei disoccupati» e «svolge un
ruolo nel miglioramento dell’occupabilità, crea posti di lavoro solitamente non soggetti a
delocalizzazione e contribuisce al conseguimento degli obiettivi enunciati nella Strategia di
Lisbona». Inoltre, genera capitale sociale, promuove «la cittadinanza attiva, la solidarietà e una
visione dell’economia fatta di valori democratici» e appoggia lo sviluppo sostenibile e
l’innovazione sociale, ambientale e tecnologica.
Pertanto, le imprese dell’economia sociale non dovrebbero essere soggette all’applicazione
delle stesse regole di concorrenza delle altre imprese e necessitano «di un quadro giuridico
certo, che permetta loro di operare su un piano di parità rispetto alle altre imprese». L’UE e gli
Stati membri sono quindi invitati a riconoscere l’economia sociale e i soggetti che ne fanno parte
nell’ambito della loro legislazione e delle loro politiche, mentre alla Commissione europea è
chiesto che nell’elaborazione delle politiche europee «si tenga conto delle caratteristiche
dell’economia sociale» e che questa sia integrata nelle politiche e strategie in materia di sviluppo
sociale, economico e imprenditoriale, soprattutto nel contesto della normativa europea sulle
piccole imprese (”Small Business Act”). (20 febbraio 2009)
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Maggior flessibilità per i Fondi strutturali
Affinché «ogni euro dei Fondi strutturali sia speso in modo efficace», in risposta alla crisi
economico-finanziaria in corso, la Commissione europea ha deciso che gli Stati membri
possono fare un uso più flessibile dei Fondi anche per quanto concerne il periodo di
ammissibilità. L’obiettivo, secondo quanto spiegato dalla commissaria europea per la Politica
regionale Danuta Hübner, è di consentire agli Stati membri di ottimizzare gli investimenti nell’UE
«in quanto eccellente rimedio anticrisi». La proroga del periodo di ammissibilità riguarda i quattro
Fondi strutturali in vigore nel periodo 2000-2006: Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR),
Fondo sociale europeo (FSE), Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG) e
Strumento finanziario di orientamento della pesca (SFOP). La flessibilità concessa permetterà
agli Stati membri e alle regioni di realizzare e portare a termine un maggior numero di progetti in
loco. La Commissione ha poi deciso di consentire agli Stati membri e alle regioni una maggior
flessibilità nell’assegnazione di finanziamenti per varie priorità: il margine di flessibilità del 2%
per trasferire finanziamenti da un cosiddetto “asse prioritario” (settore strategico di spesa di ogni
programma operativo della politica di coesione) all’altro è stato ampliato al 10%, cosa che nelle
intenzioni della Commissione dovrebbe permettere agli Stati membri di destinare i finanziamenti
restanti a progetti di maggior impatto. Per l’esercizio finanziario 2000-2006 sono stati assegnati
agli Stati membri finanziamenti per 257 miliardi di euro, di cui 225 miliardi sono stati finora
versati (87,5%): gli Stati membri potranno ora effettuare fino al 30 giugno 2009 i pagamenti
relativi a questo periodo. (24 febbraio 2009)
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STRATEGIA DI LISBONA
Incontro anticrisi tra Commissione e parti sociali
L’esecutivo europeo ha incontrato i rappresentanti europei dei sindacati e dei datori di lavoro per
ottenere un ampio accordo sul Piano europeo di ripresa economica, strumento basilare insieme
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al mercato interno per affrontare la crisi e intervenire a favore dell’occupazione. «L’impatto della
crisi sull’occupazione è evidente. Per arrestare la recessione, limitare la perdita di posti di
lavoro, evitare la chiusura di imprese e rimettere l’Europa sulla via della crescita e
dell’occupazione, abbiamo bisogno di cooperazione. Avere l’opportunità di discutere con le parti
sociali i modi per lavorare con maggior efficacia e ottenere risultati è fonte di grande
soddisfazione» ha dichiarato il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso.
I rappresentanti di Business Europe (Confindustria europea), CES (sindacati europei), UEAPME
(artigianato e piccole e media imprese) e CEEP (servizi pubblici) hanno espresso alla
Commissione europea un giudizio positivo sul Piano europeo di ripresa economica, definendolo
un punto di partenza adeguato, e hanno affermato la loro disponibilità a garantirne l’effettiva
attuazione. Nel corso dell’incontro, le parti sociali europee hanno avanzato le loro richieste
relative al rafforzamento della crescita e dell’occupazione, ad attuare misure di flessicurezza, ad
aiutare imprese e lavoratori durante la recessione, a incoraggiare gli investimenti, a sostenere il
potere d’acquisto e la domanda, a rispettare la libera circolazione dei lavoratori e i contratti
collettivi e a proseguire la salvaguardia del mercato interno. La Commissione europea ha
comunicato che sosterrà queste posizioni nel corso della riunione informale dei capi di Stato e di
governo dell’UE del 1° marzo prossimo, durante il Consiglio europeo di primavera e il Vertice
sull’occupazione che si terrà in maggio. Commissione e parti sociali europee hanno quindi
manifestato la volontà di collaborare strettamente e di far sì che datori di lavoro e organizzazioni
sindacali dell’intera UE possano contribuire effettivamente al rilancio dell’economia europea. (25
febbraio 2009)
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Italiano il record delle infrazioni nel mercato interno
Alla fine del 2008 l’Italia aveva il primato europeo dei procedimenti aperti d’infrazione a norme
dell’UE con 112 casi, mentre in materia di trasposizione delle norme nella legislazione nazionale
l’Italia ha un deficit dell’1,3% contro una media europea dell’1%, per un totale di 21 direttive
dell’UE non trasposte. Dal quadro di valutazione del mercato interno, svolto dalla Commissione
europea, risulta che gli Stati membri dell’UE fanno registrare in generale buoni risultati sotto il
profilo dell’attuazione tempestiva delle regole del mercato interno nel diritto nazionale. La
maggior parte dei Paesi è infatti in linea con il nuovo obiettivo dell’1% convenuto dai capi di
governo: 17 Stati membri hanno raggiunto l’obiettivo, con Danimarca e Malta che fanno
registrare i migliori risultati (sole 5 direttive non adottate in tempo); la Repubblica Ceca ha
compiuto i maggiori progressi abbassando il deficit di recepimento dell’1,1% (portandolo
all’1,4%); Cipro, Grecia, Portogallo, Polonia e Lussemburgo, non hanno invece raggiunto
l’obiettivo dell’1,5%, mentre il deficit di recepimento di Lussemburgo e Polonia è doppio rispetto
a quello medio dell’UE.
Rispetto alle infrazioni, invece, la maggior parte dei casi aperti riguarda Italia (112) e Spagna
(103), seguite da Grecia (91), Germania (90) e Francia (85). L’Italia, data la grande quantità di
procedimenti aperti, ha fatto registrare anche la maggiore riduzione (15), seguita da Francia (9),
Spagna e Malta (5). Sono invece cresciuti i procedimenti riguardanti Belgio e Slovacchia, con
rispettivamente 14 e 11 nuovi casi.
L’attuale quadro di valutazione ha una duplice funzione: presenta il grado di integrazione
economica raggiunto e analizza come gli Stati membri applichino in pratica le regole del mercato
interno. Per quanto riguarda questo secondo aspetto, la situazione è però negativa: i dati
indicano che il numero medio di casi di cattiva applicazione è salito a 49 per Stato membro e
che i tempi per arrivare a una soluzione sono troppo lunghi. (19 febbraio 2009)
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Limitare l’impatto della crisi sui giovani
Il Consiglio dei ministri Educazione, Giovani e Cultura ha adottato, nella sessione del 16
febbraio, alcuni messaggi chiave sul Patto europeo per la gioventù, varato nel 2005 e centrato
su occupazione, istruzione e integrazione dei giovani nonché sulla conciliazione tra attività
professionale e vita familiare. Secondo i ministri dell’UE, infatti, sono necessari interventi per
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limitare l’inevitabile impatto che il deterioramento del clima economico avrà sulle condizioni di
vita dei giovani, in termini di disoccupazione e di istruzione, rendendoli più esposti al rischio di
esclusione e meno capaci di migliorare il loro futuro.
Così, il Consiglio ha raccomandato di attuare meglio il Patto per la gioventù, per consentire una
più agevole transizione dall’istruzione alla vita lavorativa e combattere l’inattività e la
disoccupazione, e di prestare maggiore attenzione al ruolo svolto dai giovani a favore della
creatività, dell’innovazione e dell’imprenditorialità. Inoltre, dovrebbe essere riservata la massima
priorità ai giovani con minori opportunità e a quelli che vivono in condizioni di povertà. Secondo i
ministri dell’UE, per la crescita e lo sviluppo sostenibili e per la coesione sociale è essenziale
«garantire ai giovani la possibilità di far valere appieno i loro diritti e creare condizioni favorevoli
affinché sviluppino le loro competenze, realizzino il loro potenziale, svolgano un’attività
lavorativa e siano membri attivi della società». Le proposte del Consiglio Gioventù saranno
presentate a marzo in occasione del Consiglio europeo di primavera, nel quadro della relazione
sull’attuazione della Strategia di Lisbona. (17 febbraio 2009)
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ALLARGAMENTO E MOBILITÀ DEI LAVORATORI
Benefici duraturi dai cinque anni di allargamento UE
Gli ultimi allargamenti dell’UE, quelli del 2004 e del 2007 che hanno segnato l’estensione a 12
nuovi Stati membri, hanno generato benefici economici per entrambe le parti e per i cittadini di
tutta l’UE, ha osservato la Commissione europea in una comunicazione sui “Cinque anni di UE
allargata”. L’UE è oggi la più vasta area di integrazione economica nel mondo, rappresenta più
del 30% del PIL mondiale e oltre il 17% del commercio mondiale. Il reddito pro capite nei nuovi
Stati membri è aumentato, passando dal 40% della media dei vecchi Stati membri nel 1999 al
52% nel 2008, e la crescita è stata in media del 5,5% nel periodo 2004-2008, rispetto al 3,5%
nel periodo 1999-2003. Tuttavia, sottolinea la Commissione, ciò non è avvenuto a spese dei
vecchi Stati membri la cui crescita è stata di circa il 2,2% annuo nel periodo 2004-2008, con
percentuali analoghe per il periodo 1999-2003. Inoltre, secondo la comunicazione dell’esecutivo
europeo, l’allargamento ha anche accresciuto le opportunità commerciali: nel 2007 circa l’80%
delle esportazioni dei nuovi Stati membri sono state destinate al resto dell’UE, mentre i vecchi
Stati membri hanno potuto accrescere le loro vendite nei nuovi Stati membri a circa il 7,5% del
totale delle loro esportazioni nel 2007, dal 4% di un decennio prima.
Nei nuovi Stati membri è poi diminuita la disoccupazione, scendendo da livelli spesso molto
elevati a livelli analoghi a quelli del resto dell’UE: circa il 7% nel 2007, mentre «le preoccupazioni
espresse nei vecchi Stati membri su una migrazione massiccia di lavoratori si sono rivelate
infondate» spiega la Commissione: nella maggior parte degli Stati membri ospitanti il numero di
lavoratori migranti non ha superato l’1% della popolazione nazionale in età lavorativa e ha
consentito di colmare la mancanza di manodopera. Inoltre, la temporaneità è stata una delle
caratteristiche principali di questa migrazione: ad esempio, nel Regno Unito il 50% dei recenti
migranti comunitari sono tornati nei rispettivi Paesi d’origine.
Infine, ha osservato la Commissione, se la crisi mondiale in corso sta creando difficoltà a tutti i
Paesi, anche europei, «un’UE grande e forte può affrontare meglio questa e altre sfide rispetto a
quanto potrebbero fare gli Stati membri da soli». (23 febbraio 2009)
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INFORMAZIONE SOCIALE
Proposto un Ufficio europeo di sostegno all’asilo
La Commissione europea ha proposto di istituire un Ufficio europeo per coordinare e rafforzare
la cooperazione fra gli Stati membri in materia d’asilo, ai fini di una maggiore armonizzazione
delle diverse prassi nazionali e delle norme vigenti nell’UE. Le modalità d’attuazione del diritto
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d’asilo nell’UE mostrano infatti grandi divergenze fra le prassi degli Stati membri per quanto
riguarda le domande di protezione internazionale. Un iracheno, ad esempio, ha il 71% di
possibilità di ottenere protezione in uno Stato membro e il 2% in un altro. Il piano strategico
sull’asilo adottato nel giugno 2008 dalla Commissione prevedeva di completare e modificare la
legislazione europea in materia di diritto d’asilo, ma l’azione «va puntellata rafforzando la
cooperazione amministrativa fra gli Stati membri ai fini di un’armonizzazione delle varie prassi
nazionali» ha dichiarato la Commissione.
L’Ufficio di sostegno per l’asilo, che dovrebbe rivestire la forma di un’agenzia ed essere un
organismo europeo indipendente, potrebbe essere operativo nel 2010 e lavorare in stretta
collaborazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR-UNHCR)
oltre che svolgere un dialogo consultivo con le organizzazioni della società civile. Il suo obiettivo
sarà quello di sostenere l’impegno degli Stati membri nell’attuare una politica d’asilo «più
coerente ed equa», aiutandoli ad esempio ad individuare le buone prassi, organizzando
formazioni a livello europeo e migliorando l’accesso a informazioni valide sui Paesi d’origine.
Avrà inoltre il compito di coordinare gruppi di sostegno composti da esperti nazionali, cui
potranno fare ricorso gli Stati membri che devono far fronte ad afflussi massicci di richiedenti
asilo nel loro territorio, e fornirà assistenza scientifica e tecnica ai fini dello sviluppo della politica
e della legislazione in materia d’asilo. (18 febbraio 2009)
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AMBIENTE,
ENERGIA E CLIMA
Patto dei sindaci europei per l’ambiente
I sindaci di oltre 370 città europee hanno siglato presso l’Aula del Parlamento europeo, a
Bruxelles, un Patto che li impegna a superare entro il 2020 l’obiettivo di una diminuzione del
20% delle emissioni di anidride carbonica. Come ha spiegato il commissario europeo per
l’Energia, Andris Piebalgs, «la maggior parte dell’energia prodotta in Europa è consumata nelle
aree urbane, quindi la battaglia contro il cambiamento climatico sarà combattuta e vinta nelle
città. Per questo motivo, l’impegno che si sono assunti i primi cittadini di molte città europee
firmando il Patto dei sindaci costituisce un forte messaggio di speranza, soprattutto nel difficile
periodo che stiamo attraversando».
È stata proprio la Commissione europea, insieme al Comitato delle Regioni, a promuovere
questa iniziativa che avvia una cooperazione tra i rappresentanti di oltre 60 milioni di cittadini
europei al fine di realizzare l’obbiettivo comune di utilizzare l’energia in modo più razionale a
salvaguardia dell’ambiente. «Gli obiettivi ambiziosi che l’Europa si è data per ridurre le emissioni
di gas serra possono essere realizzati solo attraverso lo sforzo congiunto e convinto degli enti
locali e regionali» ha dichiarato il presidente del Comitato delle Regioni, Luc van den Brande,
specificando che il Patto non è rivolto solo alle grandi città europee ma anche a quelle minori e
ai comuni più piccoli, incoraggiandoli a aderire all’iniziativa e a sottoscrivere l’impegno per
l’ambiente.
Il Comitato delle Regioni sta intanto cercando di creare una rete delle città e regioni che hanno
firmato il Patto, così che possano diffondere tra loro le migliori pratiche ed esperienze, mentre
un supporto all’iniziativa è dato dal portale web del Patto dei sindaci creato appositamente. (10
febbraio 2009)
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DALL'EUROPA E DAL MONDO - FINESTRA SULL'ATTIVITÀ DI CES E CSI
25 febbraio 2009 Richiesta CES: l’Europa deve fare “di più e più velocemente”
Il segretario generale della Confederazione Europea dei Sindacati (CES), John
Monks, rivolgendosi al Collegio dei commissari, ha richiamato la Commissione
affinché faccia «di più e più velocemente» per lottare contro la crisi economica.
Monks ha richiesto un secondo piano di recupero che copra il 2% del PIL e che
includa progetti sostenibili e di più ampia portata finanziati dai “bond europei
per la crescita”. Inoltre, ha richiesto che lo stimolo della domanda e il potere
d’acquisto rientrino in un New Deal Sociale per i lavoratori. Ha poi insistito
affinché vengano fissate nuove regole per la mobilità del lavoro, chiedendo
specificatamente un nuovo Protocollo sul Progresso Sociale e una più forte
direttiva sui lavoratori distaccati, che possa proteggere maggiormente la
contrattazione collettiva. Infine, Monks si è appellato a una risposta europea
forte che riformi il sistema finanziario che ha causato il crollo dell’economia
mondiale. Intervenendo dopo il meeting, Monks si è così espresso: «L’Europa è
stata messa alla prova come mai prima d’ora. Deve ergersi di fronte a questa
sfida e può farlo dimostrando di stare dalla parte dei lavoratori. Un nuovo Piano
Sociale è imperativo».
Leggi il comunicato
19 febbraio 2009 La CES delusa dalle priorità politiche della Commissione per il 2010
In risposta alla Strategia Politica Annuale per il 2010 della Commissione
Europea, pubblicata il 19 febbraio, il segretario generale della CES, John Monks,
ha dichiarato: «Sono sorpreso che la Commissione non includa nell’agenda
politica i problemi sorti nel mercato unico europeo a seguito delle sentenze
reazionarie emesse dalla Corte di Giustizia Europea e dalla direttiva sui
lavoratori distaccati. Solleverò l’attenzione su questi temi in occasione
dell’incontro con il Collegio dei Commissari».
Leggi il comunicato
18 febbraio 2009 Comprare il debito pubblico per sostenere il futuro dell’Europa
A causa della permanente difficoltà ad accedere al credito, le Banche centrali e i
governi sono stati invitati a farsi carico dei debiti societari per evitare casi di
bancarotta. Sebbene la CES riconosca la necessità di ripristinare i flussi di
credito nei mercati finanziari, ha espresso preoccupazione per questi
provvedimenti mal ideati. Queste misure, infatti, finanzieranno, con un alto costo
per le finanze pubbliche, le disastrose gestioni del settore privato, mentre
falliranno nella realizzazione della ripresa economica. La CES ha invitato i
politici europei a dedicarsi soprattutto alla realizzazione di politiche in grado di
stimolare l’economia e di creare nuovi posti di lavoro sostenibili. La Banca
Centrale Europea (BCE) e le altre Banche centrali devono iniziare a comprare i
debiti pubblici sostenendo i progetti di investimento europei nei settori
dell’energia pulita e rinnovabile, delle infrastrutture e delle reti europee, delle
auto moderne e dei sistemi di trasporto. Secondo Reiner Hoffmann,
vicesegretario generale della CES, «la priorità dovrebbe essere quella di
mobilitare le scarse risorse pubbliche per portarci fuori dalla crisi, non per
salvare le compagnie che in alcuni casi non hanno ricapitalizzato abbastanza pur
di distribuire ingenti capitali e dividendi agli azionisti ».
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20 febbraio 2009 Giornata Mondiale per la Giustizia Sociale: una globalizzazione a
favore e non contro i lavoratori
Con un video-messaggio sulla Giornata Mondiale per la Giustizia Sociale, il
segretario generale della Confederazione Sindacale Internazionale (CSI), Guy
Ryder, ha lanciato un appello ai governi affinché agiscano insieme per affrontare
la crisi economica globale, attraverso lo stimolo delle economie per creare posti
di lavoro, la regolazione del settore bancario e di quello finanziario, l’istituzione
di un vero sistema di governance e la fine della massiccia disuguaglianza che
caratterizza oggi le economie mondiali. La CSI e i suoi affiliati hanno chiesto
con insistenza al Gruppo dei G20, alle Nazioni Unite ed ai governi nazionali di
ascoltare la voce dei lavoratori e di portare avanti una globalizzazione che sia a
loro favorevole, e non svantaggiosa. I sindacati hanno chiesto di poter
partecipare ai lavori del G20 e allo stesso tempo hanno insistito affinché
l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sia pienamente coinvolta negli
incontri di alto livello che si svolgeranno a Londra il 2 aprile.
Infoeuropa | Numero 55 del 2 marzo 2009 | 8
DALL'EUROPA E DAL MONDO - FINESTRA SULL'ATTIVITÀ DI CES E CSI
Queste richieste sono state portate avanti anche nell’ambito degli eventi
promossi dall’ONU a New York e dall’ILO a Ginevra, in occasione della prima
Giornata Mondiale per la Giustizia Sociale.
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19 febbraio 2009 Iraq: le prossime elezioni sindacali con le regole del regime di Saddam
La CSI ha espresso viva preoccupazione riguardo alle elezioni sindacali in Iraq,
previste in marzo, che si svolgeranno secondo il sistema ereditato dal regime di
Saddam Hussein, in violazione del diritto internazionale sulla libertà di
associazione. Le elezioni saranno regolamentate dalla legge 52, che fa divieto ai
lavoratori del settore pubblico di costituire o aderire a sindacati. Infatti, solo sei
sindacati, in prevalenza del settore privato e tutti affiliati alla Federazione
Irachena dei Sindacati (IFTU), avranno il diritto di partecipare. Inoltre, le tre
province settentrionali (Kurdistan) non saranno coinvolte nelle elezioni. «Le
autorità irachene nella sostanza possono anche fare progressi rilevanti e
necessari sui diritti dei lavoratori, ma il metodo è del tutto sbagliato. Devono
garantire che in Iraq i lavoratori godano di tutti i diritti e le protezioni previste
dal diritto internazionale, in particolare dalle Convenzioni 87 e 98 dell’ILO» ha
dichiarato il segretario generale della CSI, Guy Ryder.
Dalla dichiarazione del presidente del comitato governativo incaricato di
supervisionare le elezioni, la CSI ha inteso che tale comitato non impedirà ai
lavoratori del settore pubblico di organizzare autonomamente delle elezioni
sindacali, ma che, in ogni caso, il risultato non potrà essere riconosciuto
ufficialmente dal momento che la legge 52 non lo permette. In conseguenza di
ciò, alcuni sindacati di settore hanno dichiarato di voler svolgere le elezioni,
mentre altri hanno deciso che, nell’attuale quadro giuridico, non le avrebbero
indette. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che, all’interno delle
sei Confederazioni che svolgeranno elezioni ufficialmente riconosciute,
coesistono lavoratori dei settori privato e pubblico. Inoltre, la controversa
ordinanza 8750 dell’agosto 2005 congela tutte le proprietà e i conti finanziari dei
sindacati: la sua attuazione sarà rivista, ed eventualmente sospesa, solo dopo le
elezioni, ma solo per i sindacati a cui è ufficialmente permesso di svolgerle.
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18 febbraio 2009 Giappone: ancora negati i diritti dei lavoratori nel settore pubblico
Le violazioni dei diritti sindacali e le discriminazioni rimangono all'ordine del
giorno in Giappone, secondo un Rapporto della CSI. Il documento, la cui
pubblicazione ha coinciso con l’esame della politica commerciale del Giappone
in seno all'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), sottolinea come
molti lavoratori, in particolare quelli impiegati nel settore pubblico e nel servizio
civile, continuino ad avere restrizioni per quanto riguarda il diritto di
organizzarsi. Le restrizioni si presentano anche nei confronti del loro diritto di
contrattazione collettiva e nel diritto di sciopero, mentre i lavoratori privati dei
cosiddetti settori "essenziali" devono dare un preavviso di dieci giorni. A questo
proposito, il Rapporto esorta il governo giapponese a integrare la legislazione
con le Convenzioni ILO n. 87 e 98, e ad eliminare le restrizioni al diritto di
contrattazione collettiva e di sciopero dei lavoratori del settore pubblico. I
tentativi dei sindacati per promuovere la contrattazione collettiva sono stati
frenati dal numero sempre crescente di holding e di compagnie di fondi
d'investimento, in cui il manager non è legalmente considerato come datore di
lavoro. Inoltre, vi è un abuso da parte degli impiegati di programmi di
formazione e di stage per i lavoratori stranieri privi di competenze, che in gran
parte lavorano in aziende che li sfruttano e che li fanno lavorare in condizioni
pericolose e sotto i minimi salariali. Il Rapporto fa anche riferimento alla
discriminazione all’ingresso del mercato del lavoro e nella remunerazione.
Nonostante le leggi per l'uguaglianza di trattamento, la discriminazione indiretta
nei confronti delle donne rimane un serio problema. In particolare il "doppio
sistema di carriera" spinge le donne al percorso generale o impiegatizio, e il
"triplo percorso di impiego", che divide i posti di lavoro in manageriali
permanenti, esperti e non-permanenti, ha contribuito al mantenimento delle
discriminazioni nell’ingresso del mercato del lavoro e nella remunerazione.
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18 febbraio 2009 Sudafrica: la CSI supporta la campagna della FEDUSA
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DALL'EUROPA E DAL MONDO - FINESTRA SULL'ATTIVITÀ DI CES E CSI
La CSI ha sollecitato un sostegno internazionale per la campagna lanciata dal
centro FEDUSA (sindacato sudafricano affiliato alla CSI) riguardo la pessima
gestione dei fondi-pensione degli impiegati da parte della Banca Investec.
L'Associazione per l'Uguaglianza dei Lavoratori Sudafricana (SAEWA),
membro sindacale della FEDUSA, è coinvolta in una causa legale da 4 miliardi
di rand (390 milioni di dollari statunitensi) con la banca in merito alle ingenti
perdite avvenute a partire dal 1999. Il Consiglio Generale della CSI ha approvato
a dicembre una risoluzione che invita a sostenere a livello internazionale la
campagna di FEDUSA. «I lavoratori hanno creduto che il loro denaro venisse
reinvestito secondo principi della buona governance e secondo pratiche e regole
prudenti. A questo punto, molto difficilmente avranno la possibilità di godere di
un reddito dignitoso durante la loro vecchiaia» ha affermato il segretario
generale della CSI, Guy Ryder. Solo ora la CSI ha appreso che la Investec si è
dichiarata disposta a un possibile accordo conciliatorio con la SAEWA; tuttavia,
il sindacato è preoccupato del fatto che la questione rimane tuttora irrisolta.
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16 febbraio 2009 Birmania: la CSI e l'ICEM esortano gli investitori a sostenere la
risoluzione degli azionisti della compagnia Chevron
La CSI e la Federazione Internazionale dei Sindacati dei lavoratori nel campo
della Chimica, dell'Energia e delle Miniere (ICEM) hanno espresso il loro
sostegno alla risoluzione adottata dagli azionisti della compagnia petrolifera
statunitense Chevron. La risoluzione esorta la compagnia a pubblicare rapporti
sui criteri della Chevron riguardo agli investimenti, alle attività o la loro
interruzione condotte in specifici Paesi. La Chevron rimane l'unica compagnia
statunitense ad avere possedimenti significativi in Birmania ed è in parte anche
responsabile del trasferimento di milioni di dollari, come pagamento di royalties
al regime militare birmano. Ha anche fondato un’organizzazione che esercita
un'azione di lobby sul governo federale statunitense e sul Congresso, per
impedire l'imposizione di sanzioni economiche alla Birmania, nonostante le
continue violazioni governative dei diritti umani. La Birmania è stata condannata
dall'ONU e dall'ILO per repressione dei sindacati e uso costante del lavoro
forzato. CSI e ICEM stanno incoraggiando gli investitori affinché supportino la
risoluzione sia per migliorare i diritti dei lavoratori sia, nell'interesse degli
azionisti, per proteggere la reputazione delle compagnie in cui investono. Sin dal
2000 il movimento sindacale mondiale esorta le compagnie a disinvestire in
Birmania.
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DOCUMENTI
Lotta alla povertà: richieste al futuro Europarlamento
Osservando come negli ultimi cinque anni il modello economico e sociale dell’UE ha troppo
spesso considerato prioritarie le libertà del mercato rispetto ai diritti sociali e ambientali,
l’European Anti Poverty Network (EAPN) ha presentato le seguenti dieci richieste che verranno
sottoposte al prossimo Parlamento europeo: fare della coesione sociale, della lotta a povertà e
ineguaglianza nell’UE e della promozione di maggior equità globale delle priorità per l’Unione
europea; definire e monitorare target europei e nazionali per la riduzione di povertà e
ineguaglianza nell’ambito di una forte strategia dell’UE contro la povertà; stabilire dei criteri di
valutazione sulla governance attiva nei processi decisionali a livello di UE e di Stati membri,
assicurando la partecipazione delle organizzazioni impegnate nella lotta alla povertà nonché di
persone con esperienza diretta di povertà ed esclusione; progredire nello sviluppo di un quadro
europeo per la tutela di standard sociali di alto livello e la garanzia di una vita dignitosa per tutti;
assicurare l’accesso di tutti a servizi di qualità; mettere l’istanza del “lavoro dignitoso e di qualità”
al centro della Strategia europea per l’occupazione; supportare l’economia sociale e
l’imprenditorialità inclusiva; rafforzare la legislazione antidiscriminatoria dell’UE; diffondere la
lotta alla povertà attraverso tutte le politiche; il Parlamento europeo può giocare un ruolo positivo
di ambasciatore per l’Anno europeo 2010 contro la povertà e l’esclusione sociale. Vai al
documento
Disoccupazione: forti differenze tra le regioni dell’UE
La disoccupazione nei Paesi dell’UE varia in modo significativo a livello regionale, passando da
un tasso minimo del 2,1% della regione olandese di Zeeland a un massimo del 25,2% rilevato
nella regione francese oltreoceano di Réunion. I dati Eurostat relativi al 2007 mostrano come, tra
le 263 regioni dell’UE, 28 presentano dei tassi di disoccupazione inferiori al 3,5%, cioè meno
della metà del tasso medio dell’UE. Di queste, otto regioni sono olandesi, sette italiane (Bolzano,
Emilia Romagna, Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Valle d’Aosta), cinque
britanniche, tre ceche e austriache e due belghe. Sul fronte opposto, invece, 14 regioni hanno
tassi superiori al 14,2% cioè almeno doppi della media europea: cinque tedesche, quattro
francesi, due spagnole e slovacche e una belga. Per quanto concerne la disoccupazione
femminile spiccano in positivo le regioni olandesi di Zeeland (2,4%) e Utrecht (2,9%), ceca di
Praga (2,8%) e britannica del Cheshire (2,9%); in negativo le regioni spagnole in territorio
marocchino di Ceuta (28,7%) e Mellilla (28,1%). Tra gli alti tassi di disoccupazione giovanile
emergono quelli elevatissimi delle regioni francesi d’oltreoceano Guadeloupe (55,7%), Réunion
(50%) e Martinique (47,8%), si confermano alti i tassi delle italiane Sicilia (37,2%), Sardegna e
Campania (entrambe al 32,5%); al contrario risultano molto bassi i tassi di disoccupazione
giovanile delle regioni olandesi di Gelderland (4,9%) e Utrecht (5%). Vai al documento
APPUNTAMENTI EUROPEI
Istituzioni
PRES
9 - 10 marzo 2009
Consiglio Occupazione, Politica sociale, Salute e Consumatori
consumatore (EPSCO) – Bruxelles
PE
9 - 12 marzo 2009
Parlamento europeo, sessione plenaria – Strasburgo
PRES: Presidenza dell’UE
PE: Parlamento Europeo
Parti sociali e società civile
EIPA
12 - 13 marzo 2009
Regime legislativo UE sulla tutela dei consumatori: “Verso la revisione
dell'acquis del consumatore e dei recenti sviluppi legislativi” – Lussemburgo
WE
12 - 13 marzo 2009
Corso: “Come ottenere fondi dalla Commissione europea?” – Parigi
EIPA: European Institute of Public Administration
WE: Welcome Europe
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TRIBUNA EUROPA
Terza Settimana europea per l’energia sostenibile
Dal 9 al 13 febbraio scorsi si è svolta a Bruxelles la Terza edizione della Settimana europea per
l’energia sostenibile (European Union Sustainable Energy Week - EUSEW), organizzata dalla
Commissione europea – DG Energia e Trasporti, in collaborazione con le istituzioni europee e i
principali stakeholders operanti nel settore dell’energia sostenibile.
Nella cerimonia di apertura, il commissario europeo per l’Energia, Andris Pieblags, ha dichiarato
che «l’UE deve sfruttare l’occasione della lotta contro i cambiamenti climatici facendola divenire
un’opportunità economica» e ha aggiunto: «Possiamo sviluppare un’industria energetica che sia
il motore della nostra economia, creando posti di lavoro in Europa anziché esportare la nostra
ricchezza ai produttori di energia al di fuori dell’Unione europea».
Secondo il commissario «questa è l’unica opzione possibile, se si vuole davvero diminuire del
20% le emissioni di gas serra e aumentare la nostra sicurezza energetica; infatti, escludendo gli
impianti idroelettrici e di biomasse di grandi e medie dimensione tutti gli sforzi che gli Stati
membri hanno effettuato nell’ultimo decennio per promuovere l’energia rinnovabile (in particolare
nei settori eolico, fotovoltaico e solare) hanno fatto aumentare la quota delle fonti “verdi” nel mix
energetico solo dal 7% all’8,5%». Secondo Piebalgs, quindi, per raggiungere l’obiettivo del 20%
di riduzione delle emissioni di gas serra, l’UE dovrà installare ogni singolo anno, per 12 anni,
una capacità di energia rinnovabile pari a quella che ha predisposto negli ultimi 10 anni. Il
commissario ha poi concluso affermando che «nell’arco di una sola generazione, possiamo dare
all’Europa un sistema energetico davvero sostenibile, pulito, e che ci assicurerà sicurezza
energetica di lungo termine e un livello molto alto d’indipendenza. Possiamo sviluppare
un’industria dell’energia in Europa che sarà il motore della nostra economia e che produrrà posti
di lavoro in Europa. Se sapremo investire in modo saggio, potremo collocare l’UE
all’avanguardia della terza rivoluzione industriale, così come gli USA sono stati alla guida della
seconda, attraverso gli investimenti nelle tecnologie dei computer».
Durante la Settimana per l’energia sostenibile, nelle maggiori città europee si sono svolte
manifestazioni, conferenze, mostre, seminari e proiezioni, tese non solo a sottolineare
l’importanza della gestione sostenibile delle risorse energetiche, ma anche a evidenziare le
strategie che permettono di raggiungere a livello locale gli ambiziosi obiettivi energetici fissati
dall’Unione europea per il 2020._In particolare, strumenti fondamentali diventano la campagna
“Energia sostenibile per l’Europa” (Sustainable Energy Europe Campaign - SEE) e il “Patto dei
sindaci”.
La campagna SEE punta a raggiungere gli obiettivi comunitari della politica energetica per
quanto riguarda le fonti di energia rinnovabili, l’efficienza energetica, i trasporti puliti e i
combustibili alternativi. In Italia, la campagna SEE ha il compito di definire gli impegni specifici
che possono assumere gli attori pubblici e privati e la promozione delle migliori pratiche in aree
e settori strategici come: le comunità sostenibili, i trasporti, le fonti di energia rinnovabile,
l’edilizia, l’efficienza e il risparmio energetico, gli strumenti finanziari e la comunicazione.
Secondo Corrado Clini, direttore generale del ministero dell’Ambiente, l’evento ha evidenziato
«la concreta cooperazione in atto tra la Commissione europea e uno Stato membro nell’ambito
dell’attuazione della campagna SEE e del Patto dei sindaci a livello nazionale, al fine di
promuovere i migliori esempi sui temi dello sviluppo sostenibile nei diversi ambiti territoriali e, ad
esempio, sottolineare e potenziare le sinergie tra le diverse Comunità che hanno già iniziato a
percorrere la strada verso la sostenibilità ambientale».
Il Patto dei sindaci è stato recentemente firmato da oltre trecentocinquanta città europee, di cui
ventotto italiane, che si sono poste l’obiettivo di superare entro il 2020 la soglia di riduzione del
20% delle emissioni di CO2. Secondo il commissario Piebalgs questo accordo è molto
significativo, poiché «La maggior parte dell’energia prodotta in Europa viene consumata nelle
aree urbane. La battaglia contro il cambiamento climatico sarà combattuta e vinta nelle città. Per
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questo motivo, l’impegno che si sono assunti i primi cittadini di molte città europee, con la firma
del Patto, costituisce un forte messaggio di speranza, soprattutto nel difficile periodo che stiamo
attraversando».
Durante la settimana, il 10 febbraio 2009 sono stati annunciati i vincitori della terza edizione del
concorso “Sustainable Energy Europe Awards 2009 in una cerimonia tenutasi alla Albert Hall di
Bruxelles. L’obiettivo del concorso è stato di puntare i riflettori sulle iniziative più notevoli,
ambiziose e innovative nel settore dell’energia sostenibile e premiare i progetti più meritevoli.
Attraverso questa premiazione si intende favorire lo sviluppo delle più recenti iniziative in
materia di energia in Europa.
Degli oltre 250 progetti che sono stati presentati al concorso di quest’anno, ne sono stati
premiati sei, nell’ambito delle cinque categorie previste: Programmi di cooperazione, Progetti di
dimostrazione e diffusione, Trasformazione del mercato (inclusi impegni volontari), Azioni
promozionali e educative e Comunità energetiche sostenibili.
Infine, in concomitanza con la Settimana europea per l’energia sostenibile, si è svolto l’11
febbraio a Bruxelles un workshop dedicato alla ricerca nel settore delle energie intelligenti, in cui
sono stati presentati anche i risultati e i progressi resi possibili da alcuni progetti finanziati dalla
Commissione europea.
19 febbraio 2009
Nicola Strona
Redazione
Torino
Enrico Panero – Marina Marchisio – Giovanni Mangione – Nicola
Strona – Cristina Rowinski – Camilla Borgna
Milano
Miriam Ferrari
Bruxelles
Adriana Longoni
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