La Spagna rallenta e barcolla, mollerà?

La Spagna rallenta e barcolla, mollerà?
Federico Demaria
Un esercito di uomini armati di pali uncinati e di borsa con le ruote, come quello della nonna urbana. Cercano nei
contenitori della spazzatura oggetti da riutilizzare o rivendere, ma soprattutto materiali riciclabili preziosi: alluminio,
rame. In un giorno possono racimolare dal niente ai cinque euro, e gli deve andar bene. Nelle retroguardie, qualche
metro più giù, scorrono le mogli, spingendo carrozzine con bambini addormentati.
LA CRISI IN SPAGNA
Nel 2008 la Spagna si è bruscamente svegliata dall'illusione della crescita economica infinita, sponsorizzata dalla
speculazione immobiliare e finanziaria. Dopo una breve età dell'oro, il boom è stato quello delle case invendute (più di
1.5 mln), le chiusure delle imprese (più di 400.000 mila) e le delocalizzazioni delle fabbriche. Parallelamente, il numero
dei morosi (oltre 2 mln) e di disoccupati (oltre 4 mln) è lievitato assieme alle nuove forme di povertà, come i riciclatori
ed i senza tetto. Barricati dietro la scusa del “non voler creare allarmismo”, nessun politico o analista “ufficiale” si era
preoccupato di annunciare la crisi (e preparare un atterraggio “morbido”).
Nessuno sapeva? Nessuno voleva sapere?
FREDERICK SODDY ED I TRE LIVELLI DELL'ECONOMIA
Il sistema finanziario crea facilmente debiti (tanto nel settore privato come in quello pubblico) e pretende che
l'espansione del credito crei ricchezza vera. Teoricamente, i debiti si pagano con l'inflazione (che diminuisce il valore
del denaro) o tramite la crescita economica. Frederick Soddy, premio Nobel per la Chimica e Professore a Oxford, ha
spiegato l'insostenibilità di questo sistema nel suo libro “Ricchezza, Ricchezza virtuale e Debito”, 1926. La crescita
della produzione e del consumo implicano la crescita dell'estrazione e della distruzione finale dei combustibili fossili (e
delle risorse in generale). La energia si dissipa, non può essere riciclata. La sola vera ricchezza è quella che si basa sul
flusso dell'energia solare. La contabilità economica è falsa perché confonde l'esaurimento delle risorse e l'aumento di
entropia con la creazione di ricchezza.
In altre parole, come spiega l'economista catalano Joan Martinez Alier in “L'economia e l'ecologia”: l'economia ha tre
livelli. In alto, c'è il livello finanziario che può crescere tramite i prestiti al settore privato (le ipoteche) o allo Stato
(debito pubblico), a volte senza nessun tipo di garanzia che gli stessi prestiti si possano ripagare come succede con la
crisi attuale. Sotto c'è l'economia reale o produttiva. Quando cresce, permette realmente di pagare una parte o tutto il
debito. Quando non cresce a sufficienza, i debiti rimangono. La montagna di debiti era cresciuta nel 2008 molto al di là
di quello che si poteva pagare con la crescita del PIL. Né si poteva svalutare l'euro, come sempre si era fatto con la
Peseta (o con la Lira). La situazione non era finanziariamente sostenibile. Per di più la crescita del PIL non era
ecologicamente sostenibile perché al terzo livello, al di sotto dell'economia reale o produttiva, c'è l'economia real-real
degli economisti ecologici, ovvero, dei flussi di energia e materiali dai quali la crescita dipende, in parte da fattori
economici (tipi di mercati, prezzi) e in parte dai limiti fisici. Attualmente, assistiamo a limiti fisici non solo per le
risorse (come il picco del petrolio), ma anche per i serbatoi di assorbimento dell'inquinamento (sinks): il cambiamento
climatico avviene per la combustione eccessiva di combustibili fossili e per la deforestazione, minacciando la
biodiversità.
LE RADICI DELLA CRISI SPAGNOLA
L'attuale crisi economica non è solamente finanziaria, non dipende unicamente dal fatto che l'offerta abitativa abbia
superato la domanda finanziabile in modo sostenibile. Tuttavia è vero che in Spagna, come negli Stati Uniti, sono state
vendute abitazioni a gente che non poteva pagare le ipoteche; altri edifici sono sorti con la speranza che a lavori
compiuti comparissero d'emblée acquirenti con patrimoni abbastanza solidi da sostenerne i costi. Peraltro il potere
d'acquisto dei salari era aumentato di poco, negli ultimi anni, essendosi fatta più diseguale la distribuzione del reddito,
mentre si era aumentato il credito ai consumatori.
Facciamo qualche passo indietro. All'inizio della crisi, i risparmi delle famiglie erano ai minimi storici. I banchieri
“pensavano” che la crescita economica potesse continuare indefinitamente mantenendo, o addirittura aumentando, il
prezzo delle case ipotecate. Così la Spagna, che si erigeva a leader dell'exploit immobiliare mondiale, è finita con
l'esserlo anche nel rischio economico, smorzando gli entusiasmi degli investitori esteri. Il debito estero si aggira sui 1.7
miliardi di euro, quasi il 170% del PIL (la metà del debito pubblico e privato spagnolo).
Accortisi dell'ordigno che avevano contribuito a costruire, gli stessi banchieri impacchettarono le ipoteche e le
vendettero in fretta e furia ad investitori innocenti o incauti, innescando il meccanismo dei mutui subprime (prestiti ad
alto rischio sia per i creditori che per i debitori).
Una piramide crollata per strangolamento finanziario. Nel 2007 la bolla immobiliare è scoppiata e l'industria della
costruzione si è fermata in Spagna come altrove. Secondo l'Istituto Nazionale di Statistica (INE), il settore della
costruzione era passato dal contribuire al PIL per l'11.7% del 1996 al 17.9% del 2007. Nello stesso arco di tempo, lo
stesso settore ha occupato dal 9.3% della forza lavoro fino al 13%. Se a ciò aggiungiamo le imposte indirette alla
crescita economia e il settore dei servizi correlati al mercato delle abitazioni, il peso reale del settore immobiliare
spagnolo nel 2007 si elevava fino al 39.4% del PIL. Come dire, il vero motore del “decennio aureo” spagnolo.
UNA CRISI ANNUNCIATA: JOSÉ MANUEL NAREDO ED ENRIC DURAN
Eppure per qualcuno questa era una crisi annunciata e prevedibile, e lo ha dimostrato in tempi non sospetti. È il caso
dell'economista spagnolo José Manuel Naredo, autore de “La burbuja immobiliario-financiera en la coyuntura
económica reciente”, 1998, Madrid, Siglo XXI de España Editores s.a. Naredo sostiene che il grande errore politico del
governo Zapatero è stato quello di non assumere piena consapevolezza sull'orizzonte di crisi trascinato dal boom
immobiliare e, di conseguenza, iniziare una riconversione guidata del mercato quando vinse le sue prime elezioni, già
nel 20041.
Un'altra persona che si era resa conto che il credito facile aveva le gambe corte, è l'attivista catalano per la decrescita,
Enric Duran, che già nel 2006 aveva intrapreso un atto di disobbedienza civile contro il sistema finanziario. Il 17
settembre del 2008, poco prima dell'esplosione della crisi internazionale, lo rendeva noto attraverso la pubblicazione
“Crisis” (www.17-s.info), distribuita gratuitamente in 350.000 copie in tutta la Catalogna:
“Scrivo in queste pagine per rendere pubblico che ho espropriato 492.000 euro a 39 entità bancarie attraverso 68
operazioni di credito. Se includiamo gli interessi di mora, la cifra attuale del debito è di oltre 500.000 euro che non
pagherò.”2 Come le banche creano denaro dal nulla (tramite il signoraggio, ovvero il reddito derivato dall'emissione di
moneta), Enric li ha fatti sparire. Li ha dati ai movimenti sociali per la costruzione di alternative al capitalismo.
“El paro mata,
el banco gana”
(La disoccupazione uccide,
la banca guadagna)
LA CRISI ECONOMICA E LE SUE CONSEGUENZE
Scoppiata la bolla immobiliare-finanziaria, il governo ha deciso di assolvere le banche, condannando gli ipotecati. I
quali sono quindi rimasti senza casa, trovandosi in molto casi già senza lavoro. La disoccupazione spagnola è al 20% (4
milioni di persone), e non è assurdo correlare a questo dato l'incremento della piccola criminalità.
Nel frattempo, il governo Zapatero non ha saputo far altro che rafforzare lo stato sociale oltre a mettere in atto le
tradizionali politiche keynesiane, finanziando opere pubbliche (piccole e grandi).
L'indennità di disoccupazione sosterrà le famiglie fino a un massimo di due anni. Eccezionalmente Zparo (“paro” =
disoccupazione) offre 400 euro mensili per altri 6 (o 12) mesi, a chi ha terminato l'indennità. Poi?
D'altra parte, si è deciso di incrementare la spesa pubblica in modo da offrire occupazione nella speranza di far ripartire
la crescita. Il “Plan E” (Plan español para el estimulo de la economia y el empleo), portato a termine tra il 2008 e il
2009, include misure di sostegno alle famiglie ed alle imprese tramite sgravi fiscali (rispettivamente 14 e 17 mld di
euro), oltre a misure di promozione dell'occupazione (opere pubbliche per 11 mld di euro) contando nella creazione di
300.000 posti di lavoro. Per il 2010 l'Anteproyecto de Ley de Economia Sostenible prevede 5 mld di euro per il “Fondo
Estatal para el Empleo y la Sostenibilidad” e 20 mld di euro per il “Fondo para la Economia Sostenible”. Una misura
secondo lo stile New Green Deal, ovvero politiche keynesiane con cosmesi verde.
SPAGNA, PORTOGALLO E GRECIA: IL RISCHIO DEL FALLIMENTO
Se queste misure non sono riuscite a far fronte alla crisi, al di là di un provvisorio alleggerimento dei sintomi, hanno
invece fatto crescere i dubbi che la Spagna possa fronteggiare il suo crescente debito pubblico (e privato) 3. Il
commissario europeo per gli affari economici, Joaquin Almunia, anche lui spagnolo, ha riconosciuto i problemi che la
Spagna condivide con Portogallo e Grecia (Italia ed Irlanda), dove la crisi del bilancio ha moltiplicato le speculazioni
sul rischio di un loro fallimento (vedi P.I.I.G.S.).
LA CRISI ECOLOGICA E SOCIALE
Come un cane che si morde la coda, il governo prova a far ripartire la crescita, di fatto riproducendo schizofrenicamente
lo stesso modello (aumenta il debito per pagare i debiti). Difficile immaginare che la causa della crisi possa esserne la
soluzione. Inoltre, nel remoto caso in cui la crescita ripartisse, cosa ne sarebbe della crisi ecologica e sociale?
Una cosa è chiara, la crisi economica del 2008-09 ha portato in Spagna effetti positivi (e forse inattesi per qualcuno):
una sostanziale diminuzione delle emissioni di anidride carbonica e dell'utilizzo di materiali (come il cemento), meno
incidenti sul lavoro, meno potenziali immigrati annegati in mare ed un brusco rallentamento nel tasso di edificazione
dei suoli4.
“Crisi (da etimo.it) = lat. Crisi, gr. Krisis.
Momento che separa una maniera di essere o
una serie di fenomeni da altra differente.
[…] Subitaneo cangiamento
in bene o in male nel corso di una malattia,
da cui si giudica, si decide la guarigione o la morte”
LA CRISI COME OPPORTUNITÀ: LA DECRESCITA
La gente vibra e sperimenta, diventa propositiva per necessità. Anche in questo senso, la crisi è un'opportunità. La
sapremo cogliere se saremo capaci di costruire un progetto politico alternativo, con proposte pratiche e concrete. Questo
è l'obbiettivo principale della Seconda Conferenza Internazionale sulla Decrescita, che si terrà a Barcellona dal 26 al 29
Marzo 2010 (www.degrowth.eu). Davanti all'aumento della disoccupazione, degli squilibri economici e
dell'esaurimento delle risorse, le società sono alla ricerca, o dovrebbero esserlo, di modelli che permettano loro una
trasformazione verso la sostenibilità ecologica e l'equità sociale.
Riferimenti bibliografici
1 José Manuel Naredo, “Reino de España: la burbuja y sus cómplices”, 02/11/08.
http://www.sinpermiso.info/textos/index.php?id=2145
2 Enric Duran, “Ho rubato 492.000 euro a quelli che più ci rubano per denunciarli e costruire alternative di società”,
17/09/08. http://www.17-s.info/it/node/1810
3 Claudi Perez, “La deuda externa atenaza a España”, 28/02/2010.
http://www.elpais.com/articulo/economia/deuda/externa/atenaza/Espana/elpepueco/20100228elpepieco_1/Tes
4 Joan Martinez Alier, “La crisis económica, vista desde la economía ecológica”, 02/11/08.
http://www.sinpermiso.info/textos/index.php?id=2146
----Federico Demaria
R&D, Research & Degrowth (www.degrowth.eu)
Universitat Autònoma de Barcelona (UAB), Institut de Ciència i Tecnologia
Ambientals (ICTA), Ecological Economics and Integrated Assesment Unit
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