APPROFONDIMENTO 4 L`ECONOMIA IVORIANA E GLI INTERESSI

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APPROFONDIMENTO 4
L'ECONOMIA IVORIANA E GLI INTERESSI OCCIDENTALI
Gli anni tra il 1960 e la fine degli anni ’80 furono i migliori per l’economia ivoriana; il Paese godette
di un lungo periodo di notevole sviluppo economico, conquistandosi in tal modo un posto tra i
paesi in via di sviluppo a medio reddito. Il risultato era dovuto a un’economia dirigista, che
coniugava il protezionismo dei manufatti locali a un sistema di garanzie per i produttori agricoli (lo
Stato acquistava a prezzo stabile i prodotti destinati all’esportazione e li rivendeva sul mercato
mondiale al prezzo corrente).
Negli stessi anni la Costa d’Avorio riceveva senza difficoltà crediti dai paesi ricchi perché la sua
moneta era garantita dalla parità fissa col franco francese.
Alla fine degli anni '80 l’economia ebbe di colpo una sterzata negativa per la recessione mondiale e
una forte e imprevista siccità. Il debito estero del paese triplicò, anche a causa del crollo del prezzo
dello zucchero e del legname dovuto all'eccessivo abbattimento di alberi.
Il 1994 fu un anno di svolta. Con esso iniziò una fase di economia liberista, con riforme e
privatizzazioni, in larga misura imposte dalla Banca Mondiale e dal FMI come contropartita per la
copertura dei debiti accumulati dal paese. Questa fase, che incontrò larga opposizione tra gli strati
più deboli della popolazione, terminò nel 1999 in seguito al colpo di Stato.
Fino al 2002 l’economia ivoriana era comunque la terza in ordine d'importanza dell'Africa subsahariana. La Costa d'Avorio era il primo produttore mondiale di cacao che costituiva il 14% del PIL
e un terzo dell'esportazione e dava profitti a oltre 620.000 produttori. Il paese era anche il primo
produttore africano di gomma, il secondo produttore sub-sahariano di cotone e uno dei maggiori
di caffè.
Gli interessi francesi rappresentavano un terzo degli investimenti e il 30% del PIL.
Per molti versi, Parigi continuava a comportarsi come una potenza coloniale, decidendo, ad
esempio, le fluttuazioni della moneta nazionale, in quanto legata al franco francese da un regime di
cambio a tasso fisso (oggi la parità è legata all’euro, ma continua a essere garantita dal Tesoro
Francese e non dalla Banca Centrale Europea).
Nel 2000 si apriva un nuovo scenario, con uno scontro di interessi tra Francia e USA. Scadevano
infatti i contratti d’appalto firmati nel 1960 (anno dell’indipendenza) tra il governo della Costa
d’Avorio e l’ex potenza coloniale. La situazione di predominio economico della Francia era messa in
pericolo, perché il Governo ivoriano aveva invitato non solo le multinazionali francesi ma anche
quelle di altri paesi a partecipare alle gare per il rinnovo delle concessioni. Veniva aperta anche agli
USA la filiera del cacao e del caffè.
Inoltre tra il 2000 e il 2001, si scoprivano nel Golfo di Guinea enormi giacimenti petroliferi, rispetto
ai quali la Costa d’Avorio occupa una posizione strategica. Il petrolio di questa zona fornisce agli
USA quote crescenti delle sue importazioni di greggio. Il controllo del Golfo di Guinea permette agli
Stati Uniti di abbreviare sensibilmente i percorsi delle sue petroliere ed offre maggiori margini di
sicurezza rispetto al Medio Oriente diventato un’area troppo turbolenta ed instabile.
D’altra parte dal 2000 anche la Cina è sempre più interessata al petrolio, alle materie prime e ai
mercati africani, tanto da porsi fra i partner commerciali più importanti del continente, con gli Stati
Uniti e la Francia.
Washington e Parigi hanno cercato di reagire stabilendo nuovi accordi militari ed economici con
diversi paesi africani, ma inesorabilmente la Cina ha guadagnato sempre maggiori posizioni. D’altra
parte perdere la Costa d’Avorio sarebbe gravissimo per la Francia: il paese è il fulcro dell’area subsahariana legata agli interessi economici francesi.
Sempre nel 2000 sulla lenta ripresa economica africana piombò la nuova normativa sul cacao
approvata dall’Europa a tutto svantaggio di paesi produttori come la Costa d’Avorio per i quali, dal
tempo del colonialismo, l’esportazione di questo prodotto resta trainante di tutta l’economia.
Da un articolo di Nigrizia di quell’anno leggiamo: “I contadini Baulé vendono il loro cacao a 210
franchi CfA il chilo, contro i 575 di qualche mese fa, e non che per il cotone, coltivato soprattutto
nel Nord dai Dioula, vada molto meglio: i prezzi di vendita sono scesi del 40%”.
È in questo clima di crisi economica e di scontro in atto tra gli interessi di grandi potenze esterne
che nel 2002 comincia la guerra civile. Il risultato dei cinque e più anni di scontri militari e di
divisione del paese è stato un nuovo grave arretramento della Costa d’Avorio sul piano economico
e sociale.
Il processo di pace definito dall’accordo politico di Ouagadougou (APO) del 4 marzo 2007 sembra
ora funzionare.
Il Paese è riunificato ed il clima socio politico è migliorato, condizione indispensabile per il rilancio
dell’economia ivoriana.
Il FMI, nel suo comunicato del 3.3.2008, ha riscontrato per il 2007 un tasso di crescita del PIL in
termini reali del 1,5% ed ha stimato un suo ulteriore incremento del 3% nel 2008, grazie ad una
serie incoraggiante di elementi, quali il contenimento dell’inflazione, la forte ripresa degli
investimenti e del credito, un soddisfacente pagamento degli arretrati verso i creditori (Banca
Mondiale in particolare). Ha quindi auspicato una più incisiva lotta alla frode e alla corruzione, la
rimozione dei numerosi e costosi posti di blocco tuttora presenti nel Paese, una riduzione delle
spese non prioritarie per meglio rispondere ai bisogni dell’educazione, della sanità e delle
infrastrutture di base. Ha richiesto, infine, per il settore del caffè e del cacao, una gestione più
trasparente ed una riduzione della parafiscalità per accrescere i redditi degli agricoltori e, per il
settore dell’energia, maggiori informazioni sui flussi fisici e finanziari ed un aumento delle tariffe
elettriche e dei prodotti petroliferi, in linea con l’andamento dei prezzi mondiali. Il comunicato si
conclude con l’impegno del FMI di continuare a sostenere la Costa d’Avorio nei suoi sforzi per
uscire dalla crisi.
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