LE IMPLICAZIONI GIURIDICO-ECONOMICHE DELL’E-MARKETING L’e-commerce e l’e-marketing sono gli strumenti che offrono le maggiori potenzialità per la crescita aziendale sul mercato nazionale e internazionali. La rete internet si è ormai definitivamente affermata come strumento essenziale per il commercio a livello globale e come straordinario mezzo di diffusione delle comunicazioni commerciali e pubblicitarie. Vi è un continuo trend di crescita del fenomeno pari ad un atteso 40% annuo e un volume d’affari stimato attorno a 2 miliardi di euro. Anche se il concetto di marketing è molto più ampio del concetto di pubblicità, nel 2010 più del 45% dell’intero budget pubblicitario è stato investito nella rete perché il marketing rappresenta un fondamentale mezzo di supporto allo sviluppo del business di qualsiasi organizzazione. Secondo la definizione fornita da Philip Kotler, uno dei massimi esperti della materia, il “marketing è un processo sociale e manageriale mediante il quale una persona o un gruppo ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri bisogni e desideri, creando, offrendo e scambiando prodotti e valore con altri.” La cosiddetta legge Bersani (legge 248/06) ha posto in essere una serie di misure atte ad incentivare le dinamiche della concorrenza relativamente alla fornitura dei servizi professionali abolendo, tra le altre cose, anche il divieto di svolgere pubblicità informativa. Questa novità ha dischiuso definitivamente le porte del marketing, di cui la pubblicità e la comunicazione sono due delle strategie costituenti. Non vi è alcun dubbio che gli strumenti messi a disposizione dalle moderne tecnologie informatiche, telematiche ed elettroniche possono agevolare e rendere più efficace la conduzione di una campagna di natura pubblicitaria. Si tratta di strumenti che hanno facilità d’uso, immediatezza della comunicazione, possibilità di raggiungere un target vastissimo di individui, a prescindere dalla loro localizzazione geografica e, in molti casi, anche un discreto abbattimento dei costi rispetto ad una analoga campagna condotta con mezzi tradizionali. Si tratta infatti di tecnologie dotate di una spiccata pervasività rispetto alla sfera di riservatezza degli individui ed il loro utilizzo spesso si accompagna ad una attività di raccolta ed elaborazione (trattamento) di dati ed informazioni di natura personale (numeri di telefono, fax, indirizzo di posta elettronica, ecc…) che, in quanto tali, godono di una particolare forma di tutela, non solo dal punto di vista della legislazione nazionale, ma anche sotto il profilo comunitario Quali sono dunque i rapporti tra l’uso delle nuove tecnologie a fini di marketing e la protezione dei dati personali? Quali possono ritenersi i limiti ed i vincoli derivanti dalle vigenti leggi dalle direttive comunitarie e dalla giurisprudenza del Garante della privacy? Le imprese che operano nel campo del commercio internazionale sono sempre più interessate all’utilizzo di internet. Grazie a questo nuovo canale di vendita è infatti possibile promuovere il proprio marchio, contattare nuovi distributori in aree non ancora coperte (business to business o “B2B”), vendere direttamente al consumatore finale (business to consumer o “B2C”). Questo tipo di attività risulta attraente perché l’investimento da stanziare e le modifiche nella gestione aziendale possono essere relativamente modeste. Questa formula è vantaggiosa soprattutto per le imprese che hanno una clientela prevalentemente “estera” in quanto una pagina su internet può essere attiva in tutto il mondo 24 ore su 24. Diverse imprese sono già attrezzate per il commercio elettronico e l’iter che usualmente è stato seguito è quello di una prima inserzione su internet di una pagina pubblicitaria dei propri prodotti o attività per poi passare in un secondo momento alla vendita diretta che di norma avviene mediante un catalogo definito “virtuale”. Vi sono prevalentemente due metodi per vendere tramite internet: - il primo è il più semplice. È quello di invitare i visitatori del sito a contattare l’impresa, ad esempio per mezzo della posta elettronica, per raggiungere un accordo sulle condizioni e sui termini di vendita. E’ sicuramente l’opzione più economica e facile da approntare, ma si riflette in una attività più complessa di risposta alle richieste. - il secondo è il più efficace e presuppone la creazione di un software da integrare con le pagine web dell’impresa che gestisca nel modo più autonomo ogni operazione di acquisto del cliente automatizzando le operazioni che vanno dalla presentazione dei prodotti o delle attività, tramite catalogo, fino all’adesione del cliente al contratto proposto dal venditore e pagamento del prezzo che solitamente avviene tramite carta di credito. Questo metodo richiede più tempo e risorse economiche per la sua attuazione, ma evita l’obbligo della singola trattativa per ogni richiesta o ordine. La seconda soluzione sopra indicata rappresenta, secondo i principi giuridici, un’offerta al pubblico (art. 1336 Codice Civile) e impone di porre attenzione a diversi aspetti, soprattutto quando si opera nel campo B2C. Infatti il contratto proposto via internet rappresenta una potenziale vendita a distanza. Ciò comporta l’obbligo per il venditore, a pena di sanzioni, di osservare delle regole quali ad es. la comunicazione delle caratteristiche essenziali e del prezzo dei beni o servizi proposti, l’esistenza del diritto di recesso e l’invio al consumatore della conferma di tali informazioni per iscritto o su altro supporto duraturo (Decreto Legislativo 185/99). Inoltre il consumatore può trarre vantaggio dalle norme imperative del proprio Paese che possono essere differenti da quelle europee. I venditore non ha quindi possibilità di derogare alle leggi che ogni Stato pone a tutela dei consumatori. Inutile dire che tali leggi variano da Stato a Stato. Per quanto riguarda eventuali controversie il consumatore può scegliere come foro competente quello del proprio domicilio, mentre risulta improbabile, allo stato attuale delle cose, l’imposizione da parte del venditore di una clausola arbitrale. E’ comunque in atto una tendenza ad individuare delle forme alternative di risoluzione delle controversie e la stessa Unione Europea prevede con la Direttiva 2000/31 sugli aspetti giuridici del commercio elettronico, l’obbligo per gli Stati Membri di individuare tali forme per le controversie “elettroniche” le cui parti sono rappresentate anche da consumatori. E’ consigliabile specificare nelle condizioni di vendita quale legge sia applicabile al contratto: per chi vende dall’Italia, la scelta più indicata è quella di applicare la legge italiana perché, in primo luogo, dovrebbe essere più familiare al venditore e , secondariamente, l’adozione di una legge diversa da quella italiana potrebbe essere parzialmente disapplicata se questa non garantisse la tutela dei consumatori riconosciuta in Italia o nel Paese di destinazione. La normativa italiana, recepita in gran parte dalle direttive della UE, è, allo stato attuale, una delle più rigide per cui il venditore può, entro certi limiti, fare affidamento sul fatto che difficilmente gli verranno opposte delle regole a lui sconosciute e più favorevoli al consumatore. Per quanto riguarda le vendite B2B la disciplina è meno rigida (è proponibile ad es. la clausola arbitrale) e la vendita a chi acquista per esercitare la propria attività professionale è preceduta da una trattativa e pertanto questo fa rientrare la transazione nella normale disciplina dei contratti internazionali. L’attività di vendita tramite internet è comunque sottoposta al rilascio dell’autorizzazione del comune in cui ha sede l’impresa, prevista dal Decreto Legislativo 114/98. La diffusione globale del messaggio trasmesso in rete impone ulteriori problematiche. Tra gli elementi da tenere ben presente figura anche la tutela del marchio che, con l’inserzione in internet, viene diffuso in tutto il mondo. Solitamente un’impresa che vuole operare in uno Stato straniero si preoccupa affinché il marchio dell’impresa sia tutelato e, qualora le circostanze lo impongano, di registrare il marchio nel Paese stesso. Tutelare il marchio diffuso via internet presuppone la predisposizione di una strategia del tutto nuova. Sarebbe prudente ricorrere al marchio comunitario valevole sull’intero territorio della UE o al marchio internazionale che offre la possibilità attraverso un deposito unico di ottenere la protezione nei diversi Paesi designati fra i 52 aderenti all’Accordo di Madrid ( gli Stati Uniti e il Giappone non fanno parte dell’Accordo). La diffusione del marchio va inoltre conciliata e programmata con il nome del dominio che viene scelto per occupare uno spazio su internet. E’ prevista una legge che regolamenta in modo rigido le richieste di nomi di dominio “.it”. E’ opportuno quindi registrare immediatamente il nome della propria ditta con i domini (Top Level Domains o TLDs), “it” “com” “eu” perché l’assegnazione si basa sempre sul criterio della priorità anche se saranno in funzione altri TLDs. Il principio della simultanea offerta di beni e servizi a livello globale si riflette anche nella possibilità, per taluni prodotti, di rientrare nei dazi o divieti all’importazione imposti da certi Paesi. Un altro aspetto che il commercio elettronico ha portato all’attenzione dei giuristi è quello dell’imposizione fiscale: la vendita di servizi si concretizza in un trasferimento di dati tra due computer situati in Paesi diversi. Al momento non esiste un metodo per individuare e tassare questo tipo di transazioni. I metodi di applicazione dell’IVA sulla cessione di beni e servizi sia intra-UE che extra-UE non si discostano da quelli tradizionali. Va solo ricordato che, anche in virtù dello sviluppo del commercio elettronico, l’UE sta cercando di affrettare i tempi per istituire l’IVA comunitaria uniforme per tutti gli Stati Membri. Poiché il commercio elettronico si sta diffondendo in maniera esponenziale in tutti gli Stati bisogna considerare l’ipotesi di studiare delle forme di assicurazione che sollevino l’imprenditore dal rischio di dover risarcire un danno con cifre consistenti. Bisogna inoltre che l’imprenditore si attrezzi nel caso in cui i compratori si avvalgano della facoltà di recesso e possano così restituire la merce spedita secondo la modalità “soddisfatti o rimborsati” che è prevista sia dal nostro ordinamento che dalla normativa comunitaria comportando di conseguenza l’annullamento di tutta l’operazione con la restituzione della somma pagata. La vendita tramite internet impone anche la negoziazione di contratti relativamente nuovi per un’impresa quali l’acquisto di un software adeguato al volume delle transazioni on-line, l’accordo con le società che gestiscono i pagamenti tramite carta di credito o loro intermediari, l’accordo con il vettore o spedizioniere che può soddisfare le esigenze del commercio elettronico. Per quanto riguarda i contratti con le software houses bisogna evidenziare che l’oggetto di questo contratto si presta particolarmente a provocare malintesi o incomprensioni tra chi sviluppa il sito e il cliente. Tra i principi basilari da seguire in questi casi figurano quelli di nominare rispettivamente un project manager addetto alla comunicazione con l’altra parte e di incontrarsi, anche virtualmente, spesso per approvare ogni volta il lavoro svolto dalla software house. Bisogna ricordare inoltre che essere presenti in Internet non significa necessariamente essere visibili: ci sono milioni di siti internet già attivi e probabilmente decine di siti che propongono beni o servizi simili a quelli che l’imprenditore vuole inserire nella propria pagina: è quindi indispensabile, accanto ad una oculata gestione commerciale e giuridica, un’attenta politica di marketing orientata alle preferenze del pubblico al quale si vuole indirizzare il prodotto. Fonti legislative in vigore relative alla disciplina del commercio elettronico. Le principali fonti si riferiscono a: Fonti di diritto interno: Codice Civile: Art. 1469-bis/1469-sexies (clausole abusive) Art. 1341 e 1342 (clausole vessatorie) Art. 1336 (offerta al pubblico) Legge 218/85 (norme di diritto internazionale privato) Legge 675/96 (tutela della privacy) Legge 59/1997 (firma elettronica) D.Lgs. 196/3 (Codice della privacy) D.Lgs 206/05 (Codice del consumo) Dlgs 114/98 (riforma del commercio-autorizzazioni comunali-divieto aste telematiche) Dlgs 50/92 (contratti negoziati fuori dai locali commerciali) Dlgs 185/99 (attuale disciplina di certi aspetti del commercio elettronicoobblighi del venditore-sanzioni) Dpr 331/93 (imponibilità IVA per vendite transnazionali) Fonti di diritto internazionale: Convenzione di Bruxelles del 1968 (giurisdizione ed esecuzione delle decisionitutela del consumatore) Convenzione di Roma del 1980 (legge applicabile alle obbligazioni contrattuali – tutela del consumatore) Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili del 1980 (norme sulle vendite internazionali valevoli solo per business to business) Direttiva 1995/46/CE (relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione dei dati) Direttiva UE 2000/31 CE (aspetti giuridici del commercio elettronico – momento di conclusione del contratto – risoluzione controversie). Direttiva 2002/58/CE (relativa al della vita privata nel settore delle Direttiva 2002/58/CE (relativa al della vita privata nel settore delle trattamento dei dati personali ed alla tutela comunicazioni elettroniche trattamento dei dati personali ed alla tutela comunicazioni elettroniche) Parere 5/2004 del gruppo di lavoro per la tutela dei dati personali relativo alle comunicazioni indesiderate ai fini di commercializzazione diretta) Provvedimento generale del Garante del 29 maggio 2003 (spamming, regole per un corretto invio delle email pubblicitarie) Provvedimento del garante del 23 novembre 2006 (fax promozionali: vietato l’invio senza il previsto consenso) Provvedimento del garante del 12 ottobre 2005 (biglietti on line e marketing) Provvedimento del garante del 20 aprile 2006 (internet: no a email pubblicitarie senza il consenso) Provvedimento del garante per lo stop alle telefonate indesiderate Vi sono numerosi altri provvedimenti che riguardano settori specifici di applicazione e che sono da esaminare volta per volta. Si analizzeranno brevemente solo due aspetti: - aspetti giuridici della pubblicità e delle pratiche commerciali on line - aspetti giuridici e pratici per l’utilizzo di newsletter elettroniche ASPETTI GIURIDICI DELLA COMMERCIALI ON LINE PUBBLICITA’ E DELLE PRATICHE I principali aspetti giuridici relativi al fenomeno pubblicitario on line riguardano i requisiti di liceità e correttezza richiesta dalla legge, anche con riferimento alle pratiche commerciali ed i rimedi attraverso i quali si realizzano le forme di tutela pubblicistica. Allo stato attuale la pubblicità, compresa quella ingannevole e comparativa e sotto forma di pratiche commerciali sleali, risulta regolamentata dalle seguenti fonti: Quadro nazionale: 1-decreto legislativo 2 agosto 2007, n.145: attuazione dell’articolo 14 della direttiva 2005/29/CE sulla pubblicità ingannevole e comparativa 2-decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 146: attuazione della direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno 2-2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno 3-1997/55/CE sulla pubblicità comparativa La direttiva 2006/114/CE ha riunito in un unico atto tutte le modifiche succedutesi nel tempo. Il concetto di pubblicità e la problematica della legge applicabile Dall’art. 2, comma 1, lett. A) del d.lgs. 145/2007 si evince che il concetto di pubblicità è molto ampio ed è disgiunto dal mezzo attraverso il quale viene diffusa perché rileva solo il collegamento funzionale con l’esercizio di una attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale e lo scopo perseguito della promozione: della vendita di beni mobili od immobili della costituzione o del trasferimento di diritti sugli stessi della prestazione di opere o servizi Quanto detto sopra permette di attribuire natura pubblicitaria anche alle comunicazioni promozionali diffuse attraverso internet che risultano assoggettati alla disciplina sopra citata a condizione che nelle fasi della loro predisposizione e diffusione risultino coinvolti operatori italiani. Poiché la rete ha dimensione globale è tuttavia possibile che nel circuito pubblicitario destinato al mercato italiano siano coinvolti anche operatori stranieri e pertanto si pone il problema di verificare quale sia la legge applicabile a questo tipo di rapporto considerate le inevitabili differenze che esistono tra le varie legislazioni nazionali nonostante tutti i tentativi di armonizzazione compiuti a livello europeo. L’assenza di leggi specifiche a livello internazionale relative alla pubblicità su internet implica la necessità di identificare quale sia il luogo in cui tale prestazione debba essere elaborata od eseguita, cosa non agevole viste le caratteristiche del mezzo utilizzato. La pubblicità ingannevole La pubblicità ingannevole è contraria ai requisiti di liceità e il carattere ingannevole deriva dall’attitudine del messaggio a trarre in errore i soggetti ai quali è destinato o che riesce, comunque, a raggiungere, essendo indifferente che l’induzione si verifichi a causa del suo contenuto oppure delle specifiche modalità di presentazione. a valutazione del carattere ingannevole non può prescindere dalla considerazione di tutti gli elementi costitutivi del messaggio, in particolare per ciò che riguarda: - le caratteristiche dei beni o servizi il prezzo ed i criteri con i quali esso sia calcolato le qualifiche ed i diritti dell’operatore pubblicitario Gli art. 6 e 7 del d.lgs. 145/2007 prevedono una particolare forma di tutela nei confronti della pubblicità di prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza dei soggetti e per i bambini e gli adolescenti. Le forme di promozione veicolate sulla rete evidenziano le caratteristiche di estrema dinamicità e di sviluppo del mezzo che rendono pertanto molto più problematica e difficoltosa l’individuazione dei contenuti privi dei requisiti richiesti, rispetto a quanto accade invece con i media più tradizionali quali televisioni e giornali La pubblicità comparativa La pubblicità comparativa è contemplata nell’art. 2, comma 1. lett. D) del d.lgs. 145/2007. Il confronto fra le caratteristiche di due o più prodotti o servizi di imprese concorrenti deve avere i requisiti di liceità, vale a dire la comparazione deve essere relativa a beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni, deve avvenire in modo oggettivo e tenere in considerazione caratteristiche essenziali e verificabili. Se il raffronto è relativo ad un’offerta speciale bisogna indicare chiaramente il termine finale o iniziale e le altre condizioni di applicabilità. Le pratiche commerciali sleali Il d.lgs. 146/2007 ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano una nuova disciplina per le pratiche commerciali sleali e tale normativa è applicata anche alle pratiche commerciali on line. Perché vi sia una pratica commerciale sleale è essenziale che vi sia una chiara alterazione della capacità decisionale dei soggetti tutelati tale da spingere i consumatori, anche a livello soltanto potenziale, verso una decisione di natura commerciale che, diversamente, non sarebbe stata presa. Le pratiche commerciali sleali sono indirizzate a: - acquisto del prodotto - modalità e condizione dell’acquisto pagamento integrale o parziale del prezzo conservazione o restituzione del prodotto esercizio di un diritto derivante dal contratto Resta comunque esclusa dall’ambito normativo la “pubblicità iperbolica” vale a dire la prassi che consiste in dichiarazioni esagerate o che non sono destinate ad essere prese alla lettera. Tra le pratiche commerciali sleali bisogna distinguere tra pratiche ingannevoli (azioni e omissioni ingannevoli) e pratiche aggressive. Le azioni ingannevoli Nelle azioni ingannevoli sono comprese diverse tipologie di condotta consistenti nel fare affermazioni contrarie al vero che ben si prestano ad essere incluse in messaggi di natura pubblicitaria. Il carattere non veritiero della comunicazione o le modalità di presentazione della stessa devono essere tali da cagionare un errore relativo ad uno o più elementi previsti (ad es. esistenza, natura, caratteristica del prodotto, prezzo, diritti del consumatore, ecc…) che devono produrre come conseguenza: la commercializzazione di un prodotto o una pubblicità comparativa illecita che provoca confusione con i prodotti o con i segni distintivi di un concorrente il mancato rispetto da parte di un professionista dei codici di condotta che egli abbia indicato come vincolanti La stessa regolamentazione dei prodotti ingannevoli viene applicata anche per i prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza dei consumatori ed i bambini e gli adolescenti. Le omissioni ingannevoli Sono contemplate all’art. 22 e riguardano: l’omissione di informazioni rilevanti di cui lo stesso consumatore abbisogna per poter assumere una decisione consapevole l’occultamento di informazioni rilevanti o la loro presentazione in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo o la mancata indicazione del carattere commerciale di una pratica. Per la natura stessa delle comunicazioni pubblicitarie on line potrebbero risultare ingannevoli, alla luce di tali articoli, molti messaggi pubblicitari ed è pertanto a tale scopo che il comma 3 dell’articolo 22, con riferimento alla pubblicità on line, stabilisce che: “se il mezzo utilizzato comporta delle restrizioni, sia spaziali sia temporali, per valutare la ricorrenza del reato di omissione è necessario prendere in esame le restrizioni apposte dalla comunicazione pubblicitaria on line e ogni altra misura adottata dal proponente per rendere le informazioni comunque disponibili al consumatore. NELLA VALUTAZIONE FINALE DEL REATO DI OMISSIONE NEI MESSAGGI CON MODALITA’ ON LINE NONE’POSSIBILE PRESCINDERE DALLE CARATTERISTICHE INTRINSECHE DELLO STRUMENTO UTILIZZATO E DALLO SFORZO COMPIUTO DAL PROFESSIONISTA PER FAR SI CHE I CONSUMATORI ABBIANO COMUNQUE ACCESSO ALLE INFORMAZIONI REALMENTE NECESSARIE. Le pratiche commerciali aggressive Secondo l’art. 24 le pratiche aggressive sono quelle che limitano o sono idonee a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o ad un indebito condizionamento. Nel marketing on line può avvenire la pratica commerciale aggressiva nel caso in cui tale pratica venga diffusa mediante un sito o un’altra risorsa web analoga come ad es. un weblog, ma l’evidenziazione dell’aspetto coercitivo appare di difficile realizzazione visto che l’utente dovrebbe conservare la libertà di decidere se accettare o meno un determinato contesto pubblicitario anche attraverso l’esercizio di una scelta negativa, ad es. non visitando più quel determinato sito. C’è però, ed è rilevante, il problema delle molestie nel caso in cui la pubblicità di determinati prodotti su un sito web sia visualizzata con tecniche talmente aggressive ed invadenti da ritenersi moleste, inducendo quella indebita compromissione della libertà di scelto o comportamento alla quale si riferisce la norma citata. L’ART. 26 STABILISCE CHE SI CONSIDERA AGGRESSIVA IN RE IPSA L’ESECUZIONE RIPETUTA E NON RICHIESTA DI SOLLECITAZIONI COMMERCIALI ATTRAVERSO LA POSTA ELETTRONICA OD OGNI ALTRO MEZZO DI COMUNICAZIONE A DISTANZA , FERMO RESTANDO QUANTO PREVISTO DAGLI ART. 58 DELLO STESSO CODICE DEL CONSUMO E DALL’ART. 130 DEL CODICE DELLA PRIVACY (D.LEGS.196/2003): LA PORTATA DI QUESTA DISPOSIZIONE E’ TALE DA ELEVARE LA RILEVANZA GIURIDICA DEL FENOMENO DELLO SPAMMING AL PUNTO CHE QUEST’ULTIMO, OLTRE A RAPPRESENTARE UN COMPORTAMENTO ILLECITO, SOTTO IL PROFILO DELL’INDEBITO TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI CHE NE CONSEGUE, COSTITUISCE UNA PRATICA COMMERCIALE AGGRESSIVA, CON TUTTE LE CONSEGUENZE DEL CASO, COMPRESE QUELLE RELATIVE AD UN EVENTUALE PROBLEMA DI RESPONSABILITA’. La tutela pubblicistica E’ competente l’autorità garante della concorrenza e del mercato riconosciute dalle seguenti leggi: legge istitutiva 287/90 sulla pubblicità ingannevole d.lgs. 67/2000 d.lgs. 145 e 146 del 2007 regolamento 2006/2004/CE che autorizza i poteri investigativi ed esecutivi a livello europeo promuovendo l’autorità ad intervenire anche d’ufficio oltre che su istanza di “ogni soggetto ed organizzazione che ne abbia interesse”. Con ciò ci si riferisce non solo alle persone fisiche come i consumatori e i professionisti individuali, ma anche alle loro associazioni rappresentative, alle imprese concorrenti di quella per conto della quale vengono divulgati i messaggi illeciti o che effettua pratiche commerciali sleali ed, infine, alla pubblica amministrazione nei settori in cui questa è portatrice di interessi in relazione ai propri fini istituzionali. Avverso i provvedimenti dell’autorità è comunque sempre ammesso il ricorso, in via esclusiva, al Tribunale Amministrativo. Aspetti giuridici e pratici per l’utilizzo di newsletter elettroniche L’email marketing rappresenta uno degli strumenti più diffusi di direct marketing attraverso Internet. E’ fondamentale seguire le regole dettate dalla normativa sulla privacy per creare un database di contatti e potersi avvalere efficacemente di questo strumento di comunicazione. L’art. 130 c. 1 D.lgs 196/03 – Comunicazioni indesiderate – recita: “L’uso di sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore per l’invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale è consentito con il consenso dell’interessato”. Questo riguarda principalmente le modalità Opt-in, mentre le modalità Opt-out sono regolate dal D.lgs 196/03, art. 130 c.4-Comunicazioni indesiderate- che permette la revoca in ogni momento del consenso all’invio di comunicazioni pubblicitarie. Opt-in e Opt-out. La regola per l’invio di comunicazioni a fini di pubblicità e marketing via posta elettronica, nel caso in cui i destinatari non sono già clienti dell’azienda, è definita OPT-IN: non è consentito inviare comunicazioni pubblicitarie via email se non si è ottenuto prima il consenso informato dell’interessato, espresso sulla base di informazioni chiare che illustrano a che cosa si stia acconsentendo. Le regole dell’Opt-out riguardano invece l’invio di news letters elettroniche a coloro che sono già clienti del mittente. In Opt-out gli indirizzi e mail comunicati all’azienda dai rispettivi utilizzatori, al momento dell’acquisto di un bene o servizio, possono essere utilizzati per inviare comunicazioni pubblicitarie riguardanti beni o servizi analoghi a quelli già acquistati, salvo espressa revoca del consenso. Il destinatario deve essere informato, mediante un’apposita dicitura di ogni comunicazione pubblicitaria inviata, che può revocare il consenso in ogni momento. E’ comunque da ritenersi vietato l’invio di comunicazioni pubblicitarie a indirizzo e mail raccolti su siti, forum, news group o qualsiasi ambiente virtuale liberamente accessibile. Un principio sul quale gli operatori non concordano pienamente ma ribadito dall’Autorità Garante per la Privacy è che la pubblicazione di un contatto telematico non ne autorizza l’uso per l’invio di messaggi che eludano le ragioni per cui l’indirizzo è stato reso disponibile su internet. Applicare correttamente le regole che disciplinano l’e mail marketing permette di raggiungere il giusto equilibrio tra la promozione della propr ia attività e il rispetto dei clienti acquisiti e potenziali.